Regista italiano
DA TA D I N ASC ITA Martedì 8 maggio 1906
LU OGO D I N ASC ITA Roma, Italia
S E GN O ZOD IAC AL E Toro
DA TA D I MOR TE Venerdì 3 giugno 1977 (a 71 anni)
LU OGO D I MOR TE Roma, Italia
CA U S A Attacco cardiaco
Si avvicina al cinema vero e proprio più tardi, verso la fine degli anni '30,
collaborando alla sceneggiatura di "Luciano Serra pilota" di Goffredo Alessandrini.
Solo qualche anno dopo, nel 1941, effettua il salto di qualità, realizzando come
regista "La nave bianca" (interpretato, ironia della sorte per quello che diventerà il
principe dei neorealisti, da attori non professionisti), primo episodio di una "trilogia
della guerra" più tardi completata da "Un pilota ritorna" e da "L'uomo dalla croce",
pellicole di scarso successo.
Nel 1944-45, mentre l'Italia è ancora divisa dal fronte che avanza verso nord, gira
quello che è considerato il suo capolavoro nonchè uno dei massimi della
cinematografia, "Roma, città aperta". Il film non solo è importante per l'argomento
trattato e per l'alta tragicità ed efficacia dello stile, ma anche perché segna l'inizio
del cosiddetto neorealismo. Con questa espressione si vuole sottolineare un lavoro
artistico caratterizzato da elementi come l'anonimato (gli attori non professionisti),
la presa diretta, la mancanza di "mediazione" autoriale e l'essere espressione delle
voci della contemporaneità.
Dopo l'esperienza di "Roma città aperta" Roberto Rossellini gira altri due film
d'eccezione quali "Paisà" (1946) e "Germania anno zero" (1947), riflessioni amare
sulle condizioni dell'Italia martoriata dall'avanzare della guerra e sulla crisi dei
valori umani nella Germania del dopoguerra.
Dopo queste pietre miliari il regista cerca di trovare nuove vie di espressione,
senza grande successo. Si tratta dei poco riusciti "Amore", un film in due episodi
interpretati da Anna Magnani, e del fallimentare "La macchina ammazza-cattivi"; in
seguito gira anche i non memorabili "Francesco, giullare di Dio" e "Stromboli, terra
di Dio", ambedue centrati, sia pure in diverso senso, sul problema della grazia
divina. In quest'ultimo film prende il via il suo sodalizio artistico con Ingrid
Bergman: i due vivranno anche una tormentata storia sentimentale.
Ma la sua grande vena stilistica si era ormai esaurita. Consapevole di questo stato
di cose, si dedica interamente alla regia di lavori a carattere divulgativo e didattico
pensati per la televisione. Alcuni titoli evocativi ci fanno ben capire la natura di
queste pellicole: si va da "Età del ferro", agli "Atti degli Apostoli" fino a " Socrate"
(siamo ormai nel 1970).
Un notevole guizzo artistico si verifica con il documentario "La presa del potere
di Luigi XIV", realizzato per la TV francese e giudicato dalla critica all'altezza delle
cose sue migliori.
Biografia • Aristocrazia artistica
Appena adulto, comunque, si stabilirà per lungo tempo a Parigi. Durante i suoi
soggiorni nella città francese ha la fortuna di conoscere eminenti personalità della
cultura come Gide, Bernstein e Cocteau. Nel frattempo, comprata una cinepresa,
gira un film amatoriale a Milano. La sua vita sentimentale è segnata da conflitti
drammatici: da un lato s'innamora della cognata, dall'altro intreccia relazioni
omosessuali. Quando la passione per il cinema si fa urgenza espressiva, l'amica
Coco Chanel gli presenta Jean Renoir e Visconti diventa suo assistente e
costumista per "Una partie de campagne"
A contatto inoltre con gli ambienti francesi vicini al Fronte Popolare e al Partito
comunista il giovane aristocratico compie delle scelte ideologiche vicine a quei
movimenti, che una volta tornato in Italia si esprimeranno subito nel suo
avvicinamento ai circoli antifascisti, dove conoscerà intellettuali antifascisti del
calibro di Alicata, Barbaro e Ingrao. Nel 1943 dirige il suo primo film, "Ossessione",
una torbida storia di due amanti assassini, assai lontana dai toni edulcorati e
retorici del Cinema del periodo fascista. A proposito di "Ossessione" si comincia a
parlare di neorealismo e Visconti sarà considerato (non senza riserve e
discussioni) come un anticipatore di questo movimento.
Ad esempio, suo è il celebre "La terra trema" del 1948 (presentato senza successo
a Venezia), forse il più radicale tentativo del Cinema italiano di fondare una poetica
del neorealismo.
Nella parentesi della realizzazione de "La terra trema", Visconti realizza ancora
moltissimo teatro, fra cui, solo per citare pochi ma significativi titoli allestiti fra il
1949 e il 1951, due edizioni di "Un tram che si chiama desiderio", "Oreste", "Morte
di un commesso viaggiatore" e "Il seduttore". Fa epoca l'allestimento di "Troilo e
Cressida", nell'edizione del Maggio Musicale Fiorentino del 1949. E' invece di due
anni dopo "Bellissima", primo film girato con Anna Magnani (il secondo sarà
"Siamo donne, due anni più tardi").
La fine degli anni '50 e i primi anni '60 vengono brillantemente spesi da Visconti fra
il teatro di prosa e quello lirico e il cinema: basti citare l'allestimento di "Salomè"
di Strauss e dell'"Arialda" e i due grandi film, "Rocco e i suoi fratelli" e "Il
Gattopardo". Nel 1956 mette in scena "Mario e il Mago", azione coreografica dal
racconto di Mann e, l'anno dopo, il balletto "Maratona di danza". Nel 1965, "Vaghe
stelle dell'Orsa..." vince il Leone d'oro al Festival di Venezia e grande è l'ovazione
che accoglie al teatro Valle di Roma l'allestimento de "Il giardino dei ciliegi" di
Checov. Per il melodramma, dopo i successi del 1964 con la realizzazione de "Il
Trovatore" e de "Le nozze di Figaro", allestisce nello stesso anno "Don Carlo", al
teatro dell'Opera di Roma.
Muore il 17 marzo del 1976, senza aver potuto lasciarci il progetto, accarezzato da
sempre, di un film su "La ricerca del tempo perduto" di Marcel Proust.
S E GN O ZOD IA C A LE Cancro
DA TA D I MOR TE Mercoledì 13 novembre 1974 (a 73 anni)
LU OGO D I MOR TE Neuilly-sur-Seine, Francia
CA U SA Malattia ai polmoni
Biografia • Napoli da Oscar
Vittorio De Sica nasce a Terra di Lavoro (provincia allora appartenente alla
Campania), vicino Frosinone, il 7 luglio 1901. De Sica è stato indubbiamente uno
dei più grandi registi della storia del cinema, idolatrato anche dai mostri sacri
d'oltreoceano che immancabilmente lo citano come esempio sublime di artista.
Fedeli al detto "nemo profeta in patria", l'Italia, malata di esterofilia non ha mai
saputo valorizzarlo, trascurando come talvolta accade i suoi grandi personaggi.
Nato in una famiglia di umili origini, Vittorio De Sica studia a Napoli fino a quindici
anni; inizia a lavorare come garzone e quindi si trasferisce a Roma con la famiglia
dove consegue il diploma di ragioniere. Già da studente inizia a frequentare
l'ambiente teatrale e a misurarsi come attore. Nel 1926 l'esordio nel cinema, dove
recita e si afferma nelle parti del conquistatore galante. Di questi anni sono i film
"Gli uomini che mascalzoni!" (1932) e "Grandi Magazzini" (1939).
Personaggio assai distinto, malgrado le umili origini, dotato di grande talento anche
nella recitazione, De Sica è stato, insieme a Roberto Rossellini, il caposcuola della
corrente cinematografica del neorealismo, periodo in cui escono "I bambini ci
guardano" (1942), "Sciuscià" (1946, ritratto dell'infanzia abbandonata) e, due anni
dopo, "Ladri Di Biciclette", sulla triste condizione dei disoccupati nel dopoguerra.
Per questi ultimi due titoli il grande regista vince l'Oscar.
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In seguito, sempre sulla scia della poetica neorealista gira "Miracolo a Milano" e il
malinconico "Umberto D.", pellicola amara considerata da più parti come il suo
vero capolavoro.
Antonioni, spesso definito come regista borghese e autore della crisi, dopo aver
collaborato alla sceneggiatura di "Un pilota ritorna" (1942) di Rossellini e lavorato
come aiuto-regista per Marcel Carné, dirige "Gente del Po" (1943-1947) il suo
primo documentario. Il suo lungometraggio di esordio è "Cronaca di un amore" del
1950, acuta analisi d'una crisi di coppia. Seguono, tra gli altri, "La signora senza
camelie" (1952) e "Le amiche" (1955), angosciata lettura del bel racconto "Tra
donne sole" di Cesare Pavese.
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La sua ricerca affronta tematiche individuali che necessitano di un linguaggio
cinematografico capace di esprimere i tempi e gli spazi della psicologia umana.
Da qui in poi il percorso di Michelangelo Antonioni procede spedito sulla via d'un
deciso rinnovamento, sia linguistico che nei contenuti: "L'avventura" (1960), "La
notte" (1961), "L'eclisse" (1962), "Deserto rosso" (1964), pongono personaggi
femminili al centro di storie segnate dalla perdita e dallo sgomento. Talvolta i
dialoghi sprofondano nel ridicolo, celebre il "mi fanno male i capelli", pronunciato
da Monica Vitti nell'ultimo titolo citato. In questa fase della sua carriera la ricerca di
Antonioni diventa più pessimistica. Il comportamento dei personaggi diventa un
freddo agire, sempre meno espressione di comportamenti umani "da
comprendere".
Nel 1967 si trasferisce in Inghilterra per girare "Blow-up", poi è la volta di "Zabriskie
Point" (1969), in cui sottolinea il carattere di una civiltà dominata da consumismo e
repressione, destinata all'autodistruzione. Il film fu avversato da molti, ma questo
non distolse Antonioni dal continuare il suo percorso, in cui cercava di inserire i
suoi personaggi nella realtà contemporanea, osservata il più possibile in contesti
differenti. Con queste intenzioni fu concepito "Chung kuo, Cina" (1972), un viaggio
- lungo più di 4 ore - attraverso la Cina di Mao Tse Tung, e "Professione reporter"
(1974, con Jack Nicholson), attenta riflessione sui rapporti tra Occidente e Terzo
Mondo, nella cui conclusione si ritrovano i segni dell'antica maestria del regista.
Le sue ultime fatiche sono state "Al di là delle nuvole" del 1994 (con Kim Rossi
Stuart, Ines Sastre e Sophie Marceau), diretto insieme a Wim Wenders, e "Eros"
(2004), diviso in tre capitoli diretti da Antonioni, Wong Kar-Wai e Steven
Soderbergh.
Si è spento all'età di 95 anni nella sua casa di Ferrara il 30 luglio 2007 - nello
stesso giorno in cui si spegneva anche un altro grande regista, Ingmar Bergman.
CA U S A Assassinio
Pier Paolo Pasolini nasce il 5 marzo del 1922 a Bologna. Primogenito di Carlo
Alberto Pasolini, tenente di fanteria, e di Susanna Colussi, maestra elementare. Il
padre, di vecchia famiglia ravennate, di cui ha dissipato il patrimonio sposa
Susanna nel dicembre del 1921 a Casarsa. Dopodiche' gli sposi si trasferiscono a
Bologna.
Nel 1928 è l'esordio poetico: Pier Paolo annota su un quadernetto una serie di
poesie accompagnate da disegni. Il quadernetto, a cui ne seguirono altri, andrà
perduto nel periodo bellico.
Conclude gli studi liceali e, a soli 17 anni si iscrive all'Università di Bologna, facoltà
di lettere. Collabora a "Il Setaccio", il periodico del GIL bolognese e in questo
periodo scrive poesie in friulano e in italiano, che saranno raccolte in un primo
volume, "Poesie a Casarsa".
Partecipa inoltre alla realizzazione di un'altra rivista, "Stroligut", con altri amici
letterati friulani, con i quali crea l' "Academiuta di lenga frulana".
Scoppia la seconda guerra mondiale, periodo estremamente difficile per lui, come
si intuisce dalle sue lettere. Viene arruolato sotto le armi a Livorno, nel 1943 ma,
all'indomani dell'8 settembre disobbedisce all'ordine di consegnare le armi ai
tedeschi e fugge. Dopo vari spostamenti in Italia torna a Casarsa. La famiglia
Pasolini decide di recarsi a Versuta, al di là del Tagliamento, luogo meno esposto
ai bombardamenti alleati e agli assedi tedeschi. Qui insegna ai ragazzi dei primi
anni del ginnasio. Ma l'avvenimento che segnerà quegli anni e' la morte del fratello
Guido, aggregatosi alla divisione partigiana "Osoppo".
Nel febbraio del 1945 Guido venne massacrato, insieme al comando della
divisione osavana presso le malghe di Porzus: un centinaio di garibaldini si era
avvicinata fingendosi degli sbandati, catturando in seguito quelli della Osoppo e
passandoli per le armi. Guido, seppure ferito, riesce a fuggire e viene ospitato da
una contadina. Viene trovato dai garibaldini, trascinato fuori e massacrato. La
famiglia Pasolini saprà della morte e delle circostanze solo a conflitto terminato. La
morte di Guido avrà effetti devastanti per la famiglia Pasolini, soprattutto per la
madre, distrutta dal dolore. Il rapporto tra Pier Paolo e la madre diviene così
ancora più stretto, anche a causa del ritorno del padre dalla prigionia in Kenia:
Nel 1945 Pasolini si laurea discutendo una tesi intitolata "Antologia della
lirica pascoliniana (introduzione e commenti)" e si stabilisce definitivamente in
Friuli. Qui trova lavoro come insegnante in una scuola media di Valvassone, in
provincia di Udine.
In questi anni comincia la sua militanza politica. Nel 1947 si avvicina al PCI,
cominciando la collaborazione al settimanale del partito "Lotta e lavoro". Diventa
segretario della sezione di San Giovanni di Casarsa, ma non viene visto di buon
occhio nel partito e, soprattutto, dagli intellettuali comunisti friulani. Le ragioni del
contrasto sono linguistiche. Gli intellettuali "organici" scrivono servendosi della
lingua del novecento, mentre Pasolini scrive con la lingua del popolo senza fra
l'altro cimentarsi per forza in soggetti politici. Agli occhi di molti tutto ciò risulta
inammisibile: molti comunisti vedono in lui un sospetto disinteresse per il realismo
socialista, un certo cosmopolitismo, e un'eccessiva attenzione per la cultura
borghese.
Questo, di fatto, è l'unico periodo in cui Pasolini si sia impegnato attivamente nella
lotta politica, anni in cui scriveva e disegnava manifesti di denuncia contro il
costituito potere demoscristiano.
E' un periodo di contrapposizioni molto aspre tra la sinistra e la DC, e Pasolini, per
la sua posizione di intellettuale comunista e anticlericale rappresenta un bersaglio
ideale. La denuncia per i fatti di Ramuscello viene ripresa sia dalla destra che dalla
sinistra: prima ancora che si svolga il processo, il 26 ottobre 1949.
Pasolini si trova proiettato nel giro di qualche giorno in un baratro apparentemente
senza uscita. La risonanza a Casarsa dei fatti di Ramuscello avra' una vasta eco.
Davanti ai carabinieri cerca di giustificare quei fatti, intrinsecamente confermando
le accuse, come un'esperienza eccezionale, una sorta di sbandamento
intellettuale: ciò non fa che peggiorare la sua posizione: espulso dal PCI, perde il
posto di insegnante, e si incrina momentaneamente il rapporto con la madre.
Decide allora di fuggire da Casarsa, dal suo Friuli spesso mitizzato e insieme alla
madre si trasferisce a Roma.
I primi anni romani sono dificilissimi, proiettato in una realtà del tutto nuova e
inedita quale quella delle borgate romane. Sono tempi d'insicurezza, di povertà, di
solitudine.
Pasolini, piuttosto che chiedere aiuto ai letterati che conosce, cerca di trovarsi un
lavoro da solo. Tenta la strada del cinema, ottenendo la parte di generico a
Cinecittà, fa il correttore di bozze e vende i suoi libri nelle bancarelle rionali.
Finalmente, grazie al poeta il lingua abbruzzese Vittori Clemente trova lavoro come
insegnante in una scuola di Ciampino.
Sono gli anni in cui, nelle sue opere letterarie, trasferisce la mitizzazione delle
campagne friulane nella cornice disordinata della borgate romane, viste come
centro della storia, da cui prende spunto un doloroso processo di crescita. Nasce
insomma il mito del sottoproletariato romano.
Angioletti lo chiama a far parte della sezione letteraria del giornale radio, accanto
a Carlo Emilio Gadda, Leone Piccioni e Giulio Cartaneo. Sono definitivamente alle
spalle i difficili primi anni romani. Nel 1954 abbandona l'insegnamento e si
stabilisce a Monteverde Vecchio. Pubblica il suo primo importante volume di
poesie dialettali: "La meglio gioventù".
Nel 1955 viene pubblicato da Garzanti il romanzo "Ragazzi di vita", che ottiene un
vasto successo, sia di critica che di lettori. Il giudizio della cultura ufficiale della
sinistra, e in particolare del PCI, è però in gran parte negativo. Il libro viene definito
intriso di "gusto morboso, dello sporco, dell'abbietto, dello scomposto, del torbido.."
La passione per il cinema lo tiene comunque molto impegnato. Nel 1957, insieme
a Sergio Citti, collabora al film di Fellini, "Le notti di Cabiria", stendendone i dialoghi
nella parlata romana, poi firme sceneggiature insieme a Bolognini, Rosi, Vancini e
Lizzani, col quale esordisce come attore nel film "Il gobbo" del 1960.
In quegli anni collabora anche alla rivista "Officina" accanto a Leonetti, Roversi,
Fortini, Romano', Scalia. Nel 1957 pubblica i poemetti "Le ceneri di Gramsci" per
Garzanti e, l'anno successivo, per Longanesi, "L'usignolo della Chiesa cattolica".
Nel 1960 Garzanti pubblica i saggi "Passione e ideologia", e nel 1961 un altro
volume in versi "La religione del mio tempo".
Nel 1961 realizza il suo primo film da regista e soggettista, "Accattone". Il film
viene vietato ai minori di anni diciotto e suscita non poche polemiche alla XXII
mostra del cinema di Venezia. Nel 1962 dirige "Mamma Roma". Nel 1963
l'episodio "La ricotta" (inserito nel film a più mani "RoGoPaG"), viene sequestrato e
Pasolini e' imputato per reato di vilipendio alla religione dello Stato. Nel '64 dirige "Il
vangelo secondo Matteo"; nel '65 "Uccellacci e Uccellini"; nel '67 "Edipo re"; nel '68
"Teorema"; nel '69 "Porcile"; nel '70 "Medea"; tra il '70 e il '74 la triologia della vita,
o del sesso, ovvero "Il Decameron", "I racconti di Canterbury" e "Il fiore delle mille
e una notte"; per concludere col suo ultimo "Salo' o le 120 giornate di Sodoma" nel
1975.
Il cinema lo porta a intraprendere numerosi viaggi all'estero: nel 1961 e', con Elsa
Morante e Moravia, in India; nel 1962 in Sudan e Kenia; nel 1963 in Ghana,
Nigeria, Guinea, Israele e Giordania (da cui trarrà un documentario dal titolo
"Sopralluoghi in Palestina").
Nel 1972, presso Garzanti, pubblica i suoi interventi critici, soprattutto di critica
cinematografica, nel volume "Empirismo eretico".
Essendo ormai i pieni anni settanta, non bisogna dimenticare il clima che si
respirava in quegli anni, ossia quello della contestazione studentesca. Pasolini
assume anche in questo caso una posizione originale rispetto al resto della cultura
di sinistra. Pur accettando e appoggiando le motivazioni ideologiche degli studenti,
ritiene in fondo che questi siano antropologicamente dei borghesi destinati, in
quanto tali, a fallire nelle loro aspirazioni rivoluzionarie.
La mattina del 2 novembre 1975, sul litorale romane ad Ostia, in un campo incolto
in via dell'idroscalo, una donna, Maria Teresa Lollobrigida, scopre il cadavere di un
uomo. Sarà Ninetto Davoli a riconoscere il corpo di Pier Paolo Pasolini. Nella notte
i carabinieri fermano un giovane, Giuseppe Pelosi, detto "Pino la rana" alla guida di
una Giulietta 2000 che risulterà di proprietà proprio di Pasolini. Il ragazzo,
interrogato dai carabinieri, e di fronte all'evidenza dei fatti, confessa l'omicidio.
Racconta di aver incontrato lo scrittore presso la Stazione Termini, e dopo una
cena in un ristorante, di aver raggiunto il luogo del ritrovamento del cadavere; lì,
secondo la versione di Pelosi, il poeta avrebbe tentato un approccio sessuale, e
vistosi respinto, avrebbe reagito violentemente: da qui, la reazione del ragazzo.
E TÀ 77 anni
Il giovane Bernardo scalpita e non vede l'ora di firmare finalmente una regia tutta
sua: l'anno successivo (è il 1963) debutta dietro la macchina da presa grazie
all'interessamento del produttore Tonino Cervi, che gli affida la realizzazione di un
soggetto di Pasolini, "La commare secca".
Malvisto a causa di queste sue conoscenze famose, si può ben dire che Bertolucci
sia entrato nel cinema dalla porta principale, cosa che per anni non gli verrà
perdonata.
Nel 1964 realizza il suo secondo film "Prima della rivoluzione" e più tardi collabora
con Sergio Leonealla sceneggiatura di "C'era una volta il West".
Poco più che ventenne dunque è già un regista affermato.
Dopo "Partner", con "La strategia del ragno" inizia la sua straordinaria
collaborazione con il mago della fotografia Vittorio Storaro. E' l'inizio degli anni '70
e Bertolucci, anche grazie al successivo "Il conformista", guadagna la fama
internazionale nonché la prima nomination all'Oscar per la migliore sceneggiatura.
Nel 1972 è la volta di "Ultimo tango a Parigi" (con Marlon Brando), l'ormai celebre
pellicola-scandalo diventata sinonimo di censura. Il film va incontro ad opposizioni
fortissime: viene ritirato dalle sale cinematografiche e mandato addirittura al rogo
con una sentenza della Cassazione. Ne viene salvata solo una copia allo scopo di
essere depositata in cineteca, grazie all'intervento del Presidente della Repubblica.
Bertolucci viene condannato a due mesi di prigione e privato del diritto di voto per
cinque anni per aver portato sullo schermo una vicenda immorale.
"Ultimo tango a Parigi" verrà "riabilitato" solo nel 1987. Inutile dire che si è trattato
senz'altro di un clamore esagerato che non ha fatto altro, in fin dei conti, che
acentuare la curiosità verso questo film che molti giudicano un capolavoro e che
molti altri, com'è naturale, ridimensionano come un classico prodotto dell'epoca
post-contestazione.
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I film successivi, "La luna" e "La tragedia di un uomo ridicolo", che non incontrano il
favore del pubblico e della critica, conducono comunque Bertolucci verso il suo più
clamoroso successo, girato tra mille difficoltà per gli enormi finanziamenti richiesti:
il film è "L'ultimo imperatore", pellicola che ricostruisce la vita di Pu Yi, ultimo
imperatore cinese.
Realizza altre due superproduzioni d'autore: "Il tè nel deserto", tratto dal romanzo-
culto di Paul Bowles e girato tra il Marocco e l'Algeria (amara vicenda che racconta
l'agonia di un amore) e "Piccolo Buddha", viaggio nel profondo Tibet e nel cuore di
una delle più affascinanti religioni orientali.
Nel 1996 Bertolucci torna a girare in Italia, precisamente in Toscana, e realizza "Io
ballo da sola", commedia apparentemente leggera sulla crescita e la giovinezza
dove si mescolano però continuamente amore e morte, temi sempre presenti e
inseparabili nei suoi film.
Due anni dopo, è la volta de "L'assedio", lavoro che la critica ha definito un "inno al
cinema".
Roberto Benigni
(Misericordia, Arezzo, 1952) Actor y director de cine italiano que alcanzó
reconocimiento internacional como director y protagonista de la película La vida es
bella (1997), ganadora de tres Oscar de la Academia de Hollywood.
Roberto Benigni
Desde mediados de los años setenta comenzó a trabajar para la gran pantalla
como actor y guionista. En su faceta de actor, asumió papeles de diversa
consideración que pasaron en su mayor parte desapercibidos: intervino en
películas como Camas calientes (1979), de Luigi Zampa, o La luna (1979), de
Bernardo Bertolucci, pero la mayor parte de sus interpretaciones se dieron en
comedias notables aunque intrascendentes, muchas de las cuales no llegaron a
estrenarse fuera de su país.
No obstante, su trabajo no pasó desapercibido para algunos directores de culto
como Federico Fellini o Jim Jarmusch, quienes apreciaron su talento y sus
recursos dramáticos. Jarmusch le ofreció colaborar en Bajo el peso de la
ley (1986) y en Noche en La Tierra (1992). Fellini, por su parte, lo llamó para
intervenir en su obra póstuma, La voz de la luna (1990).
Su actividad como director comenzó a principios de los ochenta. Tras su debut
en Tu mi turbi (1983), pronto fraguó algunos éxitos del cine italiano como Non ci
resta che piangere (1984, codirigida con Massimo Troisi), Johnny Palillo (1991)
y El monstruo (1995). Caracterizado por un tipo de humor típicamente toscano,
Benigni creó un prototipo cómico completamente personal, desacralizador y
funambulesco. Recargó su mímica y su expresión corporal, sin descuidar su
excepcional capacidad de jugar con las palabras para obtener efectos cómicos
surrealistas o grotescos.
ROBERTO BENIGNI: