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La direttiva MiFID: il percorso di elaborazione

1. Le trasformazioni avvenute nel contesto internazionale


Negli ultimi decenni, in concomitanza con lo sviluppo della
globalizzazione e dei processi di innovazione tecnologica, il mercato finanziario
ha vissuto un processo di profonda trasformazione che, per certi versi è ancora in
atto: parallelamente, la normativa di legge ha accompagnato tale cambiamento,
sospingendo e realizzando un assetto finanziario più consono ed adeguato
all’apertura internazionale.
L’accrescersi dei rischi finanziari, con i drammatici eventi che hanno
sconvolto i mercati finanziari, dallo scandalo Parmalat alla crisi dei mutui
subprime, sollevano gravi interrogativi a cui autorità, operatori, esperti stentano
ancora a fornire una risposta soddisfacente.
«La diversificazione degli strumenti di investimento da un lato, la
distribuzione del rischio dall’altro sono stati considerati un elemento di crescita
evolutiva del sistema ma, come la storia recente dimostra, sono repentinamente
sconfinati nella patologia con la successiva, quanto necessaria, ricerca di
strumenti di tutela»1.
In realtà, però, la necessità di tutelare differenti esigenze, dalla garanzia di
assicurare elevati livelli di competitività e di efficienza dei mercati, alla
opportunità di evitare o eliminare posizioni di mercato dominante, è stata
perseguita dalle istituzioni europee sin dall’avvio dell’unione monetaria: tale
esigenza si è configurata, in particolare, a partire dagli anni Ottanta con il
superamento del modello “bancocentrico” sul quale per oltre cinquant’anni si era
fondato il trasferimento di risparmio dal principale generatore, le famiglie, ai
principali utilizzatori, prima lo Stato, con il suo enorme debito pubblico, poi le
imprese.

1
Aa. Vv., I nuovi equilibri mondiali: imprese, banche, risparmiatori, Giuffrè Editore 2009, p. I.

1
I compiti delle banche, allora, sono stati sostituiti in parte dal mercato al
quale le famiglie hanno trovato accesso direttamente o attraverso nuovi soggetti
istituzionali come SIM (Società di Intermediazione Finanziaria), SGR (Società di
Gestione del Risparmio), Fondi Comuni e Fondi Pensione, creati all’inizio degli
anni novanta.
Le conseguenze di queste modificazioni hanno portato ad una crescita del
mercato delle obbligazioni che è raddoppiato in dieci anni, ad una capitalizzazione
di borsa triplicata e all’aumento di ben sei volte del turnover del mercato
azionario. Parallelamente si è ampliata la gamma e la complessità dei servizi e
degli strumenti offerti e, accanto a quelli tradizionali, si sono estesi i derivati, i
fondi hedge, i titoli indice, i prodotti strutturati e i prodotti assicurativi con
contenuto finanziario2.
Con la diffusione di questi nuovi dispositivi, allora, appare evidente
l’esigenza di disporre di regole di mercato chiare e trasparenti ed un’opportuna
tutela del piccolo risparmiatore che si è venuto affacciando sul mercato.
L’Unione europea ha tentato, allora, già dagli anni Novanta, di approntare
una disciplina che potesse in qualche modo dettare strumenti in grado di
armonizzare il quadro normativo, proprio per garantire una tutela più estesa ed
omogenea: un primo tentativo è rappresentato dalla direttiva sui servizi di
investimento n. 93/22/Cee (ISD 93, Investment Service Device) che, però,
conteneva principi generali di integrazione che lasciavano troppi margini di
discrezionalità ai singoli Stati membri UE, tanto da produrre legislazioni nazionali
assai differenti tra loro, con il risultato di mercati disomogenei, lontani, di fatto,
dal mercato integrato europeo3.

2
D’altra parte, con la riconduzione del debito pubblico entro limiti definiti e, soprattutto con
l’introduzione dell’Euro, si sono allentate le pressioni sul tasso d’inflazione e, di riflesso, sul tasso
di interesse. I rendimenti a due cifre, tipici degli anni Settanta e Ottanta, sono stati ricondotti
rapidamente a valori assai modesti. Depurati dall’inflazione, i tassi sugli impieghi free-risk sono
risultati prossimi allo zero. In tali circostanze il conseguimento di un rendimento reale, non può
avvenire senza l’assunzione di rischio, tanto più esteso quanto più ambizioso è l’obiettivo dei
risultati che si vuole conseguire nei propri impieghi finanziari.
Marcelli R., MiFID: profili della nuova disciplina, aspetti di criticità, Atti del Convegno, La
nuova disciplina dell’intermediazione finanziaria, Consiglio Superiore della Magistratura, Torino
20 febbraio 2008, p. 2.
3
Razzante R. (a cura di), Il contenzioso finanziario nell’era MiFID, Giappichelli 2010, p. 2.

2
La direttiva, infatti, ha mostrato tutti i suoi limiti normativi ed attuativi, in
quanto non aveva previsto un grado di armonizzazione tale da rendere effettivo il
mutuo riconoscimento delle autorizzazioni concesse alle imprese di investimento.
In teoria il meccanismo del Passaporto Europeo, ovvero il meccanismo
dell’autorizzazione unica all’esercizio dei servizi di investimento rilasciata
dall’autorità di vigilanza del paese d’origine e valevole in linea di principio per gli
altri paesi dell’Unione, non aveva funzionato come previsto: la portata di tale
meccanismo venne fortemente limitata dalla presenza di molteplici forme di
vigilanza e di regolamentazione sulle attività transfrontaliere.
Anche con riferimento alla condotta degli intermediari le regole dettate
dall’ISD non erano forti e penetranti: la direttiva non scendeva nei dettagli
prescrivendo il contenuto delle norme di comportamento che gli stati avrebbero
dovuto dettare, ma enunciava semplicemente principi di massima.
La negatività della direttiva ISD si ripercuoteva, quindi, in termini di
efficienza sui costi di transazione creando anche una frammentazione del mercato
unico. Il solo principio stabilito, per altro generico, era quello del mutuo
riconoscimento e l’obbligo di concentrazione degli scambi nei mercati
regolamentati nel caso in cui i titoli oggetto di negoziazione fossero quotati nei
mercati interni4.
Successivamente all’entrata in vigore della ISD si è assistito, in realtà, ad
un’accelerazione del processo di trasformazione del mercato europeo dei capitali
con lo sviluppo di nuovi sistemi organizzati di negoziazione (MTF, Multilateral
Trading Facilities, sistemi multilaterali di negoziazione) accanto ai mercati
regolamentati.
L’euro ha indubbiamente contribuito in modo significativo a favorire tali
trasformazioni: con la creazione di una zona valutaria più ampia e stabile, infatti,
si sono palesate le condizioni di mercato più favorevoli per l’operatività degli
emittenti e per una maggiore competizione tra gli intermediari creando
progressivamente una molteplicità di mercati finanziari più o meno organizzati e,
spesso, come detto, diversamente regolamentati.

4
Gibilaro G., La direttiva MiFID e il dlgs. n. 164 del 2007: innovazioni e vincoli di trasparenza
nella intermediazione finanziaria e mobiliare, in “inDiritto.it”, 21 novembre 2007.

3
Questa diversità ha certamente veicolato sul mercato interno stimoli
concorrenziali, ma ha anche creato spazi per arbitraggi regolamentari. Tale
situazione ha fatto emergere a livello comunitario la necessità di affrontare le
nuove problematiche sorte nel mondo dei servizi finanziari in modo sintetico e
strutturato.
Nonostante l’estesa e puntuale normativa introdotta negli anni Novanta,
quindi, il risparmio della clientela retail non ha potuto beneficiare di un adeguato
livello di tutela e protezione. I vari casi Cirio, Argentina, Parmalat, ma anche le
frequenti contestazioni nei servizi finanziari prestati dagli intermediari, hanno
minato la fiducia dei risparmiatori5.
Le aule dei Tribunali si sono riempite di vertenze che coinvolgono per lo
più piccoli risparmiatori che, ingenuamente, alla ricerca forse di quei rendimenti
elevati che avevano caratterizzato il decennio precedente, si sono lasciati indurre
ad impieghi ad elevato rischio6.
Le istituzioni europee, allora, hanno cercato di risolvere in qualche modo
la situazione con il varo, nel 1999 da parte della Commissione, del Financial
Services Action Plan (FSAP), il quale si è successivamente concretizzato in 42
direttive finalizzate a dare stabilità e competitività ai mercati finanziari in
Europa7.
Le misure adottate rappresentano, infatti, sia una riorganizzazione del
precedente quadro regolamentare relativo a molteplici servizi finanziari sia
un’estensione del processo di armonizzazione comunitario a nuove aree; esse
colmano, inoltre, talune lacune della legislazione comunitaria in campo
finanziario.
Il FSAP ha l’indubbio merito di aver portato a compimento la definizione
della cornice regolamentare necessaria per l’effettivo esercizio della libertà di
stabilimento e di prestazione dei servizi nell’ambito dell’UE anche se non poteva,

5
Una ricerca della Consob, condotta utilizzando i dati derivati da un’indagine campionaria basata
su sondaggi e interviste, ha evidenziato che, tra la fine del 2001 e del 2003 il numero di Famiglie
che detenevano attività finanziarie è passato dal 42 al 35 per cento. La fiducia riposta da parte
delle famiglie nel servizio di gestione professionale del risparmio è scesa dal 35 al 10 per cento.
Cervone E., intervento tenuto nell’ambito della Consumer’s week, organizzata da Unioncamere a
Roma il 28.11.2005.
6
Marcelli R., MiFID: profili della nuova disciplina, aspetti di criticità, op. cit., p. 3
7
Razzante R. (a cura di), Il contenzioso finanziario nell’era MiFID, op. cit., pp. 4-5.

4
di per sé, risultare sufficiente per la concreta realizzazione del mercato unico
finanziario. Al fine di conseguire tale obbiettivo si è infatti reso necessario porre
contestualmente l’attenzione sull’iter della normativa europea, dal momento che il
sistema europeo di regolazione si mostrava inadatto a fronteggiare le sfide del
mercato finanziario in quanto lento nelle risposte ai cambiamenti, rigido e di
difficile implementazione8.
Per questo, e con specifico riferimento al comparto mobiliare, il 17 luglio
2000 i ministri economici e finanziari dell’UE hanno creato un Comitato di esperti
indipendenti, il c.d. Wise Men Committee, letteralmente “Comitato dei Saggi”,
presieduto dal Barone Alexandre Lamfalussy, con il compito di assistere la
Commissione europea, nell’ottica di realizzare tre principali obiettivi: valutare le
attuali condizioni di attuazione del regolamento dei mercati dei valori mobiliari
nell’Unione europea; valutare come il meccanismo di regolazione del mercato dei
titoli nell’Unione europea possa meglio rispondere agli sviluppi in corso
sui mercati dei valori mobiliari; al fine di eliminare le barriere e gli ostacoli,
proporre nuovi scenari per adeguare le prassi attuali, per garantire una maggiore
convergenza e cooperazione, tenendo conto dei nuovi sviluppi del mercato9.

2. La procedura Lamfalussy
Il metodo Lamfalussy vuole ovviare, in primo luogo, alla normale lentezza
del procedimento legislativo europeo che potrebbe creare disposizioni
scarsamente adeguate, soprattutto se attuate dopo lungo tempo, alle esigenze
di una materia in così rapida evoluzione e, in secondo luogo, alla scarsa
partecipazione delle autorità di vigilanza a livello europeo.
Esso è stato concepito inizialmente per la regolamentazione del settore
mobiliare, poi nel 2005 è stato esteso anche ai settori bancario, assicurativo e dei
fondi pensione.
Seguendo il modello Lamfalussy sono stati adottati significativi atti
legislativi: la direttiva 2003/6/CE sugli abusi di mercato, la direttiva 2003/71/CE

8
Quirici M. C., Il mercato mobiliare. L’evoluzione strutturale e normativa, Franco Angeli 2010, p.
347.
9
The Committee of Wise Men, Initial report on the regulation of European securities markets,
Bruxelles 09.11. 2000, p. 1.

5
relativa al prospetto da pubblicare per l’offerta pubblica o l’ammissione alla
negoziazione di strumenti finanziari; la direttiva MiFID, 2004/39/CE sui mercati
degli strumenti finanziari, la direttiva 2004/109/CE sull’armonizzazione degli
obblighi di trasparenza10.
Il metodo indica un approccio ai fini dell’elaborazione, dell’approvazione
e dell’applicazione delle regole comuni e condivise in materia finanziaria basata
su quattro livelli: codecisione, comitologia, cooperazione ed applicazione
(enforcement):
a) il primo livello (principi quadro) si sostanzia nell’emanazione di
direttive e regolamenti in cui vengono definiti i principi quadro della materia,
provvedimenti che vengono adottati dal Consiglio e dal Parlamento Europeo, su
proposta della Commissione;
b) il secondo livello (misure di esecuzione) prevede l’emanazione di
provvedimenti (sempre direttive e regolamenti) che stabiliscono le misure
tecniche necessarie per dare attuazione sotto un profilo operativo alla normativa di
primo livello. Queste misure sono adottate dalla Commissione Europea secondo la
c.d. procedura di “comitatologia” 11 , sulla base di un parere del Committee of
European Securities Regulators (CESR-Comitato delle Autorità Europee di
Regolamentazione), previa sottoposizione all’approvazione dell’European
Securities Committee (ESC-Comitato Europeo dei Valori mobiliari), di cui fanno

10
Sabbatelli I., Il nuovo volto dei comitati di terzo livello, in Aa. Vv., Scritti in onore di Francesco
Capriglione, Wolters Kluwer Italia 2010, p. 261.
11
Con il termine comitologia o comitatologia si intende il particolare processo di formazione delle
norme di dettaglio la cui definizione è delegata alla Commissione. Attraverso tale procedura gli
Stati Membri mantengono un controllo sulla funzione delegata mediante “comitati” composti da
funzionari delle amministrazioni nazionali che intervengono nella fase di redazione ed
approvazione delle norme a vario titolo, a seconda della sub procedura adottata (comitati
consultivi, di gestione, regolatori). Tale processo, infatti, introdotto dalla Decisione 1999/468/CE
del 28 giugno 1999, si compone di tre procedure, quella consultiva, di gestione e di
regolamentazione: 1) la procedura consultiva lascia la decisione alla Commissione (che tiene conto
del parere del comitato; 2) nella procedura di gestione, il Consiglio può adottare una decisione
diversa, se il comitato adotta un parere negativo. Il Consiglio non può comunque respingere la
misura proposta dalla Commissione. La procedura di gestione viene normalmente utilizzata per le
misure di esecuzione della politica agricola comune; 3) la procedura di regolamentazione è più
restrittiva per la Commissione, perché se il comitato non appoggia la misura proposta, il Consiglio
può respingerla (a maggioranza qualificata).
Cfr., Decisione del Consiglio n. 468, del 28 giugno 1999, recante modalità per l’esercizio delle
competenze di esecuzione conferite alla Commissione, pubblicata in Gazzetta ufficiale n. L 184
del 17/07/1999.

6
parte i Ministri delle Finanze dei vari Paesi membri12 ed al parere del Parlamento
Europeo, quest’ultimo rilasciato con espresso riferimento al rispetto dei criteri
guida definiti nella normativa di primo livello;
c) il terzo livello (cooperazione) vede come attore il CESR13 che, al fine di
assicurare una applicazione coerente ed uniforme della legislazione europea a
livello dei singoli Paesi, è incaricato di seguire in dettaglio l’applicazione della
nuova regolamentazione, fornendo interpretazioni, raccomandazioni, standards
applicativi comuni della normativa di primo e secondo livello;
d) il quarto livello è dedicato all’attività di enforcement, cioè al
monitoraggio da parte della Commissione del corretto recepimento della
legislazione europea nei contesti legislativi degli stati membri. In caso di non
conformità, la Commissione può lanciare la procedura di infrazione presso la
Corte Europea di Giustizia14.
La “procedura Lamfalussy” ha avuto un ruolo pionieristico nell’introdurre
e applicare rigorosamente i principi di better regulation sanciti nel Libro bianco
15
sulla politica dei servizi finanziari tra i quali: l’approccio bottom-up
nell’assunzione delle decisioni, l’apertura delle consultazioni, l’adozione
dell’analisi dell’impatto della regolazione, il pieno coinvolgimento sin dall’inizio
degli operatori del mercato, delle associazioni dei consumatori e delle autorità
nazionali di regolamentazione16.

12
Compito dell’ESC, che è presieduto dalla Commissione, è dunque quello di votare sulla bozza di
regolamentazione predisposta dalla Commissione stessa: solo in caso di approvazione da parte
dell’ESC la Commissione può direttamente procedere ad adottare la nuova regolamentazione, in
caso contrario la proposta della Commissione deve essere approvata dal Consiglio Europeo.
13
Il CESR è stato istituito con la decisione 2001/527/CE della Commissione del 06.06.2001. Si
compone dei responsabili degli organismi nazionali di regolazione e supervisione sui mercati
finanziari (i quali eleggono il Presidente del Comitato stesso). Esso svolge un duplice ruolo.
Nel secondo livello, come detto, contribuisce alla definizione tecnica della nuova
regolamentazione, fornendo un apporto di consulenza alla Commissione, consultando altresì le
parti interessate, secondo procedure che il rapporto Lamfalussy richiede predefinite e trasparenti.
Nel terzo livello il CESR agisce come organismo autonomo, fornendo interpretazioni della
nuova regolamentazione, precisazioni in merito ad ulteriori dettagli tecnici non previsti dalla
normativa comunitaria, dando indicazioni agli organismi nazionali che devono produrre atti
amministrativi a valle della nuova regolamentazione e confrontando le modalità di applicazione
della normativa nei Paesi membri.
14
De Poli M., La nuova normativa MiFID, Wolters Kluwer Italia, 2009, p. 117.
15
Commissione europea, Libro bianco. La politica dei servizi finanziari per il periodo 2005-2010,
COM(2005) 629, dicembre 2005
16
Benedetti M., L’AIR nella Commissione nazionale per le società e la borsa (Consob),
Osservatorio sull’Analisi di Impatto della Regolazione, settembre 2009, p. 5.

7
La “Market in Financial Instruments Directive”, la MiFID rappresenta un
esempio di applicazione della procedura in esame.

3. I principali contenuti della direttiva MiFID


La direttiva MiFID, che è stata approvata il 21 aprile 2004 ottenendo il
«si» del Parlamento europeo a larga maggioranza, rappresenta senza dubbio una
delle pietre angolari del Financial Services Action Pian (FSAP) del 1999 che,
come visto in precedenza, ha rappresentato un punto di svolta epocale per i
mercati finanziari europei, e per quello italiano in particolare, essendosi posto il
fondamentale obiettivo di creare un efficiente mercato unico dei servizi finanziari
in Europa.
L’emanazione della MiFID risponde all’esigenza di realizzare un contesto
operativo uniforme (level playing field) tra tutte le diverse piazze di negoziazione
(o trading venues), assicurando, al contempo, protezione agli investitori e libertà
di svolgimento dei servizi di investimento in tutta la comunità sulla base dei
principi di vigilanza e controllo armonizzati.
La MiFID, inoltre, ha innovato il precedente impianto normativo per
quanto riguarda sia il processo legislativo e regolamentare, sia i contenuti: la
direttiva è espressione, infatti, del nuovo metodo di making law ideato dal
Comitato dei Saggi citato, tanto da poterla definire una direttiva di primo livello,
cui è seguita l’emanazione di una direttiva di secondo livello, rappresentata dalla
Direttiva 2006/73/CE del 10 agosto 2006, contenente le modalità di esecuzione
della MiFID17.
La Commissione Europea ha, inoltre, adottato il 10 agosto 2006 il
Regolamento (CE) n. 1287/2006, recante modalità di esecuzione della Direttiva
2004/39/CE, con particolare riferimento agli obblighi in materia di registrazioni
per le imprese di investimento, la comunicazione delle operazioni, la trasparenza
del mercato, l’ammissione degli strumenti finanziari alla negoziazione18.

17
Quirici M. C., Il mercato mobiliare. L’evoluzione strutturale e normativa, op. cit., p. 398.
18
C’è chi ha parlato di “tsunami di regole” (le norme sono 169 in totale, condensate in 102 pagine)
o di “alluvione legislativa” che si riversa sugli intermediari finanziari, le società di gestione dei
mercati regolamentati ed i singoli investitori.
Civale F., La direttiva MiFID, in “SaperInvestire.it”, 01 dicembre 2006.

8
Entrambe le direttive sono dedicate alla disciplina dei mercati finanziari:
più esattamente il referente di entrambe le direttive è il mercato regolamentato,
così espressamente definito nella direttiva 2004/39/CE: «“mercato
regolamentato”: sistema multilaterale, amministrato e/o gestito dal gestore del
mercato, che consente o facilita l’incontro - al suo interno e in base alle sue
regole non discrezionali - di interessi multipli di acquisto e di vendita di terzi
relativi a strumenti finanziari, in modo da dare luogo a contratti relativi a
strumenti finanziari ammessi alla negoziazione conformemente alle sue regole e/o
ai suoi sistemi, e che è autorizzato e funziona regolarmente e ai sensi delle
disposizioni del titolo III»19.
Il luogo in cui si attuano gli scambi è ancora previsto come ambito affidato
alla gestione da parte di un soggetto (società) che abbia nel proprio oggetto
sociale quello scopo con carattere di esclusività.
In realtà, la nuova direttiva disciplina sia le infrastrutture di negoziazione
sia gli intermediari.
Per quanto riguarda le prime, essa affronta i problemi che originano dalla
maggiore concorrenza fra i mercati di borsa e le nuove piattaforme di esecuzione
degli ordini, definendo una serie completa di norme che riguardano tutte le sedi di
negoziazione, cioè i mercati regolamentati, i sistemi multilaterali di negoziazione
e gli intermediari che eseguono internamente gli ordini dei clienti.
Per quanto riguarda gli intermediari, la principale previsione della direttiva
è di ampliare la gamma dei servizi di investimento che beneficiano del passaporto
unico, consolidando al tempo stesso le norme di tutela degli investitori. La
direttiva rafforza, inoltre, la cooperazione fra le autorità di regolamentazione dei
valori mobiliari, nell’intento di conseguire un efficace assetto di vigilanza
nell’UE20.
Sul versante dei contenuti, le profonde innovazioni della direttiva
originano in larga misura da una più puntuale definizione degli obiettivi che, in
estrema sintesi, possono essere raggruppati come segue:

19
Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea, Direttiva 2004/39/CE del Parlamento europeo e del
Consiglio del 21 aprile 2004, p. 10.
20
BCE, Sviluppi strutturali e normativi in materia di regolamentazione, vigilanza e stabilità
finanziaria nell’Unione europea, op. cit., p. 87.

9
- la tutela degli investitori, che rappresenta il principio base della MiFID,
per il rispetto del quale le imprese di investimento sono tenute ad una rigorosa
classificazione della propria clientela e al rispetto di specifiche regole di
comportamento;
- l’integrità dei mercati, che deve essere garantita da comportamenti onesti,
equi e professionali degli operatori;
- il rafforzamento dei meccanismi concorrenziali, affidato all’abolizione
dell’obbligo di concentrazione, all’apertura a nuove trading venues e agli
internalizzatori, al controllo degli inducements e al “passaporto”;
- l’efficienza dei mercati, finalizzata anche a ridurre il costo dei servizi, ad
accrescere la trasparenza (trasparenza pre-post trading) e le informazioni
disponibili per i clienti;
- il rafforzamento dei sistemi di governance e l’attento controllo dei
potenziali conflitti di interesse21.
La MiFID, quindi, risulta profondamente diversa ed innova notevolmente
rispetto all’intera normativa di riferimento precedente: a partire dalla scelta del
legislatore comunitario di passare da una “armonizzazione minima” ad una
“armonizzazione forte”, con una disciplina più dettagliata e prescrittiva non solo
nelle materie già a suo tempo affrontate dalla direttiva Eurosim, ma anche nelle
aree soggette per la prima volta a regolamentazione comunitaria, in modo da
creare un contesto di maggiore omogeneità normativa tale da favorire la
concorrenza, l’innovazione e l’efficienza sui mercati22.
Allo scopo di facilitare l’attività transfrontaliera di offerta di servizi
finanziari, la MiFID, infatti, ha introdotto il principio dell’esclusiva applicazione
delle leggi e dei regolamenti del Paese di origine ed ha espressamente escluso la
possibilità per i Paesi ospiti di introdurre ulteriori limitazioni ai fornitori di servizi
finanziari esteri.
In realtà, però, la direttiva non menziona in modo esplicito il principio
dell’armonizzazione massima e riconosce possibile in astratto l’esistenza e il
mantenimento di specificità nazionali: ragioni di diritto e di fatto, tuttavia,

21
Conti V., Sabatini G., Comporti C., La direttiva MiFID e gli effetti del suo recepimento,
Associazione per lo Sviluppo degli Studi di Banca e Borsa, Quaderno n. 238/2007, pp. 9-10.
22
Ivi, p. 399.

10
limitano per gli Stati membri l’effettivo esercizio del potere di integrazione della
disciplina comunitaria.
La direttiva di livello 2, infatti, enuncia espressamente al considerando n. 6
che «la forma della direttiva è necessaria per consentire che le norme di
esecuzione vengano adeguate alle specificità del mercato e dell’ordinamento
giuridico di ciascuno Stato membro», anche se poi al considerando successivo
viene precisato che per l’applicazione uniforme della direttiva MiFID e dei
“requisiti armonizzati” stabiliti a livello europeo «gli Stati membri e le autorità
competenti non devono aggiungere regole vincolanti supplementari all’atto del
recepimento e dell’applicazione delle disposizioni contenute nella presente
direttiva, salvo qualora quest’ultima lo preveda espressamente»23.
I casi in cui è possibile per gli Stati membri integrare la disciplina
comunitaria sono individuati nell’esistenza di gravi rischi nazionali specifici che
devono essere di particolare importanza per la struttura del mercato dello Stato in
questione, non devono essere stati trattati in maniera adeguata dalla disciplina
europea e devono essere tali da rendere necessario il mantenimento o
l’introduzione di obblighi nazionali aggiuntivi (c.d. goldplating) giustificati o
proporzionati rispetto a tali rischi.
Tali eventuali obblighi interni aggiuntivi, però, trovano applicazione nei
confronti degli intermediari nazionali e, al massimo, quanto alle imprese
comunitarie, a quelle operanti mediante succursale, nei limiti in cui esse sono
sottoposte alla vigilanza del paese ospitante. Le regole nazionali aggiuntive,
inoltre, non trovano applicazione alle imprese comunitarie in regime di libera
prestazione di servizi, pur se operanti entro i confini dell’ordinamento che ha
ritenuto di integrare la fonte comunitaria24.
In particolare, allora, la MiFID, abolendo la concentrazione delle
negoziazioni, apre la competizione tra più trading venues ed amplia e semplifica
l’uso del passaporto per la fornitura di servizi finanziari all’interno dei Paesi

23
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea, Direttiva 2006/73/CE della Commissione del 10 agosto
2006 recante modalità di esecuzione della direttiva 2004/39/CE del Parlamento europeo e del
Consiglio per quanto riguarda i requisiti di organizzazione e le condizioni di esercizio dell’attività
delle imprese di investimento e le definizioni di taluni termini ai fini di tale direttiva, Bruxelles 10
agosto 2006, considerando n. 6 e n. 7.
24
Di Nella L., Profili della nuova disciplina dei mercati finanziari, op. cit. pp. 196-197.

11
europei. Allo stesso tempo, aumentando la trasparenza e rafforzando l’obbligo
della best execution, mira a preservare l’efficienza allocativa ed informativa dei
mercati e a garantire adeguati livelli di protezione, almeno ad alcune categorie di
investitori.
La direttiva, inoltre, mentre riconosce lo specifico ruolo delle borse valori
nell’ammissione alla quotazione, elimina la possibilità di imporre una
concentrazione delle negoziazioni in un dato mercato ed autorizza due
ulteriori trading venues dove gli ordini possono essere eseguiti:
- sistemi multilaterali di negoziazione (Multilateral Trading Facilities -
MTFs)
- internalizzatori sistematici (SIs)25.
Inoltre, sempre al fine di accrescere i livelli di competizione, è stata
ampliata la portata del passaporto europeo ed estesa anche a mercati e a strumenti
finanziari come le commodities, i derivati e la consulenza finanziaria. In questo
contesto, poiché le MTF sono esplicitamente riconosciute come attività
passportable, possono liberamente fornire l’accesso remoto in qualsiasi Paese
dell’Unione.
Sempre al fine di rendere più competitivi ed efficienti i mercati
finanziari, la MiFID ha rafforzato maggiormente il principio di best execution, già
introdotto con la precedente direttiva ISD, ampliando i fattori di natura
quantitativa (prezzo e costi) e qualitativa (velocità di esecuzione, probabilità di
esecuzione e settlement) che devono essere rispettati nella best execution,
considerando le caratteristiche (natura e dimensione) dell’ordine ricevuto.
La MiFID ha anche imposto agli intermediari finanziari di formalizzare
una politica di esecuzione degli ordini, specificando le modalità di esecuzione
degli stessi ed i fattori che influiranno sulla scelta delle trading venues e di
ottenere dai clienti la preventiva approvazione26.

25
Gli MTFs o Alternative trading Systems (ATSs) sono delle piattaforme elettroniche che
facilitano l’esecuzione di negoziazioni incrociando gli ordini dei clienti. I SIs sono aziende che
eseguono gli ordini dei clienti al di fuori di mercati regolamentali o MTF in modo organizzato,
sistematico e ricorrente.
26
Frediani L., Santoro S., L’attuazione della direttiva MiFID, Giuffrè Editore 2009, p. 4.

12
Notevoli, quindi, sono gli scopi e gli obiettivi che si propone la direttiva ed
è proprio per questo motivo che la sua applicazione nei singoli Stati ha portato a
modifiche sostanziali nelle legislazioni nazionali.

4. Il recepimento della direttiva MiFID nella legislazione italiana: le


modifiche al TUF

Nel nostro Paese l’attuazione della disciplina comunitaria in tema di


finanza è stata affidata al D.Lgs. n. 164/07 attraverso il quale sono state
modificate, in parte marginalmente e in parte significativamente, le disposizioni
del TUF (Testo Unico in materia di intermediazione Finanziaria, D.Lgs n.
58/1998).
La materia della finanza non trova, però, nel TUF l’unica fonte normativa:
alla disciplina primaria, infatti, si affianca una non scarsa disciplina regolamentare
proveniente dalla Consob e dalla Banca d’Italia. A tali regolamenti si aggiungono,
poi, i provvedimenti Consob inerenti il Mercato e gli Intermediari27.
Con il recepimento della MiFID la disciplina del mercato mobiliare e
finanziario in genere subisce un nuovo, profondo cambiamento, perché la direttiva
incide su di un ampio ventaglio di attività, prodotti e servizi finanziari, secondo
un’impostazione che risulta più articolata di quanto riscontrato in altri sistemi
comunitari28.
Ed infatti, rilevanti modifiche sono state apportate con riferimento proprio
al TUF, sia per quanto concerne gli aspetti definitori e di ambito di applicazione
della normativa, sia con riferimento alle prerogative della stessa Consob.
Le variazioni intervenute sono evidenti già dall’art. 1 TUF dove vengono
elencati i vari significati da attribuire ai termini utilizzati nell’intermediazione
finanziaria: oltre alle SIM si prevedono, poi, le SGR, società di gestione del

27
Il recepimento si è completato, infatti, con l’approvazione, da parte della Consob, del nuovo
testo del Regolamento intermediari (Regolamento approvato con delibera n. 16190 del 29 ottobre
2007) e del Regolamento Mercati (Regolamento approvato con delibera n. 16191 del 29 ottobre
2007), nonché con l’emanazione del nuovo Regolamento congiunto, approvato in data 29 ottobre
2007 dalla Consob e dalla Banca d’Italia ai sensi del disposto dell’art. 6-bis del D.Lgs. n. 58/1998.
Del Bene F., Strumenti finanziari e regole MIFID. Compliance, autorità di vigilanza e conflitti di
interesse, Wolters Kluwer Italia 2009, p. 11.
28
Rubba G., L’impatto ed i risvolti della direttiva MiFID sul Testo Unico Finanza, in
“Innovazione e Diritto” n. 3/2008, p. 25.

13
risparmio, e le SICAV, società che hanno quale scopo esclusivo quello della
gestione per altri, una sorta di fondi di investimento29.
Il segno europeo si scorge, poi, nella modifica dell’art. 1, lett. s) TUF,
dove si definiscono i soggetti abilitati al mutuo riconoscimento, vale a dire i
soggetti abilitati nello Stato di origine30.
In tal senso sono stati inclusi unicamente coloro per i quali è previsto il
rilascio in Italia dell’autorizzazione allo svolgimento delle attività di consulenza:
il nuovo art. 1, comma 5-septies del TUF, infatti, considera l’attività di consulenza
in materia di investimenti non più come accessoria, ma viene elevata al rango di
servizio di investimento, per cui potrà essere esercitata esclusivamente da
investitori autorizzati31.
Viene introdotta, poi, la definizione di “mercato regolamentato” che non
deve necessariamente essere solo il luogo borsistico, ma che comunque deve
ricadere nell’ambito delle autorizzazioni dell’autorità di controllo32.
Anche il comma 2 dell’art. 1 è stato significativamente modificato ed è
stato introdotto il comma 2 bis: il primo contiene ora un’ampia elencazione di
tipologie di strumenti finanziari, comprensiva pure di derivati e di differenziali; il
secondo ampia la gamma degli stessi strumenti con quelli individuati dal Ministro
dell’economia e delle finanze33.

29
Testo Unico della Finanza (aggiornato con le modifiche apportate dal d.lgs. n. 164 del 17.9.2007
(MiFID), dal d.lgs. n. 195 del 6.11.2007 (Transparency) e dal d.lgs. n. 229 del 19.11.2007 (Opa),
art. 1,«lett. r) “soggetti abilitati”: le SIM, le imprese di investimento comunitarie con succursale
in Italia, le imprese di investimento extracomunitarie, le Sgr, le società di gestione armonizzate, le
Sicav nonché gli intermediari finanziari iscritti nell’elenco previsto dall’articolo 107 del testo
unico bancario e le banche italiane, le banche comunitarie con succursale in Italia e le banche
extracomunitarie, autorizzate all’esercizio dei servizi o delle attività di investimento», Consob
dicembre 2007.
30
Testo Unico della Finanza (aggiornato con le modifiche apportate dal d.lgs. n. 164 del 17.9.2007
(MiFID), dal d.lgs. n. 195 del 6.11.2007 (Transparency) e dal d.lgs. n. 229 del 19.11.2007 (Opa),
art. 1, comma 1, lett. s): «“servizi ammessi al mutuo riconoscimento”: le attività e i servizi
elencati nelle sezioni A e B della tabella allegata al presente decreto, autorizzati nello Stato
comunitario di origine».
31
Gibilaro G., La direttiva MiFID e il D.Lgs. n. 164 del 2007: innovazioni e vincoli di trasparenza
nella intermediazione finanziaria e mobiliare, in “inDiritto”, 21 novembre 2007.
32
TUF, art. 1, comma 1, lett. w-ter: «“mercato regolamentato”: sistema multilaterale che
consente o facilita l’incontro, al suo interno e in base a regole non discrezionali, di interessi
multipli di acquisto e di vendita di terzi relativi a strumenti finanziari, ammessi alla negoziazione
conformemente alle regole del mercato stesso, in modo da dare luogo a contratti, e che è gestito
da una società di gestione, è autorizzato e funziona regolarmente».
33
TUF, art. 1, comma 2: «Per “strumenti finanziari” si intendono: a) valori mobiliari; b)
strumenti del mercato monetario; c) quote di un organismo di investimento collettivo del
risparmio; d) contratti di opzione, contratti finanziari a termine standardizzati («future»), «swap»,

14
Con riferimento alla nozione di “strumenti finanziari” si è scelto, allora, di
fare riferimento alla natura economica del rischio inerente allo strumento stesso e
alla struttura sostanziale dello strumento. In tal senso è stata ampliata la gamma
degli strumenti finanziari includendo anche i derivati su merci, i contratti derivati
per il trasferimento del rischio sul credito, i titoli che comportano un regolamento
in contanti determinato in relazione ai valori mobiliari, a valute, a tassi di
interesse, a rendimenti, a merci, a indici o a misure.
Questo nuovo sistema, in realtà, non sembra mutato rispetto a quello
precedente, poiché l’elencazione degli strumenti finanziari sembra essere chiusa
dal punto di vista delle tipologie, anche se alcune definizioni sembrano essere
aperte almeno per quanto riguarda i sottotipi. Ricompare, poi, la nozione di valore
mobiliare, propria della disciplina dei primi anni Novanta, che rientra nel più
ampio concetto di strumento finanziario, categoria principale: la tipicità degli
strumenti finanziari appare, allora, più apparente che reale, tenuto conto anche del

accordi per scambi futuri di tassi di interesse e altri contratti derivati connessi a valori mobiliari,
valute, tassi di interesse o rendimenti, o ad altri strumenti derivati, indici finanziari o misure
finanziarie che possono essere regolati con consegna fisica del sottostante o attraverso il
pagamento di differenziali in contanti; e) contratti di opzione, contratti finanziari a termine
standardizzati («future»), «swap», accordi per scambi futuri di tassi di interesse e altri contratti
derivati connessi a merci il cui regolamento avviene attraverso il pagamento di differenziali in
contanti o può avvenire in tal modo a discrezione di una delle parti, con esclusione dei casi in cui
tale facoltà consegue a inadempimento o ad altro evento che determina la risoluzione del
contratto; f) contratti di opzione, contratti finanziari a termine standardizzati («future»), «swap» e
altri contratti derivati connessi a merci il cui regolamento può avvenire attraverso la consegna del
sottostante e che sono negoziati su un mercato regolamentato e/o in un sistema multilaterale di
negoziazione; g) contratti di opzione, contratti finanziari a termine standardizzati («future»),
«swap», contratti a termine («forward») e altri contratti derivati connessi a merci il cui
regolamento può avvenire attraverso la consegna fisica del sottostante, diversi da quelli indicati
alla lettera f), che non hanno scopi commerciali, e aventi le caratteristiche di altri strumenti
finanziari derivati, considerando, tra l’altro, se sono compensati ed eseguiti attraverso stanze di
compensazione riconosciute o se sono soggetti a regolari richiami di margini; h) strumenti
derivati per il trasferimento del rischio di credito; i) contratti finanziari differenziali; j) contratti
di opzione, contratti finanziari a termine standardizzati («future»), «swap», contratti a termine sui
tassi d’interesse e altri contratti derivati connessi a variabili climatiche, tariffe di trasporto, quote
di emissione, tassi di inflazione o altre statistiche economiche ufficiali, il cui regolamento avviene
attraverso il pagamento di differenziali in contanti o può avvenire in tal modo a discrezione di una
delle parti, con esclusione dei casi in cui tale facoltà consegue a inadempimento o ad altro evento
che determina la risoluzione del contratto, nonché altri contratti derivati connessi a beni, diritti,
obblighi, indici e misure, diversi da quelli indicati alle lettere precedenti, aventi le caratteristiche
di altri strumenti finanziari derivati, considerando, tra l'altro, se sono negoziati su un mercato
regolamentato o in un sistema multilaterale di negoziazione, se sono compensati ed eseguiti
attraverso stanze di compensazione riconosciute o se sono soggetti a regolari richiami di
margini».

15
potere di individuare nuove tipologie da parte del Ministro dell’economia e delle
finanze34.
Novità ulteriori riguardano i servizi e le attività di investimento, ridefinite
al comma 5, al quale ora seguono due nuovi commi il 5-bis e il 5-ter; in
quest’ultimo si è dato ruolo all’internalizzatore sistematico, termine con il quale si
designa «il soggetto che in modo organizzato, frequente e sistematico negozia per
conto proprio eseguendo gli ordini del cliente al di fuori di un mercato
regolamentato o di un sistema multilaterale di negoziazione».
Il comma 5-quater, poi, individua il Market Maker che è colui che si
afferma sul mercato regolamentato o nei sistemi multilaterali di negoziazione,
manifestando la propria disponibilità ad acquistare o a vendere titoli in
contropartita diretta.
Si definisce, poi (comma 5-quinquies), il gestore di portafoglio, colui,
cioè, che discrezionalmente gestisce il patrimonio del cliente in forza di mandato
conferito da quest’ultimo, qualora nel patrimonio siano presenti uno o più
strumenti finanziari35.
La MiFID, in pratica, stabilisce la definitiva eliminazione della cd. regola
di “concentrazione” delle operazioni nei mercati regolamentati e nella
contemporanea equiparazione di tre diverse trading venues come possibili sedi di
esecuzione degli ordini: le tre sedi deputate all’esecuzione degli ordini diventano,
quindi, i sistemi multilaterali di negoziazione, i mercati regolamentati e i cd.
“internalizzatori sistematici” che vengono considerate paritetiche anche dal punto
di vista delle regole da rispettare in tema di trasparenza, meccanismi di
funzionamento e tutela degli investitori, con il conseguente assottigliamento delle
differenze tra regole di mercato e regole proprie delle attività di intermediazione36.
Viene rivista anche la definizione di “consulenza” considerata
personalizzata quando si esplica nel servizio effettuato nell’ambito dell’iniziativa
del promotore finanziario o dietro richiesta del cliente e con riferimento ad un
determinato prodotto finanziario: non può considerarsi personalizzata se, invece,

34
Di Nella L., Profili della nuova disciplina dei mercati finanziari, op. cit., p. 212.
35
Del Bene F., Strumenti finanziari e regole MIFID. Compliance, autorità di vigilanza e conflitti
di interesse, op. cit., p. 12.
36
Rubba G., L’impatto ed i risvolti della direttiva MiFID sul Testo Unico Finanza, op. cit., pp. 27-
28.

16
viene diffusa al pubblico mediante canali distributivi (volantini, brochures, email,
etc.)37.
La relazione investitore-intermediario è disciplinata, in particolare,
dall’art. 21 TUF dove si stabilisce che quest’ultimo deve provvedere
contemporaneamente agli interessi del cliente e alla salvaguardia del mercato con
diligenza e trasparenza: da qui discende, poi, anche la disciplina del “conflitto di
interessi” che deve essere gestito attraverso la realizzazione di un flusso
informativo puntuale verso il cliente38.
Con il recepimento della Direttiva si è intervenuti anche sulla struttura e
sui poteri delle Autorità di Vigilanza, Consob e Banca d’Italia.

5. Le modifiche in tema di vigilanza e doveri degli intermediari


Gli intermediari autorizzati alla prestazione dei servizi e delle attività di
investimento o i soggetti abilitati all’offerta fuori sede, proprio in ragione delle
attività svolte professionalmente nei confronti del pubblico, sono sottoposti alla
vigilanza da parte di autorità pubbliche.
Gli obiettivi dell’attività di vigilanza sugli intermediari sono identificati
dall’art. 5. comma 1, del TUF nei seguenti termini: a) salvaguardia della fiducia

37
TUF, art. 1, comma 5-septies: «Per “consulenza in materia di investimenti” si intende la
prestazione di raccomandazioni personalizzate a un cliente, dietro sua richiesta o per iniziativa
del prestatore del servizio, riguardo a una o più operazioni relative ad un determinato strumento
finanziario. La raccomandazione è personalizzata quando è presentata come adatta per il cliente
o è basata sulla considerazione delle caratteristiche del cliente. Una raccomandazione non è
personalizzata se viene diffusa al pubblico mediante canali di distribuzione».
38
TUF, art. 21, comma 1 e 1-bis: «Nella prestazione dei servizi e delle attività di investimento e
accessori i soggetti abilitati devono: a) comportarsi con diligenza, correttezza e trasparenza, per
servire al meglio l’interesse dei clienti e per l’integrità dei mercati; b) acquisire, le informazioni
necessarie dai clienti e operare in modo che essi siano sempre adeguatamente informati; c)
utilizzare comunicazioni pubblicitarie e promozionali corrette, chiare e non fuorvianti; d) disporre
di risorse e procedure, anche di controllo interno, idonee ad assicurare l’efficiente svolgimento
dei servizi e delle attività.
1-bis. Nella prestazione dei servizi e delle attività di investimento e dei servizi accessori, le Sim, le
imprese di investimento extracomunitarie, le Sgr, le società di gestione armonizzate, gli
intermediari finanziari iscritti nell’elenco previsto dall'articolo 107 del testo unico bancario, le
banche italiane e quelle extracomunitarie: a) adottano ogni misura ragionevole per identificare i
conflitti di interesse che potrebbero insorgere con il cliente o fra clienti, e li gestiscono, anche
adottando idonee misure organizzative, in modo da evitare che incidano negativamente sugli
interessi dei clienti; b) informano chiaramente i clienti, prima di agire per loro conto, della natura
generale e/o delle fonti dei conflitti di interesse quando le misure adottate ai sensi della lettera a)
non sono sufficienti per assicurare, con ragionevole certezza, che il rischio di nuocere agli
interessi dei clienti sia evitato; c) svolgono una gestione indipendente, sana e prudente e adottano
misure idonee a salvaguardare i diritti dei clienti sui beni affidati».

17
nel sistema finanziario; b) tutela degli investitori; c) stabilità e buon
funzionamento del sistema finanziario; d) competitività del sistema finanziario; e)
osservanza delle disposizioni in materia finanziaria.
Tre sono le tipologie o forme di vigilanza previste:
- vigilanza regolamentare, che si traduce nell’attribuzione a determinate
autorità di vigilanza del potere di disciplinare, con una normativa di carattere
secondario, specifiche materie rilevanti alla luce degli obiettivi assegnati
all’attività di vigilanza;
- vigilanza informativa, costituita dall’imposizione di una serie di obblighi
di trasmissione di atti e documenti o di comunicazione/trasferimento di
informazioni;
- vigilanza ispettiva, consistente nella possibilità, per le autorità di
vigilanza, di compiere accertamenti e ispezioni presso i soggetti abilitati39.
Come anticipato, nel nostro Paese le autorità incaricate di praticare tali
forme di vigilanza sono la Banca d’Italia e la Consob negli ambiti di rispettiva
competenza.
In realtà, nonostante l’impostazione di fondo della disciplina sia ispirata da
un criterio di ripartizione “funzionale” delle competenze tra Consob e Banca
d’Italia, la normativa di recepimento ha riformulato le finalità generali della
vigilanza (art. 5 TUF), ha chiaramente identificato i “principi fondamentali” ai
40
quali deve essere improntata l’attività di vigilanza regolamentare e ha
individuato una serie di ambiti nei quali la Banca d’Italia e la Consob godono di
poteri regolamentari da esercitarsi congiuntamente 41 , secondo un’impostazione

39
Evangelisti S., Recepimento delle direttive MiFID. Regole di condotta degli intermediari e
tutela degli investitori. Sistemi di risoluzione stragiudiziale delle controversie, Franco Angeli
2011, p. 27.
40
TUF, art. 6, comma 01: «Nell’esercizio delle funzioni di vigilanza regolamentare, la Banca
d’Italia e la Consob osservano i seguenti principi: a) valorizzazione dell’autonomia decisionale
dei soggetti abilitati; b) proporzionalità, intesa come criterio di esercizio del potere adeguato al
raggiungimento del fine, con il minore sacrificio degli interessi dei destinatari; c) riconoscimento
del carattere internazionale del mercato finanziario e salvaguardia della posizione competitiva
dell’industria italiana; d) agevolazione dell’innovazione e della concorrenza».
41
TUF, art. 6, comma 2-bis: «La Banca d’Italia e la Consob disciplinano congiuntamente
mediante regolamento, con riferimento alla prestazione dei servizi e delle attività di investimento,
nonché alla gestione collettiva del risparmio, gli obblighi dei soggetti abilitati in materia di: a)
requisiti generali di organizzazione; b) continuità dell’attività; c) organizzazione amministrativa e
contabile, compresa l’istituzione della funzione di cui alla lettera e); d) procedure, anche di
controllo interno, per la corretta e trasparente prestazione dei servizi di investimento e delle

18
del tutto nuova che dovrebbe migliorare il coordinamento tra le due Autorità,
soprattutto negli ambiti con riferimento ai quali la ripartizione delle competenze
per “finalità” generava sovrapposizioni e duplicazioni di interventi42.
La Banca d’Italia e la Consob, con il regolamento congiunto già citato,
hanno definito i requisiti organizzativi e le procedure degli intermediari che
prestano servizi di investimento (principalmente SIM e banche). Per rafforzare il
coordinamento tra le Autorità di vigilanza nel settore dei servizi di investimento e
della gestione collettiva del risparmio, inoltre, la Banca d’Italia e la Consob hanno
stipulato, il 31 ottobre 2007, un protocollo d’intesa, allegato al regolamento
congiunto.
Per delineare una cornice organizzativa comune a tutti i soggetti che
operano nel mercato mobiliare, le nuove disposizioni si applicano anche agli
intermediari autorizzati a svolgere il servizio di gestione collettiva del risparmio
(SGR e SICAV).
Il regolamento congiunto non impone ai soggetti vigilati oneri aggiuntivi
rispetto a quelli comunitari; l’impostazione per principi della regolamentazione
affida agli intermediari stessi la ricerca di idonee soluzioni organizzative e
procedurali per assicurare l’osservanza delle disposizioni; l’esplicita previsione
del principio di proporzionalità agevola l’applicazione delle regole a un vasto
numero di soggetti aventi natura e caratteristiche tra loro diverse.
I principi e le regole relative al sistema organizzativo (criteri per la
definizione dell’assetto organizzativo; ruolo e responsabilità degli organi
aziendali; struttura e compiti delle funzioni di controllo interno) risultano,
pertanto, coordinati con l’analoga disciplina per le banche, contenuta nelle
disposizioni di vigilanza della Banca d’Italia attuative del Testo unico bancario
(TUB), in modo da evitare duplicazioni di strutture e funzioni.
Finalizzato a ridurre al minimo gli oneri gravanti sugli intermediari, il
protocollo prevede, poi, specifiche misure per il coordinamento delle attività di

attività di investimento nonché della gestione collettiva del risparmio; e) controllo della
conformità alle norme; f) gestione del rischio dell’impresa; g) audit interno; h) responsabilità
dell’alta dirigenza; i) trattamento dei reclami; j) operazioni personali; k) esternalizzazione di
funzioni operative essenziali o importanti o di servizi o attività; l) gestione dei conflitti di
interesse, potenzialmente pregiudizievoli per i clienti; m) conservazione delle registrazioni; n)
procedure anche di controllo interno, per la percezione o corresponsione di incentivi».
42
Rubba G., L’impatto ed i risvolti della direttiva MiFID sul Testo Unico Finanza, op. cit., p. 28.

19
vigilanza. La loro attuazione è favorita dall’istituzione di due comitati permanenti,
competenti rispettivamente per le questioni strategiche e tecnico-procedurali.
La Banca d’Italia, con proprio provvedimento, ha stabilito, allora, i
requisiti di capitale minimo iniziale delle SIM che intendono prestare i servizi di
investimento, ne ha disciplinato l’operatività all’estero e definito la
regolamentazione in materia di deposito e sub-deposito dei beni della clientela,
graduando le prescrizioni in relazione alle caratteristiche di quest’ultima (al
dettaglio o qualificata).
La Consob, invece, ha disciplinato gli obblighi di condotta per la
prestazione dei servizi di investimento e di gestione collettiva nonché definito la
regolamentazione dei mercati43.
Sebbene, quindi, il punto di partenza sia sempre il TUF, i regolamenti
delle Autorità di vigilanza rappresentano un’ulteriore fonte normativa per la
disciplina relativa alla tutela degli investitori e ai doveri degli intermediari.
Nel Regolamento Congiunto Banca d’Italia/Consob, vengono previsti, in
applicazione della direttiva MiFID di secondo livello, una serie di “obblighi” dei
soggetti abilitati, aventi ad oggetto i requisiti generali di organizzazione,
l’organizzazione amministrativa e contabile, ivi compresa l’istituzione della
funzione di “controllo della conformità alle norme”, dell’audit interno, di
procedure, anche di controllo interno, per la corretta e trasparente prestazione dei
servizi di investimento; la esternalizzazione di funzioni operative essenziali o
importanti; la gestione dei conflitti d’interessi potenzialmente pregiudizievoli per i
clienti; l’istituzione di procedure anche di controllo interno per la percezione o la
corresponsione di incentivi.
Ne risultano, secondo alcuni commentatori, «una disciplina per alcuni
versi farraginosa, fin troppo attenta alle questioni di dettaglio, e un dettato sovente
appesantito da espressioni prolisse ed un po’ ripetitive, più adatte, si direbbe, ad
un manuale di organizzazione aziendale, che non ad un testo normativo»44.
In realtà la MiFID, per diversi altri motivi, si è rivelata insufficiente
proprio nella gestione di quelle aree di criticità che voleva in qualche modo

43
Banca d’Italia, Relazione annuale, anno 2007, pp. 271-272.
44
De Mari M., La nuova disciplina degli intermediari dopo le direttive MiFID: prime valutazioni
e tendenze applicative, Wolters Kluwer Italia 2009, p. 6.

20
regolamentare in maniera più efficace: è per questo che già nel 2011 è stata
prevista una revisione della stessa.

6. La proposta di revisione della Direttiva: la MiFID 2


Le pagine precedenti hanno mostrato come l’impianto della Direttiva
europea ha significativamente modificato diversi aspetti nella regolamentazione
dei mercati finanziari e, come si vedrà più specificamente in seguito, anche nella
tutela del consumatore.
Trascorsi, però, alcuni anni dall’entrata in vigore della normativa la
Commissione Europea si è resa conto che gli strumenti adottati non si sono
rivelati sufficienti ad affrontare le sfide che l’innovazione tecnologica e
l’accresciuta complessità dei mercati pongono ai regolatori.
Per cercare, quindi, una maggiore armonizzazione dei sistemi giuridici
comunitari e, di conseguenza, per incrementare le tutele previste per i
risparmiatori è cominciata la revisione della MiFID con una proposta presentata
proprio della Commissione nel 201145 : c’è da sottolineare, inoltre, che la crisi
“cominciata” nel 2007 ha reso evidente che l’impianto della direttiva andava
rivisto in alcuni punti, pur mantenendo la struttura originaria.
La MiFID 2, allora, dovrebbe impattare essenzialmente su alcuni punti che
riguardano:
1) le sedi di negoziazione, in quanto si vuole garantire che tutte le
negoziazioni organizzate avvengano in sedi regolamentate: mercati regolamentati,
sistemi multilaterali di negoziazione (MTF) e sistemi organizzati di negoziazione
(OTF)46. A tutte queste sedi saranno applicati gli stessi requisiti di trasparenza

45
L’iter di approvazione definitiva della direttiva è ancora lontano dal suo completo svolgimento:
il Consiglio europeo, infatti, non ha ancora raggiunto una posizione comune sul testo da presentare
alla Commissione e il Parlamento, che invece a ottobre 2012 aveva approvato alcuni emendamenti
su cui c’erano stati precedentemente dei problemi con alcuni Paesi membri: da una parte i paesi
nordici favorevoli all’introduzione di una normativa simile a quella entrata in vigore dal primo
gennaio nel Regno Unito (che in pratica ha imposto per legge la consulenza fee only); dall’altra i
paesi continentali, che hanno spinto per cancellare il divieto, ma con una maggiore disclosure del
potenziale conflitto di interesse.
L’approvazione sembra, ormai, essere prevista per questo 2013.
Morici M., Bando agli incentivi: l’Irlanda vuole chiudere il caso, in “Advisor Online.it”,
28.01.2013.
46
Una delle principali novità della Proposta riguarda proprio l’istituzione e la regolamentazione
dei c.d. sistemi organizzati di negoziazione (Organised Trading Facilities; in breve, “OTF”), che

21
pre- e post-negoziazione già previsti dalla MiFID 1 per il mercato
regolamentato47;
2) la vendita di prodotti e servizi strutturati nel mercato secondario: si
vuole estendere la portata dei requisiti della direttiva MiFID 1, e in particolare le
norme di condotta e sui conflitti di interesse, fino ad includere la vendita con o
senza consulenza dei depositi strutturati da parte degli enti creditizi, precisando
che la MiFID si applica anche alle imprese di investimento e agli enti creditizi che
vendono i propri titoli senza fornire alcuna consulenza e richiedendo agli Stati
membri di inserire all’interno delle norme applicabili alle società nazionali
obblighi in materia di autorizzazioni e di condotta simili a quelli previsti dalla
MiFID 1;
3) il rafforzamento delle disposizioni in materia di governo societario delle
imprese di investimento: la proposta di modifica della Commissione specifica,
infatti, «che le persone che dirigono effettivamente l’attività di un’impresa di
investimento devono avere onorabilità e professionalità sufficienti per assicurare
una gestione solida e prudente di detta impresa […] In particolare, le proposte
sono volte a garantire che i membri degli organi direttivi possiedano conoscenze e
competenze sufficienti per capire i rischi legati all'attività dell’impresa affinché la
gestione avvenga in modo sano e prudente nell’interesse degli investitori e
dell’integrità di mercato»48;
4) il rafforzamento del quadro normativo di protezione dell’investitore e
dei clienti non al dettaglio;
5) il rafforzamento dei poteri di controllo delle autorità di vigilanza anche
sui prodotti derivati49.
E’ ovviamente ancora prematuro affermare in che modo tali novità
modificheranno la legislazione interna dei Paesi membri anche se è opportuno

ricomprendono tutte le piattaforme di negoziazione diverse dai mercati regolamentati o dalle


Multilateral Trading Facilities (o MTF).
47
E’ opportuno sottolineare che la normativa in materia di trasparenza è stata “trasferita” dalla
MiFID a un nuovo regolamento relativo ai mercati degli strumenti finanziari (il MiFIR) così da
essere direttamente applicabile, in maniera uniforme, in ciascuno degli Stati membri.
Penna M., Paganin R., MiFID II e regolamentazione dei mercati: continuità e innovazione, in
“Lex 24”, 29 marzo 2012.
48
Commissione Europea, Proposta di Direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio relativa
ai mercati degli strumenti finanziari che abroga la direttiva 2004/39/CE del Parlamento europeo
e del Consiglio, COM(2011) 656, Bruxelles, 20.10.2011, p. 8.
49
Ivi, pp. 10-11.

22
specificare che il nostro Paese con la normativa di recepimento ha già colmato
alcune lacune presenti nel testo della MiFID 1, in qualche modo, anticipando e
applicando molte delle novità previste dalla proposta di revisione50.

50
Civale F., Quattro domande a…, in “361 Gradi”, n. 11/2012, p. 3.

23

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