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a cura di
Sybille Ebert-Schifferer, Annick Lemoine,
Magali Théron, Mickaël Szanto
CAMPISANO EDITORE
QUADERNI DELLA BIBLIOTHECA HERTZIANA
2
a cura di
Tanja Michalsky
Tristan Weddigen
Marie Caillat
Michela Corso
in copertina
Pieter Paul Rubens, Paesaggio al chiaro di luna,
1635-1640, olio su tela, 117,7 × 90,8 cm.
Londra, The Courtauld Gallery (foto The Samuel
Courtauld Trust, The Courtauld Gallery, London)
© copyright 2018 by
Campisano Editore Srl
00155 Roma, viale Battista Bardanzellu, 53
Tel +39 06 4066614
campisanoeditore@tiscali.it
www.campisanoeditore.it
ISBN 978-88-85795-13-6
INDICE
pag. 7 INTRODUZIONE
Sybille Ebert-Schifferer, Annick Lemoine,
Magali Théron, Mickaël Szanto
INDICE 5
151 LA NATURE LAIDE : DU PLAISIR PARADOXAL
DE L’IMITATION À LA BARBARIE DU « D’APRÈS NATURE »
Magali Théron
Secondo una nota opinione di Leonardo, la storia delle arti è scandita da ri-
nascite e decadenze direttamente commisurate all’interesse degli artisti per lo
studio della natura. Più precisamente, l’arte attraversa periodi di declino
quando gli artisti imitano i maestri, mentre vive le glorie della rinascita quan-
do gli stessi scelgono come guida non altri che la natura 1. L’ultima rinascita
per Leonardo era stata ad opera di Masaccio che, come Giotto prima di lui,
aveva appreso i segreti della propria arte «dalle cose naturali». Una successi-
va rinascita, se volessimo proiettare in avanti il ragionamento vinciano, la do-
vremmo individuare nell’opera di Caravaggio che, come Masaccio, faceva
sembrare le cose «vive e vere» e considerava bravi pittori solo coloro che sa-
pevano «imitar bene le cose naturali». Il naturalismo del Merisi ebbe un ef-
fetto dirompente sulla cultura accademica del tempo, riflettendo con straor-
dinario tempismo l’analogo effetto che nel campo delle scienze avrebbe avuto
in quegli anni la filosofia naturale di Galileo.
Quando Caravaggio usciva di scena, nel 1610, il mondo scientifico veniva
scosso da un rinnovato sguardo sulle cose naturali; uno sguardo potenziato
da uno dei più efficaci strumenti per l’osservazione della natura, il cannoc-
chiale di Galileo, che quasi immediatamente divenne anche un mezzo per l’i-
mitazione della natura. In tal modo lo usò lo stesso Galileo per illustrare gra-
ficamente i risultati delle proprie osservazioni; Keplero ne fece un nuovo
strumento per la topografia e la pittura di paesaggio; ma le potenzialità pitto-
riche del telescopio furono dimostrate soprattutto da Lodovico Cigoli quan-
do dipinse il primo ritratto dal vero della Luna galileiana nella cappella Paoli-
na di Santa Maria Maggiore (fig. 1) 2.
Tra Masaccio e Caravaggio si colloca ovviamente lo stesso Leonardo, il di-
scepolo della natura per eccellenza, il maggior fautore dell’imitazione scienti-
fica della realtà e uno dei più raffinati teorici della prospettiva lineare, la di-
sciplina geometrica che, in quell’arco temporale di circa due secoli, aveva con-
ferito all’imitazione della natura una dimensione matematica senza preceden-
ti. Ciò spiega il credito che Galileo diede alla pittura nella documentazione
Per garantire la nitidezza del segno nella proiezione dell’ombra, che in que-
sto caso vede il supporto piuttosto lontano dal disegno sul vetro, il pittore
potrebbe aver usato lo specchio convesso menzionato nell’inventario dei suoi
beni e raffigurato nella Conversione di Maddalena. Quel tipo di specchio, in-
fatti, proietta un’ombra più grande, perché i raggi riflessi sono divergenti, ma
estremamente nitida. Nell’inventario citato, si legge anche di uno specchio
piano di grandi dimensioni che il pittore avrebbe potuto usare in vari modi:
per riflettere la luce del sole, per osservare i modelli o per ritrarre se stesso in
scorcio dal basso durante la preparazione dei disegni per l’affresco del Casino
Ludovisi 17. Giovanni Baglione ci informa di alcune piccole composizioni ri-
Note
1
Il Codice Atlantico della Biblioteca Ambrosiana di Milano, trascrizione diplomatica e critica di Augu-
sto Marinoni, 12 voll., Firenze 1973-1980, vol. 5, 1977, pp. 103-105, fol. 387r. Il passo è citato in Paolo
Galluzzi, Leonardo e i proporzionanti, XXVIII Lettura Vinciana, 16 aprile 1988, Firenze 1989, pp. 29s.
2
Filippo Camerota, Linear Perspective in the Age of Galileo. Lodovico Cigoli’s Prospettiva pratica, Fi-
renze 2010, pp. 5s.
3
Leon Battista Alberti, De pictura (redazione volgare), a cura di Lucia Bertolini, Firenze 2011, p. 204
(Prologus): «Vederai tre libri: el primo, tutto matematico, dalle radici entro dalla natura fa sorgere
questa leggiadra e nobilissima arte [...]».
4
Piero della Francesca, De prospectiva pingendi, a cura di Giusta Nicco Fasola, Firenze 1942 (ried.
1974), libro III, prop. VIII.
5
Camerota 2010 (nota 2), pp. 285s.
6
Lo «sportello» – «türlein» nel testo di Dürer (Underweysung der Messung, Norimberga 1525, IV)
– è descritto nei trattati di prospettiva fino al XVIII secolo.
7
Filippo Camerota, Il distanziometro di Baldassarre Lanci: prospettiva e cartografia militare alla corte
dei Medici, in Musa Musaei. Studies on Scientific Instruments and Collections in Honour of Mara Mi-
niati, a cura di Paolo Galluzzi, Marco Beretta e Carlo Triarico, Firenze 2003, pp. 79-92.
8
Camerota 2010 (nota 2), pp. 66s.
9
Plinio il Vecchio (Plinius Secundus), Storia Naturale, 5 voll., Torino 1982-1988, ed. critica a cura di
Antonio Corso, Rossana Mugellesi e Giampiero Rosati, vol. 5, 1988, pp. 307s.: «Non si sa certo, ne
anche fa al proposito nostro, quando la pittura avesse principio. Ma gli Egitij affermano, che essi ne
furono inventori sei mila anni innanzi ch’essa passasse in Grecia, ma non v’è dubbio alcuno, ch’essi
dicono il falso. I Greci alcuni dicono, ch’ella fu trovata a Sicione e alcuni a Corintho, ma tutti s’ac-
cordano, che fosse trovata dall’ombra, tirandovi le linee intorno».
10
Alberti 2011 (nota 3), libro II, 10, p. 267.
11
Piero della Francesca 1942 (nota 4), libro III, propp. X-XII; cfr. Piero della Francesca. Il disegno tra
arte e scienza (catalogo della mostra Reggio Emilia), a cura di Filippo Camerota et al., Milano 2015,
pp. 281s.
12
Benvenuto Cellini, Sopra l’arte del disegno, in La vita, i trattati, i discorsi, a cura di Pietro Scarpelli-
ni, Roma 1967, pp. 562s.
13
Giuseppe Carpani, Del bello ideale e delle opere di Tiziano. Lettere di Giuseppe Carpani, Padova
1820, pp. 86s: «Che il colorito sia la parte più essenziale della pittura, il sostiene il sig. cavaliere; ma
così al certo non la pensava quell’Annibale Carracci (quantunque entusiasta quant’altri mai del Ti-
ziano), allorché predicava a’ suoi scolari: ‹buon contorno ed una meta nel mezzo, e fatto avrete un
bel quadro›».
14
Mi riferisco alle indagini eseguite sulla Cena in Emmaus dall’Opificio delle Pietre Dure di Firenze
e dall’INO-CNR, nonché alle indagini svolte da Emmebi Diagnostica Artistica, Roma, su altre
opere di Caravaggio; cfr. Caravaggio. Opere a Roma: tecnica e stile, a cura di Rossella Vodret et al.,
Cinisello Balsamo 2016.
15
Filippo Camerota, Perseo e Caravaggio: la mano guidata dalla scienza, in La prima Medusa. Cara-
vaggio, a cura di Ermanno Zoffili, Milano 2011, pp. 120-147.
16
Il tempio del martirio, in Caravaggio. La Cappella Contarelli (catalogo della mostra Roma), a cura
di Marco Cardinali e Beatrice De Ruggeri, Roma 2011, pp. 43-46, 117-122.