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Solidi a bassa

dimensionalità
Nanoparticelle
Nanostrutture
e
Nanotecnologie
Nanostrutture Inorganiche 1-100 nm

Mono-dimensionali Catena
10-100 atomi Strato

Bi-dimensionali
1.000-10.000 atomi
Reticolo
Tri-dimensionali
100.000-1.000.000 atomi

Quando un oggetto ha dimensioni di qualche


nanometro gli effetti quantistici non sono più
trascurabili.
“There’s plenty of room at
the bottom”

“Considerate la possibilità che anche noi, come la


biologia molecolare, siamo in grado di costruire oggetti
piccolissimi, che facciano quello che vogliamo; allora
potremo anche produrre macchine che manovrino a quel
livello … Non ho paura di dire che la questione decisiva
sarà se alla fine, in un futuro lontano, saremo capaci di
disporre gli atomi nel modo da noi voluto.”

Richard Feyman, 29/12/1959


…Non ci sono ragioni fisiche fondamentali che
impediscano all’uomo di far fare determinate cose
ad atomi, molecole e loro aggregati ordinati…

Feyman
Grande e piccolo: concetti relativi
Le unità di misura e le grandezze che usiamo

Il numero di Avogadro: in una data quantità di


sostanza è contenuto un numero fisso di atomi o di
molecole (6.022 1023)

Un cucchiaio di acqua contiene un numero di


molecole molto più grande del numero di tutte le
formiche presenti sulla terra.

atomi uomo universo

10-10 100 1025


m
Colloidi e cluster
Fino a che punto le caratteristiche chimiche e
fisiche (colore, consistenza, punto di fusione) di
oggetti che riduciamo in frammenti via via più
piccoli resteranno uguali a quelle del materiale di
partenza?

1/1.000.000 g di Ni = 1016 atomi ha le stesse


proprietà di 1 ton di Ni!!!

Cluster o microaggregato: insieme di poche decine


o centinaia di atomi. Non obbediscono alle leggi
classiche della fisica.
Pallina 0.1 kg, velocità 10m/s
Moto ondulatorio: h/mv Æ 6.6 10-34 m
Oscillazione trascurabile

Elettrone 10-30 kg, velocità 6 105m/s


Moto ondulatorio: h/mv Æ 10-9 m
Oscillazione non trascurabile

Il mondo nano non segue le


regole del mondo che
percepiamo.
16 atomi per spigolo

8 atomi per spigolo

N = 4096
n = 1352

N = 4096
n = 2368

4 atomi per spigolo

N = 4096
n = 3584
1986 K. Eric Drexler scrive
“Engines of Creation”
Che diventa la pietra miliare da cui si
è partiti per lo
Siluppo delle nanotecnologie.
1981 Per la prima volta nel centro di
ricerche dell’IBM a Zurigo si vedono
gli atomi grazie al microscopio a
scansione a effetto tunnel STM
(scanning tunneling microscope).
1985 Kroto Smalley e Curl scoprono
il Fullerene.
1986 Nobel per l’invenzione del
microscopio STM
1986 Nasce un nuovo microscopio:
AFM (atomic force microscopy).
1996 Kroto Smalley e Curl ottengono
il Nobel per il Fullerene.
Gocce di gallio su una superficie di silicio usate per vernici
idrorepellenti e cellule solari ad alta efficienza.
I Nanomateriali

Costruire congegni,
dispositivi e macchine a
livello molecolare capaci
di svolgere funzioni utili

Top-down
Assemblaggio
molecola per
Miniaturizza- molecola o
zione dei autoassem-
componenti blaggio

Bottom-up
Negli USA il primo esemplare funzionante di computer fu
l'ENIAC, una macchina costituita da 19000 valvole, 1500
relays che occupava un intero locale; il peso complessivo
superava le 30 ton; la potenza consumata era di 200 KW.
Il primo esemplare fu iniziato nel giugno 1944 e
completato nell'autunno 1945.
Polveri e sistemi dispersi di ossidi, ceramici, polimeri,
sintetizzati in scala nanometrica.

Analisi e studio di materiali sempre più


piccoli:
Immagine STM di ferro su una superficie
(111) di rame.
Esempi di Solidi a bassa dimensionalità

I solidi a bassa dimensionalità, 1D e 2D mostrano


spettacolari anisotropie nelle loro proprietà: la
grafite ha comportamento metallico in due
dimensioni mentre è un semiconduttore nella terza
dimensione, le catene di platino KCP riflettono la
luce visibile e conducono la corrente elettrica come
un metallo solo nella direzione della catena.
Esempi di solidi 1D: i composti di Pt a catena sono
stati i primi conduttori elettrici 1D osservati. Dopo i
primi studi di Krogmann (1969), molte ricerche
hanno riguardato le proprietà elettriche di queste
specie, soprattutto nel tentativo di realizzare un
superconduttore ad alta temperatura.
KCP
289 pm Il composto K2Pt(CN)4.3 H2O è un
isolante, ma quando viene sciolto in
acqua e ossidato con piccole quantità di
bromo forma cristalli ad aghi di color
rame di K2Pt(CN)4]Br0.3.3H2O, noto come
KCP.
Negli anni '60 si è notato che questo e
simili complessi davano luogo a una
conduttività elettrica inusuale. Le
colonne di unità quadrato planari di
[Pt(CN)4]2- nel KCP sono collocate a
distanza ravvicinata, e la conduttività
lungo le catene è circa 104 volte
maggiore di quella perpendicolare ad
Pt-Pt = 277 pm esse.
Anche le proprietà ottiche sono fortemente
anisotrope. Il materiale si comporta come
un metallo 1D e la luce polarizzata in modo
parallelo alle catene è riflessa, dando luogo
a tipica lucentezza metallica e a un aspetto
tipo quello del rame, mentre i cristalli sono
trasparenti alla luce polarizzata in modo
perpendicolare alle catene.
Struttura cristallina di KCP lungo l’asse z

Non c’è
sovrapposizione tra
800 pm catene diverse
KCP a RT è un conduttore metallico, ma a T< 150K
la conduttività crolla rapidamente. Tutto il sistema è
sottoposto ad una distorsione del reticolo.
A basse T si forma un gap di banda.
Teorema di Peierls : un conduttore
monodimensionale non può esistere a 0 K. Ci
sarà sempre una modifica strutturale che
abbassa la simmetria e porta ad un gap
(bande occupate e bande piene).
La variazione regolare della densità elettronica lungo
la catena è l’onda di densità di carica (CDW). La
distorsione produce un gap di banda.
La catena con variazione periodica della densità ha
una energia minore di quella regolare e soddisfa il
teorema di Peierls.

a) Banda Piena, b) banda parzialmente riempita, c)


separazione di bande dovute a distorsione di Peierls
Nel KCP si verifica una analoga variazione di
distanza Pt-Pt, anche se minore. A basse
temperature quindi questi composti si distorcono
a produrre un gap di banda e diventano
semiconduttori.
A temperatura ambiente dove i livelli elettronici
interagiscono con le vibrazioni reticolari (fononi)
l’alternanza delle distanze scompare e il sistema
diventa metallico.
Microaggregati o Cluster

Microaggregato: indica una nuova classe di


composti costituiti da un insieme di atomi o di
molecole con natura e proprietà intermedie tra
quelle di una molecola e quelle di un solido.

I microaggregati costituiscono una nuova fase di


aggregazione metastabile della materia con
caratteristiche specifiche
Mr. Buckminster Fuller
Fullerene e nanotubi
Gli allotropi del carbonio

Fullerene

Diamante Nanotubo

Grafite
C60
Il fullerene più conosciuto è il C60, formato da una
molecola di 60 atomi di carbonio disposti a formare una
gabbia poliedrica di 12 pentagoni e 20 esagoni, avente
un diametro di circa 1 nm ed una struttura che ricorda
quella di un pallone da calcio fatto di carbonio. Possiede
una stabilità molto maggiore di tutti gli altri cluster.
Gli esperimenti che portarono alla scoperta della molecola di C60,
erano indirizzati a simulare in laboratorio l’atmosfera ricca di
carbonio di una stella gigante rossa contenente gas come
idrogeno e azoto.

Diagramma dell’impianto usato per produrre e analizzare


le molecole di carbonio.
Il laser (10000°C) colpisce un disco di grafite che ruota,
producendo plasma d’atomi di carbonio vaporizzati. Una beccuccio
fa passare nella zona di vaporizzazione dell’elio ad intervalli. L’elio
provvede a creare le condizioni termiche affinché gli atomi di
carbonio si raffreddino e si raggruppino. L’elio fa anche da “vento”
per spostare i cluster fino allo spettrometro di massa, dove i
cluster si espandono a velocità supersonica, attraverso l’
“integration cup”.
Kroto e Smalley (settembre 1985)
scoprirono che la varietà dei cluster di
carbonio dipendeva dalle condizioni in
cui era eseguito l’esperimento. Se il
laser veniva attivato quando sul piatto
di grafite passava la massima quantità
d’elio, il picco relativo al numero di
cluster di C60 diventava molto più forte
di quelli vicini (ad eccezione del picco di
C70). Quando a queste condizioni era
aggiunto l’”integration cup”, che
aumenta il tempo tra vaporizzazione ed
espansione, allora la distribuzione di
cluster era completamente dominata
dal C60.
La struttura del carbonio C60 è quella di un icosaedro troncato,
cioè quella di un icosaedro cui sono stati troncati i 12 vertici. Ogni
vertice è quindi sostituito da un pentagono. Alla fine la molecola
di C60 sarà perfettamente uguale ad un pallone da calcio.

La gabbia del fullerene ha un diametro tra i 7 ed i 15 angstroms.


Il C60 ha un diametro di circa 7 angstroms, cioè 10 volte più
grande di un atomo.
C60

C70
Legami

Nella struttura del C60 ogni vertice dell’icosaedro


troncato è occupato da un atomo di carbonio ed
ogni atomo di carbonio è legato con tre altri atomi
da un doppio legame covalente e due legami singoli.
Gli atomi di carbonio che formano questo tipo di
legami, s’indicano di solito con “carbonio sp2”,
quando il carbonio è ibridato sp2, utilizza orbitali
originati dall’ibridazione di un orbitale s con due
orbitali p. I tre orbitali ibridi che si ottengono sono
diretti verso i vertici di un triangolo equilatero e
formano tra loro un angolo di 120°.
I tre orbitali danno luogo a tre legami covalenti di
tipo sigma (σ). In questo tipo d’ibridazione il
carbonio dispone ancora di un orbitale di tipo p in
cui si muove un elettrone. La sovrapposizione di
quest’orbitale, che è disposto perpendicolarmente
al piano contenente i tre legami σ, con lo stesso di
un altro atomo di carbonio dà luogo alla
formazione di un legame covalente di tipo pi greco
(π).
Nel fullerene il carbonio ibridato sp2 è caratterizzato da un
doppio legame, uno sigma ed uno π. Di solito gli atomi di
carbonio sp2 e i suoi tre vicini sono complanari. Nella grafite, gli
orbitali che danno luogo ai legame π sono tutti paralleli tra loro
e perpendicolari al piano della grafite creando un piano infinito
con un mare di elettroni-π sopra e sotto il piano.

A.
Ciò ovviamente non accade nella struttura del C60
che non è planare. L’angolo tra il legame σ e l’asse
che contiene l’orbitale che da luogo al legame π è di
101.6° (rispetto ai 90° della grafite).
La concavità che si forma tra gli atomi di carbonio introduce
delle tensione nella molecole. In ogni caso, l’alta simmetrica
distribuisce uniformemente le tensione su tutta la struttura.
Struttura del C60 allo stato solido

C60 allo stato solido: fullerite. La fullerite a temperature


ambiente adotta la struttura cubica a facce centrate (fcc) con
un distanza interatomica di 14.17Å. La particolarità è che nei
cristalli di fullerite, al posto di ogni atomo, c’è una molecola di
fullerene.
L’alto numero di elettroni che circonda la
molecola di fullerene, provenienti dal legame
π, facilita la formazione di un momento di
dipolo. Questo porta alla formazione di legami
di Van der Waals.

La fullerite è un isolante elettrico, infatti ha


un gap di 2.3 eV tra gli strati elettronici
occupati e quelli liberi.
È solido fino a circa 800K, dopo sublima. Al
di sopra di 260K (-13°C), le sfere sono libere
di ruotare nelle loro posizioni cristalline.
Abbassando la temperatura, cominciano a
rallentare orientandosi in alcune direzioni.
Alla fine, tra i 100K ed i 90K (la temperatura
dipende dalla velocità con cui è raffreddato il
sistema), le sfere di fullerene sono
completamente bloccate.
Ax-C60

La molecola di C60 è molto elettronegativa.


Dato che i metalli alcalini (Na, K, Rb, Cs)
sono altamente elettropositivi,
rappresentano i candidati ideali a legarsi con
il C60. Trattando il C60 con tre atomi alcalini
si arriva alla produzione di A3C60, mentre
mettendo a contatto sei atomi alcalini col
fullerene si ottiene A6C60.
A3C60 è conduttore a temperatura ambiente
perché ha la banda di conduzione solo
parzialmente riempita. Gli elettroni
possono muoversi tra le molecole di C60
attraverso gli orbitali dei legami π.
A bassa temperatura, A3C60 diventa
superconduttore (19-40K).

Invece il composto A6C60 è un isolante


perché non ha elettroni di conduzione
liberi.
Il sistema A3C60 continua ad avere una
struttura cubica a facce centrate (fcc),
aumentando leggermente la costante di
impacchettamento per far entrare i cationi
dei metalli alcalini. La ragione per cui può
essere conservata la struttura fcc è che
questa contiene per ogni sfera di C60 tre
siti interstiziali, uno ottaedrico e due
tetraedrici.
Il sistema A6C60 contiene il doppio del numero di ioni
alcalini che possono entrare nella cella fcc. È necessaria
quindi una riorganizzazione della struttura che passa da
cubica a facce centrate (fcc) a cubica a corpo centrato
(bcc). Questa riorganizzazione, che posiziona le molecole
di C60 al centro ed agli otto vertici della cella cubica, dà
maggiore spazio agli ioni alcalini.
Produzione del fullerene
Nel 1990 Krätshmer (Max Plance Institute, Germania) e
Huffman (Università dell’Arizona, USA) scoprirono la
presenza di C60 nella fuliggine prodotta dall’evaporazione
degli elettrodi di grafite per resistenza elettrica in un
atmosfera di elio a circa ~100 torr (760 torr = 1 atm).
Solo una piccola percentuale della fuliggine era formata
da C60, che poteva essere estratta con solventi a base di
benzene. La soluzione di benzene veniva separata per
decantazione dalle polveri nere insolubili a poi essiccata a
bassa temperatura, ottenendo un materiale cristallino di
colore tra il marrone scuro ed il nero. L’analisi degli
spettri di massa (mass spectral analysis) mostrava che il
C60 ed il C70 erano in rapporto di 10:1.
Nell’ apparato di Smalley, una arco elettrico (20 volt) era
mantenuto tra i due elettrodi di grafite al fine di produrre
localmente una temperatura di circa 4000K. La maggior
parte dell’energia era, quindi, dissipata non per resistenza
elettrica negli elettrodi ma per mantenere la scintilla.
Separazione di C60 e C70

Kroto fu il primo a mostrare come la mistura di C60 e C70


poteva essere separata con la cromatografia a colonna. Il
processo di separazione cromatografica (con allumina ed
esano) produceva un solido di C60 che passava dal
marrone al nero con l’aumento dello spessore del film. Il
C70 era di colore grigio-nero.
Oggi il processo produttivo più
promettente è quello che usa l’energia
solare per vaporizzare la grafite.
Questo processo focalizza la luce solare
su un punto di un cilindro di grafite che
viene portato ad una temperatura di
3500 K. A questa temperatura la
tensione di vapore del carbonio diviene
significativa e controllando il processo di
condensazione si arriva alla produzione
di fullerene.
La resa del processo è di circa il 20% ed
è circa il 30% più efficiente di altri
processi basati sull’evaporazione con
laser. L’aumento della resa porta ad un
minore uso di solventi, con un
abbattimento dei costi. È inoltre
possibile usare materia prima meno
costosa, in quanto non è necessario che
la grafite abbia un alta conducibilità
elettrica.
Per il processo solare l’unico limite è
l’abilità del concentratore solare di
trasmettere il flusso richiesto. La scarsa
quantità di elettricità richiesta è, inoltre, un
altro vantaggio sia economico che
ecologico. Infine l’inutilità dell’uso di grafite
conduttrice rende possibile l’uso di forme di
grafite meno costose, comprese polveri di
minerale di grafite.
Applicazioni dei
Fullereni
Superconduttori

Nei cristalli molecolari di fullerite nei quali, al posto di


ogni atomo, c'è un'intera molecola di C60, queste
molecole sono abbastanza lontane e debolmente
interagenti fra loro, proprio come i piani nei cristalli di
grafite, da lasciare degli interstizi dov’è possibile
introdurre atomi di altro tipo.
Se si formano molecole di A3C60 (dove A è un metallo
alcalino, K, Rb, Cs, Na) e se raffreddate tra i 13K ed i 40K
(dipende dal composto) la resistenza elettrica diminuisce
bruscamente, segno che ci troviamo di fronte ad un
superconduttore.
Questi cristalli così ottenuti sono superconduttori fra 30 e
40 K (fra –230°C e –240°C), meno dei superconduttori
ad alta temperatura, ma molto più della grafite
intercalata (che diventa superconduttrice a meno di un
grado kelvin) e anche del miglior superconduttore
tradizionale (YBCO). (23°K)
Se si fanno entrare cationi alcalini di diametro
maggiore nella struttura fcc del fullerene, si fa
aumentare il parametro reticolare (che risulta
essere inversamente proporzionale al fattore
d’impacchettamento), aumenta anche la
temperatura critica, Tc, a cui avviene la
trasformazione in superconduttore. Ciò è
dovuto all’aumento della densità dei livelli di
fermi all’aumento della costante di reticolo.
Grafico della temperatura di passaggio a superconduttore T
(K) vs. costante del reticolo a0 (angstroms) per varie
composizioni del A3C60
Metallo fullereni
Inserendo 3 atomi di metallo nella struttura del fullerene,
questo assume proprietà che vanno da quelle magnetiche
a quelle di semiconduttore. Si possono inserire metalli
con proprietà ottiche come la fluorescenza e si può usare
per amplificare le applicazioni delle fibre ottiche.
Inserendo atomi radioattivi si può usare la molecola come
tracciante in applicazioni mediche, in quanto la gabbia di
carbonio protegge il centro radioattivo.
I Nanotubi
Se si immagina di tagliare nel mezzo una molecola di
fullerene e di inserire alle due estremità recise atomi di
carbonio in modo da formare strutture esagonali, si
ottiene una struttura tubolare chiamata nanotubo.

I nanotubi di carbonio vennero scoperti nel 1991: un


ricercatore giapponese, Sumio IiJima, nei laboratori della
NEC Fundamental Research di Tsukuba, “per mezzo di un
microscopio elettronico a trasmissione ad altissima
risoluzione, osservò strutture tubolari di tipo fullerenico
nella fuliggine prodotta in una scarica ad arco tra due
elettrodi di grafite.”

I nanotubi di carbonio sono fogli di grafite formati da


reticoli esagonali di atomi di C arrotolati a forma di tubo,
con un diametro tra 1 e 2 nm.
Questi possono essere a singola parete, SWNT (single
wall nanotube), se costituiti da un solo foglio, a multi
parete, MWNT (multi wall nanotube), se formati da fogli
posizionati come cilindri concentrici inseriti uno dentro
l’altro.
A seconda del senso di arrotolamento possono essere
distinti tre tipi di nanotubi: se le maglie della rete sono
disposte con due lati degli esagoni paralleli all’asse del
nanotubo, abbiamo nanotubi a “zig zag” o a “armchair”, a
seconda del profilo che disegnano gli atomi in una
sezione del nanotubo perpendicolare al suo asse; se i lati
degli esagoni sono progressivamente sfalsati e
determinano un andamento a spirale, abbiamo nanotubi
“chirali” .
La presenza di un catalizzatore metallico fa allungare le
Buckyballs, causando la formazione di nanotubi a singola parete
(SWNT), i più interessanti per le future applicazioni a causa della
loro maggior stabilità e assenza di difetti. I nanotubi, infatti, si
possono formare anche uno dentro l'altro (un po' come le scatole
cinesi), ma ogni singolo nanotubo mantiene le sue proprietà per
cui è molto difficile prevedere il comportamento risultante di
questi nanotubi multiparete (MWNT). Inoltre questo tipo, di solito,
contiene un maggior numero di difetti e ciò limita le sue
possibilità di impiego.
Tecniche di generazione
•Pulsed Laser Vaporization (PLV)
•Arc Discharge (AD)
•Chemical Vapor Deposition (CVD)
Pulsed Laser Vaporization (PLV)
I più puri nanotubi SWNT si ottengono dalla
vaporizzazione di un bersaglio di grafite tramite intensi
impulsi laser. Usando opportuni accorgimenti (nella
fattispecie la grafite contiene l'1% di cobalto e l'1% di
nichel ed è contenuta in una piccola fornace
pressurizzata con gas argo a 500 Torr e riscaldato a
1200°C), si ottiene del materiale condensato alla
velocità di quasi mezzo grammo l'ora. Tale materiale
contiene fino al 70% di nanotubi SWNT quasi tutti
completamente identici anche in diametro e torsione (il
che implica che hanno le stesse caratteristiche
elettriche e le stesse proprietà).
Arc Discharge (AD)
Questo metodo permette di ottenere
nanotubi SWMT ad una velocità molto
superiore a quella permessa dalla tecnica
laser. Il sistema è stato perfezionato da un
gruppo francese dell'Università di Montpellier
che ha scoperto l'importanza dell'yttrium
come catalizzatore. In pratica si prendono
due pezzi di grafite contenenti nichel e
yttrium in bassa percentuale, li si pone alla
distanza di pochi millimetri e si fanno
passare 100 ampere fra loro.
L'energia è sufficiente per vaporizzare
l'anodo. Il dispositivo deve essere contenuto
in una camera stagna a bassa pressione
(500 Torr) riempito di elio. Il gas di carbonio
che si forma si ricondensa formando
nanotubi con una percentuale che può
arrivare fino al 30% del peso del materiale.
Il limite di questo metodo è dato dal fatto
che i nanotubi sono molto corti (50
micrometri o meno).
I nanotubi hanno un’area
superficiale dell’ordine dei 3-
400 m2 per grammo ed
accoppiano ad un peso
ridotto eccezionali proprietà
elastiche che li rendono
durissimi, ma anche capaci
di subire grandi
deformazioni senza
rompersi. Essendo strutture
cave possono essere riempiti
con liquidi o gas e quindi
essere impiegati in catalisi o
per l’immagazzinamento di
energia.
Chemical Vapor Deposition (CVD)

Il metodo più semplice e più adatto alla


produzione su base industriale, ma è anche il
più lento e quello che crea i nanotubi di
peggior qualità.
Un substrato opportuno in un forno a 600°C,
aggiungere lentamente del metano. Man mano
che il gas si decompone, libera atomi di
carbonio che si ricompongono in forma di
nanotubi. La percentuale di resa varia in
funzione del substrato, ma sono già stati
studiati elementi che garantiscono una resa
vicina al 100% (ovvero tutti gli atomi di
carbonio del metano vengono trasformati in
nanotubi).
I nanotubi prodotti con questo metodo,
a parte la pessima qualità (sono pieni di
difetti e hanno una resistenza 10 volte
inferiore ai nanotubi prodotti con la
scarica ad arco), sono però molto
lunghi e risultano quindi adatti per
produrre fibre per capi di abbigliamento
e corde (anche così restano comunque
10 volte più resistenti dell'acciaio!).
Campi di applicazion dei nanotubi

Sonde chimiche e genetiche


Utilizzando un AFM sulla cui punta viene posto un nanotubo è
possibile tracciare un tratto di DNA ed identificare i marcatori
chimici che rivelano quale gene, tra le molte varianti possibili, sia
presente nel tratto. (La marcatura consiste nella sostituzione di un
atomo in un composto con un suo isotopo stabile o radioattivo, che
non altera il comportamento chimico-fisico rispetto al composto non
marcato. Questo processo viene utilizzato in chimica, biochimica e
farmacologia per studiare il comportamento del composto marcato
in processi biologici o meccanismi di reazione, rilevando le tracce
delle radiazioni emesse dal marcatore.)
Memorie meccaniche

Fasci di nanotubi posizionati su blocchi di supporto vengono utilizzati


come memoria binaria: applicando una differenza di potenziale al
supporto alcuni tubi vengono a toccarsi (segnale I) ed altri si separano
(segnale =0). La velocità di commutazione di questi dispositivi è ancora
bassa rispetto a quella di un convenzionale chip al silicio.
Nanopinze
Due nanotubi attaccati a elettrodi posizionati su una sbarra
di vetro possono essere aperti o chiusi variando la tensione
applicata. Queste pinze permettono di afferrare e spostare
oggetti con dimensione dell’orine dei 500 nanometri, ma
creano dei legami così forti con le molecole che la maggior
parte di esse non può essere lasciata.

Sensori
I nanotubi possono essere utilizzati come sensori chimici in
quanto cambiano la loro resistenza elettrica quando sono
esposti ad elementi alcalini, alogeni ed altri gas a
temperatura ambiente (sono sensibili anche ad H2O e O2).
Nanocelle
I nanotubi possono essere utilizzati per immagazzinare idrogeno al loro
interno, rilasciandolo gradualmente e creando efficienti celle a
combustibile. Potrebbero essere utilizzati anche per immagazzinare ioni
Litio ed essere utilizzati come batterie a lunga durata.

Microscopi a scansione
I nanotubi possono essere attaccati alla punta di un microscopio a
scansione, offrendo una visualizzazione più definita e permettendo
l’osservazione di cavità profonde che rimanevano precedentemente
nascoste.

Materiali super-resistenti
Anche se l’attuale tecnologia non è ancora in grado di sfruttare l’elevata
elasticità e l’enorme resistenza alla trazione dei nanotubi, questi
potrebbero essere inseriti in materiali compositi modificandone le
caratteristiche meccaniche come la resistenza agli urti.
Macchine molecolari
Le macchine molecolari, o nanomacchine, sono sistemi
costituiti da un numero discreto di componenti molecolari
capaci di compiere movimenti meccanici sotto
l'azione di stimoli esterni.

Per le macchine molecolari, come per quelle del mondo


macroscopico, possono essere individuate alcuni
importanti caratteristiche:

1. il tipo di energia usato per fare lavorare la macchina;


2. il tipo di movimento effettuato;
3. il modo con cui i movimenti possono essere controllati;
4. i segnali che evidenziano i movimenti stessi;
5. la necessità di operare in maniera ciclica e ripetitiva;
6. il tempo impiegato per completare un ciclo;
7. la funzione che può derivare dai movimenti compiuti.
LUCE

•Uno strumento fondamentale per far


funzionare le macchine molecolari
(naturali o artificiali)

•Fonte di energia

FOTOCHIMICA

studia l'interazione fra luce e materia


Il Laboratorio fotochimico di Ciamician (1898)
La luce è utilizzata dagli organismi
viventi come fonte di energia e come
elemento di informazione.

Obiettivi della
fotochimica artificiale
sono la conversione
dell'energia solare in
forme di energia più utili
all'uomo e l'utilizzo di
segnali luminosi per
scopi analitici od
informatici.
Rappresentazione
schematica di un congegno
molecolare artificiale per
ottenere una separazione di
carica ad opera della luce.

Conversione della
energia solare in
energia elettrica per
mezzo di celle
elettrochimiche basate
sulla
fotosensibilizzazione di
un elettrodo
semiconduttore.
Mediante la luce si
può scrivere sulla
materia o leggere
lo stato della
materia
“Dove la natura finisce di produrre le sue specie,
comincia l’uomo, in armonia con le leggi della
natura, a creare un’infinità di specie.”
Leonardo da Vinci

Nanotecnologia Æ progettazione di “macchine” su scala molecolare


Es: studio dell’interazione luce-materiaÆ fotosintesi
Macchine molecolari naturali

Adenosintrifosfato (ATP), molecola che fornisce l'energia


per le funzioni vitali, 10 nm
Elettronica e fotonica a livello molecolare
Si vogliono creare “fili” capaci di condurre elettroni o
energia, interruttori, sistemi presa-spina.
Fili nanometrici

Collegando i complessi Ru(bpy)32+


e Os(bpy)32+ (bpy = 2,2'-
dipiridina)
,
mediante una catena
polifenilica si ottiene un sistema
supramolecolare lungo circa 4.2
nm, in cui l'eccitazione luminosa
del complesso di Ru dà luogo ad
un veloce trasferimento di
energia elettronica al complesso
di Os, con conseguente emissione
di luce da parte di quest'ultimo.
Interruttori
Se in un filo molecolare si introduce fra le
unità terminali, un appropriato
componente che può essere
interconvertito fra due stati con
caratteristiche chimiche molto diverse
mediante stimoli esterni (ad esempio, due
forme redox interconvertibili con stimoli di
tipo elettrochimico), è possibile
permettere od impedire il passaggio di
energia o di elettroni.

in questi sistemi è possibile


connettere/disconnettere i due
componenti in modo reversibile e, una
volta che i due componenti sono connessi,
è possibile far passare energia dall'uno
all'altro.
Presa-spina

Sistema presa/spina; in questi sistemi è possibile


connettere/disconnettere i due componenti in modo reversibile e, una
volta che i due componenti sono connessi, è possibile far passare
energia dall'uno all'altroÆ etere corona contenente un'unità binaftile e
un'ammina secondaria, legata ad una unità antracene da una parte e
ad un benzene dall'altra .
Prolunga

• 3 componenti: complesso Ru(bpy)32+, che raccoglie l'energia luminosa svolgendo il


ruolo di antenna, e un etere corona che può comportarsi da presa nei confronti
dell'unità ammina/ammonio contenuta nel componente centrale. Quest'ultimo contiene
anche un gruppo elettron accettore che può funzionare da spina per il componente di
destra, che è un etere corona con proprietà elettron donatrici. La connessione è dovuta
a stimoli acido/base, mentre la connessione fra il componente centrale e quello di
destra è regolata da stimoli redox (elettrochimici). Quando i tre componenti sono
connessi, l'eccitazione luminosa dell'unità Ru(bpy)32+ causa il trasferimento di un
elettrone all'unità (spina) infilata nel componente di destra (presa).
Pinza

Il sistema è costituito da due molecole ad anello collegate ad


un'unità centrale che può cambiare struttura per assorbimento di
luce di appropriata lunghezza d'onda. Quando una soluzione
contenente questo sistema viene illuminata, il cambiamento di
struttura dell'unità centrale causa l'avvicinamento dei due anelli
laterali, che possono così racchiudere uno ione di dimensioni
opportune. Utilizzando luce di un'altra lunghezza d'onda si può
ottenere il processo inverso con conseguente rilascio dello ione.
Questa azione meccanica è paragonabile a quella di una pinza di
dimensioni nanometriche che, in un futuro non troppo lontano,
potrebbe portare alla costruzione di sistemi capaci di "ripulire"
l’organismo o l’ambiente da sostanze dannose.
Assemblando in modo appropriato due eteri
corona, capaci di coordinare metalli alcalini, con
una molecola di azobenzene, che per opera della
luce può subire isomerizzazione anti/sin, si
ottiene una specie supramolecolare capace di
funzioni complesse. Quando l’azobenzene si trova
nell’isomeria anti, i due eteri corona si trovano
tra loro lontani.
Sotto l’azione della luce la molecola
centrale di azobenzene subisce
isomerizzazione e si converte nella forma
sin: quando le due corone si trovano in
posizione affacciata hanno la possibilità di
coordinare ioni grandi, come quelli di
potassio. Macchine molecolari di questo
tipo possono essere utilizzate per
controllare la velocità di trasporto di ioni
attraverso membrane.
Scatola
Sotto l'azione della luce, il cambiamento
di struttura delle unità periferiche
provoca la chiusura/apertura del guscio
esterno della molecola. Questi sistemi
possono essere visti come "scatole" di
dimensioni nanometriche utilizzabili per
il rilascio controllato di piccole molecole
racchiuse nelle cavità della struttura
dendritica.

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