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C3) L’apparato respiratorio

L’organizzazione dell’apparato respiratorio

La ventilazione e lo scambio dei gas

La funzione dell’apparato respiratorio dei mammiferi è rifornire l’organismo di O2 ed eliminare il CO2. Lo scambio di
questi gas avviene nei polmoni. L’aria è una miscela di gas (azoto, ossigeno e diossido di carbonio). Durante
l’inspirazione, l’aria entra nei polmoni, dove cede l’O2 al sangue e preleva il CO2 che viene liberato all’esterno nella
fase di espirazione. Nell’attività dell’apparato respiratorio si distinguono quindi due processi:

1. la ventilazione polmonare, cioè l’alternarsi di inspirazione ed espirazione


2. lo scambio dei gas che ossigena il sangue e lo libera dal diossido di carbonio.

Lo scambio dei gas si verifica ai seguenti livelli.

• Nei polmoni ha luogo lo scambio di gas tra l’aria e il sangue: l’O2 passa dall’aria al sangue, mentre il CO2
sangue e passa nell’aria.
• Nei tessuti il sangue scambia O2 e CO3 con il liquido interstiziale: dai capillari esce O2 entra CO2

Negli esseri umani, lo scambio dei gas tra i fluidi interni e il mezzo esterno avviene per diffusione. la diffusione è un
trasporto passivo. (il trasporto passivo si ha quando il movimento di particelle attraverso la membrana avviene in
modo spontaneo, senza che la cellula spenda energia)

L’anatomia dell’apparato respiratorio

L’apparato respiratorio comprende le vie aeree superiori (naso e faringe) e le vie aeree inferiori (laringe, trachea,
bronchi e polmoni). In base alle funzioni che svolgono è possibile suddividere queste vie in due porzioni:

1. la porzione di conduzione, che consente il transito dell’aria ed è costituita da cavità nasale, bocca, naso,
faringe, laringe, trachea, bronchi e bronchioli;
2. la porzione respiratoria, che comprende i tessuti polmonari dove ha luogo lo scambio di gas (alveoli).

il percorso dell’aria durante un atto respiratorio. L’aria entra nell’apparato respiratorio attraverso la cavità orale o le
aperture nasali, che si uniscono a livello della faringe. un condotto dotato di una parete muscolare che costituisce una
via di transito sia per il cibo sia per l’aria. Dalla faringe l’aria passa nella laringe e poi nella trachea.

La laringe accoglie le corde vocali ed è quindi l’organo della fonazione. L’apertura superiore della laringe è delimitata
dall’epiglottide, una struttura cartilaginea molto elastica che può sollevarsi e abbassarsi: quando si abbassa, per
esempio durante la deglutizione, l’epiglottide impedisce al cibo di passare dalla faringe nelle vie aeree. La laringe,
esternamente, ha una struttura a forma di scudo che si può vedere o toccare nella parte anteriore del collo ed è
chiamata «pomo d’Adamo».

La trachea ha un diametro di circa 2 cm e una lunghezza di circa 10-12 cm. Le sue sottili pareti mantengono la propria
rigidità grazie a rinforzi cartilaginei a forma di anello.

La trachea si ramifica in due bronchi, ognuno dei quali porta a un polmone. I polmoni sono organi elastici di grandi
dimensioni: possono espandersi. Nei polmoni i bronchi si ramificano prima in cinque bronchi lobari, formando una
struttura ad albero di vie respiratorie. Le ramificazioni più sottili sono prive di rinforzo cartilagineo e sono dette
bronchioli.

Le ramificazioni più fini dei bronchioli terminano in grappoli di alveoli che costituiscono il punto di arrivo finale delle
vie respiratorie. Gli alveoli, piccoli sacchetti cavi con pareti molto sottili, sono le strutture in cui avviene lo scambio
gassoso. I polmoni umani sono formati da circa 300 milioni di alveoli, immersi in un tessuto connettivo abbastanza
elastico, chiamato stroma, che li sostiene.

la somma della loro superficie è pari a circa 70 m2.

I polmoni sono rivestiti dalle pleure


I polmoni umani sono due organi a forma di cono dalla consistenza spugnosa contenuti nella cavità toracica.
Posteriormente si estendono dalle clavicole fino al diaframma; anteriormente, invece, si appoggiano alle coste. La
porzione inferiore, più ampia, di ciascun polmone è detta base; quella superiore, più ristretta, è chiamata apice. Il
polmone sinistro presenta una rientranza, la fossa cardiaca, in cui trova posto il cuore.

Profondi solchi dividono i polmoni in lobi, tre nel polmone destro e due in quello sinistro, ciascuno dei quali accoglie
un bronco lobare ed è diviso in segmenti più piccoli contenenti ognuno un’arteriola.

Esternamente ogni polmone è rivestito da una doppia membrana chiamata pleura: la pleura viscerale aderisce alla
superficie esterna del polmone, mentre la pleura parietale aderisce alla parete toracica. Le due pleure delimitano una
cavità pleurica al cui interno è presente un sottile strato di fluido lubrificante: in questo modo le due pleure possono
scivolare e scorrere l’una sull’altra durante i movimenti respiratori.

Le secrezioni del tratto respiratorio

I polmoni umani producono due tipi di secrezioni che influenzano la ventilazione: il muco e il surfactante.

• Il muco viscoso prodotto dalle cellule delle vie aeree inferiori ha lo scopo di intrappolare particelle, detriti e
microrganismi che vengono inalati con l’aria. Altre cellule di questa parte delle vie aeree possiedono ciglia il
cui continuo ondeggiare spazza via il muco e lo fa risalire verso la faringe. Il fumo di una sigaretta può
immobilizzare le ciglia delle vie respiratorie per ore.
• Un surfactante polmonare è una miscela di fosfolipidi e lipoproteine. Il surfactante agisce sulla superficie
degli alveoli, ricoprendoli di un velo di fluido. Il surfactante, quindi, ha una duplice funzione: ridurre la
tendenza degli alveoli a collassare e diminuire il lavoro necessario a riempire d’aria i polmoni.

La meccanica della respirazione

La ventilazione polmonare

La ventilazione polmonare è causata dall’azione dei muscoli respiratori: il diaframma e i muscoli intercostali. La
ventilazione comprende due fasi:

1. l’inspirazione, durante la quale l’aria entra nei polmoni;


2. l’espirazione, durante la quale l’aria esce dai polmoni.

L’inspirazione inizia con la contrazione del diaframma, che si appiattisce e si abbassa. Questo movimento provoca
l’aumento del volume dei polmoni. In seguito si contraggono i muscoli intercostali esterni, che trascinano le coste
verso l’alto e verso l’esterno ampliando ulteriormente il torace.

Quando i polmoni si espandono durante l’inspirazione, all’interno dei polmoni si crea una pressione negativa, inferiore
a quella atmosferica. Poiché la pressione dell’aria atmosferica è più elevata della pressione dell’aria all’interno degli
alveoli.

L’espirazione ha inizio quando il diaframma e i muscoli intercostali esterni si rilasciano. Quando il volume polmonare
diminuisce, la pressione all’interno degli alveoli aumenta e l’aria fluisce verso l’esterno, dove la pressione è minore.

A riposo, l’inspirazione è un processo attivo mentre l’espirazione è un processo passivo. Durante il respiro forzato,
l’espirazione diventa attiva grazie all’azione dei muscoli intercostali interni. Questi muscoli diminuiscono il volume
della cavità toracica e incrementando la quantità di aria espirata.

Se la cavità toracica viene perforata, si verifica uno pneumotorace, cioè un accumulo di aria nella cavità pleurica. In
seguito all’ingresso dell’aria, le due pleure non aderiscono più l’una all’altra e il polmone collassa.

I volumi polmonari

i polmoni mantengono una forma simile a sacchi a fondo cieco. i fisiologi suddividono i volumi d’aria che i polmoni
possono contenere.

• Il volume corrente è la quantità d’aria che viene mobilizzata durante un normale atto respiratorio a riposo e
corrisponde a circa 300-500 mL.
• Il volume di riserva inspiratorio è il volume d’aria che si può ancora introdurre forzatamente dopo
un’inspirazione normale.
• Il volume di riserva espiratorio corrisponde alla quantità massima di aria che può essere espulsa
forzatamente dopo un’espirazione a riposo.
• Infine, il volume residuo, pari a circa 1000 mL, è l’aria che rimane nei polmoni dopo un’espirazione forzata.

La spirometria è il test più comune per misurare i volumi di aria inspirata ed espirata; la persona respira attraverso un
boccaglio, un misuratore di flusso elettronico valuta i volumi di aria, e un computer calcola e visualizza i dati.

La capacità respiratoria corrisponde alla somma di più volumi.

• La capacità vitale corrisponde alla somma del volume corrente, del volume di riserva inspiratorio e del
volume di riserva espiratorio; costituisce la massima quantità di aria che un individuo può mobilizzare
partendo da un’inspirazione forzata e arrivando a un’espirazione forzata. Nelle donne la capacità vitale
media è di circa 3200mL, mentre negli uomini raggiunge i 4800 mL.
• La capacità polmonare corrisponde alla capacità vitale più il volume residuo, cioè al massimo volume di aria
che può essere contenuta dai polmoni, e oscilla tra i 4200 e i 6000 mL.

ventilazione polmonare si intende la quantità di aria che entra nei polmoni in un minuto, e che corrisponde al
prodotto della frequenza respiratoria per il volume corrente.

Durante l’esercizio fisico il volume corrente aumenta considerevolmente, la frequenza respiratoria può passare dai 12
atti respiratori al minuto, che si registrano normalmente in condizioni di riposo, ai 35-45 atti/minuto. I volumi
polmonari variano anche in base all’età, al sesso, alla statura.

La ventilazione è controllata dal sistema nervoso

Il sistema nervoso centrale controlla l’attività respiratoria. I centri di controllo che determinano il ritmo normale del
respiro sono collocati nel midollo allungato, posto tra il midollo spinale e la base dell’encefalo.

Il ritmo di base del respiro viene generato normalmente nel centro inspiratorio da cui parte una serie di impulsi che si
propaga lungo il diaframma e i muscoli intercostali esterni, innescando l’inspirazione. Dopo un paio di secondi, gli
impulsi cessano e i muscoli si rilasciano per circa tre secondi, permettendo il ritorno elastico passivo dei polmoni e del
torace.

I neuroni del centro espiratorio normalmente restano inattivi, mentre vengono attivati durante la respirazione forzata.

Per adeguare la frequenza respiratoria alle necessità di scambio gassoso dei tessuti, i centri nervosi ricevono
informazioni da recettori sensibili a diversi fattori, come la concentrazione di CO2 eO2, la pressione e il volume del
sangue.

Questi recettori sono localizzati nell’aorta e nelle arterie carotidee. Se l’apporto di sangue o la concentrazione di
ossigeno in queste arterie si riducono sensibilmente, i recettori inviano impulsi nervosi al centro di controllo della
respirazione che accelera il ritmo del respiro.

Altri centri nervosi superiori, modificano il ritmo della respirazione per garantire che i processi respiratori siano
compatibili con il linguaggio, l’ingestione del cibo.

Il sangue e gli scambi dei gas respiratori

Lo scambio polmonare di O2 e CO2

Gli scambi avvengono per diffusione. negli alveoli polmonari;

la concentrazione di O2 e CO2 che si trovano da una parte e dall’altra delle superfici di scambio sono abbastanza
differenti. L’aria che respiriamo contiene poco CO2 ed è ricca di O2 è elevata e scarseggia l’O2. Al contrario, nel sangue
deossigenato che giunge ai capillari polmonari la concentrazione di CO2. Tali differenze di pressione favoriscono la
diffusione di ossigeno dall’aria al sangue e il passaggio contrario di diossido di carbonio. Di conseguenza, a mano a
mano che il sangue scorre nei capillari polmonari preleva ossigeno dall’aria alveolare e vi scarica diossido di carbonio.

Un fattore importante che influisce sullo scambio di O2 e CO2 è la superficie disponibile per lo scambio gassoso;
Lo scambio sistemico di O2 e CO2

il sangue ossigenato viene pompato dal ventricolo sinistro nell’aorta, da cui raggiunge le arterie e infine i capillari
sistemici. Qui ha luogo lo scambio di O2 e CO2 tra il sangue e le cellule dei tessuti di tutto il corpo. La concentrazione
di O2 nel sangue che arriva nei capillari sistemici è maggiore di quella all’interno delle cellule; ciò è dovuto al fatto che
le cellule consumano continuamente O2.

Le cellule producono CO2, la sua concentrazione all’interno dei tessuti è maggiore di quella del sangue dei capillari
sistemici;

A questo punto il sangue deossigenato e carico di CO2 abbandona i capillari per immettersi nelle vene.

Il trasporto di O2 avviene in due modi

Nel plasma, si scioglie una piccola frazione di O2. Il plasma, che è una soluzione acquosa, può contenere soltanto
l’1,5% di O2.

Il 98,5% dell’ossigeno presente nel sangue si trova legato alle molecole di emoglobina contenute negli eritrociti.
L’emoglobina (Hb) è una grande proteina costituita da quattro subunità polipeptidiche; ogni subunità circonda un
gruppo eme.

La capacità dell’emoglobina di legare o rilasciare O2 dipende dalla concentrazione di questo gas: quando è alta, come
nei capillari polmonari, l’emoglobina si lega a grandi quantità di O2. Quando poi il sangue circola attraverso il resto
dell’organismo, esso incontra concentrazioni di O2 inferiori e l’emoglobina rilascia gradualmente l’O2.

La quantità di ossigeno rilasciata varia nei tessuti a seconda della concentrazione di O2: l’emoglobina infatti rilascia più
ossigeno nei tessuti dove la concentrazione di O2 è minore.

Esistono anche altri fattori fisici e chimici che influenzano la quantità di ossigeno rilasciata dall’emoglobina.

• Il CO2: quando in un tessuto molto attivo è presente un’elevata concentrazione di CO2, l’emoglobina rilascia
ossigeno più rapidamente;
• L’acidità: durante l’attività fisica, i muscoli producono acido lattico,
• La temperatura: quando la temperatura è più elevata aumenta anche la quantità di O2 rilasciata
dall’emoglobina

Il CO2 è trasportato come ione HCO– 3

Il sangue, infatti, deve anche raccogliere il CO2.

Il CO2 è altamente solubile e diffonde senza difficoltà attraverso le membrane. In realtà, solo il 5-6% del diossido di
carbonio si trova disciolto nel sangue; una piccola quantità si lega all’emoglobina dei globuli rossi mala maggior parte
reagisce con l’acqua grazie all’enzima anidrasi carbonica e si trasforma in acido carbonico

La conversione in acido carbonico riduce la concentrazione diCO2 nel sangue, nei polmoni, invece, prevale la reazione
opposta, ovvero la conversione di HCO3– in CO2.

La mioglobina è una riserva di ossigeno

Le cellule muscolari possiedono una propria proteina in grado di legare ossigeno, la mioglobina. La mioglobina è
costituita da una sola catena polipeptidica.

La mioglobina globina presenta un’affinità per l’O2 maggiore rispetto a quella di emoglobina.

La mioglobina facilita la diffusione di dell’O2

Le principali patologie dell’apparato respiratorio

La sindrome da distress respiratorio

Nei bambini nati prima della trentasettesima settimana di gestazione, le cellule dei polmoni non hanno ancora
sviluppato la capacità di produrre il surfactante.
Questi neonati, pertanto, presentano un rischio maggiore di sviluppare la sindrome da distress respiratorio (ARDS),
che si manifesta con gravi difficoltà respiratorie.

Nei casi più gravi, il neonato può morire per l’affaticamento del sistema cuore-polmoni o per mancanza di O2.

Il trattamento della sindrome da distress respiratorio comprende la somministrazione di cortisone alla madre prima
del parto, l’applicazione di un respiratore al neonato per migliorare la ventilazione e l’applicazione di surfactante
polmonare attraverso la trachea del neonato.

La fibrosi cistica

La fibrosi cistica è una malattia ereditaria, cronica e progressiva. è dovuta a un difetto del gene che regola il passaggio
di sali e di acqua tra l’interno e l’esterno delle cellule di molte ghiandole dell’organismo.

Nelle persone affette da fibrosi cistica, il muco è particolarmente denso e viscoso; non riuscendo a fluire ristagna e
altera gravemente la funzionalità di alcuni organi. Uno di questi è il pancreas, che si indurisce e si trasforma in una
miriade di piccole cisti (da qui il nome). Il muco ostruisce i dotti pancreatici e impedisce agli enzimi digestivi di
raggiungere il tratto gastrointestinale.

il muco è così denso che l’aria viene intrappolata nelle cavità bronchiali, mentre batteri e virus si moltiplicano e creano
focolai d’infezione nelle aree polmonari più interessate dal deposito di muco.

Il gene CFTR codifica per una proteina che trasporta lo ione cloro all’interno della cellula.

Questa malattia si trasmette con modalità autosomica recessiva, motivo per cui chiunque possiede un allele mutato
del gene e uno funzionante è detto portatore.

Se un medico sospetta che un paziente sia affetto da fibrosi cistica, prescrive un test non invasivo che misura la
quantità di cloro presente nel sudore.

l’aspettativa di sopravvivenza per i malati di fibrosi cistica è di circa 30 anni e continua ad aumentare grazie alla
ricerca.

La terapia genica, sembra essere la risposta risolutiva alla fibrosi cistica.

Altre malattie dell’apparato respiratorio

L’aria è uno dei più frequenti mezzi di trasmissione di agenti patogeni e di sostanze nocive. I sintomi più tipici delle
malattie dell’apparato respiratorio possono comprendere disturbi della respirazione (dispnea o apnea), scarsa
ossigenazione (ipossia) e, naturalmente, catarro e febbre.

Le patologie dell’apparato respiratorio si possono distinguere in primo luogo in base all’organo colpito: si parla quindi
di faringite, tracheite, bronchite, polmonite, pleurite

Tra le diverse cause di infezioni è importante distinguere quelle virali da quelle batteriche, che hanno decorso
differente e devono essere trattate in modo diverso.

Tra i batteri, vanno ricordati gli streptococchi, come S. pneumoniae; tra i virus, il gruppo dei virus influenzali è
responsabile sia delle comuni influenze umane stagionali, sia delle cosiddette influenze aviarie, che sono comuni tra gli
uccelli.

Anche microrganismi eucariotici possono causare infezioni delle vie respiratorie.

Una patologia del tutto particolare è l’enfisema, una malattia cronica e progressiva che comporta un graduale
peggioramento della funzionalità respiratoria.

Tra le sostanze che possono indurre questa patologia ricordiamo l’amianto, che provoca l’insorgenza di diversi tumori,
l’ozono e il fumo di sigaretta.

C4) L’apparato digerente e l’alimentazione

L’organizzazione dell’apparato digerente


Dal cibo ai nutrienti

L’apparato digerente fornisce all’organismo tutti i nutrienti di cui ha bisogno, ricavandoli dagli alimenti. Questo
processo richiede diverse fasi.

• Masticazione: è l’atto del mangiare: il cibo viene introdotto nella bocca


• Secrezione: ogni giorno le cellule che rivestono il nostro apparato digerente secernono circa 7 L di acqua,
acido cloridrico e enzimi.
• Mescolamento e propulsione: la contrazione e il rilasciamento alternati della muscolatura liscia delle pareti
del tratto gastrointestinale rimescolano il cibo e le secrezioni e li spingono verso la parte finale del canale.
• Digestione: gli alimenti sono ridotti in molecole semplici, indispensabili per il metabolismo cellulare. La
digestione meccanica avviene grazie ai denti, che triturano e frantumano il cibo; in seguito, gli alimenti
vengono rimescolati e miscelati con gli enzimi digestivi. La digestione chimica, svolta dagli enzimi, demolisce
le macromolecole (carboidrati, lipidi, proteine e acidi nucleici) in molecole più piccole.
• Assorbimento: le molecole semplici, gli ioni e i liquidi vengono trasferiti dal canale digerente alle cellule
epiteliali.
• Eliminazione: i residui, i batteri, i materiali non digeriti e le
cellule che si sfaldano dalla parete gastrointestinale formano le feci, che vengono eliminate all’esterno.

Gli enzimi digestivi, che demoliscono le grandi biomolecole in molecole più semplici, sono enzimi idrolitici che vengono
secreti in punti differenti del tratto gastrointestinale; questi enzimi rompono i legami chimici per idrolisi.

Le funzioni della digestione

Perché le macromolecole presenti nel cibo devono essere completamente digerite prima di venire utilizzate
dall’organismo?

1. Al contrario dei monomeri che le costituiscono, le macromolecole non possono essere assorbite facilmente
dalle cellule dell’intestino a causa delle loro grandi dimensioni.
2. Biomolecole estranee, in particolare le proteine, che entrassero nel corpo attraverso l’intestino verrebbero
riconosciute come invasori.
3. Ogni animale costruisce le sue proteine, e una proteina che funziona in modo perfetto in una specie potrebbe
funzionare impropriamente in un’altra. Conviene, perciò, demolire le proteine e riutilizzare gli amminoacidi
per costruire le proprie.

Una grande varietà di nutrienti

Il corpo umano ricava dall’alimentazione vari tipi di sostanze:

• monomeri e molecole organiche semplici che le cellule utilizzano per i processi di biosintesi;
• molecole da usare come fonte di energia;
• elementi minerali e vitamine.

Tra le molecole organiche, ve ne sono alcune particolarmente importanti perché le nostre cellule non sono in grado di
fabbricarle. Gli amminoacidi, i costituenti delle proteine, sono un buon esempio. Le cellule del corpo umano possono
sintetizzare solo una parte dei propri amminoacidi utilizzando diversi scheletri carboniosi e trasferendovi i gruppi
amminici (– NH2), derivati da altri amminoacidi. Gli amminoacidi che non possiamo sintetizzare sono chiamati
amminoacidi essenziali e devono essere ottenuti direttamente dalla dieta. Tutti questi amminoacidi si trovano nel
latte, nelle uova, nella carne.

Tra i nutrienti indispensabili vi sono anche alcuni acidi grassi. Gli esseri umani possono sintetizzare quasi tutti i lipidi
necessari all’organismo servendosi dei gruppi acetile ricavati dagli alimenti, ma devono disporre di una fonte
alimentare per alcuni acidi grassi essenziali che non possono sintetizzare. L’acido linoleico è un acido grasso insaturo di
cui i mammiferi hanno bisogno per sintetizzare altri acidi grassi. Una carenza di acido linoleico può provocare sterilità
o compromettere l’allattamento.

I macronutrienti
Il corpo umano ha bisogno anche di elementi minerali. Gli elementi necessari in grandi quantità sono chiamati
macronutrienti e sono: calcio, cloro, magnesio.

Il calcio è un buon esempio di macronutriente: è il quinto elemento in ordine di abbondanza nell’organismo; una
persona di 70 kg ne contiene circa 1,2 kg. Il fosfato di calcio è il principale materiale strutturale delle ossa e dei denti. Il
ricambio di calcio nel liquido extracellulare è assai rapido perché le ossa sono continuamente rimodellate e il calcio
entra ed esce costantemente dalle cellule. Il calcio viene eliminato dall’organismo con l’urina, il sudore e le feci. Il
fabbisogno alimentare umano è di circa 800-1000 mg al giorno.

I micronutrienti

Gli elementi minerali necessari al nostro corpo in piccole quantità sono chiamati micronutrienti e sono: ferro, fluoro,
iodio, selenio e zinco.

Il ferro è un buon esempio di micronutriente: si trova ovunque nell’organismo, in quanto è l’atomo che lega l’ossigeno
nell’emoglobina e nella mioglobina.

La quantità totale di ferro in una persona di 70 kg è di soli 5 g, e poiché il ferro viene riciclato così efficientemente dal
corpo e non viene perso con l’urina, nella nostra dieta ne è richiesta una quantità pari a soli 15 mg al giorno.
Nonostante il ridotto fabbisogno di questo elemento, la carenza di ferro resta il tipo più comune di deficit di sostanze
nutritive minerali; la patologia correlata è detta anemia.

Nutrienti particolari: le vitamine

Le vitamine sono un altro gruppo di sostanze nutritive essenziali. sono composti organici di cui il corpo umano ha
bisogno per la crescita e il metabolismo. La maggior parte delle vitamine funziona come coenzimi o parti di coenzimi
ed è richiesta in quantità molto piccole.

Per esempio, gli esseri umani non sono in grado di sintetizzare l’acido ascorbico, la vitamina C. Una carenza di vitamina
C porta a una malattia chiamata scorbuto, caratterizzata da sanguinamento delle gengive, perdita dei denti.

abbiamo bisogno di 13 vitamine, divise in idrosolubili e liposolubili. Se vengono ingerite in quantità superiori al
fabbisogno dell’organismo, le vitamine idrosolubili in eccesso vengono eliminate tramite l’urina. Le vitamine
liposolubili, al contrario, possono accumularsi nel grasso corporeo e raggiungere livelli tossici, soprattutto per il fegato.

La vitamina D, una vitamina liposolubile essenziale per l’assorbimento e il metabolismo del calcio: l’organismo umano,
infatti, può produrla.

Il fabbisogno di vitamina D può essere stato un fattore importante nell’evoluzione del colore della cute.

L’organizzazione dell’apparato digerente

l’apparato digerente è formato da un canale alimentare che si estende dalla bocca all’ano, e da numerosi organi
annessi (come i denti, la lingua), che collaborano ai vari processi. Il canale alimentare è costituito da diverse parti
specializzate: la bocca, la faringe, l’esofago, lo stomaco e l’intestino, che termina con una apertura detta ano.
L’intestino è diviso in due parti principali: intestino tenue e intestino crasso.

Quando è rilassato, il canale alimentare è lungo circa 9 m. Il movimento a ritroso del cibo è generalmente impedito
dalla chiusura di alcuni sfinteri, spessi anelli di muscolatura liscia circolare che si trovano in vari punti del tratto
digestivo:

• lo sfintere esofageo, posto nel punto in cui l’esofago si immette nello stomaco;
• lo sfintere pilorico, che controlla il transito del contenuto dello stomaco nell’intestino;
• lo sfintere anale che circonda l’ano.

La digestione non avviene in una sola tappa ma procede per gradi. Il processo ha inizio nella cavità orale e
procede poi nello stomaco e nell’intestino.

È importante osservare che il processo di scomposizione delle molecole è sempre extracellulare, cioè avviene
nella cavità interna (o lume) del tubo digerente. Le molecole prodotte dalla digestione vengono poi assorbite
dalle cellule epiteliali che rivestono il canale e trasferite nel sangue e nella linfa. Anche l’assorbimento avviene
gradualmente. Infine, gli scarti solidi della digestione vengono eliminati attraverso l’ano.

L’anatomia dell’apparato digerente

Dall’esofago all’intestino crasso il tubo digerente è rivestito da quattro strati di tessuto chiamati tonache. Iniziando dal
lume del canale (dall’interno verso l’esterno) si incontrano i seguenti tessuti: mucosa, sottomucosa, tonaca muscolare,
peritoneo.

1. La mucosa è costituita da uno strato di tessuto epiteliale che poggia su uno strato di connettivo (lamina
propria) al di sotto del quale si trova un sottile strato di muscolatura liscia. In alcune regioni del canale
alimentare le cellule dell’epitelio mucoso sono dotate di microvilli e sono responsabili dell’assorbimento.
Nello spessore del tessuto epiteliale si trovano anche cellule con funzioni di secrezione.
2. Appena al di sotto della mucosa si trova la sottomucosa, uno strato di connettivo lasso in cui troviamo i vasi
sanguigni. La sottomucosa contiene il cosiddetto sistema nervoso enterico, una rete di neuroni sensoriali che
controllano molte funzioni secretorie del canale alimentare.
3. Il terzo strato è costituito dalla tonaca muscolare, un doppio strato di muscolatura liscia responsabile dei
movimenti del tubo digerente. Il più interno è il foglietto muscolare circolare, le cui cellule sono orientate
circolarmente intorno al canale. Il più esterno è il foglietto muscolare longitudinale. I muscoli circolari
stringono il tubo digerente, mentre i muscoli longitudinali lo accorciano. L’attività coordinata dei due foglietti
muscolari genera onde di contrazione che permettono il rimescolamento e la progressione del cibo lungo il
tubo digerente. Questi movimenti, che sono involontari, sono chiamati movimenti di peristalsi. Nella zona
della bocca, della faringe e della parte alta dell’esofago, la tonaca muscolare contiene una componente di
muscolo scheletrico, che produce la deglutizione volontaria. Analogamente, anche lo sfintere anale è
costituito da muscolo scheletrico che permette il controllo volontario della defecazione.
4. Lo strato più esterno che circonda il tratto gastrointestinale è la tonaca sierosa o peritoneo. Questa
membrana, che secerne un liquido lubrificante utile a permettere lo scorrimento dei visceri l’uno sull’altro,
riveste sia la parete addominale (peritoneo parietale) sia gli organi stessi (peritoneo viscerale).

Le prime fasi della digestione

Nella cavità orale il cibo è frantumato e inizia la digestione chimica

Il cibo viene introdotto nell’apparato digerente attraverso la bocca o cavità orale, dove viene masticato e mischiato
con la saliva. La bocca è delimitata dalle labbra, dalle guance, dal palato duro (anteriore) e dal palato molle
(posteriore). Alla cavità orale sono annessi lingua, denti e tre paia di ghiandole salivari: le parotidi, situate davanti e
sotto le orecchie, le sottomandibolari e le sottolinguali. Le ghiandole salivari sono ghiandole esocrine che secernono la
saliva, una miscela fluida composta per oltre il 99% di acqua. La saliva ha anche una funzione protettiva; contiene
infatti un enzima chiamato lisozima che è in grado di uccidere i batteri. La salivazione, ovvero la secrezione della saliva,
è controllata dal sistema nervoso autonomo.

Nella cavità orale il cibo viene triturato dai denti e mescolato con l’aiuto della lingua e della saliva. Inoltre, inizia la
digestione chimica grazie all’amilasi salivareche viene secreta dalle ghiandole salivari e mischiata con il cibo mentre
questo viene masticato.

Il cibo così trattato si trasforma in bolo.

Il bolo masticato viene spinto verso la gola dalla lingua; quando il cibo entra in contatto con il palato molle ha inizio la
deglutizione, che spinge il bolo attraverso la faringe (a livello della quale si uniscono la cavità orale e le vie nasali) fino
all’esofago.

L’esofago è un «tubo» muscolare che corre posteriormente alla trachea;

La deglutizione è un processo che comprende una complessa serie di riflessi. Prima di tutto, per evitare che il cibo
entri nella trachea, la laringe si chiude e una piega di tessuto, chiamata epiglottide, ne ricopre l’ingresso. Giunto
nell’esofago, il bolo è spostato verso lo stomaco da movimenti di peristalsi.

La muscolatura liscia del canale alimentare si contrae in risposta allo stiramento, che si verifica quando un bolo di cibo
raggiunge l’esofago; i muscoli reagiscono contraendosi, spingendo il cibo verso lo stomaco. La rete di neuroni posta fra
i due foglietti muscolari coordina i muscoli in modo che la contrazione sia sempre preceduta da un’onda anticipatoria
di rilassamento; così, quando un tratto dell’esofago si contrae, il segmento situato subito a valle si rilascia, e il bolo
viene spinto in quella direzione.

Il movimento a ritroso del cibo dallo stomaco nell’esofago è impedito dallo sfintere esofageo.

Nello stomaco procedono sia la digestione meccanica sia quella chimica

Lo stomaco ha la forma della lettera J e si trova subito sotto al diaframma. Il cardias è la zona che circonda lo sfintere
esofageo, il fondo è la porzione superiore (posta al di sopra di questo sfintere), mentre la parte più grande ripiegata è
detta corpo; infine, la regione inferiore, più ristretta, è il piloro.

La principale funzione dello stomaco è quella di immagazzinare il cibo e di mescolarlo, e dopo un pasto può arrivare a
contenere fino a 1,5 L di alimenti.

Lo stomaco ha anche funzioni secretorie. L’epitelio che riveste la sua mucosa, infatti, si introflette a formare profonde
depressioni chiamate fossette gastriche, che contengono tre tipi di cellule secretrici:

1. le cellule principali secernono il pepsinogeno,


2. le cellule parietali producono acido cloridrico (HCl), che ha il duplice scopo di uccidere i microrganismi che
raggiungono lo stomaco e di convertire il pepsinogeno nella sua forma attiva, la pepsina,
3. le cellule mucose, infine, secernono muco.

La miscela di acido cloridrico e pepsina costituisce il succo gastrico, un miscuglio acido che potenzialmente sarebbe in
grado di danneggiare la mucosa. Il pericolo è scongiurato grazie all’azione delle cellule mucose, che rivestono le pareti
dello stomaco con uno strato di materiale protettivo. Questo muco contiene anche sostanze tampone che
mantengono il pH sulla superficie della mucosa vicino alla neutralità, ed enzimi chiamati inibitori delle proteasi che
riducono il danno provocato dagli enzimi gastrici.

Lo stomaco rilascia gradualmente il suo contenuto nell’intestino tenue

Quando il bolo raggiunge lo stomaco, le pareti si distendono e il pH tende ad aumentare; queste variazioni danno
luogo a impulsi nervosi che stimolano la secrezione del succo gastrico e attivano le onde di mescolamento. In questo
modo il cibo si mescola al succo gastrico e diventa un liquido denso chiamato chimo. Mentre la digestione meccanica
procede, ha inizio la digestione chimica delle proteine, che vengono idrolizzate e trasformate in brevi peptidi a opera
della pepsina.

Ogni onda di mescolamento spinge piccoli spruzzi di chimo nell’intestino tenue attraverso lo sfintere pilorico (che è
parzialmente aperto), mentre la maggior parte viene spinta nuovamente indietro verso il corpo dello stomaco. In
questo modo, lo stomaco umano si svuota gradualmente nel corso di un periodo di circa 4 ore, senza sovraffaticare
l’intestino.

L’intestino lavora in sinergia con fegato e pancreas

La maggior parte della digestione chimica avviene nell’intestino tenue

Nell’intestino tenue avvengono due processi fondamentali:

1. prosegue la digestione dei carboidrati e delle proteine;


2. hanno inizio la digestione dei lipidi e l’assorbimento delle sostanze nutritive.

L’intestino tenue è un organo molto esteso, con un diametro di circa 2,5 cm e una lunghezza di circa 6 m in un adulto.
la parete dell’intestino tenue è riccamente pieghettata, e sulle singole pieghe si trovano miriadi di piccole
estroflessioni digitiformi chiamate villi. La membrana delle cellule che rivestono la superficie dei villi, a sua volta,
possiede minuscole proiezioni chiamate microvilli. Villi e microvilli conferiscono all’intestino un’enorme area interna
per l’assorbimento.

(circa 250 m2). Le cellule che rivestono l’intestino tenue svolgono due diverse funzioni:

1. secernono muco e piccole quantità di enzimi che vanno a costituire il succo enterico;
2. assorbono le sostanze prodotte nella digestione. L’intestino tenue può essere diviso in tre sezioni.
L’intestino tenue può essere diviso in tre sezioni.

• La parte iniziale, chiamata duodeno, è la porzione più corta (circa 25 cm) ed è collegata direttamente al
piloro;
• Nel digiuno (lungo circa 2,5 m) e nell’ileo (che misura circa 3,5 m) ha invece luogo il 90% dell’assorbimento
delle sostanze nutritive.

Il fegato svolge più funzioni

il fegato è il secondo organo del corpo umano in ordine di grandezza: in un adulto pesa circa 1,4 kg ed è situato al di
sotto del diaframma, nella parte destra dell’addome. È avvolto da una capsula di tessuto connettivo circondata dal
peritoneo. Sul bordo anteriore, verso il basso, si trova un piccolo sacco a forma di pera, la cistifellea detta anche
colecisti.

Il fegato svolge varie funzioni collegate in generale con il metabolismo. Per quanto riguarda la digestione, esso ha il
compito di sintetizzare la bile, una miscela fluida di sali e pigmenti biliari, la bile entra nei canalicoli biliari; questi si
riversano nei dotti biliari, che a loro volta si fondono formando il dotto epatico. Più avanti, il dotto epatico si unisce al
dotto cistico proveniente dalla cistifella per formare il dotto biliare comune o coledoco, che sbocca nel duodeno
insieme al dotto pancreatico.

Quando l’intestino è vuoto, la bile prodotta dal fegato si raccoglie nel dotto epatico, passa nel dotto cistico e viene
immagazzinata nella cistifellea. Quando, invece, arrivano alimenti ricchi di lipidi, un segnale ormonale provoca una
contrazione delle pareti della colecisti, che spreme la bile nel dotto cistico e da qui scorre attraverso il coledoco

La bile contiene i sali biliari che, emulsionando i lipidi presenti nel chimo, aumentano notevolmente l’area superficiale
dei lipidi esposti alle lipasi (gli enzimi che li digeriscono). Un’estremità di ogni molecola di sale biliare è idrofobica e
lipofila, mentre l’altra è idrofila. Le molecole di bile inseriscono le estremità lipofile nelle goccioline di lipidi, lasciando
che le estremità idrofile sporgano all’esterno. Di conseguenza, i sali biliari impediscono alle goccioline di unirsi per
formare gocce più grosse; le piccole gocce di grasso sono chiamate micelle.

Il fegato è suddiviso in lobi costituti da unità funzionali chiamate lobuli; ogni lobulo è composto da lamine di cellule
epitetali specializzate chiamate epatociti. Nel fegato sono presenti anche minuscoli elementi cellulari chiamati cellule
di Kupffer; che hanno il compito di distruggere i globuli rossi senescenti, i batteri

Il fegato e il metabolismo

il nostro organismo ha bisogno di immagazzinare parte delle sostanze prodotte dalla digestione per immetterle nella
circolazione in base alle proprie necessità. Un ruolo chiave in questo processo è svolto dal fegato.

Tutto il sangue che lascia il tratto digestivo scorre fino al fegato attraverso la vena porta epatica, una grossa vena che
trasporta il sangue fino ai sinusoidi. Qui le cellule del fegato assorbono le sostanze nutritive provenienti dall’intestino.
Glucosio, saccarosio e fruttosio sono usati per sintetizzare il glicogeno,

In presenza di elevati livelli sanguigni di molecole nutrienti, il fegato le immagazzina sotto forma di glicogeno e lipidi; al
contrario, quando i livelli sono bassi, ne rilascia di nuove.

Il fegato possiede una grandissima capacità di convertire tra loro le molecole ad alto contenuto energetico; le sue
cellule, infatti, possono trasformare i monosaccaridi in glicogeno o lipidi. Inoltre può convertire in glucosio
amminoacidi e molecole come il piruvato e il lattato (in un processo chiamato gluconeogenesi). Infine, il fegato è
anche il principale controllore del metabolismo dei lipidi, attraverso la produzione di lipoproteine.

Una lipoproteina è una particella composta di un nucleo idrofobico di lipidi e colesterolo, ricoperto da uno strato di
proteine idrofile che le permettono di rimanere sospesa in acqua. Le lipoproteine sintetizzate dal fegato possono
essere classificate in base alla loro densità. I lipidi hanno una bassa densità, mentre le proteine hanno un’alta densità;

• Le lipoproteine ad alta densità, rimuovono il colesterolo dai tessuti e lo portano al fegato. Le HDL consistono
di circa il 50% di proteine, il 35% di lipidi e il 15% di colesterolo.
• Le lipoproteine a bassa densità, trasportano il colesterolo nell’organismo affinché sia utilizzato nelle biosintesi
oppure immagazzinato. Le LDL sono costituite per il 25% di proteine, per il 25% di lipidi e per il 50% di
colesterolo.
• Le lipoproteine a densità molto bassa, contengono soprattutto trigliceridi destinati alle cellule adipose di tutto
il corpo. Le VLDL consistono di un 10% di proteine, 70% di lipidi e 20% di colesterolo.

le LDL sono talvolta chiamate «colesterolo cattivo» e le HDL «colesterolo buono».

Il pancreas esocrino ed endocrino

Il pancreas è una grossa ghiandola posizionata al di sotto dello stomaco ed è composto da una frazione esocrina e da
una frazione endocrina:

• le cellule esocrine del pancreas producono una miscela di enzimi digestivi che costituisce il succo pancreatico.
• le cellule endocrine, che costituiscono le cosiddette isole di Langerhans, producono diversi ormoni (tra cui
l’insulina e il glucagone, coinvolti nel metabolismo degli zuccheri), che si riversano nel sangue.

Il succo pancreatico prodotto dal pancreas esocrino si riversa nel dotto pancreatico. Questo liquido limpido e incolore
contiene acqua, numerosi enzimi digestivi e ioni bicarbonato (HCO-3) utili a neutralizzare l’acidità del chimo proviene
dallo stomaco: gli enzimi intestinali, infatti, funzionano meglio a un pH neutro o lievemente basico.

Alcuni degli enzimi presenti nel succo pancreatico vengono rilasciati in forma inattiva; per esempio, il tripsinogeno
(precursore della tripsina) è attivato da un enzima chiamato enterochinasi prodotto dalle cellule che rivestono il
duodeno. Una volta attiva, la tripsina può agire su altre molecole di tripsinogeno per attivare altra tripsina grazie a un
meccanismo a feedback positivo.

I nutrienti vengono assorbiti nell’intestino tenue

Le fasi finali della digestione delle proteine e dei carboidrati e l’assorbimento dei loro componenti avvengono fra i
microvilli dell’intestino tenue. Le cellule epiteliali che rivestono la mucosa secernono infatti numerose peptidasi che
«tagliano» i polipeptidi in tripeptidi. Le stesse cellule epiteliali producono anche gli enzimi maltasi, lattasi e saccarasi,
che agiscono sui disaccaridi trasformandoli in monosaccaridi assorbibili: glucosio, galattosio e fruttosio.

Molti esseri umani smettono di produrre l’enzima lattasi durante l’infanzia e hanno perciò difficoltà a digerire il
lattosio. Il lattosio non assorbito finisce per essere metabolizzato dai batteri dell’intestino crasso, provocando crampi
addominali, flatulenza e diarrea.

L’acqua e gli ioni inorganici sono assorbiti nell’intestino crasso

La motilità dell’intestino tenue spinge gradualmente i suoi contenuti nell’intestino crasso. Questo tratto intestinale è
largo circa 6,5 cm e lungo 1,5 m e traccia un percorso a U rovesciata attraverso la cavità addominale.

La parete dell’intestino crasso è composta dai quattro strati tipici del tubo digerente ed è rivestita da un epitelio
semplice, privo di microvilli. Questo tratto si divide in tre regioni:

1. il cieco, che è collegato all’ileo tramite lo sfintere ileo-cecale e alla cui estremità si trova, l’appendice;
2. il colon, che è la porzione più lunga e che sale sul lato destro, gira a sinistra in corrispondenza del fegato,
attraversa tutto l’addome e poi curva verso il basso;
3. il retto, la cui parte finale termina con l’ano, è circondato da uno sfintere esterno di muscolatura scheletrica
(volontaria).

Una volta che il chimo raggiunge il colon, ha luogo la fase finale della digestione dovuta ai batteri che lo popolano; la
flora batterica fermenta qualsiasi residuo di zuccheri (rilasciando gas), decompone le proteine rimaste e sintetizza
vitamine, come alcune del gruppo B e la K.

A questo punto la maggior parte delle sostanze nutritive originariamente presenti nel chimo è stata rimossa, ma
rimangono ancora ioni inorganici e molta acqua. Il colon assorbe l’acqua e gli ioni, producendo feci semisolide. Le feci
sono immagazzinate nel retto fino al momento della loro eliminazione. L’assorbimento di troppa acqua da parte del
colon può causare costipazione (o stipsi). La condizione opposta, diarrea, si verifica quando viene assorbita troppa
poca acqua.
Il controllo della digestione

Il duplice controllo della digestione

Il controllo della digestione, dell’assorbimento e del metabolismo cellulare avviene su due livelli: il controllo e la
coordinazione dei processi digestivi è determinato da stimoli nervosi e ormonali; una volta che i prodotti della
digestione sono stati assorbiti, deve essere controllata la loro disponibilità per le cellule dell’organismo. Per esempio,
la cosiddetta «acquolina in bocca».

Il tratto digestivo è fornito di un «sistema nervoso» intrinseco, proprio e indipendente: il sistema enterico. In questo
modo i segnali nervosi possono viaggiare da una regione all’altra del canale digerente senza dover essere elaborati dal
sistema nervoso centrale.

Le attività dell’apparato digerente e delle ghiandole annesse sono regolate anche da numerosi ormoni. Il primo
ormone individuato nel duodeno fu chiamato secretina perché provoca la secrezione dei succhi digestivi da parte del
pancreas. In risposta alla presenza di lipidi e proteine nel chimo, la mucosa dell’intestino tenue secerne la
colecistochinina, un ormone che stimola la colecisti a rilasciare bile. La colecistochinina e la secretina, rallentano i
movimenti dello stomaco e quindi l’ingresso del chimo nell’intestino tenue.

Ogni volta che sono stimolate dalla presenza di cibo, cellule presenti nelle parti più a valle della mucosa gastrica
secernono nel sangue un ormone chiamato gastrina. La gastrina in circolo raggiunge cellule localizzate in aree della
parte superiore della parete gastrica, dove stimola le secrezioni e i movimenti dello stomaco.

Il pancreas e il metabolismo glucidico

Il glucosio è uno dei nutrienti più importanti; questo zucchero è necessario per la respirazione cellulare. È importante
disporre di un sistema che controlli l’attività metabolica del fegato per mantenere costante il tasso di glucosio nel
sangue (o glicemia).

In condizioni normali il tasso di glucosio nel sangue è controllato dal pancreas mediante la produzione di due ormoni:
insulina e glucagone. Questi ormoni vengono prodotti da gruppi di cellule le endocrine disperse nel pancreas: le isole
di Langerhans. Nelle isole di Langerhans una parte delle cellule (cellule alfa) produce il glucagone, mentre altre cellule
(cellule beta) producono l’insulina. I due ormoni hanno effetto antagonista: l’insulina abbassa la glicemia, mentre il
glucagone la innalza.

Dopo un pasto, i livelli di glucosio nel sangue aumentano a causa della digestione e dell’assorbimento dei carboidrati;
nello stesso tempo, le cellule β del pancreas rilasciano l’insulina. Gli effetti dell’insulina variano in base ai diversi
tessuti, anche se in generale questo ormone promuove l’assorbimento, l’utilizzo o l’accumulo di glucosio.

Il glucosio entra nelle cellule per diffusione; nei muscoli scheletrici a riposo e nel tessuto adiposo, questi trasportatori
sono contenuti in vescicole citoplasmatiche fino a quando l’insulina non si combina con i propri recettori sulla
superficie della cellula e attiva l’inserimento dei trasportatori nella membrana plasmatica. Nelle cellule adipose,
invece, l’insulina inibisce la lipasi e promuove la sintesi di lipidi a partire dal glucosio. Nel fegato, l’insulina attiva un
enzima che fosforila il glucosio in modo che non possa diffondere all’esterno, aumentando l’efficienza
dell’assorbimento cellulare; nelle cellule epatiche, l’insulina attiva anche enzimi che catalizzano la sintesi del
glicogeno. Quando la glicemia diminuisce, cala anche il rilascio di insulina.

Se, invece, la glicemia scende al di sotto di un certo livello, entra in azione un altro ormone pancreatico, il glucagone, i
cui effetti sono opposti a quelli dell’insulina. Il glucagone stimola le cellule del fegato a degradare il glicogeno e ad
attivare la gluconeogenesi.

Le principali patologie dell’apparato digerente

I rischi di un’alimentazione sbagliata

Si raccomanda di fare attenzione e di non adottare mai regimi estremi: la mancanza prolungata di una o più sostanze
nutritive essenziali, infatti, produce uno stato di malnutrizione cronica che conduce a una specifica malattia da
carenza.
 Le carenze nutrizionali provocano malattie. Queste patologie possono essere provocate sia dall’assenza di
nutrienti essenziali. La vitamina B12 (cobalamina), per esempio, è presente in tutti gli alimenti di origine
animale. una dieta strettamente vegetariana può causare una malattia da carenza chiamata anemia
perniciosa. La causa più comune dell’anemia perniciosa, tuttavia, non è la mancanza della vitamina B12 nella
dieta, ma l’incapacità di assorbirla. Certe malattie da carenza possono essere provocate anche dalla
mancanza di sostanze minerali.
 Le malattie da denutrizione e da ipernutrizione. Se la scarsa qualità del cibo può generare problemi, lo stesso
si verifica se mangiamo troppo poco. Infatti, quando la nostra alimentazione è insufficiente a soddisfare il
nostro fabbisogno energetico (denutrizione), l’organismo inizia a metabolizzare le proprie biomolecole.
Quando le riserve di lipidi sono quasi esaurite, il corpo si affida al consumo di proteine. Se questa situazione si
protrae troppo a lungo, finisce per danneggiare gli organi e gli apparati, conducendo alla morte. Quando,
invece, assumiamo costantemente più cibo di quello necessario ai nostri bisogni energetici, ci troviamo in una
condizione di ipernutrizione: in questo caso immagazziniamo le sostanze nutritive in eccesso sotto forma di
aumento della massa corporea. In un primo tempo, aumentano le riserve di glicogeno; dopodiché,
carboidrati, lipidi e proteine in eccesso vengono convertiti in grasso da deposito.
 Troppe vitamine fanno male. Le vitamine non sono alimenti calorici, tuttavia anche per alcune vitamine è
possibile un’assunzione eccessiva (ipervitaminosi), che causa disturbi dell’apparato digerente.

Alcune patologie dell’apparato digerente

L’intolleranza al glutine è chiamata celiachia. Il glutine è un componente proteico presente in molti cereali, tra cui
frumento. La celiachia, può manifestarsi con sintomi che comprendono perdita di peso, inappetenza, dolori
addominali, stipsi o diarrea. In alcuni casi però può essere asintomatica. Se non viene diagnosticata, la celiachia può
avere conseguenze gravi; la «cura» consiste in una dieta rigorosamente priva di glutine.

Le intossicazioni alimentari possono essere causate da tossine batteriche o da alimenti nocivi.

Le infezioni dell’apparato digerente prendono spesso il nome dalla parte che viene interessata (gastrite, enterite,
colite).

Particolarmente gravi possono rivelarsi le infiammazioni, acute o croniche, al fegato o al pancreas, denominate
rispettivamente epatite e pancreatite. Ambedue possono essere dovute all’abuso di alcol. Le epatiti virali sono
classificate con una lettera (da Aa G). Tra le più comuni, l’epatite A, che si contrae attraverso alimenti contaminati, e la
B, che si può prendere attraverso siringhe infette.

Una condizione patologica poco conosciuta ma non rara è il cosiddetto reflusso gastro-esofageo. Se lo sfintere
esofageo, che impedisce al cibo di ritornare dallo stomaco all’esofago, non funziona correttamente, si può avere la
risalita nell’esofago di materiale acido proveniente dallo stomaco.

Un caso particolare di infiammazione cronica dell’apparato digerente è la malattia di Crohn, una patologia le cui cause
sono genetiche. I sintomi possono essere molto fastidiosi e comprendono febbre, dimagrimento, inappetenza, diarrea.
Un parziale rimedio si ottiene con una dieta molto controllata.

Una delle forme tumorali più frequenti nell’uomo è il cancro del colon-retto; la maggior parte di essi viene
diagnosticata in età senile. Questo tumore deriva dall’epitelio che riveste il colon e il retto e si sviluppa con la
formazione di masse sporgenti di tessuto dette polipi.

In generale, per prevenire il tumore al colon-retto è bene seguire alcune semplici regole:

 consumare ogni giorno frutta e verdura


 limitare l’alcol a un bicchiere di vino a pasto
 evitare di ingrassare
 limitare al massimo il consumo di cibi con conservanti o affumicati.

L’ulcera gastrica
L’ulcera gastrica è una lesione della parete dello stomaco che può andare da un semplice danno alla mucosa fino a una
vera perforazione. Le ulcere gastriche possono condurre a patologie quali l’emorragia gastrica, e il cancro allo
stomaco. Fino a poco tempo fa si riteneva che le ulcere derivassero dall’azione del succo gastrico dello stomaco.

Le certezze sulle cause dell’ulcera furono completamente messe in discussione dal lavoro di due ricercatori australiani.

osservarono un batterio sconosciuto nelle biopsie dello stomaco di pazienti affetti da ulcera gastrica, Helicobacter
pylori. Osservarono che il batterio era sempre presente.

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