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La Teologia Fondamentale
La Teologia (logos - Parola, Theos - Dio) è solo un parlare di Dio?
Benedetto XVI dice che la Teologia in realtà è un permettere a Dio di esprimersi con la
Sua Parola, un permettere alla Parola di essere via. Il bravo teologo è quindi colui che
permette alla Parola di Dio di entrare in comunione con noi.
Fondamentale è una parola di origine post-rinascimentale, che nasce tra il XVI e il XVII
secolo e indica tutto ciò che è alla base.
2) Quello di Francesco D'Assisi: conoscenza per amore (teologia della santità o del
vissuto quotidiano)
Benedetto XVI fece una serie di catechesi sui santi che vivevano Cristo e ne erano
testimoni e teologi. Pensiamo ad esempio a S. Teresa di Lisieux, dottore della Chiesa, pur
avendo scritto praticamente solo un diario (Diario dell'Anima)
Una posizione di sintesi può essere considerata quella di Bonaventura da Bagnoregio che
coniuga la conoscenza per fede con quella per amore. Bonaventura scrisse "Itinerario
dell'anima in Dio"e il "Breviloquio", cercando di esprimere una "conoscenza per sapienza".
In tutto questo discorso c'è da considerare che la via privilegiata per conoscere Dio è
l'Amore. Si può fare riferimento al famoso Inno alla Carità di S. Paolo 1Cor 13,4-13.
4 La carità è magnanima, benevola è la carità; non è invidiosa, non si vanta, non si gonfia
d'orgoglio, 5 non manca di rispetto, non cerca il proprio interesse, non si adira, non tiene
conto del male ricevuto, 6 non gode dell'ingiustizia ma si rallegra della verità. 7 Tutto scusa,
tutto crede, tutto spera, tutto sopporta.
8La carità non avrà mai fine. Le profezie scompariranno, il dono delle lingue cesserà e la
conoscenza svanirà. 9 Infatti, in modo imperfetto noi conosciamo e in modo imperfetto
profetizziamo. 10Ma quando verrà ciò che è perfetto, quello che è imperfetto scomparirà.
11 Quand'ero bambino, parlavo da bambino, pensavo da bambino, ragionavo da bambino.
Divenuto uomo, ho eliminato ciò che è da bambino.
12 Adesso noi vediamo in modo confuso, come in uno specchio; allora invece vedremo
faccia a faccia. Adesso conosco in modo imperfetto, ma allora conoscerò perfettamente,
come anch'io sono conosciuto. 13 Ora dunque rimangono queste tre cose: la fede, la
2
Non bisogna mai denigrare la fede del popolo. S. Caterina da Siena era illetterata, ma
consigliava papi e re ed è dottore della Chiesa. E' un esempio di ciò che Dio può fare in
colore che lo amano, perché Dio dà la sapienza agli umili.
Concilio Ecumenico Vaticano II: La Gaudium et Spes afferma che il mistero di Cristo si
riflette nella vita
vicenda. Come hanno affermato i Padri della Chiesa, chiunque ama Dio è spinto a diventare,
in un certo senso, un teologo, uno che parla con Dio, che pensa di Dio e cerca di pensare
con Dio; mentre il lavoro professionale di teologo è per alcuni una vocazione di grande
responsabilità davanti a Cristo, davanti alla Chiesa. Poter professionalmente studiare Dio
stesso e poterne parlare - contemplari et contemplata docere (S. Tommaso d’Aquino, Super
Sent., lib. 3 d. 35 q. 1 a. 3 qc. 1 arg. 3) - è un grande privilegio. La vostra riflessione sulla
visione cristiana di Dio potrà essere un contributo prezioso sia per la vita dei fedeli che per
il nostro dialogo con i credenti di altre religioni ed anche con i non credenti. Di fatto la stessa
parola “teo-logia” rivela questo aspetto comunicativo del vostro lavoro - nella teologia
cerchiamo, attraverso il “logos”, di comunicare ciò che “abbiamo veduto e udito” (1Gv 1,3).
Ma sappiamo bene che la parola “logos” ha un significato molto più largo, che comprende
anche il senso di “ratio”, “ragione”. E questo fatto ci conduce ad un secondo punto assai
importante. Possiamo pensare a Dio e comunicare ciò che abbiamo pensato perché Egli ci
ha dotati di una ragione in armonia con la sua natura. Non è per caso che il Vangelo di
Giovanni comincia con l’affermazione “In principio era il Logos... e il Logos era Dio” (Gv 1,1).
Accogliere questo Logos - questo pensiero divino - è infine anche un contributo alla pace
nel mondo. Infatti conoscere Dio nella sua vera natura è anche il modo sicuro per assicurare
la pace. Un Dio che non fosse percepito come fonte di perdono, di giustizia e di amore, non
potrebbe essere luce sul sentiero della pace.
Siccome l’uomo tende sempre a collegare le sue conoscenze le une con le altre, anche la
conoscenza di Dio si organizza in modo sistematico. Ma nessun sistema teologico può
sussistere se non è permeato dall’amore del suo divino “Oggetto”, che nella teologia
necessariamente deve essere “Soggetto” che ci parla e con il quale siamo in relazione di
amore. Così la teologia deve essere sempre nutrita dal dialogo con il Logos divino, Creatore
e Redentore. Inoltre nessuna teologia è tale se non è integrata nella vita e riflessione della
Chiesa attraverso il tempo e lo spazio. Sì, è vero che, per essere scientifica, la teologia deve
argomentare in modo razionale, ma anche deve essere fedele alla natura della fede
ecclesiale: centrata su Dio, radicata nella preghiera, in una comunione con gli altri discepoli
del Signore garantita dalla comunione con il Successore di Pietro e tutto il Collegio
episcopale.
Questa accoglienza e trasmissione del Logos ha anche come conseguenza che la stessa
razionalità della teologia aiuta a purificare la ragione umana liberandola da certi pregiudizi
ed idee che possono esercitare un forte influsso sul pensiero di ogni epoca. Occorre d’altra
parte rilevare che la teologia vive sempre in continuità e in dialogo con i credenti e i teologi
che sono venuti prima di noi; poiché la comunione ecclesiale è diacronica, lo è anche la
teologia. Il teologo non incomincia mai da zero, ma considera come maestri i Padri e i
teologi di tutta la tradizione cristiana. Radicata nella Sacra Scrittura, letta con i Padri e i
Dottori, la teologia può essere scuola di santità, come ci ha testimoniato il beato John Henry
Newman. Far scoprire il valore permanente della ricchezza trasmessa dal passato non è un
contributo da poco della teologia al concerto delle scienze.
Cristo è morto per tutti, benché non tutti lo sappiano o lo accettino. Avendo ricevuto l’amore
di Dio, come potremmo non amare quelli per i quali Cristo ha dato la propria vita? “Egli ha
dato la sua vita per noi; quindi anche noi dobbiamo dare la vita per i fratelli” (1 Gv 3,16).
Tutto questo ci porta al servizio degli altri nel nome di Cristo; in altre parole, l’impegno
sociale dei cristiani deriva necessariamente dalla manifestazione dell’amore divino.
Contemplazione di Dio rivelato e carità per il prossimo non si possono separare, anche se
4
si vivono secondo diversi carismi. In un mondo che spesso apprezza molti doni del
Cristianesimo - come per esempio l’idea di uguaglianza democratica - senza capire la radice
dei propri ideali, è particolarmente importante mostrare che i frutti muoiono se viene tagliata
la radice dell’albero. Infatti non c’è giustizia senza verità, e la giustizia non si sviluppa
pienamente se il suo orizzonte è limitato al mondo materiale. Per noi cristiani la solidarietà
sociale ha sempre una prospettiva di eternità.
Benedetto XVI rimarca questi concetti nel suo ciclo sui santi, in particolare Ildegarda di
Bingen
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Adorate il Signore, Cristo, nei vostri cuori, pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi
ragione della speranza che è in voi.
Escursus storico
Nuovo Testamento
Nei libri del NT non c'è un carattere apologetico ma solo pastorale in quanto gli scritti non
si prefiggono lo scopo di difendere la Verità cristiana ma di annunciare la fede,
soprattutto a chi non la conosce. Le due opere con maggior intento apologetico sono:
1. Lettera agli Ebrei
2. Prima lettera di Pietro
La prima presenta la superiorità della Grazia rispetto alla Legge mosaica e la superiorità
di Cristo sui mediatori dell'AT. E' rivolata ai Giudei e ai convertiti perché restino saldi nella
fede in ciò che hanno ricevuto ed imparato.
Le lettere di Pietro difendono la Verità cristiana e fanno da ponte per gli scritti apologetici
, che iniziano nel secondo secolo.
L' Apologetica
perseguitati
2. I non cristiani (giudei e pagani), in quanto sono in errore perché la Verità è Cristo
3. I cristiani, che a motivo delle persecuzioni o del ritardo della parusia diventano
tiepidi nella fede o hanno crisi di fede e vengono invitati a tornare alla radicalità dei
primi secoli
Nel III secolo un grandissimo apologeta è Tertulliano, un avvocato convertito,il primo che
veramente indirizza le sue apologie ad intra ed ad extra.
Il più grande è certamente Agostino di Ippona, nel V secolo, nell'epoca d'ro della
Patristica, profondo conoscitore dello spirito del cuore dell'uomo, grande divulgatore che
ha scritto una infinità di opere. Nella sua vita esplode il connubio di fede e ragione
insieme. Tra le sue opere sull'argomento, il De Vera Religione e la lettera Contra
mendacium ad Consentium. Con la fede si inizia a conoscere Dio, ma abbiamo bisogno
della ragione perché questa verità che apprendo possa essere messa a servizio della vita
e comunicata agli altri.
Nel VI secolo, l'esponente principale è Giovanni Damasceno. Nei suoi scritti oltre a giudei
e pagani entra in scena un terzo interlocutore: l'Islam. Scrive un dialogo fittizio tra un
cristiano, un ebreo e un filosofo.
Il Medioevo
Ancora tra i principali teologi prescolastici possiamo citare Pier Damiani (XI secolo)I e
Ruperto di Deutz (XII secolo).
Con il XIII secolo comincia la grande sistematizzazione del sapere teologico nelle
università da parte dei grandi teologi medievali (Anselmo, Tommaso, Bonaventura) al fine
di facilitare il compito dei docenti e degli studenti. E' il tempo delle grandi Summae
Teologicae. La caratteristica di questo periodo non è più solo la controversia, ma inizia
ad assumere centralità e importanza decisiva anche il trattato della Rivelazione. Si ci
concentra così su Dio/Rivelazione
Nei trattati teologici la prima parte è tutta dedicata a Dio. Gli autori non vedono la teologia
come oggetto ma come soggetto. Dio è il soggetto della Teologia.
Grande importanza viene data all'analisi dell'atto di fede in cui è necessaria la Grazia di
Dio che illumina. L'atto di fede è visto sotto la dimensione personale dell'illuminazione
(via antica).
7
Giovanni Duns Scoto razionalizza anche lui l'atto di fede, ma rimanendo in una
prospettiva ortodossa. Aprirà la strada alla via nuova/moderna fino al Concilio Vaticano
II. E' beato ed è stato uno dei primi sostenitori del dogma dell'Immacolata Concezione.
Entrambi apriranno la strada a Lutero parlando di un Dio libero, sminuendo l'atto di fede
e distorcendo la sua onnipotenza.
Umanesimo e Rinascimento
I filosofi Umanisti:
● Marsilio Ficino (1433-1499). Fondatore dell'Accademia Platonica a Firenze.
Grande innamorato di Gesù, scrive Religione Cristiana, un'opera nella quale
elogia la fede cristiana e difende l'immortalità dell'anima e la persona di Gesù.
● Vives (1543). Scrive sulla verità della fede cristiana.
● Pierre Charron (1596) scrive Le 3 Verità per difendere la ragionevolezza della
fede: la Verità della Rivelazione/Religione, la Verità Cristiana e la Verità Cattolica.
Nel XV-XVI secolo Francisco Suarez si rifà a S. Agostino e S. Tommaso, si concentra solo
sull'atto di fede/Rivelazione. La conseguenza è che diventa sempre più razionale e nasce
l'analisi dell'atto di fede
I miracoli sono segni per giustificare la fede con chi non crede. Tutto è prodigioso. Fino
al XX secolo, Suarez sarà il capostipite di correnti teologiche che porteranno avanti la
razionalizzazione dell'atto di fede, metteranno nell'angolo lo Spirito Santo, l'illuminazione
e la Grazia. A parole si rifaceva a S. Tommaso ma questi non elimina Spirito Santo,
Illuminazione e Grazia dall'Atto di fede, ma le mette insieme alla ragione perché l'atto di
fede sia forte,
Icona dell'Immacolata di Antoniazzo Romano con la croce sul collo perché preservata
dal peccato e con il Bambino.
Giovanni Battista Vico metterà in crisi alcune cose dette da S. Tommaso: l'uomo è
ordinato da Dio. è finalizzato da Dio così non esiste possibilità di conoscenza razionale
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di Dio: con la ragione potrai arrivare a scalare il Monte Bianco ma non l'Himalaya.
Incarnazione e Trinità sono rivelate nella Rivelazione, con la ragione non si possono
spiegare. La fede è la nostra risposta alla rivelazione.
Alle concezioni razionaliste si ribella Blaise Pascal (1623-1662). Scrive i Pensieri in cui
ridicolizza l'eccessiva razionalizzazione della fede. La fede è una scommessa: se è falso
ciò che insegna non hai perso nulla, se è vero puoi guadagnare tutti. E' una voce fuori dal
coro in un'epoca di razionalizzazione della fede.
Riforma e Controriforma
Fino al Concilio Vaticano II, il contesto teologico/apologetico predominante sarà il
contrasto alla Riforma Protestante nel quadro della Controriforma con la demonstratio
(vedere): 3 vie per dimostrare la verità della fede.
La Riforma avrà un peso perché nella sua contestazione spingerà l'Apologetica
Cattolica alla produzione teologica per difendere il Cattolicesimo da due accuse:
● La vostra non è una vera religione
● La vostra non è la vera Chiesa di Cristo
Il Cardinale Roberto Bellarmino (gesuita) sarà l'estensore del Catechismo Romano
(1556), con le sue due parti: De vera Religione e De Vera Ecclesia.
La dimensione sacramentale viene recuperata con il Concilio Vaticano II: nella Lumen
Gentium i sacramenti sono definiti segno e strumento della Grazia di Dio.
Illuminismo e Romanticismo
Gian Battista Vico: Verum quia Factum, il vero è il concreto, il fatto storico.
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Immanuel Kant: cercherà di giustificare la religione nei soli limiti della ragione. Kant
cercherà di giustificare l'umanità di Cristo con la ragione e vedrà un doppio tipo di fede;
storica (chiese, dogmi) e religiosa (che cerca di spiegare Dio con la ragione)
XIX Secolo
Nel XIX secolo vivono i due grandi padri fondatori della Teologia Fondamentale moderna:
● Joan Sebastian Drey, con la scuola di Tubinga
● Giovanni Perrone, con la Scuola Romana, anticipazione dell'Università Gregoriana
Joan Sebastian Drey vuole rispondere all'Illuminismo con il metodo scientifico e storico,
cercando un dialogo con gli oppositori. Professore di teologia, ma anche di matematica
e fisica, ha una posizione equidistante da Tradizionalismo e Razionalismo, riconoscendo
il fatto oggettivo della tradizione, mantenendo d'altra parte il diritto alla ragione naturale
e alla speculazione filosofica, con una assoluta fedeltà al Dogma.
Giovanni Perrone, d'altra parte, è espositore di una scuola più polemica nei confronti del
Razionalismo. Collaboratore di papi come Pio IX, chiude la Teologia in una impostazione
di polemismo esasperato, privilegiando un atteggiamento difensivo, neoscolastico che
durerà fino al Concilio Vaticano II.
Intanto tra il 1869 e il 1870 , si svolge il Concilio Vaticano I. Per la prima volta il termine
Rivelazione sostituisce quello di Vangelo (usato nel Concilio di Trento). Nei documenti
ufficiali, il termine Rivelazione è usato 9 volte, ma non ne viene apprezzata l'importanza.
Pier Rousselot (1878-1915) fu un grande conoscitore degli autori medievali. In Gli occhi
della fede, citando Agostino e Tommaso, paragona la fede agli occhi del cuore che
vedono Gesù:
Nell'atto di fede, come l'amore è necessario alla conoscenza, così la così la conoscenza è
necessaria all'amore. L'amore, l'omaggio libero reso al bene supremo, dona occhi nuovi.
L'essere, reso più visibile, incanta colui che vede. L'atto è ragionevole, poiché l'indizio
percepito apporta alla nuova verità la testimonianza dell'ordine naturale; l'atto è libero
poiché l'uomo può respingere, se vuole, l'amore del bene soprannaturale.(P. Rousselot, Gli
occhi della fede, 83-84)
Maurice Blondel (1861-1949) scrive Storia e Dogma (1904). Per Blondel, l'essenza
dell'uomo è data dalla volontà , la quale si divide al proprio interno in volontà volente e
volontà voluta : la prima esprime l'elemento attivo della volontà, ciò che essa vuole
realizzare con le sue forze spirituali; la seconda indica invece l'esito reale della volontà, i
risultati che essa consegue nel mondo oggettivo. Poiché la volontà voluta (ossia il
risultato conseguito) appare sempre inadeguato rispetto alla volontà volente (all'ideale
perseguito), ne nasce una dialettica per cui la volontà volente tende sempre a trascendere
la volontà voluta: di fronte ai risultati di ogni volontà voluta sorge, quindi, una nuova
volontà volente, che condurrà a una ulteriore volontà voluta e così via. Questo processo
costituisce la dialettica dell'azione, nella quale si esprime non solo la dimensione
specificamente umana, ma l'intera realtà.
Finché si rimane nell'ambito del finito, questa dialettica non avrà alcun termine, poiché la
volontà volente sarà sempre insoddisfatta dei risultati conseguiti nella volontà voluta.
Bisogna invece realizzare la condizione in cui tra la volontà e la sua realizzazione ci sia
una corrispondenza perfetta, ovvero, secondo la terminologia di Blondel, sia possibile "
voler volere ". Ma ciò è possibile soltanto quando l'uomo trascende se stesso e il mondo
finito per giungere a Dio e all'infinito. L'esigenza di Dio è dunque intrinseca alla stessa
natura finita dell'uomo e scaturisce da essa: per questo Blondel - nella "Lettera sulle
esigenze del pensiero contemporaneo in materia di apologetica" (1896) - definisce
metodo dell'immanenza la sua via per giungere a Dio.
11
Con il Concilio si torna ad affermare Gesù Cristo come pienezza della Rivelazione, di
12
Salvezza Eterna invece di conoscenza naturale, di primato di Dio e della Grazia, tipico dei
grandi dottori medievali.
l'ultima possibilità che viene offerta da Dio per ritrovare in pienezza il progetto originario di
amore, iniziato con la creazione. All'uomo desideroso di conoscere il vero, se ancora è
capace di guardare oltre se stesso e di innalzare lo sguardo al di là dei propri progetti, è data
la possibilità di recuperare il genuino rapporto con la sua vita, seguendo la strada della verità
(...)
E ancora in FR 67 è indicato il suo statuto ontologico (oggetto e metodi)
67. La teologia fondamentale, per il suo carattere proprio di disciplina che ha il compito di
rendere ragione della fede (cfr 1 Pt 3, 15), dovrà farsi carico di giustificare ed esplicitare la
relazione tra la fede e la riflessione filosofica. Già il Concilio Vaticano I, recuperando
l'insegnamento paolino (cfr Rm 1, 19-20), aveva richiamato l'attenzione sul fatto che
esistono verità conoscibili naturalmente, e quindi filosoficamente. La loro conoscenza
costituisce un presupposto necessario per accogliere la rivelazione di Dio. Nello studiare la
Rivelazione e la sua credibilità insieme con il corrispondente atto di fede, la teologia
fondamentale dovrà mostrare come, alla luce della conoscenza per fede, emergano alcune
verità che la ragione già coglie nel suo autonomo cammino di ricerca. A queste la
Rivelazione conferisce pienezza di senso, orientandole verso la ricchezza del mistero
rivelato, nel quale trovano il loro ultimo fine. Si pensi, ad esempio, alla conoscenza naturale
di Dio, alla possibilità di discernere la rivelazione divina da altri fenomeni o al
riconoscimento della sua credibilità, all'attitudine del linguaggio umano a parlare in modo
significativo e vero anche di ciò che eccede ogni esperienza umana. Da tutte queste verità,
la mente è condotta a riconoscere l'esistenza di una via realmente propedeutica alla fede,
che può sfociare nell'accoglienza della rivelazione, senza in nulla venire meno ai propri
principi e alla propria autonomia.(90)
Alla stessa stregua, la teologia fondamentale dovrà mostrare l'intima compatibilità tra la
fede e la sua esigenza essenziale di esplicitarsi mediante una ragione in grado di dare in
piena libertà il proprio assenso. La fede saprà così « mostrare in pienezza il cammino ad
una ragione in ricerca sincera della verità. In tal modo la fede, dono di Dio, pur non
fondandosi sulla ragione, non può certamente fare a meno di essa; al tempo stesso, appare
la necessità per la ragione di farsi forte della fede, per scoprire gli orizzonti ai quali da sola
non potrebbe giungere ».(91)
con un preciso riferimento a 1 Pt 3,15 da cui siamo partiti.
evangelizzatrice marcata da questa gioia e indicare vie per il cammino della Chiesa nei
prossimi anni (...)
In particolare in questa enciclica Francesco fa più volte riferimento al magistero dei suoi
predecessori, ad esempio Paolo VI e Benedetto XVI nei primi 8 paragrafi.
Importantissimi ai fini della nostra teologia fondamentale sono i paragrafi 20-24 in cui si
parla di una Chiesa in uscita, che prende l'iniziativa, coinvolge, accompagna, fruttifica
festeggia (par. 24) e i 132-133, annuncio al mondo della cultura, del pensiero, in un'ottica
di dialogo.
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La Rivelazione
Il documento più importante, che ha segnato una svolta nella teologia, è la Dei Verbum, la
Costituzione dogmatica del Concilio sulla Divina Rivelazione. Fu un documento molto
contrastato. Infatti venne approvato il 18/11/1965, pochi giorni prima della conclusione
del Concilio (08/12/1965).
Uno dei punti controversi fu quello delle fonti della Rivelazione. La componente
tradizionalista voleva mantenere il concetto di due sorgenti di pari livello (Sacra Scrittura
e Tradizione). Tra gli altri si oppose a questa concezione Ratzinger allora assistente di un
cardinale, che aveva incentrato la tesi di dottorato su senso della teologia della storia in
San Bonaventura, recuperando il concetto di Mistero.
Così la Dei Verbum vede in unica sorgente l'origine della Rivelazione. Splendidamente il
par. 9 dice:
9.La sacra Tradizione dunque e la sacra Scrittura sono strettamente congiunte e
comunicanti tra loro. Poiché ambedue scaturiscono dalla stessa divina sorgente, esse
formano in certo qual modo un tutto e tendono allo stesso fine (...)
Un'altra differenza fondamentale si trova inoltre nel fatto che la Dei Filius parla di "decreti"
di Dio mentre la Dei Verbum recupera il senso di "mistero" di Ef 1,9, di rivelazione amicale
e di eventi e parole intimamente connessi. Concetti ben noti alla Patristica, che vengono
recuperati dal Concilio dopo essere stati messi un po' da parte dopo la Controriforma.
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Dei Filius (C. Vaticano I) - Cap. II Dei Verbum (C. Vaticano II) - Cap. I
La stessa santa madre chiesa ritiene e 2. Piacque a Dio nella sua bontà e sapienza
insegna che Dio, principio e fine di ogni rivelarsi in persona e manifestare il mistero
cosa, può essere conosciuto con certezza della sua volontà (cfr. Ef 1,9), mediante il
mediante la luce naturale della ragione quale gli uomini per mezzo di Cristo, Verbo
umana attraverso le cose create; fatto carne, hanno accesso al Padre nello
“infatti, dalla creazione del mondo in poi, le Spirito Santo e sono resi partecipi della
sue perfezioni invisibili possono essere divina natura (cfr. Ef 2,18; 2 Pt 1,4). Con
contemplate con l’intelletto nelle opere da questa Rivelazione infatti Dio invisibile (cfr.
lui compiute” (Rm 1,20): ma tuttavia è Col 1,15; 1 Tm 1,17) nel suo grande amore
piaciuto alla sua sapienza e bontà rivelare parla agli uomini come ad amici (cfr. Es
se stesso al genere umano, nonché gli 33,11; Gv 15,14-15) e si intrattiene con essi
eterni decreti della sua volontà per altra via, (cfr. Bar 3,38), per invitarli e ammetterli alla
questa volta soprannaturale come dice comunione con sé. Questa economia della
l’Apostolo: “Dio, che aveva già parlato nei Rivelazione comprende eventi e parole
tempi antichi molte volte e in diversi modi ai intimamente connessi, in modo che le
padri per mezzo dei profeti, ultimamente, in opere, compiute da Dio nella storia della
questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del salvezza, manifestano e rafforzano la
Figlio” (Eb 1,1-2). dottrina e le realtà significate dalle parole,
È grazie a questa divina rivelazione che tutti mentre le parole proclamano le opere e
gli uomini possono, nella presente illustrano il mistero in esse contenuto. La
condizione del genere umano, conoscere profonda verità, poi, che questa Rivelazione
facilmente, con assoluta certezza e senza manifesta su Dio e sulla salvezza degli
alcun errore, ciò che nelle cose divine non è uomini, risplende per noi in Cristo, il quale è
di per sé inaccessibile alla ragione. Non è insieme il mediatore e la pienezza di tutta
tuttavia per questo motivo che la rivelazione intera la Rivelazione.
deve essere detta assolutamente
necessaria, ma perché Dio, nella sua infinita
bontà, ha ordinato l’uomo a un fine
soprannaturale, perché partecipi ai beni
divini, che superano del tutto le possibilità
dell’umana intelligenza; infatti, “quelle cose
che occhio non vide, né orecchio udì, né mai
entrarono in cuore di uomo, queste ha
preparato Dio per coloro che lo amano”
(1Cor 2,9).
Storia della salvezza. La salvezza non come istruzione, decreti ma come storia di
amicizia di Dio verso l'uomo, che si rivela in gesti e parole intimamente connessi.
Prologo - Par. 1
Il documento si apre con un prologo pieno di speranza. Il Concilio riconosce che l'uomo
è capax Dei: via antropologica a Dio. Noi non subiamo passivamente la Rivelazione.
1.In religioso ascolto della parola di Dio e proclamandola con ferma fiducia, (...) seguendo
le orme dei Concili Tridentino e Vaticano I, intende proporre la genuina dottrina sulla divina
Rivelazione e la sua trasmissione, affinché per l'annunzio della salvezza il mondo intero
ascoltando creda, credendo speri, sperando ami.
Par. 2
Dei Verbum capovolge l'inizio della Dei Filius parlando di "bontà e sapienza" invece di
"sapienza e bontà"
2. Piacque a Dio nella sua bontà e sapienza rivelarsi in persona e manifestare il mistero
della sua volontà (cfr. Ef 1,9), mediante il quale gli uomini per mezzo di Cristo, Verbo fatto
carne, hanno accesso al Padre nello Spirito Santo e sono resi partecipi della divina natura
(cfr. Ef 2,18; 2 Pt 1,4). Con questa Rivelazione infatti Dio invisibile (cfr. Col 1,15; 1 Tm 1,17)
nel suo grande amore parla agli uomini come ad amici (cfr. Es 33,11; Gv 15,14-15) e si
intrattiene con essi (cfr. Bar 3,38), per invitarli e ammetterli alla comunione con sé. Questa
economia della Rivelazione comprende eventi e parole intimamente connessi, in modo che
le opere, compiute da Dio nella storia della salvezza, manifestano e rafforzano la dottrina e
le realtà significate dalle parole, mentre le parole proclamano le opere e illustrano il mistero
in esse contenuto. La profonda verità, poi, che questa Rivelazione manifesta su Dio e sulla
salvezza degli uomini, risplende per noi in Cristo, il quale è insieme il mediatore e la pienezza
di tutta intera la Rivelazione
Par. 3
Dio con la sua pedagogia prepara la Rivelazione in Gesù come una madre prepara i figli.
Par. 4
Cristo pienezza della Rivelazione (citando Eb 1,1-2).
Dopo aver a più riprese e in più modi, parlato per mezzo dei profeti, Dio « alla fine, nei giorni
nostri, ha parlato a noi per mezzo del Figlio» (Eb 1,1-2). Mandò infatti suo Figlio, cioè il Verbo
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eterno, che illumina tutti gli uomini, affinché dimorasse tra gli uomini e spiegasse loro i
segreti di Dio (cfr. Gv 1,1-18). Gesù Cristo dunque, Verbo fatto carne, mandato come «uomo
agli uomini » (3), « parla le parole di Dio » (Gv 3,34) e porta a compimento l'opera di salvezza
affidatagli dal Padre (cfr. Gv 5,36; 17,4). Perciò egli, vedendo il quale si vede anche il Padre
(cfr. Gv 14,9), col fatto stesso della sua presenza e con la manifestazione che fa di sé con
le parole e con le opere, con i segni e con i miracoli, e specialmente con la sua morte e la
sua risurrezione di tra i morti, e infine con l'invio dello Spirito di verità, compie e completa la
Rivelazione (...)
Par. 5
Atto di fede. Obbedienza della fede: l'uomo presta il pieno assenso dell'intelletto e della
volontà. Siamo pienamente coinvolti nell'atto di fede, ma senza l'aiuto della Grazia tutti
gli sforzi sarebbero inutili.
5. A Dio che rivela è dovuta « l'obbedienza della fede» (Rm 16,26; cfr. Rm 1,5; 2 Cor 10,5-6),
con la quale l'uomo gli si abbandona tutt'intero e liberamente prestandogli « il pieno
ossequio dell'intelletto e della volontà » e assentendo volontariamente alla Rivelazione che
egli fa. Perché si possa prestare questa fede, sono necessari la grazia di Dio che previene e
soccorre e gli aiuti interiori dello Spirito Santo (...)
Par. 6
Senza denigrare la conoscenza naturale di Dio, il Concilio afferma la necessità della
Rivelazione per l'uomo. La nostra conoscenza di Dio è ferita a causa del peccato;
abbiamo perciò bisogno dell'aiuto di Dio perché Fede e Ragione possano collaborare. De
Lubac dice che Dio ha messo una fiammella nel nostro cuore che ci permette di
conoscere Dio. Prima era un grande fuoco che però si è indebolita a causa del peccato.
Non si spegne però mai, anche se la libertà umana può impedire la scelta per Dio e
offuscarla.
6. (...) Il santo Concilio professa che « Dio, principio e fine di tutte le cose, può essere
conosciuto con certezza con il lume naturale dell'umana ragione a partire dalle cose create»
(cfr. Rm 1,20); ma insegna anche che è merito della Rivelazione divina se « tutto ciò che
nelle cose divine non è di per sé inaccessibile alla umana ragione, può, anche nel presente
stato del genere umano, essere conosciuto da tutti facilmente, con ferma certezza e senza
mescolanza d'errore.
Il concetto della capacità di conoscere Dio nasce tra Patristica e Scolastica e viene
ripreso dal Concilio e dal Catechismo della Chiesa Cattolica del 1992 (deciso dal Sinodo
di Loreto del 1985.
Fides et Ratio
Enciclica di Giovanni Paolo II del 14.09.1998, festa dell'Esaltazione della Croce, nel
contesto di scetticismo/relativismo/nichilismo ed in generale sfiducia nella ricerca di una
Verità oggettiva, specialmente in quello di autori come Vattimo o Odifreddi.
Il documento segue il precedente Veritatis Splendor del 1983. Ambedue cercano di dare
un nuovo orientamento alla vita morale e di fede dell'uomo, mostrando che la Fede
costituisce l'opzione fondamentale, la scelta alla base di ogni comportamento di una
persona.
Introduzione
E' costituita da 6 punti e riguarda il "conosci te stesso". Fede e ragione collaborano e sono
come 2 ali per aiutare l'uomo a scoprire il mistero della Verità. E' Dio che ha posto il
desiderio di conoscere la Verità nel cuore dell'uomo e mediante essa di conoscere Dio
stesso e la verità dell'uomo
Par. 1
in risposta a nichilismo e scetticismo il conosci te stesso è la base attraverso la quale
l’uomo può farsi le domande prime sulla vita ed il suo senso (vita,morte)
Par. 2
La Chiesa è chiamata a collaborare per trovare le risposte perché la Chiesa guarda a Colui
che ha rivelato il Padre (Gv 14,6) , a Colui che è Via, Verità e Vita.
Par. 3
Par. 4
22
Oggi la filosofia ha smarrito se stessa, ha perso quel contributo minimo comune a tutti i
sistemi filosofici (nucleo fondante)
Par. 5
La crisi della filosofia è dovuta alla sfiducia che la ragione possa
Par. 6
Rivolgendosi ai vescovi, il papa chiede loro di essere promotori di una istanza di verità,
specialmente tra i giovani che hanno smarrito il fondamento su cui costruire la propria
esistenza personale e comunitaria. La Chiesa deve cogliere e rispondere a questa sfida,
riscoprire la missione, la diaconia della Verità.
Il papa canonizza due aspetti della storia della salvezza, il tempo e la storia. Il tempo è la
storia sono stati assunti da Dio con l’Incarnazione. Papa Francesco, venti anni dopo, nella
Evangelii Gaudium, dirà che la realtà è più importante dell’idea, il tempo più importante
dello spazio. Viene così recuperata la categoria del tempo.
Par. 13
L’uomo nei confronti della Rivelazione. Con la ragione, l’uomo può risalire a Dio ma la
ragione, ferita dal peccato, è anche ostacolo alla visione di Dio.
L’atto di fede è il libero abbandono dell’uomo nelle mani di Dio: credendo l’uomo non
mutila, ma arricchisce la sua libertà, in quanto l’atto di fede è l’atto fondamentale
dell’essere umano.
23
II capitolo
Par. 22
Citando Rm 1,20-22, il papa afferma che l’uomo poteva conoscere Dio mediante la
ragione, ma ha fallito perché ha scambiato la creature per il Creatore e l’ostinazione è il
peccato dell’uomo incapace.
Par. 23
Il paragrafo tratta della Sapienza della Croce, citando S. Paolo (1Cor 1,20):
Dov'è il sapiente? Dov'è il dotto? Dove mai il sottile ragionatore di questo mondo? Non ha
forse Dio dimostrato stolta la sapienza di questo mondo?
La Croce è uno scandalo per i sapienti di questo mondo perché la morte viene innalzata
ad occasione di Vita, per cui supera ogni limite culturale e obbliga ad aprirsi
all’universalità della Verità.
III capitolo
Il capitolo porta il titolo intelligo ut credam (comprendo per credere) . Nel paragrafo 24
viene citato il discorso di Paolo all’Areopago di Atene (At 17,22-23) in cui Paolo evidenzia
le caratteristiche del Dio ignoto in cui tutti si muovono, vivono ed esistono.
A tutti è data la possibilità di conoscere la Verità. Nel discorso di Paolo spicca la modalità
dell’annuncio e il cuore fiducioso nelle possibilità degli ascoltatori. Anche per chi è
lontano è possibile aderire al messaggio di salvezza.
24
IV capitolo
In questo capitolo spicca il par. 48, con l’appello di Giovanni Paolo II:
(...)Non sembri fuori luogo, pertanto, il mio richiamo forte e incisivo, perché la fede e la
filosofia recuperino l'unità profonda che le rende capaci di essere coerenti con la loro natura
nel rispetto della reciproca autonomia. Alla parresia della fede deve corrispondere l'audacia
della ragione
V capitolo
Il capitolo ripercorre gli interventi magisteriali in materia di filosofia, come l’Aeterni Patris
di Leone XIII, testo interamente dedicato alla filosofia in cui viene riconosciuta
l’importanza del Tomismo. in questa prospettiva vengono evidenziati anche gli aspetti
positivi dei filosofi precedenti, come la Patristica.
VI capitolo
Il capitolo evidenzia i rapporti tra filosofia e teologia. Nel par. 67, viene illustrato il fatto
che la Teologia Fondamentale ha tre compiti propri:
1. Rendere ragione della speranza (cfr 1Pt 3,15)
2. Assicurare il dialogo tra filosofia e teologia (fede/ragione)
3. Proporre e studiare la Rivelazione con relativo Atto di fede
La teologia fondamentale diviene quindi una disciplina sempre in uscita a cavallo tra
teologia e filosofia, tra Chiesa e mondo, per cogliere ciò che è nel mondo e far emergere
l’importanza della vita spirituale. Allargando i limiti della ragione, i padri allargarono il
proprio cuore, curando la vita spirituale e la santità della vita.
VII capitolo
Tratta le indicazioni concrete evidenziando l’attualità. Nei par. 82, sottolinea che l’uomo
deve conoscere il bene e la verità in una visione organica del sapere, che ne superi la
frammentarietà. Questa è anche l’unica strada per uscire dal buio in cui il sapere
filosofico è precipitato.
Nel par. 102, si evidenzia l’urgenza per la Chiesa di servire la verità mettendo le migliori
energie al suo servizio.
Occorre evitare di frammentare il sapere umano, perché una verità frammentata genera
un uomo frammentato. L’uomo è “canna pensante, essere debole ma pensante. Se
l’uomo non fosse capace di raggiungere una verità oggettiva, diminuisce la sua umanità
25
Il servizio della Verità è la vera diaconia, necessaria per togliere l’uomo moderno dalle
tenebre in cui sta precipitando.
Arte e Religione
Il par. 24 di Fides et ratio illustra come nei secoli l’uomo abbia cercato una strada verso
la Verità anche attraverso l’arte, la musica, la letteratura:
(...)nel più profondo del cuore dell'uomo è seminato il desiderio e la nostalgia di Dio. Lo
ricorda con forza anche la liturgia del Venerdì Santo quando, invitando a pregare per quanti
non credono, ci fa dire: « O Dio onnipotente ed eterno, tu hai messo nel cuore degli uomini
una così profonda nostalgia di te, che solo quando ti trovano hanno pace ».(22) Esiste quindi
un cammino che l'uomo, se vuole, può percorrere; esso prende il via dalla capacità della
ragione di innalzarsi al di sopra del contingente per spaziare verso l'infinito.
In differenti modi e in diversi tempi l'uomo ha dimostrato di saper dare voce a questo suo
intimo desiderio. La letteratura, la musica, la pittura, la scultura, l'architettura ed ogni altro
prodotto della sua intelligenza creatrice sono diventati canali attraverso cui esprimere
l'ansia della sua ricerca. La filosofia in modo peculiare ha raccolto in sé questo movimento
ed ha espresso, con i suoi mezzi e secondo le modalità scientifiche sue proprie, questo
universale desiderio dell'uomo.
La bellezza è una delle vie per raggiungere la Verità in quanto DIo, come Creatore è artista.
La capacità creativa degli artisti è quindi un dono, affinché illuminato dalla luce divina
produca opere d’arte.
Nella Lettera agli artisti, Giovanni Paolo II nomina anche Dante fra gli artisti del Medioevo,
periodo in cui la cultura è impregnata di spirito cristiano. La cultura medievale è il
contrario dell’oscurantismo.
Dal VII secolo, il greco praticamente scompare dalla scena culturale in favore del latino,
che recupera i grandi autori classici, come Cicerone. Dante scrive la Divina Commedia,
nel periodo dei comuni e delle università definite come “fabbriche del sapere”.
In questo poema:
1. illustra la visione cristiana del mondo, dell’uomo, di Dio
2. l’uomo conosce se cammina, se percorre un cammino spirituale di ricerca
3. si evidenzia il rapporto tra eternità e storia: l’una non vive senza l’altra
4. Il cuore dell’uomo è inquieto finché non riposa in Dio (Agostino, Confessioni, Lib.
I). L’uomo deve riempire il cuore di felicità, nel sapere, nella politica, in Dio
5. Il cammino dell’uomo non è un cammino solitario. Si evidenzia la Pietas, la
misericordia/compassione verso i personaggi. (Dante si commuove e sviene
nell’episodio di Paolo e Francesca - Inferno, V canto)
6. Le guide di Dante sono Virgilio (la ragione), Beatrice (la fede, la grazia), Bernardo
(la beatitudine). E’ la triplice immagine di Dio dei Tommaso (secondo ragione,
grazia e beatitudine
26
Punto 27
Il desiderio di Dio è inscritto nel cuore dell'uomo, perché l'uomo è stato creato da Dio e per
Dio; e Dio non cessa di attirare a sé l'uomo e soltanto in Dio l'uomo troverà la verità e la
felicità che cerca senza posa (...)
Punto 28
Citando At 17,26-28 (il discorso di Paolo all’Areopago) , esplicita che l’uomo può essere
definito un essere religioso
Punto 29
L’uomo però può porre ostacoli.
Ma questo “intimo e vitale legame con Dio” può essere dimenticato, misconosciuto e perfino
esplicitamente rifiutato dall'uomo. Tali atteggiamenti possono avere origini assai diverse:
la ribellione contro la presenza del male nel mondo, l'ignoranza o l'indifferenza religiosa, le
preoccupazioni del mondo e delle ricchezze, il cattivo esempio dei credenti, le correnti di
pensiero ostili alla religione, e infine la tendenza dell'uomo peccatore a nascondersi, per
paura, davanti a Dio e a fuggire davanti alla sua chiamata
Punto 30
Dio continua a cercare l’uomo perché viva e trovi la felicità
28
Punto 31-35
In questi punti, il CCC afferma che è possibile conoscere Dio attraverso prove non
scientifiche, ma convergenti e convincenti, attraverso la strada del mondo (punto 32) e
dell’uomo (33).
Il punto 32 cita Paolo, in Rm 1,19-20)
Ciò che di Dio si può conoscere è loro manifesto; Dio stesso lo ha loro manifestato. Infatti,
dalla creazione del mondo in poi, le sue perfezioni invisibili possono essere contemplate
con l'intelletto nelle opere da lui compiute, come la sua eterna potenza e divinità » (Rm 1,19-
20)
e un brano molto bello di Agostino
Interroga la bellezza della terra, del mare, dell'aria rarefatta e dovunque espansa;
interroga la bellezza del cielo, [...] interroga tutte queste realtà. Tutte ti risponderanno:
guardaci pure e osserva come siamo belle. La loro bellezza è come un loro inno di lode
["confessio"]. Ora, queste creature, così belle ma pur mutevoli, chi le ha fatte se non uno
che è bello ["Pulcher"] in modo immutabile?Interroga la bellezza della terra, del mare,
dell'aria rarefatta e dovunque espansa; interroga la bellezza del cielo, [...] interroga tutte
queste realtà. Tutte ti risponderanno: guardaci pure e osserva come siamo belle. La loro
bellezza è come un loro inno di lode ["confessio"]. Ora, queste creature, così belle ma pur
mutevoli, chi le ha fatte se non uno che è bello ["Pulcher"] in modo immutabile? (Sermone
241)
Nel punto 34, si afferma che né il mondo, né l’uomo hanno in sé la loro causa efficiente o
finale per cui rimandano al loro Creatore, colui che tutti chiamano Dio.
Per il punto 35, le prove dell’esistenza di Dio sono “preambula fidei”, possono disporre
alla fede.
Punti 36-38
Questa sezione è dedicata alla conoscenza di Dio secondo la Chiesa. La ragione può
conoscere Dio (36), anche se l’influsso dei sensi e la natura minata dal peccato possono
far persuadere che è falso ciò che invece essi non vorrebbero fosse vero (37).
Il punto 38 ne fa una sintesi:
Per questo l'uomo ha bisogno di essere illuminato dalla rivelazione di Dio, non solamente
su ciò che supera la sua comprensione, ma anche sulle « verità religiose e morali che, di
per sé, non sono inaccessibili alla ragione, affinché nella presente condizione del genere
umano possano essere conosciute da tutti senza difficoltà, con ferma certezza e senza
mescolanza d'errore.
29
Punti 39-43
Come parlare di Dio? La Chiesa sostiene con fiducia la possibilità che nel dialogo si possa
parlare con le altre religioni, con la filosofia e le scienze, con gli atei e i non credenti (39)
Si devo però anche notare che il nostro linguaggio su Dio è limitato (40), anche se
possiamo parlare di Lui in maniera positiva, ma parziale, sulla base della grandezza e
bellezza delle sue creature (41). Rimane però un Essere trascendente (42) per cui noi
possiamo cogliere di Dio più quello che non è che quelle che è (conoscenza apofatica)
(43)
Sintesi
L’uomo capax Dei:
● capacità, insita nell’uomo, di essere terreno fertile della Rivelazione (capacità
recettivo-obbedienziale - vedi soprattutto Agostino)
● desiderio di vedere Dio (vedi Tommaso d’Aquino)
Altri testi che ci aiutano a fondare biblicamente la disponibilità dell’uomo nel confronti
della rivelazione:
Salmo 42
2 Come la cerva anela ai corsi d'acqua, così l'anima mia anela a te, o Dio.
3 L'anima mia ha sete di Dio, del Dio vivente: quando verrò e vedrò il volto di Dio?
Salmo 27
8Il mio cuore ripete il tuo invito: "Cercate il mio volto!". Il tuo volto, Signore, io cerco.
L’uomo può rifiutare la Rivelazione, come i Giudei che cercano di lapidare Gesù.
(Gv10,31). Ma, in risposta Gesù, nel giustificare il suo essere “Io sono”, dà una
giustificazione dell’uomo capace e depositario della Parola di DIo. Gesù riconosce la
capacità dell’uomo di entrare in comunione con Lui.
S. Agostino mette insieme due cuori: precedente esperienza pagana e scoperta cristiana.
30
Parte dal basso, dal “conosci te stesso”, che ha origine in Socrate ed è sviluppato da
Platone:
“L’uomo non può far a meno di Dio perché è un essere mortale” (Socrate - valore etico)
Su questo punto, Platone costruirà il suo sistema filosofico. Nell’umanesimo ritroviamo
tale principio in Erasmo da Rotterdam.
Ma esiste un fondamento biblico per questo motto? Ed è precedente alla sua definizione
filosofica.
I padri trovano una rispondenza di questo motto in Ct 1,8 e Es 15,4
Il popolo, grazie al suo rapporto privilegiato con Dio, conosce se stesso e legge la sua
storia alla luce del rapporto con Dio.
Il Cantico canta l’amore. Nell’interpretazione di S. Bernardo da Chiaravalle, la presenza
dello sposa e della sposa è presenza della Trinità e di Cristo che ama la sua Sposa, la
Chiesa. La radice del nostro conoscere è in Dio e, conoscendo Dio, possiamo avere
un’identità più chiara di noi stessi.
I Padri concludono che sono testi anteriori a Socrate ed in quanto precedenti dimostrano
in questo modo la loro superiorità.
S. Agostino svilupperà in maniera personale il “conosci te stesso” nelle Confessioni.
Con una rilettura delle sue vicende personali alla luce della Grazia arriverà alla
conclusione che ogni ricerca autentica della verità sulla vita dell’uomo non può partire
che dall’uomo e dalla sua interiorità.
Il suo motto diventa “In interiore homine habitat Veritas” - la Verità abita nel cuore
dell’uomo ed è lì che occorre trovarla. Un’altra frase celebre è “conoscerò me per poter
conoscere te (Dio)”.
Agostino è guidato anche da una una lettura realistica della realtà umana: l’uomo è finito,
Dio è infinito. Il mio desiderio di verità ha origine da Dio e non può non avere Dio infinito
come oggetto, ma d’altra parte resta il limite della mia finitezza: “angusta è la casa del
mio cuore, dilatala Tu” con tre mezzi di crescita spirituale:
1. Preghiera
2. Studio
3. Santità
La capacità ricettiva nel cuore dell’uomo non è in contrasto con la Rivelazione anzi
Antropologia e Rivelazione sono in questo senso collegate. Nel “De Trinitate”, l’uomo che
pensa e che ama è un riflesso della Trinità, secondo lo schema:
● Anima in sé -> Padre
● Anima che pensa (pensiero) -> Figlio
● Anima che ama (azione/amore) -> Spirito Santo
31
Per questo motivo andando nel profondo di sé, cercando la verità nella propria interiorità
si trova la Trinità.
L’uomo non può vivere senza Dio:
Tu ci hai fatti per te ed il nostro cuore è inquieto finché non riposa in te (Confessioni, Libro
I, 1)
Ef 4,23:
Ma voi non così avete imparato a conoscere il Cristo, 21 se davvero gli avete dato ascolto
e se in lui siete stati istruiti, secondo la verità che è in Gesù, 22 ad abbandonare, con la sua
condotta di prima, l'uomo vecchio che si corrompe seguendo le passioni ingannevoli, 23a
rinnovarvi nello spirito della vostra mente 24 e a rivestire l'uomo nuovo, creato secondo Dio
nella giustizia e nella vera santità.
Sir 7,30:
30 Ama con tutta la forza chi ti ha creato
e non trascurare i suoi ministri.
Mt 5,8:
Beati i puri di cuore perché vedranno Dio
1Gv 3,2:
Carissimi, noi fin d'ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato.
Sappiamo però che quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui, perché lo
vedremo così come egli è.
1Cor 3,9-12:
9 Siamo infatti collaboratori di Dio, e voi siete campo di Dio, edificio di Dio.
10 Secondo la grazia di Dio che mi è stata data, come un saggio architetto io ho posto il
fondamento; un altro poi vi costruisce sopra. Ma ciascuno stia attento a come costruisce.
11 Infatti nessuno può porre un fondamento diverso da quello che già vi si trova, che è Gesù
Cristo. 12 E se, sopra questo fondamento, si costruisce con oro, argento, pietre preziose,
legno, fieno, paglia, 13 l'opera di ciascuno sarà ben visibile: infatti quel giorno la farà
conoscere, perché con il fuoco si manifesterà, e il fuoco proverà la qualità dell'opera di
ciascuno.
S. Tommaso dirà poi che la natura umana ha una triplice possibilità di sviluppare in sé
l’immagine di Dio (Summa Teologica parte 1, questione 93, articolo 4):
1. conoscere Dio secondo natura - comune a tutti
2. conoscere Dio in maniera attuale ma non perfetta, secondo la Grazia - data ai Santi
3. conoscere Dio in maniera attuale e perfetta, nella sua Gloria - data alle anime beate
del Paradiso
33
Analogamente in Spe Salvi Benedetto XVI afferma che Cristo Logos, Cristo Speranza dà
pienezza di senso e salvezza all’uomo. Anche Rahner dice che questa tendenza a Cristo
trova terreno fertile nella vita.
Solo in Cristo trovano fondamento religione, filosofia, pacifica convivenza dei popoli,
servizio disinteressato, relazione amorosa tra uomo e donna.
Ci sono tre domande che racchiudono tutto l’uomo:
● morte
● amore
● futuro
Solo Cristo dà le risposte:
● Resurrezione
● Vita
● Via
Francesco d’Assisi riconosce la sua capacità di sintonizzarsi su Dio:
● Testamento che racconta la sua esperienza con i lebbrosi
● Colloquio davanti al Crocifisso di S. Damiano: “Va’ e ripara la mia casa che come
vedi è in rovina”
● Stigmate a La Verna (14-17 settembre 1224)
Nella sua vita dimostra che ogni uomo è capace di Dio e della sua misericordia.
In conclusione:
1) L’uomo conoscendo se stesso
2) intuisce e comprende che è capax Dei
3) può accogliere in sé la Parola di salvezza
35
L’uomo, quindi, prestando fiducia a Dio, si mette nelle mani di colui che è forte. L’analogo
di emunah è in greco pisteuo, pistis che è ripetuto 243 volte nella LXX.
Nel NT si aggiunge come atto di fede l’accoglienza e la confessione del Vangelo come
messaggio di salvezza.
I brani base su cui riflettere nell’ambito della teologia della fede sono:
Eb 11,1
La fede è fondamento di ciò che si spera e prova di ciò che non si vede.
Is 7.9
se non crederete, non resterete saldi
1Pt 3,15
adorate il Signore, Cristo, nei vostri cuori, pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi
ragione della speranza che è in voi
Il magistero Ecclesiale
A parlare della Fede è il II concilio di Orange (529), in particolare nei canoni 5 (DH 375) e
7 (DH377).
Condannando pelagianesimo e semipelagianesmo, il concilio dà ragione ad Agostino
sulla gratuità della Fede.
La prospettiva del concilio di Trento, nel suo Decreto sulla Giustificazione (DH1532) è
quello che la radice della Fede è lo Spirito Santo e l’azione proveniente dalla Grazia: Fede
come fondamento.
Il Concilio Vaticano I rifiuta da una parte il Razionalismo, dall’altra il Tradizionalismo con
il Fideismo, dottrina per cui la ragione sarebbe ininfluente sull’atto di fede.
Si sottolinea che la Fede nasce con l’ossequio della ragione e dalla volontà di Dio che si
rivela con gli aiuti necessari dallo Spirito.
La Fides Illustrata (fede illuminata) è scelta prudente e ponderata a cui l’uomo può dare
ossequio non nell’ottica dell’evidenza ma alla luce della certezza morale che lo illumina
nella tappe decisive della vita. Il verbo “dimostrare” usato nel testo viene mitigato con
l’espressione “equilibrata prudenza”.
La DV 5 del Concilio Vaticano II parla come già detto di “obbedienza della fede” sulla base
di analoga espressione in Rm 1,5. Lo Spirito Santo muove la Ragione ad accogliere la
Fede. Ratzinger ci dice che la Rivelazione è sentita bella e grande ma senza l’operosità
della Fede non può diventare vivente ed operante.
De Lubac critica DV5 perché non considera la dinamica comunitaria dell’atto di fede ma
solo quella personale. Ma la dimensione comunitaria è comunque presente nel prologo
con la citazione di Gv1,1-3.
Il CCC al cap. 26:
La fede è la risposta dell'uomo a Dio che gli si rivela e gli si dona, apportando nello stesso
tempo una luce sovrabbondante all'uomo in cerca del senso ultimo della vita.
Sono ancora da notare i brani di FR citati (13-67-82), In particolare FR13 afferma che la
fede è l’atto più grande con cui l’uomo obbedendo al più grande diventa più grande.
Il 67 è il capitolo fondante della Teologia Fondamentale mentre nell’82 il Papa sottolinea
che l’uomo è capace di divenire una comunità organica con il sapere.
37
farvi comprendere a quale speranza vi ha chiamati, quale tesoro di gloria racchiude la sua
eredità fra i santi (Ef 1,18)
E Dio, che disse: "Rifulga la luce dalle tenebre", rifulse nei nostri cuori, per far risplendere
la conoscenza della gloria di Dio sul volto di Cristo (2Cor 4,6)
La ragione è chiamata ad essere sapiente, più ampia e piena (Benedetto XVI discorso di
Ratisbona 12.09.2006)
La ragione deve saper mettere insieme la dimensione del cuore e della ragione (Pascal)
senza sentimentalismo ma, uscendo dai suoi limiti, andare oltre per dare una risposta
all’uomo nei suoi drammi mediante la scommessa della fede.
La fede con la sua luce fa un’operazione di sintesi perché permette alla ragione di essere
coinvolta nel processo credente e di dare un valore ai segni che diventano un ausilio non
in forza di sè stessi ma per l’influsso della Grazia
L’atto credente è un atto di sintesi, una conoscenza sintetica a partire dalla definizione di
Clemente Alessandrino.
Atto di fede come atto di fiducia a DIo che vuole dare una parola di senso all’uomo, atto
credibile perché aiuta a cogliere la credibilità della Rivelazione, che risponde da sola con
pienezza agli aneliti più importanti del cuore dell’uomo: vita, morte, speranza (Rahner)
39
Proposta che la fede porge all’uomo: proposta sensata e piena di senso che ha in sè
stessa 3 dimensioni
1) Primato della fede (FR15) stella della Rivelazione
2) Credibilità che si gioca nella storia
3) Rivelazione che parla all’uomo concreto, storico
La Rivelazione
L’ebraico DABAR ha un significato più ampio dell’italiano “Parola”. Ha il senso non solo
di parola detta ma anche di parola che agisce, che mantiene ciò che esprime.
Il latino RE-VEL-ARE si collega al velo: è qualcosa di misterioso: Dio a volte si rivela a volte
si nasconde.
L’amore di Dio si rivela nell’amore della sua Creatura, ma resta sempre la differenza
esistenziale tra creatura e Creatore. Altrimenti si cade nel Panteismo.
La Parola ha 3 dimensioni:
1. Personale
2. Relazionale
3. Dinamica
Nella Rivelazione c’è il desiderio di contatto di Dio (1) che si invera nella 2 dimensione:
l’Amore si dona ad un altro da sé e ci trasforma (3) nella Comunione con Dio.
Il primo modello vede la Rivelazione come epifania di Dio nella storia, in una dimensione
di illuminazione. La Parola è vista come l’arrivo di un Sovrano in visita secondo il modello
culturale del Vicino Oriente. Sottolinea inoltre l’attività di Dio e la Natura umana.
Il modello viene messo in crisi nel XIV secolo da Occam, Bacone, Duns Scoto. Nel nuovo
modello che prende piede, Dio si rivela per istruirci. Per Tommaso la Rivelazione è la
manifestazione della Verità. Il modello troverà alcune esagerazioni come in Suarez che
eliminerà la dimensione soggettiva in favore di quella oggettiva.
Con il Vaticano II si impone il III modello, quello di un Dio che si autocomunica.
Il Concilio di Trento (DH1532) vede la Rivelazione come Vangelo, termine usato per
evidenziare che il Credente nel Vangelo trova la Fonte della Morla e della Rivelazione.
Nel Concilio Vaticano I viene usata per la prima volta la parola Rivelazione. Essa è usata
anche nei documenti di Gregorio XVI e Pio IX.
Il contesto di fine Illuminismo, concepito come rivelazione della Dea Ragione, porta il
Concilio Vaticano I a vedere la Rivelazione come evento soprannaturale. Si chiarisce che
la Rivelazione è causa della fede ma sempre in una dimensione istruttiva.
Con il Concilio Vaticano II, nella Dei Verbum, c’è il capovolgimento: Dio comunica se
stesso. non è capovolgimento della natura, ma tratto distintivo che che invera la stessa
Creatura.
Il carattere della Rivelazione è KOINONIA, la Comunione. Questa amicizia di Dio si svolge
in gesti e parole intimamente connessi. E’ nella storia, non nella dottrina. Trova il suo
volto nel volto di Cristo che è il Mediatore e la pienezza stessa della Rivelazione.
Cristo è anche l’uomo nuovo perché è Colui che sugella con la Santità della sua Vita la
sua figliolanza divina. Non c’è opposizione tra Salvezza e Creazione, ma i due piano sono
collimanti. Ciò che è stato creato deve essere redento e la Redenzione sussiste in virtù
della Creazione.
Dio si comunica nelle creature in base alla loro possibilità di riceverlo.
1Tm 2,1-6 Dio vuole che tutti gli uomini siano salvati e giungano alla conoscenza della
Verità
In GS 22 Cristo è la risposta infinita all’infinito desiderio dell’uomo di ricerca di senso.
Cristo svela all’uomo la sua vocazione di Figlio rivelandogli il Padre.
Nel mistero della figliolanza di Gesù c’è il mistero della figliolanza dell’uomo. Il dogma si
evolve come un corpo umano che cresce. L’uomo ha una sola vocazione: quella divina.
L’universale volontà salvifica del Padre è espressa in molti punti magisteriali del CVII:
42
La Tradizione
Il Concilio Vaticano II nella Dei Verbum, ai numeri 7-10 presenta le linee fondamentali
della trasmissione della Rivelazione.
DV7- La Tradizione ha principio generativo in Cristo, è acqua vive che sgorga dalla
sorgente che è Cristo. Si trasmette nelle sequenza:
Cristo ------> Apostoli -------> Vescovi
Questi ultimi sono custodi del Depositum Fidei
At 2,42ss
42
Erano perseveranti nell'insegnamento degli apostoli e nella comunione, nello spezzare
il pane e nelle preghiere. 43Un senso di timore era in tutti, e prodigi e segni avvenivano per
opera degli apostoli. 44Tutti i credenti stavano insieme e avevano ogni cosa in comune;
45vendevano le loro proprietà e sostanze e le dividevano con tutti, secondo il bisogno di
ciascuno. 46Ogni giorno erano perseveranti insieme nel tempio e, spezzando il pane nelle
case, prendevano cibo con letizia e semplicità di cuore, 47lodando Dio e godendo il favore
di tutto il popolo. Intanto il Signore ogni giorno aggiungeva alla comunità quelli che erano
salvati.
DV8- Elenca i luoghi teologici della Tradizione: i Padri , la Liturgia, il Magistero, la Vita dei
Fedeli
DV9 - Scrittura e Tradizione vengono da una medesima sorgente. Non il luterano aut-aut,
ma et-et. Tutto ciò che è contenuto nella Scrittura si trova nella Tradizione e uno implica
l’altra.
Melchior Cano, nei Luoghi Teologici evidenzia la triplice opera dello Spirito Santo:
1. Rivelazione
2. Ispirazione
3. Aiuto e Assistenza
6Inseguito apparve a più di cinquecento fratelli in una sola volta: la maggior parte di essi
vive ancora, mentre alcuni sono morti. 7Inoltre apparve a Giacomo, e quindi a tutti gli
apostoli. 8Ultimo fra tutti apparve anche a me come a un aborto.
Ef 2,19-21
19Così dunque voi non siete più stranieri né ospiti, ma siete concittadini dei santi e
familiari di Dio, 20edificati sopra il fondamento degli apostoli e dei profeti, avendo come
pietra d'angolo lo stesso Cristo Gesù. 21In lui tutta la costruzione cresce ben ordinata per
essere tempio santo nel Signore; 22in lui anche voi venite edificati insieme per diventare
abitazione di Dio per mezzo dello Spirito.
Vincenzo di Lerino, nel V secolo, ci offre i criteri per cui la Tradizione è considerata
affidabile:
● apostolicità (origine apostolica diretta o indiretta tramite i successori)
● cattolicità (universalità della Tradizione)
● consenso e chiarezza (non entra in conflitto con altri elementi della Tradizione)
At 15
Il Concilio di Gerusalemme
in questo brano è da notare At 15,28 “Lo Spirito Santo e noi”: Gesù continua a guidare la
Chiesa con l’azione dello Spirito Santo che è dato a tutto il popolo di Dio, come evidenzia
Lumen Gentium 12, ma in modo precipuo al Papa e ai Vescovi nel loro magistero ordinario
e straordinario.
Lo Spirito Santo riveste tale magistero con il sigillo della Verità (magistero ordinario) e
Infallibilità (magistero straordinario)
Il magistero straordinario è quello, in materia primaria (fede e morale) e con sigillo
solenne:
1. del Papa quando parla ex-cathedra
2. dei Vescovi uniti in Concilio in comunione con il Papa
Il magistero ordinario è quello dei vescovi e del papa quando non parla “ex cathedra”. LG
25 esplicita molto bene il concetto:
I vescovi che insegnano in comunione col romano Pontefice devono essere da tutti ascoltati con
venerazione quali testimoni della divina e cattolica verità; e i fedeli devono accettare il giudizio dal
loro vescovo dato a nome di Cristo in cose di fede e morale, e dargli l'assenso religioso del loro
spirito. Ma questo assenso religioso della volontà e della intelligenza lo si deve in modo particolare
prestare al magistero autentico del romano Pontefice, anche quando non parla « ex cathedra ». Ciò
implica che il suo supremo magistero sia accettato con riverenza, e che con sincerità si aderisca
alle sue affermazioni in conformità al pensiero e in conformità alla volontà di lui manifestatasi che
si possono dedurre in particolare dal carattere dei documenti, o dall'insistenza nel proporre una certa
dottrina, o dalla maniera di esprimersi.
Quantunque i vescovi, presi a uno a uno, non godano della prerogativa dell'infallibilità, quando
tuttavia, anche dispersi per il mondo, ma conservando il vincolo della comunione tra di loro e col
successore di Pietro, si accordano per insegnare autenticamente che una dottrina concernente la
fede e i costumi si impone in maniera assoluta, allora esprimono infallibilmente la dottrina di Cristo
[76]. La cosa è ancora più manifesta quando, radunati in Concilio ecumenico, sono per tutta la
Chiesa dottori e giudici della fede e della morale; allora bisogna aderire alle loro definizioni con
l'ossequio della fede.
Il dogma è una luce spirituale per il credente. i dogmi sono correlati tra di loro: come la
scrittura si comprende con la Scrittura, i dogmi si illuminano tra di loro in maniera
vicendevole.
47
SEZIONE PRIMA
«IO CREDO» - «NOI CREDIAMO»
CAPITOLO SECONDO
DIO VIENE INCONTRO ALL'UOMO
50 Per mezzo della ragione naturale, l'uomo può conoscere Dio con certezza a partire dalle sue
opere. Ma esiste un altro ordine di conoscenza a cui l'uomo non può affatto arrivare con le sue
proprie forze, quello della rivelazione divina.49 Per una decisione del tutto libera, Dio si rivela e si
dona all'uomo svelando il suo mistero, il suo disegno di benevolenza prestabilito da tutta l'eternità
in Cristo a favore di tutti gli uomini. Egli rivela pienamente il suo disegno inviando il suo Figlio
prediletto, il Signore nostro Gesù Cristo, e lo Spirito Santo.
ARTICOLO 1
LA RIVELAZIONE DI DIO
51 « Piacque a Dio nella sua bontà e sapienza rivelare se stesso e far conoscere il mistero della sua
volontà, mediante il quale gli uomini, per mezzo di Cristo, Verbo fatto carne, nello Spirito Santo
hanno accesso al Padre e sono così resi partecipi della divina natura ».50
52 Dio che « abita una luce inaccessibile » (1 Tm 6,16) vuole comunicare la propria vita divina
agli uomini da lui liberamente creati, per farli figli adottivi nel suo unico Figlio. 51Rivelando se
stesso, Dio vuole rendere gli uomini capaci di rispondergli, di conoscerlo e di amarlo ben più di
quanto sarebbero capaci da se stessi.
48
53 Il disegno divino della Rivelazione si realizza ad un tempo « con eventi e parole » che sono
«intimamente connessi tra loro »52 e si chiariscono a vicenda. Esso comporta una « pedagogia
divina» particolare: Dio si comunica gradualmente all'uomo, lo prepara per tappe a ricevere la
rivelazione soprannaturale che egli fa di se stesso e che culmina nella Persona e nella missione del
Verbo incarnato, Gesù Cristo.
Sant'Ireneo di Lione parla a più riprese di questa pedagogia divina sotto l'immagine della reciproca
familiarità tra Dio e l'uomo: « Il Verbo di Dio [...] pose la sua abitazione tra gli uomini e si è fatto
Figlio dell'uomo, per abituare l'uomo a comprendere Dio e per abituare Dio a mettere la sua dimora
nell'uomo secondo la volontà del Padre ».53
54 « Dio, il quale crea e conserva tutte le cose per mezzo del Verbo, offre agli uomini nelle cose
create una perenne testimonianza di sé. Inoltre, volendo aprire la via della salvezza celeste, fin dal
principio manifestò se stesso ai progenitori ».54 Li ha invitati ad una intima comunione con sé,
rivestendoli di uno splendore di grazia e di giustizia.
55 Questa rivelazione non è stata interrotta dal peccato dei nostri progenitori. Dio, in realtà, « dopo
la loro caduta, con la promessa della redenzione, li risollevò nella speranza della salvezza ed ebbe
costante cura del genere umano, per dare la vita eterna a tutti coloro i quali cercano la salvezza con
la perseveranza nella pratica del bene ».55
« Quando, per la sua disobbedienza, l'uomo perse la tua amicizia, tu non l'hai abbandonato in
potere della morte. [...] Molte volte hai offerto agli uomini la tua alleanza ».56
56 Dopo che l'unità del genere umano è stata spezzata dal peccato, Dio cerca prima di tutto di
salvare l'umanità intervenendo in ciascuna delle sue parti. L'Alleanza con Noè dopo il
diluvio57 esprime il principio dell'economia divina verso le « nazioni », ossia gli uomini riuniti in
gruppi, « ciascuno secondo la propria lingua e secondo le loro famiglie, nelle loro nazioni »
(Gn 10,5).58
58 L'Alleanza con Noè resta in vigore per tutto il tempo delle nazioni,63 fino alla proclamazione
universale del Vangelo. La Bibbia venera alcune grandi figure delle « nazioni », come « Abele il
giusto », il re-sacerdote Melchisedek,64 figura di Cristo,65 i giusti « Noè, Daniele e Giobbe »
(Ez 14,14). La Scrittura mostra così a quale altezza di santità possano giungere coloro che vivono
secondo l'Alleanza di Noè nell'attesa che Cristo riunisca « insieme tutti i figli di Dio che erano
dispersi » (Gv 11,52).
49
59 Per riunire tutta l'umanità dispersa, Dio sceglie Abram chiamandolo: « Vattene dal tuo paese,
dalla tua patria e dalla casa di tuo padre » (Gn 12,1), per fare di lui Abramo (Abraham), vale a dire
« il padre di una moltitudine di popoli » (Gn 17,5): « In te saranno benedette tutte le famiglie della
terra » (Gn 12,3).66
60 Il popolo discendente da Abramo sarà il depositario della Promessa fatta ai patriarchi, il popolo
dell'elezione,67 chiamato a preparare la ricomposizione, un giorno, nell'unità della Chiesa, di tutti
i figli di Dio;68 questo popolo sarà la radice su cui verranno innestati i pagani diventati credenti. 69
61 I patriarchi e i profeti ed altre figure dell'Antico Testamento sono stati e saranno sempre
venerati come santi in tutte le tradizioni liturgiche della Chiesa.
62 Dopo i patriarchi, Dio forma Israele quale suo popolo salvandolo dalla schiavitù dell'Egitto.
Conclude con lui l'Alleanza del Sinai e gli dà, per mezzo di Mosè, la sua Legge, perché lo riconosca
e lo serva come l'unico Dio vivo e vero, Padre provvido e giusto giudice, e stia in attesa del
Salvatore promesso.70
63 Israele è il popolo sacerdotale di Dio,71 colui che « porta il nome del Signore » (Dt 28,10). È il
popolo di coloro « a cui Dio ha parlato quale primogenito »,72 il popolo dei « fratelli maggiori »
nella fede di Abramo.73
64 Attraverso i profeti, Dio forma il suo popolo nella speranza della salvezza, nell'attesa di
un'Alleanza nuova ed eterna destinata a tutti gli uomini74 e che sarà inscritta nei cuori.75 I profeti
annunziano una radicale redenzione del popolo di Dio, la purificazione da tutte le sue
infedeltà,76 una salvezza che includerà tutte le nazioni.77 Saranno soprattutto i poveri e gli umili
del Signore78 che porteranno questa speranza. Le donne sante come Sara, Rebecca, Rachele,
Miryam, Debora, Anna, Giuditta ed Ester hanno conservato viva lasperanza della salvezza
d'Israele. Maria ne è l'immagine più luminosa.79
65 « Dio, che aveva già parlato nei tempi antichi molte volte e in diversi modi ai padri per mezzo
dei profeti, ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio » (Eb 1,1-2). Cristo,
il Figlio di Dio fatto uomo, è la Parola unica, perfetta e definitiva del Padre, il quale in lui dice
tutto, e non ci sarà altra parola che quella. San Giovanni della Croce, sulle orme di tanti altri,
esprime ciò in maniera luminosa, commentando Eb 1,1-2:
« Dal momento in cui ci ha donato il Figlio suo, che è la sua unica e definitiva Parola, ci ha detto
tutto in una sola volta in questa sola Parola e non ha più nulla da dire. [...] Infatti quello che un
giorno diceva parzialmente ai profeti, ce l'ha detto tutto nel suo Figlio, donandoci questo tutto che
è il suo Figlio. Perciò chi volesse ancora interrogare il Signore e chiedergli visioni o rivelazioni,
50
non solo commetterebbe una stoltezza, ma offenderebbe Dio, perché non fissa il suo sguardo
unicamente in Cristo e va cercando cose diverse o novità al di fuori di lui ».81
66 « L'economia cristiana, in quanto è Alleanza nuova e definitiva, non passerà mai e non c'è da
aspettarsi alcuna nuova rivelazione pubblica prima della manifestazione gloriosa del Signore
nostro Gesù Cristo ».82 Tuttavia, anche se la Rivelazione è compiuta, non è però completamente
esplicitata; toccherà alla fede cristiana coglierne gradualmente tutta la portata nel corso dei secoli.
67 Lungo i secoli ci sono state delle rivelazioni chiamate « private », alcune delle quali sono state
riconosciute dall'autorità della Chiesa. Esse non appartengono tuttavia al deposito della fede. Il
loro ruolo non è quello di « migliorare » o di « completare » la Rivelazione definitiva di Cristo,
ma di aiutare a viverla più pienamente in una determinata epoca storica. Guidato dal Magistero
della Chiesa, il senso dei fedeli sa discernere e accogliere ciò che in queste rivelazioni costituisce
un appello autentico di Cristo o dei suoi santi alla Chiesa.
La fede cristiana non può accettare « rivelazioni » che pretendono di superare o correggere la
Rivelazione di cui Cristo è il compimento. È il caso di alcune religioni non cristiane ed anche di
alcune recenti sette che si fondano su tali « rivelazioni ».
In sintesi
68 Per amore, Dio si è rivelato e si è donato all'uomo. Egli offre così una risposta definitiva e
sovrabbondante agli interrogativi che l'uomo si pone sul senso e sul fine della propria vita.
70 Al di là della testimonianza che dà di se stesso nelle cose create, Dio si è manifestato ai nostri
progenitori. Ha loro parlato e, dopo la caduta, ha loro promesso la salvezza83 ed offerto la sua
Alleanza.
71 Dio ha concluso con Noè un'Alleanza eterna tra lui e tutti gli esseri viventi.84 Essa durerà tanto
quanto durerà il mondo.
72 Dio ha eletto Abramo ed ha concluso un'Alleanza con lui e la sua discendenza. Ne ha fatto il
suo popolo al quale ha rivelato la sua Legge per mezzo di Mosè. Lo ha preparato, per mezzo dei
profeti, ad accogliere la salvezza destinata a tutta l'umanità.
73 Dio si è rivelato pienamente mandando il suo proprio Figlio, nel quale ha stabilito la sua
Alleanza per sempre. Egli è la Parola definitiva del Padre, così che, dopo di lui, non vi sarà più
un'altra rivelazione.
ARTICOLO 2
LA TRASMISSIONE DELLA RIVELAZIONE DIVINA
51
74 Dio « vuole che tutti gli uomini siano salvati ed arrivino alla conoscenza della verità »
(1Tm 2,4), cioè di Gesù Cristo.85 È necessario perciò che il Cristo sia annunciato a tutti i popoli e
a tutti gli uomini e che in tal modo la Rivelazione arrivi fino ai confini del mondo:
« Dio, con la stessa somma benignità, dispose che quanto egli aveva rivelato per la salvezza di
tutte le genti, rimanesse sempre integro e venisse trasmesso a tutte le generazioni ». 86
I. La Tradizione apostolica
75 « Cristo Signore, nel quale trova compimento tutta la rivelazione del sommo Dio, ordinò agli
Apostoli, comunicando loro i doni divini, di predicare a tutti il Vangelo che, promesso prima per
mezzo dei profeti, egli aveva adempiuto e promulgato con la sua parola, come fonte di ogni verità
salutare e di ogni regola morale ».87
La predicazione apostolica...
76 La trasmissione del Vangelo, secondo il comando del Signore, è stata fatta in due modi:
— Oralmente, « dagli Apostoli, i quali nella predicazione orale, negli esempi e nelle istituzioni
trasmisero ciò che o avevano ricevuto dalla bocca, dalla vita in comune e dalle opere di Cristo, o
avevano imparato per suggerimento dello Spirito Santo »;
— Per iscritto, « da quegli Apostoli e uomini della loro cerchia, i quali, sotto l'ispirazione dello
Spirito Santo, misero in iscritto l'annunzio della salvezza ».88
77 « Affinché il Vangelo si conservasse sempre integro e vivo nella Chiesa, gli Apostoli lasciarono
come successori i Vescovi, ad essi "affidando il loro proprio compito di magistero" ». 89 Infatti, «
la predicazione apostolica, che è espressa in modo speciale nei libri ispirati, doveva essere
conservata con successione continua fino alla fine dei tempi ».90
78 Questa trasmissione viva, compiuta nello Spirito Santo, è chiamata Tradizione, in quanto è
distinta dalla Sacra Scrittura, sebbene sia ad essa strettamente legata. Per suo tramite « la Chiesa,
nella sua dottrina, nella sua vita e nel suo culto, perpetua e trasmette a tutte le generazioni, tutto
ciò che essa è, tutto ciò che essa crede ».91 « Le asserzioni dei santi Padri attestano la vivificante
presenza di questa Tradizione, le cui ricchezze sono trasfuse nella pratica e nella vita della Chiesa
che crede e che prega ».92
79 In tal modo la comunicazione, che il Padre ha fatto di sé mediante il suo Verbo nello Spirito
Santo, rimane presente e operante nella Chiesa: « Dio, il quale ha parlato in passato, non cessa di
parlare con la Sposa del suo Figlio diletto, e lo Spirito Santo, per mezzo del quale la viva voce del
Vangelo risuona nella Chiesa, e per mezzo di questa nel mondo, introduce i credenti a tutta intera
la verità e fa risiedere in essi abbondantemente la parola di Cristo ».93
80 « La sacra Tradizione e la Sacra Scrittura sono tra loro strettamente congiunte e comunicanti.
Poiché ambedue scaturiscono dalla stessa divina sorgente, esse formano in certo qual modo una
cosa sola e tendono allo stesso fine ».94 L'una e l'altra rendono presente e fecondo nella Chiesa il
mistero di Cristo, il quale ha promesso di rimanere con i suoi « tutti i giorni, fino alla fine del
mondo » (Mt 28,20).
81 « La Sacra Scrittura è la parola di Dio in quanto è messa per iscritto sotto l'ispirazione dello
Spirito divino ».
« La sacra Tradizione poi trasmette integralmente la parola di Dio, affidata da Cristo Signore e
dallo Spirito Santo agli Apostoli, ai loro successori, affinché questi, illuminati dallo Spirito di
verità, con la loro predicazione fedelmente la conservino, la espongano e la diffondano ».95
82 Accade così che la Chiesa, alla quale è affidata la trasmissione e l'interpretazione della
Rivelazione, « attinga la sua certezza su tutte le cose rivelate non dalla sola Sacra Scrittura. Perciò
l'una e l'altra devono essere accettate e venerate con pari sentimento di pietà e di rispetto ».96
83 La Tradizione di cui qui parliamo è quella che proviene dagli Apostoli e trasmette ciò che
costoro hanno ricevuto dall'insegnamento e dall'esempio di Gesù e ciò che hanno appreso dallo
Spirito Santo. In realtà, la prima generazione di cristiani non aveva ancora un Nuovo Testamento
scritto e lo stesso Nuovo Testamento attesta il processo della Tradizione vivente.
Vanno distinte da questa le « tradizioni » teologiche, disciplinari, liturgiche o devozionali nate nel
corso del tempo nelle Chiese locali.
Esse costituiscono forme particolari attraverso le quali la grande Tradizione si esprime in forme
adatte ai diversi luoghi e alle diverse epoche. Alla luce della Tradizione apostolica queste
«tradizioni» possono essere conservate, modificate oppure anche abbandonate sotto la guida del
Magistero della Chiesa.
84 Il deposito97 della fede (« depositum fidei »), contenuto nella sacra Tradizione e nella Sacra
Scrittura, è stato affidato dagli Apostoli alla totalità della Chiesa. « Aderendo ad esso tutto il
popolo santo, unito ai suoi Pastori, persevera costantemente nell'insegnamento degli Apostoli e
nella comunione, nella frazione del pane e nelle orazioni, in modo che, nel ritenere, praticare e
professare la fede trasmessa, si crei una singolare unità di spirito tra Vescovi e fedeli ». 98
86 Questo « Magistero però non è al di sopra della Parola di Dio, ma la serve, insegnando soltanto
ciò che è stato trasmesso, in quanto, per divino mandato e con l'assistenza dello Spirito Santo,
piamente la ascolta, santamente la custodisce e fedelmente la espone, e da questo unico deposito
della fede attinge tutto ciò che propone da credere come rivelato da Dio ». 100
87 I fedeli, memori della parola di Cristo ai suoi Apostoli: « Chi ascolta voi, ascolta me »
(Lc 10,16), 101 accolgono con docilità gli insegnamenti e le direttive che vengono loro dati, sotto
varie forme, dai Pastori.
Fede 144-165
ARTICOLO 1
IO CREDO
144 Obbedire (« ob-audire ») nella fede è sottomettersi liberamente alla parola ascoltata, perché la
sua verità è garantita da Dio, il quale è la verità stessa. Il modello di questa obbedienza propostoci
dalla Sacra Scrittura è Abramo. La Vergine Maria ne è la realizzazione più perfetta.
145 La lettera agli Ebrei, nel solenne elogio della fede degli antenati, insiste particolarmente sulla
fede di Abramo: « Per fede Abramo, chiamato da Dio, obbedì partendo per un luogo che doveva
ricevere in eredità, e partì senza sapere dove andava » (Eb 11,8). 172 Per fede soggiornò come
straniero e pellegrino nella Terra promessa. 173 Per fede Sara ricevette la possibilità di concepire il
figlio della Promessa. Per fede, infine, Abramo offrì in sacrificio il suo unico figlio. 174
146 Abramo realizza così la definizione della fede data dalla lettera agli Ebrei: « La fede è
fondamento delle cose che si sperano e prova di quelle che non si vedono » (Eb 11,1). « Abramo
ebbe fede in Dio e ciò gli fu accreditato come giustizia » (Rm 4,3). 175 « Forte in [questa] fede »
(Rm 4,20), Abramo è diventato « padre di tutti quelli che credono » (Rm 4,11.18). 176
147 Di questa fede, l'Antico Testamento è ricco di testimonianze. La lettera agli Ebrei fa l'elogio
della fede esemplare degli antichi che « ricevettero » per essa « una buona testimonianza »
(Eb 11,2.39). Tuttavia « Dio aveva in vista qualcosa di meglio per noi »: la grazia di credere nel
suo Figlio Gesù, « autore e perfezionatore della fede » (Eb 11,40; 12,2).
148 La Vergine Maria realizza nel modo più perfetto l'obbedienza della fede. Nella fede, Maria
accolse l'annunzio e la promessa a lei portati dall'angelo Gabriele, credendo che « nulla è
impossibile a Dio » (Lc 1,37), 177 e dando il proprio consenso: « Sono la serva del Signore, avvenga
di me quello che hai detto » (Lc 1,38). Elisabetta la salutò così: « Beata colei che ha creduto
54
nell'adempimento delle parole del Signore » (Lc 1,45). Per questa fede tutte le generazioni la
chiameranno beata. 178
149 Durante tutta la sua vita, e fino all'ultima prova, 179 quando Gesù, suo Figlio, morì sulla croce,
la sua fede non ha mai vacillato. Maria non ha cessato di credere « nell'adempimento » della parola
di Dio. Ecco perché la Chiesa venera in Maria la più pura realizzazione della fede.
150 La fede è innanzi tutto una adesione personale dell'uomo a Dio; al tempo stesso ed
inseparabilmente, è l'assenso libero a tutta la verità che Dio ha rivelato. In quanto adesione
personale a Dio e assenso alla verità da lui rivelata, la fede cristiana differisce dalla fede in una
persona umana. È bene e giusto affidarsi completamente a Dio e credere assolutamente a ciò che
egli dice. Sarebbe vano e fallace riporre una simile fede in una creatura. 180
151 Per il cristiano, credere in Dio è inseparabilmente credere in colui che egli ha mandato, il suo
Figlio prediletto nel quale si è compiaciuto; 181 Dio ci ha detto di ascoltarlo. 182 Il Signore stesso
dice ai suoi discepoli: « Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me » (Gv 14,1). Possiamo
credere in Gesù Cristo perché egli stesso è Dio, il Verbo fatto carne: « Dio nessuno l'ha mai visto:
proprio il Figlio unigenito, che è nel seno del Padre, lui lo ha rivelato » (Gv 1,18). Poiché egli « ha
visto il Padre » (Gv 6,46), è il solo a conoscerlo e a poterlo rivelare. 183
152 Non si può credere in Gesù Cristo se non si ha parte al suo Spirito. È lo Spirito Santo che
rivela agli uomini chi è Gesù. Infatti « nessuno può dire: "Gesù è Signore" se non sotto l'azione
dello Spirito Santo » (1 Cor 12,3). « Lo Spirito scruta ogni cosa, anche le profondità di Dio. [...]
Nessuno ha mai potuto conoscere i segreti di Dio se non lo Spirito di Dio » (1 Cor 2,10-11). Dio
solo conosce pienamente Dio. Noi crediamo nello Spirito Santo perché è Dio.
La Chiesa non cessa di confessare la sua fede in un solo Dio, Padre, Figlio e Spirito Santo.
153 Quando san Pietro confessa che Gesù è il Cristo, il Figlio del Dio vivente, Gesù gli dice: « Né
la carne né il sangue te l'hanno rivelato, ma il Padre mio che sta nei cieli » (Mt 16,17).184 La fede
è un dono di Dio, una virtù soprannaturale da lui infusa. « Perché si possa prestare questa fede, è
necessaria la grazia di Dio che previene e soccorre, e gli aiuti interiori dello Spirito Santo, il quale
muova il cuore e lo rivolga a Dio, apra gli occhi della mente, e dia "a tutti dolcezza nel consentire
e nel credere alla verità" ». 185
154 È impossibile credere senza la grazia e gli aiuti interiori dello Spirito Santo. Non è però meno
vero che credere è un atto autenticamente umano. Non è contrario né alla libertà né all'intelligenza
dell'uomo far credito a Dio e aderire alle verità da lui rivelate. Anche nelle relazioni umane non è
contrario alla nostra dignità credere a ciò che altre persone ci dicono di sé e delle loro intenzioni,
e far credito alle loro promesse (come, per esempio, quando un uomo e una donna si sposano), per
entrare così in reciproca comunione. Conseguentemente, ancor meno è contrario alla nostra dignità
« prestare, con la fede, la piena sottomissione della nostra intelligenza e della nostra volontà a Dio
quando si rivela » 186 ed entrare in tal modo in intima comunione con lui.
155 Nella fede, l'intelligenza e la volontà umane cooperano con la grazia divina: « Credere est
actus intellectus assentientis veritati divinae ex imperio voluntatis a Deo motae per gratiam –
Credere è un atto dell'intelletto che, sotto la spinta della volontà mossa da Dio per mezzo della
grazia, dà il proprio consenso alla verità divina ». 187
La fede e l'intelligenza
156 Il motivo di credere non consiste nel fatto che le verità rivelate appaiano come vere e
intelligibili alla luce della nostra ragione naturale. Noi crediamo « per l'autorità di Dio stesso che
le rivela, il quale non può né ingannarsi né ingannare ». 188 « Nondimeno, perché l'ossequio della
nostra fede fosse "conforme alla ragione", Dio ha voluto che agli interiori aiuti dello Spirito Santo
si accompagnassero anche prove esteriori della sua rivelazione ». 189Così i miracoli di Cristo e dei
santi, 190 le profezie, la diffusione e la santità della Chiesa, la sua fecondità e la sua stabilità « sono
segni certissimi della divina rivelazione, adatti ad ogni intelligenza », 191 sono motivi di credibilità
i quali mostrano che l'assenso della fede non è « affatto un cieco moto dello spirito ». 192
157 La fede è certa, più certa di ogni conoscenza umana, perché si fonda sulla Parola stessa di
Dio, il quale non può mentire. Indubbiamente, le verità rivelate possono sembrare oscure alla
ragione e all'esperienza umana, ma « la certezza data dalla luce divina è più grande di quella offerta
dalla luce della ragione naturale ». 193 « Diecimila difficoltà non fanno un solo dubbio ». 194
158 « La fede cerca di comprendere »: 195 è caratteristico della fede che il credente desideri
conoscere meglio colui nel quale ha posto la sua fede, e comprendere meglio ciò che egli ha
rivelato; una conoscenza più penetrante richiederà a sua volta una fede più grande, sempre più
ardente d'amore. La grazia della fede apre « gli occhi della mente » (Ef 1,18) per una intelligenza
viva dei contenuti della Rivelazione, cioè dell'insieme del disegno di Dio e dei misteri della fede,
dell'intima connessione che li lega tra loro e con Cristo, centro del mistero rivelato. Ora, « affinché
l'intelligenza della Rivelazione diventi sempre più profonda, lo [...] Spirito Santo perfeziona
continuamente la fede per mezzo dei suoi doni ». 196 Così, secondo il detto di sant'Agostino: «
Credi per comprendere: comprendi per credere ». 197
159 Fede e scienza. « Anche se la fede è sopra la ragione, non vi potrà mai essere vera divergenza
tra fede e ragione: poiché lo stesso Dio che rivela i misteri e comunica la fede, ha anche deposto
nello spirito umano il lume della ragione, questo Dio non potrebbe negare se stesso, né il vero
contraddire il vero ». 198 « Perciò la ricerca metodica di ogni disciplina, se procede in maniera
veramente scientifica e secondo le norme morali, non sarà mai in reale contrasto con la fede, perché
le realtà profane e le realtà della fede hanno origine dal medesimo Dio. Anzi, chi si sforza con
umiltà e perseveranza di scandagliare i segreti della realtà, anche senza che egli se ne avveda, viene
56
come condotto dalla mano di Dio, il quale, mantenendo in esistenza tutte le cose, fa che siano
quello che sono ». 199
160 Perché la risposta di fede sia umana, « è elemento fondamentale [...] che gli uomini devono
volontariamente rispondere a Dio credendo; che perciò nessuno può essere costretto ad abbracciare
la fede contro la sua volontà. Infatti l'atto di fede è volontario per sua stessa natura».200 « Dio
chiama certo gli uomini a servirlo in spirito e verità, per cui essi sono vincolati in coscienza, ma
non coartati. [...] Ciò è apparso in sommo grado in Cristo Gesù ».201 Infatti, Cristo ha invitato alla
fede e alla conversione, ma a ciò non ha affatto costretto. « Ha reso testimonianza alla verità, ma
non ha voluto imporla con la forza a coloro che la respingevano. Il suo regno [...] cresce in virtù
dell'amore, con il quale Cristo, esaltato in croce, trae a sé gli uomini ». 202
161 Credere in Gesù Cristo e in colui che l'ha mandato per la nostra salvezza, è necessario per
essere salvati. 203 « Poiché "senza la fede è impossibile essere graditi a Dio" (Eb 11,6) e
condividere la condizione di suoi figli, nessuno può essere mai giustificato senza di essa e nessuno
conseguirà la vita eterna se non "persevererà in essa sino alla fine" (Mt 10,22; 24,13) ». 204
162 La fede è un dono che Dio fa all'uomo gratuitamente. Noi possiamo perdere questo dono
inestimabile. San Paolo, a questo proposito, mette in guardia Timoteo: Combatti « la buona
battaglia con fede e buona coscienza, poiché alcuni che l'hanno ripudiata hanno fatto naufragio
nella fede » (1 Tm 1,18-19). Per vivere, crescere e perseverare nella fede sino alla fine, dobbiamo
nutrirla con la Parola di Dio; dobbiamo chiedere al Signore di accrescerla; 205 essa deve operare
«per mezzo della carità» (Gal 5,6), 206 essere sostenuta dalla speranza207 ed essere radicata nella
fede della Chiesa.
163 La fede ci fa gustare come in anticipo la gioia e la luce della visione beatifica, fine del nostro
pellegrinare quaggiù. Allora vedremo Dio « a faccia a faccia » (1 Cor 13,12), « così come egli è »
(1 Gv 3,2). La fede, quindi, è già l'inizio della vita eterna:
« Fin d'ora contempliamo come in uno specchio, quasi fossero già presenti, le realtà meravigliose
che le promesse ci riservano e che, per la fede, attendiamo di godere ». 208
164 Ora, però, « camminiamo nella fede e non ancora in visione » (2 Cor 5,7), e conosciamo Dio
« come in uno specchio, in maniera confusa..., in modo imperfetto » (1 Cor 13,12). La fede,
luminosa a motivo di colui nel quale crede, sovente è vissuta nell'oscurità. La fede può essere
messa alla prova. Il mondo nel quale viviamo pare spesso molto lontano da ciò di cui la fede ci dà
la certezza; le esperienze del male e della sofferenza, delle ingiustizie e della morte sembrano
contraddire la Buona Novella, possono far vacillare la fede e diventare per essa una tentazione.
57
165 Allora dobbiamo volgerci verso i testimoni della fede: Abramo, che credette, « sperando
contro ogni speranza » (Rm 4,18); la Vergine Maria che, nel « cammino della fede », 209 è giunta
fino alla « notte della fede » 210 partecipando alla sofferenza del suo Figlio e alla notte della sua
tomba; 211 e molti altri testimoni della fede: « Circondati da un così gran numero di testimoni,
deposto tutto ciò che è di peso e il peccato che ci assedia, corriamo con perseveranza nella corsa
che ci sta davanti, tenendo fisso lo sguardo su Gesù, autore e perfezionatore della fede » (Eb 12,1-
2).
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Cristologia Fondamentale
La premessa metodologia si trova in DV 2-4. In questi articoli, Gesù è presentato coma il
Mediatore e la Pienezza della Rivelazione.
Alla base del problema ci sono due misteri:
1. Incarnazione
2. Pasqua-Resurrezione
Con l'Incarnazione, la Rivelazione trova il suo compimento.
La figura di Gesù sfugge a criteri interpretativi solo storici, impoverirebbero la sua figura
L'ottica deve essere quella dettata da Pietro in At 2,32ss
32Questo Gesù, Dio lo ha risuscitato e noi tutti ne siamo testimoni. 33Innalzato dunque alla destra
di Dio e dopo aver ricevuto dal Padre lo Spirito Santo promesso, lo ha effuso, come voi stessi potete
vedere e udire. 34Davide infatti non salì al cielo; tuttavia egli dice:
36Sappia dunque con certezza tutta la casa d'Israele che Dio ha costituito Signore e Cristo quel
Gesù che voi avete crocifisso".
37All'udire queste cose si sentirono trafiggere il cuore e dissero a Pietro e agli altri apostoli: "Che
cosa dobbiamo fare, fratelli?". 38E Pietro disse loro: "Convertitevi e ciascuno di voi si faccia
battezzare nel nome di Gesù Cristo, per il perdono dei vostri peccati, e riceverete il dono dello Spirito
Santo. 39Per voi infatti è la promessa e per i vostri figli e per tutti quelli che sono lontani, quanti ne
chiamerà il Signore Dio nostro". 40Con molte altre parole rendeva testimonianza e li esortava:
"Salvatevi da questa generazione perversa!". 41Allora coloro che accolsero la sua parola furono
battezzati e quel giorno furono aggiunte circa tremila persone.
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42Erano perseveranti nell'insegnamento degli apostoli e nella comunione, nello spezzare il pane e
nelle preghiere. 43Un senso di timore era in tutti, e prodigi e segni avvenivano per opera degli
apostoli. 44Tutti i credenti stavano insieme e avevano ogni cosa in comune; 45vendevano le loro
proprietà e sostanze e le dividevano con tutti, secondo il bisogno di ciascuno. 46Ogni giorno erano
perseveranti insieme nel tempio e, spezzando il pane nelle case, prendevano cibo con letizia e
semplicità di cuore, 47lodando Dio e godendo il favore di tutto il popolo. Intanto il Signore ogni
giorno aggiungeva alla comunità quelli che erano salvati.
La teologia fondamentale. guarda a Gesù con il criterio della testimonianza di fede di fatti
avvenuti nella storia
Dio si è rivelato => Con gli occhi della fede ne rileviamo la testimonianza => Noi siamo
testimoni
Oltre a DV citato, si esprime in questo senso anche la Pontificia Commissione Biblica nel
1964.
I Vangeli sono testimonianza di fede ai fini salvifici con un carattere storico.
Si possono accogliere in 2 maniere:
1) Guardare a Gesù sul piano della dimensione storica
2) Guardare a Gesù come il mistero più importante di Dio
« Ci fu verso questo tempo Gesù, uomo saggio, se pure bisogna chiamarlo uomo: era infatti autore
di opere straordinarie, maestro di uomini che accolgono con piacere la verità e attirò a sé molti
giudei e anche molti dei greci. Questi era il Cristo. E quando Pilato per denunzia degli uomini notabili
fra noi lo punì di croce, non cessarono coloro che da principio lo avevano amato. Egli infatti apparve
loro al terzo giorno nuovamente vivo, avendo già annunziato i divini profeti queste e migliaia d'altre
meraviglie riguardo a lui. Ancora oggi non è venuta meno la tribù di quelli che da costui sono
chiamati cristiani. »
Altri autori
Altri autori che citano Gesù o i cristiani sono Svetonio (120 d.C.), Tacito (115 d.C.), Plinio
il Giovane (112).
La figura di Gesù
Dalla fonti evangeliche, dagli agrapha (scritti dimenticai) e dagli apocrifi (Vangelo di
Tommaso, di Pietro, Protovangelo di Giacomo) emergono 11 momenti della Vita di Gesù:
1. Nascita,
2. Battesimo,
3. Annuncio del Regno di Dio
4. Chiamata dei 12
5. Gesù guaritore
6. Intimità con il Padre
7. Conflitto con il Tempio
8. Cena
9. Passione
10. Risurrezione
11. Discepolato
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Al di là della lettura storica ci sono due possibile domande su Gesù che possono essere
visti come dialogo ad extra ed ad intra. Il primo è in Mc 4,41 Chi e Costui?. L'altro in Mc
8,25 Voi chi dite che io sia?
Emerge dal primo punto che gli interlocutori di Gesù sono colpiti dalla sua Autorità
soprattutto nell'insegnamento e dal Fascino che ne promana.
Mt 7,29 Insegnava con autorità, non come gli scribi
Nel Vangelo poi confluiscono varie tradizioni antiche che vedono in Gesù un profeta e il
messia atteso, espressione di indole escatologica che Gesù non accetta né rifiuta ma
che lo porterà alla morte (secondo Giorgio Jossa).
Nel momento ad intra si può notare che i più vicini indicano Gesù con vari titoli
cristologici: Figlio di Dio (Sal 2 - Sal 110), Figlio dell'uomo (Daniele), Messia (1 Sam).
Come si vede hanno tutti un retroterra nell'AT e ci esaltano la luce del Risorto.
Sia la Cristologia profetica che quella espressa dai titoli cristoologici sono importanti e
complementari: la prima è indicata come Cristologia in nuce, la seconda come
Cristologia Germinale.
Altre fonti come Fil 2,4 (Divinità di Gesù) e Gv 17,21 (Uguaglianza con il Padre) generano
la cosiddetta Cristologia Formulata, quella dei concili come Nicea (325) - Divinità di Gesù
e Calcedonia (451) - Umanità di Gesù
La Risurrezione di Gesù
Ma l'aspetto più straordinario di Gesù è la sua Risurrezione. Le posizioni scettiche
moderne guardano a questo evento in maniera strampalata come un simbolo o un fatto
psicologico o l'effetto di una sua preesistenza. C'è un approccio riduttivo che non tiene
conto del linguaggio biblico, teologico ed ecclesiale. La Risurrezione è la pienezza ed il
compimento della salvezza
Il primo linguaggio mette in evidenza il Gesù prima e dopo con i suoi limiti
Il secondo la discontinuità tra il Cristo storico e quello della Fede
Il terzo media tra le due posizioni, mette in evidenza l'Umanità di Dio che vuole farsi
vedere, che permette di essere riconosciuto dagli apostoli nella fede per una missione.
Paolo sintetizza tutto in 1Cor 15,35ss con le sue affermazioni sul corpo naturale e quello
spirituale che ne evidenzia da un lato la continuità, ma anche la discontinuità.
35Ma qualcuno dirà: «Come risorgono i morti? Con quale corpo verranno?. 36Stolto! Ciò che tu
semini non prende vita, se prima non muore. 37Quanto a ciò che semini, non semini il corpo che
nascerà, ma un semplice chicco di grano o di altro genere. 38E Dio gli dà un corpo come ha stabilito,
e a ciascun seme il proprio corpo. 39Non tutti i corpi sono uguali: altro è quello degli uomini e altro
quello degli animali; altro quello degli uccelli e altro quello dei pesci. 40Vi sono corpi celesti e corpi
terrestri, ma altro è lo splendore dei corpi celesti, altro quello dei corpi terrestri. 41Altro è lo
splendore del sole, altro lo splendore della luna e altro lo splendore delle stelle. Ogni stella infatti
differisce da un'altra nello splendore. 42Così anche la risurrezione dei morti: è seminato nella
corruzione, risorge nell'incorruttibilità; 43è seminato nella miseria, risorge nella gloria; è seminato
nella debolezza, risorge nella potenza; 44è seminato corpo animale, risorge corpo spirituale.
Se c'è un corpo animale, vi è anche un corpo spirituale. Sta scritto infatti che 45il
primo uomo, Adamo, divenne un essere vivente, ma l'ultimo Adamo divenne spirito datore di
vita. 46Non vi fu prima il corpo spirituale, ma quello animale, e poi lo spirituale. 47Il primo uomo,
tratto dalla terra, è fatto di terra; il secondo uomo viene dal cielo. 48Come è l'uomo terreno, così
sono quelli di terra; e come è l'uomo celeste, così anche i celesti. 49E come eravamo simili all'uomo
terreno, così saremo simili all'uomo celeste. 50Vi dico questo, o fratelli: carne e sangue non possono
ereditare il regno di Dio, né ciò che si corrompe può ereditare l'incorruttibilità.
Con la comprensione nel corso dei secoli si arriva al mistero pasquale come frutto
dell'intera Trinità
Ricadute sull'antropologia
Secondo GS 22 solo Cristo svela l'uomo all'uomo. Definendo Cristo si definisce l'uomo
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In realtà solamente nel mistero del Verbo incarnato trova vera luce il mistero dell'uomo.
Adamo, infatti, il primo uomo, era figura di quello futuro (28) (Rm5,14) e cioè di Cristo Signore.
Cristo, che è il nuovo Adamo, proprio rivelando il mistero del Padre e del suo amore svela anche
pienamente l'uomo a se stesso e gli manifesta la sua altissima vocazione.
Nessuna meraviglia, quindi, che tutte le verità su esposte in lui trovino la loro sorgente e tocchino il
loro vertice. Egli è « l'immagine dell'invisibile Iddio » (Col1,15) (29) è l'uomo perfetto che ha restituito
ai figli di Adamo la somiglianza con Dio, resa deforme già subito agli inizi a causa del peccato.
Poiché in lui la natura umana è stata assunta, senza per questo venire annientata (30) per ciò stesso
essa è stata anche in noi innalzata a una dignità sublime.
Ha lavorato con mani d'uomo, ha pensato con intelligenza d'uomo, ha agito con volontà d'uomo (31)
ha amato con cuore d'uomo. Nascendo da Maria vergine, egli si è fatto veramente uno di noi, in tutto
simile a noi fuorché il peccato (32). Agnello innocente, col suo sangue sparso liberamente ci ha
meritato la vita; in lui Dio ci ha riconciliati con se stesso e tra noi (33) e ci ha strappati dalla schiavitù
del diavolo e del peccato; così che ognuno di noi può dire con l'Apostolo: il Figlio di Dio « mi ha
amato e ha sacrificato se stesso per me» (Gal2,20). Soffrendo per noi non ci ha dato semplicemente
l'esempio perché seguiamo le sue orme (34) ma ci ha anche aperta la strada: se la seguiamo, la vita
e la morte vengono santificate e acquistano nuovo significato.
Il cristiano poi, reso conforme all'immagine del Figlio che è il primogenito tra molti fratelli riceve «le
primizie dello Spirito» (Rm8,23) (35) per cui diventa capace di adempiere la legge nuova dell'amore
(36).
In virtù di questo Spirito, che è il «pegno della eredità» (Ef 1,14), tutto l'uomo viene interiormente
rinnovato, nell'attesa della « redenzione del corpo » (Rm 8,23): « Se in voi dimora lo Spirito di colui
che risuscitò Gesù da morte, egli che ha risuscitato Gesù Cristo da morte darà vita anche ai vostri
corpi mortali, mediante il suo Spirito che abita in voi» (Rm8,11) (37).
Il cristiano certamente è assillato dalla necessità e dal dovere di combattere contro il male
attraverso molte tribolazioni, e di subire la morte; ma, associato al mistero pasquale, diventando
conforme al Cristo nella morte, così anche andrà incontro alla risurrezione fortificato dalla speranza
(38).
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E ciò vale non solamente per i cristiani, ma anche per tutti gli uomini di buona volontà, nel cui cuore
lavora invisibilmente la grazia (39). Cristo, infatti, è morto per tutti (40) e la vocazione ultima
dell'uomo è effettivamente una sola, quella divina; perciò dobbiamo ritenere che lo Spirito Santo dia
a tutti la possibilità di venire associati, nel modo che Dio conosce, al mistero pasquale.
Tale e così grande è il mistero dell'uomo, questo mistero che la Rivelazione cristiana fa brillare agli
occhi dei credenti. Per Cristo e in Cristo riceve luce quell'enigma del dolore e della morte, che al di
fuori del suo Vangelo ci opprime. Con la sua morte egli ha distrutto la morte, con la sua risurrezione
ci ha fatto dono della vita (41), perché anche noi, diventando figli col Figlio, possiamo pregare
esclamando nello Spirito: Abba, Padre! (42).
1) Mistero
Solo Cristo con il suo mistero può illuminare il mistero dell'uomo. La natura umana non è
depauperata ma il Concilio fa riflettere la luce di Cristo sulla vita dell'uomo perché possa
essere illuminato. Solo Cristo può rispondere alle domande ultime della vita umana
2) Questo mistero è attualizzato da Cristo nel momento della sua incarnazione, dando
all'uomo per adozione la figliolanza divina. La vocazione ultima dell'uomo è diventare
Figlio nel Figlio.
Questa vocazione ha 3 domande fondamentali: La vita? La morte? Il futuro?
Questo domande trovano risposte esaustive nella vita di Cristo: Vita - Morte - Risurrezione
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Ecclesiologia Fondamentale
Le domande base: Qual è l'origine della Chiesa? La sua natura? La sua genesi storica? La
sua attualità per la fede?
La Chiesa è una risorsa o un problema per la fede? (K.Rahner)
Come la Chiesa può essere credibile?
L'ecclesiologia nasce in un contesto apologetico.
Medioevo (1302.-1303)
Guglielmo da Viterbo pone le fondamenta dell'ecclesiologia fondamentale difendendo la
chiesa nei problemi di allora
Riforma-Controriforma
Roberto Bellarmino con il Catechismo (1536-1570)
Vaticano I
Accentua la dimensione apologetica e gerarchica
Vaticano II
Recupera il concetto di mistero e sacramento. L'ecclesiologia passa da apologetica a
forza nell'identità. Gesù Cristo illumina il mondo con il segno della Chiesa
Ci sono 3 vie:
1) Via storica: attraverso fatti, scritti e documenti si cerca di dimostrare che solo nella
Chiesa Cattolica è presente la Chiesa di Cristo.
2) Via della vita: santità, unità, cattolicità, apostolicità ci sono in pienezza nella Chiesa
Cattolica
3) Via empirica (proposta dal Vaticano I) : vuole dimostrare che la Chiesa è segno di
credibilità attraverso i beni che Dio le ha concesso e tramite la sua moralità. Un
metodo non troppo oggettivo
Queste vie vengono reinterpretate dal Vaticano II.
La Chiesa è un mistero complesso. In Lumen Gentium 8 sono evidenziati 3 aspetti
fondamentali, sulla base dei sacramenti:
1) società visibile
2) radicale originalità in quanto comunità di fede, speranza, carità
3) modello escatologico con finalità salvifica
42Erano perseveranti nell'insegnamento degli apostoli e nella comunione, nello spezzare il pane e
nelle preghiere. 43Un senso di timore era in tutti, e prodigi e segni avvenivano per opera degli
apostoli. 44Tutti i credenti stavano insieme e avevano ogni cosa in comune; 45vendevano le loro
proprietà e sostanze e le dividevano con tutti, secondo il bisogno di ciascuno. 46Ogni giorno erano
perseveranti insieme nel tempio e, spezzando il pane nelle case, prendevano cibo con letizia e
semplicità di cuore, 47lodando Dio e godendo il favore di tutto il popolo. Intanto il Signore ogni
giorno aggiungeva alla comunità quelli che erano salvati.
1. Cristo è la luce delle genti: questo santo Concilio, adunato nello Spirito Santo, desidera dunque
ardentemente, annunciando il Vangelo ad ogni creatura (cfr. Mc 16,15), illuminare tutti gli uomini
con la luce del Cristo che risplende sul volto della Chiesa. E siccome la Chiesa è, in Cristo, in qualche
modo il sacramento, ossia il segno e lo strumento dell'intima unione con Dio e dell'unità di tutto il
genere umano, continuando il tema dei precedenti Concili, intende con maggiore chiarezza illustrare
ai suoi fedeli e al mondo intero la propria natura e la propria missione universale. Le presenti
condizioni del mondo rendono più urgente questo dovere della Chiesa, affinché tutti gli uomini, oggi
più strettamente congiunti dai vari vincoli sociali, tecnici e culturali, possano anche conseguire la
piena unità in Cristo.
2. L'eterno Padre, con liberissimo e arcano disegno di sapienza e di bontà, creò l'universo; decise di
elevare gli uomini alla partecipazione della sua vita divina; dopo la loro caduta in Adamo non li
abbandonò, ma sempre prestò loro gli aiuti per salvarsi, in considerazione di Cristo redentore, « il
quale è l'immagine dell'invisibile Dio, generato prima di ogni creatura » (Col 1,15). Tutti infatti quelli
che ha scelto, il Padre fino dall'eternità « li ha distinti e li ha predestinati a essere conformi
all'immagine del Figlio suo, affinché egli sia il primogenito tra molti fratelli » (Rm 8,29). I credenti in
Cristo, li ha voluti chiamare a formare la santa Chiesa, la quale, già annunciata in figure sino dal
principio del mondo, mirabilmente preparata nella storia del popolo d'Israele e nell'antica Alleanza
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[1], stabilita infine « negli ultimi tempi », è stata manifestata dall'effusione dello Spirito e avrà glorioso
compimento alla fine dei secoli. Allora, infatti, come si legge nei santi Padri, tutti i giusti, a partire da
Adamo, « dal giusto Abele fino all'ultimo eletto » [2], saranno riuniti presso il Padre nella Chiesa
universale.
3. È venuto quindi il Figlio, mandato dal Padre, il quale ci ha scelti in lui prima della fondazione del
mondo e ci ha predestinati ad essere adottati in figli, perché in lui volle accentrare tutte le cose (cfr.
Ef 1,4-5 e 10). Perciò Cristo, per adempiere la volontà del Padre, ha inaugurato in terra il regno dei
cieli e ci ha rivelato il mistero di lui, e con la sua obbedienza ha operato la redenzione. La Chiesa,
ossia il regno di Cristo già presente in mistero, per la potenza di Dio cresce visibilmente nel mondo.
Questo inizio e questa crescita sono significati dal sangue e dall'acqua, che uscirono dal costato
aperto di Gesù crocifisso (cfr. Gv 19,34), e sono preannunziati dalle parole del Signore circa la sua
morte in croce: « Ed io, quando sarò levato in alto da terra, tutti attirerò a me » (Gv 12,32). Ogni volta
che il sacrificio della croce, col quale Cristo, nostro agnello pasquale, è stato immolato (cfr. 1 Cor
5,7), viene celebrato sull'altare, si rinnova l'opera della nostra redenzione. E insieme, col sacramento
del pane eucaristico, viene rappresentata ed effettuata l'unità dei fedeli, che costituiscono un solo
corpo in Cristo (cfr. 1 Cor 10,17). Tutti gli uomini sono chiamati a questa unione con Cristo, che è la
luce del mondo; da lui veniamo, per mezzo suo viviamo, a lui siamo diretti.
4. Compiuta l'opera che il Padre aveva affidato al Figlio sulla terra (cfr. Gv 17,4), il giorno di
Pentecoste fu inviato lo Spirito Santo per santificare continuamente la Chiesa e affinché i credenti
avessero così attraverso Cristo accesso al Padre in un solo Spirito (cfr. Ef 2,18). Questi è lo Spirito
che dà la vita, una sorgente di acqua zampillante fino alla vita eterna (cfr. Gv 4,14; 7,38-39); per
mezzo suo il Padre ridà la vita agli uomini, morti per il peccato, finché un giorno risusciterà in Cristo
i loro corpi mortali (cfr. Rm 8,10-11). Lo Spirito dimora nella Chiesa e nei cuori dei fedeli come in un
tempio (cfr. 1 Cor 3,16; 6,19) e in essi prega e rende testimonianza della loro condizione di figli di
Dio per adozione (cfr. Gal 4,6; Rm 8,15-16 e 26). Egli introduce la Chiesa nella pienezza della verità
(cfr. Gv 16,13), la unifica nella comunione e nel ministero, la provvede e dirige con diversi doni
gerarchici e carismatici, la abbellisce dei suoi frutti (cfr. Ef 4,11-12; 1 Cor 12,4; Gal 5,22). Con la forza
del Vangelo la fa ringiovanire, continuamente la rinnova e la conduce alla perfetta unione col suo
Sposo [3]. Poiché lo Spirito e la sposa dicono al Signore Gesù: « Vieni » (cfr. Ap 22,17).
Così la Chiesa universale si presenta come « un popolo che deriva la sua unità dall'unità del Padre,
del Figlio e dello Spirito Santo » [4].
Il regno di Dio
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5. Il mistero della santa Chiesa si manifesta nella sua stessa fondazione. Il Signore Gesù, infatti,
diede inizio ad essa predicando la buona novella, cioè l'avvento del regno di Dio da secoli promesso
nella Scrittura: « Poiché il tempo è compiuto, e vicino è il regno di Dio » (Mc 1,15; cfr. Mt 4,17). Questo
regno si manifesta chiaramente agli uomini nelle parole, nelle opere e nella presenza di Cristo. La
parola del Signore è paragonata appunto al seme che viene seminato nel campo (cfr. Mc 4,14): quelli
che lo ascoltano con fede e appartengono al piccolo gregge di Cristo (cfr. Lc 12,32), hanno accolto
il regno stesso di Dio; poi il seme per virtù propria germoglia e cresce fino al tempo del raccolto (cfr.
Mc 4,26-29). Anche i miracoli di Gesù provano che il regno è arrivato sulla terra: « Se con il dito di
Dio io scaccio i demoni, allora è già pervenuto tra voi il regno di Dio » (Lc 11,20; cfr. Mt 12,28). Ma
innanzi tutto il regno si manifesta nella stessa persona di Cristo, figlio di Dio e figlio dell'uomo, il
quale è venuto « a servire, e a dare la sua vita in riscatto per i molti » (Mc 10,45). Quando poi Gesù,
dopo aver sofferto la morte in croce per gli uomini, risorse, apparve quale Signore e messia e
sacerdote in eterno (cfr. At 2,36; Eb 5,6; 7,17-21), ed effuse sui suoi discepoli lo Spirito promesso dal
Padre (cfr. At 2,33). La Chiesa perciò, fornita dei doni del suo fondatore e osservando fedelmente i
suoi precetti di carità, umiltà e abnegazione, riceve la missione di annunziare e instaurare in tutte le
genti il regno di Cristo e di Dio, e di questo regno costituisce in terra il germe e l'inizio. Intanto, mentre
va lentamente crescendo, anela al regno perfetto e con tutte le sue forze spera e brama di unirsi col
suo re nella gloria.
6. Come già nell'Antico Testamento la rivelazione del regno viene spesso proposta in figure, così
anche ora l'intima natura della Chiesa ci si fa conoscere attraverso immagini varie, desunte sia dalla
vita pastorale o agricola, sia dalla costruzione di edifici o anche dalla famiglia e dagli sponsali, e che
si trovano già abbozzate nei libri dei profeti.
La Chiesa infatti è un ovile, la cui porta unica e necessaria è Cristo (cfr. Gv 10,1-10). È pure un gregge,
di cui Dio stesso ha preannunziato che ne sarebbe il pastore (cfr. Is 40,11; Ez 34,11 ss), e le cui
pecore, anche se governate da pastori umani, sono però incessantemente condotte al pascolo e
nutrite dallo stesso Cristo, il buon Pastore e principe dei pastori (cfr. Gv 10,11; 1 Pt 5,4), il quale ha
dato la vita per le pecore (cfr. Gv 10,11-15).
La Chiesa è il podere o campo di Dio (cfr. 1 Cor 3,9). In quel campo cresce l'antico olivo, la cui santa
radice sono stati i patriarchi e nel quale è avvenuta e avverrà la riconciliazione dei Giudei e delle
Genti (cfr. Rm 11,13-26). Essa è stata piantata dal celeste agricoltore come vigna scelta (Mt 21,33-
43, par.; cfr. Is 5,1 ss). Cristo è la vera vite, che dà vita e fecondità ai tralci, cioè a noi, che per mezzo
della Chiesa rimaniamo in lui, e senza di lui nulla possiamo fare (cfr. Gv 15,1-5).
Più spesso ancora la Chiesa è detta edificio di Dio (cfr. 1 Cor 3,9). Il Signore stesso si paragonò alla
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pietra che i costruttori hanno rigettata, ma che è divenuta la pietra angolare (Mt 21,42 par.). Sopra
quel fondamento la Chiesa è costruita dagli apostoli (cfr. 1 Cor 3,11) e da esso riceve stabilità e
coesione. Questo edificio viene chiamato in varie maniere: casa di Dio (cfr. 1 Tm 3,15), nella quale
cioè abita la sua famiglia, la dimora di Dio nello Spirito (cfr. Ef 2,19-22), la dimora di Dio con gli
uomini (cfr. Ap 21,3), e soprattutto tempio santo, il quale, rappresentato dai santuari di pietra, è
l'oggetto della lode dei santi Padri ed è paragonato a giusto titolo dalla liturgia alla città santa, la
nuova Gerusalemme [5]. In essa infatti quali pietre viventi veniamo a formare su questa terra un
tempio spirituale (cfr. 1 Pt 2,5). E questa città santa Giovanni la contempla mentre, nel momento in
cui si rinnoverà il mondo, scende dal cielo, da presso Dio, « acconciata come sposa adornatasi per
il suo sposo » (Ap 21,1s).
La Chiesa, chiamata « Gerusalemme celeste » e « madre nostra » (Gal 4,26; cfr. Ap 12,17), viene pure
descritta come l'immacolata sposa dell'Agnello immacolato (cfr. Ap 19,7; 21,2 e 9; 22,17), sposa che
Cristo « ha amato.. . e per essa ha dato se stesso, al fine di santificarla » (Ef 5,26), che si è associata
con patto indissolubile ed incessantemente « nutre e cura » (Ef 5,29), che dopo averla purificata,
volle a sé congiunta e soggetta nell'amore e nella fedeltà (cfr. Ef 5,24), e che, infine, ha riempito per
sempre di grazie celesti, onde potessimo capire la carità di Dio e di Cristo verso di noi, carità che
sorpassa ogni conoscenza (cfr. Ef 3,19). Ma mentre la Chiesa compie su questa terra il suo
pellegrinaggio lontana dal Signore (cfr. 2 Cor 5,6), è come un esule, e cerca e pensa alle cose di
lassù, dove Cristo siede alla destra di Dio, dove la vita della Chiesa è nascosta con Cristo in Dio, fino
a che col suo sposo comparirà rivestita di gloria (cfr. Col 3,1-4).
Si capisce che il CVII abbandona la visuale apologetica per una dimensione misterico-
sacramentale.
Dopo il Concilio si parlerà di Ecclesiologia di Comunione, abbandonando una visuale
gerarchica. L'interesse si sposta dal come la Chiesa è stata fondata al processo lungo la
storia salvifica con valore sacramentale e trinitario.
La Chiesa è vista come il sogno di Dio ed il Suo desiderio.
Il CCC riporta LG 2-5: la Chiesa preparata dall'origine del mondo, preparata dall'AT,
stabilita e manifestata da Cristo.
Sulla Chiesa si esprimono anche 2 documenti del Commissione Teologica Internazionale:
1985 Temi scelti di Ecclesiologia
1986 La Coscienza di Gesù
Nel primo sono riportate 10 tappe per la rivelazione della Chiesa
Nel secondo viene presentata la Chiesa per la salvezza dell'uomo e per il regno di Dio.
Non si può parlare di ecclesiologia esplicita ma implicita dove il cuore non è storico
(Fondatore-Fondamento) ma teologico (Fondamento = Gesù)
25E voi, mariti, amate le vostre mogli, come anche Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso
per lei, 26per renderla santa, purificandola con il lavacro dell'acqua mediante la parola, 27e per
presentare a se stesso la Chiesa tutta gloriosa, senza macchia né ruga o alcunché di simile, ma
santa e immacolata.
Fasi
Nella prima fase prevale la dimensione carismatica e missionaria: chiesa come koinonìa,
comunione con Cristo, unità con i fratelli.
La II fase è quella dello sviluppo in epoca sub-apostolica (66-100). I discepoli continuano
ad usare il nome degli apostoli, scrivono a loro nome anche se sono morti. E' l'epoca delle
lettere deuteropaoline (Efesini, Colossesi). E' l'epoca dei conflitti con i Romani e con gli
Ebrei (separazione con scomunica al Concilio di Jamna - 70 d.C.)
Nella III fase prevale la dimensione pastorale (più che missionaria). E' la fase post-
apostolica (110-140 d.C). Comincia la fase istituzionale con la gerarchizzazione della
Chiesa (vescovi, presbiteri e diaconi). E' l'epoca delle lettere pastorali (1-2 Timoteo - Tito)
e apocalittiche (2 Pietro)
Successivamente:
• Si fissa il Canone della Bibbia (Principio della Scrittura nella Chiesa - a differenza
dei protestanti)
• Lex orandi - Lex credendi (Prospero di Aquitania - V sec.)
• Emerge il primato petrino
La teologia del primato di Pietro parte da due brani evangelici:
Mt 16,16-19 (Dimensione della grazia del ministero petrino)
16Rispose Simon Pietro: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente». 17E Gesù gli disse: «Beato sei tu,
Simone, figlio di Giona, perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei
cieli. 18E io a te dico: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi
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non prevarranno su di essa. 19A te darò le chiavi del regno dei cieli: tutto ciò che legherai sulla terra
sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli»
15Quand'ebbero mangiato, Gesù disse a Simon Pietro: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami più di
costoro?». Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene». Gli disse: «Pasci i miei
agnelli». 16Gli disse di nuovo, per la seconda volta: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami?». Gli rispose:
«Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene». Gli disse: «Pascola le mie pecore». 17Gli disse per la
terza volta: «Simone, figlio di Giovanni, mi vuoi bene?». Pietro rimase addolorato che per la terza
volta gli domandasse: «Mi vuoi bene?», e gli disse: «Signore, tu conosci tutto; tu sai che ti voglio
bene». Gli rispose Gesù: «Pasci le mie pecore.
Testi magisteriali sono quelli di papa Leone Magno e di tre concili (Lione, Firenze,
Vaticano 1). Quest'ultimo con il documento Pastor Aeternus del 1870
Sull'argomento il CVII si esprime nella LG 22
749 L'articolo sulla Chiesa dipende anche interamente da quello sullo Spirito Santo, che lo precede.
« In quello, infatti, lo Spirito Santo ci appare come la fonte totale di ogni santità; in questo, il divino
Spirito ci appare come la sorgente della santità della Chiesa ». 119 Secondo l'espressione dei Padri,
la Chiesa è il luogo « dove fiorisce lo Spirito ».
750 Credere che la Chiesa è « Santa » e « Cattolica » e che è « Una » e « Apostolica » (come aggiunge
il Simbolo niceno-costantinopolitano) è inseparabile dalla fede in Dio Padre, Figlio e Spirito Santo.
Nel Simbolo degli Apostoli professiamo di credere la santa Chiesa (« Credo[...] Ecclesiam »), e
non nella Chiesa, per non confondere Dio con le sue opere e per attribuire chiaramente alla bontà di
Dio tutti i doni che egli ha riversato nella sua Chiesa.
La Chiesa è verità relativa al fine (legato a Dio) e di mezzo (come servizio per credere in
Dio. La Chiesa è segno di Cristo e non viceversa.
Nel periodo post medioevale e moderno si perde questa impostazione. Dal 1517 con il
De vera Ecclesia la chiesa come segno di credibilità diventa motivo fondamentale della
fede.
Il CVII ristabilisce il primato di Cristo e la Chiesa svolge la funzione di facilitazione della
fede come annuncio della Parola e testimonianza della Fede.
73
Paolo VI nella Evangelii Nuntiandi (8 dicembre 1975) dice che il mondo non ascolta i
maestri ma i testimoni.
L'importanza della Testimonianza è evidenziata anche da GPII in Fides et Ratio 32 e da
Francesco con la Gaudete et exultate (la Santità come via)
Tre dimensioni
1. Orante (adorate Cristo - 1Pt 3,15)
2. del cuore (Cor ad cor loquitur - Neumann)
3. Essere sentinella (della cultura, delle altre chiese, delle altre religioni)
Lumen Gentium 8
8. Cristo, unico mediatore, ha costituito sulla terra e incessantemente sostenta la sua Chiesa santa,
comunità di fede, di speranza e di carità [9], quale organismo visibile, attraverso il quale diffonde per
tutti la verità e la grazia. Ma la società costituita di organi gerarchici e il corpo mistico di Cristo,
l'assemblea visibile e la comunità spirituale, la Chiesa terrestre e la Chiesa arricchita di beni celesti,
non si devono considerare come due cose diverse; esse formano piuttosto una sola complessa
realtà risultante di un duplice elemento, umano e divino [10]. Per una analogia che non è senza
valore, quindi, è paragonata al mistero del Verbo incarnato. Infatti, come la natura assunta serve al
Verbo divino da vivo organo di salvezza, a lui indissolubilmente unito, così in modo non dissimile
l'organismo sociale della Chiesa serve allo Spirito di Cristo che la vivifica, per la crescita del corpo
(cfr. Ef 4,16) [11].
74
Questa è l'unica Chiesa di Cristo, che nel Simbolo professiamo una, santa, cattolica e apostolica [12]
e che il Salvatore nostro, dopo la sua resurrezione, diede da pascere a Pietro (cfr. Gv 21,17),
affidandone a lui e agli altri apostoli la diffusione e la guida (cfr. Mt 28,18ss), e costituì per sempre
colonna e sostegno della verità (cfr. 1 Tm 3,15). Questa Chiesa, in questo mondo costituita e
organizzata come società, sussiste nella Chiesa cattolica, governata dal successore di Pietro e dai
vescovi in comunione con lui [13], ancorché al di fuori del suo organismo si trovino parecchi elementi
di santificazione e di verità, che, appartenendo propriamente per dono di Dio alla Chiesa di Cristo,
spingono verso l'unità cattolica. Come Cristo ha compiuto la redenzione attraverso la povertà e le
persecuzioni, così pure la Chiesa e chiamata a prendere la stessa via per comunicare agli uomini i
frutti della salvezza. Gesù Cristo « che era di condizione divina... spogliò se stesso, prendendo la
condizione di schiavo » (Fil 2,6-7) e per noi « da ricco che era si fece povero » (2 Cor 8,9): così anche
la Chiesa, quantunque per compiere la sua missione abbia bisogno di mezzi umani, non è costituita
per cercare la gloria terrena, bensì per diffondere, anche col suo esempio, l'umiltà e l'abnegazione.
Come Cristo infatti è stato inviato dal Padre « ad annunciare la buona novella ai poveri, a guarire
quei che hanno il cuore contrito » (Lc 4,18), « a cercare e salvare ciò che era perduto» (Lc 19,10),
così pure la Chiesa circonda d'affettuosa cura quanti sono afflitti dalla umana debolezza, anzi
riconosce nei poveri e nei sofferenti l'immagine del suo fondatore, povero e sofferente, si fa premura
di sollevarne la indigenza e in loro cerca di servire il Cristo. Ma mentre Cristo, « santo, innocente,
immacolato » (Eb 7,26), non conobbe il peccato (cfr. 2 Cor 5,21) e venne solo allo scopo di espiare i
peccati del popolo (cfr. Eb 2,17), la Chiesa, che comprende nel suo seno peccatori ed è perciò santa
e insieme sempre bisognosa di purificazione, avanza continuamente per il cammino della penitenza
e del rinnovamento. La Chiesa « prosegue il suo pellegrinaggio fra le persecuzioni del mondo e le
consolazioni di Dio » [14], annunziando la passione e la morte del Signore fino a che egli venga (cfr.
1 Cor 11,26). Dalla virtù del Signore risuscitato trae la forza per vincere con pazienza e amore le
afflizioni e le difficoltà, che le vengono sia dal di dentro che dal di fuori, e per svelare in mezzo al
mondo, con fedeltà, anche se non perfettamente, il mistero di lui, fino a che alla fine dei tempi esso
sarà manifestato nella pienezza della luce.