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PONTIFICIA UNIVERSITÀ URBANIANA

FACOLTÀ DI TEOLOGIA

Seminario di Teologia morale TB3003M

Rajan MASIH (23970)

DEMOCRAZIA MATURA
Esercitazione scritta

Professore: Leonardo SALUTATI

Roma 2021

INTRODUZIONE
La sopravvivenza del più adattato e un principio mortale nella società umana che ha
creato ferite che non possono essere curate. Da tempo immemorabile, cioè dalle società di
caccia e raccolta alle società postindustriali, le questioni irrisolte, in particolare il divario
tra ricchi e poveri si sono ampliate. Nel corso dei secoli, le democrazie hanno creato di
risolvere i problemi eppure sembra che nel terzo millennio non ci vediamo affatto vicini ad
esso. Uno dei motivi principali alla base è che non abbiamo dato la dovuta importanza alla
comprensione delle compenti della ‘democrazia’. La santa chiesa cattolica, basata sugli
insegnamenti del Signore e sullo scopo della creazione dell’ Essere umano, cioè ‘siamo
creati a immagine e somiglianza di Dio’, ha combattuto diligentemente per definire la vera
‘Democrazia’. Ci sono state numerose dottrine sociali promulgate da diversi Papi per
comprendere e convivere con la democrazia matura.

La maturazione democratica dello Stato è venuto ad esistere a garantire lo sviluppo


attraverso sicurezza del lavoro e l’esercizio dei diritti umani, dalle sfide precedente, e
questo meccanismo ha funzionato un po’ garantendo alle imprese spazi di mercato e
stabilità. Col fine della stagione industriale, anche lo stato era entrato in crisi a mantenere I
suoi cittadini, per esempio la situazione sanitaria. la mancanza di beni ai cittadini dallo
Stato, ha portato gli abusi interno del sistema criticando il benessere dello Stato, come
rileva anche Centesimus Annus1. Lo Stato invece di preoccupare e servire I suoi cittadini,
gli ha dominati dalle logiche burocratiche ma questo fatto aveva portato la conseguenza gli
stati non riuscivano a fare le spese pubbliche che alla fine risultava alzare I tassi d’interesse
del denaro. Ma quanto può durare questa situazione? ma problema economia non era solo
da risolvere ma anche le crisi dello Stato sociale. Lo Stato sociale doveva essere più
maturato come dice anche uno dei documenti delle conferenza episcopale italiana, “Lo
stato sociale non va smantellato, ne svenduto al miglior offerente”. Che non va confuso
con lo Stato assistenziale. Lo Stato sociale deve essere sempre multiculturale, multirazziale
e multireligiosa.

La carità sociale e politica non si esaurisce nei rapporti tra le persone, ma si dispiega nella
rete in cui tali rapporti si inseriscono, che e appunto la comunità sociale e politica, e su
questa interviene, mirando al bene possibile per la communita nel suo insieme. Per tanti
aspetti, il prossimo da amare si presente ‘in società, cosi che amarlo realmente, sovvenire
al suo bisogno o alla sua indigenza può voler dire qualcosa di diverso dal bene che gli si
può volere sul piano puramente inter-individuale: amarlo sul piano sociale significa, a
seconda delle situazioni, avvalersi delle mediazioni sociali per migliorare la sua vita
oppure rimuovere I fattori sociali che causano la sua indigenza. E indubbiamente un atto
di carità l’opera di misericordia con cui si risponde qui e ora a in bisogno reale e
1
GIOVANNI PAOLO II, lettera enciclica Centesimus annus (01.05.1991), n. 48.

1
impellente del prossimo, ma e un atto di carità altrettanto indispensabile l’impegno
finalizzato a organizzare e strutturare la società in modo che il prossimo non abbi a
trovarsi nella miseria, soprattutto quando questa diventa la situazione in cui si dibatte uno
sterminato numero di persone e perfino interi popoli, situazione che assume, oggi, le
proporzioni di una vera e propria questione sociale mondiale 2.

Occorre dunque innanzi tutto chiarire il concetto di democrazia autentica, nei cui
termini va ripensato lo Stato sociale. Sara cosi più facile apprezzare le indicazioni per il
suo radicale ripensamento, contenute nella proposta sociale della chiesa.

1. CONDIZIONI DI UNA DEMOCRAZIA AUTENTICA

Il rapporto tra magistero sociale e democrazia e stato, per molto tempo, tormentato e


difficile. E un fatto che, per lunghi secoli, la chiesa ha avuto molte riserve in proposito.

1.1. Papa Leone XIII

Leone XIII fu il primo ad aprire uno spiraglio nei confronti della democrazia, ma non
si spinse molto più in là. Egli, infatti, si limite a spiegare che la chiesa intendeva rigetta la
concezione illuministica della sovranità popolare, non il regime democratico in se.
Per le medesime ragioni si spiega la diffidenza dimostrata dal papa verso l’espressone
democrazia cristiana3. 

1.2. Gaudium et spes

La Chiesa – leggiamo nella Gaudium et spes – non e legata ad alcun sistema


politico, perché essa e il segno e la salvaguardia del carattere trascendente della persona
umana. Riconosce quindi che da una coscienza più viva della dignità umana sorge, in
diverse ragioni del mondo, lo sforno d’instaurare un ordine politico-giuridico, nel quale
siano meglio tutelati nella vita pubblica I diritti della persona, quali il diritto di liberamente
riunirsi, associarsi, esprimere le proprie opinioni e professare la religione privatamente e
pubblicamente. La tutela infatti dei diritti della persona e condizione necessaria perché I
cittadini, sia individualmente presi, sia associati, possano partecipare attivamente alla vita e
al governo della cosa pubblica4.

2
PONTIFICIO CONSIGLIO DELLA GIUSTIZIA E DELLA PACE, Compendio della Dottrina Sociale della
Chiesa (29.06.2004), n. 208.
3
LEONE XIII, lettera enciclica Libertas (20.06.1888), n. 3.
4
CONCILIO ECUMENICO VATICANO II, Costituzione pastorale Gaudium et spes (7.12.1965), n. 76.

2
1.3. Papa Paolo VI in Octogesima advenies

La duplice aspirazione all’uguaglianza e alla partecipazione egli scrive


nell'Octogesima adveniens – e diretta a promuovere un tipo di società democratica. Il
cristiano – aggiunge Il papa - ha l’obbligo di partecipare a questa ricerca e
all’organizzazione e alla vita della società politica5.

1.4. Giovani Paolo II - Cantesimus annus

Nell’enciclica ‘Centesimus annu’: «La Chiesa apprezza il sistema della democrazia,


in quanto assicura la partecipazione dei cittadini alle scelte politiche e garantisce ai
governati la possibilità sia di eleggere e controllare I propri governanti sia di sostituirli in
modo pacifico, ove ciò risulti opportuno. Essa, pertanto, non può favorire la formazione di
gruppi dirigenti ristretti, I quali per interessi particolari o per fini ideologici usurpano il
potere dello stato. Un’autentica democrazia è possibile soltanto in uno stato di diritto e
sulla base di una retta concezione della persona umana. Essa esige che si verifichino le
condizioni necessarie per la promozione sia delle singole persone mediante l’educazione e
la formazione ai veri ideali, sia della ‘soggettività’ della società mediante la creazione di
strutture di partecipazione e di corresponsabilità»6.

Pertanto, secondo il magistero, una democrazia si può ritenere matura o autentica,


quando si verificano insieme alcune condizioni indispensabili; esse sono: la legalità (su cui
si fonda lo ‘Stato di diritto’), la solidarietà (che rispecchia la ‘soggettività’ della società), e
partecipazione (attraverso strutture ‘sussidiarie’ di effettiva corresponsabilità). Alla luce di
questo idee-guida occorre dunque, in certo senso, reinventare lo stato sociale, se si vuole
superare la crisi in cui esso oggi si dibatte e realizzare finalmente un’autentica democrazia
matura, adeguata alle sfide che ci troviamo dinanzi.

2. LEGALITÀ

La crisi dello stato va dunque affrontata alla radice. Ora, la causa principale delle
difficolta presenti dello stato sociale sta nella caduta dei suoi valori ispiratori, che oggi non
sono più condivisi come una volta dalla gente.

5
PAOLO VI, lettera apostolica Octogesima adveniens (14.05.1971), n. 24.
6
GIOVANNI PAOLO II, CA, n. 46.

3
2.1. Giovanni Paolo II – Veritatis splendor

Infatti, se viene meno la tensione morale unitaria, la convivenza civile perde la sua
anima e rimane esposta al ‘grave rischiò, paventato da Giovanni Paolo II, «dell’alleanza fra
democrazia e relativismo etico, che toglie alla convivenza civile ogni sicuro punto di
riferimento morale»; con la temibile conseguenza che «una democrazia senza valori –
avverte ancora il papa – si converta facilmente in un totalitarismo aperto oppure subdolo,
come dimostra la storia, cioè nella negazione stessa dello «Stato di diritto»7.

2.2. Osservazione – Norme etiche

In pratica ‘legalità’ significa tradurre in regole di comportamento quei grandi principi


della grammatica etica, che – come abbiamo già visto – sono il presupposto della
costruzione di ogni società autenticamente democratica. Osservare queste norme
etiche, tradotte in regole del vivere civile, non e un compito riservato solo ai responsabili
della cosa pubblica. Per la semplice ragione che se mancano chiare e legittime regole di
convivenza, oppure se queste non sono applicate, la forza tende a prevalere sulla
giustizia, l’arbitrio sul diritto, con la conseguenza che la liberta e messa a rischio fino a
scomparire. La legalità, ossia il rispetto e la pratica delle leggi, costituisce perciò una
condizione fondamentale perché vi siano liberta, giustizia e pace tra gli uomini, e si realizzi
cosi un’autentica democrazia matura.

2.3. Risorsa Umana per legalità

Se basterebbe davvero una gestione oculata dell’economia e della pubblica


amministrazione a rendere ‘umana’ la vita sociale. Invece, l’osservanza della regole non e
che il scalino, il primo passo; ma, se manca la tensione etica, non c’è con vivenza ‘umana’;
infatti rimane sempre vero che la più grande risorsa umana e l’uomo stesso; e che anche la
legge e fatta per lui e non viceversa8.

2.4. Legalità frutto della moralità

In uno Stato sociale, ‘ripensato’ in termini di democrazia matura, la legalità non si


garantisce soltanto combattendo l’illegalità attraverso la via giudiziaria, magari mettendo
in galera un’intera classe dirigente corrotta; più che di repressione (che pur ci vuole), la

7
GIOVANNI PAOLO II, lettera enciclica veritatis splendor (06.08.1983), n. 101.
8
COMMISIONE ECCLESIAE GIUSITIZIA E PACE, Stato sociale ed educazione alla socialità (11.05.1995), n.57.

4
legalità dev’essere frutto di una nuova cultura della moralità, vissuta cominciando da se
stessi: Cosi, ripulire la politica dal fango della corruzione non coincide col punire i
colpevoli, ma col fare cessare il culto del potere e del disonesto denaro, col disinnescare le
occasioni, col promuovere una cultura che coniughi insieme la politica con l’etica.

3. GIUSTIZIA E CARITÀ

Giustizia e carità sono necessarie per la solidarietà sociale, senza giustizia e carità
non si può vivere la solidarietà con gli altri. L’esperienza dal passato e del nostro tempo
dimostra che la giustizia da sola non basta ma si deve raggiungere al livello di carità.

3.1. Giovanni Paolo II – Evangelium vitae

Si comprende quanto fosse giustificata l’antica preoccupazione della chiesa nei


confronti di una democrazia, basata sul valore assoluto della legge della maggioranza
numerica, priva di riferimento alla norma etica trascendente. Con espressione
forte, Giovanni Paolo II torna a denunciare il pericolo che, senza un’anima etica e
solidale, nasca una democrazia totalitaria’. In verità, siamo di fronte solo a una tragica
parvenza di legalità e l’ideale democratico, che e davvero tale quando riconosce e tutela la
dignità di ogni persona umana, è tradito nelle sue stesse basi9. Anche nella sua Enciclica
"Sollicitudo rei Socialis" dice che la solidarietà si è trasformata in coscienza e ha
acquistato la connotazione morale, ciò significa che non e un semplice sentimento di
compassione ma il bene di ciascuno, perché tutti siano responsabili di tutti.

3.2. Giovanni Paolo II – Dives in misericordia

«Certo, l’osservanza del diritto e delle regole è già solidarietà, è già carità». Non a
caso, Paolo VI ha definito la giustizia la misura minima della carità. Dunque, l’impegno
per la legalità e la lotta per la giustizia sono il primo modo di dimostrare solidarietà e
amore per chi e oppresso. Dicono bene I vescovi italiani che «la carità autentica contiene in
se l’esigenza della giustizia e della legalità, e che essa pertanto si traduce in una
appassionata difesa dei diritti di ciascuno». Ecco perché la necessita d ripensare lo Stato
sociale in termini di democrazia matura passa attraverso l’impegno di vivificare la legalità
con la solidarietà, immettendo un’impronta di gratuità o di rapporto interpersonale nelle
varie relazione tutarle dal diritto10.

9
GIOVANNI PAOLO II, lettera enciclica Evangelium Vitae (25.03.1995), n. 20.
10
G. PAOLO II, lettera enciclica Dives in Misericordia (30.11.1980), n. 14.

5
3.3. Solidarietà e Amore

Pensare di passare dalla crisi dello Stato sociale a una democrazia matura, soltanto
attraverso un mero aggiustamento delle ‘regole de giocò, o grazi e a interventi di pura
ingegneria istituzionale, significa condannarsi all’insuccesso sicuro. La
carità, infatti, intuisce, previene. La giustizia è fredda, viene dopo. Solo la solidarietà e
l’amore riescono a intuire gli eventuali bisogni nuovi dell’uomo e della società, fin dal loro
sorgere. E non è raro che la solidarietà anticipi e stimoli il cammino, di per se più lento, del
diritto. Piu d’una volta sono diventati legge di Stato, e sono stati riconosciuti come
diritti, alcuni bisogni nuovi, che la solidarietà aveva intuito e difeso fin dal loro
insorgere, quando ancora la legge li bollava come ‘tendenze sovversive’.

Si basa sulla comunione fraterna e ritiene la solidarietà fondamentale architettura


della società più giusta. Dice Papa Giovanni Paolo II che il frutto della solidarietà è la
pace. Anche nell’enciclica «Gaudium et spes» si annuncia con chiarezza il modo solidale
di porsi, la comunità dei credenti insieme con tutta l’umanità e alla luce del vangelo e
dell’esperienza umana, è chiamata di creare il senso autentico dell’essere e dell’agire a
«servizio di tutti».11

Perciò conclude Benedetto XVI – L’amore – Caritas – sarà sempre necessario, anche
nella società più giusta. Non c’è nessun ordinamento statale giusto che possa rendere
superfluo il servizio dell’amore. Chi vuole sbarazzarsi dell’amore si dispone li sbarazzarsi
dell’uomo in quanto uomo.

La carità presuppone e trascende la giustizia: quest’ultima deve trovare il suo


completamento nella carità. Se la giustizia è di per se idonea ad arbitrare tra gli uomini
nella reciproca ripartizione dei beni oggettivi secondo l’equa misura, l’amore invece, e
soltanto l’amore (anche quell’amore benigno, che chiamiamo ‘misericordia’), e capace di
restituire l’uomo a se stesso. Non si possono regolare I rapporti umani unicamente con la
misura della giustizia: l’esperienza del passato e del nostro tempo dimostra la giustizia da
sola non basta e che, anzi, può condurre alla negazione e all’annientamento di se
stessa…. È stata appunto l’esperienza storica che, fra l’altro, ha portato a formulare
l’asserzione: summum ius, summa injuria. La giustizia, infatti, in ogni sfera dei rapporti
interumani, deve subire, per così dire, una notevole ‘correzione’ da parte di quell’amore,
il quale – come proclama san Paolo – è paziente e benigno o, in altre parole, porta in sé I
caratteri dell’amore misericordioso, tanto essenziali per il vangelo e per il cristianesimo 12.
Alla luce di queste considerazioni sulla legalità solidale, si comprende perché
l’attenzione preferenziale verso I cittadini meno abbienti debba continuare a essere un
elemento essenziale anche del nuovo modello de Stato sociale rinnovato. Proprio per
CONCILIO ECUMENICO VATICANO II, Costituzione Pastorale Gaudium et spes, no.3.
11

PONTIFICIO CONSIGLIO DELLA GIUSTIZIA E DELLA PACE, Compendio della Dottrina Sociale della
12

Chiesa (29.06.2004), n. 206.

6
questo, uno Stato sociale rinnovato, in modo ben diverso dallo Stato assistenziale e
clientelare, dovrà esercitare la sua legalità solidale, innanzitutto, nei confronti delle regioni
e delle zone svantaggiate , che purtroppo non mancano neppure nelle nazioni più
ricche. Ecco perché ripensare lo Stato sociale non sarà mai soltanto una questione di
migliore organizzazione economica o giuridica ma, più a monte, «si richiedono precisi
valori etico-religiosi, nonché cambiamento di mentalità e di strutture». Insomma, la
proposta di rinnovare lo Stato sociale, se passa attraverso l’impegno per una economia
libera e per una democrazia matura, non può prescindere da un coinvolgimento attivo e
responsabile della società civile13.

4. IL ‘TERZO SETTORE’ DELLO STATO SOCIALE

Lo stato sociale è insieme delle politiche sociali che hanno il compito di proteggere i
cittadini e promuovere bene comune sulla base dei principi di pari opportunità,
distribuzione delle ricchezze e responsabilità pubblica tra i cittadini e che con i diritti
sociali spesso vengono gli obblighi di contribuzione ai costi delle politiche. Si chiama stato
sociale perché lo stato “assume in modo sistematico la responsabilità per la soddisfazione
dei bisogni fondamentali dei suoi cittadini e non solo di alcune categorie, configurando un
insieme di diritti sociali.14”

4.1. Nuovo Stato sociale

Un tavolo a due gambe non sta in piedi. Mercato e istituzioni pubbliche, per quanto


rinnovate, non basterebbero da sole tenere I piedi il nuovo Stato sociale. Ci vuole la società
civile, la terza gamba del tavolo. Si spiega perciò perché riconoscere e valorizzare le
autonomie della società civile e ritenuto oggi giustamente un elemento decisivo per
l’affermazione dei diritti di cittadinanza e per l’organizzazione di uno stato che intenda
veramente mettersi al servizio dello sviluppo delle persone e della società. Si tratta di una
concezione che trova la sua profonda ispirazione nell’antropologia cristiana e nella dottrina
sociale della chiesa15. 

4.2. Importanza della ‘terzo settore’

La società civile avrebbe dovuto e potuto gestirli benissimo, senza escludere


l’aiuto, l’indirizzo e il supporto dello Stato e delle sue articolazioni
13
Ivi.
14
F. CONTI – G SILEI, Breve storia dello Stato sociale, Carocci editore 2005, 101.
15
COMMISIONE ECCLESIAE GIUSITIZIA E PACE, Stato sociale ed educazione alla scoialità, n. 37.

7
amministrative. Rendiamoci conto che è finita la stagione industriale, che e cambiata non
solo l’economia, ma anche la politica, ed è cambiata la cultura della gente. Esiste cioè, ed è
straordinariamente vitale, quel ‘terzo settore’ , che altri preferiscono chiamare ‘privato
sociale’, comprensivo sia di gruppi che erogano servizi dietro compenso , sia di gruppi che
invece operano gratuitamente, per un ideale di solidarietà. Il ‘terzo settore’ ha valenza di
soggetto politico, anche perché di fatto ha inaugurato un nuovo modo di servire il bene
comune, un modo nuovo di fare politica, contrapponendosi alla duplice degenerazione
dell’assistenzialismo di stato e del clientelismo corrotto della partitocrazia16.

4.3. Autonomia della ‘terzo settore’

La via del rinnovamento, dunque, va nella direzione dell’appoggio a tutte quelle


attività non profit, di cooperazione social e di volontariato, che producono servizi e
ricchezza pubblica ma agendo da privati. Il volontariato oggi non si producano nel corpo
sociale, attaccandone le cause. Insomma, è giunto il momento di riconoscere anche alla
‘terza gamba’ la sua autonomia, affinché il tavolo stia in piedi, cioè affinché lo Stato
sociale – questa importante conquista della nostra civiltà – non solo non sia
smantellato, ma ripensato riviva. In particolare è necessario che volontariato e non profit
tengano gelosamente alla loro gratuità e alla loro autonomia. Sarebbe perdere credibilità ed
efficacia, sarebbe venir meno agli esigenti ideali cristiani di gratuità e di solidarietà, che
ispirano di fatto la maggior parte dei gruppi del ‘terzo settore’17.

Le attività della società civile – soprattutto volontariato e cooperazione nell’ambito del


privato-sociale, sinteticamente definito ‘terzo settore’ per distinguerlo dagli ambiti dello
Stato e del mercato – costituiscono le modalità più adeguate per sviluppare la dimensione
sociale della persona, che in tali attività può trovare spazio per esprimersi compiutamente.
La cooperazione, anche nelle sue forme meno strutturate, si delinea come una delle
risposte più forti alla logica del conflitto e della concorrenza senza limiti, che oggi pare
prevalente. Molte esperienze del volontariato costituiscono un ulteriore esempio di
grande valore, che spinge a considerare la società civile come luogo ove è sempre
possibile la ricomposizione di un’etica pubblica centrata sulla solidarietà, sulla
collaborazione concreta, sul dialogo fraterno18.
Non si può evitare dunque il discorso conclusivo sul ‘nuovo patto
sociale’, necessario affinché ogni proposta di trasformazione della società – fosse pure
quella della chiesa – divenga realtà.

5. UN NUOVO PATTO SOCIALE


16
B. SORGE, Introduzione alla Dottrina sociale delle chiesa, Queriniana, Brescia 2006, 223-224.
17
Ibid, 224.
18
PONTIFICIO CONSIGLIO DELLA GIUSTIZIA E DELLA PACE, CDSC, n. 419.

8
Un nuovo patto sociale, per i cristiani, deve essere ispirato dal vangelo. I cristiani
devono portare il vangelo alla vita politica e alla costruzione della società umana.

5.1. Giovanni Paolo II – Laborem excerns

Giovanni Paolo II, nell’enciclica Laborem exrcens, ribadisce una verità


fondamentale, oggi più facilmente condivisibile da tutti. «L’uomo – dice il papa – creato a
immagine di Dio, mediante il suo lavoro partecipa all’opera del Creatore e a misura delle
proprie possibilità, in certo senso, continua a svilupparla e la completa». L’uomo dotato
d’intelligenza e di volontà, è cioè essenzialmente un ‘concertatore’. le parole del papa
inducono a un confronto ardito: come all’inizio Dio ‘creatore’ infuse l’anima nel corpo di
Adamo fatto di terra, per renderlo umano, così oggi l’uomo ‘concertatore’ è chiamato a
infondere un’anima alla civiltà tecnologica, per renderla umana19.

5.2. Giovanni paolo II – Speranza di Dio

Uno dei maggiori paradossi del nostro tempo – ha detto Giovanni Paolo II nel suo
discorso all’ONU, per il cinquantesimo di fondazione è che l’uomo, il quale aveva aperto
la stagione storica della modernità ostentando tanta sicurezza di se, oggi invece «si
avvicina alla fine del secolo ventesimo timoroso di se stesso, impaurito da ciò che egli
stesso è in grado di fare, impaurito dal futuro». Ebbene – conclude il papa – bisogna
vincere questa paura. ‘Con Dio’, poiché la nostra speranza e la nostra fiducia provengono
dall’intimo santuario della coscienza, «là dove l’uomo si trova solo con Dio»’ e avverte di
non essere abbandonato a se stesso, ma di essere accompagnato dall’amore del
Creatore. ‘Con agli altri’, poiché – aggiunge il papa – la paura del futuro si vincerà, grazie
allo «sforza comune per costruire la civiltà dell’amore, fondata sui valori universali della
pace, della solidarietà, della giustizia e della libertà»20.

5.3. La chiesa su un patto nuovo

La chiesa, a questo punto, ha una sua ‘proposta sociale’ da fare. La chiesa


invece, con il suo insegnamento sociale, può offrire quell’«indispensabile orientamento
ideale», che è la cosa più importante di cui oggi l’umanità ha bisogno per costruire la
nuova società. Questo la chiesa lo sa, ed è sincera perciò quando invita al dialogo tutte le

19
GIOVANNI PAOLO II, lettera enciclica Laborem exercens (14.09.1981), n. 25.
20
G. PAOLO II, Discorso all’ONU nel 50 della formazione (05.10.1995), n. 16.

9
confessioni religiose, facendosi essa stessa parola e colloquio, secondo la bella espressione
di Paolo VI21.

I Cattolici sono chiamati a ispirare le scelte politiche, alle esigenze etiche


fondamentali e irrinunciabili. Il fede laico e chiamato a individuare nelle concrete
situazioni politiche, I passi realisticamente possibili per dare attuazione ai principi e ai
valori morali della vita sociale. La collaborazione politica dei cattolici con partner di
diverso orientamento culturale va impostata laicamente nel rispetto delle regole
democratiche ma senza compromettere la propria identità e in coerenza con valori
ispiratori. Il cristiano sa che Cristo è la via, la verità, e la vita anche è cosciente a immetter
nella vita politica e nella costruzione della città dell’uomo il cemento del vangelo, egli
vivrà l’esercizio del potere non come privilegio ma come servizio. I cattolici devono essere
capaci di esercitare un ruolo di opposizione a un visione utilitaristica della politica, che usa
il potere a difesa di interessi corporativi.22

5.4. La libertà religiosa e cultura

La libertà religiosa e indispensabile dunque al fine stesso dell’incontro tra le diverse


culture del mondo. La ragione profonda è – come ha ribadito Giovanni Paolo II all’ONU –
che ogni cultura deve confrontarsi necessariamente col problema di Dio, perché vi è
condotta dalla stessa riflessione sul senso del mondo e sul senso dell’uomo. Solo la libertà
religiosa può garantire la libertà di pensiero e di cultura. «Il nostro rispetto per la cultura
degli altri è radicato nel rispetto per il tentativo che ogni comunità compie per dare risposta
al problema della vita umana. In tale contesto ci è possibile constatare quanto importante
sia preservare il diritto fondamentale alla libertà di religione e alla libertà di
coscienza, quali pilastri essenziali della struttura dei diritti umani e fondamento di ogni
società realmente libera. A nessuno è permesso di soffocare tali diritti usando il potere
coercitivo per imporre una risposta al mistero dell’uomo»23.

Insomma, il ‘discorso sociale’ della chiesa non rimane affatto astratto o teorico, ma si
traduce in una precisa ‘proposta sociale’: costruire tutti insieme la nuova civiltà
dell’amore, fondata sui valori universali di pace, solidarietà, giustizia e libertà, che trovano
in Cristo la loro piena attuazione.

21
PAOLO VI, lettera enciclica Ecclesiam suam (06.08.1962), n. 54.
22
B. SORGE, Introduzione alla Dottrina Sociale Della Chiesa, 181-182.
23
G. PAOLO II, Discorso all’ONU nel 50 della formazione, n. 10

10
CONCLUSIONE

Un’autentica democrazia non e solo il risultato di un rispetto formale di regole, ma è


il frutto della convinta accettazione dei valori che ispirano le procedure democratiche: la
dignità di ogni persona umana, il rispetto dei diritti dell’uomo, l’assunzione del «bene
comune» come fine e criterio regolativo della vita politica. Se non vi e un consenso
generale su tali valori, si smarrisce il significato della democrazia e si compromette la sua
stabilità. La democrazia fondamentalmente «un ‘ordinamento’ e, come tale, un strumento e
non un fin. Il suo carattere ‘morale’ non è automatico, ma dipende della conformità alla
legge morale a cui, come ogni altro comportamento umano, deve sottostare: dipende cioè
dalla moralità dei fini che persegue e dei mezzi di cui si serve».

11
BIBLIOGRAFIA

1. MAGISTERO

COMMISIONE ECCLESIAE GIUSITIZIA E PACE, Stato sociale ed educazione alla


socialità (11maggio 1995).
CONCILIO ECUMENICO VATICANO II, Costituzione pastorale Gaudium et spes (7
dicembre1965).
GIOVANNI PAOLO II, Discorso all’ONU nel 50 della formazione (05 ottobre 1995)
GIOVANNI PAOLO II, lettera enciclica Centesimus annus (01 maggio 1991)
GIOVANNI PAOLO II, lettera enciclica Dives in Misericordia (30 novembre 1980)
GIOVANNI PAOLO II, lettera enciclica Evangelium Vitae (25 marzo 1995)
GIOVANNI PAOLO II, lettera enciclica Laborem exercens (14 settembre 1981)
GIOVANNI PAOLO II, lettera enciclica veritatis splendor (06 agosto 1983)
LEONE XIII, lettera enciclica Libertas (20 giugno 1888)
PAOLO VI, lettera apostolica Octogesima adveniens (14 maggio 1971)
PAOLO VI, lettera enciclica Ecclesiam suam (06 agosto 1962),
PONTIFICIO CONSIGLIO DELLA GIUSTIZIA E DELLA PACE, Compendio della Dottrina Sociale della
Chiesa (29 giugno 2004),

2. STUDI

CONTI FULVIO – SILEI GIANNI, Breve storia dello Stato sociale, Carocci editore 2005
SORGE Bartolomeo, Introduzione alla Dottrina Sociale Della Chiesa, Queriniana, Brescia
2006.

1) La bibliografia va elencata in ordine alfabetico


2) Se non riporti la citazione dei documenti del Magistero di AAS devi almeno
mettere la citazione del sito internet della Santa Sede

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