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Ogni epoca ha le sue passioni che, di epoca in epoca, differiscono tra loro e
assumono sfumature e caratteri diversi, ovviamente in base ai mutamenti
individuali e sociali.
Parlando di paura bisogna però porsi due domande: paura di chi? Paura di che
cosa? La risposta a tali domande cambia in base alla natura dell’ oggetto, ma
possiamo distinguere tra due tipi di paura: la paura dell’altro e la paura del
futuro.
PAURA DELL’ ALTRO:
partiamo da una situazione Hobbesiana in cui il conflitto è generato dal fatto che
tutti gli uomini hanno gli stessi diritti e passioni; potrebbe sembrare una
condizione ideale ma proprio nel rincorrere questi diritti le persone arrivano allo
scontro e alla violenza: ecco che sopraggiunge allora la paura della morte, intesa
però come la paura di una morte violenta causata dal nemico. Per evitare che ciò
si verifichi gli individui hanno “costruito” lo stato, affinchè limitasse i diritti e
frenasse le passioni distruttive (come passione della gloria), garantendo,
attraverso la nascita di un patto sociale, una condizione di pace e sicurezza.
Questo patto non porta ad altro che ad una metamorforsi della paura, che si
trasforma da paura della morte a paura delle sanzioni e punizioni dello stato, in
caso si compia qualcosa che va contro alla legge: per questo la paura assume
anche un carattere positivo e necessario perché permette di mantenere l’ordine
(non esco quando c’è la quarantena così non prendo una multa, non tanto perché
mi preoccupi la pericolosità del corona virus o le ripercussioni che ciò può avere
sulle altre persone).
la paura del futuro nasce da quello che ho detto all’inizio, ossia dalla situazione di
insicurezza che caratterizza l’età globale, cioè la nostra epoca. Il futuro infatti ci
appare come incerto e indeterminato dal momento che non siamo in grado di
controllarlo e, men che meno, di prevederlo.
La paura del futuro si può dividere in paura per quello che sarà della nostra vita
dipendentemente da fattori materiali come la povertà, oppure paura, come già
detto, delle sfide planetarie. Quest’ultimo tipo di paura del futuro è anche quella
più spaventosa se diventiamo consapevoli di come queste sfide planetarie siano il
risultato imprevisto e andato male di decisioni che le generazioni prima di noi
hanno preso proprio con l’intento di controllare il futuro; anche in questo caso si
può parlare di angoscia perché ci tr0viamo di fronte a qualcosa di ignoto e
indeterminato; già Kierkeegard e Hidegger ci danno una definizione molto simile
di angoscia: secondo il primo sarebbe una condizione esistenziale generata dalla
vertigine che ci percorre davanti alla libertà e alle infinite possibilità, Hidegger
invece definisce l’angoscia come ciò che ci mette di fronte al niente a cui ogni
uomo è destinato, quindi l’angoscia come minaccia del nulla.
Innanzitutto dobbiamo porre fine al diniego e non autoconvincerci che un tale pericolo
non esista e sia a noi distante; inoltre dobbiamo interrompere quell’atteggiamento
violento e ostile nei confronti del nemico e del diverso, anche se ciò può significare
mettere in dubbio la propria identità: questo non significa adottare la via della
tolleranza dietro a cui spesso si nasconde odio e un sentimento di superiorità, ma
provare ad essere il più empatici possibile verso l’altro accettando la nostra stessa
vulnerabilità che, per certi versi, ci rende simile a lui.