La morte di Dio e l’avvento del superuomo rappresentano due dei colossi della filosofia di
Nietzsche.
Egli fa uso della figura profetica di Zarathustra (colui che per primo idealizzò una morale) per
professare la morte di Dio e l’avvento dell’oltreuomo.
Secondo nietzsche, per liberarsi e vivere la realtà bisogna distruggere la bugia di Dio (una favola
metafisica perpetuata da Socrate, Platone ed il cristianesimo, dedite a permettere all'individuo di
affrontare la terribilità della realtà.
Il folle, nell’estratto, annuncia la morte di Dio come l’omicidio degli omicidi, di cui noi (gli uomini)
siamo stati assassini.
Tuttavia, però, questa morte per l’uomo è un trauma, perché il superuomo deve ancora nascere.
Con la morte di Dio, sussegue il crollo di ogni assoluto e l’individuo, ora libero, deve affrontare la
realtà, prendersi le proprie responsabilità, senza cercare conforto in nuovi idoli.
In ‘’Così parlò Zarathustra’’, Nietzsche, dopo aver professato (attraverso la figura del più antico
profeta) la morte di Dio, introduce l’annunciazione del superuomo attraverso le tre fasi della
metamorfosi.
- La prima fase, quella dell’uomo cammello, rappresenta l’individuo che sacrifica dionisio,
privilegiando la realtà illusoria apollinea. L’ uomo cammello infatti è destinato a camminare
lentamente, a causa del fardello che porta sulle spalle, che lo condanna ad una vita guidata da
uno spirito di rinuncia (rinuncia ad un mondo vero, simile all’individuo schopenhaueriano che
preferisce l’illusorietà del velo di maya alla realtà). Per superare questa prima fase è necessario
un passaggio da un nichilismo passivo ad uno attivo.
- La figura che segue, quella dell’uomo leone, è colui che dice di ‘’sì’’ alla vita, che accetta la vita
per come è e la sfida (nichilismo attivo). L’uomo leone uccide Dio e rimane davanti alla vastità di
un nulla spaventoso, che deve accettare. Con questa accettazione del nulla, susseguitasi
all’uccisione di Dio, c’è bisogno di una terza, ed ultima, figura che sia in grado non solo di
accettarne la morte ma anche riuscire a farsi egli stesso Dio.
- Questa figura è l’uomo bambino, fanciullo, che è egli stesso divino in quanto la sua natura è
originariamente dionisiaca (poi apollizzata dall’influenza dei genitori). Il bambino riesce a
plasmare il mondo in base al suo spirito dionisiaco.
L’uomo è sempre destinato a vivere la propria vita come un granello di sabbia all’interno di una
clessidra, rivivendo quindi sempre la stessa vita. Questa visione della vita è quella ciclica, quella
dell’eterno ritorno dell’uguale (rappresentato nel mito della carreggiata). L’individuo deve
accettare questa realtà; questa accettazione viene rappresentata attraverso il mito del pastore e
del serpente, che parla di un pastore che viene aggredito da un serpente e, in un momento di
estrema difficoltà (mentre il serpente soffoca il pastore, creando l’uno con il corpo dell’altro un
simbolo concentrico che sta proprio ad indicare la circolarità del tempo), sotto consiglio di
Zarathustra, morde la testa al serpente, salvandosi.
Con quel morso il pastore si trasforma in ubermensch, egli è felice, sorride, perché è riuscito a
liberarsi dall’angoscia dell’eterno ritorno, ad accettarlo, e ad accettare la vita dionisiaca,
rimanendo fedele alla terra (che non è più il deserto in cui l’uomo è in esilio bensì diventa la sua
dimora gioiosa) e al corpo (che non è più la prigione dell’anima bensì un concreto modo di essere
nel mondo).
Infine, l’ultimo compito del superuomo è quello di superare la morale che porta gli uomini ad
essere succubi e rinunciare alla vita.
nietzsche inizialmente ipotizza la morale dei signori (degli uomini coraggiosi, che abbracciano e
accettano dionisiacamente la vita e si rapportano ad essa per viverla profondamente); tuttavia,
però, questa morale va a perdersi nel tempo (in quanto caratteristica degli uomini eccezionali, e
quindi realizzabile da pochi e creatrice di invidia da parte di coloro che non riescono ad elevarsi a
tale morale). Proprio su questo sentimento di invidia si insediano i sacerdoti, che ingannano gli
altri uomini e li portano ad odiare questi vecchi valori: loro denominano come vera morale quella
dell'obbedienza, della rinuncia, della povertà,e dell’ignoranza (perché l’intelligenza, che è
dionisiaca, porta l’uomo oltre i suoi limiti ed è pericolosa quindi va controllata).
Il superuomo quindi deve essere come una corda tesa tra l’essere bestiale e l’essere uomo, una
corda sempre tesa che rappresenta la volontà di potenza.
La volontà di potenza è una prospettiva, grazie alla quale l’uomo riesce a rifare il mondo.
Essenzialmente, se io cancello il passato, io, il superuomo, devo diventare tale cosa cancellata e
rifarla.
Il superuomo è colui che comprende l’esistenza del nulla, ma non si fa vivere da questo, bensì sul
nulla egli ricostruisce.
L’arte, secondo la visione di Nietzsche, viene introdotta in concomitanza con la sua rinnovata
passione per il mondo greco e la stesura della sua prima opera ’La nascita della tragedia’’.
Nietzsche, in quest’opera, mette in luce come l’arte del mondo classico sia la chiave per
interpretare la realtà.
Il filosofo espone come l’occidente abbia sempre prodotto un'immagine parziale del mondo greco
( rappresentandolo come un mondo socratico/platonico, quindi razionale) che non rispecchia la
realtà in quanto i greci, sostiene il filosofo, siano sempre stati pervasi da due diversi impulsi.
- impulso apollineo: questo corrisponde alla figura di Apollo, e scaturisce dalla forma, da un
atteggiamento razionale ed armonico. Questa realtà è una illusoria, apparentemente perfetta ed
idealizzata. Questo impulso di bellezza, perfezione ed ordine ha la sua massima
rappresentazione artistica nell’arte classica, specialmente la scultura.
- impulso dionisiaco: questo corrisponde, invece, a Dionisio, e scaturisce da una forza vitale, dal
divenire. Questo è un impulso di ebbrezza, di caos ed irrazionalità e verità, che ha la sua
massima espressione nella forza creatrice della musica.
Importante poi è anche trattare della concezione nietzscheana dell’arte come forza creatrice.
Infatti l’arte, essendo scaturita dalla volontà di potenza, è una delle principali forme della vita, se
non, addirittura, la più importante. Nietzsche, infatti, arriva perfino ad ipotizzare il mondo come
un’opera d’arte autogenerata.
Nasce quindi così la seguente analogia: essendo il superuomo espressione ultima della volontà di
potenza, così l'artista può essere quindi concepito come una delle prime figure tangibili del
superuomo.
Secondo Nietzsche, nella vita è indispensabile ciò che egli definisce «fattore oblio». Per oblio,
Nietzsche intende la capacità di andare oltre, di superare il passato per non venire schiacciati dal
peso del ricordo. Infatti, l’oblio è fondamentale per vivere, dal momento che senza una certa dose
di incoscienza non vi è felicità (Nietzsche cita, leopardianamente, il caso degli animali – si ricordi il
passero solitario) e, in secondo luogo, per poter agire efficacemente nel presente occorre saper
dimenticare il passato. Tuttavia, ciò non significa che la storia sia sempre nociva per la vita. La
storia può essere positiva, a patto che sia al servizio della vita e non viceversa. Secondo
Nietzsche, esistono tre possibili tipologie di storia, ognuno dei quali, secondo il filosofo, si
dimostra valido, a patto però che non sia utilizzato in modo esclusivo.
- Storia monumentale: è propria di chi guada al passato per cercarvi modelli e maestri che non
scorge nel presente e di colui che pensa che la grandezza del passato possa ancora ripetersi
nel futuro;
- Storia antiquaria: è propria di chi guarda al passato con fedeltà e amore, riconoscendosi frutto
ed erede di esso, tanto da non possedere alcuna fiducia nel futuro. Ciò paralizza
inesorabilmente l’agire dell’uomo nel presente;
- Storia critica: è propria di chi guarda al passato come a un peso di cui liberarsi e sente la
necessità di rompere con esso allo scopo di «rifarsi da capo», dunque di colui che demolisce le
vecchie verità per costruirne di nuove.