FACOLTÀ DI TEOLOGIA
DEMOCRAZIA MATURA
Esercitazione scritta
Roma 2021
INTRODUZIONE
La sopravvivenza del più adattato e un principio mortale nella società umana che ha
creato ferite che non possono essere curate. Da tempo immemorabile, cioè dalle società di
caccia e raccolta alle società postindustriali, le questioni irrisolte, in particolare il divario
tra ricchi e poveri si sono ampliate. Nel corso dei secoli, le democrazie hanno creato di
risolvere i problemi eppure sembra che nel terzo millennio non ci vediamo affatto vicini ad
esso. Uno dei motivi principali alla base è che non abbiamo dato la dovuta importanza alla
comprensione delle compenti della ‘democrazia’. La santa chiesa cattolica, basata sugli
insegnamenti del Signore e sullo scopo della creazione dell’ Essere umano, cioè ‘siamo
creati a immagine e somiglianza di Dio’, ha combattuto diligentemente per definire la vera
‘Democrazia’. Ci sono state numerose dottrine sociali promulgate da diversi Papi per
comprendere e convivere con la democrazia matura.
La carità sociale e politica non si esaurisce nei rapporti tra le persone, ma si dispiega nella
rete in cui tali rapporti si inseriscono, che e appunto la comunità sociale e politica, e su
questa interviene, mirando al bene possibile per la communita nel suo insieme. Per tanti
aspetti, il prossimo da amare si presente ‘in società, cosi che amarlo realmente, sovvenire
al suo bisogno o alla sua indigenza può voler dire qualcosa di diverso dal bene che gli si
può volere sul piano puramente inter-individuale: amarlo sul piano sociale significa, a
seconda delle situazioni, avvalersi delle mediazioni sociali per migliorare la sua vita
oppure rimuovere I fattori sociali che causano la sua indigenza. E indubbiamente un atto
di carità l’opera di misericordia con cui si risponde qui e ora a in bisogno reale e
1
GIOVANNI PAOLO II, lettera enciclica Centesimus annus (01.05.1991), n. 48.
1
impellente del prossimo, ma e un atto di carità altrettanto indispensabile l’impegno
finalizzato a organizzare e strutturare la società in modo che il prossimo non abbi a
trovarsi nella miseria, soprattutto quando questa diventa la situazione in cui si dibatte uno
sterminato numero di persone e perfino interi popoli, situazione che assume, oggi, le
proporzioni di una vera e propria questione sociale mondiale 2.
Occorre dunque innanzi tutto chiarire il concetto di democrazia autentica, nei cui
termini va ripensato lo Stato sociale. Sara cosi più facile apprezzare le indicazioni per il
suo radicale ripensamento, contenute nella proposta sociale della chiesa.
Leone XIII fu il primo ad aprire uno spiraglio nei confronti della democrazia, ma non
si spinse molto più in là. Egli, infatti, si limite a spiegare che la chiesa intendeva rigetta la
concezione illuministica della sovranità popolare, non il regime democratico in se.
Per le medesime ragioni si spiega la diffidenza dimostrata dal papa verso l’espressone
democrazia cristiana3.
2
PONTIFICIO CONSIGLIO DELLA GIUSTIZIA E DELLA PACE, Compendio della Dottrina Sociale della
Chiesa (29.06.2004), n. 208.
3
LEONE XIII, lettera enciclica Libertas (20.06.1888), n. 3.
4
CONCILIO ECUMENICO VATICANO II, Costituzione pastorale Gaudium et spes (7.12.1965), n. 76.
2
1.3. Papa Paolo VI in Octogesima advenies
2. LEGALITÀ
La crisi dello stato va dunque affrontata alla radice. Ora, la causa principale delle
difficolta presenti dello stato sociale sta nella caduta dei suoi valori ispiratori, che oggi non
sono più condivisi come una volta dalla gente.
5
PAOLO VI, lettera apostolica Octogesima adveniens (14.05.1971), n. 24.
6
GIOVANNI PAOLO II, CA, n. 46.
3
2.1. Giovanni Paolo II – Veritatis splendor
Infatti, se viene meno la tensione morale unitaria, la convivenza civile perde la sua
anima e rimane esposta al ‘grave rischiò, paventato da Giovanni Paolo II, «dell’alleanza fra
democrazia e relativismo etico, che toglie alla convivenza civile ogni sicuro punto di
riferimento morale»; con la temibile conseguenza che «una democrazia senza valori –
avverte ancora il papa – si converta facilmente in un totalitarismo aperto oppure subdolo,
come dimostra la storia, cioè nella negazione stessa dello «Stato di diritto»7.
7
GIOVANNI PAOLO II, lettera enciclica veritatis splendor (06.08.1983), n. 101.
8
COMMISIONE ECCLESIAE GIUSITIZIA E PACE, Stato sociale ed educazione alla socialità (11.05.1995), n.57.
4
legalità dev’essere frutto di una nuova cultura della moralità, vissuta cominciando da se
stessi: Cosi, ripulire la politica dal fango della corruzione non coincide col punire i
colpevoli, ma col fare cessare il culto del potere e del disonesto denaro, col disinnescare le
occasioni, col promuovere una cultura che coniughi insieme la politica con l’etica.
3. GIUSTIZIA E CARITÀ
Giustizia e carità sono necessarie per la solidarietà sociale, senza giustizia e carità
non si può vivere la solidarietà con gli altri. L’esperienza dal passato e del nostro tempo
dimostra che la giustizia da sola non basta ma si deve raggiungere al livello di carità.
«Certo, l’osservanza del diritto e delle regole è già solidarietà, è già carità». Non a
caso, Paolo VI ha definito la giustizia la misura minima della carità. Dunque, l’impegno
per la legalità e la lotta per la giustizia sono il primo modo di dimostrare solidarietà e
amore per chi e oppresso. Dicono bene I vescovi italiani che «la carità autentica contiene in
se l’esigenza della giustizia e della legalità, e che essa pertanto si traduce in una
appassionata difesa dei diritti di ciascuno». Ecco perché la necessita d ripensare lo Stato
sociale in termini di democrazia matura passa attraverso l’impegno di vivificare la legalità
con la solidarietà, immettendo un’impronta di gratuità o di rapporto interpersonale nelle
varie relazione tutarle dal diritto10.
9
GIOVANNI PAOLO II, lettera enciclica Evangelium Vitae (25.03.1995), n. 20.
10
G. PAOLO II, lettera enciclica Dives in Misericordia (30.11.1980), n. 14.
5
3.3. Solidarietà e Amore
Pensare di passare dalla crisi dello Stato sociale a una democrazia matura, soltanto
attraverso un mero aggiustamento delle ‘regole de giocò, o grazi e a interventi di pura
ingegneria istituzionale, significa condannarsi all’insuccesso sicuro. La
carità, infatti, intuisce, previene. La giustizia è fredda, viene dopo. Solo la solidarietà e
l’amore riescono a intuire gli eventuali bisogni nuovi dell’uomo e della società, fin dal loro
sorgere. E non è raro che la solidarietà anticipi e stimoli il cammino, di per se più lento, del
diritto. Piu d’una volta sono diventati legge di Stato, e sono stati riconosciuti come
diritti, alcuni bisogni nuovi, che la solidarietà aveva intuito e difeso fin dal loro
insorgere, quando ancora la legge li bollava come ‘tendenze sovversive’.
Perciò conclude Benedetto XVI – L’amore – Caritas – sarà sempre necessario, anche
nella società più giusta. Non c’è nessun ordinamento statale giusto che possa rendere
superfluo il servizio dell’amore. Chi vuole sbarazzarsi dell’amore si dispone li sbarazzarsi
dell’uomo in quanto uomo.
PONTIFICIO CONSIGLIO DELLA GIUSTIZIA E DELLA PACE, Compendio della Dottrina Sociale della
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questo, uno Stato sociale rinnovato, in modo ben diverso dallo Stato assistenziale e
clientelare, dovrà esercitare la sua legalità solidale, innanzitutto, nei confronti delle regioni
e delle zone svantaggiate , che purtroppo non mancano neppure nelle nazioni più
ricche. Ecco perché ripensare lo Stato sociale non sarà mai soltanto una questione di
migliore organizzazione economica o giuridica ma, più a monte, «si richiedono precisi
valori etico-religiosi, nonché cambiamento di mentalità e di strutture». Insomma, la
proposta di rinnovare lo Stato sociale, se passa attraverso l’impegno per una economia
libera e per una democrazia matura, non può prescindere da un coinvolgimento attivo e
responsabile della società civile13.
Lo stato sociale è insieme delle politiche sociali che hanno il compito di proteggere i
cittadini e promuovere bene comune sulla base dei principi di pari opportunità,
distribuzione delle ricchezze e responsabilità pubblica tra i cittadini e che con i diritti
sociali spesso vengono gli obblighi di contribuzione ai costi delle politiche. Si chiama stato
sociale perché lo stato “assume in modo sistematico la responsabilità per la soddisfazione
dei bisogni fondamentali dei suoi cittadini e non solo di alcune categorie, configurando un
insieme di diritti sociali.14”
7
amministrative. Rendiamoci conto che è finita la stagione industriale, che e cambiata non
solo l’economia, ma anche la politica, ed è cambiata la cultura della gente. Esiste cioè, ed è
straordinariamente vitale, quel ‘terzo settore’ , che altri preferiscono chiamare ‘privato
sociale’, comprensivo sia di gruppi che erogano servizi dietro compenso , sia di gruppi che
invece operano gratuitamente, per un ideale di solidarietà. Il ‘terzo settore’ ha valenza di
soggetto politico, anche perché di fatto ha inaugurato un nuovo modo di servire il bene
comune, un modo nuovo di fare politica, contrapponendosi alla duplice degenerazione
dell’assistenzialismo di stato e del clientelismo corrotto della partitocrazia16.
8
Un nuovo patto sociale, per i cristiani, deve essere ispirato dal vangelo. I cristiani
devono portare il vangelo alla vita politica e alla costruzione della società umana.
Uno dei maggiori paradossi del nostro tempo – ha detto Giovanni Paolo II nel suo
discorso all’ONU, per il cinquantesimo di fondazione è che l’uomo, il quale aveva aperto
la stagione storica della modernità ostentando tanta sicurezza di se, oggi invece «si
avvicina alla fine del secolo ventesimo timoroso di se stesso, impaurito da ciò che egli
stesso è in grado di fare, impaurito dal futuro». Ebbene – conclude il papa – bisogna
vincere questa paura. ‘Con Dio’, poiché la nostra speranza e la nostra fiducia provengono
dall’intimo santuario della coscienza, «là dove l’uomo si trova solo con Dio»’ e avverte di
non essere abbandonato a se stesso, ma di essere accompagnato dall’amore del
Creatore. ‘Con agli altri’, poiché – aggiunge il papa – la paura del futuro si vincerà, grazie
allo «sforza comune per costruire la civiltà dell’amore, fondata sui valori universali della
pace, della solidarietà, della giustizia e della libertà»20.
19
GIOVANNI PAOLO II, lettera enciclica Laborem exercens (14.09.1981), n. 25.
20
G. PAOLO II, Discorso all’ONU nel 50 della formazione (05.10.1995), n. 16.
9
confessioni religiose, facendosi essa stessa parola e colloquio, secondo la bella espressione
di Paolo VI21.
Insomma, il ‘discorso sociale’ della chiesa non rimane affatto astratto o teorico, ma si
traduce in una precisa ‘proposta sociale’: costruire tutti insieme la nuova civiltà
dell’amore, fondata sui valori universali di pace, solidarietà, giustizia e libertà, che trovano
in Cristo la loro piena attuazione.
21
PAOLO VI, lettera enciclica Ecclesiam suam (06.08.1962), n. 54.
22
B. SORGE, Introduzione alla Dottrina Sociale Della Chiesa, 181-182.
23
G. PAOLO II, Discorso all’ONU nel 50 della formazione, n. 10
10
CONCLUSIONE
11
BIBLIOGRAFIA
1. MAGISTERO
2. STUDI
CONTI FULVIO – SILEI GIANNI, Breve storia dello Stato sociale, Carocci editore 2005
SORGE Bartolomeo, Introduzione alla Dottrina Sociale Della Chiesa, Queriniana, Brescia
2006.
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