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L’infermiere e le cure

palliative
Che cosa sono le cure palliative?............................................................................................................................2
Definizione di cure palliative.................................................................................................................................................2
La rete di cure palliative.......................................................................................................................................................3
Definizione di malato in fase avanzata di malattia...................................................................................................................4
Quali sono le competenze dell’infermiere nelle cure palliative? ................................................................6
Gli aspettici etici..................................................................................................................................................................6
La definizione delle competenze............................................................................................................................................7
Qual è il ruolo dell’infermiere nell’assistenza in hospice? ..........................................................................10
Il concetto di hospice.........................................................................................................................................................10
La specificità dell’assistenza infermieristica in hospice............................................................................................................12
Qual è il ruolo dell’infermiere nell’assistenza domiciliare? ........................................................................16
Le cure palliative domiciliari................................................................................................................................................16
L’intervento infermieristico domiciliare.................................................................................................................................17
Identificazione e riconoscimento del caregiver......................................................................................................................18
La gestione dei principali problemi assistenziali.....................................................................................................................19
Quali sono i punti chiave della Legge 38/2010?.............................................................................................25
Il testo della legge.............................................................................................................................................................25

Quesiti Clinico-Assistenziali – anno 10, n. 6, maggio 2019


©Editore Zadig via Ampère 59, 20131 Milano Direttore: Pietro Dri
www.zadig.it - e-mail: segreteria@zadig.it Redazione: Maria Rosa Valetto
tel.: 02 7526131 fax: 02 76113040 Autori dossier: Chiara Mastroianni, Cristiano Riva
L’infermiere e le cure palliative

Che cosa sono le cure palliative?


Punti chiave
● Definizione di cure palliative
● La rete di cure palliative
● Definizione di malato in fase avanzata di malattia

In sintesi
Secondo l’OMS le cure palliative “sono un approccio che migliora la qualità della vita
dei malati e delle loro famiglie che si trovano ad affrontare le problematiche
associate a malattie inguaribili, attraverso la prevenzione e il sollievo dalla
sofferenza per mezzo di una identificazione precoce e di una valutazione e di un
trattamento ottimali del dolore e degli altri problemi di natura fisica, psicosociale e
spirituale”. In Italia vengono erogate da una Rete di cure palliative organizzata a
livello locale in ospedali, hospice, al domicilio e in strutture residenziali.

Definizione di cure palliative


Secondo la definizione dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) le cure palliative “sono un approccio
che migliora la qualità della vita dei malati e delle loro famiglie che si trovano ad affrontare le problematiche
associate alle malattie inguaribili [che non rispondono più a trattamenti specifici e la cui diretta conseguenza
è la morte], attraverso la prevenzione e il sollievo dalla sofferenza per mezzo di una identificazione precoce e
di una valutazione e di un trattamento ottimali del dolore e degli altri problemi di natura fisica, psicosociale e
spirituale”.1
Sempre secondo l’OMS le cure palliative:
 forniscono sollievo dal dolore da altri disturbi opprimenti
 affermano la vita e considerano il morire come un processo naturale
 non intendono né accelerare né ritardare la morte
 integrano gli aspetti psicologici e spirituali nella cura del paziente
 offrono un sistema di supporto per aiutare il paziente a rimanere attivo il più a lungo possibile fino alla
morte
 offrono un sistema di supporto ai familiari nell’elaborazione della malattia del loro congiunto e del
proprio lutto
 utilizzano un approccio di lavoro di gruppo per rispondere alle esigenze dei pazienti e dei loro familiari,
incluso il counselling sul lutto
 mirano a migliorare la qualità della vita e possono anche influenzare positivamente il corso della malattia
 sono applicabili precocemente nel corso della malattia, in combinazione con le altre terapie volte a
prolungare la vita, come la chemioterapia e la radioterapia e includono le indagini necessarie per capire e
trattare al meglio le complicazioni cliniche.
L’OMS fornisce anche una definizione delle cure palliative in età pediatrica, identificando le seguenti specifi-
cità rispetto alle cure palliative nell’adulto:
 le cure palliative per i bambini sono la cura attiva totale del corpo, della mente e dello spirito del bambino
e comprendono anche il supporto da dare alla famiglia
 le cure palliative iniziano quando la malattia viene diagnosticata e continuano indipendentemente dal
fatto che il bambino possa ricevere o meno un trattamento diretto alla malattia
 gli operatori sanitari devono valutare e alleviare lo stato di sofferenza fisica, psicologica e sociale del
bambino
 le cure palliative efficaci richiedono un approccio multidisciplinare ampio, che include la famiglia e
ricorre alle risorse comunitarie disponibili; esse possono essere implementate con successo anche quando
le risorse sono limitate
 le cure palliative possono essere erogate in strutture di terzo livello, in centri sul territorio o a domicilio.
D’altra parte è utile rifarsi all’etimologia del termine palliativo, come ricorda il sito del Ministero della Salute,
che non significa “inutile”; la sua definizione deriva dalla parola latina “pallium”: che significa mantello e
quindi protezione.2

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L’infermiere e le cure palliative

In Italia c’è un riferimento legislativo specifico che chiarisce che cosa si intenda con “cure palliative”.
E’ la Legge 38/2010 concernente le “Disposizioni per garantire l’accesso alle cure palliative e alla terapia del
dolore” pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 65 del 19 marzo 2010.3 Per cure palliative si intende “l’insieme
degli interventi terapeutici, diagnostici e assistenziali, rivolti sia alla persona malata sia al suo nucleo fami -
liare, finalizzati alla cura attiva e totale dei pazienti la cui malattia di base, caratterizzata da un’inarrestabile
evoluzione e da una prognosi infausta, non risponde più a trattamenti specifici”.
Malattia che non è necessariamente oncologica. Le cure palliative si rivolgono a pazienti che si trovano in una
fase avanzata di una malattia cronica o evolutiva: in primo luogo malattie oncologiche, ma anche neurologi -
che, respiratorie, cardiologiche e hanno lo scopo di dare alla persona malata la massima qualità di vita pos-
sibile, nel rispetto della sua dignità, aiutandola a vivere al meglio tutto il tempo che rimane. La fase terminale
è quella condizione non più reversibile con le cure, caratterizzata da una progressiva perdita di autonomia,
dal manifestarsi di sintomi fisici, come il dolore, e psichici che coinvolgono anche il nucleo familiare e delle
relazioni sociali.
Nell’ultimo decennio ha preso sempre più campo anche il termine di simultaneous care, di cure palliative si-
multanee e precoci specie nel malato oncologico. L’obiettivo è di prendere in carico il malato molto prima che
questo sia nella fase terminale della malattia. Le cure simultanee o cure palliative precoci mirano a garantire
la presa in carico globale del malato oncologico attraverso un’assistenza continua, integrata e progressiva. Le
finalità sono:
 ottimizzare la qualità della vita in ogni fase della malattia, attraverso una meticolosa attenzione agli
innumerevoli bisogni fisici, funzionali, psicologici, spirituali e sociali del malato e della sua famiglia
 garantire la continuità di cura attraverso una gestione flessibile del malato e dei suoi bisogni, con
appropriati obiettivi in ogni singola situazione attraverso la valutazione, pianificazione, coordinamento,
monitoraggio, selezione delle opzioni e dei servizi
 evitare il senso di abbandono nella fase avanzata e terminale. 4
Recentemente è stata sottolineata in uno studio controllato e randomizzato l’importanza di questo approccio,
che consente un miglioramento significativo della qualità di vita dei pazienti. 5
Nell’ultimo aggiornamento dei LEA (Livelli Essenziali di Assistenza) 6 il Ministero della Salute ha previsto che
l’erogazione dei servizi di cure palliative, inseriti nell’ambito dell’assistenza distrettuale, sia articolata su due
livelli: le cure palliative domiciliari di base e quelle specialistiche. Anche l’Italia con questo decreto ha quindi
cercato di dare una risposta ai recenti indirizzi della comunità internazionale 7 ed europea8 orientati a stimo-
lare lo sviluppo di strategie per la diffusione dell’approccio palliativo nell’assistenza primaria, a causa del cre -
scente fenomeno dell’invecchiamento della popolazione generale e dell’aumento della diffusione di malattie
cronico-degenerative. Le cure palliative domiciliari di livello base, secondo i nuovi LEA, sono riservate ai pa -
zienti con livelli di intensità assistenziale bassi e sono coordinate ed erogate dal medico di medicina generale
attraverso interventi mirati al controllo dei sintomi e alla comunicazione con il malato e con la famiglia.
Le cure palliative specialistiche, secondo i nuovi LEA, sono riservate ai pazienti con bisogni più complessi e
che necessitano di interventi di équipe interdisciplinari che garantiscano una continuità e reperibilità conti -
nuativa 24 ore su 24.
Lo sviluppo e l’implementazione delle cure palliative nell’assistenza primaria sta diventando, nel nostro pae -
se, una priorità del Servizio Sanitario Nazionale e una nuova sfida per le cure palliative.

La rete di cure palliative


Risale al 1999 il primo utilizzo del termine “rete di cure palliative” in un documento ufficiale, l’allegato 1 del
Decreto del Ministero della Sanità del 28 settembre 1999: “La rete di assistenza ai pazienti terminali è costi-
tuita da una aggregazione funzionale ed integrata di servizi distrettuali ed ospedalieri, sanitari e sociali, che
opera in modo sinergico con la rete di solidarietà sociale presente nel contesto territoriale, nel rispetto
dell’autonomia clinico-assistenziale dei rispettivi componenti”.9
Tale definizione si è modificata nel tempo fino ad arrivare a quella sancita nell’Intesa siglata nella Conferenza
Stato-Regioni il 25 luglio 2012: “La rete locale di cure palliative è una aggregazione funzionale e integrata
delle attività di cure palliative erogate in ospedale, in hospice, a domicilio e in altre strutture residenziali, in
un ambito territoriale definito a livello regionale”. 10
Vengono qui identificati quattro ambiti assistenziali nei quali possono essere erogate le cure palliative:
 ospedale
 hospice

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L’infermiere e le cure palliative

 domicilio
 altre strutture residenziali.
Il documento chiarisce le prestazioni da erogare presso le strutture ospedaliere e la valenza degli hospice pre -
senti all’interno degli ospedali.
In tale contesto le cure palliative in ospedale, nell’ambito della rete di cure palliative, sono caratterizzate da:
 consulenza palliativa, assicurata da un’équipe medico-infermieristica con specifica competenza ed
esperienza
 prestazioni in ospedalizzazione in regime diurno o comunque erogate in modalità alternative previste
all’interno del sistema organizzativo regionale
 attività ambulatoriale
 degenza in hospice qualora questa struttura sia presente.
Per quanto riguarda le strutture residenziali per anziani o disabili, queste devono garantire le cure palliative
ai propri ospiti anche avvalendosi della Unità di cure palliative domiciliari territorialmente competenti.

Definizione di malato in fase avanzata di malattia


Esistono molteplici definizioni che hanno tentato di inquadrare le caratteristiche di tutte le persone malate
che possono accedere alle cure palliative.11 La recente legge sulle cure palliative12 definisce il malato “termi-
nale” come: “la persona affetta da una patologia ad andamento cronico ed evolutivo per la quale non esistono
terapie o, se esistono, sono inadeguate o sono risultate inefficaci ai fini della stabilizzazione della malattia o
di un prolungamento significativo della vita […]”.
Si possono distinguere tre criteri all’interno della definizione citata:
 Criterio terapeutico: assenza o esaurimento di trattamenti causali finalizzati al controllo della patologia
(per esempio chemioterapia o radioterapia per la malattia oncologica) oppure non sussistono le
indicazioni per procedere a trattamenti specifici
 Criterio sintomatico: presenza di sintomi invalidanti con riduzione dello stato funzionale secondo l’indice
di Karnofsky (vedi box),13 caratterizzato da una progressiva perdita di autonomia (ingravescenti difficoltà
di deambulazione, di cura di sé, incapacità a lavorare, allettamento, eccetera)
 Criterio evolutivo o temporale: evoluzione rapida della malattia. La fase terminale è quella condizione non
più reversibile con le cure che, nell’arco di poche settimane o mesi, si evolve nella morte del paziente.

Che cos’è l’indice di Karnofsky?


L’indice o scala di Karnofsky (KPS, Karnofsky Performance Status) 14,15 è uno strumento di valutazione
funzionale del paziente sviluppato in ambito oncologico, che consiste in una scala a 100 punti (100 =
massimo grado di funzionalità, nessun problema; 0 = morte del paziente) che valuta quattro dimensio-
ni: attività lavorativa, attività quotidiane, cura di sé, sintomi e supporto sanitario. Il paziente in fase
avanzata di malattia viene definito tale quando il suo stato funzionale è valutato uguale o minore a un
punteggio di 40 sulla scala di Karnofsky. E’ uno strumento condiviso a livello internazionale e negli anni
ha subito delle revisioni e adattamenti strutturali e linguistici. 16
Attività Attività quotidiane Cura Supporto sanitario Punteggio
lavorativa personale Sintomi
Completa Completa Completa Nessuno 100
Lieve difficoltà Qualche difficoltà a camminare Completa Segni/sintomi minori 1
90
Calo ponderale <5%
Calo energia +
Difficoltà più o Difficoltà lieve/moderata a camminare Difficoltà lieve Alcuni segni e sintomi2 80
meno grave e a guidare Calo ponderale <10%
Inabile Difficoltà moderata (si muove Difficoltà Alcuni segni e sintomi 70
essenzialmente a casa) moderata Grave calo energia
Grave difficoltà a camminare e a Difficoltà Segni/sintomi maggiori3 60
guidare moderata/grave Grave calo ponderale (>10%)
Resta alzato per più del 50% della Difficoltà grave Frequente supporto sanitario 50
giornata (paziente ambulatoriale)
Resta a letto per più del 50% della Limitata cura di Assistenza sanitaria 40
giornata sé straordinaria per frequenza e
tipi di intervento

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L’infermiere e le cure palliative

Sempre allettato Inabile Indicazione al ricovero 30


Ospedalizzazione domiciliare
Supporto sanitario molto
intenso
Presidi tecnico-strumentali
Grave compromissione di una 20
o più funzioni organiche vitali
(respiratoria, renale,
cardiocircolatoria)
Rapida progressione, processi 10
biologici mortali
Morte 0
1
Saltuari, non condizionanti il supporto terapeutico continuativo
2
Saltuari o costanti, condizionanti spesso il supporto terapeutico
3
Costanti – invalidanti, condizionanti il supporto terapeutico in modo continuativo

Quando si parla di identificazione dei pazienti che possono usufruire di cure palliative non è possibile pren -
dere in considerazione solo questi tre criteri. Il paradigma di riferimento è cambiato in questi ultimi anni: 17
non è più la prognosi il principale indicatore per l’identificazione dei pazienti ma al contrario la presenza e la
complessità dei bisogni di cure palliative che i pazienti possono presentare. 18 Questo approccio valutativo,
che con molta difficoltà si sta cercando di implementare anche nel nostro paese, permette di considerare la
necessità di un approccio palliativo anche per tutte le persone affette da una patologia cronica degenerativa a
esito infausto nelle fasi più precoci delle loro traiettorie di malattia. 19

Questo dossier è focalizzato sull’assistenza infermieristica in hospice e a domicilio, individuando anzitutto le


competenze che deve avere un infermiere che si occupa di cure palliative e quindi definendone il ruolo nei
vari contesti.

Bibliografia
1. http://www.who.int/cancer/palliative/definition/en/
2. http://www.salute.gov.it/portale/temi/p2_6.jsp?
lingua=italiano&id=3764&area=curePalliativeTerapiaDolore&menu=cure
3. http://www.parlamento.it/parlam/leggi/10038l.htm
4. Documento del tavolo di lavoro AIOM-SICP. Cure palliative precoci e simultanee, 2015
5. Vanbutsele G, Pardon K, et al. Effect of early and systematic integration of palliative care in patients with advanced
cancer: a randomised controlled trial. Lancet Oncol 2018;19:394-404.
6. Decreto del presidente del consiglio dei ministri 12 gennaio 2017 - Definizione e aggiornamento dei livelli essenziali
di assistenza, di cui all’articolo 1, comma 7, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502. (G.U. Serie Generale , n.
65 del 18 marzo 2017)
7. WHO. Strengthening of palliative care as a component of comprehensive care throughout the life course. 2015.
http://apps.who.int/gb/ebwha/pdf_files/wha67/a67_r19-en.pdf
8. Murray S, Firth A, et al. Promoting palliative care in the community: production of the primary palliative care toolkit
by the European Association of Palliative Care Taskforce in primary palliative care. Palliat Med 2015;29:101-11.
9. http://www.ipasvi.it/archivio_news/leggi/278/DM280999.pdf
10. http://www.statoregioni.it/DettaglioDoc.asp?IDDoc=37447&IdProv=10992&tipodoc=2&CONF=csr
11. ASSR – Ricerca sulle Cure Palliative finanziata dal Ministero della Salute ex-art.12 DLgs 502/92 Glossario di riferi -
mento in cure palliative, 2003.
12. Legge 15 marzo 2010, n. 38 “Disposizioni per garantire l’accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore” pub-
blicata nella Gazzetta Ufficiale n. 65 del 19 marzo 2010.
13. Schaafsma J, Osoba D. The Karnofsky Performance Status Scale re-examined: a cross-validation with the EORTC-
C30. Qual Life Res 1994;3:413-24.
14. Mor V, Laliberte L, et al. The Karnofsky performance status scale: an examination of its reliability and validity in a
research setting. Cancer 1984;53:2002-7.
15. Yates, Jerome W, et al. Evaluation of patients with advanced cancer using the Karnofsky performance status. Can -
cer 1980;45:2220-4.
16. Péus D, Newcomb N, et al. Appraisal of the Karnofsky Performance Status and proposal of a simple algorithmic sy -
stem for its evaluation. BMC Med Inform Decis Making 2013;13:72.
17. Kelley A, Meier D. Palliative care: a shifting paradigm. N Engl J Med 2010;363:781-2.
18. den Herder-van der Eerden M, van Wijngaarden J, et al. Integrated palliative care is about professional networking
rather than standardisation of care: a qualitative study with healthcare professionals in 19 integrated palliative care
initiatives in five European countries. Palliat Med 2018;32:1091-102.
19. Murray S., Kendall M, et al. Palliative care from diagnosis to death. Brit Med J 2017;356:j878.

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L’infermiere e le cure palliative

Quali sono le competenze dell’infermiere nelle cure


palliative?
Punti chiave
● Gli aspetti etici
● La definizione delle competenze

In sintesi
Le competenze dell’infermiere in cure palliative sono molte e riguardano almeno
cinque ambiti: le competenze etiche, le competenze cliniche, le competenze
comunicativo-relazionali, le competenze psicosociali e le competenze di lavoro in
équipe. Il Core curriculum dell’infermiere in cure palliative della Società Italiana di
Cure Palliative (SICP) identifica queste competenze, gli obiettivi formativi e i diversi
gradi di coinvolgimento dell’infermiere.

Nell’aprile 2013 la Società Italiana di Cure Palliative ha pubblicato il frutto di un gruppo di lavoro multidisci -
plinare che aveva l’obiettivo di individuare le competenze dell’infermiere che opera nel difficile ambito della
cure palliative. Il risultato è il Core curriculum dell’infermiere in cure palliative, che si inserisce in una più
ampia collana dedicata ai vari profili professionali coinvolti nella cura del paziente terminale in una visione il
più possibile interdisciplinare.1
In questo breve capitolo si riassume quanto definito in questo core curriculum, cui si rimanda per chi volesse
approfondire l’argomento.
Il documento ha cercato di integrare “valori professionali, bisogni dei pazienti e delle famiglie, percorsi for-
mativi europei e internazionali” e considera le competenze infermieristiche come “capacità di risposta effica-
ce alla complessità assistenziale dei pazienti e delle loro famiglie [...] attribuendo orizzonti di senso e motiva -
zione a tutte le azioni di cura in cui l’infermiere è coinvolto”.
Ma come può essere definita la figura dell’infermiere palliativista? Sempre secondo il documento della SICP
“è colui che risponde alle esigenze di cura delle persone – e delle loro famiglie – affette da patologie ad anda -
mento cronico-evolutivo, per le quali non esistono terapie o, se esistono, sono inadeguate o inefficaci ai fini
della guarigione o di un prolungamento significativo della vita”.
L’infermiere ha un ruolo centrale nel lavoro di équipe in cure palliative, siano esse erogate in ambito ospeda -
liero o di hospice, sia al domicilio del paziente. “Le sue funzioni si esprimono attraverso l’acquisizione di
un’alta padronanza di cinque fondamentali ordini di competenze, tra loro articolati” 1:
1. Competenze etiche: finalizzate alla comprensione delle situazioni cliniche difficili e controverse
dell’assistenza in cure palliative
2. Competenze cliniche: per gli appropriati ed efficaci interventi di valutazione e trattamento dei sintomi
della fase avanzata di malattia in ogni patologia evolutiva
3. Competenze comunicativo-relazionali: finalizzate a un’assistenza rispettosa dell’unicità, della digni-
tà e della volontà della persona assistita e della famiglia
4. Competenze psicosociali: per un’assistenza attenta ed efficace alla globalità dei bisogni espressi
5. Competenze di lavoro in équipe: per un approccio integrato alla gestione dei problemi assistenziali.

Gli aspettici etici


Gli aspetti etici, soprattutto nell’area delle cure palliative, sono imprescindibili e peraltro sono diversi gli arti -
coli del Codice deontologico dell’infermiere (vedi box) che “richiamano con forte evidenza i principi di rispet-
to per la dignità e l’individualità di ogni paziente, la necessità del conforto e sollievo dal dolore, la relazione
terapeutica come strumento per la ricerca di significato e di valore nella vita, il supporto alla famiglia”.

Articoli del Codice deontologico dell’infermiere (2019)


rilevanti nelle cure palliative2
Art. 3 – L’Infermiere cura e si prende cura della persona assistita, nel rispetto della dignità, della liber -
tà, dell’eguaglianza, delle sue scelte di vita e concezione di salute e benessere, senza alcuna distinzione
sociale, di genere, di orientamento della sessualità, etnica, religiosa e culturale. Si astiene da ogni forma
di discriminazione e colpevolizzazione nei confronti di tutti coloro che incontra nel suo operare.

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L’infermiere e le cure palliative

Art. 4 – Nell'agire professionale l’Infermiere stabilisce una relazione di cura, utilizzando anche l’ascolto
e il dialogo. Si fa garante che la persona assistita non sia mai lasciata in abbandono coinvolgendo, con il
consenso dell’interessato, le sue figure di riferimento, nonché le altre figure professionali e istituzionali.
Il tempo di relazione è tempo di cura.

Art. 5 – L’Infermiere si attiva per l’analisi dei dilemmi etici e contribuisce al loro approfondimento e alla
loro discussione. Promuove il ricorso alla consulenza etica e al confronto, anche coinvolgendo l’Ordine
professionale.

Art.12 – L’Infermiere si impegna a sostenere la cooperazione con i professionisti coinvolti nel percorso
di cura, adottando comportamenti leali e collaborativi con i colleghi e gli altri operatori. Riconosce e va-
lorizza il loro specifico apporto nel processo assistenziale.

Art. 13 – L’Infermiere agisce sulla base del proprio livello di competenza[…] Partecipa al percorso di
cura e si adopera affinché la persona assistita disponga delle informazioni condivise con l’équipe, neces-
sarie ai suoi bisogni di vita e alla scelta consapevole dei percorsi di cura proposti.

Art. 16 – L’Infermiere riconosce l’interazione e l’integrazione intra e interprofessionale, quali elementi


fondamentali per rispondere alle richieste della persona.

Art. 17 – Nel percorso di cura l’Infermiere valorizza e accoglie il contributo della persona, il suo punto di
vista e le sue emozioni e facilita l’espressione della sofferenza. L’Infermiere informa, coinvolge, educa e
supporta l’interessato e, con il suo libero consenso, le persone di riferimento, per favorire l’adesione al
percorso di cura e per valutare e attivare le risorse disponibili.

Art. 18 – L’Infermiere previene, rileva e documenta il dolore dell’assistito durante il percorso di cura. Si
adopera, applicando le buone pratiche per la gestione del dolore e dei sintomi a esso correlati, nel ri -
spetto delle volontà della persona.

Art. 24 – L’Infermiere presta assistenza infermieristica fino al termine della vita della persona assistita.
Riconosce l’importanza del gesto assistenziale, della pianificazione condivisa delle cure, della palliazione,
del conforto ambientale, fisico, psicologico, relazionale e spirituale. L’Infermiere sostiene i familiari e le
persone di riferimento della persona assistita nell’evoluzione finale della malattia, nel momento della
perdita e nella fase di elaborazione del lutto.

Art. 25 – L’Infermiere tutela la volontà della persona assistita di porre dei limiti agli interventi che ritie -
ne non siano proporzionati alla sua condizione clinica o coerenti con la concezione di qualità della vita,
espressa anche in forma anticipata dalla persona stessa.

Nel definire i fondamenti valoriali del core curriculum, gli autori hanno fatto anche esplicito riferimento “ai
presupposti, ai significati e ai valori dell’Infermieristica e in particolare del Nursing umanistico (vedi box), i
cui concetti hanno trovato applicabilità nell’assistenza in cure palliative”. 3

I principi del Nursing umanistico


Il Nursing umanistico si basa su alcuni concetti rilevanti per l’assistenza infermieristica nelle cure pallia -
tive:
 Ciascuna persona (paziente, infermiere) ha un valore unico e irripetibile e riconosce la singolarità an -
che della persona “altra” (unique – otherness)
 Ogni persona (paziente, infermiere) è libera e responsabile nella molteplicità delle scelte che affronta
nei contesti in cui si trova (moreness – choice)
 L’infermiere risponde tempestivamente mediante la sua presenza e con una proposta assistenziale
originale, unica e personalizzata a una richiesta di cura originale, unica e personale del paziente ( call
and response)
 Allo stesso tempo, l’assistenza richiede agli infermieri di prendersi cura di se stessi riconoscendo, ri -
spettando e sviluppando le proprie caratteristiche. La “cura” è anche benessere e realizzazione delle
proprie qualità: è dunque un “esserci” per sé che consente un “fare” anche per gli altri ( being and
doing)
 Ogni Persona si definisce “nell’incontro” con l’altro (intersubjective transaction). La persona assistita e
l’infermiere si incontrano per affrontare la sofferenza e tracciare nuove vie all’esistenza di ciascuno
 La persona è un essere sociale radicato nella sua rete di relazioni (community). Il concetto di comuni-
tà comprende l’insieme di relazioni di cui nessuno può fare a meno, soprattutto nei momenti di mag-
giore fragilità

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L’infermiere e le cure palliative

La definizione delle competenze


Nel core curriculum della SICP vengono individuate le varie competenze e per ciascuna la sua definizione e
gli obiettivi formativi. Per questi ultimi si rimanda al documento, di seguito vengono riassunte le competen -
ze, tenendo presente che ovviamente devono essere posseduto in un diverso grado a seconda della propria at-
tività quotidiana. Sono infatti definiti tre diversi livelli di formazione e quindi di diversa gradazione delle
competenze da acquisire, basati sulla diversa esposizione professionale: 1
 Livello A: professionisti sanitari qualificati che lavorano in ambito dell’assistenza generale e che possono
trovarsi ad affrontare situazioni che richiedono un approccio palliativo;
 Livello B: professionisti sanitari qualificati che lavorano o in ambito specialistico di cure palliative o in un
ambito generico in cui rivestono il ruolo di “persona risorsa”, professionisti sanitari qualificati che
affrontano spesso situazioni di cure palliative (oncologia, assistenza di comunità, pediatria, geriatria)
 Livello C: professionisti sanitari qualificati responsabili di unità di cure palliative o che offrono servizio di
consulenza e/o che contribuiscano attivamente alla formazione e alla ricerca in cure palliative.

Competenze associate ai valori professionali e al ruolo dell’infermiere in cure


palliative
1. Capacità di esercitare la professione in accordo con i principi etici, deontologici, giuridici riconoscendo e
affrontando, in équipe, le questioni etico-morali e le situazioni cliniche difficili e controverse
2. Capacità di prendersi cura di ogni persona (infermiere, persona assistita, famiglia, componente
dell’équipe), con sensibilità e attenzione in modo globale, tollerante e non giudicante
3. Capacità di prendersi cura della persona assistita e della sua famiglia, garantendo il rispetto dei loro diritti,
delle loro credenze, del loro sistema di valori e dei loro desideri
4. Capacità di promuovere la filosofi a delle cure palliative a livello di singole persone, gruppi e comunità
5. Capacità di fornire orientamento e consulenza
6. Capacità di favorire l’interazione e l’integrazione tra i diversi professionisti e tra i diversi setting di cura,
per influire positivamente sulla continuità assistenziale
7. Capacità di partecipare attivamente alle politiche di sviluppo dei servizi e delle prestazioni di cure palliati-
ve
8. Capacità di accettare responsabilità finalizzate al proprio sviluppo professionale e alla propria formazione,
usando la valutazione come strumento per riflettere e migliorare le performance e promuovere la qualità del-
le cure palliative

Competenze associate alla pratica infermieristica e al processo decisionale clinico


volto ad assicurare la qualità di vita in cure palliative
1. Capacità di procedere a una valutazione globale e sistematica della persona affetta da malattia inguaribile e
della sua famiglia, per riconoscere, in équipe, il bisogno di cure palliative
2. Capacità di prevedere, riconoscere e interpretare, in équipe, i bisogni della persona assistita e della sua
famiglia, nella loro complessità ed evoluzione
3. Capacità di rispondere, in équipe, ai bisogni della persona assistita e della sua famiglia, nel rispetto della
proporzionalità e della rimodulazione delle cure
4. Capacità di porsi domande critiche, di valutare, di interpretare e di sintetizzare le fonti di informazioni per
facilitare la persona assistita e la sua famiglia nelle scelte che riguardano l’assistenza in cure palliative.
5. Capacità di esprimere giudizi clinici affidabili per garantire il rispetto di standard assistenziali di qualità e
assicurare una pratica basata sulle migliori prove di efficacia

Competenze associate all’uso appropriato d’interventi, attività e abilità


infermieristiche finalizzate a fornire un’assistenza ottimale in cure palliative
1. Capacità di intervenire come garante dei diritti della persona assistita e della sua famiglia nella Rete di cure
palliative
2. Capacità di garantire, in équipe, la protezione e la prevenzione dei rischi e di riconoscere le possibili emer -
genze in cure palliative
3. Capacità di gestire in modo adeguato e sicuro i farmaci, le terapie e i dispositivi medici utilizzati nell’assi-
stenza in cure palliative

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L’infermiere e le cure palliative

4. Capacità di personalizzare l’assistenza per migliorare la qualità di vita della persona assistita e della sua
famiglia, alleviando la sofferenza fisica, psicosociale e spirituale, in équipe e in tutti i servizi della Rete
5. Capacità di utilizzare strategie per sostenere, nella persona assistita e nella sua famiglia, la consapevolezza
e la capacità di gestione delle problematiche legate alle cure palliative

Competenze comunicative e interpersonali in cure palliative


1. Capacità di comunicare in modo efficace con la persona assistita e con la sua famiglia, anche nei casi in cui
si presentino alterazioni della comunicazione verbale e/o non verbale
2. Capacità di creare le condizioni adatte affinché la persona assistita e la sua famiglia possano esprimersi in
maniera autentica e possano ricevere risposte appropriate
3. Capacità di riferire, documentare e registrare il processo di cura attraverso appropriati strumenti clinici e
tecnologici, in équipe e nei servizi della Rete

Competenze di leadership, management e gestione delle dinamiche di gruppo in cure


palliative
1. Capacità di migliorare la qualità di vita della persona assistita e della sua famiglia attraverso la selezione
delle risorse, l’attivazione di quelle disponibili e l’armonizzazione degli interventi dell’équipe
2. Capacità di promuovere attivamente il proprio benessere e quello dell’équipe, attraverso la valutazione del
rischio e l’adozione di misure di prevenzione e la protezione
3. Capacità di educare, facilitare e sostenere l’équipe e gli studenti nell’assistenza in cure palliative
4. Capacità di promuovere attività di fundraising per il finanziamento delle cure palliative e iniziative di re-
clutamento di risorse del volontariato

Bibliografia
1. SICP. Il core curriculum dell’infermiere in cure palliative. 2013
2. FNOPI. Codice deontologico delle professioni infermieristiche. 2019
3. Wu H-L, Volker D. Humanistic nursing theory: application to hospice and palliative care. J Adv Nurs 2012;68:471-9.

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L’infermiere e le cure palliative

Qual è il ruolo dell’infermiere nell’assistenza in


hospice?
Punti chiave
● Il concetto di hospice
● La specificità dell’assistenza infermieristica in hospice

In sintesi
Gli hospice nascono in Italia ispirati dal modello di cure palliative domiciliari. Luoghi
protetti nei quali l’assistenza che gli infermieri offrono realizza la sfida più
ambiziosa in ambito palliativo: quella di mantenere e custodire la vita
permettendole di continuare a esprimersi anche nelle condizioni di terminalità,
trasformando luoghi e spazi di cura in ambienti familiari e domestici, garantendo
sicurezza, comfort, cure continuative appropriate e sensibili al paziente e alla sua
famiglia.

“Luoghi… dove i pazienti non si sentono un numero, ma semplicemente qualcuno..., dove le infermiere li
chiamano per nome, dove i medici trovano il tempo di sedersi al loro capezzale per spiegare trattamenti e
prassi, ma anche per ascoltare le loro domande, i loro dubbi, la loro disperazione..., dove si è consapevoli
del fatto che è una vita intera a essere imprigionata in una stanza, e non soltanto un corpo malato”
(De Hennezel M, La morte amica, 1998 Biblioteca Universale Rizzoli)

Il concetto di hospice
Il modello di cure palliative italiano è stato fortemente influenzato dalla nascita delle primissime forme di as-
sistenza ai malati in fase avanzata di malattia in ambito domiciliare. Le prime forme di assistenza domicilia-
re, nel nostro paese, risalgono agli anni 1986-1988, periodo in cui alcuni professionisti (medici e infermieri,
in alcuni casi affiancati da volontari), hanno creato e avviato forme di assistenza dedicate a persone malate
cosiddette “inguaribili” che, dimesse dagli ospedali, non avevano a disposizione nessuna forma di assistenza,
o meglio, se era presente una rete di assistenza territoriale questa non bastava per prendersi cura della com -
plessità e variabilità dei loro bisogni e di quelli delle loro famiglie. 1
Si è iniziato a parlare di “rete assistenziale” solo dopo circa 10 anni, all’interno del Piano Sanitario Nazionale
1998-20022 e successivamente con il DM n. 39\1999 3 è stato dato il via alla nascita degli hospice in Italia e
all’inserimento ufficiale delle cure palliative all’interno del Sistema Sanitario Nazionale.
Le cure palliative residenziali, così definite per indicare gli hospice, sono nate per rispondere ai bisogni di
tutte quelle persone che si trovavano in una fase avanzata di malattia senza poter contare sull’assistenza e il
sostegno di una rete familiare o amicale. Le persone sole o impossibilitate a rimanere nel proprio ambiente
domestico per ricevere assistenza e cure fino al 1999 non hanno potuto usufruire di setting di cura idonei.
L’alternativa era rimanere in ospedale e concludere le ultime settimane di vita in un luogo non sempre adatto
alle esigenze di queste fasi di malattia.
Le cure palliative residenziali nascono in Italia con un ambizioso obiettivo, fortemente radicato nella filosofia
e nei valori sui quali il movimento hospice europeo, avviato dalla fondatrice Cecily Saunders, 4 era partito: of-
frire alle persone ricoverate e alle loro famiglie un luogo di cura protetto che potesse essere considerato uno
spazio familiare, domestico, una estensione della “propria casa”. 5 Gli hospice nascono in Italia sulla base di
una serie di requisiti minimi strutturali ben precisi, definiti e descritti dalla normativa 6 (vedi box) affinché
non si rischiasse di creare reparti per malati terminali, ma al contrario strutture accoglienti, confortevoli che
permettessero la permanenza non solo della persona malata ma anche della persone a lei care. In questo sen -
so il movimento Hospice ha fornito una critica radicale alla gestione presuntamente impersonale, medicaliz-
zata e tecnologica della morte che si verifica all’interno degli ospedali.

Sintesi dei requisiti minimi strutturali presenti


nel D.P.C.M. del 20 gennaio 2000
Atti di indirizzo recanti requisiti strutturali, tecnologici ed organizzativi minimi per i centri
residenziali di cure palliative

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L’infermiere e le cure palliative

 Localizzazione in un edificio specificamente dedicato, di una struttura ospedaliera o di una struttura


residenziale sanitaria urbanizzata, protetta dal rumore cittadino e con buoni collegamenti con il con -
testo urbano, in modo da favorire l’accessibilità da parte dei familiari e dei parenti
 Capacità ricettiva limitata e non superiore a 30 posti, articolata in moduli
 La tipologia strutturale adottata deve garantire il rispetto della dignità del paziente e dei suoi familiari
mediante una articolazione spaziale utile a creare condizioni di vita simili a quelle godute dal paziente
presso il proprio domicilio
 Deve essere permessa la personalizzazione delle stanze. La qualità degli spazi progettati deve facilita-
re il benessere ambientale, la fruibilità degli spazi e il benessere psicologico
 L’articolazione funzionale del Centro deve includere le seguenti aree:
a) area destinata alla residenzialità (per esempio camere singole di dimensioni tali da permettere la
permanenza notturna di un accompagnatore; cucina-tisaneria; soggiorno polivalente o spazi equiva-
lenti anche divisi in ambiti da destinare a diverse attività)
b) area destinata alla valutazione e alle terapie (per esempio locale per i colloqui con il personale; lo -
cali per le prestazioni in regime diurno; locali e attrezzature per terapie antalgiche e prestazioni am -
bulatoriali)
c) area generale di supporto (per esempio locale per le riunioni di équipe; camere mortuarie in nu-
mero idoneo; spazio per i dolenti; sala per il culto)
 Nell’organizzazione del Centro va promossa e valorizzata la presenza e la collaborazione di associazio-
ni di volontariato operanti nel settore

La filosofia dell’hospice pone l’accento sul “prendersi cura” piuttosto che sulla cura, sulla qualità piuttosto
che sulla quantità della vita: i pazienti non sono sottoposti a strategie aggressive di mantenimento della vita
né a eccessivi interventi tecnologici nelle ultime settimane o giorni di vita.
L’assistenza in hospice, in Italia, è stata ulteriormente caratterizzata dal suo inserimento all’interno della rete
di cure palliative,7 elemento che sottolinea e ribadisce la necessità di offrire un insieme di luoghi assistenziali,
flessibili, adattabili, modellabili sulle specifiche esigenze individuali. La stessa parola “cure palliative” trova le
sue radici etimologiche nel termine “pallium”, mantello di materiale grezzo utilizzato dai ceti popolari per co-
prirsi che metaforicamente evoca da un lato protezione e accudimento, dall’altro la capacità di adattarsi e
modellarsi sulla persona che lo utilizza (personalizzazione). Luoghi a servizio delle scelte e dei bisogni dei pa-
zienti e delle loro famiglie, ma che conservano il loro valore intrinseco non tanto nel luogo e negli spazi che
offrono quanto nella squadra di professionisti che con specifiche capacità, competenze, e atteggiamenti fanno
sì che dovunque il malato si trovi mantenga intatta la propria dignità e qualità di vita.
L’assistenza in hospice, non offre tipologie di prestazioni differenti da quelle che si potrebbero offrire a do-
micilio; il modello di cura che propone è lo stesso: quello fondato sui valori e principi delle cure palliative. 8
La caratteristica peculiare degli hospice viene definita dalla normativa come: “... l’insieme degli interventi sa -
nitari professionali di tipo medico, infermieristico, riabilitativo e psicologico, oltre che a prestazioni sociali,
tutelari e alberghiere, nonché di sostegno spirituale a favore di malati in fase avanzata di malattia” ed è quella
di assicurare un’assistenza continuativa sulle 24 ore, 7 giorni su 7. 9
L’hospice non è un luogo di cura per tutti; in hospice si accede attraverso un percorso di valutazione multidi -
mensionale che identifica il possesso dei requisiti previsti (vedi oltre) e prende in considerazione le priorità
del paziente e della famiglia.
La quantità e la disponibilità di posti letto di cure palliative residenziali infatti è nettamente inferiore a quella
dell’assistenza domiciliare sul territorio perché il luogo privilegiato che le cure palliative propongono, consi -
derato dai pazienti stessi più idoneo per trascorrere la vita che rimane, è la “propria casa”. 10,11
L’accesso di un paziente in hospice, regolato dai principi generali di universalità, equità e appropriatezza, è
subordinato all’identificazione di specifici requisiti.
Uno dei requisiti fondamentali, che negli anni si è trasformato in un vero e proprio diritto, si basa sulla vo -
lontà del paziente: la persona malata deve avere la possibilità di scegliere il luogo dove vuol essere assistito
(nell’ambito delle diverse opzioni offerte della rete delle cure palliative del SSN), in relazione al suo livello di
consapevolezza di diagnosi e di prognosi.
L’assistenza erogata in hospice, proprio perché inserita in una rete assistenziale, deve poter prevedere la di-
missibilità o trasferibilità al domicilio, in quanto l’hospice può fornire anche la così detta respite care:12 il ri-
corso cioè a un regime residenziale transitorio per consentire un periodo di riposo e sollievo dal carico assi-
stenziale alla famiglia.13
In hospice accedono i malati affetti da una malattia progressiva e in fase avanzata, in rapida evoluzione e a
prognosi infausta, non più suscettibile di una terapia eziopatogenetica, in base ai seguenti criteri condivisi
dalle principali normative nazionali e regionali sulle cure palliative: 14

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L’infermiere e le cure palliative

 impossibilità di attuare le cure domiciliari palliative per problematiche sanitarie caratterizzate per
esempio da instabilità nel controllo di uno o più sintomi (in primis dolore e dispnea) e dalla necessità di
adeguamenti terapeutici continui per ottenere una stabilità della situazione
 impossibilità di attuare le cure domiciliari palliative per problematiche sociali; in alcuni casi la famiglia o
l’abitazione non sono idonei per iniziare un’assistenza a domicilio
 non idoneità temporanea della famiglia ad assistere il malato per l’eccessivo carico psico-fisico (respite
care)
 aspettativa di vita, di norma valutata in sei mesi, in base a indicatori prognostici validati scientificamente
e all’esperienza, scienza e coscienza dell’équipe curante15
 intensità assistenziale elevata per la presenza di una ridotta autonomia funzionale e/o di una
compromissione dello stato cognitivo caratterizzanti uno stato di “fragilità”, valutabile attraverso l’indice
di Karnofsky (PPS)16
 assenza di un familiare di riferimento.17
La sfida più ambiziosa per le cure palliative in Italia è stata, ed è ancora oggi, quella di proporre un modello
di cure palliative residenziali all’interno dell’hospice che riesca a creare un ambiente familiare e domestico
nel quale ciascun paziente si senta a proprio agio, garantendo allo stesso tempo alti livelli di qualità e appro-
priatezza di cure e assistenza.

La specificità dell’assistenza infermieristica in hospice


I valori e i principi che guidano l’approccio di cura palliativo prevedono che un infermiere palliativista pos -
segga tutte le competenze necessarie per assistere persone affette da malattie cronico degenerative a esito in-
fausto dovunque esse si trovino sia all’interno dei contesti della rete di cure palliative sia al di fuori.
Quello che fa la differenza nel ruolo infermieristico in ambito palliativo sono le caratteristiche del setting di
cura, che orientano le attività sulla base di intensità di cura differenti e sulla base della continuità di presenza
degli operatori che, dentro una struttura residenziale, diventa l’elemento peculiare sul quale si fonda
la tipologia e l’articolazione dell’assistenza che si offre.
In hospice, tra i professionisti che fanno parte dell’équipe interdisciplinare, gli infermieri sono la figura che
generalmente spende più tempo accanto al malato garantendo la continuità dell’assistenza 24 ore su 24
all’interno della struttura. Questa posizione privilegiata dell’infermiere permette di stabilire una connessione,
un contatto profondo con i pazienti. L’infermiere ha la possibilità di occuparsi della grande varietà di pro -
blemi, di sintomi, di necessità della persona assistita e della sua famiglia, e in questo modo si prende cura
della totalità della persona malata, cogliendo il significato profondo delle singole storie di vita.
L’infermiere in hospice ha la possibilità di impostare l’assistenza partendo proprio da ciò che è ancora impor-
tante e prioritario in quel momento, in quella circostanza, per il paziente che sta attraversando l’ultimo per -
corso di vita. La stessa Cecily Saunders, infermiera, assistente sociale e poi medico, fondatrice del movimento
Hospice europeo, ha ispirato il suo modello assistenziale sui pazienti: “A loro” scriveva “va chiesto di espri-
mere i propri bisogni”.4 L’ascolto sistematico delle storie dei pazienti permette di cogliere tramite le loro stes -
se parole i costrutti fondamentali delle cure palliative.
La conoscenza del paziente è un elemento importante perché consente agli infermieri di poter essere di sup -
porto nel vivere tutta la vita che rimane, favorendo percorsi di accettazione e attivando tutte le risorse indivi-
duali residue che possano restituire forza, coraggio e benessere in un momento così importante dell’esistenza
di una persona. 18 L’assistenza infermieristica è cura autentica, adeguata alla natura unica di ogni paziente e si
realizza ricorrendo alla mobilitazione delle capacità e delle risorse che il paziente conserva dentro di sé. 19 In
questo modello la terapia da sola non basta. Essa si accompagna a un supporto integrale del paziente, a un
atto assistenziale che si spinge fino alla condivisione degli interrogativi e dei dilemmi esistenziali più profon -
di.
La Saunders stessa fondò il modello assistenziale del suo Hospice (il Saint Cristopher Hospice di Londra) sul -
le parole e gli spunti di due suoi pazienti: Antony e David: “David mi diede le idee di base e Antony la motiva-
zione per partire”.4 David, che pensava di aver sprecato la propria vita, con la sua morte ha fatto in modo che
tutti potessero al termine della loro vita avere a disposizione pace e sicurezza. 20
L’assistenza infermieristica in cure palliative è così definita dall’American Nursing Association: “la valuta -
zione, diagnosi e trattamento delle risposte umane a una malattia a esito infausto, in un contesto di relazioni
assistenziali (con pazienti e famiglie) per ridurre o alleviare la sofferenza e migliorare la qualità di vita. La
collaborazione con le altre discipline, nell’ambito della rete assistenziale, è un abilità essenziale degli infer-

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L’infermiere e le cure palliative

mieri palliativisti per avere una visione globale della situazione e delle caratteristiche dei pazienti, per esplo-
rare alternative assistenziali personalizzate e per tutelare i loro valori, le loro preferenze e obiettivi”. 21
Da questa definizione emerge che le cure offerte dagli infermieri in questo ambito assistenziale si strutturano
intorno a un costrutto di complessità; l’assistenza infermieristica incontra la complessità nell’identificare, va -
lutare e rispondere ai bisogni mutevoli, dinamici sia dei pazienti sia delle loro famiglie; nello svolgere la pro-
pria attività all’interno di contesti di cura molto diversi tra loro (ospedali, hospice, domicilio) che possono in -
terscambiarsi durante tutto il percorso di malattia; nel condividere continuamente la pianificazione delle
cure all’interno di una pratica collaborativa fatta di relazioni tra colleghi e altri professionisti. Le funzioni,
attività, e capacità descritte in questa definizione si esprimono attraverso l’acquisizione di un’alta padronan -
za delle competenze descritte nel capitolo precedente. Queste comprendono tre dimensioni strettamente con-
nesse fra loro: la dimensione relazionale, la dimensione tecnico-pratica e la dimensione morale. 22

La dimensione relazionale
Nell’intero percorso assistenziale (dal ricovero in poi) è inevitabile stabilire relazioni con le persone con cui si
viene a contatto (pazienti, familiari, colleghi), relazioni che derivano dalla posizione di vicinanza e continuità
che gli infermieri hanno nel processo assistenziale. Ogni persona si definisce “nell’incontro” con l’altro (in-
tersubjective transaction definita dalla teoria del nursing umanistico23). La persona assistita e l’infermiere si
incontrano per affrontare la sofferenza e tracciare nuove vie all’esistenza di ciascuno. Questo incontro fa del
nursing lo spazio e il tempo della cura dove concretamente si può dare vita a un progetto che è espressione
combinata della volontà e della personalità di entrambi.
Quello che fa la differenza nelle cure palliative è la capacità di rispondere a domande molto complesse sulla
morte o sulla vita; sapere quando non c’è bisogno di dire niente, perché quella è la cosa più giusta da fare, sa -
per comunicare anche solo con il contatto fisico in maniera discreta; saper sostenere e incoraggiare i propri
colleghi nei momenti in cui preferirebbero nascondere la verità al paziente; saper informare e parlare con la
famiglia quando la morte del loro caro si sta avvicinando.
E’ la combinazione di queste capacità comunicative e relazionali che rendono specifica l’assistenza palliativa.

La dimensione tecnica
L’infermiere nel processo assistenziale che sta alla base del proprio lavoro valuta, pianifica e svolge una serie
di interventi e attività di natura tecnico-pratica fondate sulle migliori prove di efficacia per quanto riguarda la
gestione del dolore, di tutti gli altri sintomi e l’organizzazione delle cure.
L’assistenza infermieristica utilizza moltissime attività di natura tecnica, relazionale ed educativa, che mirano
a mantenere e custodire la vita e a permetterle di continuare a esprimersi anche nelle condizioni di concla-
mata malattia e di terminalità.24 Nell’assistenza infermieristica palliativa è centrale il concetto di “cura fisica”,
intesa come l’insieme di interventi che l’infermiere mette in atto nel prendersi cura di una persona malata
che non è più in grado di soddisfare i suoi bisogni primari.
Il duplice scopo della professione consiste nel far recuperare alla persona malata il maggior grado di indipen-
denza possibile per il soddisfacimento dei bisogni fondamentali, stimolandone comportamenti efficaci di au -
tocura; quando il recupero dell’indipendenza non è più possibile, gli infermieri provvedono alla cura dei biso-
gni fondamentali tramite un supporto compensativo e\o sostitutivo, temporaneo o permanente, stimolando
le migliori risposte adattative alle condizioni di dipendenza che si instaurano a causa delle malattie e delle re -
lative conseguenze.25
Tutti i bisogni fondamentali di un individuo diventano oggetto di attenzione e cura dell’infermieristica quan -
do la persona non è più capace di soddisfarli autonomamente, non soltanto perché fisicamente malata (non
ha più le forze), ma spesso anche perché non più in grado di attribuire a tutti questi atti un senso e uno scopo
esistenziale (volontà e conoscenze). L’insieme di interventi che l’infermiere mette in atto nel percorso assi -
stenziale consentono non solo di restituire comfort e benessere fisico alla persona, ma anche di entrare in
contatto con la dimensione intima e profonda che è la corporeità, che nutre quotidianamente la relazione te-
rapeutica tra infermiere e paziente.26
L’infermiere risponde tempestivamente mediante la sua presenza e con una proposta assistenziale originale,
unica e personalizzata a una richiesta di cura originale, unica e personale del paziente (call and response de-
finito dalla teoria del nursing umanistico22). L’esperienza della dipendenza dalle cure infermieristiche è con-
siderata dagli stessi pazienti come un’esperienza negativa e limitativa ma anche come un’opportunità. 27 Dalla
letteratura emerge che spesso la modalità e il significato che gli infermieri attribuiscono ai gesti di cura che

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L’infermiere e le cure palliative

compiono sui pazienti può fare la differenza nella relazione terapeutica e contribuisce a trasformare la condi -
zione di dipendenza in esperienza di vita che vale la pena di essere vissuta. 28

La dimensione morale
L’assistenza infermieristica è considerata da Gastmans29 un atteggiamento morale, cioè una risposta sensibile
e solidale alle situazioni e alle circostanze in cui si trovano i pazienti vulnerabili. Il valore della professione in-
fermieristica non deriva semplicemente dall’insieme dei gesti tecnici che gli infermieri svolgono ma dalla re-
lazione che veicola ogni gesto di cura e dal senso che ne deriva. Gli atteggiamenti e i valori degli infermieri di-
ventano aspetti centrali caratterizzanti la professione, elementi che nutrono e colorano costantemente sia le
relazioni con i pazienti sia il lavoro che si svolge all’interno dell’hospice. 22

Il supporto alla famiglia


L’infermiere ha un ruolo fondamentale anche nei confronti della famiglia. In cure palliative paziente e fami-
glia sono considerati “l’unità di cura” perché l’attenzione di tutta l’équipe non è rivolta solo ai bisogni e ai
problemi della persona malata, ma è anche orientata a cogliere e riconoscere tutti i bisogni che la famiglia
può presentare e che hanno necessità di essere presi in carico e soddisfatti. Il benessere della famiglia ha del -
le ricadute positive sia sulla qualità di vita dei pazienti sia sulla qualità dell’assistenza erogata. La famiglia
nelle cure palliative riveste un duplice ruolo: è soggetto di cura, in quanto considerata in molti casi risorsa
attiva, parte integrante dell’èquipe, ma è anche oggetto di cura in quanto bisognosa di cure, attenzioni e ne -
cessità di essere supportata da personale competente nel percorso di accompagnamento del proprio caro nel -
la fase finale della vita.30
A differenza del domicilio, dove l’infermiere mette in atto una serie di interventi educativi per la famiglia, che
diventa parte attiva dell’assistenza, la principale attività che si svolge in hospice è quella informativa. In ho -
spice l’assistenza è pianificata, monitorata e direttamente erogata dagli operatori che fanno parte dell’équipe.
I familiari spesso si aspettano un’assistenza di tipo ospedaliero articolata secondo le logiche di un reparto.
L’attività infermieristica è orientata ad accompagnare e a far comprendere le peculiarità dell’assistenza e a
stimolare un coinvolgimento in tutte le attività che la struttura può offrire. I familiari in hospice non dovendo
occuparsi direttamente dell’assistenza del proprio congiunto hanno la possibilità di dedicare tempo al sup-
porto emotivo e al coinvolgimento del proprio caro nelle attività che la struttura offre. 31
Questo tipo di attività, alla quale spesso gli infermieri dedicano molto tempo, è fondamentale affinché i fami-
liari comprendano che gli hospice sono luoghi di vita, spazi dove ancora è possibile che il percorso del mala -
to, seppur limitato, ritrovi un senso e un significato.

Bibliografia
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from a conceptual mapping. Intern J Pall Nurs 2010;16:388-92.
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spectives and experiences. Intern J Pall Nurs 2017;23:174-85.
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L’infermiere e le cure palliative

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Italian literature. J Nurs Scholarship 2016;48:31-8.
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L’infermiere e le cure palliative

Qual è il ruolo dell’infermiere nell’assistenza


domiciliare?
Punti chiave
● Le cure palliative domiciliari
● L’intervento infermieristico domiciliare
● Identificazione riconoscimento del caregiver
● La gestione dei principali problemi assistenziali

In sintesi
La diffusione delle cure domiciliari palliative in Italia è ancora a macchia di leopardo,
ma esistono molti servizi sul territorio più o meno complessi. Il ruolo dell’infermiere
nell’assistenza domiciliare in cure palliative è centrale, pur svolgendosi sempre
all’interno di un’équipe. L’infermiere ha un contatto diretto e continuo con il
paziente e funge da tramite con le altre figure professionali coinvolte. Nelle cure
domiciliari essenziale è il coinvolgimento attivo della famiglia e dei caregiver.
L’infermiere deve saper cogliere, interpretare e gestire i bisogni del malato e
riconoscere prontamente i sintomi e la loro evoluzione.

“Prendersi cura di una persona non è solo curarla: è qualcosa di più completo,
di più profondo e non riguarda solo l’aspetto terapeutico;
incide sul modo in cui la persona intende la vita, quella interiore e, soprattutto, quella di relazione”
(Narraccio P. Le parole del benessere. 2017, Publiediting)

La cura di molte patologie è sempre più orientata verso la domiciliarità rispetto all’ospedalizzazione, anche in
modelli complessi come quello delle “cure simultanee” (simultaneous care), che integra le terapie oncologi-
che e le cure palliative, accompagnando il paziente (possibilmente sin dalla diagnosi) spesso già in ambito
domiciliare.
Il ruolo infermieristico in quest’ambito è fondamentale e costituisce uno spazio di continua crescita e autono-
mia professionale conquistata sia a livello formativo sia direttamente sul campo.

Le cure palliative domiciliari


Le cure palliative domiciliari nell’ambito della rete assistenziale di cure palliative, 1 vengono definite come:
“un complesso integrato di prestazioni sanitarie professionali di tipo medico, infermieristico, riabilitativo e
psicologico, oltre che di prestazioni sociali e tutelari, nonché di sostegno spirituale, a favore di persone affette
da una patologia ad andamento cronico ed evolutivo, per la quale non esistono terapie o, se esse esistono,
sono inadeguate o inefficaci ai fini della stabilizzazione della malattia o di un prolungamento significativo
della vita”.2
Le cure palliative domiciliari sono articolate, secondo i recenti LEA, 3 su due livelli distinti:
 Il livello base, costituito da interventi, coordinati dal medico di medicina generale o dal pediatra di
libera scelta, mirati a garantire un approccio palliativo attraverso il controllo dei sintomi e una adeguata
comunicazione con il malato e la famiglia; tali interventi dovrebbero essere erogati da medici e infermieri
con una buona conoscenza di base delle cure palliative e si dovrebbero articolare in interventi
programmati caratterizzati da un CIA (coefficiente di intensità assistenziale) minore di 0,50 in funzione
del progetto di assistenza individuale (PAI, vedi oltre).
 I l livello specialistico è, invece, costituito da interventi da parte di équipe multiprofessionali e
multidisciplinari dedicate, rivolti a malati con bisogni complessi per i quali gli interventi di base sono
inadeguati; richiedono un elevato livello di competenza e modalità di lavoro interdisciplinare. In relazione
al livello di complessità legato anche all’instabilità clinica e ai sintomi di difficile controllo, sono garantiti
la continuità assistenziale, interventi programmati caratterizzati da un CIA maggiore di 0,50 definiti dal
progetto di assistenza individuale nonché una pronta disponibilità medica e infermieristica sulle 24 ore. 3
Nella presa in carico a domicilio del paziente e dei familiari è necessario formulare un progetto di assistenza
individuale (PAI), documento che diventa strumento di lavoro per tutta l’équipe assistenziale.

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L’infermiere e le cure palliative

Questa articolazione organizzativa è declinata in modelli assistenziali molto diversi tra regione e regione: il
panorama nazionale è ancora molto eterogeneo.
I modelli di assistenza domiciliare proposti dalle unità di cure palliative devono possedere standard di accre-
ditamento elevati.2 Le principali caratteristiche di una unità di cure palliative domiciliari sono:4
 capillarità e presenza nella Rete Assistenziale Territoriale: estensione del servizio a tutta l’area di
competenza con il coinvolgimento di tutti i servizi a esso correlati
 attivazione precoce rispetto al percorso di malattia: un cardine fondamentale per costruire un percorso
clinico-assistenziale con il paziente e con la famiglia tale da instaurare una relazione terapeutica di fiducia
per individuare insieme, in primis con il paziente, la strategia terapeutica migliore nel contesto in cui si
trova (programmazione delle cure)
 attivazione entro le 24-72 ore dalla richiesta e, in casi particolari, attivazione in urgenza. Prima visita
congiunta con la presenza del medico palliativista, dell’infermiere e possibilmente del medico di
assistenza primaria
 partecipazione del paziente al piano di cura
 scarso o quasi nullo turnover del personale (soprattutto infermieristico): avere la stessa figura
infermieristica durante tutto il percorso assistenziale consente l’instaurazione di una relazione terapeutica
di fiducia efficace, che darà i suoi frutti soprattutto nei momenti difficili quando devono essere condivise e
attuate decisioni con e per il paziente (per esempio l’inizio di una sedazione terminale palliativa)
 reperibilità attiva dell’infermiere e del medico palliativista 24 ore, 7 giorni su 7, con accessi quotidiani o
pluriquotidiani ove necessario
 fornitura di medicinali essenziali per sintomi improvvisi o cambiamenti clinici repentini
 fornitura di ausili (presidi anti decubito, carrozzina, letto articolato, eccetera)
 fornitura di tutti i presidi per lo svolgimento delle attività assistenziali (medicazioni, gestione del catetere
venoso centrale, terapie endovenose, terapie continuative sottocute o endovena per il controllo della
sintomatologia, eccetera)
 attivazione di figure professionali di supporto (operatori sociosanitari) e rete di volontariato connessa alla
stessa unità di cure palliative
 supporto psicologico, ove richiesto
 inserimento di nuove figure sanitarie in équipe, quali: medico nutrizionista, educatore professionale,
medico geriatra
 stesura di procedure e protocolli inerenti gli interventi clinico-assistenziali ma non solo
 mantenimento di un’adeguata documentazione sanitaria (Fascicolo Socio Assistenziale e Sanitario) che
racconti tutto ciò che viene eseguito, concordato, programmato con il paziente. La cartella clinica
domiciliare è assimilabile, sia nei contenuti sia nei confronti della legge, a una cartella clinica ospedaliera.
Particolare attenzione viene posta soprattutto alla prima valutazione (valutazione di primo livello), alla
raccolta dei dati inerenti la sintomatologia, lo stato di sofferenza del paziente, non solo in termini di
dolore ma di tutte quelle condizioni che possono inficiare o diminuire la qualità della vita in quel
momento.
Purtroppo a oggi non esiste una capillarità su tutto il territorio nazionale con servizi domiciliari di questo
tipo. In ogni caso un efficace servizio di cure palliative domiciliari dovrebbe mirare a:
 ridurre il numero dei ricoveri e la loro durata
 ridurre il numero di visite e di esami diagnostici
 ridurre il consumo di farmaci
 migliorare la prevenzione
 indurre nel paziente un atteggiamento positivo e indipendente
 diminuire i disagi per pazienti e familiari
 diminuire i costi delle cure.

L’intervento infermieristico domiciliare


È noto che la figura infermieristica, nei vari ambiti di cura, è quella più vicina al paziente e ai familiari in ter-
mini sia di tempo sia di relazione. Spesso gli infermieri individuano e accolgono bisogni che l’équipe non in -
dividua proprio per la continuità di cura che offrono.
Questo concetto, che può apparire scontato e banale, si amplifica in maniera esponenziale a domicilio.

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L’infermiere e le cure palliative

La figura infermieristica diventa centrale insieme e con il paziente, insieme e con i familiari, e questo punto
privilegiato all’interno di un’équipe di cure palliative domiciliari sottopone il professionista infermiere a una
infinità di variabili, casa dopo casa, porta dopo porta. La stessa patologia, in un soggetto di età simile, in con -
testi sociali e familiari diversi può essere affrontato dal paziente e dai suoi cari in maniera completamente
diversa, non solo per la presenza di una sintomatologia variabile, ma soprattutto per l’approccio con essa e
con il momento di vita. Sono innumerevoli i fattori non clinici che conducono un percorso assistenziale su
strade completamente diverse da un altro. La centralità del ruolo infermieristico sta, oltre che nella tecnica,
anche nel saper individuare queste sfumature che devono essere portate a conoscenza di tutta l’équipe per far
sì che la stessa si ponga nella maniera più adeguata in quel contesto familiare.
La duttilità e la malleabilità dell’infermiere che opera a domicilio sono essenziali proprio perché lo stesso ha
un punto di osservazione e di ascolto privilegiato, tale da farlo diventare spesso l’attore principale tra il set-
ting assistenziale (paziente/patologia/sintomi/famiglia) e l’équipe curante. Tali sfumature spesso apparten-
gono alla sfera del linguaggio non verbale del paziente oppure a un contesto di fragilità familiare volutamente
non espresso.

I punti chiave dell’intervento infermieristico a domicilio


 Ascolto e instaurazione di un rapporto privilegiato con il paziente (molto spesso il paziente si esprime
più liberamente con l’infermiere che con l’équipe)
 Individuazione, educazione e addestramento del caregiver di riferimento
 Valorizzazione e condivisione con il caregiver e i familiari del percorso e delle scelte assistenziali del
paziente
 Individuazione di un eccessivo carico o stanchezza del caregiver
 Individuazione di fragilità, di conflitti familiari legati alla percezione delle cure palliative
 Individuazione o percezione di solitudine del paziente (spesso non espressa)
 Riconoscimento e identificazione dei bisogni inespressi del paziente (attraverso il linguaggio non ver-
bale del paziente e la relazione di cura si possono riconoscere forme di dolore non espresso, angoscia
non verbalizzata, paure legate a farmaci utilizzati, eccetera)
 Approfondita analisi della sofferenza, ovvero di tutto ciò che mina la qualità di vita del paziente.

Si può facilmente intuire come tutte queste aree di ascolto e di intervento riguardino quasi esclusivamente la
sfera relazionale, che di conseguenza influenzerà quella tecnica. Quest’ultima nella maggior parte dei casi a
domicilio, pur essendo presente, viene percepita quasi come secondaria o perché effettivamente lo è o perché
il passo più importante è anzitutto instaurare una relazione che sia davvero terapeutica, ponendosi, specie
nelle prime fasi assistenziali, in una posizione di ascolto e di raccolta dati. 5

Identificazione e riconoscimento del caregiver


Il domicilio del paziente è un luogo di cura nel quale gli operatori, e quindi anche gli infermieri, “entrano” in
casa altrui. Diventa quindi un setting spesso privilegiato per i pazienti (che hanno la possibilità di ricevere as-
sistenza e cure in spazi a loro cari) con caratteristiche intrinseche che vanno conosciute e sulle quali va adat -
tata e pianificata un’assistenza diversa da quella che si è abituati a svolgere in ambito residenziale. 6
Non si può svolgere nessun tipo di assistenza se non si “è accolti” nelle case: il familiare, un badante o in casi
rari anche il paziente stesso aprendoci la porta di casa ci permette di entrare per iniziare una relazione di
cura. I primi interlocutori che si incontrano a domicilio sono proprio i familiari, le persone che vivono con il
malato, spesso badanti, che magari non conoscono la nostra lingua e con le quali è difficile comunicare…
Sono loro di cui l’infermiere si prende subito cura.
Tra le prime competenze infermieristiche necessarie c’è quella di saper identificare e quindi conoscere i vari
componenti della famiglia, le varie tipologie familiari 7 (vedi tabella 1), riconoscere i loro bisogni e sapere
identificare il così detto caregiver.

Tabella 1. I tipi di famiglia


1 Famiglia supportiva: alti livelli di intimità tra i membri, capacità di condividere le difficoltà e le emo-
zioni, capacità di fornire e ricevere supporto e di cooperare
2 Famiglia in grado di risolvere i conflitti: alto livello di coesione
3 Famiglia ostile: alta conflittualità tra i membri e scarso livello di coesione

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L’infermiere e le cure palliative

4 Famiglia scontrosa: poco socievole, permalosa, poco affidabile


5 Famiglia classica: intermedia tra le altre

Quando questa figura è rappresentata da un familiare, si parla di caregiver spontaneo o informale mentre il
caregiver formale è identificato con un operatore sanitario. 8 Il familiare caregiver a domicilio è una persona
inesperta di assistenza, che deve riuscire improvvisamente a occuparsi di un proprio congiunto malato e deve
fare i conti con le proprie paure, il proprio dolore, affrontando tutte le difficoltà legate all’attività di caregi-
ving; è il cardine insostituibile per il raggiungimento degli obiettivi previsti nella pianificazione assistenziale.
E’ una persona che diventa oggetto e soggetto di cura: ha dei bisogni che l’équipe deve saper riconoscere, va-
lutare e gestire (in cure palliative si parla sempre di unità di cura paziente e famiglia), ma è anche strumento,
mezzo e tramite per l’assistenza. Il caregiver è una vera e propria risorsa per l’assistenza di un malato in fase
avanzata di malattia, per questo va tutelato, coinvolto ma non sovraccaricato.
Il caregiver di solito viene scelto sia per la sua disponibilità, sia per la presenza di risorse interiori personali
che permettono di sostenere il “carico familiare”: l’insieme delle conseguenze oggettive e soggettive correlate
alla presenza di un familiare affetto da una grave malattia e di rispondere ai bisogni del paziente principal -
mente su due fronti, quello assistenziale-pratico e quello del sostegno emotivo. 9
Il caregiver sostiene responsabilità che sono fisicamente ed emotivamente molto impegnative, considerando
che in generale non ha formazione specialistica per questo ruolo e che è coinvolto anche dal punto di vista af -
fettivo. In tal senso è fondamentale che gli infermieri pianifichino sin dal momento della presa in carico in -
terventi non solo informativi (come verrà svolta l’assistenza, quali operatori verranno attivati, come utilizzare
la reperibilità telefonica, in che modo verranno forniti farmaci e ausili) ma soprattutto interventi educativi
specifici riguardanti la gestione della casa, aspetti pratici sull’assistenza del paziente, la gestione della terapia,
il riconoscimento di segni e sintomi, le possibili urgenze.10
Per tale motivo diviene fondamentale un accompagnamento dei familiari da parte di operatori competenti e
disponibili ad ascoltare i loro vissuti, disposti ad aiutarli ad adattarsi alla situazione che stanno vivendo e che
facilitino l’attivazione delle loro risorse.
Durante la fase terminale, il dolore e i sintomi associati non solo peggiorano la qualità di vita del malato, ma
sono anche una delle principali fonti di stress per i familiari. 11 Tra i bisogni delle famiglie emerge la necessità
di ricevere precise informazioni sui trattamenti e sui loro effetti collaterali per:
 sapersi occupare delle cure di tipo pratico e materiale. Questo aspetto fornisce gli strumenti per
aumentare le capacità di gestire a casa il paziente e per il miglioramento delle condizioni emotive
 confermare i familiari nel loro ruolo di supporto e aumentare la loro fiducia e autostima.
Oltretutto, l’essersi presi cura da vicino del congiunto e il senso di competenza che ne deriva sono tra i fattori
che predispongono a una risoluzione positiva del successivo periodo di lutto.
Appare chiaro che a domicilio trovarsi di fronte a una tipologia familiare rispetto a un’altra possa fare la dif-
ferenza nel percorso assistenziale e direttamente nel raggiungimento o meno degli obiettivi di risultato. Fa-
miglie assenti o non disponibili non creano le condizioni di cura a domicilio necessarie e di conseguenza
l’attivazione delle cure palliative domiciliari.

La gestione dei principali problemi assistenziali


L’obiettivo prioritario delle cure palliative è la riduzione dell’impatto dei sintomi e dei diversi problemi assi -
stenziali sull’autonomia, sulle attività e sulle relazioni quotidiane. L’infermiere deve saperli valutare e moni-
torare correttamente e costantemente per una loro gestione efficace in qualsiasi fase di malattia. Riconoscere
un problema significa anche saperlo collocare nella sua giusta dimensione, ovvero se si tratta di un:
 problema assistenziale minore
 problema assistenziale maggiore
 sintomo di fine vita.
Con la progressione della malattia sono molti i sintomi che possono comparire, aggravarsi e trasformarsi. Al -
cuni interventi diventano prioritari, alcuni vanno intensificati, altri vanno modificati, altri ancora sospesi. La
rimodulazione è alla base della pianificazione condivisa delle cure e dell’assistenza in cure palliative e si tra -
duce in una continua variabilità di obiettivi di cura che segue l’andamento della malattia e la partecipazione
dei pazienti alle cure (preferenze).7,12
La pianificazione condivisa delle cure è il metodo per comporre gli elementi essenziali del processo decisio-
nale dei pazienti e dei loro familiari; migliora il fine vita, la soddisfazione delle cure ricevute e riduce lo

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L’infermiere e le cure palliative

stress. Una pianificazione delle cure diventa essenziale poiché i bisogni e i sintomi correlati possono modifi-
carsi in maniera sostanziale anche nel giro di poche ore o giorni. Una buona assistenza non dovrà essere su-
bita passivamente dal malato ma dovrà essere proiettata all’accompagnamento decisionale. Per assistere in
tal senso è necessario che la figura infermieristica si riferisca non solo a standard di valutazione dei bisogni,
ma che integri la propria azione anche con valori provenienti dalla propria deontologia professionale, ricca di
indicazioni e precisa in tal senso (vedi Codice deontologico)
Di seguito vengono elencate alcune delle principali problematiche e i principali sintomi dei pazienti assistiti
in cure palliative e suggeriti quali sono gli interventi infermieristici in genere più appropriati. 7,13,14 La gestione
di tali problemi e sintomi segue protocolli identici sia che il paziente si trovi a domicilio sia che si trovi in ho-
spice.

Cura del corpo della persona


Quest’area riguarda i comportamenti e le abilità indispensabili per preservare la dignità del paziente e della
sua famiglia quando il paziente inizia a sviluppare gradi di dipendenza dalle cure variabili, fino ad arrivare
alla completa dipendenza quando la vita è giunta alla fine.
La cura fisica del corpo è probabilmente la più comune area di attività. Le cure di base prevedono le attività
indispensabili per il comfort del paziente ma anche della famiglia che gli sta vicino.
Sono le cure considerate più importanti perché permettono di far entrare in relazione gli infermieri con la
parte più intima dei pazienti.15
E’ la parte dell’assistenza infermieristica che richiede più rispetto, sensibilità e delicatezza, proprio per garan-
tire dignità al corpo e all’uomo che si sta aiutando. Gli infermieri attraverso i propri gesti di cura possono re -
stituire o far riscoprire un senso e significato a tutte le attività che il paziente non è più in grado di svolgerle
in autonomia, rispettandolo soprattutto nella modalità e nei tempi con cui il paziente stesso le avrebbe svolte
se avesse avuto la forza, la volontà e la conoscenza per farle.
Gli interventi sono prevalentemente orientati a mantenere una buona igiene complessiva della persona, valu-
tando attentamente il bisogno di igiene personale espresso dal paziente stesso. Tra questi interventi è di par -
ticolare importanza la cura e l’igiene del cavo orale.
Igiene del cavo orale
Garantire pulizia, idratazione e benessere della bocca permette al paziente di comunicare, relazionarsi senza
difficoltà, di mangiare e respirare correttamente. Bisogna:
 effettuare sempre una valutazione completa del cavo orale che preveda l’ispezione della lingua, della
mucosa interna, dello stato dei denti (o presenza di protesi dentali), delle labbra, dello stato della
deglutizione, della saliva, della voce e dello stato delle gengive 16
 riconoscere i sintomi più invalidanti per il paziente: xerostomia, disgeusia e dolore sono quelli più
frequenti in queste fasi di malattia. Sono spesso correlati all’effetto di alcuni farmaci, alla presenza di
infezioni batteriche o micotiche del cavo orale17
 garantire un’adeguata igiene orale almeno 2 volte al giorno, anche se la frequenza della cura del cavo orale
dipende dallo stato e dai bisogni della persona16
 promuovere l’utilizzo dello spazzolino oppure sostituire la sua azione con garze o tamponi
 evitare l’utilizzo di collutori a base alcolica e cibi irritanti soprattutto in presenza di afte o ulcerazioni della
mucosa del cavo orale16
 programmare interventi sostitutivi ed educativi nei confronti dei familiari.

Prevenzione e trattamento delle lesioni da pressione


Un altro aspetto che rientra nella cura del corpo è quello riguardante tutti gli interventi di prevenzione e trat -
tamento delle lesioni da pressione.
Le persone con patologie oncologiche in fase avanzata sono considerate ad alto rischio di sviluppo di lesioni
da pressione a causa della loro condizione clinica. Le lesioni da pressione sono un problema importante in
cure palliative perché possono intensificare la sofferenza dei pazienti, ridurre la loro qualità di vita e contri-
buire ad aumentare i costi sanitari.
Le linee guida nazionali ed europee 18 sottolineano che alla base di un’efficace gestione delle lesioni vi è la ca -
pacità di saperle riconoscere e stadiare appropriatamente. In cure palliative saper valutare e stadiare una le -
sione da pressione vuol dire saperla mettere in relazione alle condizioni del paziente e saper indirizzare il pia -
no assistenziale verso lo scopo primario delle cure: quello del comfort e della qualità di vita dei pazienti. In
alcuni casi, l’atteggiamento migliore per il benessere del malato potrebbe essere anche quello di accettare che

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L’infermiere e le cure palliative

si possa sviluppare una nuova lesione o che, addirittura, questa non possa più guarire. 19,20 Alcune evidenze
infatti mettono in luce che l’incidenza di sviluppo di lesioni in pazienti seguiti da un programma di cure pal-
liative aumenta negli ultimi 6 giorni prima dell’evento morte. 21
Questo fenomeno può essere spiegato da un punto di vista fisiologico a causa dei danni a cui va incontro il
tessuto cutaneo nelle ultime ore di vita.22
Alcune raccomandazioni sulla prevenzione delle lesioni da pressione 18 non sempre sono facilmente applicabi-
li in cure palliative e a volte possono essere in conflitto con le stesse priorità assistenziali. Per esempio, il ri -
posizionamento dei pazienti e i cambi posturali potrebbero causare dolore o essere ostacolati da nausea del
paziente o da una sua impossibilità ad assumere decubiti laterali.
Il wound care palliativo adotta quindi un approccio olistico per alleviare le sofferenze e migliorare la qualità
della vita dei pazienti e famiglie che convivono con lesioni croniche, indipendentemente dal fatto che le stesse
possano guarire o no. L’obiettivo principale della cura delle lesioni in cure palliative non è la loro guarigione,
ma il controllo dei sintomi.23
Gli infermieri palliativisti devono essere capaci di personalizzare l’assistenza per migliorare la qualità di vita
della persona assistita e della sua famiglia, alleviando la sofferenza 24 che operativamente si traduce nella co-
noscenza e nella capacità di utilizzare in équipe interventi personalizzati, appropriati ed efficaci, come l’uso
di dispositivi di protezione della cute, materassi e cuscini antidecubito o medicazioni avanzate. Tuttavia, an -
che queste strategie potrebbero ostacolare il comfort e la qualità di vita dei pazienti. Per esempio, cambia-
menti di posizione potrebbero essere scomodi e difficili per i pazienti con dispnea, dolore o nausea. 18 Pertan-
to tutti gli interventi dovrebbero essere finalizzati a evitare il peggioramento della lesione e dovrebbero essere
focalizzati sul controllo del dolore, sulla gestione delle infezioni, dell’odore, degli essudati e del sanguinamen -
to.

Dolore
Il controllo del dolore è essenziale per consentire ai pazienti di ottenere o conservare un grado ottimale di
qualità di vita e uno svolgimento funzionale delle proprie attività quotidiane come mangiare, camminare, ri -
posarsi.25 Nel trattamento domiciliare l’infermiere deve adottare tutte le best practice di accurata valutazione
e ascolto con l’obiettivo di ridurre ed eliminare il dolore. Nello specifico è importante:
 riconoscere gli episodi di dolore e utilizzare gli strumenti di valutazione appropriati al singolo caso in
modo da seguirne nel tempo l’evoluzione. La valutazione del dolore è un processo multidimensionale.
Uno degli aspetti prioritari da considerare è la misurazione dell’intensità del dolore. Esistono scale molto
semplici26,27,28 da poter utilizzare facilmente sia a domicilio sia in hospice (vedi box). E’ importante anche
valutare la qualità dell’esperienza del dolore verbalizzata dal paziente, la presenza o assenza di dolore
durante la mobilizzazione e lo stato emotivo del paziente (preoccupazione, agitazione, tranquillità). 29
 riconoscere la tipologia di dolore (viscerale, osseo, neuropatico, misto, totale, cefalico, metastatico,
eccetera)29
 somministrare eventuali terapie al bisogno in concomitanza dell’episodio di dolore, documentandole in
cartella e descrivendone la loro efficacia29
 istruire il paziente e il caregiver a una corretta assunzione della terapia, soprattutto di quella per il
trattamento del dolore episodico intenso, situazione nella quale insorge un picco di dolore improvviso. 26
Detto anche breakthrough pain,30 esso va monitorato in termini di quantità di episodi nelle 12-24 ore
precedenti e nella risposta alla terapia al bisogno. E’ fondamentale addestrare il paziente e la famiglia a
tenere un “diario del dolore” nel quale annotare tali episodi e la terapia al bisogno utilizzata. Tutte queste
informazioni serviranno al medico palliativista per confermare, cambiare, ridurre o implementare la
terapia. Nel caso di un cambio terapeutico sostanziale è bene monitorare la situazione nelle successive 24
ore (anche per via telefonica come primo approccio)31
 riconoscere il dolore nel paziente non competente (malattia di Alzheimer, stato di sopore, eccetera): qui
entra in gioco la mimica corporea, soprattutto quella facciale. Esistono strumenti di misurazione
dell’intensità del dolore specificamente pensati. 32 Una fronte corrugata, smorfie, lamenti alla
mobilizzazione sono tutti segnali da considerare e portare all’attenzione dell’équipe. Bisogna anche
addestrare i familiari al riconoscimento del dolore non verbalizzato (vedi box)
 tenere controllati gli effetti avversi dei farmaci antalgici, primo fra tutti la stitichezza indotta da oppiacei,
e segnalarli tempestivamente al medico per l’impostazione di adeguati protocolli di trattamento preventivi
o integrativi33

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L’infermiere e le cure palliative

Scale di misurazione del dolore


Scala Verbale (VRS Verbal rating Scale) – E’ una scala di misurazione basata sull’uso di aggettivi
per descrivere livelli diversi di dolore (di solito da 4 a 6). Ai due estremi della scala di solito ci sono “nes-
sun dolore” e “dolore estremamente intenso”.
Scala Visivo Analogica (VAS Visual Analogue Scale) - E’ uno strumento costituito da una linea pre-
determinata lunga 10 cm; alla persona assistita viene chiesto di marcare sulla linea il punto che indica
l’intensità del proprio dolore. L’estremità sinistra della scala corrisponde a “nessun dolore”, mentre la de-
stra al “peggior dolore immaginabile”.
Il punteggio si ottiene misurando la distanza in millimetri dall’estremità sinistra della linea a quella de -
stra.
Scala Numerica (NRS Numeric Rating Scale) - E’ una scala di misurazione che viene utilizzata chie-
dendo al paziente di esprimere l’intensità del suo dolore con un punteggio che va da 0 a 10. Lo stru -
mento è rappresentato da una linea o barra orizzontale su cui è indicato un intervallo compreso tra i va -
lori 0 e 10, corrispondenti rispettivamente a “nessun dolore” e “peggior dolore immaginabile”
Scala PAINAD (Pain Assessment IN ADvanced Dementia) - E’ una scala di misurazione del dolore
“oggettiva”. Viene utilizzata nel paziente non in grado di verbalizzare il dolore. Al termine della valuta-
zione si sommano i punteggi ottenuti dai 5 fattori che compongono lo strumento e il risultato finale è ri -
portato su una scala numerica da 0 a 10.

Problemi respiratori
La difficoltà a liberare le vie aeree (per presenza di tosse o secrezioni bronchiali), la dispnea o fame d’aria, i
disturbi o le alterazioni del respiro (tachipnea, bradipnea specialmente negli ultimi giorni di vita) sono tra i
problemi respiratori più frequenti in queste fasi di malattia, possono essere di grado e gravità variabili; sono
quasi sempre presenti nelle patologie polmonari o in caso di astenia estrema.14,34
L’infermiere deve saper riconoscere se si tratta di sintomi occasionali da sforzo oppure di sintomi che persi -
stono anche a riposo. Deve indagare nel primo caso quanti episodi sono comparsi nelle 24 ore precedenti e se
la risoluzione è avvenuta spontaneamente con il riposo oppure se il disturbo è continuato.
In base alla gravità del sintomo e alla situazione o meno di terminalità a breve, va impostata una terapia ade-
guata che può essere:
 solo comportamentale/educativa
 solo al bisogno
 solo al bisogno, in più step in base alla risposta
 fissa e al bisogno
 sedativa (nel caso di sintomo di fine vita, ovvero una dispnea refrattaria a qualsiasi terapia in fase
terminale).
La dispnea è una sensazione soggettiva, ciò che il paziente riferisce come tale deve essere riconosciuto e ac -
cettato.35 Al fine di misurarne l’entità e la variazione nel tempo è utile ricorrere a una scala numerica (NRS) o
a una scala analogica visiva (VAS).
La mancanza di respiro spaventa sempre molto il paziente e spesso di più i familiari che si sentono impotenti
e vedono soffrire molto il loro caro. In questi casi è fondamentale il monitoraggio stretto, l’impostazione di
una terapia adeguata e la presenza in casa di farmaci utili in caso di sintomo refrattario. I familiari vanno il
più possibile tranquillizzati perché una delle paure più comuni è proprio la morte da soffocamento.
In genere per i problemi respiratori che può presentare un paziente è importante saper intervenire su questi
quattro ambiti.14

Risparmio delle forze e controllo del respiro


 Spiegare come integrare respirazione e programmazione degli sforzi
 Insegnare tecniche di rilassamento e di controllo del respiro
 Incoraggiare a migliorare la tolleranza all’attività fisica e nello stesso tempo cercare di aiutare il pa-
ziente a risparmiare le forze. Per il controllo del respiro, integrare gli interventi assistenziali con quelli
riabilitativi attivando fisioterapisti e terapisti occupazionali per insegnare al paziente come risparmia-
re le energie)
 Ventilazione:
- aprire le finestre e far circolare l’aria con l’ausilio, per esempio, di un ventilatore. L’aria fresca sul
viso può innescare riflessi positivi che, attraverso la stimolazione trigeminale, alleviano la difficoltà a
respirare
 Ambiente:

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L’infermiere e le cure palliative

- raffreddare e umidificare l’aria secca, eliminare gli irritanti volatili. Non rimboccare lenzuola e co-
perte e controllare che i visitatori non si “affollino” attorno al malato
 Posizionamento:
- evitare la compressione dell’addome o del torace durante i cambi di posizione. Provare a far utiliz-
zare la posizione semi-seduta (alzando la testa e il tronco)
- tenere conto delle indicazioni del paziente per trovare più facilmente la migliore posizione per lui.
- per i pazienti che hanno difficoltà a liberare le vie aeree suggerire posture per promuovere e facili -
tare il drenaggio passivo delle secrezioni (drenaggio posturale).

Problemi urinari e intestinali


La stitichezza o la diarrea, arrivando sino all’incontinenza fecale e/o urinaria, sono condizioni molto frequen -
ti nei pazienti con patologie oncologiche avanzate. 14 Di eziologia diversa (patologia principale e sede della
neoplasia, effetti collaterali farmacologici, deterioramento delle funzioni corporee) sono problematiche molto
invalidanti poiché un cambiamento fisico repentino, come per esempio il comparire di un’incontinenza, va a
minare non solo la sfera puramente corporea ma anche della percezione di sé, con conseguenze anche gravi
sul tono dell’umore e un aumento dell’intolleranza alla vita.
La stitichezza va trattata in modo adeguato a seconda della patologia primaria e della causa (terapia orale, in-
tervento nutrizionale, interventi evacuativi). La stitichezza indotta da oppiacei è uno dei problemi più fre-
quenti nei pazienti in cure palliative. 33 E’ sempre importante evitare interventi invasivi (svuotamenti
dell’ampolla rettale, clisteri evacuativi) per non aggiungere dolore e sofferenza al paziente. Per questo motivo
tutti gli interventi di prevenzione di questo sintomo vanno pianificati e messi in atto dal momento della presa
in carico e devono sempre considerare e rispettare le abitudini del paziente.
Anche la diarrea è un sintomo che può essere controllato farmacologicamente e attraverso un regime alimen -
tare adeguato.36 Gli interventi infermieristici devo essere orientati a ridurre il disagio provocato dalle scariche
diarroiche proponendo l’utilizzo (soprattutto nei pazienti con difficoltà nella deambulazione) di mutandine
assorbenti o pannoloni che favoriscono un maggior contenimento delle feci. E’ importante occuparsi anche
dell’igiene intima dei pazienti evitando di utilizzare soluzioni irritanti nei ripetuti interventi di pulizia. Occu-
parsi sempre anche della biancheria del letto. Proteggerla con teli assorbenti monouso e sostituirla ogni volta
che si sporca. Particolare attenzione va posta all’areazione degli ambienti per evitare il cattivo odore.
L’incontinenza è una problematica difficile da risolvere quando si presenta. Tutti gli interventi devono essere
orientati all’ottenimento del massimo comfort possibile.37 L’accettazione di sé passa anche attraverso il man-
tenimento, pur nella malattia, di quelle funzioni primarie che permettono al paziente di condurre ancora una
vita accettabile (alimentazione, cammino, ritmo sonno-veglia, performance cognitive). La comparsa di tale
sintomo è spesso associata a depressione, aggravamento delle condizioni generali, stress e fatica esistenziale.
Nel caso di incontinenza urinaria discutere con la persona assistita dei presidi per la sua gestione (pannoloni,
urocondom per gli uomini, catetere vescicale) al fine di garantire il massimo comfort e dignità alla persona.
Garantire sempre un’adeguata igiene intima per evitare macerazioni o lesioni a carico della cute.
In caso di presenza di catetere vescicale (o di necessità di posizionarlo) addestrare i familiari nella sua gestio-
ne per evitare ostruzioni, rimozioni accidentali, infezioni.

Bibliografia
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L’infermiere e le cure palliative

Quali sono i punti chiave della Legge 38/2010?


Punti chiave
● Il testo della legge

In sintesi
La Legge 38/2010 per garantire l’accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore
è stata una svolta importante per l’Italia. Di seguito si riportano i singoli articoli con
un commento sintetico.

Il testo della legge


Viene di seguito riportato il testo integrale della Legge 38/2010 “Disposizioni per garantire l’accesso alle cure
palliative e alla terapia del dolore”. Si tratta di una legge importante per l’implementazione e lo sviluppo delle
cure palliative nel nostro paese. E’ stata promulgata a 10 anni dalla prima legge che ha ufficialmente inserito
le cure palliative nel nostro Sistema Sanitario Nazionale.1,2 E’ la prima legge che considera l’accesso alle cure
palliative come un vero e proprio diritto di tutti i cittadini.

Legge 38/2010 - Disposizioni per garantire l’accesso alle cure palliative e alla terapia
del dolore (GU n. 38 del 15-03-2010)
Art. 1
Finalità
1. La presente legge tutela il diritto del cittadino ad accedere alle cure palliative e alla terapia del dolore.
2. È tutelato e garantito, in particolare, l’accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore da parte del ma-
lato, come definito dall’articolo 2, comma 1, lettera c), nell’ambito dei livelli essenziali di assistenza di cui al
decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 novembre 2001, pubblicato nel supplemento ordinario
alla Gazzetta Ufficiale n. 33 dell’8 febbraio 2002, al fine di assicurare il rispetto della dignità e dell’autonomia
della persona umana, il bisogno di salute, l’equità nell’accesso all’assistenza, la qualità delle cure e la loro ap-
propriatezza riguardo alle specifiche esigenze, ai sensi dell’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 di-
cembre 1992, n. 502, e successive modificazioni.
3. Per i fini di cui ai commi 1 e 2, le strutture sanitarie che erogano cure palliative e terapia del dolore assicu -
rano un programma di cura individuale per il malato e per la sua famiglia, nel rispetto dei seguenti princìpi
fondamentali:
a) tutela della dignità e dell’autonomia del malato, senza alcuna discriminazione;
b) tutela e promozione della qualità della vita fino al suo termine;
c) adeguato sostegno sanitario e socio-assistenziale della persona malata e della famiglia.

Questo primo articolo mette in evidenza la tutela del diritto da parte del cittadino di accedere alle cure
palliative e alla terapia del dolore. Può sembrare banale e scontato ma ancora oggi a distanza di 9 anni
dall’entrata in vigore della legge in molte regioni d’Italia questo diritto non è ancora garantito sia per ca -
renza (o addirittura assenza) di strutture dedicate sia per le scarse conoscenze degli operatori riguardo
a questo approccio di cura. A un diritto corrisponde sempre un dovere: in questo caso ciascun operatore
sanitario coinvolto nella cura e nell’assistenza di pazienti in fase avanzata di malattia o con bisogni di
cure palliative deve poter garantire l’assistenza più adeguata e appropriata a queste fasi di malattia.
Il primo articolo fa riferimento ai LEA (livelli essenziali di assistenza) 3 nei quali dal 2001 le cure palliative
sono state inserite.
I valori a cui questa legge si ispira riguardano la dignità della persona e la sua partecipazione attiva alle
cure (autonomia). La qualità di vita all’interno di questo testo di legge non è solo vista come un risultato
da raggiungere ma è interpretata come un principio fondamentale che indirizza e nutre tutti gli aspetti
connessi a questo approccio di cura; la vita di una persona anche quando volge al termine continua a
essere considerata un bene prezioso che necessita di essere valorizzato fino al suo termine. La legge fa
riferimento anche a valori come l’equità, la qualità e l’appropriatezza delle cure

Art. 2
Definizioni
1. Ai fini della presente legge si intende per:

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L’infermiere e le cure palliative

a) «cure palliative»: l’insieme degli interventi terapeutici, diagnostici e assistenziali, rivolti sia alla persona
malata sia al suo nucleo familiare, finalizzati alla cura attiva e totale dei pazienti la cui malattia di base, carat -
terizzata da un’inarrestabile evoluzione e da una prognosi infausta, non risponde più a trattamenti specifici;
b) «terapia del dolore»: l’insieme di interventi diagnostici e terapeutici volti a individuare e applicare alle for-
me morbose croniche idonee e appropriate terapie farmacologiche, chirurgiche, strumentali, psicologiche e
riabilitative, tra loro variamente integrate, allo scopo di elaborare idonei percorsi diagnostico-terapeutici per
la soppressione e il controllo del dolore;
c) «malato»: la persona affetta da una patologia ad andamento cronico ed evolutivo, per la quale non esisto-
no terapie o, se esse esistono, sono inadeguate o sono risultate inefficaci ai fini della stabilizzazione della ma -
lattia o di un prolungamento significativo della vita, nonché la persona affetta da una patologia dolorosa cro-
nica da moderata a severa;
d) «reti»: la rete nazionale per le cure palliative e la rete nazionale per la terapia del dolore, volte a garantire
la continuità assistenziale del malato dalla struttura ospedaliera al suo domicilio e costituite dall’insieme del -
le strutture sanitarie, ospedaliere e territoriali, e assistenziali, delle figure professionali e degli interventi dia-
gnostici e terapeutici disponibili nelle regioni e nelle province autonome, dedicati all’erogazione delle cure
palliative, al controllo del dolore in tutte le fasi della malattia, con particolare riferimento alle fasi avanzate e
terminali della stessa, e al supporto dei malati e dei loro familiari;
e) «assistenza residenziale»: l’insieme degli interventi sanitari, socio-sanitari e assistenziali nelle cure pallia-
tive erogati ininterrottamente da équipe multidisciplinari presso una struttura, denominata «hospice»;
f) «assistenza domiciliare»: l’insieme degli interventi sanitari, socio-sanitari e assistenziali che garantiscono
l’erogazione di cure palliative e di terapia del dolore al domicilio della persona malata, per ciò che riguarda
sia gli interventi di base, coordinati dal medico di medicina generale, sia quelli delle équipe specialistiche di
cure palliative, di cui il medico di medicina generale è in ogni caso parte integrante, garantendo una continui-
tà assistenziale ininterrotta;
g) «day hospice»: l’articolazione organizzativa degli hospice che eroga prestazioni diagnostico-terapeutiche e
assistenziali a ciclo diurno non eseguibili a domicilio;
h) «assistenza specialistica di terapia del dolore»: l’insieme degli interventi sanitari e assistenziali di terapia
del dolore erogati in regime ambulatoriale, di day hospital e di ricovero ordinario e sul territorio da équipe
specialistiche.

La legge introduce nel secondo articolo un glossario breve, semplice ed esaustivo; per poter garantire il
diritto d’accesso alle cure palliative dobbiamo sapere di che cosa stiamo parlando. E’ necessario quindi
che tutti conoscano e comprendano il significato dei termini più ricorrenti e che non si faccia confusione
soprattutto riguardo alla terapia del dolore e alle cure palliative.

Art. 3
Competenze del Ministero della salute e della Conferenza permanente per i rapporti tra lo
Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano
1. Le cure palliative e la terapia del dolore costituiscono obiettivi prioritari del Piano sanitario nazionale ai
sensi dell’articolo 1, commi 34 e 34-bis, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, e successive modificazioni.
2. Nel rispetto delle disposizioni sul riparto delle competenze in materia tra Stato e regione, il Ministero della
salute, di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze, definisce le linee guida per la promozione,
lo sviluppo e il coordinamento degli interventi regionali negli ambiti individuati dalla presente legge, previo
parere del Consiglio superiore di sanità, tenuto conto anche dell’accordo tra il Governo, le regioni e le provin -
ce autonome di Trento e di Bolzano in materia di cure palliative pediatriche sottoscritto il 27 giugno 2007 e
del documento tecnico sulle cure palliative pediatriche approvato il 20 marzo 2008 in sede di Conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.
3. L’attuazione dei princìpi della presente legge in conformità alle linee guida definite ai sensi del comma 2
costituisce adempimento regionale ai fini dell’accesso al finanziamento integrativo del Servizio sanitario na-
zionale a carico dello Stato.
4. Il Comitato paritetico permanente per la verifica dei livelli essenziali di assistenza, di cui all’articolo 9
dell’intesa sottoscritta il 23 marzo 2005 tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano,
pubblicata nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 105 del 7 maggio 2005, valuta annualmente lo
stato di attuazione della presente legge, con particolare riguardo all’appropriatezza e all’efficienza dell’utilizzo
delle risorse e alla verifica della congruità tra le prestazioni da erogare e le risorse messe a disposizione.

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L’infermiere e le cure palliative

L’art. 3 definisce gli ambiti di competenza degli organi istituzionali e governativi coinvolti. Le cure pallia-
tive diventano un obiettivo prioritario del piano sanitario nazionale.

Art. 4
Campagne di informazione
1. Il Ministero della salute, d’intesa con le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, promuove
nel triennio 2010-2012 la realizzazione di campagne istituzionali di comunicazione destinate a informare i
cittadini sulle modalità e sui criteri di accesso alle prestazioni e ai programmi di assistenza in materia di cure
palliative e di terapia del dolore connesso alle malattie neoplastiche e a patologie croniche e degenerative, an -
che attraverso il coinvolgimento e la collaborazione dei medici di medicina generale e dei pediatri di libera
scelta, delle farmacie pubbliche e private nonché delle organizzazioni private senza scopo di lucro impegnate
nella tutela dei diritti in ambito sanitario ovvero operanti sul territorio nella lotta contro il dolore e nell’assi -
stenza nel settore delle cure palliative.
2. Le campagne di cui al comma 1 promuovono e diffondono nell’opinione pubblica la consapevolezza della
rilevanza delle cure palliative, anche delle cure palliative pediatriche, e della terapia del dolore, al fine di pro -
muovere la cultura della lotta contro il dolore e il superamento del pregiudizio relativo all’utilizzazione dei
farmaci per il trattamento del dolore, illustrandone il fondamentale contributo alla tutela della dignità della
persona umana e al supporto per i malati e per i loro familiari.
3. Per la realizzazione delle campagne di cui al presente articolo è autorizzata la spesa di 50.000 euro per
l’anno 2010 e di 150.000 euro per ciascuno degli anni 2011 e 2012.

La legge pone attenzione alla necessità non solo di garantire l’accesso alle cure e quindi assistenza a
tutti coloro che ne hanno bisogno ma anche alla necessità di creare consapevolezza, di informare non
solo gli operatori sanitari ma tutta la società sul reale significato delle cure palliative. La promozione di
una cultura corretta sulle tematiche relative al valore della vita fino all’ultimo istante, alla lotta contro
qualsiasi forma di sofferenza, alla dignità del malato e alla presa in carico anche della famiglia che lo as-
siste. La legge 38 si pone, nel panorama legislativo, con una forte connotazione anche sociale. La consa -
pevolezza e la percezione inadeguate delle cure palliative nella società possono avere un impatto impor -
tante sul loro utilizzo da parte di pazienti incurabili e delle loro famiglie. Infatti, la consapevolezza e gli
atteggiamenti pubblici possono influenzare l’intero sistema dall’accesso ai servizi di cure palliative alle
politiche sanitarie. È ampiamente dimostrato che i cambiamenti negli atteggiamenti e nella gestione del -
le questioni sanitarie e sociali, accompagnati da una corretta diffusione delle informazioni pubbliche,
possono influenzare notevolmente la domanda e l’uso dei servizi di cure palliative.
In questo contesto anche la rappresentazione mediatica delle cure palliative riflette e influenza gli atteg -
giamenti sociali. Descrivendo o trasmettendo basse o errate aspettative riguardo all’assistenza, alla qua-
lità di vita, alla morte, alla vita, e quindi sviluppando atteggiamenti negativi, questi possono compro-
mettere la comprensione dei benefici positivi delle cure palliative e fungere da barriere tra i servizi, i pa -
zienti e le loro famiglie durante la fase terminale di malattia.

Art. 5
Reti nazionali per le cure palliative e per la terapia del dolore
1. Al fine di consentire il costante adeguamento delle strutture e delle prestazioni sanitarie alle esigenze del
malato in conformità agli obiettivi del Piano sanitario nazionale e comunque garantendo i livelli essenziali di
assistenza di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modi-
ficazioni, il Ministero della salute attiva una specifica rilevazione sui presìdi ospedalieri e territoriali e sulle
prestazioni assicurati in ciascuna regione dalle strutture del Servizio sanitario nazionale nel campo delle cure
palliative e della terapia del dolore, al fine di promuovere l’attivazione e l’integrazione delle due reti a livello
regionale e nazionale e la loro uniformità su tutto il territorio nazionale.
2. Con accordo stipulato entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge in sede di Confe -
renza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, su pro -
posta del Ministro della salute, sono individuate le figure professionali con specifiche competenze ed espe-
rienza nel campo delle cure palliative e della terapia del dolore, anche per l’età pediatrica, con particolare ri-
ferimento ai medici di medicina generale e ai medici specialisti in anestesia e rianimazione, geriatria, neuro -
logia, oncologia, radioterapia, pediatria, ai medici con esperienza almeno triennale nel campo delle cure pal -
liative e della terapia del dolore, agli infermieri, agli psicologi e agli assistenti sociali nonché alle altre figure
professionali ritenute essenziali. Con il medesimo accordo sono altresì individuate le tipologie di strutture
nelle quali le due reti si articolano a livello regionale, nonché le modalità per assicurare il coordinamento del -
le due reti a livello nazionale e regionale.

- 27 -
L’infermiere e le cure palliative

3. Entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, su proposta del Ministro della salute, in
sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di
Bolzano, mediante intesa ai sensi dell’articolo 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131, sono definiti i
requisiti minimi e le modalità organizzative necessari per l’accreditamento delle strutture di assistenza ai ma-
lati in fase terminale e delle unità di cure palliative e della terapia del dolore domiciliari presenti in ciascuna
regione, al fine di definire la rete per le cure palliative e la rete per la terapia del dolore, con particolare riferi -
mento ad adeguati standard strutturali qualitativi e quantitativi, ad una pianta organica adeguata alle neces -
sità di cura della popolazione residente e ad una disponibilità adeguata di figure professionali con specifiche
competenze ed esperienza nel campo delle cure palliative e della terapia del dolore, anche con riguardo al
supporto alle famiglie. Per le cure palliative e la terapia del dolore in età pediatrica, l’intesa di cui al prece -
dente periodo tiene conto dei requisiti di cui all’accordo tra il Governo, le regioni e le province autonome di
Trento e di Bolzano sottoscritto il 27 giugno 2007 in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Sta-
to, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e del documento tecnico approvato il 20 marzo
2008.
4. L’intesa di cui al comma 3 prevede, tra le modalità organizzative necessarie per l’accreditamento come
struttura appartenente alle due reti, quelle volte a consentire l’integrazione tra le strutture di assistenza resi-
denziale e le unità operative di assistenza domiciliare. La medesima intesa provvede a definire un sistema ta-
riffario di riferimento per le attività erogate dalla rete delle cure palliative e dalla rete della terapia del dolore
per permettere il superamento delle difformità attualmente presenti a livello interregionale e per garantire
una omogenea erogazione dei livelli essenziali di assistenza.
5. All’attuazione del presente articolo si provvede, ai sensi dell’articolo 12, comma 2, nei limiti delle risorse
umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri
per la finanza pubblica.

Altro aspetto innovativo della legge 38 è relativo alla definizione di 3 reti distinte (la rete di cure pallia -
tive, la rete di terapia del dolore e la rete delle cure palliative pediatriche) e alla loro integrazione
sull’intero territorio nazionale (comma 1).
L’art. 5 si focalizza anche sulla necessità di stabilire i requisiti minimi e le modalità organizzative neces-
sarie per il loro accreditamento. Si fa riferimento a standard strutturali e di processo qualitativi e quanti -
tativi che offrano una presa in carico del paziente e un percorso di cura personalizzato nel rispetto di
standard di qualità e appropriatezza (comma 3).
Tra questi standard è prevista l’integrazione tra assistenza residenziale (hospice) e l’assistenza territo -
riale (unità operative di assistenza domiciliare) (comma 4).
La Conferenza Stato-Regioni, nella seduta del 25 luglio 2012, 4 ha approvato il documento sui requisiti
minimi e le modalità organizzative necessari per l’accreditamento delle strutture di assistenza ai malati
in fase terminale e delle unità di cure palliative e della terapia del dolore.
La Legge ha definito l’individuazione delle figure professionali operanti nelle reti di cure palliative e le re -
lative competenze che devono possedere per poter svolgere la loro attività nelle diverse reti assistenziali
(comma 2). Nell’accordo della Conferenza Stato-Regioni del 10 luglio 2014 5 vengono descritte le figure
professionali che devono garantire l’assistenza nelle reti di cure palliative: medico di medicina generale,
medico specialista in anestesia, terapia intensiva e rianimazione, medico specialista in oncologia, ema-
tologia, geriatria, medicina interna, malattie infettive, neurologia e radioterapia. L’accordo riconosce il
contributo fondamentale fornito, nell’ambito assistenziale delle cure palliative, di altre figure professio -
nali, tra cui l’infermiere, il fisioterapista, il dietista, l’assistente sociale, l’operatore socio-sanitario e lo
psicologo.

Art. 6
Progetto «Ospedale-Territorio senza dolore»
1. Al fine di rafforzare l’attività svolta dai Comitati «Ospedale senza dolore» istituiti in attuazione del proget-
to «Ospedale senza dolore» di cui all’accordo tra il Ministro della sanità, le regioni e le province autonome di
Trento e di Bolzano, in data 24 maggio 2001, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 149 del 29 giugno 2001,
che assume la denominazione di progetto «Ospedale-Territorio senza dolore», è autorizzata la spesa di
1.450.000 euro per l’anno 2010 e di 1.000.000 di euro per l’anno 2011.
2. Con accordo stipulato in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province
autonome di Trento e di Bolzano, le risorse di cui al comma 1 sono ripartite e destinate a iniziative, anche di
carattere formativo e sperimentale, volte a sviluppare il coordinamento delle azioni di cura del dolore favo -
rendone l’integrazione a livello territoriale.

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L’infermiere e le cure palliative

3. Con l’accordo di cui al comma 2 sono altresì stabiliti modalità e indicatori per la verifica dello stato di at -
tuazione a livello regionale del progetto di cui al comma 1.

Con questo articolo il progetto Ospedale senza dolore viene ripensato con obiettivi che prendono in con -
siderazione non solo i contesti ospedalieri ma anche necessariamente quelli territoriali (Ospedale-territo-
rio senza dolore)

Art. 7
Obbligo di riportare la rilevazione del dolore all’interno della cartella clinica
1. All’interno della cartella clinica, nelle sezioni medica ed infermieristica, in uso presso tutte le strutture sa -
nitarie, devono essere riportate le caratteristiche del dolore rilevato e della sua evoluzione nel corso del rico-
vero, nonché la tecnica antalgica e i farmaci utilizzati, i relativi dosaggi e il risultato antalgico conseguito.
2. In ottemperanza alle linee guida del progetto «Ospedale senza dolore», previste dall’accordo tra il Ministro
della sanità, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, in data 24 maggio 2001, pubblicato
nella Gazzetta Ufficiale n. 149 del 29 giugno 2001, le strutture sanitarie hanno facoltà di scegliere gli stru-
menti più adeguati, tra quelli validati, per la valutazione e la rilevazione del dolore da riportare all’interno
della cartella clinica ai sensi del comma 1.

L’art. 7 ribadisce un dovere fondamentale di tutti gli operatori sanitari che si prendono cura di pazienti
con dolore: l’obbligo di rilevare e documentare il dolore, le sue caratteristiche e le strategie messe in
atto per il suo sollievo.

Art. 8
Formazione e aggiornamento del personale medico e sanitario in materia di cure palliative e
di terapia del dolore
1. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge il Ministro dell’istruzione, dell’università
e della ricerca, di concerto con il Ministro della salute, ai sensi dell’articolo 17, comma 95, della legge 15 mag-
gio 1997, n. 127, e successive modificazioni, individua con uno o più decreti i criteri generali per la disciplina
degli ordinamenti didattici di specifici percorsi formativi in materia di cure palliative e di terapia del dolore
connesso alle malattie neoplastiche e a patologie croniche e degenerative. Con i medesimi decreti sono indivi-
duati i criteri per l’istituzione di master in cure palliative e nella terapia del dolore.
2. In sede di attuazione dei programmi obbligatori di formazione continua in medicina di cui all’articolo 16-
bis del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni, la Commissione nazionale
per la formazione continua, costituita ai sensi dell’articolo 2, comma 357, della legge 24 dicembre 2007, n.
244, prevede che l’aggiornamento periodico del personale medico, sanitario e socio-sanitario, impegnato nel-
la terapia del dolore connesso alle malattie neoplastiche e a patologie croniche e degenerative e nell’assisten -
za nel settore delle cure palliative, e in particolare di medici ospedalieri, medici specialisti ambulatoriali ter-
ritoriali, medici di medicina generale e di continuità assistenziale e pediatri di libera scelta, si realizzi attra-
verso il conseguimento di crediti formativi su percorsi assistenziali multidisciplinari e multiprofessionali.
3. L’accordo di cui all’articolo 5, comma 2, individua i contenuti dei percorsi formativi obbligatori ai sensi
della normativa vigente ai fini dello svolgimento di attività professionale nelle strutture sanitarie pubbliche e
private e nelle organizzazioni senza scopo di lucro operanti nell’ambito delle due reti per le cure palliative e
per la terapia del dolore, ivi inclusi i periodi di tirocinio obbligatorio presso le strutture delle due reti.
4. In sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e
di Bolzano, su proposta del Ministro della salute, mediante intesa ai sensi dell’articolo 8, comma 6, della leg -
ge 5 giugno 2003, n. 131, sentite le principali società scientifiche e organizzazioni senza scopo di lucro ope -
ranti nel settore delle cure palliative e della terapia del dolore, sono definiti percorsi formativi omogenei su
tutto il territorio nazionale per i volontari che operano nell’ambito delle due reti.
5. All’attuazione del presente articolo si provvede nei limiti delle risorse umane, strumentali e finanziarie di-
sponibili a legislazione vigente e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

La legge ha dato l’avvio alla definizione di specifici percorsi formativi universitari post laurea (master
universitari di 1° e 2° livello) attraverso i decreti del Miur 6 che hanno definito gli ordinamenti didattici di
5 Master universitari rispettivamente per medici, pediatri, psicologi (2° livello) e per infermieri, infermie -
ri pediatrici, fisioterapisti e terapisti occupazionali (1° livello). 7
Recentemente è stata formulata una raccomandazione del MIUR 8 per l’inserimento di specifici crediti for-

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L’infermiere e le cure palliative

mativi anche per la formazione nel pre laurea di medici, infermieri, fisioterapisti, terapisti occupazionali,
psicologi e assistenti sociali. A distanza di qualche anno la formazione in cure palliative entrerà anche
negli ordinamenti dei corsi di laurea. 9

Art. 9
Monitoraggio ministeriale per le cure palliative e per la terapia del dolore
1. Presso il Ministero della salute è attivato, eventualmente anche attraverso l’istituzione di una commissione
nazionale, avvalendosi delle risorse umane disponibili a legislazione vigente, il monitoraggio per le cure pal-
liative e per la terapia del dolore connesso alle malattie neoplastiche e a patologie croniche e degenerative. Le
regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano forniscono tutte le informazioni e i dati utili all’attività
del Ministero e possono accedere al complesso dei dati e delle informazioni in possesso del Ministero. Il Mi -
nistero, alla cui attività collaborano l’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali, la Commissione nazio -
nale per la formazione continua, l’Agenzia italiana del farmaco e l’Istituto superiore di sanità, fornisce anche
alle regioni elementi per la valutazione dell’andamento della prescrizione dei farmaci utilizzati per la terapia
del dolore, del livello di attuazione delle linee guida di cui all’articolo 3, comma 2, nonché dello stato di rea-
lizzazione e di sviluppo delle due reti su tutto il territorio nazionale, con particolare riferimento alle disomo -
geneità territoriali e all’erogazione delle cure palliative in età neonatale, pediatrica e adolescenziale. Il Mini -
stero provvede a monitorare, in particolare:
a) i dati relativi alla prescrizione e all’utilizzazione di farmaci nella terapia del dolore, e in particolare dei far-
maci analgesici oppiacei;
b) lo sviluppo delle due reti, con particolare riferimento alla verifica del rispetto degli indicatori e dei criteri
nazionali previsti dalla normativa vigente;
c) lo stato di avanzamento delle due reti, anche con riferimento al livello di integrazione delle strutture che ne
fanno parte;
d) le prestazioni erogate e gli esiti delle stesse, anche attraverso l’analisi qualitativa e quantitativa dell’attività
delle strutture delle due reti;
e) le attività di formazione a livello nazionale e regionale;
f) le campagne di informazione a livello nazionale e regionale;
g) le attività di ricerca;
h) gli aspetti economici relativi alla realizzazione e allo sviluppo delle due reti.
2. Entro il 31 dicembre di ciascun anno, il Ministero della salute redige un rapporto, finalizzato a rilevare
l’andamento delle prescrizioni di farmaci per la terapia del dolore connesso alle malattie neoplastiche e a pa-
tologie croniche e degenerative, con particolare riferimento ai farmaci analgesici oppiacei, a monitorare lo
stato di avanzamento delle due reti su tutto il territorio nazionale e il livello di omogeneità e di adeguatezza
delle stesse, formulando proposte per la risoluzione dei problemi e delle criticità eventualmente rilevati, an -
che al fine di garantire livelli omogenei di trattamento del dolore su tutto il territorio nazionale.
3. Nei limiti delle risorse disponibili a legislazione vigente e senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pub -
blica, il Ministero della salute può avvalersi di figure professionali del Servizio sanitario nazionale con dimo-
strate competenze specifiche e, anche tramite apposite convenzioni, della collaborazione di istituti di ricerca,
società scientifiche e organizzazioni senza scopo di lucro operanti nei settori delle cure palliative e della tera -
pia del dolore connesso alle malattie neoplastiche e a patologie croniche e degenerative.
4. Per le spese di funzionamento di tale attività, fatto salvo quanto previsto dal comma 3, è autorizzata la spe -
sa di 150.000 euro annui a decorrere dall’anno 2010.

Si riporta il link al testo integrale della relazione 2019 al parlamento sullo stato di attuazione della Legge
38\2010: http://www.salute.gov.it/imgs/C_17_pubblicazioni_2814_allegato.pdf

Art. 10
Semplificazione delle procedure di accesso ai medicinali impiegati nella terapia del dolore
1. Al testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura
e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 otto-
bre 1990, n. 309, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all’articolo 14, comma 1, lettera e), dopo il numero 3) è aggiunto il seguente:

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L’infermiere e le cure palliative

«3-bis) in considerazione delle prioritarie esigenze terapeutiche nei confronti del dolore severo, composti
medicinali utilizzati in terapia del dolore elencati nell’allegato III-bis, limitatamente alle forme farmaceutiche
diverse da quella parenterale»;
b) nel titolo II, dopo l’articolo 25 è aggiunto il seguente:
«Art. 25-bis. - (Distruzione delle sostanze e delle composizioni in possesso dei soggetti di cui all’articolo 17 e
delle farmacie)
1. Le sostanze e le composizioni scadute o deteriorate non utilizzabili farmacologicamente, limitatamen-
te a quelle soggette all’obbligo di registrazione, in possesso dei soggetti autorizzati ai sensi dell’articolo
17, sono distrutte previa autorizzazione del Ministero della salute.
2. La distruzione delle sostanze e composizioni di cui al comma 1 in possesso delle farmacie è effettuata
dall’azienda sanitaria locale ovvero da un’azienda autorizzata allo smaltimento dei rifiuti sanitari. Delle
operazioni di distruzione di cui al presente comma è redatto apposito verbale e, nel caso in cui la distru-
zione avvenga per il tramite di un’azienda autorizzata allo smaltimento dei rifiuti sanitari, il farmacista
trasmette all’azienda sanitaria locale il relativo verbale. Gli oneri di trasporto, distruzione e gli altri
eventuali oneri connessi sono a carico delle farmacie richiedenti la distruzione.
3. Le Forze di polizia assicurano, nell’ambito delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a
legislazione vigente, adeguata assistenza alle operazioni di distruzione di cui al presente articolo»;
c) all’articolo 38, il primo e il secondo periodo del comma 1 sono sostituiti dal seguente: «La vendita o ces -
sione, a qualsiasi titolo, anche gratuito, delle sostanze e dei medicinali compresi nelle tabelle I e II, sezioni A,
B e C, di cui all’articolo 14 è fatta alle persone autorizzate ai sensi del presente testo unico in base a richiesta
scritta da staccarsi da apposito bollettario “buoni acquisto” conforme al modello predisposto dal Ministero
della salute»;
d) all’articolo 41, comma 1-bis, le parole: «di pazienti affetti da dolore severo in corso di patologia neoplastica
o degenerativa» sono sostituite dalle seguenti: «di malati che hanno accesso alle cure palliative e alla terapia
del dolore secondo le vigenti disposizioni»;
e) all’articolo 43, dopo il comma 4 è inserito il seguente:
«4-bis. Per la prescrizione, nell’ambito del Servizio sanitario nazionale, di farmaci previsti dall’allegato
III-bis per il trattamento di pazienti affetti da dolore severo, in luogo del ricettario di cui al comma 1,
contenente le ricette a ricalco di cui al comma 4, può essere utilizzato il ricettario del Servizio sanitario
nazionale, disciplinato dal decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 17 marzo 2008, pubblicato
nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 86 dell’11 aprile 2008. Il Ministro della salute, sen -
titi il Consiglio superiore di sanità e la Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento per le politi-
che antidroga, può, con proprio decreto, aggiornare l’elenco dei farmaci di cui all’allegato III-bis»;
f) all’articolo 43, commi 7 e 8, le parole: «di pazienti affetti da dolore severo in corso di patologia neoplastica
o degenerativa» sono sostituite dalle seguenti: «di malati che hanno accesso alle cure palliative e alla terapia
del dolore secondo le vigenti disposizioni»;
g) all’articolo 45, comma 1, le parole: «che si accerta dell’identità dell’acquirente e prende nota degli estremi
di un documento di riconoscimento da trascrivere sulla ricetta» sono sostituite dalle seguenti: «che annota
sulla ricetta il nome, il cognome e gli estremi di un documento di riconoscimento dell’acquirente»;
h) all’articolo 45, comma 2, le parole: «sulle ricette previste dal comma 1» sono sostituite dalle seguenti:
«sulle ricette previste dai commi 1 e 4-bis»;
i) all’articolo 45, dopo il comma 3 è inserito il seguente:
«3-bis. Il farmacista spedisce comunque le ricette che prescrivano un quantitativo che, in relazione alla
posologia indicata, superi teoricamente il limite massimo di terapia di trenta giorni, ove l’eccedenza sia
dovuta al numero di unità posologiche contenute nelle confezioni in commercio. In caso di ricette che
prescrivano una cura di durata superiore a trenta giorni, il farmacista consegna un numero di confezioni
sufficiente a coprire trenta giorni di terapia, in relazione alla posologia indicata, dandone comunicazio-
ne al medico prescrittore»;
l) all’articolo 45, dopo il comma 6 è inserito il seguente:
«6-bis. All’atto della dispensazione dei medicinali inseriti nella sezione D della tabella II, successiva-
mente alla data del 15 giugno 2009, limitatamente alle ricette diverse da quella di cui al decreto del Mi -
nistro della salute 10 marzo 2006, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 76 del 31 marzo 2006, o da
quella del Servizio sanitario nazionale, disciplinata dal decreto del Ministro dell’economia e delle finan -
ze 17 marzo 2008, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 86 dell’11 aprile 2008,
il farmacista deve annotare sulla ricetta il nome, il cognome e gli estremi di un documento di riconosci -
mento dell’acquirente. Il farmacista conserva per due anni, a partire dal giorno dell’ultima registrazione,

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L’infermiere e le cure palliative

copia o fotocopia della ricetta ai fini della dimostrazione della liceità del possesso dei farmaci consegnati
dallo stesso farmacista al paziente o alla persona che li ritira»;
m) all’articolo 45, dopo il comma 10 è aggiunto il seguente:
«10-bis. Su richiesta del cliente e in caso di ricette che prescrivono più confezioni, il farmacista, previa
specifica annotazione sulla ricetta, può spedirla in via definitiva consegnando un numero di confezioni
inferiore a quello prescritto, dandone comunicazione al medico prescrittore, ovvero può consegnare, in
modo frazionato, le confezioni, purché entro il termine di validità della ricetta e previa annotazione del
numero di confezioni volta per volta consegnato»;
n) all’articolo 60:
1) al comma 1, sono aggiunti, in fine, i seguenti periodi: «Lo stesso termine è ridotto a due anni per le
farmacie aperte al pubblico e per le farmacie ospedaliere. I direttori sanitari e i titolari di gabinetto di
cui all’articolo 42, comma 1, conservano il registro di cui al presente comma per due anni dal giorno
dell’ultima registrazione»;
2) il comma 2 è sostituito dal seguente:
«2. I responsabili delle farmacie aperte al pubblico e delle farmacie ospedaliere nonché delle aziende au-
torizzate al commercio all’ingrosso riportano sul registro il movimento dei medicinali di cui alla tabella
II, sezioni A, B e C, secondo le modalità indicate al comma 1 e nel termine di quarantotto ore dalla di -
spensazione»;
3) al comma 4, dopo le parole: «Ministero della salute» sono aggiunte le seguenti: «e possono essere
composti da un numero di pagine adeguato alla quantità di stupefacenti normalmente detenuti e mo-
vimentati»;
o) all’articolo 62, comma 1, le parole: «sezioni A e C,» sono sostituite dalle seguenti: «sezioni A, B e C»;
p) all’articolo 63:
1) al comma 1, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Tale registro è conservato per dieci anni a far
data dall’ultima registrazione»;
2) il comma 2 è abrogato;
q) all’articolo 64, comma 1, le parole: «previsto dagli articoli 42, 46 e 47» sono sostituite dalle seguenti: «pre -
visto dagli articoli 46 e 47»;
r) all’articolo 68, dopo il comma 1 è aggiunto il seguente:
«1-bis. Qualora le irregolarità riscontrate siano relative a violazioni della normativa regolamentare sulla
tenuta dei registri di cui al comma 1, si applica la sanzione amministrativa del pagamento di una somma
da euro 500 a euro 1.500»;
s) all’articolo 73, comma 4, le parole: «e C, di cui all’articolo 14» sono sostituite dalle seguenti: «, C e D, limi -
tatamente a quelli indicati nel numero 3-bis) della lettera e) del comma 1 dell’articolo 14»;
t) all’articolo 75, comma 1, le parole: «e C» sono sostituite dalle seguenti: «, C e D, limitatamente a quelli in-
dicati nel numero 3-bis) della lettera e) del comma 1 dell’articolo 14».

La legge modifica il Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psico-
trope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza (DPR 309 del 1990) sem-
plificando la prescrizione dei farmaci oppiacei non iniettabili: ai medici del Servizio sanitario nazionale
sarà consentito prescrivere tale classe di farmaci non più su ricettari speciali, ma utilizzando il semplice
ricettario del Servizio sanitario nazionale (non più quello in triplice copia) (fonte www.ministerosalute. -
gov)

Art. 11
Relazione annuale al Parlamento
1. Il Ministro della salute, entro il 31 dicembre di ogni anno, presenta una relazione al Parlamento sullo stato
di attuazione della presente legge, riferendo anche in merito alle informazioni e ai dati raccolti con il monito-
raggio di cui all’articolo 9.
2. Ai fini di cui al comma 1, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano trasmettono al Ministro
della salute, entro il 31 ottobre di ciascun anno, tutti i dati relativi agli interventi di loro competenza discipli-
nati dalla presente legge.

Si riporta il link al testo integrale della relazione 2019 al parlamento sullo stato di attuazione della Legge
38\2010: http://www.salute.gov.it/imgs/C_17_pubblicazioni_2814_allegato.pdf

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L’infermiere e le cure palliative

Bibliografia
1. Legge 26 febbraio 1999, n. 39 Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 28 dicembre 1998, n.
450, recante disposizioni per assicurare interventi urgenti di attuazione del Piano sanitario nazionale 1998-2000. (G.U.
Serie Generale, n. 48 del 27 febbraio 1999)
2. Decreto 28 settembre 1999, Programma nazionale per la realizzazione di strutture per le cure palliative. (G.U. Se-
rie Generale, n. 55 del 07 marzo 2000)
3. Decreto 28 settembre 1999, Programma nazionale per la realizzazione di strutture per le cure palliative. (G.U. Se-
rie Generale, n. 55 del 07 marzo 2000)
4. www.trovanorme.salute.gov.it/norme/renderNormsanPdf?anno=0&codLeg=43799&parte=1%20&serie=
5. www.trovanorme.salute.gov.it/norme/renderNormsanPdf?anno=0&codLeg=49629&parte=1%20&serie=
6. Decreto 4 aprile 2012 (GU Serie Generale n. 89 del 16 aprile 2012) Istituzione del Master universitario di II livello
in «Cure palliative e terapia del dolore» per psicologi; Istituzione del Master universitario di I livello in «Cure palliative
e terapia del dolore» per professioni sanitarie; Istituzione del Master universitario di Alta Formazione e Qualificazione
in «Terapia del dolore e cure palliative pediatriche» per medici pediatri; Istituzione del Master universitario di Alta For -
mazione e Qualificazione in «Cure palliative» per medici specialisti; Istituzione del Master universitario di Alta Forma -
zione e Qualificazione in «Terapia del dolore» per medici specialisti.
7. Biasco G, Amato F, et al. I Master di cure palliative e terapie del dolore, Medicina e Chirurgia 2012;55:2436-8.
8. https://www.sicp.it/wpcontent/uploads/2018/12/142_RelazionetavolotecnicoinsegnamentocurepalliativeDG-
PROF17052018.pdf
9. Biasco G, Bellini T, et al. La formazione pre-laurea in cure palliative e in terapia del dolore: una raccomandazione.
Medicina e Chirurgia 2018;77:3446-50.

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