Il processo penale serve a verificare se un soggetto ha
commesso o meno un reato.
1. Ogni persona ha diritto ad un giusto processo, che
segue le regole dello stato. 2. Ci deve essere parità davanti al giudice. (Ogni persona è “giudicata” nello stesso modo) 3. Ogni imputato (ovvero la persona accusata) ha diritto alla difesa, quindi ad un avvocato difensore. Questo è un diritto presente in tutti gli Stati. 4. Ci deve essere presunzione di non colpevolezza, per questo l’imputato può essere considerato colpevole solo dopo la sentenza finale. 5. Ognuno ha diritto alla propria libertà personale. Solo il giudice può limitare la libertà di una persona, ma deve farlo esprimendo le motivazioni. 6. Qualsiasi persona può assistere al processo, ma non può intervenire. Il giudice può tuttavia condurre il processo a porte chiuse. 7. Ci deve essere assoluta parità tra accusa e difesa, quindi sono considerati uguali. 8. Un altro principio è il cosiddetto Favor Rei, ovvero va data la precedenza all’imputato. Se non c’è la certezza che l’imputato abbia commesso un reato il giudice deve liberarlo. 9. L’imputato non può essere giudicato per lo stesso reato. Allora lo Stato, non potendo rimanere impotente di fronte al popolo italiano che ha paura, comincia a indagare sulla mafia di Corleone, che in risposta nel 1982 uccide un uomo di stato, Pio La Torre, che ha dedicato la sua vita contro la Mafia. Viene quindi inviato a Palermo il già famoso generale Carlo Alberto Dalla Chiesa. Egli capisce subito che la sua è una nomina solo di facciata, perché, nonostante richieda rinforzi allo Stato, rimane da solo. Infatti il 3 settembre 1982 viene ucciso in via Carini a Palermo in macchina con la seconda moglie. Ora appare in quella strada un famoso cartello: "Qui è morta la speranza dei Palermitani onesti". La gente quindi è ormai talmente insofferente, che lo Stato è costretto a varare nel 1982 una nuova e severa legge antimafia chiamata Rognoni-La Torre con il famoso articolo 41 bis (comunemente chiamato carcere duro), che ha due caratteristiche: 1) introduce nel codice penale il "reato di associazione a delinquere di stampo mafioso"; 2) isola in carcere i boss perché non abbiano più contatti esterni; 3) confisca loro tutto il patrimonio. Si sente quindi l'esigenza di trovare nuove tecniche investigative: viene creato un Pool di magistrati e agenti, cioè un gruppo di uomini, che condividano il più possibile le informazioni (ad esempio usando per la prima volta i computer con nomi e dati incrociati dei Mafiosi); che si scambino i fascicoli delle inchieste, sulle quali ciascuna indaga secondo le proprie competenze, e che non li isoli, affinché la Mafia non li possa uccidere tutti. Lavorano insieme quindi brillanti magistrati, come ad esempio Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, il commissario Antonio (Ninì) Cassará, guidati dalla capo Rocco Chinnici. Fin da subito non vengono accettati, dato che nello stesso palazzo di giustizia di Palermo molti magistrati lavorano per la Mafia e perciò si isolano in una aula protetta nei sotterranei dove lavorano chiusi giorno e notte. L'inchiesta parte da due indagini incrociate: 1) Borsellino nel maggio del 1980 riceve dal capitano di Monreale, Basile, dei documenti segreti che accusano un noto direttore di banca di complicità con la Mafia corleonese di Totò Riina. Poiché Basile viene eliminato di sera durante una processione mentre guarda i fuochi d'artificio artificio, Borsellino approfondisce l'indagine e scopre che i Corleonesi si stanno
sostituendo ai Palermitani e che non si limitano più a
trafficare droga, ma a raffinarla dalla morfina acquistata in Oriente in eroina pura con l'aiuto di chimici francesi: il giro di affari é diventato quindi quello dell'intero bilancio di uno stato. 2) Falcone parte invece dalla scoperta che, seguendo i fiumi di denaro sui conti bancari, si riesce a risalire sempre agli stessi nomi di Mafiosi con il detto "gli uomini si riescono a far sparire nell'acido....i soldi no, perché lasciano sempre una traccia". Scoprono i primi rapporti fra Mafiosi, imprenditori e politici considerati fino ad allora intoccabili e dall'ottobre del 1982 partono i primi eclatanti arresti, consapevoli di "aver varcato il Rubicone" e di aver scatenato una dura guerra. L'opposizione al loro lavoro diventa sempre più evidente quando vengono accusati di danneggiare l'immagine della Sicilia e di infastidire i Palermitani con il rumore continuo delle sirene delle macchine della scorta fino ad arrivare al primo attentato: il 29/7/1983 con un'autobomba sotto casa in via Pipitone a Palermo viene fatto saltare Rocco Chinnici. Coraggiosamente si fa trasferire da Firenze al suo posto il grande magistrato Antonino Caponnetto, che dà una accelerazione alla lotta contro la Mafia. Raccoglie infatti l'intuizione di Falcone, secondo la quale la Mafia avrebbe una struttura ben precisa, confermata da Tommaso Buscetta, catturato in Brasile e portato a Roma, il boss pentito che comincia a collaborare con la giustizia per vendicarsi degli altri capi mafiosi che gli hanno ucciso figli e parenti. Nel luglio del 1984 Falcone incontra Buscetta: entrambi parlano lo stesso linguaggio di codice d'onore perché cresciuti in mezzo alla strada nel quartiere "La calza" di Palermo (il famoso episodio del pacchetto di sigarette). Per la prima volta si parla di Mafia come una struttura organizzata chiamata "Cosa nostra" e guidata al vertice dalla Cupola. Egli fa più di 366 nomi, tra i quali gli assassini del generale Dalla Chiesa e il cassiere di Cosa Nostra Pippo Calò, ma soprattutto è il primo che rivela apertamente che la Mafia è appoggiata da uomini di Stato, facendo arrestare l'allora sindaco di Palermo Vito Ciancimino. Poiché seguono fiumi di arrestati e non si possono celebrare così tanti processi, se ne istituisce uno solo, un maxi-processo, non contro i singoli Mafiosi ma contro la Mafia. Nell'attesa che si celebri il maxi-processo, la Mafia si muove con altri due atti intimidatori: vengono uccisi prima un poliziotto al mare il 28/7/1985 e poi Ninì Cassará con armi da fuoco sotto casa il 6/8/1985. É per questo che i due magistrati Falcone e Borsellino sono costretti a rifugiarsi con le loro famiglie in aereo nell'isola dell'Asinara in Sardegna per scrivere le migliaia di pagine degli atti del processo senza diventare vittime di attentati. Finalmente inizia il maxi-processo, per il quale viene costruita una grande aula bunker direttamente collegata alla carcere dell'Ucciardone, dove sono imprigionati tutti i 475 mafiosi accusati. Per la prima volta tutto il vertice dei Mafiosi viene a trovarsi a rispondere di efferati crimini e molti vengono condannati all'ergastolo dopo la brillante accusa del magistrato Giuseppe Ayala. A questo punto si pensa che la lotta alla Mafia sia vincente ma alla scadenza del mandato del capo del Pool Caponnetto non viene eletto Falcone, bensì un anziano magistrato completamente inesperto di Mafia Antonino Meli, che non vuole più che i magistrati lavorino insieme e su casi esclusivamente riguardanti la Mafia. Intanto Giovanni Falcone e Paolo Borsellino sono sempre più isolati e il primo rilascia inquietanti interviste sulla certezza di una rinnovata unione di interessi economici fra Mafiosi e politici
italiani con la frase:"Dai primi mi posso difendere dai
secondi no". Un barlume di speranza arriva quando Falcone viene nominato a Roma capo dell'Ufficio di Affari Penali del Ministero di Grazia e Giustizia per creare una Superprocura Antimafia.
Geometria del male: Una misteriosa pergamena templare, una setta sopravvissuta nel corso dei millenni, una cospirazione ordita nei confronti dell'umanità