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CRYPTOTAX

LE TUE MONETE VIRTUALI


IN REGOLA CON IL FISCO

AVV.CARLO ALBERTO MICHELI


https://www.carloalbertomicheli.it/cryptotax/

BITCOIN & CRIPTO:


ASPETTI GIURIDICI E ADEMPIMENTI FISCALI
Sono Carlo Alberto Micheli, Avvocato, Dottore Commercialista e fondatore di
MyAccounting.it e ti do il benvenuto in questo e-book a tema Fisco e Criptovalute.

Specializzato in Business e Fiscalità guido e aiuto professionisti e investitori verso


l’ottimizzazione delle proprie attività, attraverso l’acquisizione di competenze e
strategie fiscali.

Non è facile districarsi nella giungla delle informazioni fiscali. Gli articoli sono spesso
poco chiari, di difficile comprensione e lasciano a libere interpretazioni. Talvolta
queste possono risultare pericolosamente errate e possono portare a gravissime
conseguenze in fase di accertamento fiscale.

Troppe volte in consulenza ho salvato investitori da consigli errati e questo è il


motivo principale per cui ho deciso di creare questo E-book.

Ecco cosa imparerai:

1. Come essere in regola con il possesso di Criptovalute


2. Quale trattamento fiscale applicare per il tuo caso specifico
3. Quante e quali tasse devo pagare sulle plusvalenze da Cripto
4. Quali strategie (legali) ci sono per non pagare le tasse
5. Come si compila la dichiarazione dei redditi
6. Il Trattamento Iva e delle Imposte dirette
7. La Gestione e il Recupero delle Minusvalenze
8. Gli Accertamenti, le Sanzioni e il Ravvedimento Operoso
9. I Tempi di Accertamento e Prescrizione
10. Come NON pagare le imposte sulle plusvalenze da Monete Virtuali

In questo e-book voglio fornirti una guida completa sul corretto inquadramento
giuridico-fiscale da tenere quando si ha a che fare con le Monete Virtuali.

Basta quindi con la scusa che la normativa non è chiara, anche perché dalle
omissioni in materia fiscale l’unico che ci rimette, e tanto, è sempre il contribuente.

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IMPORTANTE: Se dopo avere letto con attenzione questo e-book desideri
approfondire ulteriormente l’argomento cripto e fiscalità in modo realmente
definitivo, devi sapere che ho registrato anche un video a tema ed un videocorso
dedicato.

Il videocorso si chiama ‘’CryptoTax - Le Tue Monete Virtuali in Regola con il Fisco’’


e puoi scoprire tutto cliccando su questo link:
https://www.carloalbertomicheli.it/cryptotax/

Tutta questa produzione di contenuti si è rivelata urgente e necessaria, perché


stiamo assistendo sempre di più ad un incremento nell’attività di scambio, acquisto
e vendita di monete virtuali, ma la confusione dal punto di vista fiscale regna
sovrana.

Questa moneta virtuale, maggiormente rappresentata dai Bitcoin, rappresenta


un’attività estremamente complessa che non è più ad appannaggio di pochi, perché
sta diventando sempre di più ad uso comune.

Operare con le criptovalute significa disporre di un wallet virtuale non tangibile.

Questa caratteristica ha fatto sì che l’individuazione nel tempo della loro natura
giuridica non sia stata effettuata in maniera chiara generando tra i possessori
innumerevoli dubbi sul comportamento da tenere nei confronti del fisco e
dell’amministrazione finanziaria per i proventi ottenuti dallo sfruttamento delle
stesse, ovvero agli obblighi connessi all’antiriciclaggio (di cui approfondirò meglio
nel prosieguo).

Le fonti da cui attingere informazioni su come comportarsi ci sono, e seppure si


presentino in forma disorganizzata, hanno dei tratti comuni che consentono di
individuare una disciplina precisa da seguire per evitare di imbattersi negli errori più
comuni con conseguenze molto pesanti dal punto di vista sanzionatorio.

Iniziamo dunque con l’identificare i capi saldi della disciplina per poi entrare più
nello specifico sulle ragioni che hanno formato il “giusto comportamento” da
seguire in merito alla detenzione delle Monete Virtuali.

L’Agenzia delle Entrate, con la R.M. n. 72/2016, ha associato l’attività di


intermediazione in criptovalute alle operazioni relative a “divise, banconote e
monete con valore liberatorio di cui all’art. 135, paragrafo 1, lett. E), della direttiva
2006/112/Ce” – Tale associazione si pone in linea su quanto già affermato dalla
Corte Di Giustizia dell’Unione Europea con la sentenza del 22 Ottobre 2015, causa
C-264/14.

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Senza entrare nel merito dei singoli provvedimenti è utile sin da subito sottolineare
come vi sia un interesse a regolare il settore sia a livello legislativo (direttiva),
regolamentare (agenzia delle entrate per il tramite delle direzioni regionali) che
giudiziario (Corte di Giustizia e come vedremo a breve e Tar del Lazio), l’ampia
tematica legata a questo nuovo fenomeno.

Di rilevante importanza è il fatto che tutte le discussioni fiscali, sul pagare e non
pagare, sul dichiarare o non dichiarare e su come attuare strategie o escamotage
per ottimizzare la propria posizione va misurata in funzione di un’altra disciplina,
stavolta non fiscale, che alla sua violazione scattano conseguenze davvero
pericolose.

Mi sto riferendo alla disciplina c.d. Antiriciclaggio.

A tal punto è utile segnalare come lo stato centrale italiano abbia normato in
relazione alle criptovalute soltanto in questa branca giuridica; lasciando il compito
all’amministrazione finanziaria e alle commissioni tributarie di intervenire in ambito
fiscale

In ogni decisione inerente alle Monete virtuali si necessita


quindi massima attenzione alla normativa antiriciclaggio e
alle sue conseguenze in caso di violazione, perché è solo
avendo una conoscenza sistemica e dinamica di tutti questi
istituti che si può tracciare con serietà un modus
comportamentale in linea con le disposizioni di legge.

La stessa Agenzia delle Entrate, quindi per il tramite delle direzioni regionali di
Lombardia (in risposta all’interpello 956-39/2018) e Liguria (in risposta all’interpello
903-47/2018), ha precisato che le valute virtuali detenute da soggetti obbligati al
monitoraggio fiscale, devono confluire nel quadro RW e non sono soggette
all’imposta sul valore dei prodotti finanziari, dei conti correnti e dei libretti di
risparmio detenuti all’estero dalle persone fisiche residenti in Italia (c.d. IVAFE) in
quanto tale imposta si applica ai depositi e conti correnti esclusivamente di natura
“bancaria”.

In altre parole, le persone fisiche che detengono monete virtuali:

1. Sono obbligate alla compilazione del quadro RW


2. Non sono soggette (relativamente alle monete virtuali) al pagamento dell’IVAFE

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L’Agenzia delle Entrate in ambito bitcoin ha fornito importanti considerazioni, sia
dandone una definizione, sia precisando due fondamentali caratteristiche:

1. L’agenzia definisce il bitcoin come una tipologia di moneta “virtuale”, o meglio


“criptovaluta”, utilizzata come “moneta” alternativa a quella tradizionale avente
corso legale emessa da una Autorità monetaria.
2. La circolazione dei bitcoin quale mezzo di pagamento, si fonda sull’accettazione
volontaria da parte degli operatori del mercato che, sulla base della fiducia, la
ricevono come corrispettivo nello scambio di beni e servizi, riconoscendone,
quindi, il valore di scambio indipendentemente da un obbligo di legge.

Si tratta, pertanto, di sistema di pagamento decentralizzato, che utilizza una rete di


soggetti paritari (peer to peer) non soggetto ad alcuna disciplina regolamentare
specifica né ad una Autorità centrale che ne governa la stabilità nella circolazione.

Le criptovalute, inoltre, hanno due ulteriori fondamentali caratteristiche:

1. Non hanno natura fisica, bensì digitale, essendo create, memorizzate e utilizzate
non su supporto fisico bensì su dispositivi elettronici (ad esempio smartphone),
nei quali vengono conservate in “portafogli elettronici” (cd. wallet) e sono
pertanto liberamente accessibili e trasferibili dal titolare, in possesso delle
necessarie credenziali, in qualsiasi momento, senza bisogno dell’intervento di
terzi.
2. I bitcoin vengono emessi e funzionano grazie a dei codici crittografici e a dei
complessi calcoli algoritmici. In sostanza, i bitcoin vengono generati grazie alla
creazione di algoritmi matematici, tramite un processo di mining (letteralmente
“estrazione”) e i soggetti che creano e sviluppano tali algoritmi sono detti miner.
Lo scambio dei predetti codici criptati tra gli utenti (user), operatori sia
economici che privati, avviene per mezzo di una applicazione software. Per
utilizzare i bitcoin, gli utenti devono entrarne in possesso: - acquistandoli da altri
soggetti in cambio di valuta legale; - accettandoli come corrispettivo per la
vendita di beni o servizi.

Gli user utilizzano le monete virtuali, in alternativa alle valute tradizionali


principalmente come mezzo di pagamento per regolare gli scambi di beni e servizi,
ma anche per fini speculativi attraverso piattaforme on line che consentono lo
scambio di bitcoin con altre valute tradizionali sulla base del relativo tasso cambio
(ad esempio, è possibile scambiare bitcoin con euro al tasso BTC/EURO).

Dalle parole dell’Agenzia si individuano quindi le due funzioni principali delle


Monete virtuali:

1. Mezzo di pagamento per regolare gli scambi di beni e servizi


2. Strumento speculativo

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IL TRATTAMENTO IVA
L’agenzia, con riferimento al trattamento iva, ha richiamato nuovamente la già citata
sentenza della corte di giustizia nella causa C-264/14 che ha qualificato come
prestazioni di servizi la compravendita di bitcoin in cambio di valuta tradizionale.

Tali prestazioni sono state inquadrate “tra le operazioni relative a divise, banconote
e monete con valore liberatorio, di cui all’art. 135, paragrafo 1, lett. E’’, della direttiva
2006/112/Ce.

Per queste operazioni è prevista esenzione ai fini iva x art. 10, comma 1, n. 3),
DPR n.633/1972.

IL TRATTAMENTO DELLE IMPOSTE DIRETTE


Ai fini delle imposte dirette è importante effettuare una preliminare distinzione
tra società e persone fisiche.

1. La società deve assoggettare ad imposizione i componenti di reddito derivanti


dalla attività di intermediazione nell’acquisto e vendita di bitcoin, al netto dei
relativi costi inerenti ed inoltre, i bitcoin che restano alla fine del periodo
d’imposta nella disponibilità della società stessa a titolo di proprietà, dovranno
essere valutati secondo il cambio in vigore alla data di chiusura dell’esercizio e
tale valutazione assume rilievo ai fini fiscali.
Quanto al metodo di valutazione occorre far riferimento al c.d. valore normale,
ossia il valore corrispondente alla quotazione degli stessi bitcoin al termine
dell’esercizio – ad esempio si potrebbe prendere a riferimento il valore medio
dell’ultimo giorno dell’anno sulla piattaforma o la media di tutte le piattaforme.
Importante che il criterio adottato sia determinato o determinabile e costante
nel tempo (tra i vari esercizi).
2. Quanto alle persone fisiche la risoluzione non ci fornisce chiarimenti precisi, i
quali vanno ricercati nel successivo intervento della direzione regionale della
Lombardia la quale precisa che alle operazioni di conversione di valute virtuali si
applicano i principi generali che regolano le operazioni aventi ad oggetto valute
tradizionali; “pertanto le cessioni a pronti di valuta virtuale non danno origine a
redditi imponibili mancando la finalità speculativa salvo generare un reddito
diverso qualora la valuta ceduta derivi da prelievi da portafogli elettronici, per i
quali la giacenza media superi un controvalore di euro 51.645,69 per almeno
sette giorni lavorativi continui nel periodo di imposta, ai sensi dell’art. 67,
comma 1, letta c-ter), TUIR, e del comma 1-ter dello stesso articolo.”

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Questo significa che:

Quando la giacenza media del wallet (o la somma di più wallet contenenti


valute virtuali) supera il controvalore di euro 51.645,69 per almeno sette
giorni, eventuali plus o minusvalenze derivanti dal PRELIEVO del wallet stesso
devono essere indicate nel quadro RT del modello redditi e saranno soggette
ad imposta sostitutiva del 26%.

Quello che noi, nella maggior parte dei casi, intendiamo come “cash-out” è visto dal
fisco come conversione di “valuta estera”, intesa non come appartenente ad un altro
territorio geografico quanto diversa da quella avente corso legale sul territorio
italiano.

Il fisco in ambito cripto usa il termine “assimilabili a valuta estera”, quindi non
valuta estera (Fictio Juris).

Nonostante si possa discutere e dibattere sulla qualificazione giuridica delle


criptovalute, è impensabile e pretenzioso non farle rientrare nel concetto generico
di investimento.

Abbiamo accertato quali capisaldi che:

1. Le persone fisiche che posseggono criptovalute hanno obbligo di compilazione


del quadro RW
2. Eventuali prelievi si indicano nel quadro RT e possono dar origine a plusvalenze
e minusvalenze
3. L’imposta del 26% sulle plusvalenze si paga solo in caso di cashout e al verificarsi
della condizione di giacenza superiore a 51.645,69 per almeno sette giorni
lavorativi continui nel periodo di imposta
4. In assenza di prelievi, non essendo applicabile IVAFE, null’altro è dovuto
all’infuori dell’obbligo di monitoraggio (in assenza del quale sono previste
sanzioni in caso di accertamento).

L'OBBLIGO DI MONITORAGGIO
L’acquisto di criptovalute è soggetto agli obblighi di monitoraggio anche se di valore
inferiore ai 15.000 euro. Tale limite, indicato all’art. 4, comma 3, D.L. n.167/1990, si
rivolge solo a depositi e conti correnti bancari.

La stessa Banca d’Italia ha affermato che le criptovalute non sono valute aventi
corso legale (Comunicazione del 30/01/2015).

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L’obbligo di monitoraggio fiscale difatti è collegato o legato alla semplice potenzialità
dell’investimento.
E’ sufficiente quindi che l’investimento sia suscettibile di produrre reddito imponibile
in Italia. Che lo produca o meno, e tale fattore non lo si può escludere, è
indifferente e di conseguenza l’obbligo sussiste a priori.

A livello normativo italiano le criptovalute, come ho scritto in precedenza, sono state


disciplinate unicamente in materia di Antiriciclaggio.

La normativa definisce così la moneta virtuale:

“La rappresentazione digitale di valore, non emessa né garantita da una banca


centrale o da un’autorità pubblica, non necessariamente collegata a una valuta
avente corso legale, utilizzata come mezzo di scambio per l’acquisto di beni e servizi
o per finalità di investimento e trasferita, archiviata e negoziata elettronicamente”

Tale inquadramento fa sì come sottostante all’obbligo di monitoraggio vi sia da


parte del legislatore la volontà di controllo per finalità diverse o per rischi diversi
connessi alla detenzione di monete virtuali, basti pensare a finalità di contrasto
all’evasione, alla lotta al terrorismo o altre finalità illecite che con “rappresentazione
digitale di valore” ben potranno esser finanziate.

Quello che davvero conta ogni volta che dobbiamo regolarizzare la nostra posizione
è avere una documentazione seria e reale a supporto dell’origine dei nostri depositi
e della loro evoluzione del tempo.

Le conseguenze pesanti a livello personale non derivano dall’aver o meno indicato


correttamente il valore al 31/12 o calcolato al millesimo la plusvalenza, quanto nel
dimostrare in maniera certa l’origine dei fondi che deteniamo e il loro andamento di
valore.

IL BIVIO DELLA CHIAVE PRIVATA


Prima di entrare nel pratico della compilazione della dichiarazione dei redditi è di
utile analisi un altro problema che si pone per le criptovalute e i token.

Il dubbio ruota intorno al concetto di “attività estere”. In termini semplicistici le


monete virtuali stanno nella rete, non hanno alcun legame con un territorio che sia
nazionale o estero.

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L’orientamento che al momento secondo molti esperti non pone dubbi, è che
non vi è obbligo di monitoraggio fiscale per la persona fisica residente in Italia
che ha la disponibilità della chiave privata.

In questo caso il luogo di detenzione delle valute virtuali non può che risultare
coincidente con lo stato di residenza del contribuente. Se seguiamo l’impostazione
voluta dal fisco NON si può parlare in NESSUN modo di attività detenuta all’estero.

Attenzione però, se le chiavi private sono gestite da terzi, in questa ipotesi


assume fondamentale rilevanza la disciplina antiriciclaggio.

Tale disciplina individua la figura dei “Prestatori di servizi di portafogli digitali” che
forniscono “servizi di salvaguardia di chiavi crittografiche private per conto dei
propri clienti, al fine di detenere, memorizzare e trasferire valute virtuali”.

Viene quindi disciplinato un rapporto in cui il prestatore detiene le chiavi private e


svolge un servizio per conto dell’utente. In questo caso vi sarà l’obbligo di
compilazione del quadro RW quando il prestatore ha sede all’estero; con
differenze sanzionatorie qualora il prestatore risieda in un paese NWL (non white
list).

LA COMPILAZIONE DEL QUADRO RW

Ipotesi 1 - Nell’esempio seguente, il soggetto è titolare di criptovalute ed ha


investito nel corso (anche a più riprese) del 2020 un importo pari ad euro
60.000, non ha mai prelevato e il valore al 31/12/2020 è pari ad euro 70.000
euro.

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Vediamo ogni singola colonna nelo specifico:

Colonna 1 - Codice titolo possesso: Si indica 1 in quanto il soggetto è titolare del


wallet

Colonna 2 - Vedere istruzioni: Non si compila

Colonna 3 - Codice individuazione bene: Si indica il codice 14 – “altre attività estere


di natura finanziaria”

Colonna 4 - Codice Stato Estero: Vuota, in passato il software non lo permetteva.


Adesso il campo vuoto è rappresentativo delle monete virtuali

Colonna 5 - Quota di possesso: 100% se si è gli unici titolari del wallet

Colonna 6 - Criterio determinazione valore: si indica 1, il valore di mercato

Colonna 7 - Valore iniziale: Si indica il valore di mercato (in euro) alla data di
acquisto o valore finale n-1 (più eventuali incrementi annui)

Colonna 8 - Valore finale: Si indica il valore di mercato (in euro) al 31/12/n

Colonna 9 - Non si compila

Colonna 10-17 e 19 - Non essendo dovuta IVAFE non si compilano

Colonna 18 - Si indica il codice 5 per evidenziare che l’attività estera non ha


prodotto nell’anno redditi. Oppure indicare 4 nel caso in cui sia rilevata una
plusvalenza da inserire nel quadro RT

Colonna 20 - Si barra per dichiarare che la compilazione è solo ai fini di


monitoraggio, altrimenti il software calcola automaticamente l’ivafe

Colonna 21 - Indicazione del codice di identificazione della società estera; non va


compilato

Colonna 22-24 - Se l’attività estera è cointestata o vi sono soggetti delegati a


operare, deve essere indicato il codice fiscale degli altri soggetti obbligati al
monitoraggio fiscale. La colonna 24 va barrata quando questi soggetti sono più di
due. Nel caso in oggetto il soggetto è l’unico titolare della posizione.

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Ipotesi 2 – Con prelievo dal wallet (Importante farsi assistere dal
Commercialista)

Nel caso invece di PRELIEVO da un wallet con giacenza superiore a 51.645,69 per
almeno sette giorni lavorativi continui nel periodo di imposta sarà necessario
rilevare e determinare l’imposta nel quadro RT sez. II.

Ipotizziamo che il nostro investitore in moneta virtuale abbia effettuato un prelievo


da wallet, cash-out pari a 10.000 euro.

10.000

10.000
2.600

2.600

COMPILAZIONE DELLA SEZIONE II E


GESTIONE DELLE EVENTUALI MINUSVALENZE
I righi da rt21 a rt30 devono essere utilizzati per il calcolo dell’imposta sostitutiva
sulle plusvalenze e altri redditi diversi derivanti da partecipazioni non qualificate e
dal 1 gennaio 2018 le partecipazioni e da titoli non partecipativi, certificati, valute,
metalli preziosi, crediti pecuniari e altri strumenti finanziari, i cui corrispettivi siano
stati percepiti nel corso del presente periodo d’imposta con riferimento a
plusvalenze e altri redditi diversi di natura finanziaria.

Codice tributo 1100 – Imposta sostitutiva sulle plusvalenze di cui all’art. 67,
comma 1, lett. da c-bis) a c-quinquies) del TUIR.

I redditi di cui all’art. 67, comma 1, lett. da c-bis) a c-quinquies) del TUIR sui quali
applicare l’imposta sostitutiva del 26% sono costituiti dalla somma algebrica dei
differenziali positivi o negativi, nonché degli altri proventi od oneri, percepiti o
sostenuti, in relazione a ciascuno dei rapporti ivi indicati.
L’eventuale eccedenza delle minusvalenze risultante nel medesimo quadro RT potrà
essere portata in deduzione delle plusvalenze realizzate nei quattro periodi di
imposta successivi.

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Facciamo adesso un piccolo recap su tutto quello che ci siamo detti
schematizzando i punti principali:

1.L’obbligo di compilazione del RW sussiste a prescindere dal realizzo di un reddito


imponibile nel periodo di imposta.

2.Non si applica alle criptovalute la soglia di esonero da monitoraggio di 15.000 euro


prevista per i depositi e conti correnti bancari.

3.Anche se si possiedono più monete virtuali è sufficiente compilare, in analogia per


quanto già avviene con i dossier titoli, un unico rigo di Rw rappresentativo di tutto il
wallet (un rigo per ogni wallet).

4.Non si parla di EQUIPARAZIONE alle valute ordinarie estere bensì di


ASSIMILAZIONE.

5.Non si indica il paese nella colonna 4 del rigo di quadro RW.

6.Eventuali prelievi si indicano nel quadro RT e possono dar origine a plusvalenze e


minusvalenze.

7.L’imposta del 26% sulle plusvalenze si paga solo in caso di cashout e al verificarsi
della condizione di giacenza superiore a 51.645,69 per almeno sette giorni lavorativi
continui nel periodo di imposta.

8.Si agisce in mancanza di indicazione precisa in regime di “Fictio Juris” e “Analogia


Legis e Juris”.

9.L’inquadramento giuridico fiscale si intende di conseguenza completo e normato.

10.La sentenza del Tar Del Lazio non fa altro che confermare tutta la costruzione
giuridica.

11.Il contribuente è responsabile della conservazione di tutta la documentazione


provante e descrivente il proprio investimento. Non esiste una disciplina formale, il
che significa che tale documentazione sarà composta da ogni atto, fatto, report e
quietanza utile a sostegno delle operazioni.

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GLI ACCERTAMENTI
Nota Bene: In ogni caso è DETERMINANTE farsi assistere da un Avvocato anche se
la richiesta sembra banale e soprattutto in caso di ricezione da parte
dell’amministrazione finanziaria di questionari. Meglio prevenire che curare.

Cercherò in poche righe di semplificare al massimo un iter di per sé complesso, non


me ne vogliano i miei colleghi Tributaristi per il mio eccesso di zelo.

L’obiettivo è far capire con semplicità cosa accade così da giustificare il motivo
per cui Più volte sottolineo l’importanza della conservazione e cura dei
documenti/report nonché la rilevanza della disciplina antiriciclaggio.

In caso di accertamento fiscale il contribuente dovrà fornire adeguata


documentazione a sostegno e giustificazione delle operazioni finanziarie.

Gli accertamenti possono essere di varie forme, a seconda della gravità o meno del
comportamento tenuto. Il più lieve è l’accertamento formale nel quale l’agenzia
tramite una lettera di compliance invita il contribuente a fornire delucidazioni,
memorie e documentazione provante un determinato investimento indicato nella
dichiarazione dei redditi.

A questa lettera può seguire un invito al contraddittorio (necessaria assistenza


legale) nel quale ci si confronta con l’amministrazione. Nel caso in cui tutto sia
correttamente indicato e giustificato il procedimento si conclude, ove invece tali
elementi manchino, l’amministrazione finanziaria procederà con l’emissione di un
avviso di accertamento contenente i motivi per cui ritiene fondata una ulteriore
pretesa tributaria, in sostanza vuole più soldi.
Dall'accertamento formale si distingue l'acc.to sostanziale, nella quale
l'amministratore con specifici poteri di indagine, accerta la correttezza e la veridicità
delle dichiarazioni.

Quello che è davvero importante è l’origine dei soldi e il loro andamento in


seno all’investimento finanziario.

1. Da dove provengono i soldi?


2. Dove sono stati inviati?
3. Quale andamento hanno avuto?
4. Sono stati monitorati gli investimenti?
5. Sono stati rilevati i prelievi in RT?
6. E’stata pagata l’imposta sostitutiva?

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Rispondendo a tutte queste domande si previene l’accertamento e siamo in grado
di dimostrare il giusto comportamento tenuto.

Eventuali errori di calcolo della plusvalenza o errori di valutazione saranno


facilmente sanabili con il ravvedimento operoso.

Eventuali omissioni dichiarative saranno sanabili con sanzioni ridotte in caso di


autodichiarazione purché sia stata comunque presentata per gli anni addietro una
dichiarazione dei redditi (unico o 730). In caso contrario la dichiarazione è omessa e
le sanzioni sono più elevate.

Se invece non si riesce a dimostrare la provenienza del denaro allora le cose si


complicano davvero perché potrebbe intervenire la guardia di finanza e la procura
della repubblica.

Non dimenticare mai una frase che mi disse un ispettore della guardia di
finanza:

“A noi Avvocato non ci interessa cosa fanno le persone con i propri soldi,
purché ovviamente siano attività lecite, a noi interessa da dove PROVENGONO
questi soldi”

Se quindi gli investimenti sono il frutto dell’impiego del denaro proveniente dal tuo
lavoro regolarmente dichiarato, avrai da preoccuparti molto meno e tutto sarà
“aggiustabile” in forma più o meno dolorosa. Diciamo che più sei accorto nella
gestione contabile, meno sarà doloroso.

LE SANZIONI E IL RAVVEDIMENTO OPEROSO


Anche in questo paragrafo voglio farti notare come il fisco non ci vada leggero in
caso di comportamenti da “furbetti” – nonostante esistano numerosi cavilli che
possono far diminuire le sanzioni. Meglio fare attenzione.

Proprio per questo è necessario sempre affidarsi ad un Commercialista per la


tutela delle proprie posizioni fiscali e per la presentazione delle dichiarazioni.

Nei casi di omessa presentazione della dichiarazione ai fini IRPEF ed IRAP, si applica
la sanzione amministrativa dal 120 al 240% dell’ammontare delle imposte dovute
con un minimo di 250 euro.

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Se la dichiarazione omessa è presentata dal contribuente entro il termine di
presentazione della dichiarazione relativa al periodo successivo o prima di
un’attività amministrativa di accertamento la sanzione amministrativa passa dal 20
al 60% dell’ammontare delle imposte dovute con un minimo di 20 euro.

Anche se non sono dovute imposte si applica la sanzione amministrativa da 250 a


1.000 euro o da 150 a 500 per i casi come sopra.

LA SANZIONE AMMINISTRATIVA PER


PRESENTAZIONE TARDIVA DEL QUADRO RW
ENTRO 90 GG
Anche se non sono dovute imposte, in caso di presentazione tardiva del quadro RW,
la sanzione ammonta a 258€.

Se entro i termini ordinari (90 gg dopo il 30/11) non viene presentato nemmeno il
modello unico, devi aggiungere le 250 euro come sanzione amministrativa. In altri
termini non presentare la dichiarazione dei redditi nei casi di obbligo di
monitoraggio comporta quindi una sanzione di 508€ totale.

Facciamo qualche esempio per capire meglio:

Esempio 1: Tizio non compila il quadro RW dovuto e non invia la dichiarazione entro
il 30 novembre e neppure entro i 90 gg seguenti.

Tizio ha omesso la dichiarazione, non può sanare la posizione, tuttavia presentando


il modello redditi entro il 30 novembre dell’anno successivo, potrà scontare delle
sanzioni ridotte.

Sul quadro RW la sanzione è dal 3 al 6% ridotto a un ottavo.

Esempio 2: Caio non compila il quadro RW dovuto e non invia la dichiarazione entro
il 30 novembre, ma comunque entro i 90 gg seguenti.

Caio sana la posizione presentando sia la dichiarazione che il quadro RW entro i 90


giorni mediante una dichiarazione tardiva e dovrà corrispondere i seguenti importi:
250 per 1/10 Sanzione del 30% dell’eventuale maggior imposta dovuta e non
corrisposta ridotta da ravvedimento 258 per 1/10 per omesso RW.

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Esempio 3: Sempronio compila il quadro RW e rileva le plusvalenze in RT, ma non
versa il dovuto. L’Agenzia mediante i controlli automatizzati invia l’avviso bonario
relativo al mancato versamento.
Sempronio potrà sanare l’irregolarità versando come sanzione il 30% dell’imposta
non corrisposta, ridotto da ravvedimento.

Cerchiamo di capire meglio cosa significa "fare il ravvedimento":


Il RAVVEDIMENTO OPEROSO è l’intervento spontaneo del contribuente che
versando quanto non precedentemente corrisposto va a sanare la sua posizione nei
confronti del fisco.
La graduazione (costo del ravvedimento), inversamente proporzionale al tempo,
consente al contribuente la regolarizzazione di errori e/o omissioni anche incidenti
sulla determinazione del tributo mediante l’applicazione di sanzioni ridotte.

Sono numerose le tabelle descriventi l’entità del ravvedimento, ma non spaventarti.


Tali calcoli sono effettuati in automatico dai software contabili.

A titolo esemplificativo riporto il testo di cui all’art. 13 D.lgs n.472/97 così come
attualmente in vigore.

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Questo è solo un esempio della complessità del nostro sistema tributario.

Per concludere sull’aspetto sanzionatorio e riconducendoci a più aspetti visti e


analizzati sottolineo come le penalità relative al monitoraggio fiscale vengano
diversificate a secondo del luogo in cui le attività non dichiarate risultano detenute.

L’art. 5 DL 167/90 prevede che la sanzione vada dal 3 al 15% dell’ammontare degli
importi non dichiarati. Se però le attività sono o risultano detenute nei paesi black
list (pensa al caso del prestatore di servizi su chiavi private), le sanzioni risultano
raddoppiate.

TEMPI DI ACCERTAMENTO E PRESCRIZIONE


UNA VICENDA NON CHIARA
Il D.L. Cura Italia ha modifica i termini di accertamento, in maniera davvero illogica e
asimmetrica a sfavore del contribuente.
Il periodo di accertamento che sarebbe risultato prescritto alla data del 31/12/2020,
è stato inizialmente prorogato di due anni, quindi fino al 2022. Il motivo sarebbe a
causa dell’emergenza Corona Virus.

Il legislatore da un lato ha sospeso l’attività di accertamento, riscossione,


liquidazione, controllo e contenzioso con ripetute proroghe al momento fino al 1
marzo 2021, dall’altro però, a scapito del contribuente, ha allungato di due anni i
termini per l’accertamento dei periodi di imposta scadenti al 31/12/2020.
(Il termine del primo Marzo è già prorogato, siamo in attesa del provvedimento -
comunicato del 27/02/21).

Ai fini delle imposte sui redditi, l’annualità 2015 (UNICO 2016), ha come termine
ultimo di accertamento il quarto anno successivo a quello in cui è stata
commessa la violazione (31/12/2020). Con la proroga l’annualità 2015 potrà essere
accertata fino al 31/12/2022.

La stessa cosa vale anche per l’annualità 2014, sempre per le imposte dirette, in
ipotesi di dichiarazione omessa. Nei casi di omessa infatti i tempi di accertamento si
prolungano di un anno.

In caso invece di investimenti esteri detenuti in paesi a fiscalità privilegiata i tempi di


prescrizione si raddoppiano, ne consegue che fino al 31/12/2022 sarà ancora
accertabile il quadro RW 2010 per l’anno 2009 e il modello unico 2012 per l’anno
2011.

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Una cosa folle.

Fortunatamente in sede di conversione del decreto con legge 127/2020 gli equilibri
si sono ristabiliti ed è stata prevista la proroga di 85 giorni solo per l’annualità 2015.
Non è scontato però che successivi interventi possano rimodulare nuovamente il
quadro.

Tutto questo rappresenta da una parte il quadro di incertezza nel quale il


contribuente italiano vive da sempre, ma dall’altra la necessità di adoperarsi al
massimo al fine di avere sempre contezza documentale di ciò che stiamo facendo o
che abbiamo fatto.

COME (NON) PAGARE LE IMPOSTE SULLE


PLUSVALENZE DA MONETE VIRTUALI
Fino a questo punto abbiamo sottolineato come, perché e quando pagare le
imposte sulle nostre monete virtuali. Abbiamo visto anche i casi in cui queste
imposte non sono dovute, ma abbiamo ulteriormente visto su cosa dobbiamo
effettivamente porre l’attenzione (tracciabilità all’origine).

La possibilità di NON pagare le imposte sulle plusvalenze da monete virtuali è REALE


e ti do la mia parola da Avvocato e Dottore Commercialista, ma nel mondo delle
criptovalute non è possibile elencare le 3, 5, 7 o 10 strategie "adatte per tutti" per
raggiungere l'obiettivo del non pagare le imposte.

Perchè? Per due motivi ben precisi:

1. Per mettere in pratica le giuste strategie per il tuo caso specifico (senza
incappare in pericolosi controlli fiscali), hai bisogno di ottenere la completa
conoscenza e comprensione di tutto il meccanismo fiscale che ruota attorno al
mondo della moneta virtuale.

E... NO.

Non è sufficiente conoscerne una parte o tentare di ottenere la somma delle


parti cercando informazioni in giro per il web o chiedendo a chi si proclama
l'esperto del momento.
Devi considerare il mondo delle "criptovalute e fisco" come il gioco del campo
minato, dove basta distrarsi un attimo per far scattare l'allarme dell'Agenzia
delle Entrate. E dopo sono dolori.

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2.Perchè le strategie non sono solo 3, 5, 7 o 10 ma sono....INFINITE.

Ebbene si, una volta che avrai compreso in profondità il meccanismo fiscale che
ruota intorno al mondo cripto, avrai davanti a te uno scenario tutto nuovo, dove
sarai tu ad aver capito come comportarti e le azioni da intraprendere restando,
restando in sicurezza, per la tua situazione specifica.

Infatti, ho creato "Cryptotax - Le Tue Monete Virtuali in Regola Con il Fisco",


proprio per farti raggiungere questo obiettivo.

In Cryptotax ti accompagnerò passo dopo passo verso la messa in pratica delle


soluzioni più efficaci per la tua situazione personale e lo farò utilizzando un
linguaggio semplice, chiaro, arricchito da esempi concreti.
Ti indicherò quindi, con estrema precisione, quelle che io reputo le cinque strategie
da utilizzare, ma soprattutto otterrai la possibilità di creartene un numero
potenzialmente infinito!

E se avrai dubbi?
Se avrai dubbi o domande, potrai farmele sotto ad ogni video.

E se le regole cambieranno?
Niente panico, Cryptotax sarà costantemente aggiornato.

Ho creato un percorso realmente completo, perchè con Cryptotax voglio


raggiungere l'obiettivo di farti diventare un esperto professore di criptovaluta in
grado di gestire e proteggere il proprio patrimonio, senza correre alcun rischio.

Perchè con i soldi, sopratutto quelli propri, non si scherza; e bruciarsi è un attimo.

Se desideri approfondire il percorso Cryptotax puoi farlo cliccando qui:


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Al tuo successo.

CARLO ALBERTO MICHELI


AVVOCATO E DOTTORE COMMERCIALISTA

Tutti i diritti sono riservati. Qualsiasi riproduzione, anche parziale, senza autorizzazione scritta è vietata.
Legge 633 del 22 Aprile 1941 e successive modifiche.

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