Sei sulla pagina 1di 20

Roberto Rossellini

Regista italiano
DA TA D I N ASC ITA Martedì 8 maggio 1906
LU OGO D I N ASC ITA Roma, Italia
S E GN O ZOD IAC AL E Toro
DA TA D I MOR TE Venerdì 3 giugno 1977  (a 71 anni)
LU OGO D I MOR TE Roma, Italia
CA U S A Attacco cardiaco

Biografia • La strada del cinema.

Regista fondamentale e grandissimo all'interno della cinematografia di tutti i tempi,


Roberto Rossellini è nato a Roma l'8 maggio 1906. Interrotti gli studi dopo la
licenza liceale, si dedica a diverse attività prima di entrare nel mondo del cinema
come scenotecnico e montatore, e successivamente come sceneggiatore e regista
di documentari. A questo proposito è da segnalare che alcuni di essi furono girati
per conto dell'Istituto nazionale Luce (istituzione creata dal fascismo), con titoli
come "Daphne", "Prélude à l'après-midi d'un faune" o a"Fantasia sottomarina".

Si avvicina al cinema vero e proprio più tardi, verso la fine degli anni '30,
collaborando alla sceneggiatura di "Luciano Serra pilota" di Goffredo Alessandrini.
Solo qualche anno dopo, nel 1941, effettua il salto di qualità, realizzando come
regista "La nave bianca" (interpretato, ironia della sorte per quello che diventerà il
principe dei neorealisti, da attori non professionisti), primo episodio di una "trilogia
della guerra" più tardi completata da "Un pilota ritorna" e da "L'uomo dalla croce",
pellicole di scarso successo.

Nel 1944-45, mentre l'Italia è ancora divisa dal fronte che avanza verso nord, gira
quello che è considerato il suo capolavoro nonchè uno dei massimi della
cinematografia, "Roma, città aperta". Il film non solo è importante per l'argomento
trattato e per l'alta tragicità ed efficacia dello stile, ma anche perché segna l'inizio
del cosiddetto neorealismo. Con questa espressione si vuole sottolineare un lavoro
artistico caratterizzato da elementi come l'anonimato (gli attori non professionisti),
la presa diretta, la mancanza di "mediazione" autoriale e l'essere espressione delle
voci della contemporaneità.

Se retrospettivamente possiamo affermare che il film è un capolavoro, al momento


della sua proiezione nelle sale venne accolto piuttosto freddamente, sia dal
pubblico che da gran parte della critica. La rivoluzione di "Roma città aperta" è
dovuta fra l'altro, come dichiarato più volte dallo stesso Rossellini, al fatto che è
stato possibile infrangere "le strutture industriali del cinema di quegli anni",
conquistandosi "la libertà di esprimersi senza condizionamenti".

Dopo l'esperienza di "Roma città aperta" Roberto Rossellini gira altri due film
d'eccezione quali "Paisà" (1946) e "Germania anno zero" (1947), riflessioni amare
sulle condizioni dell'Italia martoriata dall'avanzare della guerra e sulla crisi dei
valori umani nella Germania del dopoguerra.

Dopo queste pietre miliari il regista cerca di trovare nuove vie di espressione,
senza grande successo. Si tratta dei poco riusciti "Amore", un film in due episodi
interpretati da Anna Magnani, e del fallimentare "La macchina ammazza-cattivi"; in
seguito gira anche i non memorabili "Francesco, giullare di Dio" e "Stromboli, terra
di Dio", ambedue centrati, sia pure in diverso senso, sul problema della grazia
divina. In quest'ultimo film prende il via il suo sodalizio artistico con Ingrid
Bergman: i due vivranno anche una tormentata storia sentimentale.

Dopo un periodo di crisi artistica e personale, caratterizzato da un lungo viaggio in


India (nel quale trova anche moglie), destinato a produrre materiale per l'omonimo
film documentario del 1958, dirigerà opere formalmente impeccabili ma non più
che corrette quali "Il generale Della Rovere", "Era notte a Roma" e "Viva l'Italia". "Il
generale Della Rovere" in particolare (premiato alla Mostra di Venezia) si richiama
ai temi della Resistenza cari al primo Rossellini e sembra un segno del desiderio di
voler intraprendere una nuova fase, mentre in realtà segna l'ingresso dell'autore
nella produzione "commerciale", sia pure temperata dal grande talento, sempre
intatto, e dalla creatività visiva del regista.

Ma la sua grande vena stilistica si era ormai esaurita. Consapevole di questo stato
di cose, si dedica interamente alla regia di lavori a carattere divulgativo e didattico
pensati per la televisione. Alcuni titoli evocativi ci fanno ben capire la natura di
queste pellicole: si va da "Età del ferro", agli "Atti degli Apostoli" fino a " Socrate"
(siamo ormai nel 1970).

Un notevole guizzo artistico si verifica con il documentario "La presa del potere
di Luigi XIV", realizzato per la TV francese e giudicato dalla critica all'altezza delle
cose sue migliori.

Tornato infine al cinema, si licenzia con "Anno uno. Alcide De Gasperi" (1974) ed


"Il Messia" (1976) due pellicole che affrontano tematiche già visitate in passato con
ben altra forza e convinzione. Dopo poco tempo, il 3 giugno 1977, Roberto
Rossellini si spegne a Roma.
Luchino Visconti Regista italiano

DA TA D I N ASC ITA Venerdì 2 novembre 1906


LU OGO D I N ASC ITA Milano, Italia
S E GN O ZOD IAC AL E Scorpione
DA TA D I MOR TE Mercoledì 17 marzo 1976 (a 69 anni)
LU OGO D I MOR TE Roma, Italia
CA U S A Trombosi

Biografia • Aristocrazia artistica

Luchino Visconti nasce a Milano nel 1906 da un'antica famiglia aristocratica. Da


bambino frequenta il palco di famiglia della Scala, dove si forma la sua grande
passione per il melodramma e per la teatralità in generale (anche forte dei suoi
studi di violoncello), uno stimolo che lo porterà a viaggiare parecchio non appena
sarà in condizione di farlo. La famiglia ha sul giovane Luchino un influsso
fondamentale, come il padre organizza recite teatrali con amici, s'improvvisa
arredatore di spettacoli. La sua adolescenza è irrequieta, scappa più volte da casa
e dal collegio. È un cattivo studente ma un accanito lettore. La madre cura
personalmente la sua formazione musicale (non dimentichiamo che Visconti è
stato anche un fondamentale regista teatrale),

e Luchino nutrirà per lei un legame particolarmente profondo. Dopo aver


accarezzato l'idea di dedicarsi allo scrivere, progetta e costruisce a San Siro, nei
pressi di Milano, una scuderia modello e si dedica con successo all'allevamento di
cavalli da corsa.

Appena adulto, comunque, si stabilirà per lungo tempo a Parigi. Durante i suoi
soggiorni nella città francese ha la fortuna di conoscere eminenti personalità della
cultura come Gide, Bernstein e Cocteau. Nel frattempo, comprata una cinepresa,
gira un film amatoriale a Milano. La sua vita sentimentale è segnata da conflitti
drammatici: da un lato s'innamora della cognata, dall'altro intreccia relazioni
omosessuali. Quando la passione per il cinema si fa urgenza espressiva, l'amica
Coco Chanel gli presenta Jean Renoir e Visconti diventa suo assistente e
costumista per "Una partie de campagne"

A contatto inoltre con gli ambienti francesi vicini al Fronte Popolare e al Partito
comunista il giovane aristocratico compie delle scelte ideologiche vicine a quei
movimenti, che una volta tornato in Italia si esprimeranno subito nel suo
avvicinamento ai circoli antifascisti, dove conoscerà intellettuali antifascisti del
calibro di Alicata, Barbaro e Ingrao. Nel 1943 dirige il suo primo film, "Ossessione",
una torbida storia di due amanti assassini, assai lontana dai toni edulcorati e
retorici del Cinema del periodo fascista. A proposito di "Ossessione" si comincia a
parlare di neorealismo e Visconti sarà considerato (non senza riserve e
discussioni) come un anticipatore di questo movimento.
Ad esempio, suo è il celebre "La terra trema" del 1948 (presentato senza successo
a Venezia), forse il più radicale tentativo del Cinema italiano di fondare una poetica
del neorealismo.

Finita la guerra, inizia, parallelamente al cinema, un'intensa attività teatrale,


rinnovando completamente la scelta dei repertori e i criteri di regìa, con una
predilezione per testi e autori estranei ai teatri italiani fino a quel momento.

Nella parentesi della realizzazione de "La terra trema", Visconti realizza ancora
moltissimo teatro, fra cui, solo per citare pochi ma significativi titoli allestiti fra il
1949 e il 1951, due edizioni di "Un tram che si chiama desiderio", "Oreste", "Morte
di un commesso viaggiatore" e "Il seduttore". Fa epoca l'allestimento di "Troilo e
Cressida", nell'edizione del Maggio Musicale Fiorentino del 1949. E' invece di due
anni dopo "Bellissima", primo film girato con Anna Magnani (il secondo sarà
"Siamo donne, due anni più tardi").

Successo e scandalo accoglierà il film "Senso", omaggio a Verdi, ma anche


revisione critica del Risorgimento italiano, per il quale verrà attaccato anche dagli
abituali estimatori. Dopo l'allestimento di "Come le foglie" di Giacosa, il 7 dicembre
1954, ha luogo la prima de "La Vestale", grande e indimenticata edizione scaligera
con Maria Callas. Inizia così la irreversibile rivoluzione portata da Visconti nella
regìa del melodramma. Il sodalizio con la cantante regalerà al teatro lirico mondiale
le geniali edizioni de "La Sonnambula" e de "La Traviata" (1955), di "Anna Bolena"
o "Ifigenia in Tauride" (1957), sempre in collaborazione con i più grandi direttori
dell'epoca, fra cui non si può non menzionare il superbo Carlo Maria Giulini.

La fine degli anni '50 e i primi anni '60 vengono brillantemente spesi da Visconti fra
il teatro di prosa e quello lirico e il cinema: basti citare l'allestimento di "Salomè"
di Strauss e dell'"Arialda" e i due grandi film, "Rocco e i suoi fratelli" e "Il
Gattopardo". Nel 1956 mette in scena "Mario e il Mago", azione coreografica dal
racconto di Mann e, l'anno dopo, il balletto "Maratona di danza". Nel 1965, "Vaghe
stelle dell'Orsa..." vince il Leone d'oro al Festival di Venezia e grande è l'ovazione
che accoglie al teatro Valle di Roma l'allestimento de "Il giardino dei ciliegi" di
Checov. Per il melodramma, dopo i successi del 1964 con la realizzazione de "Il
Trovatore" e de "Le nozze di Figaro", allestisce nello stesso anno "Don Carlo", al
teatro dell'Opera di Roma.

Dopo la contrastata trasposizione cinematografica de "Lo straniero" di Camus e


vari successi in teatro, Visconti porta a compimento il progetto di una trilogia
germanica con "La caduta degli dei" (1969), "Morte a Venezia" (1971) e "Ludwig"
(1973).

Durante la lavorazione di "Ludwig", il regista viene colto da ictus. Rimane


paralizzato alla gamba e al braccio sinistro, anche se ciò non è sufficiente per
ostacolare la sua attività artistica che persegue imperterrito con grande forza di
volontà. Realizzerà ancora un'edizione di "Manon Lescaut" per il Festival dei Due
Mondi a Spoleto e "Old Time" di Pinter, ambedue nel 1973, e, per il cinema,
"Gruppo di famiglia in un interno" (sceneggiatura ideata da Suso Cecchi D'Amico
ed Enrico Medioli), e infine "L'innocente", che saranno i suoi due ultimi film.

Muore il 17 marzo del 1976, senza aver potuto lasciarci il progetto, accarezzato da
sempre, di un film su "La ricerca del tempo perduto" di Marcel Proust.

Vittorio De Sica. Regista italiano


DA TA D I NA SC ITA Domenica 7 luglio 1901
LU OGO D I N A SC ITA Sora, Italia

S E GN O ZOD IA C A LE Cancro
DA TA D I MOR TE Mercoledì 13 novembre 1974  (a 73 anni)
LU OGO D I MOR TE Neuilly-sur-Seine, Francia
CA U SA Malattia ai polmoni

Biografia • Napoli da Oscar
Vittorio De Sica nasce a Terra di Lavoro (provincia allora appartenente alla
Campania), vicino Frosinone, il 7 luglio 1901. De Sica è stato indubbiamente uno
dei più grandi registi della storia del cinema, idolatrato anche dai mostri sacri
d'oltreoceano che immancabilmente lo citano come esempio sublime di artista.
Fedeli al detto "nemo profeta in patria", l'Italia, malata di esterofilia non ha mai
saputo valorizzarlo, trascurando come talvolta accade i suoi grandi personaggi.
Nato in una famiglia di umili origini, Vittorio De Sica studia a Napoli fino a quindici
anni; inizia a lavorare come garzone e quindi si trasferisce a Roma con la famiglia
dove consegue il diploma di ragioniere. Già da studente inizia a frequentare
l'ambiente teatrale e a misurarsi come attore. Nel 1926 l'esordio nel cinema, dove
recita e si afferma nelle parti del conquistatore galante. Di questi anni sono i film
"Gli uomini che mascalzoni!" (1932) e "Grandi Magazzini" (1939).

Personaggio assai distinto, malgrado le umili origini, dotato di grande talento anche
nella recitazione, De Sica è stato, insieme a Roberto Rossellini, il caposcuola della
corrente cinematografica del neorealismo, periodo in cui escono "I bambini ci
guardano" (1942), "Sciuscià" (1946, ritratto dell'infanzia abbandonata) e, due anni
dopo, "Ladri Di Biciclette", sulla triste condizione dei disoccupati nel dopoguerra.
Per questi ultimi due titoli il grande regista vince l'Oscar.

PUBLICIDAD
In seguito, sempre sulla scia della poetica neorealista gira "Miracolo a Milano" e il
malinconico "Umberto D.", pellicola amara considerata da più parti come il suo
vero capolavoro.

Più tardi, abbandonata la corrente neorealista, Vittorio De Sica si dedica a film più


disimpegnati ma per questo non meno carichi di sensibilità e raffinatezza, come lo
straordinario "L'Oro di Napoli". Tra questi ricordiamo anche "La Ciociara" (1961),
"Ieri, Oggi e Domani" (1964), "Matrimonio All'Italiana" (1964), "Il giardino dei Finzi
Contini" (con il quale vince un altro Oscar nel 1971).

L'ultimo film realizzato è "Il Viaggio", del 1974.

Il 13 novembre dello stesso anno il regista si spegne a Parigi all'età di 72 anni.

Michelangelo Antonini. Regista italiano


DA TA D I NA SC ITA Domenica 29 settembre 1912

LU OGO D I N ASC ITA Ferrara, Italia

S E GN O ZOD IAC AL E Bilancia

DA TA D I MOR TE Lunedì 30 luglio 2007  (a 94 anni)

LU OGO D I MOR TE Roma, Italia


Biografia • Coscienza sociale, resa immortale
Coetaneo di tanti registi neorealisti (Luchino Visconti per citarne uno su tutti)
Michelangelo Antonioni nasce a Ferrara il 29 settembre 1912. Arriva al cinema
dopo lunghe e significative esperienze negli anni '50 e più di altri quindi si trova ad
essere testimone del passaggio da un'epoca ad un'altra. Alla sua scuola si sono
riferiti importanti registi quali Akira Kurosawa, Martin Scorsese, Francis Ford
Coppola e Wim Wenders.

Antonioni, spesso definito come regista borghese e autore della crisi, dopo aver
collaborato alla sceneggiatura di "Un pilota ritorna" (1942) di Rossellini e lavorato
come aiuto-regista per Marcel Carné, dirige "Gente del Po" (1943-1947) il suo
primo documentario. Il suo lungometraggio di esordio è "Cronaca di un amore" del
1950, acuta analisi d'una crisi di coppia. Seguono, tra gli altri, "La signora senza
camelie" (1952) e "Le amiche" (1955), angosciata lettura del bel racconto "Tra
donne sole" di Cesare Pavese.

In questi suoi primi lavori si delineano nettamente le caratteristiche fondamentali


dell'opera del regista: la difficoltà a stabilire rapporti interpersonali veri,
l'inafferrabilità del reale, lo spaesamento dell'individuo alle prese con una società
fredda e poco umana.

PUBLICIDAD
La sua ricerca affronta tematiche individuali che necessitano di un linguaggio
cinematografico capace di esprimere i tempi e gli spazi della psicologia umana.

La rottura con il neorealismo si evidenzia ne "Il grido" (1954), che sposta


dall'ambiente borghese a quello proletario le tematiche del malessere esistenziale,
eleggendo a protagonista un operaio che spegne nel sucidio la pena della
conclusione di una lunga relazione sentimentale.

La strada intrapresa da Antonioni è quella di focalizzare i personaggi, di far parlare


i loro comportamenti piuttosto che i fatti. Dall'analisi di questi comportamenti il
regista giunge alla critica della società, e attraverso i conflitti dei personaggi
descrive l'asettico ambiente borghese in cui si muovono. Antonioni si concentra sui
mutamenti della realtà sociale, cerca di comprenderne la complessità, le tensioni e
gli sviluppi.

Da qui in poi il percorso di Michelangelo Antonioni procede spedito sulla via d'un
deciso rinnovamento, sia linguistico che nei contenuti: "L'avventura" (1960), "La
notte" (1961), "L'eclisse" (1962), "Deserto rosso" (1964), pongono personaggi
femminili al centro di storie segnate dalla perdita e dallo sgomento. Talvolta i
dialoghi sprofondano nel ridicolo, celebre il "mi fanno male i capelli", pronunciato
da Monica Vitti nell'ultimo titolo citato. In questa fase della sua carriera la ricerca di
Antonioni diventa più pessimistica. Il comportamento dei personaggi diventa un
freddo agire, sempre meno espressione di comportamenti umani "da
comprendere".

Nel 1967 si trasferisce in Inghilterra per girare "Blow-up", poi è la volta di "Zabriskie
Point" (1969), in cui sottolinea il carattere di una civiltà dominata da consumismo e
repressione, destinata all'autodistruzione. Il film fu avversato da molti, ma questo
non distolse Antonioni dal continuare il suo percorso, in cui cercava di inserire i
suoi personaggi nella realtà contemporanea, osservata il più possibile in contesti
differenti. Con queste intenzioni fu concepito "Chung kuo, Cina" (1972), un viaggio
- lungo più di 4 ore - attraverso la Cina di Mao Tse Tung, e "Professione reporter"
(1974, con Jack Nicholson), attenta riflessione sui rapporti tra Occidente e Terzo
Mondo, nella cui conclusione si ritrovano i segni dell'antica maestria del regista.

Le sue ultime fatiche sono state "Al di là delle nuvole" del 1994 (con Kim Rossi
Stuart, Ines Sastre e Sophie Marceau), diretto insieme a Wim Wenders, e "Eros"
(2004), diviso in tre capitoli diretti da Antonioni, Wong Kar-Wai e Steven
Soderbergh.

Si è spento all'età di 95 anni nella sua casa di Ferrara il 30 luglio 2007 - nello
stesso giorno in cui si spegneva anche un altro grande regista, Ingmar Bergman.

Rivisto oggi il cinema di Michelangelo Antonioni può ancora apparire moderno e


innovativo, prendendo anche sole poche immagini, ma per altri aspetti potrebbe
apparire datato, poichè privo di eredi che abbiano saputo sviluppare la sua lezione.

Pierpaolo Pasolini. Scrittore e regista italiano

DA TA D I N ASC ITA Domenica 5 marzo 1922

LU OGO D I N ASC ITA Bologna, Italia

S E GN O ZOD IAC AL E Pesci

DA TA D I MOR TE Domenica 2 novembre 1975  (a 53 anni)

LU OGO D I MOR TE Roma, Italia

CA U S A Assassinio

Pier Paolo Pasolini nasce il 5 marzo del 1922 a Bologna. Primogenito di Carlo
Alberto Pasolini, tenente di fanteria, e di Susanna Colussi, maestra elementare. Il
padre, di vecchia famiglia ravennate, di cui ha dissipato il patrimonio sposa
Susanna nel dicembre del 1921 a Casarsa. Dopodiche' gli sposi si trasferiscono a
Bologna.

Lo stesso Pasolini dirà di se stesso: "Sono nato in una famiglia tipicamente


rappresentativa della societa' italiana: un vero prodotto dell'incrocio... Un prodotto
dell'unita' d'Italia. Mio padre discendeva da un'antica famiglia nobile della
Romagna, mia madre, al contrario, viene da una famiglia di contadini friulani che si
sono a poco a poco innalzati, col tempo, alla condizione piccolo-borghese. Dalla
parte di mio nonno materno erano del ramo della distilleria. La madre di mia madre
era piemontese, cio' non le impedi' affatto di avere egualmente legami con la
Sicilia e la regione di Roma".

Nel 1925, a Belluno, nasce il secondogenito, Guido. Visti i numerosi spostamenti,


l'unico punto di riferimento della famiglia Pasolini rimane Casarsa. Pier Paolo vive
con la madre un rapporto di simbiosi, mentre si accentuano i contrasti col padre.
Guido invece vive in una sorta di venerazione per lui, ammirazione che lo
accompagnerà fino al giorno della sua morte.

Nel 1928 è l'esordio poetico: Pier Paolo annota su un quadernetto una serie di
poesie accompagnate da disegni. Il quadernetto, a cui ne seguirono altri, andrà
perduto nel periodo bellico.

Ottiene il passaggio dalle elementari al ginnasio che frequenta a Conegliano. Negli


anni del liceo dà vita, insieme a Luciano Serra, Franco Farolfi, Ermes Parini e
Fabio Mauri, ad un gruppo letterario per la discussione di poesie.

Conclude gli studi liceali e, a soli 17 anni si iscrive all'Università di Bologna, facoltà
di lettere. Collabora a "Il Setaccio", il periodico del GIL bolognese e in questo
periodo scrive poesie in friulano e in italiano, che saranno raccolte in un primo
volume, "Poesie a Casarsa".

Partecipa inoltre alla realizzazione di un'altra rivista, "Stroligut", con altri amici
letterati friulani, con i quali crea l' "Academiuta di lenga frulana".

L'uso del dialetto rappresenta in qualche modo un tentativo di privare la Chiesa


dell'egemonia culturale sulle masse. Pasolini tenta appunto di portare anche a
sinistra un approfondimento, in senso dialettale, della cultura.

Scoppia la seconda guerra mondiale, periodo estremamente difficile per lui, come
si intuisce dalle sue lettere. Viene arruolato sotto le armi a Livorno, nel 1943 ma,
all'indomani dell'8 settembre disobbedisce all'ordine di consegnare le armi ai
tedeschi e fugge. Dopo vari spostamenti in Italia torna a Casarsa. La famiglia
Pasolini decide di recarsi a Versuta, al di là del Tagliamento, luogo meno esposto
ai bombardamenti alleati e agli assedi tedeschi. Qui insegna ai ragazzi dei primi
anni del ginnasio. Ma l'avvenimento che segnerà quegli anni e' la morte del fratello
Guido, aggregatosi alla divisione partigiana "Osoppo".

Nel febbraio del 1945 Guido venne massacrato, insieme al comando della
divisione osavana presso le malghe di Porzus: un centinaio di garibaldini si era
avvicinata fingendosi degli sbandati, catturando in seguito quelli della Osoppo e
passandoli per le armi. Guido, seppure ferito, riesce a fuggire e viene ospitato da
una contadina. Viene trovato dai garibaldini, trascinato fuori e massacrato. La
famiglia Pasolini saprà della morte e delle circostanze solo a conflitto terminato. La
morte di Guido avrà effetti devastanti per la famiglia Pasolini, soprattutto per la
madre, distrutta dal dolore. Il rapporto tra Pier Paolo e la madre diviene così
ancora più stretto, anche a causa del ritorno del padre dalla prigionia in Kenia:

Nel 1945 Pasolini si laurea discutendo una tesi intitolata "Antologia della
lirica pascoliniana (introduzione e commenti)" e si stabilisce definitivamente in
Friuli. Qui trova lavoro come insegnante in una scuola media di Valvassone, in
provincia di Udine.

In questi anni comincia la sua militanza politica. Nel 1947 si avvicina al PCI,
cominciando la collaborazione al settimanale del partito "Lotta e lavoro". Diventa
segretario della sezione di San Giovanni di Casarsa, ma non viene visto di buon
occhio nel partito e, soprattutto, dagli intellettuali comunisti friulani. Le ragioni del
contrasto sono linguistiche. Gli intellettuali "organici" scrivono servendosi della
lingua del novecento, mentre Pasolini scrive con la lingua del popolo senza fra
l'altro cimentarsi per forza in soggetti politici. Agli occhi di molti tutto ciò risulta
inammisibile: molti comunisti vedono in lui un sospetto disinteresse per il realismo
socialista, un certo cosmopolitismo, e un'eccessiva attenzione per la cultura
borghese.

Questo, di fatto, è l'unico periodo in cui Pasolini si sia impegnato attivamente nella
lotta politica, anni in cui scriveva e disegnava manifesti di denuncia contro il
costituito potere demoscristiano.

Il 15 ottobre del 1949 viene segnalato ai Carabinieri di Cordovado per corruzione di


minorenne avvenuta, secondo l'accusa nella frazione di Ramuscello: è l'inizio di
una delicata ed umiliante trafila giudiziaria che cambierà per sempre la sua vita.
Dopo questo processo molti altri ne seguirono, ma è lecito pensare che se non vi
fosse stato questo primo procedimento gli altri non sarebbero seguiti.

E' un periodo di contrapposizioni molto aspre tra la sinistra e la DC, e Pasolini, per
la sua posizione di intellettuale comunista e anticlericale rappresenta un bersaglio
ideale. La denuncia per i fatti di Ramuscello viene ripresa sia dalla destra che dalla
sinistra: prima ancora che si svolga il processo, il 26 ottobre 1949.
Pasolini si trova proiettato nel giro di qualche giorno in un baratro apparentemente
senza uscita. La risonanza a Casarsa dei fatti di Ramuscello avra' una vasta eco.
Davanti ai carabinieri cerca di giustificare quei fatti, intrinsecamente confermando
le accuse, come un'esperienza eccezionale, una sorta di sbandamento
intellettuale: ciò non fa che peggiorare la sua posizione: espulso dal PCI, perde il
posto di insegnante, e si incrina momentaneamente il rapporto con la madre.
Decide allora di fuggire da Casarsa, dal suo Friuli spesso mitizzato e insieme alla
madre si trasferisce a Roma.

I primi anni romani sono dificilissimi, proiettato in una realtà del tutto nuova e
inedita quale quella delle borgate romane. Sono tempi d'insicurezza, di povertà, di
solitudine.

Pasolini, piuttosto che chiedere aiuto ai letterati che conosce, cerca di trovarsi un
lavoro da solo. Tenta la strada del cinema, ottenendo la parte di generico a
Cinecittà, fa il correttore di bozze e vende i suoi libri nelle bancarelle rionali.

Finalmente, grazie al poeta il lingua abbruzzese Vittori Clemente trova lavoro come
insegnante in una scuola di Ciampino.

Sono gli anni in cui, nelle sue opere letterarie, trasferisce la mitizzazione delle
campagne friulane nella cornice disordinata della borgate romane, viste come
centro della storia, da cui prende spunto un doloroso processo di crescita. Nasce
insomma il mito del sottoproletariato romano.

Prepara le antologie sulla poesia dialettale; collabora a "Paragone", una rivista di


Anna Banti e Roberto Longhi. Proprio su "Paragone", pubblica la prima versione
del primo capitolo di "Ragazzi di vita".

Angioletti lo chiama a far parte della sezione letteraria del giornale radio, accanto
a Carlo Emilio Gadda, Leone Piccioni e Giulio Cartaneo. Sono definitivamente alle
spalle i difficili primi anni romani. Nel 1954 abbandona l'insegnamento e si
stabilisce a Monteverde Vecchio. Pubblica il suo primo importante volume di
poesie dialettali: "La meglio gioventù".

Nel 1955 viene pubblicato da Garzanti il romanzo "Ragazzi di vita", che ottiene un
vasto successo, sia di critica che di lettori. Il giudizio della cultura ufficiale della
sinistra, e in particolare del PCI, è però in gran parte negativo. Il libro viene definito
intriso di "gusto morboso, dello sporco, dell'abbietto, dello scomposto, del torbido.."

La Presidenza del Consiglio (nella persona dell'allora ministro degli interni,


Tambroni) promuove un'azione giudiziaria contro Pasolini e Livio Garzanti. Il
processo da' luogo all'assoluzione "perche' il fatto non costituisce reato". Il libro,
per un anno tolto alle librerie, viene dissequestrato. Pasolini diventa però uno dei
bersagli preferiti dai giornali di cronaca nera; viene accusato di reati al limite del
grottesco: favoreggiamento per rissa e furto; rapina a mano armata ai danni di un
bar limitrofo a un distributore di benzina a S. Felice Circeo.

La passione per il cinema lo tiene comunque molto impegnato. Nel 1957, insieme
a Sergio Citti, collabora al film di Fellini, "Le notti di Cabiria", stendendone i dialoghi
nella parlata romana, poi firme sceneggiature insieme a Bolognini, Rosi, Vancini e
Lizzani, col quale esordisce come attore nel film "Il gobbo" del 1960.

In quegli anni collabora anche alla rivista "Officina" accanto a Leonetti, Roversi,
Fortini, Romano', Scalia. Nel 1957 pubblica i poemetti "Le ceneri di Gramsci" per
Garzanti e, l'anno successivo, per Longanesi, "L'usignolo della Chiesa cattolica".
Nel 1960 Garzanti pubblica i saggi "Passione e ideologia", e nel 1961 un altro
volume in versi "La religione del mio tempo".

Nel 1961 realizza il suo primo film da regista e soggettista, "Accattone". Il film
viene vietato ai minori di anni diciotto e suscita non poche polemiche alla XXII
mostra del cinema di Venezia. Nel 1962 dirige "Mamma Roma". Nel 1963
l'episodio "La ricotta" (inserito nel film a più mani "RoGoPaG"), viene sequestrato e
Pasolini e' imputato per reato di vilipendio alla religione dello Stato. Nel '64 dirige "Il
vangelo secondo Matteo"; nel '65 "Uccellacci e Uccellini"; nel '67 "Edipo re"; nel '68
"Teorema"; nel '69 "Porcile"; nel '70 "Medea"; tra il '70 e il '74 la triologia della vita,
o del sesso, ovvero "Il Decameron", "I racconti di Canterbury" e "Il fiore delle mille
e una notte"; per concludere col suo ultimo "Salo' o le 120 giornate di Sodoma" nel
1975.

Il cinema lo porta a intraprendere numerosi viaggi all'estero: nel 1961 e', con Elsa
Morante e Moravia, in India; nel 1962 in Sudan e Kenia; nel 1963 in Ghana,
Nigeria, Guinea, Israele e Giordania (da cui trarrà un documentario dal titolo
"Sopralluoghi in Palestina").

Nel 1966, in occasione della presentazione di "Accattone" e "Mamma Roma" al


festival di New York, compie il suo primo viaggio negli Stati Uniti; rimane molto
colpito, soprattutto da New York. Nel 1968 e' di nuovo in India per girare un
documentario. Nel 1970 torna in Africa: in Uganda e Tanzania, da cui trarrà il
documentario "Appunti per un'Orestiade africana".

Nel 1972, presso Garzanti, pubblica i suoi interventi critici, soprattutto di critica
cinematografica, nel volume "Empirismo eretico".

Essendo ormai i pieni anni settanta, non bisogna dimenticare il clima che si
respirava in quegli anni, ossia quello della contestazione studentesca. Pasolini
assume anche in questo caso una posizione originale rispetto al resto della cultura
di sinistra. Pur accettando e appoggiando le motivazioni ideologiche degli studenti,
ritiene in fondo che questi siano antropologicamente dei borghesi destinati, in
quanto tali, a fallire nelle loro aspirazioni rivoluzionarie.

Tornando ai fatti riguardanti la produzione artistica, nel 1968 ritira dalla


competizione del Premio Strega il suo romanzo "Teorema" e accetta di partecipare
alla XXIX mostra del cinema di Venezia solo dopo che, come gli viene garantito,
non ci saranno votazioni e premiazioni. Pasolini è tra i maggiori sostenitori
dell'Associazione Autori Cinematografici che si batte per ottenere l'autogestione
della mostra. Il 4 settembre il film "Teorema" viene proiettato per la critica in un
clima arroventato. L'autore interviene alla proiezione del film per ribadire che il film
è presente alla Mostra solo per volontà del produttore ma, in quanto autore, prega i
critici di abbandonare la sala, richiesta che non viene minimamente rispettata. La
conseguenza è che Pasolini si rifiuta di partecipare alla tradizionale conferenza
stampa, invitando i giornalisti nel giardino di un albergo per parlare non del film, ma
della situazione della Biennale.

Nel 1972 decide di collaborare con i giovani di Lotta Continua, ed insieme ad


alcuni di loro, tra cui Bonfanti e Fofi, firma il documentario 12 dicembre. Nel 1973
comincia la sua collaborazione al "Corriere della sera", con interventi critici sui
problemi del paese. Presso Garzanti, pubblica la raccolta di interventi critici "Scritti
corsari", e ripropone le poesia friulana in una forma del tutto peculiare sotto il titolo
di "La nuova gioventu'".

La mattina del 2 novembre 1975, sul litorale romane ad Ostia, in un campo incolto
in via dell'idroscalo, una donna, Maria Teresa Lollobrigida, scopre il cadavere di un
uomo. Sarà Ninetto Davoli a riconoscere il corpo di Pier Paolo Pasolini. Nella notte
i carabinieri fermano un giovane, Giuseppe Pelosi, detto "Pino la rana" alla guida di
una Giulietta 2000 che risulterà di proprietà proprio di Pasolini. Il ragazzo,
interrogato dai carabinieri, e di fronte all'evidenza dei fatti, confessa l'omicidio.
Racconta di aver incontrato lo scrittore presso la Stazione Termini, e dopo una
cena in un ristorante, di aver raggiunto il luogo del ritrovamento del cadavere; lì,
secondo la versione di Pelosi, il poeta avrebbe tentato un approccio sessuale, e
vistosi respinto, avrebbe reagito violentemente: da qui, la reazione del ragazzo.

Il processo che ne segue porta alla luce retroscena inquietanti. Si paventa da


diverse parti il concorso di altri nell'omicidio ma purtroppo non vi sarà arriverà mai
ad accertare con chiarezza la dinamica dell'omicidio. Piero Pelosi viene
condannato, unico colpevole, per la morte di Pasolini.
 

Bernardo Bertolucci. Regista italiano

DA TA D I N ASC ITA Domenica 16 marzo 1941

LU OGO D I N ASC ITA Parma, Italia

S E GN O ZOD IAC AL E Pesci

E TÀ 77 anni

Biografia  • Il sognatore


Figlio del celebre poeta e critico letterario Attilio Bertolucci, Bernardo nasce il 16
marzo 1941 nei dintorni di Parma, a pochi chilometri dalla tenuta dove
abitò Giuseppe Verdi. Trascorre la sua infanzia in campagna e appena
quindicenne, con una cinepresa 16 mm. presa in prestito, realizza i suoi primi
cortometraggi.

Nonostante questi primi esperimenti cinematografici, Bertolucci, che nel frattempo


si trasferisce a Roma con la famiglia, si iscrive alla Facoltà di Lettere Moderne e si
dedica alla poesia, seguendo le orme del padre. Nel 1962 vince il Premio
Viareggio Opera Prima per il libro in versi "In cerca del mistero", ma l'amore per il
cinema nonostante questo primo successo letterario riemerge con prepotenza.

Così nello stesso anno Bernardo Bertolucci abbandona l'università, la penna e le


rime per lavorare come assistente alla regia in "Accattone", il primo film di quel
grandissimo personaggio che fu Pier Paolo Pasolini, allora amico e vicino di casa
della famiglia Bertolucci.

Il giovane Bernardo scalpita e non vede l'ora di firmare finalmente una regia tutta
sua: l'anno successivo (è il 1963) debutta dietro la macchina da presa grazie
all'interessamento del produttore Tonino Cervi, che gli affida la realizzazione di un
soggetto di Pasolini, "La commare secca".

Malvisto a causa di queste sue conoscenze famose, si può ben dire che Bertolucci
sia entrato nel cinema dalla porta principale, cosa che per anni non gli verrà
perdonata.

Nel 1964 realizza il suo secondo film "Prima della rivoluzione" e più tardi collabora
con Sergio Leonealla sceneggiatura di "C'era una volta il West".
Poco più che ventenne dunque è già un regista affermato.

Dopo "Partner", con "La strategia del ragno" inizia la sua straordinaria
collaborazione con il mago della fotografia Vittorio Storaro. E' l'inizio degli anni '70
e Bertolucci, anche grazie al successivo "Il conformista", guadagna la fama
internazionale nonché la prima nomination all'Oscar per la migliore sceneggiatura.

Nel 1972 è la volta di "Ultimo tango a Parigi" (con Marlon Brando), l'ormai celebre
pellicola-scandalo diventata sinonimo di censura. Il film va incontro ad opposizioni
fortissime: viene ritirato dalle sale cinematografiche e mandato addirittura al rogo
con una sentenza della Cassazione. Ne viene salvata solo una copia allo scopo di
essere depositata in cineteca, grazie all'intervento del Presidente della Repubblica.
Bertolucci viene condannato a due mesi di prigione e privato del diritto di voto per
cinque anni per aver portato sullo schermo una vicenda immorale.

"Ultimo tango a Parigi" verrà "riabilitato" solo nel 1987. Inutile dire che si è trattato
senz'altro di un clamore esagerato che non ha fatto altro, in fin dei conti, che
acentuare la curiosità verso questo film che molti giudicano un capolavoro e che
molti altri, com'è naturale, ridimensionano come un classico prodotto dell'epoca
post-contestazione.

Uscito da questa dura esperienza, da questo confronto spietato con la morale


comune, nel 1976 il regista parmense si dedica al kolossal e realizza quel grande
capolavoro che è "Novecento", epica storica e sociale che ripercorre i primi
quarantacinque anni del secolo attraverso il rapporto tra due ragazzi di differenti
classi sociali. Nel cast compaiono future star come Robert De Niro, Gérard
Dépardieu e Stefania Sandrelli al fianco di giganti già affermati come Burt
Lancaster e Donald Sutherland.

PUBLICIDAD
I film successivi, "La luna" e "La tragedia di un uomo ridicolo", che non incontrano il
favore del pubblico e della critica, conducono comunque Bertolucci verso il suo più
clamoroso successo, girato tra mille difficoltà per gli enormi finanziamenti richiesti:
il film è "L'ultimo imperatore", pellicola che ricostruisce la vita di Pu Yi, ultimo
imperatore cinese.

Il film conquista il pubblico e la critica, ottiene 9 premi Oscar (regia, sceneggiatura


non originale, fotografia, montaggio, musica, scenografia, costumi e sonoro) ed è il
primo e unico film italiano a ricevere il premio per la miglior regia, nonché l'unica
pellicola nella storia di Hollywood a ricevere tutti gli Oscar per la quale è candidata.

In Italia "L'ultimo imperatore" vince 9 David di Donatello e 4 Nastri d'Argento, in


Francia riceve il César per il miglior film straniero.
Bernardo Bertolucci è nel gotha della cinematografia internazionale.

Realizza altre due superproduzioni d'autore: "Il tè nel deserto", tratto dal romanzo-
culto di Paul Bowles e girato tra il Marocco e l'Algeria (amara vicenda che racconta
l'agonia di un amore) e "Piccolo Buddha", viaggio nel profondo Tibet e nel cuore di
una delle più affascinanti religioni orientali.

Nel 1996 Bertolucci torna a girare in Italia, precisamente in Toscana, e realizza "Io
ballo da sola", commedia apparentemente leggera sulla crescita e la giovinezza
dove si mescolano però continuamente amore e morte, temi sempre presenti e
inseparabili nei suoi film.

Due anni dopo, è la volta de "L'assedio", lavoro che la critica ha definito un "inno al
cinema".

Sempre carico di idee e di progetti Bertolucci si impegnato nell'attività di


produttore. Nel 2000 ha prodotto e firmato la sceneggiatura de "Il trionfo
dell'amore", diretto da sua moglie Clare Peploe e, nel 2001, è comparso nel film
di Laura Betti "Pier Paolo Pasolini: La ragione di un sogno", dedicato al grande
maestro di entrambi questi artisti.

Bertolucci ha rivisitato le tematiche del '68 e della contestazione giovanile nel


contrastatissimo "The dreamers", vincitore della Palma d'Oro al festival di Cannes.
Per molti si tratta di un altro capolavoro, per altri solo un'operazione nostalgica di
un periodo abbellito e idealizzato dalla memoria del regista. "The Dreamers" è in
realtà il racconto d'una iniziazione alla vita, sulla scorta del romanzo "The holy
innocents" di Gilbert Adair, autore anche della sceneggiatura.

Roberto Benigni
(Misericordia, Arezzo, 1952) Actor y director de cine italiano que alcanzó
reconocimiento internacional como director y protagonista de la película La vida es
bella (1997), ganadora de tres Oscar de la Academia de Hollywood.

Roberto Benigni

Miembro de la nueva generación de cómicos italianos que comenzó a despuntar a


principios de los noventa, Roberto Benigni inició su carrera interpretativa en el
teatro experimental, donde desarrolló una faceta cómica que aprovecharía en su
trayectoria posterior, tanto en el teatro como en el cine y la televisión.

Desde mediados de los años setenta comenzó a trabajar para la gran pantalla
como actor y guionista. En su faceta de actor, asumió papeles de diversa
consideración que pasaron en su mayor parte desapercibidos: intervino en
películas como Camas calientes (1979), de Luigi Zampa, o La luna (1979), de
Bernardo Bertolucci, pero la mayor parte de sus interpretaciones se dieron en
comedias notables aunque intrascendentes, muchas de las cuales no llegaron a
estrenarse fuera de su país.
No obstante, su trabajo no pasó desapercibido para algunos directores de culto
como Federico Fellini o Jim Jarmusch, quienes apreciaron su talento y sus
recursos dramáticos. Jarmusch le ofreció colaborar en Bajo el peso de la
ley (1986) y en Noche en La Tierra (1992). Fellini, por su parte, lo llamó para
intervenir en su obra póstuma, La voz de la luna (1990).
Su actividad como director comenzó a principios de los ochenta. Tras su debut
en Tu mi turbi (1983), pronto fraguó algunos éxitos del cine italiano como Non ci
resta che piangere (1984, codirigida con Massimo Troisi), Johnny Palillo (1991)
y El monstruo (1995). Caracterizado por un tipo de humor típicamente toscano,
Benigni creó un prototipo cómico completamente personal, desacralizador y
funambulesco. Recargó su mímica y su expresión corporal, sin descuidar su
excepcional capacidad de jugar con las palabras para obtener efectos cómicos
surrealistas o grotescos.

Roberto Benigni en La vida es bella (1997)


Pese a que para la crítica su nombre no había pasado inadvertido, en 1997
sorprendió el extraordinario nivel de una película que dirigió y protagonizó: La vida
es bella. La historia se inicia en 1939, en una pequeña ciudad de la Toscana
italiana, en la que Guido (que quiere hacerse librero) y su amigo el poeta Ferruccio
viven preocupados únicamente del amor y del dinero, sin reparar en el cada vez
más amenazador antisemitismo que el gobierno fascista y su alianza con los nazis
están exacerbando. Guido, que además es de origen judío, se enamora de Dora,
una maestra que está comprometida con un oficial fascista. Sin embargo, Guido
no claudica, y consigue seducirla, casarse y tener un hijo con ella, llamado Giouse.
Pasa el tiempo y la situación se agrava. Guido y el pequeño Giouse son
deportados, mientras Dora, por amor, se "deportará" a sí misma para estar junto a
ellos. En el campo de concentración, Guido logrará ocultar a su hijo la terrible
realidad inventándose un ingenioso juego.
El filme combinaba con habilidad un tierno sentido del humor con la más absoluta
de las tragedias; lo que en un principio parece otro relato sobre el holocausto judío
se convierte, sin aparatosos golpes de efecto, en un canto a la esperanza. Benigni
supo con esta modesta y emotiva película pulsar a la perfección las fibras más
sensibles del gran público. Lo cierto es que La vida es bella es una película
construida a partir de una respetuosa adoración al maestro Charles Chaplin, y en
concreto a dos de sus películas más emblemáticas, El gran dictador (1940), por su
significado profundamente antidictatorial, y El chico (1920), por la delicadeza con
la que trata la relación con un niño.
En Estados Unidos La vida es bella se convirtió en una de las películas extranjeras
más taquilleras de toda la historia, al tiempo que se hacía con los Oscar a la mejor
película extranjera (en este aspecto, cabe destacar que el filme competía también
en la categoría de mejor película, circunstancia que se había dado únicamente en
otra ocasión en toda la historia de los premios de la Academia), al mejor actor
(para el propio Benigni) y a la mejor banda sonora de drama, para una partitura,
original de Nicola Piovani, que entroncaba con la más pura tradición de la música
italiana para el cine: sentimental, colorista, evocadora.
Como suele suceder, el éxito de ésta última película produjo una revalorización de
sus trabajos anteriores, así como un interés inusitado por lo que rodea a su figura.
En junio de 1999 la Universidad Ben Gurion de Israel le nombró doctor honoris
causa. Participó después en la superproducción francesa Astérix y Obélix contra
César, en la que encarnó al popular Astérix, personaje de cómic ideado por
Uderzo y Goscinny. Como director, Benigni ha firmado en los últimos
años Pinocho (en 2002, una exitosa versión del famoso cuento de Carlo Collodi)
y El tigre y la nieve(en 2006, un alegato contra la guerra).

ROBERTO BENIGNI:

– IL GRANDE ASSENTE DEL SUO COMPLEANNO – Roberto Benigni, compie


60 anni: l’eterno ragazzino, dalla comicità apparentemente ingenua, giunge a
questa ricorrenza con la freschezza di un giovane che sta appena varcando la
soglia dei 30. L’entusiasmo, la grinta, l’ironia ne fanno un uomo che
trasmette gioia e vitalità ed un professionista di grande spessore. L’Italia si è
mobilitata per festeggiare degnamente il comico toscano, ma il grande assente
del suo compleanno è proprio lui. Già, perchè Roberto Benigni è in Nord
Europa, lontano dall’Italia (si dice) per prepararsi tranquillamente allo spettacolo
che il prossimo 17 dicembre condurrà su Rai Uno. Intanto Prato (la sua città
d’adozione) lo ricorda mentre Twitter dedica un Hashtag alla ricorrenza
#diviniauguriRoberto. Roberto Benigni nasce a Castiglion Fiorentino il 27
ottobre 1952 da una famiglia di umili e modeste origini: i genitori erano contadini.
L’ambiente familiare (sano e semplice) ha contribuito a formare il suo
carattere allegro, gioioso e a dare un timbro particolarissimo alla sua comicità,
caricandola di umanità e di “simpatia” verso gli altri.

ROBERTO BENIGNI – IL PROFILO DI UN GRANDE PROFESSIONISTA CHE


DEFINIRE COMICO SAREBBE RIDUTTIVO – Il compleanno di Roberto
Benigni offre l’occasione per celebrare degnamente l’uomo e l’artista, perchè
definire Benigni semplicemente “comico” sarebbe riduttivo. Benigni è attore,
sceneggiatore, scrittore, regista e (quando vuole) cantante. Non sono di certo 
i “titoli” a farne un personaggio straordinario ma quello che lui, con il suo talento,
riesce a fare: rompere gli schemi, i ruoli, dissacrare, stupire, meravigliare. Come
quando alla cerimonia degli Oscar, vince per il film La Vita è bella e raggiunge il
palco per ritirare il premio, camminando sulle poltrone. Perchè
quando Benigni si presenta sul palco una cosa è certa: i ruoli non esistono più.
La sua capacità di dissacrare (con apparente ingenuità) è stupefacente. Lo
stesso ha fatto con i politici: memorabile la foto nella quale prende in braccio
un Enrico Berlinguer divertito ed imbarazzato, oppure il suo andarsi a sedere in
braccio a D’Alema.

ROBERTO BENIGNI – L’AMORE PER DANTE E LA CULTURA – Un artista


capace di divertire quanto di emozionare: ascoltarlo recitare la Divina
Commedia fa venire i brividi. La forza di Roberto è quella di mettere in ogni cosa
che fa tutta la sua umanità. Il suo amore per la gente, la sua capacità di
comunicare in maniera diretta con le persone arriva subito: ed è questo che lo
rende straordinario. L’Oscar per La Vita è bella è solo uno dei tanti
riconoscimenti che l’artista si è guadagnato tra cui la candidatura al premio
Nobel per l’impegno nella diffusione della Divina Commedia. L’amore per Dante
Alighieri e la Divina Commedia ha contrassegnato tutta la sua carriera. Ed è
riuscito a raccogliere consensi anche dalla critica. Il suo spettacolo
teatrale TuttoDante ha avuto un successo straordinario. Un artista
straordinario Roberto Benigni, anticonformista quanto basta per essere vicino alla
gente. Lontano dalla mondanità, vive serenamente e senza gossip con la
moglie Nicoletta Braschi, attrice di grande talento, che ha recitato con lui in
tantissimi film. E’ lui il grande assente del suo compleanno ma gli auguri se li
merita lo stesso: auguri Roberto!

Potrebbero piacerti anche