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Corso Tecnica Economia Trasporti Prof Rossi
Corso Tecnica Economia Trasporti Prof Rossi
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PARTE I – SISTEMA DI TRASPORTO STRADALE
(Manca sbobina delle prime 7 slide riportate di seguito)
1. Le componenti
2. I veicoli
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7
Le sbobine riprendono da questo punto
Individuali
Pochi utenti si intende fino a cinque
in relazione ad un’autovettura.
Collettivi
Modo autonomo: Un utente
potrebbe anche acquistare un
veicolo a 9 posti con il quale
trasportare amici e parenti.
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3. Infrastrutture
I dati statistici sul parco veicolare
vanno sempre confrontati con il
numero di residenti attivi ovvero a
quel numero di persone che
rientrano in una fascia di età
potenzialmente “attiva compresi
tra i 18 e i 75 anni (coloro che
possono guidare un veicolo).
Le fasce di età inferiore
costituiscono sempre un potenziale
utente attivo di un sistema di
trasporto stradale in quanto possono essere i passeggeri del suddetto trasporto.
Un’infrastruttura lineare potrebbe essere rappresentata da un tratto lineare tra due barriere
autostradali.
Terminali = Parcheggi o area di sosta
Transito = Caselli autostradali
Il sistema autostradale può essere di fatto schematizzato come un insieme di archi (tratti omogenei di
strada per caratteristiche funzionali) e di nodi (intersezioni).
Circa il 90% (in termini di estensione chilometrica) delle infrastrutture di trasporto è costituito da
infrastrutture per il trasporto su strada.
In termini di estensioni stradali, l’Italia si colloca al primo posto in Europa.
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3.1 Infrastrutture lineari – Le strade
Grafo relativo alla rete stradale di Padova.
Rete stradale derivata dalla banca dati
Tele Atlas.
Progetto Open Street Maps costituito da
mappe di rete stradali tipo questa a fianco
con elementi georeferenziati (attributi,
esempio limiti di velocità) da scaricare.
Mappe utilizzate per i navigatori GPS.
Per i trasportisti molto utili in quanto
vengono utilizzati all’interno dei modelli
di simulazione della domanda/offerta del
servizio di trasporto.
FRC è un tipo di classificazione nazionale
della strada che tiene conto del ruolo
funzionale della strada stessa.
Classe 1 = Autostrade
Classe 6 = Rete urbana
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Non vengono
considerate le strade
urbane ai fini del
calcolo totale.
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Il progettista sulla base sia della funzione della strada che della domanda in un contesto territoriale
sceglie il tipo della strada. Ogni strada avrà le sue caratteristiche geometriche. Si parla di
progettazione funzionale in rapporto alla domanda.
Esempio: Su una certa relazione sono stati stimati un certo numero X di autoveicoli in una giornata
tipo di esercizio. Tale strada dovrà essere dimensionata in modo tale da garantire il transito in
sicurezza di quei X veicoli (domanda).
Esempio 2: Autostrada con un flusso di 20 000 vicoli/giorno. Il progettista dovrà capire se progettare
la strada con 2 o 3 corsie.
Le strade vengono classificate
anche sulla base del soggetto
che amministra la stessa. Tali
soggetti hanno anche
l’obbligo di mantenere “viva”
la strada ovvero funzionale
operando interventi per
garantirne il normale e sicuro
funzionamento.
Le strade Statali vengono
gestite dall’ANAS.
Le strade comunali sono
soggette alle amministrazioni
comunali le quali dovranno preoccuparsi della manutenzione della superficie stradale, manutenzione
della segnaletica stradale (i segnali hanno una scadenza. Oltre tale limite non è più assicurata la
catarifrangenza dello stesso).
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Si parla di competenza amministrativa della strada.
Esempio: Necessità di montare un sistema di monitoraggio in grado di contare i veicoli in transito.
Per compiere qualsiasi azioni il progettista dovrà interfacciarsi con la relativa amministrazione,
comunicando con essa.
Alcune strade statali o regionali diventano di competenza comunale, nel momento in cui attraversano
un centro abitato (secondo certe regole).
Il livello di servizio (LoS)
restituisce una misura sulla
qualità della circolazione
(Da A a F) di una certa
infrastruttura. A (strada
quasi vuote in cui è
possibile circolare senza
interazioni con altri veicoli)
è il livello migliore, F
(strada congestionata) il
peggiore.
Il limite superiore del
livello di servizio E
corrisponde con il
raggiungimento del limite
di capacità della strada. Il ramo stabile della curva di deflusso va dal livello A ad E.
Non serve a niente progettare una strada puntando al livello A in quanto rappresenterebbe uno spreco
di risorse.
Note le caratteristiche funzionali della strada, del contesto e della domanda, il progettista dovrà
progettare la strada in modo tale da ottenere un livello di servizio intermedio in condizioni di esercizio
(B, C o D).
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3.1.1 Capacità di una strada
Nelle autostrade 2200-2400
veicoli/h*corsia.
Nelle tangenziali con
carreggiate separate e due
corsie per senso di marcia
siamo nell’ordine dei 1800
veicoli/h*corsia.
Nelle extraurbane bidirezionali
siamo nell’ordine di 1400 per
senso di marcia. E’ usanza però
assegnare un valore
complessivo per cui, tenendo
conto di entrambe le direzioni
di marcia, si raggiunge un
valore di circa 2800 veicoli/ora.
Oltre alle caratteristiche geometriche della strada, vi sono anche altri aspetti che potrebbero
influenzare la capacità. Per ovviare a questo problema si fa perciò riferimento a delle condizioni
ideali. Ai valori di capacità calcolati su valori ideali vengono applicati degli opportuni fattori di
correzione (parametri che tengono conto della differenza tra la strada analizzata e quella ideale) per
riportare quel valore al caso studio.
Le condizioni ideali prevedono solo autovetture. I veicoli pesanti condizionano negativamente la
marcia utilizzando una quota maggiore di capacità rispetto ad un’autovettura – un camion corrisponde
a circa 2,5 autovetture equivalenti).
Autovettura equivalente: Il veicolo pesante utilizza una quota di capacità della strada pari a 2,5 volte
quella i un’autovettura. Parlando in termini di autovetture equivalente si procede con
un’omogeneizzazione dei flussi.
Anche se sono stati forniti dei numeri precisi, la capacità non è un dato secco ma è affetta da una certa
aleatorietà. Per una stessa sezione stradale, infatti, si possono registrare dei valori di capacità diversi
(rientranti in un range desumibile dalle curve di deflusso) causa dell’eterogeneità del traffico, delle
condizioni atmosferiche, delle condizioni della pavimentazione, degli utenti, etc…
Esempio: Immaginiamo una situazione in cui tutti i veicoli di una corrente veicolare viaggino alla
stessa velocità ed a distanza di sicurezza (e.g. corrente veicolare molto densa). Ammettiamo il
sussistere di condizioni ideali → Situazione 1
Immaginiamo adesso la stessa situazione ma diverse condizioni metereologiche, la pioggia. La
pavimentazione si bagna facendo aumentare la distanza di sicurezza e di conseguenza la spaziatura
della corrente veicolare. → Situazione 2
A parità di tempo e di velocità, la quantità di veicoli che passano in una certa sezione risulta inferiore
nel secondo caso. Si registra quini una riduzione della capacità dovuta al maltempo e alle condizioni
della pavimentazione.
Esempio 2: La capacità è fortemente influenzata anche dal comportamento degli utenti stessi.
Immaginate di percorrere una strada a voi sconosciuta. In questo caso procederete a rilento, con
titubanza attuando dei comportamenti puntuali ovvero non standard.
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Laddove vi sono delle popolazioni di conducenti abituali (movimenti pendolari), in generale, a parità
delle altre condizioni, le infrastrutture registreranno delle capacità maggiori.
Esempio 3: Scostamento dalle caratteristiche ideali. Difficilmente una corrente veicolare sarà
composta da sole autovetture. Normalmente sono presenti diverse tipologie veicolari. A parità di
numero di veicoli, all’aumentare della percentuale di traffico pesante, aumenta il condizionamento
(soprattutto su strada bidirezionali sulle quali non è ammesso il sorpasso) che implica dei
rallentamenti nelle velocità e quindi a riduzioni di capacità.
Gli ostacoli laterali
inducono nell’utente dei
comportamenti più cauti.
La quota di capacità di un
veicolo pesante aumenta
all’aumentare della
pendenza longitudinale
della strada. La riduzione
di velocità è più
sostanziale che nel caso di
strada rettilinea.
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Le intersezioni ammesse
variano al variare delle
caratteristiche funzionali delle
strade che si incrociano.
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e) Lo scambio si realizza quando le correnti provenienti da direzioni diverse scambiano le loro
traiettorie anche in funzione del fatto di avere diverse destinazioni. Tale manovra viene
eseguita per esempio nelle rotatorie. Sono abbastanza complicate tale per cui esistono delle
procedure per il dimensionamento delle piste di scambio in funzione sia della velocità dei
veicoli che della loro posizione reciproca (lunghezza della sezione nella quale avviene lo
scambio dei veicoli).
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Obiettivi del progettista nella
ricerca della miglior soluzione
progettuale:
1. Permettere a tutti gli utenti
la libera scelta della traiettoria da
seguire in corrispondenza di
un’intersezione (ipotizzando
ovviamente strade a doppio senso
di marcia).
2. Minimizzare i ritardi
(perditempo) traducibili in termini
di costo dell’utenza (VoT – Parte
VII).
3. Garantire l’esecuzione delle manovre in sicurezza
Di volta in volta il progettista troverà delle soluzioni rapportate al contesto dell’opera ovvero
ambiente (urbano o extra) e tipologia di strade convergenti.
Immagini basso-sx: Svincolo autostradale su piani sfalsati. Viene eseguita una separazione spaziale
e altimetrica delle correnti veicolari. A parità di altre condizioni, i tempi di percorrenza sono maggiori
che in un’intersezione a raso ma si garantiscono elevate condizioni di sicurezza pur mantenendo
velocità abbastanza elevate.
Oltre alla separazione spaziale, in caso di necessità, è anche possibile procedere con una separazione
temporale delle correnti veicolari, introducendo un’intersezione semaforica. La lunghezza del tempo
di verde è commisurata al flusso veicolare.
Caso più complesso la progettazione di un’intera rete stradale. I tempi di percorrenza si allungano
causa il maggior numero di “perditempo” che si vengono a creare in corrispondenza delle varie
intersezioni e che si potrebbero ripercuotere all’interno dei tratti lineari. Ottimizzare il funzionamento
di ogni singolo nodo significa quindi ottimizzare il funzionamento della rete stessa.
4. Convertire punti di conflitto pericolosi in altri più sicuri
Il punto di conflitto (attraversamento in
questo caso) si trasforma in un’intera
zona di scambio dei flussi con manovre
di immissione e diversione.
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In questa slide alcune definizioni
riportate all’interno della
normativa Italiana.
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rotatoria stessa . Le corsie della rotatoria dovranno esser progettate in modo tale da garantire un
affiancamento dei veicoli in condizioni di sicurezza.
In relazione alle rotatorie esistenti, una verifica che possiamo fare per capire se queste scelte sono
state fatte in maniera corretta è quella di controllare la presenza o meno di sabbia nelle zone esterne
della rotatoria comprese fra due rami (ovale rosso). Se è presente difatti un accumulo di brecciolino
significa che tale zona è poco utilizzata e quindi che la forma della corsia di ingresso non è proprio
la più adatta (gli utenti non sono portati a seguire tale traiettoria).
Zona di scambio
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Un buon indicatore sulla scelta
della miglior scelta progettuale è il
ritardo. Quella cui compete un
minor ritardo (perditempo limitati)
sarà la scelta migliore.
Esempi analisi funzionale:
• Capire in che punto dalla
rotatoria si ha l’esaurimento degli
eventuali ritardi o code
accumulate.
• Sistema semaforico a onde
verde + rotatorie. I cicli e i tempi di verde devono essere studiati in modo tale che, se l’utente
mantiene una certa velocità costante All’interno dei cosiddetti “corridoi”, è in grado di
attraversare le varie intersezioni in corrispondenza sempre del verde. Se si introduce
all’interno di un sistema di questo tipo, un’intersezione a rotatoria si può influenzare
negativamente l’intero funzionamento.
Incompatibilità della rotatoria con gli assi viari:
Intersezione con 4 rami convergenti con angoli
molto stretti. La rotatoria non ci sta ma posso
risolvere introducendo o una rotatoria ellittica
oppure una doppia rotatoria “fagiolo” o
“pavesino” (raffigurata nell’immagine).
La doppia rotatoria non è proprio la più adatta
in quanto nelle zone di scambio si registrano
velocità elevate (tratti quasi rettilinei che induco
disorientamento nell’utente) con uscite molto rapide dovute agli angoli stretti che si creano tra le varie
direzioni.
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3.3 Intersezioni puntuali – Aree terminali o di transito
3.3.1 Parcheggi
Parcheggi multipiano: Disposti su
più livelli accessibili mediante
rampe con rilevamento della targa
all’ingresso. L’utente in modo
autonomo sale le rampe seguendo
le eventuali indicazioni presenti
riguardo i posti disponibili.
Le rampe di accesso, essendo a
tratti curvilinei, dovranno essere
opportunamente dimensionate in
relazione all’allargamento dovuto
al maggior ingombro del veicolo
in curva.
Parcheggi a stalli mobili: Obiettivo di ottenere un’elevata capacità a parità di volumi. Sistemi
totalmente automatizzati. Il veicolo cui è associata la sosta più breve verrà posizionato il più vicino
possibile al luogo in cui verrà resituito.
Uno stallo di sosta ha le
dimensioni di 2,5 m per 5,5
(compatibile con le dimensioni
medie di un veicolo moderno) m
circa cui corrisponde una
superficie complessiva di circa 15
mq.
Esempio: Ipotizziamo di dover
adibire a parcheggio la copertura
di un edificio delle dimensioni 20
m per 30 con superficie di 600 mq.
Quante auto riesco a
parcheggiare? Se sfruttassi tutta la
superficie circa 40 auto ma considerando anche l’eventuale superficie adibita ai corridoi di manovra
o viabilità interna, le auto complessive si riducono notevolmente.
In assenza di corsie dedicate all’ingresso o uscita dagli stalli di parcheggio, si creano delle interferenze
con i veicoli in transito (in caso di parcheggi a bordo strada).
L’entità dell’interferenza è anche funzione dell’angolo di immissione o uscita rispetto alla direzione
di marcia. Angoli a 90° implicano difficoltà maggiori causa assenza di visibilità in fase di uscita.
Per facilitare le manovre si possono inserire corsie specializzate. In quei casi in cui, anche dopo
l’inserimento di tali corsie, si registrano interferenze rilevanti, si possono anche vietare le manovre
di sosta.
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Distanza tra gli stalli non nulla: In alcune situazioni gli stalli possono non essere completamente
adiacenti ma presentano un franco di circa 70cm che aiutano gli utenti a salire e scendere dal veicolo
senza interferire con il veicolo adiacente.
Profondità dello stallo: Varia in funzione dell’inclinazione dello stallo a partire da un angolo
massimo di 90°. Per angoli di 0° si parla di parcheggi in linea (uno dietro l’altro). Lo spazio
“guadagnato” può essere utilizzato per la realizzazione di marciapiedi, aiuole, o altro.
Numero stalli su unità di lunghezza: Su 100 metri ci stanno 20 parcheggi in linea o 40 con inclinazione
a 90°.
Area media veicolo: Un po' più di 15mq per tener conto anche dei corridoi, dei franchi tra gli stalli,
etc..
Torniamo all’esempio del
parcheggio sul tetto ipotizzando
un tempo medio di visita al
negozio di 1 ora con una portata
massima di 100 clienti nelle ore di
punta.
Ogni ora vi è la necessità di avere
a disposizione almeno 100 posti
liberi.
Il proprietario del negozio dovrà
in qualche modo stimare la
capacità di sosta delle proprie aree.
La sosta è un concetto dinamico. Se uno stalla si libera ogni ora, quanti veicoli possono esser serviti
da tale stallo in un giorno? 24 veicoli. Se il tempo di sosta raddoppia? 12 veicoli.
Ipotizziamo un numero costante di stalli (100). In che modo è possibile aumentare la capacità di
sosta e quindi il numero di utenti che usufruiscono di un certo servizio (numero di ricambi)? Si
diminuisce il tempo di sosta tramite sovrapprezzo del ticket di parcheggio. Il caso ottimale per un
proprietario di un negozio è la situazione in cui il cliente arriva – compra ed esce senza perdite di
tempo.
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Devono essere eseguite delle
verifiche di inserimento del
veicolo nello stallo in relazione
alle caratteristiche geometriche
dello stesso.
La stima dei posti a disposizione per le varie tipologie di veicolo può essere operata dividendo la
superficie totale a disposizione per la superficie media necessaria all’inserimento di ogni veicolo.
Vi è la necessità di garantire
l’immissione del veicolo nello
stallo in totale sicurezza tenendo
conto sia delle caratteristiche
dimensionali del veicolo che
delle sue capacità di manovra.
Lo spazio occupato da un
veicolo in rettilineo è diverso da
quello che può avere in un tratto
curvilineo (maggiore).
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4.1 Inserimento in curva veicolo a due assi
e rappresenta l’allargamento in curva
necessario a fare in modo che la sagoma
del veicolo non esca dai margini della
curva.
̅̅̅̅
𝑒 = 𝐵𝐹
C/D sono i centri di rotazione delle ruote
anteriori in relazione ad un asse
verticale.
F
Mentre in rettilineo l’ingombro del
veicolo è pari alla sua larghezza l, in
curva avrà bisogno di maggior spazio
ovvero l + e
Vincoli fisici del veicolo (raggio minimo di sterzata) impongono un valore minimo del raggio interno.
In relazione a ciò vengono dimensionati gli elementi come le isole sparti traffico o le corsie di
immissione in rotatoria.
La traiettoria curvilinea si ottiene modificando l’assetto delle ruote anteriori affinché il centro
istantaneo di rotazione di tutte le ruote passi per uno stesso punto (O).
Calcolo dell’allargamento in curva
Considero il triangolo OBE:
̅̅̅̅
𝑂𝐸 = √𝑂𝐵2 + 𝐵𝐸 2 = √(𝑂𝐴 + 𝑙 )2 + 𝑝^2 = √(𝑅𝑖𝑛 + 𝑙 )2 + 𝑝2
𝑀𝑎 𝑂𝐸 = 𝑂𝐹 = 𝑒 + 𝑙 + 𝑅𝑖𝑛 , 𝑜𝑣𝑣𝑒𝑟𝑜:
È funzione del raggio interno, della distanza p tra asse posteriore e parte frontale del veicolo e dalla
larghezza del veicolo.
Quando vale zero? In rettilineo ovvero per raggi molto grandi. A parità di p ed l, all’aumentare del
raggio diminuisce l’allargamento.
I software sul mercato riescano a valutare le interazioni tra le correnti veicolari restituendo in output
gli inviluppi degli ingombri degli stessi. Da ricordare che alcune tipologie di veicoli hanno la
necessità di poter passare su qualsiasi strada (e.g. ambulanze, vigili del fuoco, ..). In fase di progetto
bisogna verificare anche questi aspetti.
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4.2 Inserimento in curva di un autoarticolato
Il rimorchio è collegato alla
motrice ed è in grado di ruotare
attorno ad un asse centrale
identificato con G.
Il sistema è costruito in modo tale
che anche in questo caso tutti i
centri di rotazione convergano in
un unico punto (per motivi grafici,
l’asse anteriore non risulta
allineato)
Le ruote posteriori normalmente
non sono sterzanti.
GH = d
𝐴𝐷 = 𝐴𝐸 = 𝐸𝐷 = 𝑒 + 𝑙
Considero il triangolo OFG tale che:
𝑙 2
𝑂𝐺 = 𝑂𝐹 + 𝐹𝐺 = (𝑅𝑖𝑛 + ) + 𝑝12
2 2 2
2
Considero il triangolo OHG tale che:
𝑙 2
𝑂𝐻 = 𝑂𝐺 − 𝐻𝐺 = (𝑅𝑖𝑛 + ) + 𝑝12 − 𝑑 2
2 2 2
2
Considero il triangolo OCB tale che:
𝑙 2
𝑂𝐵 = 𝑂𝐶 − 𝐶𝐵 = (𝑂𝐻 + ) + 𝑝22
2 2 2 2
2
Sostituisco il valore di OH:
2
2
𝑙 𝑙
𝑂𝐵2 = (√(𝑅𝑖𝑛 + ) + 𝑝12 − 𝑑 2 + ) + 𝑝22
2 2
𝑀𝑎 𝑂𝐵 = 𝑂𝐷 = 𝑒 + 𝑙 + 𝑅𝑖𝑛 , 𝑜𝑣𝑣𝑒𝑟𝑜:
𝟐
𝟐
𝒍 𝒍
𝒆 = √(√(𝑹𝒊𝒏 + ) + 𝒑𝟐𝟏 − 𝒅𝟐 + ) + 𝒑𝟐𝟐 − (𝑹𝒊𝒏 + 𝒍)
𝟐 𝟐
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L’allargamento e è funzione sia delle caratteristiche del veicolo attraverso l, p1 e p2 che di quelle
della curva stessa Rin.
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4.3 Movimenti in corrispondenza delle pendenze
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PARTE II – SISTEMA DI TRASPORTO MARITTIMO
1. Introduzione
L’invenzione più importante
dopo quella della ruota è stata
molto probabilmente quella del
container.
Container: contenitore
metallico di dimensioni standard
in grado di essere impilato fino a
sette elementi uno sopra l’altro e
che può essere spostato da un
mezzo di trasporto all’altro
mediante sistemi di ritenzione
anch’essi standard. Ha dei
particolari sistemi di
ancoraggio, anch’essi standard,
tali per cui può essere spostato
tra i vari sistemi d trasporto (e.g. treno→rimorchio). Presenta inoltre dei fori o aperture, attraverso le
quali può essere agganciato dai sistemi utilizzati negli interporti o porti per il trasbordo dalla nave →
treno o nave → veicolo stradale e viceversa.
Questa innovazione permette lo spostamento di grani quantità di merci con costi limitati. Esistono
compagnie che noleggiano container e permettono il trasferimento delle merci. La disponibilità di
questo sistema, assieme alla rivoluzione della flotta mondiale delle navi ha portato alla
delocalizzazione delle attività a livello internazionale. Tali attività vengono svolte in determinati
luoghi anche molto lontani tra di loro.
Esempio 1: Azienda che produce ventilatori in Cina. I ventilatori vengono caricati in container e
trasferiti via mare fino alla loro destinazione.
Esempio 2: I gamberi pescati in Scozia, vengono inviati mediante dei container frigo in Thailandia
dove vengono lavorati, puliti, inscatolati e riportati in Inghilterra per essere poi immessi sul mercato.
I costi di trasporto bassi, uniti ai ridotti costi di lavorazione in Thailandia, rendono particolarmente
vantaggiosa tale operazione.
Quando parliamo di trasporto per via d’acqua, ci riferiamo principalmente al trasporto delle merci.
Lasciamo perdere il trasporto passeggeri prettamente turistico (navi da crociera) e consideriamo solo
lo spostamento pendolare (distanze brevi) che consente di soddisfare la domanda turistica (traghetti
o mezzi affini). I traghetti sono un caso particolare in quanto consentono il trasporto combinato di
passeggeri e veicoli. Gli aliscafi invece sono destinati al solo trasporto passeggeri.
Una caratteristica essenziale del trasporto merci per via marittima è il basso costo unito al basso valore
aggiunto della merce; al contrario del trasporto per via aerea che, presentando costi di trasporto più
elevati, viene impiegato per il trasporto di merce ad alto valore aggiunto. Chi spedisce via aereo
spende molto ma ha la certezza di un trasporto più sicuro di quello navale.
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Il trasporto delle merci via nave, essendo un fenomeno rilevante a livello mondiale, ha condizionato
fortemente lo sviluppo dell’intero mercato, in particolar modo le caratteristiche dei servizi, delle navi
e delle infrastrutture. Con il tempo abbiamo assistito ad una forte specializzazione delle navi fino ad
arrivare alle attuali porta container ma anche ad uno sviluppo dei porti grazie allo sviluppo di
particolari attrezzature che consentono il trasferimento dei container tra i vari mezzi di trasporto.
Esistono anche altre tipologie di navi, come le “multi purpose” che permettono il trasferimento di
varie tipologie di merci oltre ai classici container. Sono navi dotate di una certa autonomia
infrastrutturale a bordo capaci quindi di raggiungere quei porti che non sono dotati di attrezzature
adeguate al trasferimento delle merci.
Esiste anche il trasporto via fiume o acque interne. In Italia l’unico fiume per il trasporto delle merci
è il Po’. È un sistema poco diffuso, al contrario del Nord Europa (Germania, Olanda, ...) in cui è
presente una fitta rete di trasporti.
I mezzi per il trasporto delle merci via fiume sono molto diversi da quelli utilizzati per il trasporto in
mare causa caratteristiche completamente diverse delle due vie d’acqua.
L’immagine in basso fa
riferimento al porto di
Barcellona. Le frecce blu
rappresentano le rotte a medio
raggio, interne al bacino del
Mediterraneo. È un esempio di
rapporti sistematici tra il porto
di Barcellona con altri porti
con servizi di trasporto
organizzati mediante navi che
compiono tali rotte
periodicamente.
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In alto, invece, possiamo vedere le rotte a livello mondiale, in azzurro quelle principali mentre in
tonalità più tenue quelle secondarie ma pur sempre rilevanti. I cerchietti rossi rappresentano i punti
di passaggio fondamentali senza i quali non sarebbero possibili alcune rotte (Canale di Suez,
Panama,). Su tali rotte si sviluppa fondamentalmente il trasporto marittimo delle merci a livello
mondiale.
Non è una rete fisica, le rotte non sono fisse come una può esserlo una strada. Porti e rotte
costituiscono la rete del trasporto marittimo. Il sistema può essere rappresentato con un grafo ovvero
un insieme di archi e di nodi. A ciascun arco o nodo sono associate delle specifiche prestazioni; di
percorrenza per quanto riguarda le rotte e di esecuzione delle varie operazioni per quanto riguarda i
porti.
Un porto è vincente quando le sue prestazioni sono elevate, ovvero quando tempi e costi per
l’esecuzione delle varie operazioni risultano modesti. Vi sono quindi dei porti in sofferenza poiché
non riescono ad avere livelli di efficienza all’altezza dei servizi richiesti. Le grandi compagnie di
navigazione si appoggiano quindi solo a quei porti che permettono di ottenere prestazioni migliori
(minor tempo di stazionamento sul molo = maggior numero di navi servite. A parità di numero di
container scaricati, un minor tempo di permanenza implica sistemi ed attrezzature molto sviluppate).
2. I veicoli
Nelle acque interne non c’è il moto
ondoso. Le imbarcazioni utilizzate
per il trasporto merci sui canali
sono molto lunghe, larghe e con un
pescaggio limitato. Se uscissero in
mare?
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Poppa via / Prua via = Dietro /
Davanti
La stiva presenterà quindi
particolari caratteristiche
geometriche in termini di volume e
dotazioni termiche per poter
ospitare determinate tipologie di
merci o agglomerati di essi.
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L’imbarcazione è stata progettata da un italiano tra il 1904 e il 1905, l’ingegnere Forlanini. È un
sistema vecchio ma che trova tutt’ora applicazione.
Nota: 1 nodo = 1 miglio marino all’ora = 1,852 km/h
La capacità è variabile ma siamo nell’ordine dei cento passeggeri.
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Le navi traghetto del tipo RO –
RO, sono dei natanti che
consentono il carico/scarico dei
veicoli in maniera autonoma;
entrano ed escono attraverso
opportune rampe.
I veicoli in questione possono
essere sia gommati che mezzi
ferroviari; difatti all’interno del
traghetto vi sono dei binari come è
possibile vedere nell’immagine a
destra.
La capacità di carico di un traghetto può essere espressa in base:
• al numero di veicoli di varie dimensioni contenuti al suo interno;
• a quanti metri di veicoli contenuti al suo interno.
Carico di un mezzo ferroviario: Il vagone ferroviario viene spinto all’interno del traghetto. Vi è
continuità tra i binari posti sulla terra ferma e quelli posti all’interno del natante. Le operazioni di
manovra richiedono molto tempo, in quanto, a seconda dello spazio a disposizione, implicano la
scomposizione del treno in più sezioni.
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In base alla tipologia di merci trasportate possiamo avere una classificazione delle flotte in tre
categorie:
1. Merce lavorata, metalli e altri generi pregiati, compresi anche i macchinari di lavorazione.
Trasferite mediante servizi programmati vincolati ad un orario di servizio. Sono sistematici,
ogni giorno/settimana/periodicamente c’è una nave che parte da X e arriva a Y. Tali servizi
vengono proposti sul mercato e le aziende ne possono far uso.
Es: Google Maps – Porto di Capo d’Istria. Si notano dei piazzali enormi che contengono
autovetture. Ci sono quindi delle aziende che producono autovetture in Croazia o fuori
facendo capo al porto i Capo d’Istria per il trasferimento dei prodotti.
• Arrivo di una nave specializzata nel trasporto dei veicoli
• Tanti conducenti prendono le auto e le caricano sulla nave.
2. Beni meno pregiati che vengono trasportati con servizi non di linea ovvero a noleggio. I
noleggiatori sono coloro che noleggiano la nave con o senza l’equipaggio, a coloro che hanno
la necessità di trasferire particolari categorie merceologiche.
3. Prodotti liquidi (rinfuse liquide) come il petrolio trasportato mediante navi cisterna e in
destinazione a specifici porti che devono essere dotati di attrezzature idonee al trattamento di
tali merci.
Stazza = Volume
Portata = Carico in tonnellate
metriche
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Nell’immagine in alto a sinistra possiamo
vedere la sezione verticale passante per
l’asse longitudinale di una nave.
I cavallini di poppa/prua sono quegli
elementi curvi che si estendono sopra il
ponte.
Baglio è quel sistema che collega le murate
di destra e sinistra; in sostanza sono delle
travi che sostengono il piano di calpestio del
ponte. Travi poste nella direzione ortogonale
a quella di sviluppo principale della nave.
Il bolzone è un elemento curvo posto al di
sopra del piano di calpestio del ponte. La sua forma è tale da permettere il deflusso dell’acqua verso
l’esterno.
Il bulbo è quell’elemento curvo posto nella parte bassa dello scafo a prua via nell’immagine in alto a
sinistra e serve per ridurre le resistenze al moto.
Lpp: Lunghezza perpendicolare al piano di galleggiamento, misurata dall’asse del timone fino al
punto di intersezione tra il piano di galleggiamento e la chiglia a prua via.
LUL: Lunghezza al galleggiamento, misurata tra i punti di intersezione della linea di galleggiamento
con la chiglia a poppa e prua via.
LOA: Lunghezza del fuori tutto che rappresenta il massimo ingombro longitudinale. Parametro di
notevole importanza in relazione all’interazione con le infrastrutture (ormeggio della nave).
Sezione maestra: sezione trasversale che racchiude la massima area immersa
Larghezza è il massimo ingombro orizzontale (fuori tutto) in riferimento alla sezione maestra.
Pescaggio misurato al massimo carico. Devo capire di quanto la nave si “abbassa”. Parametro utile
per le verifica di compatibilità tra l’immersione massima del natante e la profondità del canale di
adduzione al porto. Esistono porti come quello di Venezia che offrono un pescaggio molto limitato
per cui è vietato l’accesso ad alcune tipologie di navi.
Es: Entrando dalle bocche di porto e percorrendo il canale si raggiunge internamente il porto
commerciale. Questa rappresenta una via d’acqua a senso unico alternato la quale deve essere
periodicamente dragata di modo tale da garantire una profondità adeguata. I porti che non presentano
il canale di adduzione non hanno ovviamente di questi problemi in quanto presentano profondità
elevate.
36
In relazione alla nave di progetto con
determinate caratteristiche geometriche
posso dimensionare tutte le componenti del
porto (moli, banchine, canali, etc..).
Abbiamo due tipologie di navi:
• Quelle che non sono dotate di attrezzature
e che sono, sostanzialmente, dei grandi
contenitori per le merci che vengono
caricate/scaricate con opportuni apparati di
movimentazione. Un esempio sono le
grandi navi porta container (immagine in basso a sinistra che si distingua dall’altra per la
completa assenza di attrezzature di bordo). In questo caso sarà il porto ad occuparsi delle
manovre di carico e scarico.
• Quelle dotate di attrezzature di bordo in grado di operare in maniera del tutto autonoma (lift
on lift off). I container vengono spostati dalla nave alla banchina e viceversa. Su quest’ultima
si possono trovare o i rimorchi dei camion pronti a ricevere il carico oppure dei vagoni merci.
Vantaggio netto dei contenitori è il fatto di avere delle caratteristiche dimensionali e sistemi di
ancoraggio standard tali da consentirne il trasferimento da un mezzo di trasporto all’altro.
Da una parte avrò porti meno specializzati adatti ad ospitare solo navi con attrezzature di bordo
ed altri più specializzati con attrezzature idonee.
Durante la sosta in porto vengono
eseguite tutte le operazioni di
carico/scarico delle merci durante le
quali è bene che la nave sia ferma!
Gru a sbalzo in cui l’operatore,
muovendosi insieme ad essa, con
l’utilizzo di un joystick, aggancia,
preleva e sposta i container. I turni
di lavoro sono limitati in quanto è
richiesta molta concentrazione. Tali
operazioni vengono spesso eseguite
sottovento, situazione che prevede
l’oscillazione del container (cavi non sono verticali). Se la nave non fosse ormeggiata, tutte queste
operazioni risulterebbero rischiose, sia per il personale a terra che per l’operatore stesso. La
tipologia dell’ormeggio è legata alle caratteristiche di moto della nave (rollio, beccheggio e
sollevamento).
37
Asse x (blu) → Asse longitudinale
Asse y (rosso) → Asse trasversale
Il rollio lo troviamo anche nel moto di
un’autovettura (curva e controcurva); stessa
cosa il beccheggio (brusca frenata).
Sollevamento: Movimento traslatorio lungo
l’asse z (verde). Le modalità di beccheggio,
rollio e sollevamento solo legate alle
caratteristiche geometriche della nave. Nel momento in cui predispongo un dispositivo di
ormeggio devo tener conto di questi possibili moti.
Imbardata: rotazione del natante intorno all’asse z (verde). Con tale moto la nave potrebbe andare
a battere contro il molo. Con l’ormeggio devo limitare l’effetto che dipende essenzialmente dalla
struttura del molo.
Oscillazione: Movimento traslatorio
lungo l’asse y (rosso).
Ondeggiamento o moto d’onda:
Movimento traslatorio lungo l’asse x
(blu).
La scelta dei dispositivi di ormeggio
deve essere tale da:
• garantire la simmetria in
riferimento alla prua e poppa della
nave;
• perpendicolarità delle cime
rispetto alla nave.
38
sono le distribuzioni parziali temporali del carico. Esistono dei software sofisticati. Si occupano di
questo problema sia i trasportisti che i cercatori operativi.
39
trasferimenti. A seconda delle situazioni, chi spedisce la merce, potrà decidere se fare un trasporto
accompagnato o no. È anche possibile optare per un trasporto accompagnato non completo ovvero
lasciare a terra il conducente, trasportare il camion fino a destinazione dove sarà presente un secondo
conducente per il traporto. Varie soluzioni per cercare di tenere conducente e motrice inattivi per
troppo tempo.
Navi dotate di serbatoi o cisterne
stagni e di sistemi di pompaggio in
grado di trasferire le sostanze
liquide che trasportano dalla nave
alla banchina. Esistono anche
sistemi off-shore dove la nave non
entra in porto ma trova una
struttura in mare aperto cui si
collega per eseguire le operazioni
di carico/scarico sempre con
sistemi di pompaggio verso la terra
ferma.
40
In questo grafico possiamo vedere
quella che è stata l’evoluzione della
flotta mondiale suddivisa per
tipologia di nave.
Siti web interessanti sul trasporto
navale
1. UNCTAD STAT:
Sistema informativo delle nazioni
unite che riguarda il commercio e
sviluppo. Data center → Maritime
Transport.
Dal 2010 al 2019, a livello mondiale, il trasporto di container è quasi raddoppiato. Il dato è relativo
alle singole nazioni, nell’immagine possiamo vedere un focus su Cina, Italia e Mondo.
Il traffico italiano rispetto a quello cinese
è del tutto irrilevante.
41
2. Worldshipping.org: Interessante da leggere è la storia della containerizzazione (non oggetto
di esame), di seguito uno stralcio
42
Figura 1 - Esempio di informazioni aggiuntive ottenibili
43
3. Le infrastrutture
Il sistema infrastrutturale può essere
schematizzato come un insieme di
archi e nodi. A differenza della rete
stradale però, gli archi non sono fisici
(rotte). Gli elementi nodali del
sistema sono invece rappresentati dai
porti.
Il porto è il luogo di interazione tra il
sistema di trasporto terrestre
(ferroviario o stradale) e quello
marittimo. È un punto di
origine/destinazione dei mezzi (navi)
che si muovono all’interno della rete.
Il porto deve garantire la massima efficienza sia in relazione al trasporto marittimo che agli altri modi
di trasporto cui è connesso. Le operazioni di trasbordo merce, siano esse su container, rinfuse o altro,
da una nave giramondo ad una feeders o da nave a mezzo terrestre, deve avvenire nel modo più
efficiente possibile. In tal caso, il porto diventa attraente per gli spedizionieri o per coloro che
organizzano i trasporti.
Il porto, come anche gli aeroporti, deve garantire la continuità del trasporto.
Funzioni del porto:
1. Ingresso/uscita delle navi: Il porto deve garantire con opportune dotazioni infrastrutturali
l’ingresso e l’uscita delle navi.
2. Sosta: Deve garantire la sosta per rendere possibili le operazioni di carico/scarico delle merci e
imbarco/sbarco passeggeri.
3. Piazzali di stoccaggio: Devono essere previsti degli spazi adeguati al ricovero della merce in
funzione dei traffici che vengono supportati dal porto stesso (silos per rinfuse solide, piazzali
per autovetture, etc..).
4. Terminali di scambio: Idonei sistemi per permettere l’interscambio dei mezzi di trasporto
(ferrovia che penetra all’interno del porto mediante fasci di binari lungo i quali avviene la
scomposizione/composizione dei convogli). Dovranno essere altresì presenti dei sistemi
LOLO per i trasferimenti dei contenitori dalla nave ai treni e viceversa.
5. Servizi:
a. Segnaletica: La nave deve ricevere tutte le informazioni possibili per poter arrivare in
porto in condizioni di sicurezza e nel modo più rapido possibile
b. Piloti e rimorchiatori: Non tutti i porti forniscono questo servizio. Il capitano della
nave lascia il controllo ad una figura esterna incaricata dal porto (pilota) che ha il
compito di portare la nave all’interno. I rimorchiatori (natanti piccoli dotati di motori
molto potenti) invece aiutano i movimenti della nave laddove gli spazi sono troppo
stretti per permettere delle manovre autonome.
c. Rifornimento
Il porto può esser visto come una grande stazione di servizio in grado di fornire alle navi in arrivo
tutta una serie di servizi per la navigazione e per il trasferimento delle merci. È un sistema organizzato
che prevede delle attività di pianificazione, gestione e di esercizio come un qualsiasi altro sistema di
trasporto. Tale servizio in Italia viene fatto dalle Autorità Portuali ben definite da un decreto del
44
Ministero dei Trasporti. I porti che non erano delle Autorità Portuali erano gestiti da enti pubblici. Un
esempio il porto di Chioggia il quale era gestito dalla Camera di Commercio. Oggi invece rientra
all’interno dell’Autorità Portuale del porto di Venezia.
45
3.1 I porti
L’orientamento dell’ingresso
dipende dal moto ondoso, dalle
caratteristiche morfologiche della
costa e dalle rotte di provenienza. In
ogni caso il porto deve essere un
luogo sicuro, protetto dai venti e dal
moto ondoso. Anche se fuori vi è una
condizione critica meteo-marina,
all’interno del porto la situazione
deve essere sempre sotto controllo;
difatti all’interno, tutte le varie
funzioni/servizi dovranno essere
svolti in totale sicurezza con l’acqua
pressoché ferma.
Dighe: elementi atti a bloccare il moto ondose posti in corrispondenza dell’ingresso. Non sono
collegate a terra.
Frangiflutti: Funzione di smorzare il moto ondoso posti in corrispondenza dell’ingresso. Anch’essi
non sono collegati a terra.
Antemurali: Proteggono l’ingresso ma sono collegate a terra.
Moli: Elemento di interesse funzionale in quanto lungo di essi possono attraccare le navi (partecipa
alla capacità).
La zona evidenziata prende il
nome di “avamporto”. Qui
avviene la transizione tra il moto
ondoso smorzato dalle varie opere
presenti all’esterno e la situazione
di quiete presente all’interno.
Deve essere configurato in modo
tale da limitare il moto ondoso.
Deve essere dragato
periodicamente mantenendo un
livello di fondale costante, onde
evitare l’incagliamento delle navi.
Il porto interno è lo spazio in cui
si realizzano tutte le operazioni. Le dimensioni della nave (nave di progetto – la più grande nave che
può essere servita dal porto) devono essere tali da consentire operazioni di manovra, rotazione o
quant’altro all’interno del porto in modo autonomo. Nel caso in cui le dimensioni della nave eccedano
quelle di progetto, il porto può essere dotato di un servizio di rimorchiatori che hanno il compito di
collocare e posizionare opportunamente la nave all’interno di tale area.
46
Il molo è il luogo più idoneo in
cui posizionare la nave. Queste
vengono messe in fila, una dietro
l’altra, con un margine (franco di
sicurezza di circa 10 – 20 metri,
in rapporto alla dimensione).
Il molo guardiano è una struttura
che esce di molto rispetto al
mare. Protegge sia dal moto
ondoso che dall’insabbiamento.
Ravenna è un esempio di porto
dotato di molo guardiano.
Il pontile può essere sia fisso che mobile. Nel primo caso varia la sua posizione in funzione
dell’altezza della marea, in modo tale da trovarsi sempre alla stessa quota della nave.
Le calate ospitano i vari sistemi di trasbordo.
48
Bacini portuali è il luogo in cui avvengono le manovre all’interno del porto, privo da ostacoli.
Esempio sulla capacità del porto. Ammettiamo che in linea ci sia spazio per 20 navi di progetto
contemporaneamente. Questa sarà la capacità solo se vi sono le condizioni per operare
contemporaneamente con tutte queste navi. Se ho una rotazione di servizi tali da poter servire solo
dieci navi in contemporanea, quella sarà la capacità del mio porto. Devo guardare sempre il “collo di
bottiglia” ovvero l’elemento più limitante che minimizza il numero di navi servite.
Nelle fasi di accosto devo evitare
che la nave urti, con la parte
superiore, le infrastrutture del
porto.
Nelle navi con sistema RO – RO
dovrò valutare l’altezza della
banchina rispetto al pelo libero e
al variare delle maree in modo
tale che sia consentito il
passaggio dei veicoli da e verso
terra. Il portellone che si apre
deve poter toccare la banchina
senza creare delle pendenze assurde.
Quanto spazio c’è tra l’acqua e i piazzali di movimentazione merci? Si va da un minimo di 20-40
metri fino a 80 – 130 metri in funzione delle dotazioni.
5. Trasporto idroviario
Le due tipologie di vie
d’acque rappresentano le
infrastrutture sulle quali si
realizza il trasporto per vie
d’acqua interna. In base alle
caratteristiche delle vie, le
imbarcazioni o natanti,
dovranno avere
caratteristiche idonee per
poter utilizzare tali
infrastrutture. Le
caratteristiche geometriche
dei natanti e quelle delle infrastrutture devono quindi essere compatibili. Gli elementi nodali sono
i porti; lungo le vie d’acqua (fiume o canale) oppure come terminali in corrispondenza dei porti
marittimi. Parliamo di rotte interne; rotte fisiche (elementi lineari) e non come quelle marittime
che sono rotte virtuali.
In Italia il trasporto per vie interne non rappresenta un’alternativa credibile al trasporto stradale o
ferroviario causa un limitato impatto rispetto alle altre due (unico fiume navigabile è il Po’). Da
decenni ci sono delle spinte nel Veneto per il collegamento Padova – Venezia (idrovia veneta).
Potenzialmente potrebbe avere un senso ma economicamente parlando no, in quanto la relazione
è talmente breve che le operazioni di carico e scarico diverrebbero più onerose del trasporto stesso.
Poteva però avere un senso, un sistema ferroviario a navetta (porto Venezia – porto Padova) su
ferro a guida autonoma con frequenza di spostamento elevata con un orientamento al trasporto
49
dei contenitori. Attualmente questa relazione è servita su gomma. Vi sono dei problemi di
instradamento della linea ferroviaria, tali per cui da Padova, al momento, non si riesce a spostarsi
verso est. Le caratteristiche della linea ferroviaria sono tali da non consentire la diversione sulla
linea diretta per Venezia.
5.1. I veicoli
I natanti hanno un pescaggio limitato,
sono molto lunghi e molto larghi.
Non lunghi come le navi cargo poiché
ovviamente si verrebbero a creare dei
problemi di compatibilità tra le
dimensioni per le “manovre di
inserimento in curva”.
Le caratteristiche geometriche
rendono il natante poco resistente a
flessione e quindi non adatto alla
navigazione in mare. Nel caso di
moto ondoso persistente, il motore
rimarrebbe sempre esterno (fuori dall’acqua).
I canali sono principalmente di acqua dolce che rispetto a quella di mare salata sostiene meno. Per
tale motivo si rende necessario utilizzare delle chiglie più piatte in modo tale da aumentare il volume
di liquido spostato. Si cerca quindi, a parità di pescaggio, di ottenere un volume maggiore e quindi
una spinta del liquido maggiore capace di sostenere carichi più grandi.
Alcune chiatte sono dotate di propulsione propria ovvero è presente una cabina di comando con un
motore annessi alla chiatta stessa; altre invece, assimilabili ai rimorchi stradali, non sono dotate di un
sistema di moto – propulsione. Vengono assemblate insieme a formare un insieme di chiatte,
contenenti anche materiali diversi, spinte o trainate da un rimorchiatore. Il rimorchiatore di fatto non
ha capacità di carico ma un motore con elevate potenze in grado di spostare imbarcazioni da pesi e
volumi molto elevati.
A cosa servono le informazioni sulla portata e sulla velocità? A caratterizzare dal punto di vista delle
prestazioni un sistema di trasporto. Queste informazioni sono necessarie per farsi due conti rapidi in
fase di progettazione (tempi di trasferimento, quantità di merce trasferita, …) sull’efficienza e quindi
sui costi del servizio. Conoscere le prestazioni del singolo mezzo che può essere messo in esercizio
consente poi di fare delle valutazioni sui costi di esercizio stesso.
50
Al centro uno “spingitore”
(rimorchiatore) che sposta un sistema
di chiatte collegate tra di loro.
L’assemblaggio delle chiatte in coda
prevede la formazione di una specie di
cuneo all’interno del quale viene
inserita poi la prua del rimorchiatore.
5.2. Le infrastrutture
Il canale rappresenta un percorso
fisico al contrario della nave che in
mare può “fare ciò che vuole”.
Lungo il canale vi sono i porti,
elementi nodali che consentono il
trasbordo della merce
dall’imbarcazione al trasporto
terrestre che può essere su ferrovia o
su gomma.
I canali non sono specializzati ovvero
non consentono il trasporto dedicato
di una sola tipologia di merce (non
esiste il canale adibito al solo trasporto dei cereali). Sui canali viaggia tutto ciò che può essere
trasferito mediante uso di imbarcazioni.
In questi sistemi, in particolare nel Nord Europa, causa la forte escursione delle maree, possiamo
avere delle differenze di quota del pelo libero lungo uno stesso canale. In questi casi, si rende
necessario l’utilizzo delle “conche”, sistemi di regolazione che permettono all’imbarcazione di
superare tali dislivelli tra le quote dei canali. L’imbarcazione viene quindi chiusa tra due portelloni
ermetici e, attraverso delle pompe, viene alzato o abbassato il livello dell’acqua. In questo modo
51
l’imbarcazione è in grado di accedere al segmento successivo del canale che si troverà ad una quota
diversa da quella di partenza.
La lunghezza del molo deve essere tale da poter accogliere due navi di progetto in linea con
interposizione di un franco di sicurezza di 10 metri.
52
PARTE III – SISTEMA DI TRASPORTO AEREO
1. Introduzione
Le modifiche tecniche, ovvero
l’introduzione di nuovi veicoli
all’interno dell’infrastruttura e quelle
organizzative riguardanti invece
migliorie nell’organizzazione del
servizio, hanno permesso una
progressiva evoluzione del sistema di
trasporto aereo che è diventato, a
differenza di qualche decennio fa,
alla portata di tutti.
A partire dalla metà degli anni ’90 si
è vista una riduzione consistente
delle tariffe che ha reso possibile accedere a tale servizio di trasporto anche a coloro che non avevano
redditi particolarmente elevati. Riduzione delle tariffe ed aumento dell’offerta ovvero aumento delle
possibili destinazioni raggiungibili dai vari aeroporti.
1978 è l’anno della “deregulation”. All’epoca era in carica il Presidente americano Jim Carter che di
punto in bianco rivoluzionò il sistema di trasporto aereo aprendo di fatto il mercato. Esisteva un Ente
che regolava la costituzione di nuove compagnie aeree e la segnalazione delle rotte alle varie
compagnie. Ogni nuova compagnia quindi, per entrare nel mercato doveva superare un controllo
molto stretto dal punto di vista tecnico ed economico da parte di tale ente. Fino al 1978 il mercato
americano era caratterizzato in sostanza da un’offerta molto limitata (non tutte le relazioni
potenzialmente servibili erano servite). Non solo, vi erano anche delle tariffe molto elevate. Non
esisteva un’economia di scala. Nacque una forte competizione tra le grandi compagnie che all’epoca
servivano il mercato americano e le compagnie low cost che riuscivano a servire più relazioni a prezzi
più contenuti. Le grandi compagnie non riuscivano a fare economia di scala, abbandonando di
conseguenza tutte quelle relazioni poco remunerative. Tanta domanda → Poca offerta → Prezzi
aumentano.
Per incentivare e favorire l’accessibilità a diversi luoghi del suolo americano attraverso una rete aerea
efficiente a basso costo e per potenziare la rete di trasporto internazionale, il Presidente americano
decise, nel 1978, di aprire il mercato. Potevano quindi nascere nuove compagnie ma dovevano fornire
garanzie dal punto di vista tecnico ed economico (personale preparato, veicoli adatti al volo,
compagnie solide economicamente, etc..).
Nel giro di 5 anni, 1983, il mercato cambia radicalmente; entrano in campo nuove compagnie
osservando di fatto una progressiva riduzione delle tariffe con aumenti dell’offerta. Aumentando
l’offerta ed abbassando le tariffe, il mercato rispose con un incremento della domanda. Nei primi
dieci anni vennero quindi favorite le compagnie di piccole dimensioni che riuscirono a mantenere dei
costi operativi più bassi rispetto alle grandi compagnie.
“Leggere documento su Moodle sulla Deregulation”
Alcuni grandi compagnie chiusero mentre altre reagirono riducendo i costi operativi e migliorando
l’offerta attraverso l’implementazione di un sistema organizzativo, l’Hub & Spoke. Esempio: Aereo
da Italia verso USA. Da Venezia ci sono dei voli diretti ma sono limitati quindi mi muoverò dapprima
verso Francoforte o Monaco e solo dopo un’attesa di qualche ora, mi muoverò verso l’America. Gli
53
scali intermedi rappresentano gli Hub delle compagnie aeree (Francoforte è l’Hub di Lufthansa). Hub:
Francoforte, Spoke: Venezia. Francoforte funge da luogo di concentrazione della domanda
proveniente da diverse destinazioni. Dalle diverse origini, anche minori, vi sono dei vettori
(compagnie aeree), anche di dimensioni limitate, che portano i passeggeri all’hub nel quale verranno
concentrati per poi dirigerli verso le destinazioni finali.
Sulle relazioni più forti, nelle quali avrò una concentrazione della domanda, dovrò usare frequenze
maggiori (e.g. aerei disponibili / ora) ed aerei di grandi dimensioni. Questa concentrazione della
domanda permette di ottimizzare e ridurre i costi operativi per i vettori. Questa fu di fatto la risposta
delle grandi compagnie aeree americane alla deregulation; una modifica sostanziale al sistema
organizzativo. Prima di allora veniva applicato un sistema del tipo Point to Point.
A metà degli anni ’90, le compagnie low cost iniziano a fare servizi “feeder” ovvero un servizio di
abduzione agli hub per le compagnie maggiori. Oppure nascono delle compagnie low cost all’interno
di compagnie maggiori. Altre invece come Ryanair, EasyJet, etc.…low cost che servono relazioni del
tipo Point to Point che su determinate tratte riescono ad avere, rispetto anche alle compagnie più
grandi con sistemi hub & Spoke, tariffe molto basse in quanto operano tra aeroporti di minore
importanza (costi minori) e decentrati rispetto al terminal principale.
A differenza dell’America in cui il passaggio è avvenuto in maniera netta, in Europa invece si è
proceduto per step successivi a partire dal 1982 fino ad arrivare al 1997.
Il sistema di trasporto aereo diventa competitivo su distanze superiori ai 400 – 500 km. Al di là del
costo in sé, il problema del trasporto aereo è legato anche ai vari problemi di sicurezza nati dal 2001
in avanti ed il tempo. Tempo e costi che dobbiamo spendere per recarci in aeroporto per compiere
tutte quelle attività previste prima della partenza. Vi sono delle attività obbligatorie come il controllo
passaporti, controlli di sicurezza ed attività discrezionali, ovvero l’insieme di quelle attività che
possono essere svolte nell’attesa del viaggio.
Esempio:
TRENO. Per andare da Padova a Roma, conviene senza dubbio prendere il treno piuttosto che l’aereo.
Saliamo sul Frecciarossa a Padova ed in 3 ore e 10 arriviamo nel cuore della città ovvero Roma
Termini.
AEREO. Con l’aereo invece dovremmo partire da Padova, raggiungere in qualche modo l’aeroporto
di Venezia (non esiste un treno diretto quindi servizio bus o macchina propria), pagare l’eventuale
parcheggio, e prendere l’aereo dopo aver superato tutti i vari controlli. 45 – 50 minuti di volo, ripetere
i medesimi controlli all’aeroporto di Roma Fiumicino e prendere un qualsiasi mezzo per raggiungere
il centro città. I tempi dei due sistemi di trasporto non sono comparabili. Lo diventano per distanze
intorno ai 400 – 500 km.
54
2. Gli Enti
Le compagnie aeree devono rispettare
delle norme precise definite a livello
internazionale e nazionale.
ICAO: Tramite 18 annex (allegati)
definisce gli standard da applicare.
Annesso 1 riguarda la certificazione
del personale; sono delle norme che
delineano gli standard internazionali
per la formazione di tutto il personale
del sistema di trasporto aereo.
Esempio: Un tizio potrà fare il
conducente del pullman per il
trasferimento dei passeggeri dal terminal alla scaletta solo se avrà superato certi requisiti delineati
nell’annex1.
L’annex 2 riguarda invece le regole dell’aria ovvero:
• le regole generali del volo differenziando per esempio da “volo a vista” e “volo strumentale”.
• Distanziamenti orizzontali e verticali tra velivoli
• Dimensioni delle vie aeree (spazi all’interno dei quali si muovono gli aeromobili
opportunamente distanziati).
• Etc.
L’annex 11 è relativo ai servizi del traffico aereo. Rientrano in questa categoria i controllori di volo.
In corrispondenza degli aeroporti vi è la torre di controllo. All’interno vi sono gli operatori che per
l’Italia è l’ENAV (Ente Nazionale per l’Assistenza al Volo), una volta era militare adesso S.p.A.
Hanno l’obbligo di controllare la movimentazione a terra ovvero “land side” dei velivoli, ovvero che
vengano rispettate le norme di distanziamento anche a terra ma hanno anche il compito di controllare
le fas di avvicinamento ed allentamento (atterraggi e decollo) degli aeromobili. Dal Centro di
Controllo d’Area ubicato in Veneto ad Abano, ENAV gestisce tutto il traffico aereo nella fase di rotta
che attraversa la parte nordest della Penisola. L’area di controllo si estende da Monaco fino all’Emilia
Romagna considerando tutto il Nord Est. Gli operatori controllano il traffico aereo, agganciando,
nell’area di pertinenza, il segnale dell’aeromobile (stringa alfanumerica univoca) guidandolo nel
percorso fino alla torre di controllo dell’aeroporto di destinazione. Cosa vuol dire che l’aereo viene
seguito? L’aereo trasmette via radio la posizione e la quota. Rispetto allo schedulato ovvero al
percorso programmato, il controllore è in grado di capire lo stato di avanzamento del volo. Aereo
scomparso dai radar? Il radar non riesce più ad agganciare il segnale dell’aeromobile. I controllori
hanno turni da 45 minuti con pause di 15 minuti in quanto il loro lavoro richiede un’estrema
concentrazione. Vi è quindi una comunicazione continua tra il pilota e l’operatore di controllo.
La Penisola è suddivisa in varie aree, ciascuna controllata da un Centro d’Area. Purtroppo, vi sono
delle zone scure in cui non vi è la copertura di segnale per cui i piloti viaggiano senza una copertura
di controllo. Tali zone comprendono il Polo Nord e tutte le zone adiacenti.
Altro annesso importante è il n°17 che riguarda la sicurezza (security) da non confondere con la
safety. La prima fa riferimento a tutto ciò che concerne il volo, mentre la seconda al passeggero.
La FAA è un altro ente e fa a livello nazionale statunitense quello che fa la ICAO, ovvero stabilisce
delle norme. Molto spesso l’ICAO si ispira alla FAA, il problema è che normalmente ciò che prevede
la FAA è meno restrittivo di ciò che è opportuno applicare in altri contesti territoriali dove le
55
tecnologie a disposizione non sono poi così avanzate come quelle americane. La FAA, quindi, rilascia
norme meno restrittive perché parte dal presupposto che le proprie dotazioni risultano molto più
avanzate dal punto di vista tecnologico. In generale l’ICAO si ispira alla FAA ma deve tenere a mente
che non in tutti i Paesi del Mondo vi sono le medesime condizioni operative.
3. I veicoli
Forze esterne = Aerostati
Mezzi propri = Aerodine (elicotteri
e aerei) che sono dotati di un
sistema moto propulsore che
consente loro, insieme alla
portanza, di sostentarsi nell’aria.
Aerostati: Sono mezzi di trasporto
utilizzati in maniera occasionale,
utilizzati soprattutto nel campo
della fotogrammetria. Le
mongolfiere vengono utilizzate per il trasporto delle persone in eventi ludici.
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Le aerodine sono realizzate in leghe leggere ma pur sempre metalliche; difatti risultano molto più
pesanti dell’aria. La sostentazione avviene per mezzo della portanza ovvero una forza, definita
appunto portanza, agente sulle superfici orizzontali estese (ali) che si muovono nell’aria spinte dal
sistema di moto propulsione. Tale forza è funzione dell’angolo che si forma tra la direzione del vento
relativo e la superficie stessa.
Esempio: Mano fuori dal finestrino di un veicolo in movimento. Se la mano è orizzontale, la forza
di attrito dell’aria sarà minima. All’aumentare dell’inclinazione della mano, la forza aumenta fino a
raggiungere un valore massimo in corrispondenza di un particolare angolo che vedremo nei paragrafi
successivi.
57
Massa a vuoto di fabbrica:
Massa del velivolo così
come esce dalla fabbrica
Aspetto molto importante riguarda la distribuzione del carico all’interno del velivolo. Per i passeggeri
è semplice in quanto vi sono i sedili, ma per le merci? Il carico va distribuito opportunamente per non
creare squilibrio in fase di moto. Per ogni aeroplano esiste uno schema distributivo che ha valenza
legale; deve essere infatti sottoscritto da un Responsabile che certifichi il fatto che il carico sia stato
distribuito compatibilmente con le norme stabilite dall’ICAO, dal FAA, ENAC, etc.
58
Una Unit Load Device (unità di carico), o ULD, è
un pallet o container usato per il carico di bagagli,
merci e posta sugli aeromobili a fusoliera larga e su
alcuni aeromobili a fusoliera stretta. L'ULD consente
di caricare grandi quantità di merce con una sola
unità, permettendo un'ottimizzazione del tempo e del
personale utilizzato per il carico e lo scarico
dell'aeroplano. Ogni ULD possiede un manifesto di
carico che permette di identificarne il contenuto.
La compagnia sceglie un aereo in funzione di quelle che saranno le funzioni che dovrà svolgere in
modo tale da ottimizzare il rapporto tra i ricavi (provenienti dalla vendita dei biglietti) e costi operativi
(costo per il “movimento” dell’aeromobile). L’unità di misura dei costi solitamente è espressa in
€/km*pass (euro per km per posto offerto). Quella dei ricavi invece €/posto occupato.
Una volta stabilita l’entità della domanda di viaggiare su quella determinata rotta, sceglierò di
conseguenza un aereo con idonee caratteristiche di capacità per soddisfare tale richiesta, ottimizzando
costi e ricavi.
Altro parametro da tener di conto per la scelta sono le caratteristiche dei terminali aeroportuali. Non
posso quindi mettere in servizio un aeromobile con lunghezze incompatibili con le infrastrutture per
le fasi di atterraggio e decollo (airside).
3.1 L’aeroplano
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Esoreattori – Motore ad elica. Il motore mette in moto l’albero che trasmette
il moto all’elica che inizia a girare. Ha una forma tale da riuscire ad accelerare
l’aria fornendo una spinta propulsiva.
Normalmente però gli aerei fanno uso di quelli che vengono chiamati
turboreattori.
Al flusso caldo (compresso) proveniente dal turbogetto si aggiunge un secondo flusso freddo
proveniente dalle turbine anteriori che passa esternamente alla camera di combustione e che
parteciperà poi alla spinta dell’aeromobile. Il flusso freddo viene in parte convogliato nella camera di
combustione ed in parte espulso esternamente. Nella camera di combustione non vi è sempre la
candela con il motore a scoppio che continua a produrre la scintilla. Le pressioni, infatti, sono
talmente elevate che basta solo l’input di avvio, il resto vien da sé. In certe condizioni operative però
può succedere che non vi sia l’autocombustione. In questi casi sarà comunque possibile attivare
manualmente la scintilla per evitare bruschi arresti del motore.
60
Turbo fan a freddo. Identico al precedente solo che
l’involucro è più corto impedendo il mescolamento
interno tra il flusso caldo e quello freddo.
61
Un profilo fortemente asimmetrico
ha poca portanza. In tal caso sono
previsti tutta una serie di dispositivi
per incrementarla.
62
Esempio Frecce tricolori. Ad un
certo punto il solista sale per poi
ricadere senza apparentemente
controllo del velivolo. In quel
momento è stato infatti raggiunto
l’angolo di massima incidenza
(circa 15°) con perdita di portanza.
Ogni ala ha le proprie
caratteristiche di portanza, la quale
però può essere modificata grazie a
tutta una serie di dispositivi
presenti su di essa in grado di
modificare l’angolo di incidenza (i
dispositivi modificano la forma del profilo alare) ed il cui azionamento può essere notato al momento
della fase di decollo e atterraggio. In fase di decollo attivo tutto il possibile per ottenere il massimo
angolo di incidenza e salire rapidamente.
La direzione del vento relativo è la stessa della traiettoria.
L’angolo di calettamento è fisso e definito in fase di progettazione dell’aereo stesso. Dipende da come
sono “incastrate” le ali nella carlinga. In alcuni modelli di aereo quest’angolo non è fisso ma può
variare.
L’angolo diedro negativo è tipico degli aerei da caccia. Angoli positivi rendono l’aereo molto più
stabile rispetto al moto di rollio. Se l’aereo, da una situazione di moto a regime, subisce una qualche
perturbazione (getto trasversale d’aria) riuscirà comunque ad auto bilanciarsi ritornando nella
posizione iniziale di equilibrio. Per la forma che hanno le ali, la destabilizzazione viene riassorbita in
maniera del tutto automatica.
In caso invece di perturbazione con angolo diedro negativo, si innesca il rollio senza nessun’auto
livellamento. Rende molto più complesso pilotare un aereo di questo tipo che però risulta essere molto
più reattivo e maneggevole in certe circostanze.
Gli alettoni si utilizzano per
esempio quando si vuol fare una
virata, generando una deportanza
su un lato ed un incremento di
portanza sull’altro. Sono i
componenti mobili dell’ala che
consentono di gestire da parte del
pilota il moto di rollio dell’aereo.
Gli ipersostentatori vengono
utilizzati per aumentare o ridurre la
portanza in fase di decollo o
atterraggio.
I diruttori di flusso o spoiler servono specificatamente per ridurre la portanza in fase di atterraggio.
Alette che si alzano verticalmente e fungono da freni.
L’ala è quindi un sistema complesso con tutta una serie di parti mobili che devono essere
opportunamente controllate (dal pilota) e certificate in ottica di sicurezza per il volo.
63
La fusoliera è il contenitore di tutti
gli elementi che caratterizzano un
aeromobile.
L’impennaggio è la coda
dell’aereo. Il timone di direzione si
trova nella zona posteriore
controllato dal pilota e ruota attorno
ad un asse più o meno verticale.
Controlla il moto di imbardata
ovvero la rotazione attorno ad un
asse verticale e baricentrico
dell’aereo (tipo il timone della
nave).
Il timone di quota o di profondità è posto su di un piano orizzontale che ruota attorno ad un asse
orizzontale perpendicolare alla direzione del moto. Controlla il moto di beccheggio ovvero la
rotazione attorno ad un asse orizzontale baricentrico.
La deriva si trova su di un piano verticale ed è fissa.
L’insieme dei due piani verticali e orizzontali servono per dare equilibrio all’aeromobile sia in
termine di rollio, imbardata o beccheggio.
Organi decollo/atterraggio:
dispositivi che consentono il
movimento a terra del velivolo,
comunemente chiamati carrelli.
Immagine alto-dx = triciclo.
Sistema utilizzato anche per gli
aerei di linea con un ruotino
anteriore (non ruota singola ma un
sistema di ruote) e due o più carrelli
posteriori anche simmetrici.
Visibilità notevolmente migliore
rispetto all’altro sistema.
Immagine alto-sx = biciclo. Questa
configurazione limita la visibilità degli ostacoli a terra in quanto l’aereo punta verso l’alto.
64
I movimenti del velivolo non sono
altro che delle rotazioni attorno a
degli assi specifici baricentrici.
La velocità di crociera per un
aeromobile di linea è di circa 800-
900 km/h ad una quota media
compresa tra gli 8 mila e i 12 mila
metri a seconda del tipo di aereo.
65
A differenza dei precedenti ha solo
due motori con metà dei posti
offerti.
66
Due corridoi.
67
Più recente rispetto a tutti gli altri.
Velocità di crociera molto elevata,
autonomia estesa e capacità nella
media. Particolari le sue ali con un
profilo molto snello soggetto a forti
deformazioni durante il volo
(tendono ad alzarsi).
68
4.Vie e terminali
Come per il trasporto marittimo, anche
per quello aereo le vie di trasporto sono
virtuali. La parte infrastrutturale in senso
stretto è rappresentata dagli elementi
nodali ovvero i sistemi aeroportuali o
terminali. Le funzioni che svolgono sono
elencate qua a fianco tra cui il servizio di
regolazione del traffico aereo mediante
controllo sia a terra che aereo. Servizi funzionali per i veicoli: servizi prodotti dalla società che ha in
gestione l’aeroporto per i veicoli (aeromobili, etc..).
Le caratteristiche fisiche degli aeroporti devono essere tali da garantire attività che risultino efficienti.
Le società che gestiscono gli aeroporti sono in generale delle S.p.A. con necessità quindi di produrre
un profitto. Spesso gli aeroporti sono a forte partecipazione pubblica, per cui all’interno del comparto
sociale vi sono enti pubblici o Comuni, Province, etc.
SEAP è la società che gestisce gli aeroporti di Malpensa, Linate e Bergamo.
Tutte queste società sono strutturate come un’azienda che trae profitto dall’esercizio dell’aeroporto
stesso. Vende ai vettori (compagnie aeree) spazi e servizi all’interno dell’aeroporto, sia per quanto
riguarda la movimentazione delle merci che dei passeggeri.
4.1 Le aerovie
4.2.1 Assaeroporti
Sito web di ASSAEROPORTI (https://assaeroporti.com/statistiche/), associazione composto da 32
società che gestiscono nel complesso 42 aeroporti.
70
23 Olbia 8.346 0,4 629.717 2,8 10,2 -46,6
24 Palermo 5.977 2,2 771.356 4,8 114 395,7
25 Parma 398 5,9 9.135 -11,1 0 n/a
26 Perugia 392 -12,3 23.502 -8,5 0 n/a
27 Pescara 847 -35,3 72.340 14,5 0 -100
28 Pisa 4.943 -5 627.069 -3,4 818,6 18,8
Reggio
29 689 -4 36.309 29 0,7 -27,8
Calabria
30 Rimini 653 4,3 67.087 41,5 0 -100
Roma
31 4.537 3,3 528.854 2,1 1.246,4 -4,2
Ciampino
Roma
32 29.959 2,1 4.469.838 2,4 15.608,6 -13
Fiumicino
Taranto-
33 Grottaglie 139 87,8 29 163,6 731 31,7
71
4.2.2 ICCSAI
Pdf scaricabile dalla sezione “studi e ricerche” del sito ASSAEROPORTI dal titolo “La crescita del
mercato italiano del trasporto aereo nel decennio 2009‐2019”.
In Italia il trasporto aereo in termini di
passeggeri è cresciuto del 47% in 10 anni
con una crescita media su base annuale
di circa il 4%.
L’Italia è stata suddivisa in quattro parti
con una crescita importante nel Sud,
moderata per il Nord e le Isole e più
bassa per quanto riguarda il Centro. Tale
incremento si è realizzato grazie ad uno sviluppo di servizi ed infrastrutture del settore turistico.
In generale, quando guardiamo le statistiche di variazione in termini % dobbiamo anche considerare
il dato di partenza e non solo l’incremento in sé. Se facciamo un confronto fra Nord e Sud, balza
all’occhio quel 73% contro il 40% del Nord ma il Sud partiva da un dato molto basso e quindi “più
facilmente” migliorabile. Il Nord partiva da un dato già molto alto indice del fatto che il sistema era
già ben sviluppato. Il Sud e le Isole al contrario avevano ed hanno tutt’ora un margine di crescita più
ampio.
Le crescite sono indicatrici anche del fatto che non esistono mezzi sostitutivi agli aeromobili (e.g.
trasporto passeggeri per le isole). Per andare in Sardegna, per esempio, o prendiamo l’aereo oppure
il traghetto con costi elevati e tempi di viaggio ovviamente più lunghi. L’aereo invece presenta costi
più contenuti in quanto vi sono delle compagnie aeree low-cost con servizi stagionali. Le alternative
ci sono ma vince il trasporto aereo a mani basse; laddove vi è stato un incremento dell’offerta di
trasporto si è registrato anche un rilevante incremento della domanda.
È un loop, la domanda segue l’offerta e
viceversa. Si è iniziato ad offrire di più in
quanto consapevoli che vi poteva essere
una domanda potenziale da servire.
Nel 2009 siamo partiti con 1967 rotte offerte per poi
arrivare a quota 2813 nel 2019 con un incremento
complessivo a livello nazionale del 43%. Anche qua
è presente una distinzione notevole tra Nord e Sud o
meglio tra Isole e Nord con variazioni importanti al
Sud.
72
Interessanti sono anche i dati
riguardanti l’accessibilità a livello
Europeo (connessioni tra il nostro
Paese e l’Europa). L’indicatore scelto
per rappresentare il fenomeno è il
PIL, ovvero la possibilità di poter
raggiungere Paesi europei a PIL
elevato entro le 4 ore di viaggio.
Il 76 % dei Paesi che possono essere
raggiunti con rotte entro le 4 ore,
veniva offerto nel 2009 contro il 92%
del 2019 con un incremento di circa il
17%.
Allo stato attuale l’88,2% in media
dei Paesi europei (per i quali a senso
muoversi per questioni economiche)
è raggiungibile in quanto vi sono delle rotte offerte dagli aeroporti italiani in massimo 4 ore. Se
aumentiamo la soglia temporale, chiaramente la % aumenta ma le 4 ore di viaggio sono “accettabili”
per le questioni di natura non prettamente turistica (business). In una giornata volendo è possibile fare
un viaggio di andata/ritorno per attività prettamente professionali come meeting, riunioni, etc.
In tabella sono riportati i tempi di
connessione medi necessari per
raggiungere una destinazione
europea. Il Nord passa dai 192
minuti offerti nel 2009 ai 145 circa
del 2019 con una caduta di circa 47
minuti. Ciò implica degli incrementi
di efficienza del sistema. Tal
performance sono migliorate
notevolmente anche perché vi era un
ampio margine di miglioramento.
In rapporto alla possibilità che tali
luoghi di origine e/o destinazione siano maggiormente appetibili, bisognerebbe fare un po' di più
cercando di ridurre ulteriormente i tempi di connessione (i quali rappresentano dei costi – ogni minuto
in più è tempo perso). La perfezione del costo, come vedremo più avanti, dipende essenzialmente
dalla finalità dello spostamento; se turismo, il tempo di viaggio è pressoché irrilevante ma se
finalizzato ad un’attività lavorativa, ogni minuto risparmiato è prezioso. Il tempo sottratto al lavoro
(anche se oggigiorno si può lavorare in aereo) da controlli sicurezza, trasbordo, etc.., rappresenta un
perditempo e quindi ha un costo con un peso maggiore rispetto al peso che può avere il medesimo
spostamento per altri motivi diversi dal lavorativo.
73
Al termine dello studio viene
messa in evidenza l’importanza
delle connessioni point to point
realizzate non dalle grandi
compagnie ma da quelle di media
importanza ovvero di quelle
cosiddette low cost (che non sono
poi così piccole).
Altro dato importante (da memorizzare in previsione del capitolo sui costi!)
Campione selezionato di 400 rotte
nazionali ed internazionali. Il prezzo
pagato dall’utente (costo d’uso del
servizio) ovvero il biglietto aereo è
diminuito di circa il 22% nel giro di 5 anni
dal 2014 al 2019.
Per quanto riguarda invece la domanda
espressa, in tabella sono elencati i milioni
di visitatori presenti in Italia tra il 2008 e
il 2018, passando da 21 milioni a circa 37
in 10 anni con un incremento medio del
73%. Incremento realizzato grazie al
miglioramento del servizio ed alla
riduzione dei costi.
Un sistema di trasporto efficiente
determina un conseguente incremento
delle attività turistiche (in questo caso). L’incremento delle prestazioni del sistema (riduzione dei
costi generalizzati) genera un aumento dell’accessibilità al sistema stesso. Nei costi generalizzati oltre
al costo monetario del biglietto è incluso anche il costo del tempo, il confort, la sicurezza, etc..;
migliorando tutti questi aspetti riesco ad ottenere degli incrementi rilevanti riuscendo non solo a
servire una quota sempre maggiore di domanda ma riesco anche ad aprire il sistema a nuovi mercati
rendendo possibile lo sviluppo di nuove attività economiche importanti per il Paese. Lo sviluppo del
sistema di trasporto svolge un ruolo fondamentale per lo sviluppo economico del Paese.
Infine, è presentato un dato di sintesi sulla mobilità aerea, riassunto nella seguente immagine.
Il grafico fornisce una misura di come il
sistema di trasporto aereo sia diventato
maggiormente fruibile. Si passa da 1,5
(Italia) e circa 2 (Europa) a circa 3
(Italia) e 3,5 (Europa). Possiamo notare
una caduta a livello nazionale seguita
poi da una ripresa in corrispondenza del
2009 coincidente con la crisi economica
(rintracciabile in qualsiasi registrazione
di dati di traffico per qualsiasi tipologia
di trasporto). A stessa caduta la
rivedremo anche in corrispondenza del
2020 causa pandemia.
74
4.2.3 CNIT 2018/2019
Il conto nazionale dei trasporti 2018-2019 è l’ultimo disponibile (pdf scaricabile dal sito
https://www.mit.gov.it/node/13456). Da pagina 219 inizia il capitolo sul trasporto aereo contenente
tutta una serie di informazioni somiglianti a quelle viste in precedenza.
I dati sul trasporto aereo sono molto dettagliati in quanto vi è un controllo maggiore che è presente in
forma limitata sul trasporto navale e praticamente assente in quello stradale.
Come già accennato in
precedenza, con movimenti si
intendono decolli e
atterraggi. I dati forniscono
un’idea sul servizio offerto.
AIR SIDE
In questa zona è collocata la rete del trasporto aereo rappresentata graficamente da una griglia con
dei nodi che rappresentano gli aeroporti interconnessi.
Tutto questo rappresenta il ruolo svolto dall’aeroporto come interfaccia di connessione tra sistemi di
trasporto diversi.
Riguardo l’aeroporto di Venezia sono presenti anche dei servizi di collegamento tra l’aeroporto e
Venezia stessa per via acqua.
L’immagine seguente invece è in riferimento all’ultimo punto del precedente elenco.
È qui di fianco rappresentata una
scala dei tempi degli arrivi e delle
partenze presso un qualsiasi
aeroporto.
Possiamo schematizzare gli arrivi
lato terra con tutta una serie di frecce
indicante un sistema continuo nel
tempo (nel disegno la densità di
frecce è minore per migliorarne la
comprensione).
C’è chi preferisce arrivare in largo
anticipo (punto B) chi, magari più esperto, all’ultimo momento (punto A). In ogni caso, sul lato terra,
possiamo immaginare di avere un sistema continuo di arrivi. Tali istanti di arrivo vengono
rappresentati mediante delle frecce. Lato terra agli arrivi si sovrappongono ovviamente le partenze
(nel disegno i punti C, A e B sono distanziati ma nella realtà non è così!). Bisogna partire dal
presupposto che diversi soggetti sul lato terra potrebbero arrivare in momenti diversi in rapporto ai
tempi che si danno per prendere l’aereo, arrivando con sistemi di adduzione diversi:
• Pubblici: distribuiti in maniera guidata in quanto il sistema di trasporto pubblico, come
accennato precedentemente, è organizzato secondo tempi ed orari precisi. Sono servizi
cadenzati. Ogni tot minuti arriva una navetta o treno o bus. In corrispondenza di questi arrivi
avrò quindi dei picchi di concentrazione.
• Privati: uniformemente distribuiti in maniera del tutto casuale.
Alla distribuzione cadenzata del trasporto pubblico si va sovrapporre quella del tutto casuale ma
continua del trasporto privato. L’unione delle due distribuzioni mi restituisce una distribuzione
somma praticamente continua sull’asse dei tempi a cui però corrisponde, sul lato aereo, una
distribuzione discreta delle partenze corrispondente agli orari di partenza degli aeromobili. Questo
fatto crea problemi rilevanti di ottimizzazione del sistema in termini di emissione biglietti, check-in,
controllo sicurezza, deposito bagagli, servizi di trasporto lato aria per consentire ai passeggeri di
77
raggiungere un aeromobile, servizi di pulizia velivoli, rifornimento, carico/scarico bagagli, etc. in un
contesto che prevede l’arrivo continuo di passeggeri che devono essere serviti nei modi di cui
abbiamo già parlato e partenze discrete degli aerei. Tale complessità aumenta all’aumentare delle
dimensioni dell’aeroporto e delle funzioni svolte dallo stesso più grande il numero di spostamenti
serviti più grande sarà il numero di passeggeri che dovranno essere spostati). Nel caso di aeroporto
che serve connessioni del tipo Point to Point la questione è relativamente semplice al contrario di un
aeroporto di tipo hub in cui oltre agli arrivi lato terra si sommano quelli da altri aeromobili di scalo.
Vista la complessità del sistema, molti aeroporti spesso vanno in crisi con conseguente aumento dei
ritardi dei voli, problemi di sconfort per i passeggeri (voli cancellati, over booking1, etc..).
Leggeri: 15 movimenti per
pista significa in media uno
ogni 4 minuti
Medi: 25 movimenti in media
sono un movimento ogni circa
3 minuti.
Pesanti: In questi aeroporti si
può raggiungere anche un
movimento al minuto o anche
meno.
Già accennato nel capitolo
riguardante la “Deregulation”.
Un effetto indiretto della
ristrutturazione del sistema
organizzativo è appunto il
sistema di hub & Spoke,
maggiormente utilizzato
attualmente dalle grandi
compagnie.
Il sistema è in grado di
concentrazione su determinate
rotte i passeggeri provenienti
da diverse origini. Sulle rotte a
forte domanda verranno
concentrati aeromobili di adeguata dimensione per garantire lo spostamento dei passeggeri.
Nell’immagine viene schematizzata la differenza tra un sistema Point to Point (in alto) ed uno Hub
& Spoke (in basso).
1
Situazione che si realizza nel momento in cui vengono venduti più biglietti dei posti realmente disponibili. In tale circostanza viene
suggerito di prendere il primo aereo successivo disponibile in cambio di un “premio” o risarcimento in denaro.
78
Nel primo caso si vedono dieci città
servite da collegamenti Point to
Point (collegamenti diretti).
Nel secondo invece abbiamo
sempre le stesse dieci città ma
servite in questo caso con un
modello hub & Spoke. In tal modo
si garantiscono ben 45 relazioni
contro le 16 del modello
precedente.
Ciò implica che a parità di numero
di aeroporti, con il secondo
sistema, il numero di relazioni
servite è nettamente superiore.
Viene quindi ampliata
notevolmente l’offerta del servizio. Se il servizio è inoltre realizzato adeguatamente, si riesce anche
ad ottimizzare il servizio stesso in termini di utilizzo di aeromobili.
Quanto costa produrre un km di viaggio per ogni posto (sedile) offerto? Ogni compagnia deve cercare
di abbattere e quindi diminuire tale costo, diminuendo quindi le tariffe ed aumentando di conseguenza
la domanda (aumentare i posti occupati riempiendo di fatto gli aerei2). Questo è il meccanismo che si
innescò dopo la deregulation.
Nello schema di sinistra è
rappresentato il sistema Point to
Point in cui l’aeroporto A risulta
direttamente collegato a C
mediante la relazione AC. Allo
stesso tempo ho anche la relazione
BC che collega l’aeroporto B con
C. Non è però prevista la relazione
AB.
Nello schema di destra abbiamo il
modello hub & Spoke in cui
l’aeroporto B svolge la funzione di
hub. Tutta la domanda tra A e C
viene trasferita su B mediante AB
(nell’immagine indicata erroneamente con AC). Su C ho perciò un incremento della domanda da
servire data dalla somma delle relazioni AC e BC. In tal modo però sono servite tre relazioni (AB,
AC e BC) contro le due del sistema precedente ma questo porta a due implicazioni:
1. Una riorganizzazione del sistema in B con dotazione di tutta una serie di infrastrutture
necessarie per la ridistribuzione dei passeggeri in arrivo verso la destinazione C.
2. Incremento della capacità degli aeromobili che servono la relazione BC
2
Le compagnie aeree operano in modo tale da arrivare fino al punto limite di over booking
79
Dal punto di vista delle compagnie aeree e delle infrastrutture devono essere opportunamente scelte
tutta una serie di dotazioni per poter correttamente gestire una domanda che si concentra sia nello
spazio che nel tempo.
Non devo solo focalizzarmi sul problema di scelta dell’aeromobile capiente, di gestione dei bagagli,
emissioni biglietti, controlli, etc. Ma concentrarmi anche sull’utente che dovrò quindi trovarsi al
centro del problema. Dovranno essere quindi ridotti i tempi di attesa dell’utenza presso l’hub (scalo
presso destinazione intermedia). Minore è il tempo di connessione e meglio è ma devo comunque
mantenermi al di sopra di una certa soglia di attesa per non cadere nel problema opposto; partenze
frequenti e quindi tempi di attesa ridotti potrebbero creare condizioni di ansia nell’utente (paura di
perdere l’aereo) oppure problemi operativi di gestione dei bagagli (tempi ridotti di connessione
implicano un sovraccarico del sistema).
Per il passeggero dovranno quindi essere garantiti tempi adeguati che tengano conto sia del confort
che del costo per svolgere le varie funzioni in termini di tempo minimo. Ridurre allo stesso tempo i
tempi di connessone ed aumentare la frequenza della proposta per certe destinazioni (stessa
destinazione servita da più relazioni opportunamente ravvicinate temporalmente). L’utente sceglierà
quindi l’hub e di conseguenza la compagnia aerea (o viceversa) che garantisce tempi di connessione
ottimizzati (tempi di attesa negli scali) e costi ridotti.
Maggiore sarà il livello di ottimizzazione della compagnia maggiore saranno i clienti che
usufruiranno del servizio e maggiore saranno i guadagni con aumento conseguente delle risorse
disponibili che saranno poi reinvestite per migliorare il sistema.
Aspetto critico e molto importante
è anche la preparazione del
personale a terra che dovrà
anch’esso risultare ottimizzato
per garantire delle prestazioni
elevate del sistema.
Curiosità sul personale di
movimentazione a terra. Nei
periodi di punta estivi con
maggior densità di traffico aereo
vengono assunti operatori a tempo
determinato cosa che non accade
nei periodi di bassa stagione.
80
4.4 I terminali
I collegamenti offerti da un certo
sistema aeroportuali si
differenziano in base alla
lunghezza degli stessi.
Fattori che influenzano la scelta
dell’aerea aeroportuale:
• Localizzazione rispetto al
bacino di utenza: chi decide di
realizzare un aeroporto deve farlo
a ragion veduta in quanto un
terminal rappresenta un vero e
proprio investimento e perciò
dovrà risultare produttivo ovvero
produrre profitti per i soci. La
scelta allora deve essere oculata su base puramente economica, non fisica o ambientale.
Bisogna quindi capire quello che sarà il bacino di utenza che usufruirà del terminal mediante
dei modelli di calcolo tenendo conto sia di quelle che sono le attività svolte sul territorio nei
dintorni del terminal stesso che di eventuali altri terminal aeroportuali nelle vicinanze. In
sintesi, bisogna stimare quello che sarà il numero e la localizzazione dei potenziali utenti del
terminal aeroportuale considerando anche il livello di accessibilità per via stradale e/o
ferroviario. Se durante tale analisi vengono individuati elementi limitanti per l’accessibilità,
dovranno essere previsti degli interventi infrastrutturali atti a garantire un’adeguata fruibilità
poiché se ciò non fosse, tale aeroporto risulterebbe de incentivante e l’utenza presente
usufruirebbe di altri aeroporti preesistenti nelle vicinanze.
• Inquinamento acustico (esternalità – effetti negativi): Durante l’esercizio del terminal
aeroportuale vi saranno degli effetti negativi rivolti a soggetti esterni al sistema stesso.
• Presenza di altri aeroporti: Fattore che influenza la competizione. In questo caso vengono
sviluppati dei modelli gravitazionali per stimare il bacino di utenza.
• Meteo: Bisogna considerare quelle che saranno le condizioni metereologiche prevalenti
dell’area in cui verrà costruito il terminal aeroportuale. Esempi di condizioni non idonee:
o Area con forte variabilità della direzione del vento. L’orientamento delle piste di
decollo/atterraggio segue la direzione del vento principale. Decolli e atterraggi
vengono eseguiti con vento in asse pista con direzione opposta a quella del moto per
incrementarne la portanza.
o Vento trasversale
o Banchi di nebbia costanti
o Etc.
Per garantire la massima operatività dello scalo bisogna riuscire a renderlo “funzionante” 365 giorni
l’anno limitando il più possibile quindi imprevisti legati al meteo “variabile”. Vi è la necessità quindi
di condizioni metereologiche favorevoli e costanti.
• Ostacoli circostanti: Attorno alla pista si viene a creare un volume franco all’interno del
quale non vi possono essere ostacoli di alcun genere. Lungo il percorso di discesa
dell’aeromobile non ci possono essere ostacoli verticali (e.g. campanili, colline, montagne,
etc..). Esempio Reggio Calabria in cui vicino all’aeroporto è situato un rilievo montuoso
abbastanza importante che costringe i piloti a compiere manovre complesse.
81
• Caratteristiche geomorfologiche: Caratteristiche del terreno idonee a sostenere carichi
importanti; in caso contrario si renderebbero necessari interventi di consolidamento onerosi.
Come tutti gli interventi di natura
infrastrutturale in fase di progetto
bisognerà affrontare tutta una serie
di tematiche di natura ambientale
che si concretizzano in valutazioni
ambientali strategiche piuttosto che
valutazioni di impatto ambientale. I
diversi oggetti di valutazione
vengono considerati applicando
metodi multi-criteriali per arrivare
alla fine a giustificare le scelte fatte
con dei processi di retroazione (anche rispetto alla fase progettuale) che possono portare ad una
riorganizzazione del sistema.
Un ingegnere trasportista dovrà possedere la capacità e sensibilità di affrontare tali problemi e di
prevedere e/o stimare quelli che saranno gli impatti sul territorio dell’opera che viene proposta.
Fasi importanti sono la progettazione funzionale e geometrica dell’opera che molto spesso non
vengono realizzate nella sequenza corretta. In generale è bene conoscere prima la domanda e definire
conseguentemente le alternative in termini di offerta per coprire adeguatamente tale domanda. Solo
dopo aver compiuto questo passo importante con tutti i metodi e metodologie di cui si dispone
(progettazione funzionale) è possibile passare alla fase di calcolo e quindi di progettazione
geometrica. È un processo semplice da capire, logico ma che spesso non viene applicato.
Esempio: Progetto e costruzione di una rotatoria fino alla pavimentazione senza conoscere quelli che
saranno i flussi di traffico che insisteranno su di essa. La progettazione geometrica non può antecedere
quella funzionale!
4.4.1 Area passeggeri
Composta da:
• Aerostazione o Land side
aeroportuale in cui vengono
eseguite operazioni classiche come
il check-in, drop bagagli, controlli
di sicurezza, etc.
• Sistemi di
accesso/egresso: sistemi che
permettono di raggiungere l’area
passeggeri ovvero che risultano di
fruizione per il Land side.
• Trasporti interni: In un aeroporto di medie dimensioni, gli elementi classici sono
ascensori e scale mobili. In quelli di grandi dimensioni, oltre ai suddetti, troviamo
anche i nastri (tapis roulant) o sistemi automatici (people mover). Quest’ultimo
inteso come sistema di collegamento rapido, a fune (traino), in cui le persone
vengono spostate per mezzo di una cabina che si muove su guida vincolata da un
terminal all’altro. È soggetto alla normativa delle funivie.
82
Esistono in commercio dei software di simulazione del flusso pedonale che permettono di valutare
quelle che siano le opzioni migliori in termine di definizione dei percorsi da far compiere ai pedoni
(con o senza bagaglio). Tutti elementi che possono aumentare la densità e quindi l’occupazione delle
aree da parte dei passeggeri. Quando si dimensiona un tapis roulant piuttosto che un corridoio bisogna
sempre tener conto di questi fattori.
4.4.2 Terminal aereo
Nell’immagine viene
schematizzato un terminal
aereo ovvero ciò che viene
chiamato Air side.
Taxi way o piste di rullaggio:
strade di collegamento (rete
viaria di collegamento) tra la
zona di sosta e le piste.
Bretelle di collegamento:
Nell’immagine rappresentate o
ad angolo retto o 45°;
permettono di collegare la pista
alle taxi way. In fase di atterraggio
(ipotizziamo che avvenga da sx verso
dx) l’aereo tocca il suolo, frena, rallenta
ed entra nella bretella di uscita (la cui
distanza è prefissata sulla base della
lunghezza della pista con velocità
limitate) arrivando sulla taxi way dalla
quale raggiungerà poi il piazzale per lo sbarco dei passeggeri. Le bretelle e le piste di rullaggio
vengono generalmente percorse con una velocità variabile tra i 30 e i 50 km/h. La regolazione di tutti
questi aspetti avviene secondo le norme ICAO, FAA e nazionali.
Area di attesa: Zone in testa pista in
cui si accumulano le code dovute al
ritardo degli aerei. L’aeromobile si
stacca dai moli, procede sulle taxi
way procedendo lungo un percorso
definito in corrispondenza della
testata di pista ed attende il suo turno per il decollo. All’aumentare dell’attesa, aumenta il ritardo e lo
sconfort degli utenti; segnale che la situazione nell’aeroporto è critica. Le piste risultano quindi
sovraccariche (in termini capacitivi) impedendo la realizzazione dei normali movimenti previsti.
Sistema controllo traffico aereo: Vigila costantemente su tutto ciò che accade sull’Air side
aeroportuale a terra. Torre di controllo con controllori di volo che monitorano i movimenti di ogni
singolo aereo sui piazzali, bretelle, etc. Sono in continua comunicazione con il pilota ottenendo il via
libera per le varie operazioni.
83
Servizio antincendio: In ogni
aeroporto è sempre presente un
vecchio aereo posizionato in
un’area particolare sul quale
vengono eseguite le esercitazioni
antincendio. In Italia, all’interno
degli aeroporti, è presente anche la
caserma dei Vigili del Fuoco pronti
ad intervenire.
Direzione aeroportuale: Uffici
Impiantistica e locali tecnici di
varia natura al servizio delle varie
funzioni che devono essere svolte.
L’aeroporto è un sistema complesso che necessita di opportuni strumenti più o meno avanzati di
gestione. È il luogo in cui si concretizzano i più grandi progetti di “Facility Cable” e “Facility
Management”, dove ogni singola componente (cavi, prese telefoniche, interruttori, fuochi ovvero le
luci in pista, etc..) infrastrutturale esistente risulta codificata, identificata, localizzata geograficamente
su sistemi CAD e facilmente individuabile e quindi sostituibile in caso di guasti o malfunzionamenti.
Molo: Struttura lineare a cui si possono agganciare gli aeromobili.
Satelliti: Elementi strutturali pensati per incrementare le superfici di attracco (ovvero superfici a cui
gli aeromobili possono agganciarsi/collegarsi per effettuare le operazioni di imbarco/sbarco).
Esistono vari schemi di disposizione dei satelliti che vedremo nei prossimi paragrafi. Il tipo di satellite
è anche funzione della disponibilità economica della compagnia aerea, un sistema a satelliti risulta
infatti molto più oneroso di un sistema bus navette e scalette.
84
Nell’immagine tutti gli elementi
caratterizzanti la pista.
Il senso di atterraggio è da sinistra
verso destra ma niente vieta di
utilizzarla nel senso opposto; tutto
dipende dalla direzione del vento
principale al momento delle varie
operazioni.
Sono presenti diverse superfici
anche fra loro sovrapposte con
funzioni particolari ma tutte con
l’unico obiettivo della sicurezza.
Aree che devono essere garantite
sulla planimetria e fisicamente realizzate proprio per soddisfare le esigenze in materia di sicurezza. Il
loro dimensionamento è imposto dalle norme ICAO.
Tali elementi sono:
1. Soglia di pista: Nell’immagine corrispondente a quei 60 mt tra il rettangolo grigio (RESA) e
quello blu (pista) che segna l’inizio della porzione di pista utilizzabile per la fase di
atterraggio. L’aereo non tocca la pista in corrispondenza del margine ma almeno a 60 mt da
esso. Tale distanza è funzione di come è stato definito il sentiero di avvicinamento.
2. Runway shoulder (banchine laterali): Non presenti nell’immagine ma indicativamente
localizzate sui margini del rettangolo blu. Opportunamente pavimentate con materiali in grado
di sopportare i getti caldi provenienti dai motori bloccati sotto le ali. Oltre la pista vi è un
franco in cui l’aereo può transitare in caso di perturbazioni laterali in fase di atterraggio o
decollo che provocano spostamenti a destra o sinistra dello stesso. Vengono spesso utilizzate
come percorsi per i mezzi di emergenza.
3. Runway strip: Elemento verde nell’immagine. Area di terreno stabilizzata e libero da ostacoli
se non quelli strettamente necessari alla segnalazione (antenne, etc..) ma comunque facilmente
demolibili. Costituisce anch’esso un’area in cui un aereo può transitare in caso di imprevisti
senza che subisca danni eccessivi. Ampio franco di sicurezza.
4. RESA: Area di estremità
di pista, in grigio nell’immagine.
Per non creare confusione è stata
posizionata solo a sinistra ma in
realtà è presente anche a destra.
Opportunamente pavimentata in
maniera tale che, se l’aereo non riesce a fermarsi entro limiti della pista, ha la possibilità di
85
uscire e transitarvi al di sopra mantenendo la stessa traiettoria subendo danni limitati.
L’estensione di tale area viene definita anch’essa dalle norme ICAO.
5. Clear way: Nell’immagine indicata in fucsia. Posta all’estremità della pista avente una
larghezza complessiva di 150 mt, (75 mt da entrambi i lati rispetto all’asse della pista)
destinata ad essere sorvolata dagli aerei in fase di decollo. Deve essere libera da ostacoli. Se
tutto va bene, l’areo deve passarci sopra.
Intorno alla pista devono quindi essere
presenti dei volumi assolutamente privi di
ostacoli. In base alle caratteristiche
dell’aereo di progetto viene definito quello
che sarà il sentiero di avvicinamento o
allontanamento alla pista che dovrà
risultare sgombro da eventuali ostacoli.
Nell’immagine in basso la sezione
verticale mentre in alto la planimetria.
Anche in questo caso, gli angoli di
divergenza o superfici di protezione
ostacoli vengono normati dall’ICAO.
Nel caso degli aeroporti si parla di
Capacità teorica e Capacità pratica. La
capacità teorica di saturazione si calcola
facendo il reciproco del tempo medio di
servizio T tra due operazioni successive.
Restituisce un’idea sul numero massimo di
operazioni (decolli e atterraggi) che si
possono compiere su quella determinata
pista (se va tutto liscio).
Con un movimento al minuto si ottiene 60
1
di capacità teorica ( 1 = 60) in caso di
60
assenza di imprevisti quali ritardi, perturbazioni, piloti bravissimi, controllori super attenti, etc. Tale
valore quindi lo potrò ottenere solo in condizioni ideali e dipenderà da tutta una serie di fattori, tra
cui:
• Meteo: La capacità può variare da un giorno all’altro o da una stagione all’altra.
• Tipologia di pista: Volo a vista (VFR) o volo strumentale (IFR)
• Bretelle: Posizione ed inclinazione che permettono un’uscita più o meno rapida
dell’aeromobile dalla pista. In una pista molto lunga, maggiore è la frequenza delle bretelle di
uscita e più facile sarà la fuoriuscita dell’aeromobile dalla pista stessa. È inutile far fare per
esempio ad un ATR42 tutta la pista per uscire quando gliene basta metà per atterrare;
dovranno quindi essere presenti delle bretelle intermedie per facilitarne l’uscita e liberare così
la pista in tempi minori.
• Condizioni generali di esercizio: Procedure antirumore, blocco della circolazione aerea nelle
ore notturne in prossimità delle zone urbane, etc. (ha effetti sulla capacità giornaliera
dell’aeroporto).
86
Anche la distribuzione della domanda nell’arco della giornata può avere effetti sulla capacità teorica
(picchi non ben distribuiti).
Per poter effettuare calcoli, stime e
valutazioni devo però ricorrere alla
capacità pratica in quanto quella
teorica è troppo variabile ed
aleatoria.
Diversamente da quello che si
potrebbe pensare in termini ideali,
il movimento dell’aeromobile non
avviene in maniera rigorosa o certa
da orario ma risulta perturbato; vi
sono difatti delle variabili in gioco
che possono generare degli
scostamenti dal programmato (schedulato) e l’effettuato. Nascono delle situazioni di varia natura che
incidono negativamente portando alla formazione dei cosiddetti ritardi.
Tralasciando i ritardi estremi di diverse ore, mediamente si parla di circa 4 – 20 minuti in condizioni
normali. Studi effettuati intorno agli anni ’70 negli Stati Uniti hanno portato a considerare come
ritardo medio per la definizione della capacità pratica un tempo di ritardo pari a 4 minuti. A
considerazione da fare è la seguente:
“Se in condizioni ideali il ritardo risulta nullo, nel caso reale avrò dei ritardi variabili e distribuiti
in funzione dei diversi parametri il cui valore medio risulta di quattro minuti”
Se considero quindi un ritardo medio di 4 minuti otterrò una capacità inferiore a quella ideale pari a
circa l’80/90%. La capacità pratica è una capacità a cui ci si deve riferire per le valutazioni del
funzionamento dell’aeroporto.
Per la sua valutazione sono diffusi
dei modelli di simulazione ad
elementi discreti che permettono di
rappresentare ciò che avviene nel
terminal aeroportuale. Software
sofisticati che riescono a
rappresentare ogni singolo
movimento, introducendo delle
distorsioni riescono a valutarne gli effetti andando a simulare quella che sarà la capacità pratica.
Vengono utilizzati per ottimizzare i processi all’interno degli aeroporti (trasporto bagagli, tempi di
imbarco/sbarco passeggeri, etc..).
Nel calcolare la capacità oraria
devo tener conto dei vincoli legati
alla sicurezza che devo garantire,
non posso per esempio, far operare
sulla stessa pista due aerei a
distanza di dieci secondi l’uno
dall’altro ma dovrà esser presente
un adeguato distanziamento
87
temporale per la medesima operazione prefissato dalle norme.
Tali modelli permettono non solo di rappresentare il sistema in situazioni ordinarie ma a partire da
questo, di trovare soluzioni di ottimizzazione. Per ogni modifica apportata al sistema base di
riferimento posso vederne gli effetti (nuova pista, sistema smistamento bagagli potenziato,
interazione decolli e atterraggi, etc..) ed apportare eventualmente delle modifiche di miglioramento.
Sistemi necessari in tutti quegli aeroporti altamente complessi in cui sono presenti un elevato numero
di movimenti, piste, veicoli in movimento, etc.
A seconda della configurazione
avremo capacità diverse. Anche
queste sono normate dall’ICAO.
Tipo C: Con una separazione
compresa tra i 3500 e i 4999 piedi
con sistemi di volo IFR è possibile
far operare parallelamente gli
aeromobili sulle due direzioni.
Sp: separazione minima tra gli assi
longitudinali di pista misurata in piedi.
Con livelli di servizio si intende la qualità ovvero le performance della pista stessa.
Il fattore di utilizzo dell’aeroporto
è la % di tempo rispetto all’anno in
cui la pista vene utilizzata.
Secondo quanto dice ICAO, il
numero e l’orientamento delle
piste di volo devono essere tali per
cui tale fattore non risulti inferiore
al 95%. Già in fase di
progettazione dovranno essere
definite in modo opportuno le
caratteristiche delle piste.
Il metodo più comunemente utilizzato è quello della “rosa dei venti”, ovvero si va a ricercare
l’orientamento prevalente del vento in quanto decolli e atterraggi devono avvenire per quanto
possibile con il vento in asse pista e verso possibilmente opposto a quello del moto. Vengono quindi
eseguite delle valutazioni di tipo statistico sul vento prevalente per poi decidere quello che sarà
l’orientamento della pista.
Altro aspetto importante è la segnaletica. Lungo le piste non è presente, per quanto detto in
precedenza, segnaletica verticale ma saranno comunque presenti segnali visivi e luminosi “letti” sia
dai piloti che da altri autisti professionisti di mezzi specializzati quali scale, carrelli bagagli/unità
carico, bus, etc.
88
Altro tassello per la definizione
della capacità dell’Air side è la
capacità delle piste o vie di
rullaggio.
Tali piste hanno delle
caratteristiche fisiche e
geometriche ben definite per tener
conto, per esempio, dei getti caldi
dei motori. Sono dotate di franchi
laterali per correggere eventuali
deviazioni di traiettoria degli
aeromobili durante gli spostamenti.
Il collegamento tra la pista di
rullaggio e la pista propriamente detta avviene mediante le bretelle.
La scelta della posizione delle bretelle e loro inclinazione è funzione delle valutazioni fatte a monte
dal progettista in relazione alle caratteristiche della pista, degli aeromobili che utilizzeranno la pista
in modo tale da limitare i tempi di occupazione della stessa.
Arrivati a questo punto conosciamo sia la capacità pratica della pista, ovvero il numero massimo di
movimenti che possono essere serviti dalla pista o dall’insieme di piste a disposizione e la capacità
della taxi way ovvero il numero massimo di movimenti serviti dalle bretelle di collegamento.
89
Oltre alla capacità pratica della
pista, delle taxi way e a quella
dell’area di stazionamento ne esiste
un’altra, ovvero quella relativa alle
piazzole di sosta (zona di testa della
pista). In tali aree si collocano gli aerei in attesa di effettuare la manovra di decollo (l’aereo dopo una
manovra di 90° si porta in asse con la pista, accelera e parte).
Curiosità: Il primo giorno di apertura dello scalo di Malpensa, nelle zone di attesa ma anche lungo le
taxi way vi erano aerei incastrati tipo tetris con aeromobili piccoli posizionati al di sotto di quelli più
grandi.
Curiosità 2: Nella notte antecedente il primo giorno di apertura, in seguito al trasferimento
dell’operatività da Linate a Malpensa, ci fu un enorme trasloco notturno di tutta la strumentazione
d’ufficio dei singoli soggetti che avrebbero dovuto lavorare il giorno seguente.
Adesso abbiamo a disposizione tutti i tasselli per la definizione della capacità.
Le configurazioni dei piazzali
incidono sui valori di capacità
delle aree di stazionamento.
Gli stalli sono definiti sul layout
del piazzale, dopodiché, a secondo
del layout stesso e dei sistemi di
supporto posso avere capacità
diverse.
Nell’immagine in alto, il
rettangolo rappresenta
l’aerostazione mentre i quadratini
sono gli stalli di sosta disponibili.
Nei grandi aeroporti possono
essere presenti più combinazioni di tali combinazioni, in cui ad esempio, voli a basso costo finiscono
su piazzali aperti mentre quelli di linea più costosi (e.g. intercontinentali) che sono serviti attraverso
sistemi a satellite.
Le tipologie sono:
a) Frontale: Tipica degli aeroporti di piccole dimensioni. L’utente dalla stazione scende nel
piazzale e tramite scalette sale sull’aeromobile. Quest’ultimo si sgancia dal molo e,
muovendosi lungo le taxi way, raggiunge la testata di pista per effettuare il decollo. In fase di
atterraggio, l’aeromobile percorre la pista → bretelle→ taxi way → piazzale → stallo.
b) Aperto: L’aeromobile è posizionato ad una certa distanza dall’aerostazione che risulterà
raggiungibile solo per mezzo di veicoli specializzati come ad esempio dei bus navetta. L’aereo
risulterà posizionato vicino ad altri aerei senza alcuna forma di connessione.
c) A moli (Y o T): Modo per incrementare la superficie di attracco degli aeromobili con
connessione diretta tra l’aerostazione e l’aeromobile. Lungo il corridoio sono posizionati gli
accessi ai gate nei quali sono presenti accessi diretti all’aeromobile. L’utente, quindi, non deve
scendere a terra o prendere l’autobus.
d) Satellite: Configurazione simile alla precedente in cui vi è un satellite (elemento
principalmente circolare ma può assumere anche forme esagonali, ottagonali, etc..) da cui
dipartono elementi telescopici che connettono il satellite e quindi l’aerostazione, direttamente
90
all’aeromobile. L’utente quindi, partendo dall’aerostazione segue un percorso lungo un certo
corridoio (normalmente dotato di tapis roulant o sistemi simili) fino al satellite (dove sono
localizzati negozi, ristoranti o quant’altro) da lì arriva al gate, sala di attesa, etc.
Basso a sinistra = Piazzale
Alto destra = Sistema a moli a Y.
In rosso zone di sosta che non
possono essere occupate dagli
aeromobili in quanto adibite ad
operazioni di manovra delle
strutture telescopiche (prendono il
nome di “finger”). Dotate di
motore elettrico, vengono gestite
da un operatore.
Alto sinistra = Sistema frontale in
cui si può notare, in nero, la taxi
way.
Basso destra = Sistema a satellite
Basso in centro = Dettaglio di passerelle mobili
In questa slide viene ricapitolato
quanto detto in precedenza.
Altre informazioni utili:
• Il tempo di occupazione
sosta propriamente detta) di uno
stallo a seconda della tipologia di
aeromobile varia tra i 20 minuti e
le 4 ore.
• Il tempo di
posizionamento sullo stallo varia
dai 5 ai 10 minuti (si somma al
precedente).
• Tempo di buffer ovvero tempo durante il quale lo stallo viene mantenuto libero tra due
occupazioni successive. Pochi minuti per i voli regionali fino ad un’ora per quelli
intercontinentali. Il buffer ha lo scopo di riconfigurare la piazzola di sosta in funzione
dell’aeromobile successivo. Si può lasciare un buffer in previsione di eventuali ritardi, in
particolare:
o Su voli regionali in cui i ritardi sono molto bassi posso pensare di avere buffer limitati
ovvero margini operativi ristretti tra due operazioni successive
o Sui voli intercontinentali in cui posso accumulare ritardi rilevanti, in fase di
progettazione del servizio dovrò prevedere dei buffer più estesi.
Messi insieme tutti i tasselli bisogna tracciare il quadro della capacità dell’air side. Arrivati a questo
punto dispongo della capacità della pista, delle bretelle, delle taxi way, dell’area di attesa e
stazionamento. Quale è quindi la capacità dell’air side? Quella più limitante ovvero la minima fra
tutte che in genere è rappresentato dalla capacità della pista di volo.
91
Alcuni dati numerici riferiti all’anno 2018
FIUMICINO MALPENSA VENEZIA
Capacità piste 50 movimenti / h 30 movimenti / h 20 movimenti / h
Capacità piazzali 120 movimenti / h (*) 53 movimenti / h 22 movimenti / h
(*) Presente un margine utile di 70 movimenti l’ora. Anche sovraccaricando la pista, i piazzali riusciranno a gestire il flusso di aeromobili
1 𝑚𝑜𝑣 60
𝑥 =𝑦 [ ℎ ]→𝑥= 𝑦 𝑑𝑜𝑣𝑒 𝑥 𝑠𝑜𝑛𝑜 𝑖 𝑚𝑖𝑛𝑢𝑡𝑖 𝑡𝑟𝑎 𝑑𝑢𝑒 𝑚𝑜𝑣𝑖𝑚𝑒𝑛𝑡𝑖 𝑠𝑢𝑐𝑐𝑒𝑠𝑠𝑖𝑣𝑖
60
Esempio:
Fiumicino avrà x = 60/50 = 1,2 movimenti / h
Malpensa avrà x = 60/30 = 2 movimenti / h
In conclusione, per determinare la capacità, bisogna scomporre l’aeroporto e quindi l’air side nelle
varie componenti, stimare le singole capacità e considerarne la minore tra di esse. Se ho un forte
scostamento tra la capacità della pista e tutto il resto bisognerà cercare di ottimizzare il processo,
introducendo magari modifiche infrastrutturali e gestionali in modo da colmare il divario gestendo al
meglio la capacità. Se ho una capacità in pista nettamente maggiore di quella delle bretelle o taxi way,
dovrò operare su di esse in modo tale da garantire almeno la capacità della pista.
Fondamentalmente, la capacità della pista deve lavorare al massimo possibile.
Nell’immagine sono indicati i
requisiti prestazionali,
infrastrutturali e di servizio degli
aeroporti della rete principale
nazionale. Sono riportati i dati
relativi ai requisiti minimi
(standard minimi) per i quali un
certo aeroporto possa essere
definito Primario, Strategico o
Intercontinentale.
Sostenibilità ambientale riguarda
la modalità di adduzione per
l’accesso allo scalo aeroportuale.
Da notare come anche nel Piano Nazionale degli Aeroporti, quegli elementi trattati singolarmente nei
paragrafi precedenti vengono direttamente o indirettamente compresi come requisiti minimi per poter
classificare uno scalo nelle tre tipologie in riferimento alla capacità Air side.
La capacità Land side è associata al lato terra e quindi alle relazioni con gli altri sistemi di trasporto.
Si basa su due parametri:
• Livelli di servizio (da A a F) prestati all’utenza sono definiti nei documenti IATA - 2004.
• Presenza di parcheggi necessari per tutti coloro che preferiscono raggiungere l’aeroporto con
mezzi propri.
92
Il concetto di sostenibilità ambientale è fortemente legato al tipo di trazione dell’aeromobile, elettrica
o motore a scoppio e quindi inquinante. Avrò maggiore sostenibilità se in rapporto alle modalità con
le quali si raggiunge l’aeroporto, risulta un trasporto su ferro maggiore del 30% (percentuale di utenti
che raggiunge l’aeroporto su ferro) per gli aeroporti strategici e superiore al 40% per quelli
intercontinentali (slide precedente).
Non è presente alcuna prescrizione in merito per gli aeroporti primari; difatti tale indicatore è
strettamente collegato con il n°4 dove viene richiesta esclusivamente la “gomma” come accessibilità.
La tabella in basso invece fa riferimento al trasporto delle merci. I fattori che vi compaiono sono
fondamentali per la scelta di un aeroporto da parte delle compagnie aeree o vettori general cargo per
il trasporto delle merci.
Esempio: Supponiamo di voler realizzare un modello di scelta o di previsione di scelta delle
compagnie aeree di un certo scalo. Di seguito i passi da compiere:
1. Individuare quelli che sono i fattori significativi che entrano in gioco mediante interviste agli
operatori
2. Individuati i fattori si procede con una loro misura in relazione ai vari scali
3. Si crea un modello in rapporto alle scelte effettuate dai vari operatori
4. Da qui si può partire a calibrare e validare dei modelli, utilizzati in fase previsionale basati
invece sulla propensione verso una scelta.
Esempio:
Situazione 1 – Modello basato su scelta effettuate. Il 30% degli studenti universitari di Padova
scelgono sulla relazione Albignasego – Padova, l’autobus mentre il restante 70% l’auto (i fattori
significativi che entrano in gioco sono il tempo ed il costo monetario).
Situazione 2 – Modello previsionale. Le compagnie di trasporto propongono un ulteriore servizio per
coprire tale relazione, supponiamo la combinazione di autobus fino alla stazione + bike sharing.
L’alternativa verrà valutata dall’utente dal punto di vista dei costi e dei tempi e, se ritenuta idonea
verrà scelta altrimenti scartata. Sono scelte dichiarate che non è detto che verranno fatte. Esistono
però dei metodi che permettono di calibrare i modelli previsionali che risulteranno quindi indicativi
e rappresentativi delle scelte dichiarate.
Lo spedizioniere internazionale è una figura professionale che si occupa di consulenze in materia di
spedizioni, di seguito alcune funzioni che ricopre:
• Fornire consulenza sui costi di esportazione, compresi i costi di trasporto, le spese portuali,
le spese consolari, i costi di documentazione, i costi della copertura assicurativa.
• Pianificare il percorso più appropriato per una spedizione, tenendo conto dell’eventuale
natura deperibile o pericolosa delle merci, dei costi, dei tempi di transito e della sicurezza.
• Prenotare lo spazio di carico sul mezzo di trasporto del vettore: nave, aereo, treno o camion.
• Indicare il modo più appropriato per spedire e imballare la merce.
• Dare indicazioni su come preparare e presentare i documenti commerciali e di trasporto
necessari per l’esportazione o l’importazione.
• Provvedere al tracciamento del carico fino al suo arrivo a destinazione.
• Fornire consulenza in materia di leggi che disciplinano il commercio
• Etc.
93
4.5 Interazioni geometriche veicolo - infrastruttura
94
In relazione a queste diverse classi,
l’annesso 14 dell’ICAO fornisce ai
progettisti le indicazioni per
progettare correttamente tutti gli
elementi che compongono
l’infrastruttura.
Carrello ruota singola → Ruotino davanti e dietro due carrelli a ruota singola
Carrello a doppia ruota → Ruotino davanti e dietro due carrelli a doppia ruota
Carrello a doppia ruota in tandem → Rappresentato nella figura.
Per la verifica della compatibilità
dell’aereo nei tratti di taxi way o
bretelle si opera in analogia per
quanto visto nei veicoli stradali.
In generale il raggio di curvatura è
funzione sia del raggio di curvatura
interno del ruotino e dallo
scartamento tra le ruote.
Queste slide servono
essenzialmente per fornire un’idea
del fenomeno in caso di
valutazioni o stime; il calcolo
rigoroso è affidato a software
specifici.
95
Sono richiesti più di 2000 mq per il
posizionamento e la manovra di un
aereo di circa 37 metri.
96
PARTE IV – SISTEMA DI TRASPORTO FERROVIARIO
(Diverse cose non ci sono sulle slide)
1. Introduzione
Nella prima parte, per quanto
riguarda i veicoli terrestri, abbiamo
parlato del trasporto stradale (guida
libera), adesso ci concentreremo
invece su quella vincolata.
Elemento distintivo tra guida
libera e vincolata?
Nel caso specifico del trasporto
ferroviario, nel moto ho il vincolo
della traiettoria. È la via che
impone la traiettoria del veicolo.
Il vincolo della traiettoria implica tutta una serie di componenti del moto che devo gestire. La
traiettoria è imposta però posso agire su:
• Accelerazione
• Velocità
• Frenatura
• Verso di marcia: posso invertirla senza scomporre il convoglio difatti è possibile sia spingerlo
(locomotiva in coda) che trainarlo (locomotiva in testa) e viceversa.
97
Curiosità: Il tram di Padova è a guida vincolata? Si. È dotato di un pattino a quattro ruote di
acciaio (due davanti e due dietro) che si “incastrano” nella guida o rotaia che passa in mezzo alla
strada a formare un cuneo. La sostentazione è su gomma ma la guida è vincolata al suolo su
monorotaia. Possiede inoltre due teste per invertire il senso di marcia (non può fare inversione
ovviamente). È dotato quindi, davanti e dietro, di due motori grandi all’incirca come una lavatrice
(basso ingombro) di cui, quello anteriore lavora a piena potenza mentre quello posteriore ad 1/3.
In entrambi i sensi di marcia, lavorano contemporaneamente, quello davanti tira mentre quello
dietro spinge. La potenza viene quindi ripartita tra i due motori.
2. Uso della corrente elettrica come alimentazione. Come si alimenta un convoglio? Tramite
linea aerea con ritorno via rotaia. La linea aerea è composta di un cavo elettrico collegato con
dei pendini all’infrastruttura. Il tram invece è dotato di un dispositivo mobile ovvero il
pantografo posto al di sopra del locomotore che, alzandosi, chiude il circuito permettendo il
passaggio della corrente (dal cavo elettrica alla rotaia che funge da conduttore). Lungo tutto
il tracciato ferroviario sono presenti delle stazioni (sottostazioni) che forniscono corrente al
binario. Il tipo di corrente (continua o alternata) varia a seconda del Paese.
La trazione elettrica permette peraltro di ottenere delle prestazioni molto elevate con alte
potenze e quindi anche velocità.
Curiosità n°2: Per quanto riguarda la zona del Prato della Valle, non sono presenti vie aeree di
alimentazione in quanto impattavano negativamente con il panorama urbano. Il tram, quindi, è stato
dotato di una batteria (ad hoc) per autoalimentarsi in corrispondenza di tali zone.
Nel trasporto ferroviario abbiamo sia elementi puntuali (stazioni) sia lineari (impianti di linea).
Capacità → Capacità di linea → Capacità delle stazioni
98
2. I veicoli
L’insieme dei veicoli ferroviari viene comunemente definito “materiale rotabile”.
Classificazione dei veicoli ferroviari:
1. Struttura:
a. Veicoli ad assi:
2. Capacità di trazione:
a. Veicoli motori:
I. Locomotive: Hanno la sola funzione di trazione (tira o spinge)
II. Automotrici o elettromotrici: Oltre alla trazione svolgono anche la funzione di
trasporto di passeggeri o merci. Essenzialmente sono dei veicoli dotati di
motori elettrico o diesel, ma allo stesso tempo possono trasportare anche
passeggeri.
Esempio: I veicoli di testa e di coda del tram di Padova sono veicoli motori in
quanto dotati appunto di motore ma rientrano anche nella categoria di
elettromotrici in quanto possono trasportare anche passeggeri.
b. Veicoli rimorchi:
I. Trasporto passeggeri (PAX)
II. Trasporto merci
Rientrano in questo gruppo tutti quei veicoli che non sono dotati di motore ma che devono
essere trainati o spinti.
I veicoli motore e rimorchi possono essere normalmente raggruppati in quelli che vengono chiamati
convogli ferroviari (treno) con una locomotiva e tutta una serie di rimorchi. All’interno del convoglio
potrò avere, a differenza dei veicoli stradali (camion = veicolo motore + veicolo rimorchio), più di
un veicolo motore (e.g. tram oppure treno con locomotiva davanti e dietro).
La posizione del veicolo motore all’interno del convoglio non vincola il senso di marcia, se spingo o
tiro è del tutto indifferente.
99
SCHEMA VEICOLO CON STRUTTURA AD ASSI
Il veicolo ferroviario può essere schematizzato come una cassa appoggiata su due assi. Di seguito la
vista dall’alto.
Nota: Tra cassa ed assi vi sono le sospensioni, ovvero elementi elastici che
permettono la connessione tra sale montate e cassa.
Per il motivo sopra indicato, molto spesso, le sale montate vengono raggruppate in carrelli che
costituiscono in sé dei veri e propri veicoli elementari.
In questo caso sono presenti due
livelli di sospensioni, il primo che
collega il telaio del carrello (linea
orizzontale) con la sala montata (le
due sospensioni in basso – verde) e il
secondo che collega la cassa con il
carrello (quella in alto – blu). Le
sospensioni sono state schematizzate
per semplicità come molle singole ma
in realtà sono dei sistemi.
Il collegamento tra la cassa ed i carrelli avviene per mezzo di cerniere difatti vi è la possibilità di una
certa rotazione tra la cassa e il carrello stesso. Di seguito uno schema con vista dall’alto:
100
Tra il carrello e la cassa sono posizionate delle
cerniere (la x nel disegno) che permettono in una
certa misura la rotazione attorno ad un asse verticale
della cassa rispetto al carrello o assi a seconda della
configurazione.
2.1 Rodiggio
Esistono diversi metodi di classificazione del rodiggio a seconda del Paese di riferimento. Qua sotto
quello che più si avvicina al metodo spiegato in aula dal professore.
2.1.1 Sistema AAR
È un metodo di classificazione sviluppato dall’Association of American Railroad. È essenzialmente
una semplificazione della classificazione UIC europea ed è ampiamente utilizzata in Nord America
per descrivere locomotive diesel ed elettriche. Il sistema AAR si basa sul conto degli assi anziché
delle ruote. Le lettere si riferiscono agli assi motorizzati e i numeri agli assi non motorizzati (o folli):
• "A" si riferisce a un asse motore,
• "B" a due assi motori in fila,
• "C" a tre assi motori in fila
• "D" a quattro assi motori in fila.
• "1" si riferisce a un asse folle
101
• "2" a due assi folli in fila.
• Un trattino ("-") separa i carrelli o i gruppi di ruote.
• Un segno più ("+") si riferisce all'articolazione, ovvero al collegamento dei carrelli con i
rinforzi della campata o delle singole locomotive tramite barre di traino solide
103
Il passo carrelli invece è l’interasse tra
i due assi o sale montate.
I posti offerti rappresentano un dato di
capacità. Nel caso dell’interregionale i
tempi di percorrenza sono medio-lunghi
per cui la distanza tra i sedili deve essere
adeguata a mantenere degli idonei
livelli di confort per i passeggeri. Nel
caso del regionale invece si arriva fino a
100 posti che possono ulteriormente
aumentare se si considera anche i posti
in piedi. È come la differenza tra un bus
extraurbano ed urbano.
Facciamo due conti: Treno interregionale con carrozza da 24 metri per 2,82 m di larghezza con
superficie di circa 70 mq (24 x 2,82 = 67,68 mq). Con 72 posti offerti la distanza interpersonale è
inferiore al metro infatti:
70
= 0,97 𝑚𝑞 (𝑠𝑢𝑝𝑒𝑟𝑓𝑖𝑐𝑖𝑒 𝑝𝑒𝑟 𝑜𝑔𝑛𝑖 𝑝𝑜𝑠𝑡𝑜 𝑎 𝑠𝑒𝑑𝑒𝑟𝑒)
72
Ipotizziamo una superficie circolare di raggio R:
0,97
𝜋𝑅2 = 0,97 → 𝑅 = √ = 0,56 𝑚 𝑜𝑣𝑣𝑒𝑟𝑜 56 𝑐𝑚 𝑑𝑖 𝑑𝑖𝑠𝑡𝑎𝑛𝑧𝑎 𝑖𝑛𝑡𝑒𝑟𝑝𝑒𝑟𝑠𝑜𝑛𝑎𝑙𝑒
𝜋
Quanti posti sono necessari per ottenere la famosa distanza interpersonale di 1,5 metri imposta dalle
normative Covid su una carrozza interregionale da 24 metri di lunghezza?
70 24 ∗ 2,82
𝑅=√ = 1,5 𝑚 𝑜𝑣𝑣𝑒𝑟𝑜 𝑃 =
𝑃∗𝜋 1,52 ∗ 𝜋
= 9,90 ~ 10 𝑝𝑜𝑠𝑡𝑖 (14,3% 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑎 𝑐𝑎𝑝𝑎𝑐𝑖𝑡à 𝑚𝑎𝑠𝑠𝑖𝑚𝑎)
Nota: Nella normativa si parla di imporre una capacità al 40 o 50% … non sono sufficienti!
104
Nella locomotiva elettrica ci sono
4 motori ovvero uno per ciascun
asse con configurazione di
rodiggio Bo’Bo’ (4 assi traenti
mossi ciascuno da un motore
distinto, montati sullo stesso
carrello e capaci di ruotare
rispetto all’asse longitudinale del
rotabile). La prima locomotiva è
solo motrice mentre la seconda
permette anche il trasporto di
passeggeri (utilizzate su linee
secondarie non elettrificate). La
configurazione dell’automotrice è
(1A) (A1) ovvero, partendo dalla
testa e procedendo da sinistra verso destra abbiamo 4 assi montati su due carrelli (due assi per carrello)
di cui 2 folli e 2 traenti nel seguente ordine Primo carrello = Folle + Traente, Secondo carrello =
Traente + Folle. Tale configurazione ricorda quella della motrice di testa del Pendolino.
ETR 500
I posti in carrozza variano a
seconda della classe (standard,
business, prima classe, etc..).
La composizione è del tipo
Motrice – 12 Rimorchiati –
Motrice o M – 12 R – M.
Complessivamente il convoglio è
costituito da 14 carrozze.
Nelle celle con il doppio valore, il
primo fa riferimento alla “testata”
(motrice) mentre il secondo al
rimorchio.
Lunghe percorrenze con massimo confort richiesto; la capacità di conseguenza diminuisce.
Rodiggio
Motrice Bo’ – Bo’ che tradotto: 4 assi traenti (due per carrello) ciascuno mosso da un motore, in
grado di ruotare attorno all’asse longitudinale del rotabile.
Rimorchiate 2’ – 2’ ovvero: 4 assi folli (due per carrello) in grado di ruotare attorno all’asse
longitudinale del rotabile.
105
MINUETTO
Utilizzato nei servizi regionali, ha una configurazione del tipo M – R – M con una motrice in testa e
coda ed un solo rimorchio. Entrambi le motrici però sono in grado di trasportare passeggeri. La
capacità è 24 – 122 – 24 (Motrice – Rimorchio – Motrice). Come peso (92 t) assomiglia al tram di
Padova (73 t).
L’equivalente del vettore aereo, presentato nei precedenti capitoli, è Trenitalia ma le infrastrutture
vengono gestite da RFI (Rete Ferroviaria Italiana). Ad un certo punto, per ragioni di apertura sul
mercato, vi è stata una sovrapposizione; sulla rete ferroviaria italiana, oltre ad avere Trenitalia, sono
comparsi anche altri treni soprattutto sull’alta velocità. Il primo esempio di società privata a produrre
servizi di trasporto ferroviario fu una società che tutt’oggi opera sulla tratta del Brennero per il
trasporto merci.
106
• Forze di guida e centrifughe: Trasmesse nella direzione trasversale ovvero
perpendicolarmente al moto. In curva la forza centrifuga porta verso l’esterno il vagone e
dall’altra parte le forze di guida (presenza del binario) restituiscono anch’esse una forza.
107
2.3.1 Tipi di ruota
108
2.4 Percorrenza in curva
L’immagine descrive il comportamento
in curva della sala montata.
B (destra) = Circolo di rotolamento nel
caso di sala montata centrata ovvero in
rettifilo. Posizionato più o meno a metà
rispetto alla larghezza del cerchio.
In curva il circolo di rotolamento
risulterà spostato verso destra (A).
Identifico tale traslazione verso destra
con la lettera y minuscola sul disegno.
Tale valore prende anche il nome di
“gioco trasversale”.
Altri punti caratteristici sono:
• r2 = r1: Raggio del circolo di rotolamento traslato rispetto alla posizione base
• r0: Raggio di rotolamento a sala montata centrata
Nel disegno la differenza non si nota ma fidatevi che r2 > r1 in quanto in curva, le ruote esterne
percorrono una distanza maggiore.
• alfa: Angolo formato tra le superfici di rotolamento e l’asse della sala montata.
La diversa percorrenza delle ruote in curva viene compensata parzialmente dalla conicità delle
superfici di rotolamento caratterizzate dall’angolo alfa. Tale parametro può variare per lo stesso
profilo tra 1/20 nella parte interna ed 1/10 per quella esterna (vedere immagine della sezione
verticale della ruota composita).
Il binario viene inoltre installato sulla piattaforma con una certa inclinazione proprio per
aumentare la superficie di contatto tra ruota e binario stesso.
• s: Distanza tra i due punti di appoggio
Per effetto della guida imposta dal binario (situazione di guida vincolata) e della forza centrifuga la
sala montata si sposta verso l’esterno recuperando (utilizzando) i giochi trasversali di cui dispone,
determinati dalla conicità della superficie di rotolamento. Il punto di contatto della ruota esterna si
sposta verso il bordino mentre quello della ruota interna si sposta dalla parte opposta ottenendo un
raggio di rotolamento r2 più grande all’esterno che all’interno.
A questo punto possiamo scrivere delle relazioni tra le grandezze geometriche in gioco:
𝑠 𝑠
(𝑅 + ) : 𝑟2 = (𝑅 − ) : 𝑟1
2 2
Ovvero
𝑅 + 𝑠/2 𝑟2
(1) =
𝑅 − 𝑠/2 𝑟1
Ma:
(2) 𝑟2 = 𝑟0 + 𝑦 ∗ 𝑡𝑔𝛼
(3) 𝑟1 = 𝑟0 − 𝑦 ∗ 𝑡𝑔𝛼
109
Mettendo insieme otteniamo:
𝑠 ∗ 𝑟0
(4) 𝑅=
2 ∗ 𝑦 ∗ 𝑡𝑔𝛼
La (4) esprime la relazione tra il raggio della curva R e lo spostamento trasversale y noti alfa, r0 e s.
Se verifico tutte e 4 le condizioni ottengo PURO ROTOLAMENTO.
Esempio:
Ipotizziamo:
• alfa = 1/20
• r0 = 0,5 m
• s = 1,50 m
• y = 20 mm
1,50 ∗ 0,5
𝑅= = 375 𝑚𝑒𝑡𝑟𝑖
1
2 ∗ 0,020 ∗ 20
Quindi:
• Per R’ ≥ R → Puro rotolamento
• Per R’ < R → Scorrimento
Per ridurre i raggi di curvatura posso:
• Diminuire lo scartamento s (motivo per cui nel tram i binari sono stretti)
• Diminuire r0 ma devo comunque garantire un certo valore minimo
I margini di modifica però sono molto limitati, tant’è che in ambito urbano ed extraurbano si
adottano quei raggi di curvatura introdotti nel paragrafo sugli organi di rotolamento (pag.106).
Anche se in ambito urbano si riducono gli assi e quindi i valori dei raggi, i fenomeni di usura sono
ancora importanti. Nella realtà quindi difficilmente si avrà puro rotolamento (anche se vengono
verificate le quattro condizioni) ma scorrimento, per due motivi:
• Presenza di imperfezioni dovute a fenomeni di usura dei cerchioni
• Vi è l’impossibilità che tutti gli assili assumano una posizione radiale
contemporaneamente ovvero:
L’immagine è fuori scala, serve solo per capire il
concetto. L’asse posteriore risulta perfettamente radiale
al contrario di quello anteriore che risulta molto ruotato.
Rotazione che risulta eccessiva per le caratteristiche
geometriche proprie del mezzo. Tale problema si riduce
allontanando il centro di rotazione e quindi il raggio di
curvatura, cercando di ottenere entrambi gli assi radiali.
Durante il moto il treno oscilla a destra e sinistra causa
la presenza dei giochi laterali. Nelle curve invece viene
utilizzata una sopra elevazione per ridurre l’effetto della forza centrifuga che altrimenti porterebbe il
treno a spostarsi verso l’esterno. La componente trasversale della forza peso riporta il vagone in
110
posizione centrata. Terminata la curva, la sala montata, in assenza della forza centrifuga, ritorna nella
posizione centrata ma non si blocca immediatamente, inizia ad oscillare intorno alla posizione di
equilibrio per un certo tempo.
In conseguenza a tutto ciò nasce il fenomeno del serpeggio. La sala montata proprio per effetto della
forza peso risulta autocentrante quindi in curva vi è una fase transitoria in cui nasce un movimento
oscillatorio trasversale alla direzione del moto variabile per ogni ruota di ogni assile dell’intero
convoglio (le ruote in questo movimento non sono infatti allineate).
Il vagone è quindi soggetto ad un
movimento “serpeggiante” nella
direzione trasversale. Fenomeno
pericoloso che può portare a
forme di instabilità smorzate con
dei sistemi di ammortizzazione
inseriti trasversalmente su di un
piano orizzontale. Attuano una
forza di resistenza
all’oscillazione trasversale
dell’asse della sala montata del vagone e conseguentemente dell’intero convoglio.
Nella fase del moto del convoglio ferroviario si possono incontrare delle brusche variazioni della
traiettoria verticale in corrispondenza, per esempio, dei giunti dei binari o imperfezioni della stessa.
Vista l’aderenza limitata tra ruota e rotaia, le pendenze longitudinali sono molto basse. Rapide
variazioni della traiettoria e quindi della velocità implicano elevate accelerazioni verticali compiute
da masse importanti. Posso anche avere delle brusche variazioni della traiettoria trasversale nei punti
di passaggio tra rettifilo e curva e quindi forti accelerazioni nella direzione ortogonale a quella del
moto. Altra situazione analoga si registra nel transito su deviatoi (sistemi di cambio binario); anche
in questo caso nascono brusche variazioni della traiettoria trasversale.
∆𝑣
=𝑎
𝑡
Sia nella direzione verticale che trasversale. Le accelerazioni sono però associate a masse rilevanti
che implicano forze agenti molto grandi, infatti:
𝐹 = 𝑚 ∗ 𝑎 → 𝑚 𝑔𝑟𝑎𝑛𝑑𝑖 → 𝐹 𝑔𝑟𝑎𝑛𝑑𝑖
Nascono forze importanti che vengono trasferite dal binario alla cassa attraverso le ruote. Bisogna
cercare di attenuarle limitandone l’effetto per garantire idonei livelli di confort e sicurezza; nella cassa
possono viaggiare sia passeggeri che merci.
Interpongo quindi tra cassa e sale montate dei sistemi di sospensione ovvero dispositivi elastici in
grado di ridurre le accelerazioni indotte dalla variazione di velocità sulla cassa e conseguentemente
le relative forze sia longitudinalmente che trasversalmente (vengono smorzate ma non annullate).
111
Tali dispositivi devono essere in
grado di attenuare sia le
accelerazioni (forze) verticali,
quelle longitudinali (orizzontali
nella direzione del moto) dovute a
fenomeni di trazione e frenatura e
orizzontali (Forze di guida -
trasversali alla direzione del moto).
Trazione = Forza che genera il
moto
Frenatura = Forza (forze frenanti)
che a partire da una situazione di
regime porta all’arresto del moto.
Per rispondere a tutte queste tipologie di forma, le sospensioni possono avere natura e complessità
diverse a seconda se ragioniamo su singole sale montate oppure su carrelli. Di seguito alcuni esempi.
112
2.5.2 Veicolo a carrelli
Segmento rosso = Distanza tra le superfici esterne dei bordini indicato con la lettera “c”
Segmento blu = Scartamento tra le rotaie indicato con la lettera “s”
“c” è legato alle caratteristiche geometriche della sala montata. Concettualmente devo evitare che il
bordino della ruota tocchi il meno possibile il binario onde evitare fenomeni di usura. Per norma
tecnica imposta nella fase di progettazione ed installazione dei binari, si impone uno scostamento
massimo tra “s” e “c” pari al massimo a 68 mm con “c” al massimo pari a 1470 mm ed “s” sempre
maggiore di “c”. Esistono in commercio delle dime3 per eseguire tale verifica.
3 Infrastruttura ferroviaria
3.1 Piattaforma
La piattaforma può avere una
larghezza (sezione trasversale) di
circa 6 – 6,10 metri.
Approfondire struttura
Le caratteristiche fisico –
meccaniche non verranno trattate
in questo corso (slide da 15 a 19).
Rispetto alla direzione di marcia nel caso stradale, nel settore ferroviario si procede a sinistra.
Altra tipologia di stazioni sono quelle di smistamento che venivano utilizzate per la formazione del
convoglio merci; adesso queste operazioni vengono svolte all’interno degli interporti.
115
3.2.1 Curiosità: Perché i treni viaggiano a sinistra?
Sul motivo per cui si viaggi a sinistra esistono diverse teorie. Secondo alcune fonti deriverebbe dal
seguire la scia della Gran Bretagna che inventò i treni e che si ispirò al senso in cui camminavano
i cavalieri per non incrociare le spade che erano messe penzoloni proprio dal lato sinistro per
poter essere sguainate con facilità.
Secondo altre fonti, invece, tutto era dovuto al fatto che nelle prime locomotive a vapore il posto
dei macchinisti era a sinistra, per non essere colpiti dalla pala dei fuochisti mentre spalavano il
carbone dal tender sul quale esso era caricato. Per consentire quindi ai macchinisti di vedere bene,
la segnaletica sui binari era posta sulla sinistra dettandone di conseguenza il senso di marcia.
Una volta individuate le funzioni che dovrà svolgere la stazione, per la definizione della
configurazione del relativo piano bisognerà anche adottare criteri di:
• Sicurezza
• Economicità dei trasporti
• Regolarità della circolazione
• Salvaguardia del territorio
• Facilità di scambio dei passeggeri.
3.2.2.1 Sicurezza
Concentriamoci sul criterio della sicurezza facendo un focus sugli schemi F e G qui di seguito riportati
in dettaglio.
116
Nel punto 1 ho due movimenti di
ingresso in stazione
In linea generale i movimenti in entrata sono i più rischiosi in quanto potrebbero verificarsi delle
inefficienze dell’impianto frenante con conseguente mancata riduzione della velocità creando
situazioni di pericolo all’interno della stazione. I movimenti in uscita invece sono meno pericolosi in
quanto eseguiti in accelerazione (fase di avvio del moto).
Nello schema F possiamo identificare il punto 1 come il più rischioso al contrario del punto 3 che
prevede due movimenti in uscita, quindi più sicuro. I punti 2 e 4 hanno invece lo stesso livello di
pericolosità con una combinazione di ingresso ed uscita. Non è permesso dunque far entrare un treno
in stazione senza controllo.
Impianto caratterizzato
dall’incrocio di due linee.
Schema G
I passeggeri possono:
• Cambiare linea, mantenendo la stessa direzione, senza cambiare marciapiede.
• Cambiare linea modificando la direzione senza però cambiare marciapiede
117
Schema F
I passeggeri possono:
• Cambiare linea mantenendo la stessa direzione ma dovendo cambiare il marciapiede.
• Cambiare linea modificando la direzione, senza però cambiare marciapiede.
3.2.3 Capacità
1. Capacità di sosta: Quanti convogli possono essere ospitati in relazione al piano e alle
caratteristiche della stazione stessa. Come per il caso del trasporto aereo sono presenti dei
modelli che permettono di simulare i movimenti all’interno della stazione (sia passeggeri che
carico/scarico delle merci).
2. Capacità di circolazione:
Curiosità: Due anni fa l’Università di Padova ha condotto uno studio centrato sulla relazione tra la
stazione di Padova e il terminale ferroviario dell’interporto di Padova per valutare il possibile
miglioramento della capacità di trasporto passando da un sistema mono binario ad uno multi-binario.
Venne utilizzato un modello previsionale considerando i movimenti in entrata e uscita tra le due
stazioni. Volendo però fare un ragionamento più ampio, essendo Padova funzionalmente connessa
con Venezia, sarebbe stato più consono creare invece un modello più articolato e complesso che
includesse anche Venezia all’interno di tale sistema.
In sintesi, bisogna tener conto sia della complessità dell’infrastruttura che della diversificazione
delle funzioni che vengono svolte (tipi di convogli serviti dall’impianto ferroviario).
119
3.3 Impianti di trazione elettrica (cenni)
120
PARTE V – INTERAZIONE VEICOLI &
INFRASTRUTTURE
1. Sostentazione e locomozione
Per quanto riguarda la
locomozione, nei capitoli
precedenti, sono state illustrate le
caratteristiche dei vari sistemi di
propulsione. In questo capitolo
verranno affrontati degli argomenti
utili per poi definire in futuro i
diagrammi del moto o l’equazione
generale della trazione con
riferimento al generico veicolo di
trasporto.
121
1.1 Corpo libero
Se consideriamo un certo corpo di
massa m al quale viene applicata
una forza F e il corpo subisce uno
spostamento di intensità pari a s,
possiamo affermare che tale forza
ha compiuto un lavoro (W) sul
corpo stesso. Se la direzione di
applicazione della forza e lo
spostamento hanno direzioni
diverse, se chiamiamo alfa
l’angolo che si forma tra le due
direzioni, il lavoro compiuto dalla
forza sarà pari al precedente con
l’aggiunta di un fattore dipendente
dall’angolo alfa (la proiezione della forza sulla direzione seguita dal corpo). Se consideriamo il lavoro
rapportato al tempo si definisce di fatto la potenza intesa come prodotto tra la forza applicata e la
velocità cui il corpo si muove. Abbiamo che:
1) 𝐿𝑎𝑣𝑜𝑟𝑜 [ 𝐽 ] = 𝐹𝑜𝑟𝑧𝑎 [ 𝑁 ] ∗ 𝑆𝑝𝑜𝑠𝑡𝑎𝑚𝑒𝑛𝑡𝑜 [ 𝑚 ]
𝐿𝑎𝑣𝑜𝑟𝑜 [𝐽 𝑜 𝑊ℎ]
2) 𝑃𝑜𝑡𝑒𝑛𝑧𝑎 [𝑊] =
𝑇𝑒𝑚𝑝𝑜 𝑠
Allora:
𝐹𝑜𝑟𝑧𝑎 ∗ 𝑆𝑝𝑜𝑠𝑡𝑎𝑚𝑒𝑛𝑡𝑜 𝑁 ∗ 𝑚 𝑚
𝑷𝒐𝒕𝒆𝒏𝒛𝒂 = = = 𝑁 ∗ = 𝑭𝒐𝒓𝒛𝒂 ∗ 𝑽𝒆𝒍𝒐𝒄𝒊𝒕à
𝑇𝑒𝑚𝑝𝑜 𝑠 𝑠
Nota: A parità di potenza (potenza costante) forza e velocità risultano inversamente proporzionali.
Se incremento la forza devo ridurre corrispondentemente la velocità e viceversa.
Tutto ciò riguardante lo spostamento di un corpo per effetto di una forza applicata con una certa
direzione e verso.
122
(momento) genera una rotazione del corpo. Il lavoro, in questo caso, sarà pari al prodotto del momento
M e l’angolo di rotazione (alfa).
Il concetto di potenza è lo stesso dell’esempio precedente ovvero rapporto tra il lavoro compiuto ed
il tempo necessario per svolgerlo.
Il rapporto tra l’angolo alfa e il tempo lo possiamo esprimere anche come velocità angolare espressa
in radianti al secondo. Indicato inoltre con ng il numero di giri nell’unità di tempo (frequenza – Hz =
1/s), ottengo:
𝛼 𝑟𝑎𝑑
= 𝛼 ∗ 𝑛𝑔 = 𝜔 [ ]
𝑡 𝑠
Sostituendo nella formula della potenza otteniamo:
𝛼
𝑃𝑜𝑡𝑒𝑛𝑧𝑎 [𝑊] = 𝑀 ∗ = 𝑀 ∗ 𝛼 ∗ 𝑛𝑔 = 𝑀 ∗ 𝜔
𝑡
Nota: A parità di potenza (potenza costante) momento e velocità angolare risultano inversamente
proporzionali. Se incremento il momento devo ridurre corrispondentemente la velocità angolare e
viceversa.
1.3 Cinematica
Per poter studiare il moto di un
corpo, introduciamo delle nozioni
di cinematica ovvero lo studio del
moto di un corpo senza considerare
le cause che producono il moto
stesso.
Posso identificare nello spazio la
posizione del corpo in movimento
e quindi il veicolo attraverso
coordinate curvilinee che ne
restituiscono esattamente la
posizione su una determinata
traiettoria. È possibile quindi
conoscere la posizione del corpo al
variare del tempo t.
La posizione del corpo viene quindi riferita ad una terna di assi che permette di identificare la
posizione del corpo nello spazio attraverso le coordinate x, y e z all’istante t. Sia nel caso di coordinate
curvilinee che spaziali è possibile dunque determinare esattamente la posizione del corpo ad un certo
istante.
Altre grandezze necessarie per caratterizzare il moto ad un certo istante t per un dato veicolo o corpo
sono:
1) Velocità: Derivata prima dello spazio (coordinata curvilinea “s”), valutata all’istante t, rispetto al
tempo espressa in m/s o km/h.
𝑑𝑠(𝑡)
𝑣 (𝑡 ) =
𝑑𝑡
123
2) Accelerazione: Derivata prima della velocità, valutata all’istante t, rispetto al tempo. Espressa
anche come derivata seconda della posizione all’istante t rispetto al tempo.
𝑑𝑣(𝑡) 𝑑 2 𝑠(𝑡)
𝑎 (𝑡 ) = =
𝑑𝑡 𝑑𝑡
3) Contraccolpo (jerking): Derivata prima dell’accelerazione rispetto al tempo. Fornisce
un’indicazione sulla variazione dell’accelerazione nel tempo e corrisponde alla derivata terza
dello spazio rispetto al tempo oppure in altro modo alla derivata seconda della velocità sempre
rispetto al tempo.
𝑑𝑎(𝑡) 𝑑 2 𝑣(𝑡) 𝑑 3 𝑠(𝑡)
𝑗 (𝑡 ) = = =
𝑑𝑡 𝑑𝑡 𝑑𝑡
Questi tre parametri risulteranno utili per la definizione dei diagrammi del moto (forme semplificate
per descrivere il moto di un veicolo altrimenti complesso) che verranno presentati nei capitoli
seguenti.
I diagrammi del moto vengono impiegati soprattutto nel trasporto pubblico per formulare delle
previsioni o stime sull’esercizio tramite l’utilizzo dei parametri sopra citati dedotti direttamente dalle
caratteristiche del veicolo e dalle condizioni del traffico
2. Resistenze varie (Forze passive): Forze che vengono applicate al veicolo e che ne ostacolano
il moto.
Nello studio del moto si fa riferimento anche ai tre principi della dinamica ovvero:
1. Principio d’inerzia: Applicabile al cosiddetto “moto a regime” di un veicolo in cui
non è presente accelerazione. Le forze di trazione eguagliano quelle resistenti
permettendo al corpo di procedere con moto rettilineo uniforme.
Altra situazione analoga è il caso di veicolo fermo non soggetto ad alcun tipo di forza
di trazione né di resistenze: L’unico problema che si pone è quello della sostentazione
del veicolo fermo.
124
2. Principio degli effetti: Applicando una forza ad un corpo questo subirà
un’accelerazione proporzionale secondo m alla massa del corpo stesso
3. Principio di azione e reazione: Se un corpo esercita su un altro corpo una forza (e.g.
forza peso sulla pavimentazione), allora anche quest’ultimo corpo (e.g. la
pavimentazione) esercita sul primo una forza uguale e contraria. Esempio analogo lo
possiamo applicare al veicolo ferroviario fermo sui binari.
Fatte tutte queste premesse
iniziamo a ragionare in termini di
locomozione.
Per far sì che un mezzo di trasporto
si muova è necessario che un
motore (di diversa tipologia)
fornisca energia per la traslazione
ovvero un trasferimento del corpo
da un punto all’altro. Questo di
fatto coincide con l’applicazione di
una forza di trazione che
indichiamo con T in grado di
superare e quindi di vincere le
resistenze al moto (tale da produrre
accelerazione).
Se indico con T la forza di trazione e con Rt la risultante delle resistenze al moto (resistenza
aerodinamica delle auto, idrodinamica nelle imbarcazioni, al rotolamento, etc..), posso scrivere
l’equazione generale del moto come:
𝑑𝑣
𝑇 − 𝑅𝑡 = 𝑚 ∗ 𝑎 = 𝑚 ∗ = −𝑅𝑖𝑛
𝑑𝑡
Dove Rin esprime la forza di inerzia o reattiva cui è sottoposto il veicolo.
Osservando l’equazione del moto posso distinguere tre fasi distinte:
1) FASE DI ACCELERAZIONE: Per avere un’accelerazione positiva, il secondo termine dovrà
risultare positivo e non nullo. Essendo l’accelerazione l’unico parametro variabile (massa è
costante), a > 0 e quindi m * a > 0 implica T- Rt > 0. Le forze di trazioni dovranno quindi risultare
maggiori di quelle resistenti.
𝑑𝑣
𝑎= > 0 → 𝑣𝑓 > 𝑣𝑖 → 𝐼𝑙 𝑐𝑜𝑟𝑝𝑜 𝑎𝑐𝑐𝑒𝑙𝑒𝑟𝑎
𝑑𝑡
125
𝑑𝑣
𝑎= < 0 → 𝑣𝑓 < 𝑣𝑖 → 𝐼𝑙 𝑐𝑜𝑟𝑝𝑜 𝑟𝑎𝑙𝑙𝑒𝑛𝑡𝑎
𝑑𝑡
In ambito ferroviario, per ridurre i consumi, si passa dalla velocità di regime sui tratti rettilinei (Forza
di trazione applicata diversa da zero) a tratti in cui viene tolta la trazione (si annulla il consumo) in
cui si ha una fase di decelerazione per effetto delle resistenze agenti. Il momento di stacco della
trazione, se calcolato a dovere, permette al veicolo di raggiungere la fermata successiva o stazione
ottenendo di fatto un diagramma del moto triangolare con una decelerazione costante. Sfrutto quindi
le resistenze attive o passive che siano per arrivare all'arresto senza l’utilizzo dell'impianto frenante.
Il corpo in sé non è compatto ma
composto da tutta una serie di
masse rotanti e traslanti che si
muovono lungo traiettorie diverse
da quella del veicolo. Un esempio
è il moto dei pistoni all’interno dei
cilindri il cui moto non è allineato
con quello del moto ma
perpendicolare ad esse nel caso di
posizionamento verticale degli
stessi. Vi è comunque la necessità
di accelerare anche queste masse
attraverso l’applicazione della
forza di trazione. Per “smuovere” anche queste masse sconnesse richiede l’applicazione di una forza
maggiore o in altro modo posso pensare di fissare una massa equivalente che tenga conto di questi
aspetti; utilizzo, perciò, un fattore di maggiorazione beta ottenendo:
𝑑𝑣 𝑑𝑣
𝑇(𝑣) − 𝑅𝑡 (𝑣) = 𝑚 ∗ (1 + 𝛽 ) ∗ → 𝑇(𝑣) = 𝑅𝑡 (𝑣) + 𝑚 ∗ (1 + 𝛽 ) ∗
𝑑𝑡 𝑑𝑡
Sia la forza di trazione che la risultante delle resistenze al moto dipendono dalla velocità secondo
certe leggi, in particolare le resistenze variano al variare del quadrato della velocità mentre le forze
di trazione sono funzioni dipendenti dalle caratteristiche del motore (cilindrata, pistone, altre cose di
natura meccanica).
126
Esistono forze o componenti di
esse che si esplicano lungo altre
direzioni oltre quella del moto.
Se considero come y la
direzione lungo la quale si
sviluppa il moto, x sarà la
direzione trasversale (e.g. forza
centrifuga in curva, spinta
laterale del vento, etc..) mentre
z sarà quella normale al piano xy (asse verticale). Un esempio è la forza peso.
Le azioni nella direzione trasversale vengono analizzate per studiare il comportamento del veicolo
soggetto alle spinte laterali.
Le azioni nella direzione normale vengono analizzate per studiare la distribuzione e entità dei carichi
al suolo (e.g. verifiche di resistenza della pavimentazione, valutazioni in merito all’aderenza, etc..).
L’aderenza è una forza tangenziale che consente il fatto direttamente legata alle forze normali
trasmesse dal corpo(veicolo) alla pavimentazione attraverso le ruote.
D’ora in avanti studieremo il veicolo come un corpo che si muove nello spazio lungo una certa
traiettoria soggetto a forze che non agiscono soltanto lungo la direzione di spostamento (trazione e
resistenze) ma anche lungo altre direzioni; asse y (forze trasversali) e asse z (forze normali o
verticali).
2.1 Forza di trazione
La forza di trazione, con
riferimento ad un motore ideale,
prende il nome di “caratteristica
meccanica di trazione del mezzo”
e dipende dalla caratteristica
meccanica del motore C(n).
Differenza tra motore e
propulsore: Per il veicolo stradale
il motore è il motore propriamente
detto mentre il propulsore è la
ruota.
T(v) fa riferimento al veicolo
C(n) fa riferimento al motore
C è la coppia che il motore fornisce all’albero ed n il numero di giri dell’albero stesso. La coppia è
quindi funzione del numero di giri.
Il sistema di trasmissione proprio di un veicolo motore consente di ridurre i giri motore dal numero
che compare sul cruscotto ad uno più consono al moto attraverso l’uso simultaneo del cambio e del
differenziale. Se i 5000 giri del motore venissero trasmessi direttamente alle ruote, il veicolo
diventerebbe un razzo.
127
Con riferimento ad un motore ideale, la caratteristica meccanica del motore ha l’andamento di
un’iperbole equilatera. Sull’asse delle ordinate c’è la trazione mentre sull’ascisse la velocità. Una
riduzione della velocità (causa aumento delle resistenze → e.g. vento contrario) implica un aumento
corrispondente della forza di trazione e quindi il raggiungimento di un nuovo equilibrio lungo la curva
nel caso di potenza di trazione costante. La potenza di trazione è data dal prodotto della forza di
trazione per la velocità ovvero: T(v) * v.
Il motore ideale, la cui caratteristica meccanica è descritta da un’iperbole equilatera, è a potenza
costante. Nella realtà un motore del genere NON esiste. Quello che più si avvicina è il motore
elettrico; quello a scoppio differisce da quello ideale di un certo valore. In quest’ultimo caso viene
impiegato il cambio (a cinque o sei marce) per avvicinarsi il più possibile alla caratteristica meccanica
del motore ideale.
2.1.1 Limiti imposti
Il fatto di avere una potenza
costante permette di passare
attraverso stati diversi ma
caratterizzati da stabilità; infatti,
non è necessario intervenire sulla
regolazione (e.g. accelerazione).
L’incremento di resistenza viene
compensato “automaticamente”.
T e v hanno dei limiti, ovvero per
la trazione:
• Trasmissibilità dello
sforzo di trazione da parte
dell’organo propulsore. Oltre una
certa velocità non riesco attraverso il fenomeno dell’aderenza a garantire il moto →Veicolo
sta fermo e le ruote girano
• Stabilità del veicolo
• Resistenza meccanica
Per la velocità invece:
• Sicurezza della marcia
• Funzionamento sistema motore-propulsione
L’iperbole equilatera risulta quindi “tagliata” sia sull’asse delle ordinate che su quello delle ascisse.
128
Nel motore ideale è costante il
prodotto tra T(v) e v.
La potenza netta al propulsore
Np (e.g. ruota) risulta invariante
con la velocità, difatti:
𝑁𝑝 (𝑣) = 𝑇(𝑣) ∗ 𝑣
Ma la caratteristica meccanica C(n)
del motore ideale è pari a:
𝑇(𝑣) ∗ 𝑣 = 𝑐𝑜𝑠𝑡 → 𝑇(𝑣)
= 𝑐𝑜𝑠𝑡./𝑣
Quindi:
𝑐𝑜𝑠𝑡 ∗ 𝑣
𝑁𝑝 (𝑣) = = 𝑁𝑝
𝑣
Ipotizziamo inoltre che il rapporto tra la potenza utilizzata e quella prodotta (rendimento) sia
anch’esso invariante rispetto alla velocità. In questa circostanza, anche la potenza N(v) prodotta dal
motore risulterà non dipendente dalla velocità, infatti:
𝑁𝑝 (𝑣) 𝑁𝑝
𝑁 (𝑣 ) = =
𝜂 (𝑣 ) 𝜂
Attraverso opportuni accorgimenti (e.g. uso del cambio) si riesce al più ad ottenere un sistema moto
– propulsore in cui è il propulsore ad avere una potenza costante e quindi a risultare stabile (a potenza
costante il sistema “ruota” riesce a passare attraverso stadi di successiva stabilità – diminuisce
velocità aumenta trazione…).
130
2.2.1 Caso stradale – Resistenze al moto
In questo sotto paragrafo si farà
riferimento ai veicoli stradali.
Le forze Fx, di aderenza trasversale tra ruote e pavimentazione, impediscono la deriva del veicolo
per effetto delle spinte laterali ovvero la comparsa di componenti del moto perpendicolari alla
direzione di marcia.
131
2.2.1.1 Resistenza al rotolamento (ordinaria)
Nello schema in basso è
rappresentata la vista laterale di
una ruota in cui Fz è la forza peso
scaricata dal veicolo sulla
pavimentazione in corrispondenza
appunto della ruota.
Se i carichi sono uniformemente
distribuiti sulle quattro ruote, Fz
coincide con un quarto del peso
totale del veicolo.
A veicolo fermo, tale forza agisce
lungo l’asse della ruota. Allo
stesso tempo, nella stessa
direzione ma nel verso opposto
agirà anche la reazione della
pavimentazione (vedere schema
sotto)
Coppia resistente
132
Esempio della biciletta: Con le ruote sgonfie, pedalare diventa più faticoso in quanto la
deformazione dello pneumatico è maggiore. Di conseguenza sarà maggiore l’impronta sul terreno
della ruota (superficie di contatto – tratto zig-zag nel disegno) e quindi l’eccentricità con conseguente
aumento della coppia resistente. Al contrario, se gonfiamo al massimo lo pneumatico, la superficie di
contatto tra ruota e terreno si riduce, riducendo l’eccentricità e quindi la coppia resistente cui
corrisponde una minor resistenza al rotolamento. Nel ciclismo, per ridurre la resistenza al
rotolamento, si ricorre a ruote di fatto molto rigide (basse deformazioni) senza raggi.
Pedalare su una superficie liscia, piuttosto che rugosa o sabbiosa modifica il livello di fatica in quanto,
in quest’ultimo caso si avrà una forte deformazione della superficie di contatto cui corrisponde una
forte eccentricità e di conseguenza un’elevata resistenza al rotolamento. Nel caso della sabbia sarà
dominante la deformazione del terreno rispetto quella dello pneumatico.
Esempio veicolo ferroviario: In questo caso, essendo gli elementi rigidi in acciaio, la deformazione
è pressoché inesistente. La resistenza sopra descritta risulterà praticamente nulla.
133
2.2.1.3 Forza peso (addizionale)
Veicolo che si muove su di un
piano inclinato. La forza peso,
agente nella direzione verticale,
può essere scomposta nelle due
componenti x e y, lungo la
direzione longitudinale e
ortogonale rispetto alla direzione
del moto.
In questo schema il veicolo sta
salendo una rampa avente
inclinazione gamma.
La componente che si oppone al
moto è P*sen(γ) cioè che agisce
nella stessa direzione del moto ma nel verso opposto.
Per angoli piccoli o comunque limitati è possibile assimilare il sen(γ) alla tg(γ) o approssimare ancor
più semplicemente con i cui corrisponde la pendenza della livelletta (in punti %).
Nota: Per pendenze rilevanti γ > 8° o i >15% (=arctg (15/100) =8,53°) si assume i = sen(γ)
Ancora l’esempio della biciletta:
• Se percorriamo un tratto in salita, la fatica sarà tanto maggiore quanto maggiore sarà la
pendenza della strada.
o Se oltre alla salita abbiamo pure gli pneumatici sgonfi, a tale resistenza si sommerà
anche quella ordinaria al rotolamento facendo aumentare il livello di fatica.
▪ Se oltre a tutto ciò, aggiungiamo il fatto che la salita si trovi su uno sterrato
(deformazione rilevante non solo legata allo pneumatico ma anche alla
conformazione del terreno) la pedalata diventerà ancor più complicata.
2.2.1.4 Forza aerodinamica (ordinaria)
La resistenza posteriore e laterale,
nel caso dei veicoli stradali, è
marginale rispetto a quella
frontale.
Il coefficiente di forma frontale
cy del veicolo varia al variare della
tipologia e della destinazione
d’uso del veicolo (solitamente
identificato con cx).
Per area della sezione maestra sy
si intende la più ampia sezione
verticale possibile operata lungo
un piano perpendicolare all’asse
longitudinale del veicolo. Tale sezione subisce “l’impatto” dell’aria. Dipende dalle caratteristiche del
veicolo.
Velocità relativa vry. Se il vento soffia nella direzione opposta al moto determina una resistenza che
non sarà ovviamente presente nel caso di vento in coda (direzione concorde al moto). In quest’ultimo
134
caso non avrò una resistenza bensì una forza addizionale. Risulta tanto maggiore quanto più grande
è la differenza tra la velocità del vento e quella del veicolo. Si annulla nel caso di uguaglianza tra le
due velocità.
Indovinate un po’...ancora l’esempio della biciletta: La situazione sta sempre più degenerando;
oltre a quanto detto in precedenza, aggiungiamo una bella pedalata contro vento contro. Alle
resistenze dovremo aggiungere anche quella ordinaria dovuta all’attrito con il mezzo (aria).
Curiosità: Esistono delle auto studiate apposta per ridurre il coefficiente di forma al minimo. Un’auto
utilitaria sottoposta ad uno studio di questo tipo, in una galleria del vento, ha riportato valori del
coefficiente di forma pari a 0,26 (Prius – Toyota). Una riduzione delle resistenze implica una
riduzione delle dissipazioni di energia.
Curiosità n°2: Perché gli autobus urbani vengono realizzati con dei coefficienti di forma
sostanzialmente alti? La velocità commerciale è mediamente bassa, a Padova si aggira intorno ai 16
km/h. L’incidenza della resistenza aerodinamica è marginale rispetto a tutte le altre. Non serve a
niente avere un autobus urbano aerodinamico; potrebbe essere invece più utile nella riduzione delle
resistenze (e quindi dei consumi) in ambito extraurbano dove le velocità commerciali sono più alte.
Nella realizzazione di un autobus urbano, vi è anche l’interesse di garantire, a parità di prestazioni,
una capacità maggiore. Gli autobus urbani di fatto assomigliano a “scatolotti” per avere un maggiore
spazio a disposizione e allo stesso tempo non vi è interesse a ridurre più di tanto la resistenza
aerodinamica. Le scelte al di là dell’estetica sono legate anche a questioni funzionali.
𝐹𝑧,𝑡𝑜𝑡 = ∑ 𝐹𝑧,𝑖
𝑖=1
135
Funzioni assolte dallo pneumatico durante il moto:
1. Ripartire il carico trasmesso dal veicolo su una superficie più con i limiti imposti dalla
resistenza al rotolamento.
2. Riduzione della trasmissione del carico ovvero, essendo costituita da materiale elastico,
funge da ammortizzatore. Riduzione quindi delle vibrazioni rendendo più confortevole la
marcia del veicolo. Come le sospensioni nel caso ferroviario sono in grado di smorzare gli
effetti dovuti a repentine variazioni dell’inerzia del veicolo dovute ad imperfezioni.
dell’altimetria del tracciato (buche, dossi, etc..).
3. Garantire adeguata aderenza del veicolo alla pavimentazione.
Con riferimento ad una singola
ruota ed alla condizione di veicolo
fermo, identifichiamo con σs le
tensioni normali che agiscono sulla
superficie di impronta spz,i della
ruota stessa. La tensione sarà pari
alla forza trasmessa in
corrispondenza dell’i-esima ruota
diviso per la superficie di contatto
relativa, ovvero:
𝐹𝑧,𝑖
𝜎𝑠,𝑖 =
𝑠𝑝𝑧,𝑖
Nell’ipotesi di carico
uniformemente distribuito, le
quattro tensioni normali coincidono e la loro somma sarà pari alla tensione normale totale:
4
𝐹𝑧,𝑖 𝐹𝑧
𝜎𝑠 = ∑ =
𝑠𝑝𝑧,𝑖 𝑠𝑝𝑧
𝑖=1
In corrispondenza della zona di contatto si hanno delle deformazioni sia dello pneumatico e
pavimentazione per cui i due materiali si compenetrano generando un fenomeno di “incollamento”
dovuto a deformazioni elastiche relative. Questo fatto permette il verificarsi del fenomeno
dell’aderenza.
L’entità dell’aderenza può essere quantificata attraverso delle prove sperimentali ovvero procedure
di laboratorio o sul campo. Consideriamo la sola componente y delle tensioni tangenziali τs che
chiameremo τs,y ovvero quelle che si realizzano nella direzione del moto. La forza tangenziale totale
che la pavimentazione trasmette ad ogni pneumatico è:
𝐹𝑦,𝑖 = 𝜏𝑠𝑦,𝑖 ∗ 𝑠𝑝𝑧,𝑖
Che, nell’ipotesi di carico uniformemente distribuito porta a:
4
137
Per rimanere in condizioni di
aderenza bisogna fare in modo che
la forza totale trasmessa nella
direzione y del moto risulti minore
o uguale del prodotto tra il
coefficiente limite di aderenza e la
forza normale lungo z.
Il secondo membro viene pertanto
chiamato forza di aderenza
massima ovvero il massimo
valore della forza trasversale che la sede stradale può trasmettere allo pneumatico mantenendosi in
condizioni di aderenza.
Oltre tale limite si passa ad una condizione di attrito tra le superfici di contatto. In tal caso avrò infatti:
𝐹𝑦 = 𝑓𝑎𝑡𝑡 ∗ 𝐹𝑧 = 𝐹𝑎𝑦
Dove Fay è la forza di attrito
trasmessa lungo la direzione y del
moto.
Il coefficiente di attrito risulterà
sempre minore di quello di
aderenza massima.
Entrambi i coefficienti vengono
determkinati sperimentalmente e
dipendono da:
• Natura e caratteristiche della superficie stradale ovvero:
o Natura: una pavimentazione in conglomerato bituminoso piuttosto che in calcestruzzo
o in terra battuta, etc....Al variare delle caratteristiche variano le modalità attraverso
cui si realizza l’aderenza e quindi i coefficienti.
o Caratteristiche: Identifica il livello di usura della pavimentazione; buone o cattive
condizioni.
• Caratteristiche del battistrada dello pneumatico: Qualità o forma della gomma, disegno o
profondità del battistrada ma anche condizioni e pressione dello pneumatico (gomma di
recente produzione oppure no, con il tempo la ruota perde di elasticità).
• Velocità di avanzamento del veicolo:
• Condizioni metereologiche: Effetto sulle condizioni della superficie di contatto quindi a
parità dei precedenti fattori, l’aderenza o attrito che sia, dipenderanno dalle condizioni meteo
138
Il fattore di aderenza diminuisce
progressivamente, a parità di
natura (conglomerato
bituminoso), al peggiorare delle
caratteristiche (condizioni) della
pavimentazione.
In generale il conglomerato
cementizio ha valori del
coefficiente di aderenza più alti.
In caso di ghiaccio il coefficiente
di aderenza si riduce di circa un
ordine di grandezza.
139
Esempio: Veicolo a trazione
integrale o parziale. Siete in
compagnia bloccati nel fango.
Come fare per risolvere? Bisogna,
a parità di caratteristiche
meccaniche di trazione,
incrementare il peso aderente. Se
trazione anteriore, uno dei due
passeggeri dovrà salire sul cofano
della macchina.
In questo paragrafo introduciamo
l’aderenza trasversale. Tali forze
si oppongono a fenomeni di deriva
del veicolo presenti per effetto:
• Forza centrifuga durante il moto in curva: Tale forza, applicata al baricentro del veicolo,
spinge lo stesso verso l’esterno della curva.
• Azioni aerodinamiche dovute al vento ovvero spinte laterali che tendono a spostare il veicolo
lateralmente.
• Componente del peso del veicolo in corrispondenza di pendenza trasversale della strada.
In corrispondenza delle rotatorie con sistemi di deflusso delle acque piovane (con doppia pendenza
della piattaforma) vi è la sovrapposizione degli effetti del primo e terzo punto dell’elenco in cui alla
forza centrifuga si sommerà la componente trasversale della forza peso accentuando il fenomeno di
deriva del veicolo. Ciò non accade se si utilizza una pendenza unica della piattaforma; in tal caso la
deriva dovuta alla forza centrifuga verrà mitigata dalla componente trasversale della forza peso.
In assenza quindi di una resistenza trasversale che si esplichi in corrispondenza delle superfici di
contatto (ruota e pavimentazione), il veicolo potrebbe traslare nella direzione della forza esterna
applicata.
Detta Fx la risultante delle forze trasversali, per avere deriva ma non slittamento (scorrimento e quindi
rimanere in condizioni di aderenza) tale forza dovrà risultare inferiore o uguale del prodotto tra il
coefficiente di aderenza trasversale fx e il peso del veicolo.
Nell’immagine sono invertiti x ed
y. Il moto si sviluppa infatti nella
direzione y e non lungo x come
indicato qua a fianco. Stessa cosa
per la forza verticale Fy → Fx.
140
Per i veicoli a trazione anteriore, in fase di curva si registra una tendenza alla deriva o traslazione
verso l’esterno
(sottosterzo). Nei veicoli
invece a trazione posteriore
vi è la tendenza alla deriva
delle ruote posteriori (sovra
sterzo →testa coda).
Quando un veicolo percorre
una traiettoria curvilinea, il
suo baricentro, in presenza
di una forza ortogonale alla
direzione del moto Fx (e.g. forza centrifuga in curva, spinta vento,) tende a percorrere una certa
traiettoria inclinata di un angolo ε (angolo di deriva) rispetto alla direzione del moto. Si realizza il
fenomeno della deriva dello pneumatico. L’asse della ruota (tratteggio) rimane in linea con la
direzione del moto mentre la ruota segue un certo angolo. Caratteristiche dell’angolo di deriva:
1. Cresce proporzionalmente alla forza applicata Fx fino ad un valore limite di aderenza,
superato il quale si registra scorrimento laterale dello pneumatico (superficie bagnata + curva
stretta).
2. Al diminuire della pressione di gonfiaggio dello pneumatico p0 l’angolo di deriva aumenta
rapidamente. Tale pressione, oltre ad avere un effetto sulla resistenza al rotolamento, trattata
nei paragrafi precedenti, ha un effetto anche sulla deriva.
3. Relazione tra l’angolo di deriva e il peso del veicolo: All’aumentare del peso, l’0angolo di
deriva diminuisce. Il peso agisce in favore della sicurezza ma solo fino ad un certo punto,
superato il quale il fenomeno si inverte diventando un aiuto alla deriva. La funzione di ε(P),
da analisi di natura sperimentale, presenterà un tratto crescente seguito da uno decrescente
separati da un punto di massimo.
141
2.2.3.1 Coppia motrice
Tale curva dipende dalle
caratteristiche fisico – meccaniche
del motore ovvero n° di cilindri,
area dei pistoni, etc. Ogni motore,
quindi, ha una curva caratteristica.
Corrispondentemente è possibile
ottenere il valore della coppia C1
all’albero motore come rapporto
tra la potenza del motore ed i giri
dello stesso.
Nei capitoli precedenti si era
ricavato la potenza del motore
come prodotto tra la coppia
motrice M e la velocità angolare omega ovvero:
𝛼
𝑃𝑜𝑡𝑒𝑛𝑧𝑎 [𝑊] = 𝑀 ∗ = 𝑀 ∗ 𝛼 ∗ 𝑛𝑔 = 𝑀 ∗ 𝜔
𝑡
𝜶
Dove 𝝎 = = 𝜶 ∗ 𝒏𝒈 , α espresso in radianti
𝒕
Da cui si ricava
𝑁
𝑀=
𝛼 ∗ 𝑛𝑔
Analoga a quella presente nella slide. Per ogni motore è quindi possibile ottenere le due curve
mostrate nell’immagine, relative alla coppia e alla potenza.
Curva di coppia:
Asse x = numero di giri n1 espresso in giri/sec
Asse y = Coppia motrice C1 espressa in N*m
Curva di potenza
Asse x = numero di giri n1 espresso in giri/sec
Asse y =Potenza N1 espressa in kW
La forma delle curve è sempre la stessa (campana) per ogni motore, ciò che cambiano sono i
parametri.
142
2.2.3.2 Coppia alle ruote
Riassumendo:
C1, N1 e n1 sono rispettivamente
coppia, potenza e numero giri del
motore.
C, N e n sono rispettivamente
coppia, potenza e numero giri
delle ruote.
Il rendimento η rappresenta una
perdita di potenza nel passaggio
dal motore al propulsore (circa
13%) dovuto alla presenza degli
organi di trasmissione.
Note le relazioni per la velocità angolare, la coppia e la potenza possiamo scrivere:
𝑁
𝐶= → 𝑪 = 𝑪(𝒏)
2∗𝜋∗𝑛
𝑁 = 𝑁1 ∗ η = C ∗ 𝜔 = 𝐶 ∗ 2 ∗ 𝜋 ∗ 𝑛 → 𝑵 = 𝑵(𝒏)
Sia la coppia che la potenza alle ruote possono essere espresse in funzione del numero di giri delle
stesse. Dalle curve di coppia e potenza al motore è possibile ricavare quelle specifiche per le ruote
(in corrispondenza del propulsore) tenendo conto del rendimento della trasmissione.
In sintesi:
Nota la potenza del motore si ricava la potenza alle ruote tenendo di conto del rendimento di
trasmissione. La coppia alle ruote è pari al rapporto tra potenza e velocità angolare, d’altra parte però
è possibile esprimere la velocità angolare in funzione del numero di giri delle ruote stesse.
Conseguentemente, per le ruote motrici, posso esprimere la potenza e la coppia come funzione del
numero di giri. L’andamento delle curve di coppia e potenza per le ruote sono gli stessi di quelli
relativi al motore.
2.2.3.3 Trasmissione
Di grande importanza la relazione
che intercorre tra numero di giri
delle ruote n e quello del motore
n1.
𝑛1
𝑛=
𝑚𝑐 ∗ 𝑚𝑝
Dove:
• mc è il rapporto al
cambio: Rapporto tra il numero di
giri del motore (n1) e il numero di
giri trasmesso all’albero di
trasmissione secondario (n2)
mediante un ingranaggio riduttore.
Dipende dalle caratteristiche di tale ingranaggio.
143
• mp è il rapporto al ponte: Rapporto tra il numero di giri dell’albero di trasmissione
secondario (n2) e il numero di giri trasmesso alle ruote (n) tramite il differenziale.
I valori del rapporto al cambio e di quello al ponte, che derivano dalle caratteristiche dell’ingranaggio
riduttore e del differenziale, sono entrambi molto maggiori di 1 (per costruzione) e raggiungere valori
intorno a 6 – 7.
Nello schema sotto è rappresentata la vista laterale degli organi di trasmissione di un motore. Il motore
è collocato sulla sinistra. In alto l’albero primario (o albero motore) e in basso quello secondario. Il
motore trasmette una certa rotazione (coppia) all’albero primario identificata con una freccia nera sul
disegno. L’albero secondario risulta collegato alle ruote tramite il differenziale.
Interposto tra l’albero secondario e le ruote vi è il differenziale ovvero quel dispositivo in grado di
differenziare il numero di giri tra le ruote di uno stesso asse. Utili nei tratti di percorrenza in curva
dove le ruote esterne hanno la necessità di dover percorrere un tratto maggiore (n° giri maggiore)
rispetto a quelle interne.
Il primo rettangolino bianco verticale spostandosi a destra e sinistra (mosso dalla frizione) attiverà
la 1A e 2A marcia, il secondo la 3A e la 4A mentre il terzo la 5A e la retromarcia.
Cambio in folle
In rosso evidenziato l’albero
primario, i rettangolini
rappresentano gli elementi in
grado di innescare la marcia. I
rettangoli bianchi sono invece
degli ingranaggi (ruote dentate)
in vista laterale (sezionati con
piani verticali), 6 posizionati
sull’albero primario e altrettanti
su quello secondario ingranati
tra di loro. Tale disposizione permette infatti la trasmissione della rotazione da un albero all’altro.
L’albero primario ruota in senso orario mentre quello secondario nel verso opposto.
144
Le ruote dentate sull’albero secondario sono vincolate solidalmente ad esso come l’assile di un
vagone ferroviario. Le ruote dentate sull’albero primario invece non sono solidamente vincolate, ma
posso ruotare. Il cambio di rotazione avviene per mezzo di un particolare ingranaggio, interposto tra
quelli dell’albero primario e secondario, definito “ozioso”.
Nella situazione di folle l’asse di rotazione primario è disaccoppiato da tutte le ruote dentate; ciò
significa che l’albero può ruotare ma i dischi rimangono fermi (non è inserita difatti alcuna marcia).
Conseguentemente non ruota neppure l’albero secondario e quindi le ruote.
Cambio in prima
Premendo la frizione ed
inserendo la prima, il “primo
rettangolino rosso” scorre
all’indietro attivando il primo
ingranaggio presente
sull’albero primario
(corrispondente alla prima
marcia). La ruota dentata gira
solidalmente con l’asse
primario trasferendo quindi la
rotazione all’albero secondario e corrispondentemente alle ruote. In questa situazione ruoteranno
anche tutti quegli ingranaggi in “rosso chiaro” sull’asse secondario (in quanto vincolati solidamente
ad esso) collegati a loro volta a quelli dell’asse primario. Quest’ultimi però essendo “scollegati”
dall’asse primario (in quanto non attivati dalla frizione), ruoteranno anch’essi ma la loro rotazione
non avrà effetto su quella dell’asse stesso.
Serve una legenda
Marcia dalla 1A alla 5A
Rosso scuro = Elemento attivato direttamente
Rosso chiaro = Elemento attivato indirettamente
Verde = Elemento non attivo
Retromarcia
Verde scuro= Elemento attivato direttamente dell’asse secondario
Verde chiaro = Elemento attivato indirettamente dell’asse secondario
Rosso scuro = Elemento attivato direttamente dell’asse primario
145
Cambio in retromarcia
Ingranando la retromarcia,
tramite il movimento
dell’ultimo elementino mosso
dalla frizione, rendo solidale
l’albero primario con
l’ingranaggio relativo alla
retromarcia (ultimo a destra).
La rotazione viene trasferita
all’albero secondario
dapprima tramite
l’ingranaggio ozioso e poi con l’ultimo ingranaggio dell’asse secondario (entrambi evidenziati in
verde scuro). L’ingranaggio ozioso serve per invertire il senso di marcia difatti le ruote dovranno
ruotare nel verso opposto rispetto al caso precedente. Come nel caso precedente, la rotazione
dell’ingranaggio attivo dell’asse secondario mette in movimento anche tutti gli altri (vincolati
solidamente all’asse). In conseguenza a ciò ruoteranno anche quelli dell’asse primario ma essendo
“scollegati” da esso, ruoteranno a vuoto.
Per concludere il paragrafo sulla
trazione, facciamo riferimento ad
una ruota motrice.
La ruota ha un diametro d. Lungo
l’asse baricentrico agiscono sia la
forza peso P pari a ¼ del peso
totale del veicolo (carichi
uniformemente distribuiti) che la
risultante delle reazioni del suolo
Fz=P. È soggetta ad una coppia
motrice C agente in senso orario
(in quanto il verso del moto è da
sinistra verso destra) ed una
resistenza Ry (risultante di tutte le
resistenze agenti nella direzione y) applicata nel baricentro che si oppone al moto. Nel punto di
contatto ruota – pavimentazione è applicata inoltre la forza di trazione Fy. Per l’equilibrio alla
rotazione intorno al centro della ruota si ottiene:
𝑑 𝑑 𝑪
(𝑖 ) 𝐹𝑦 ∗ − 𝐶 + 𝑃 ∗ 0 + 𝐹𝑧 ∗ 0 + 𝑅𝑦 ∗ 0 = 0 → 𝐹𝑦 ∗ = 𝐶 → 𝑭𝒚 =
2 2 𝒅
𝟐
La coppia motrice divisa per d/2 applicata alla ruota coincide con l’avere una certa forza Fy applicata
al suo baricentro che trascina la ruota stessa da sinistra verso destra. A tale forza corrisponde la
risultante delle tensioni tangenziali che si esplicano in corrispondenza della zona di contatto tra
pneumatico e pavimentazione e che dà origine al fenomeno dell’aderenza.
Ovviamente per avere rotazione e quindi scorrimento nullo dovrà sempre verificarsi Fy ≤ Fya ovvero
lo sforza di trazione dovrà sempre risultare inferiore o al più uguale alla forza massima di aderenza.
146
Esiste anche una relazione che lega la velocità di traslazione di un veicolo con il numero di giri delle
ruote ovvero:
𝑣 =𝜋∗𝑑∗𝑛
Combinando la relazione che lega coppia motrice con il numero di giri delle ruote e quella tra sforzo
di trazione coppia motrice, ovvero:
𝑁
𝐶= → 𝑪 = 𝑪(𝒏)
2∗𝜋∗𝑛
𝐶
𝐹𝑦 = = 𝑇
𝑑
2
Otteniamo una relazione che lega lo sforzo di trazione con la velocità di traslazione:
𝑁
2∗𝑁 𝑁
𝑇 = 2∗𝜋∗𝑛 = = → 𝑻 = 𝑻(𝒗)
𝑑 2∗𝜋∗𝑛∗𝑑 𝑣
2
A meno della scala di rappresentazione grafica, le due relazioni coincidono e prendono il nome di
caratteristica di trazione di un veicolo.
148
Il freno più diffuso è quello a
disco. La ruota ha un certo
diametro d e ammettiamo che il
veicolo si muova da sinistra verso
destra.
Principio di funzionamento
È costituito da un disco di acciaio
o altro materiale specifico che
ruota solidalmente alla ruota
stessa. Su di esso agisce una
specie di tampone ovvero delle pinze (solidali al veicolo) che chiudono a sé il disco per effetto della
pressione indotta da un sistema idraulico ad olio. Alla pressione del pedale del freno, il liquido
nell’impianto viene compresso e trasmesso al circuito del freno fino alla pinza che si chiude sui dischi.
Per effetto dell’attrito che si realizza tra la superficie del “quadratino” e il disco si produce l’effetto
di frenatura. Viene generata di fatto una coppia frenante.
Detta rF la forza frenante applicata alla ruota nel punto di contatto con la pavimentazione, per
l’equilibrio alla rotazione si ottiene:
149
𝑑 2 ∗ 𝐶𝐹 2 𝑑𝐹 𝒅𝑭
𝒓𝑭 ∗ ( ) − 𝐶𝐹 = 0 → 𝑟𝐹 = = ∗ (𝐹𝐹 ∗ 𝑓𝐹 ∗ ) = (𝑭𝑭 ∗ 𝒇𝑭 ) ∗
2 𝑑 𝑑 2 𝒅
Per aumentare la coppia frenante posso:
1. Agire sul coefficiente d’attrito scegliendo materiali tali da garantire dei coefficienti maggiori
a parità di forza applicata alle pinze
2. Agire sul diametro del disco; diametri maggiori implicano una forza frenante maggiore a
parità di coefficienti d’attrito tra disco e pinza. Le auto sportive, per esempio, hanno dischi
molto grandi.
3. A parità di tutto è possibile agire anche sul diametro della ruota, riducendolo.
Risolvere queste equazioni per via analitica risulta molto complesso per cui si farà uso di diagrammi
semplificati del moto tipo che permettono di ottenere delle previsioni sufficientemente accurate per
progettare il servizio in modo efficiente.
𝑅 1
𝑣𝑙 ≤ √ ∗ (𝑓𝑎𝑥 ∗ 𝑚 ∗ 𝑔 − ∗ 𝜌 ∗ 𝑐𝑥 ∗ 𝑠𝑥 ∗ 𝑣𝑠𝑥
2 )
𝑚 2
Per v < vl il veicolo rimane in equilibrio senza traslare o sbandare; posso agire su:
• Eventualmente sulla forma del veicolo
• Sul coefficiente di aderenza trasversale migliorando le caratteristiche della pavimentazione e
dello pneumatico
• Raggio di curvatura
Esempio: Veicolo in autostrada. Uno degli aspetti importanti dei comportamenti del conducente
sono quelli di soddisfare le sue aspettative. Il conducente, infatti, si aspetta di poter percorrere un
tratto autostradale almeno alla velocità di 130 km/h. Il progettista dovrà quindi scegliere, nei tratti
curvilinei, dei raggi di curvatura compatibili con le velocità di progetto. Se in corrispondenza di
un tratto curvilineo il conducente si rende conto di dover rallentare per poter affrontare la
traiettoria in sicurezza, può produrre una situazione critica.
152
2.3 MOTO FERROVIARIO
153
La resistenza specifica risulta inversamente proporzionale secondo k a R, ovvero al raggio di
curvatura espresso in metri. Osservazioni:
• All’aumentare del raggio diminuisce la resistenza.
• Per raggi di curvatura tendenti ad infinito, la resistenza specifica tende allo zero.
• Al diminuire del raggio aumenta la resistenza; proprio per l’effetto di attrito dovuto allo
scorrimento relativo tra ruota e rotaia sulla base delle caratteristiche proprie. (ruota, sala
montata e rotaia rigide).
154
2.3.1.4 Formule globali sperimentali
Formule di derivazione
sperimentale che permettono
di quantificare per il veicolo
ferroviario le resistenze
ordinarie
contemporaneamente.
Baseline: Moto uniforme, in
rettilineo e in piano.
2.3.2 Aderenza
Per aumentare l’aderenza,
considerato il fatto che le due
superfici a contatto per loro natura
hanno un coefficiente basso, si
introduce del materiale (in genere
sabbia secca) attraverso degli
ugelli, nella zona di contatto tra la
ruota motrice e la rotaia.
Tale sistema viene impiegato
soprattutto nella fase di avvio per
vincere le resistenze.
155
2.3.3 Equazione generale della trazione – asse longitudinale y
156
2.3.4.1 Velocità di esercizio in curva
Per mitigare l’effetto
dell’accelerazione bisogna
dunque limitare la velocità del
veicolo in curva. Dall’espressione
dell’accelerazione centrifuga si
deriva quella della velocità,
ottenendo la formula qua a fianco
rappresentata.
Dalla slide precedente sappiamo
che il valore massimo
dell’accelerazione è di 0,6 – 1
m/s2. Definito un certo raggio di
curvatura e fissata l’accelerazione, si ottiene un valore massimo per la velocità in curva. Per ottenere
velocità maggiori per ragioni di esercizio e garantire allo stesso tempo accelerazioni compatibili con
il confort di marcia, bisogna ricorrere ad un sovralzo in curva. Parte della forza centrifuga viene
compensata dalla componente trasversale della forza peso (rispetto al moto) o parallela rispetto al
piano di calpestio.
La forza trasversale residua è quella che rimane dopo aver compensato una parte di quella centrifuga
con la componente trasversale della forza peso.
𝑃
𝐹𝑟 = 𝑚 ∗ 𝑎𝑟 = ∗ 𝑎𝑟 = 𝐹𝐶 ∗ 𝑐𝑜𝑠𝛽 − 𝑃𝑠𝑒𝑛𝛽
𝑔
Ma l’angolo β risulta di modesta entità quindi:
𝑠𝑒𝑛𝛽 ℎ
cos 𝛽 ≅ 1 & = 𝑡𝑔𝛽 → 𝑠𝑒𝑛𝛽 ≅ 𝑡𝑔𝛽 ≅
𝑐𝑜𝑠𝛽 𝑠
E noto l’espressione della forza centrifuga si ottiene:
𝑃 𝑃 𝑣2
∗ 𝑎𝑟 = ( ) ∗ ∗ 1 − 𝑃 ∗ ℎ/𝑠
𝑔 𝑔 𝑅
Da cui, semplificando:
157
𝑔 𝑃 𝑣2 ℎ
𝑎𝑟 = ∗ [( ) ∗ − 𝑃 ∗ ]
𝑃 𝑔 𝑅 𝑠
𝒗𝟐 𝒉
𝒂𝒓 = −𝒈∗
𝑹 𝒔
È tanto più bassa quanto maggiore è il rapporto h/s ovvero tanto più grande è il sovralzo.
Accelerazione residua coincide con quella centrifuga a meno di un fattore funzione del sovralzo.
𝑣2 ℎ 𝒉
𝒂𝒓 = − 𝑔 ∗ = 𝒂𝒄 − 𝒈 ∗
𝑅 𝑠 𝒔
Fissato il valore dell’accelerazione centrifuga a 0,6 – 1 m/s2, è possibile garantire il valore di
accelerazione residua agendo quindi sul secondo termine.
𝒉
𝒗𝒍𝒊𝒎 = √𝑹 ∗ (𝒂𝒄 + 𝒈 ∗ )
𝒔
ℎ 𝒗𝟐 ∗ 𝒔 𝐹𝐶 ∗ 𝑠
𝑣𝑙𝑖𝑚 √
= 𝑅 ∗ (𝑔 ∗ ) → 𝒉 = = 𝑚𝑜𝑙𝑡𝑖𝑝𝑙𝑖𝑐𝑎𝑛𝑑𝑜 𝑛𝑢𝑚. 𝑒 𝑑𝑒𝑛. 𝑝𝑒𝑟 "𝑚"
𝑠 𝒈∗𝑹 𝑃∗𝑅
Tenendo conto del limite imposto ad h, nota la velocità ed s, è possibile agire su R per mantenere in
curva tale velocità.
Le ferrovie vengono impiegate da più tipologie di treni quindi in certe situazioni, alcuni di essi
dovranno ridurre la propria velocità; in quanto raggio di curvatura e sovralzo non saranno
sufficienti a garantire le velocità massime di progetto (v > v limite)
158
2.3.4.2 Stabilità al ribaltamento
Il problema che ci poniamo è
quello di determinare la velocità
limite in corrispondenza della
quale si eguagliano le forze
ribaltanti e quelle stabilizzanti.
Si eguaglia quindi il momento
ribaltante indotto dalla forza
centrifuga e quello stabilizzante
indotto dalla forza peso. Per la
verifica di stabilità devo
considerare come riferimento il punto di appoggio della ruota esterna in corrispondenza della rotaia
in una situazione nella quale la reazione sulla ruota interna è nulla (situazione limite in cui il veicolo
sta per sollevarsi dal binario). La ruota interna scarica zero mentre quella esterna scarica tutto.
Le forze ribaltanti sono disposte parallelamente al piano mentre quello stabilizzanti nella direzione
ortogonale. Dall’ultima relazione si ricava la velocità limite ovvero la massima velocità imponibile
al convoglio in curva senza avere ribaltamento.
Posso agire su:
• h fino al limite dei 160mm
• s è fisso
• d ma fino ad un certo punto in quanto i carri sono standard
• c è fisso (metà di s)
• Raggio della curva R
159
2.3.4.3 Stabilità allo svio
Consideriamo moto in curva /senso
orario) e superfice di contatto tra
ruota e rotaia.
𝑌 − 𝑄 ∗ 𝑡𝑔𝛽 ≤ (𝑌 ∗ 𝑡𝑔𝛽 + 𝑄) ∗ 𝑓
𝑌 ∗ (1 − 𝑓 ∗ 𝑡𝑔𝛽 ) ≤ 𝑄 ∗ (𝑓 + 𝑡𝑔𝛽 )
𝒀 𝒕𝒈𝜷 + 𝒇
≤
𝑸 𝟏 − 𝒇 ∗ 𝒕𝒈𝜷
Forze destabilizzanti < Forze stabilizzanti
Tale condizione però non è sufficiente ad impedire lo svio.
160
Seconda verifica (più restrittiva)
Bisogna verificare che, una volta
raggiunta la posizione di massima
estensione verso sinistra, la ruota sia in
grado di ritornare nella posizione
normale. L’attrito che si verifica in
corrispondenza della zona di contatto
(verso il basso) non sia così elevato da
impedire alla ruota di riportarsi nella
posizione centrata.
Terza verifica
In curva la sala montata di sposta verso sinistra; la ruota esterna raggiungerà il limite di contatto
bordino - fungo rotaia mentre la ruota interna si sposterà al limite opposto proprio per la conicità
della ruota stessa. L’asse deve poter tornare nella posizione normale.
Ruota esterna
Deve spostarsi verso destra ed abbassarsi sfruttando
la conicità. Vincendo quindi la forza di attrito che si
genera nella zona di contatto ruota – rotaia
(condizione n°2).
Ruota interna
Deve spostarsi verso destra ed alzarsi sfruttando la
conicità. Anche in questo caso la ruota deve vincere
delle forze di attrito per consentire all’altra ruota di
raggiungere la posizione centrata. Questa
rappresenta la terza verifica. La soluzione si ricava
per via sperimentale.
161
Mettendo tutte le verifiche insieme è
possibile affermare che la verifica
allo svio corrisponde a:
𝒀
≤ 𝟎, 𝟖
𝑸
𝒀 𝑓𝑜𝑟𝑧𝑎 𝑐𝑒𝑛𝑡𝑟𝑖𝑓𝑢𝑔𝑎,
𝑸 𝑓𝑜𝑟𝑧𝑎 𝑝𝑒𝑠𝑜 𝑠𝑢 𝑟𝑢𝑜𝑡𝑎 𝑠𝑝𝑒𝑐𝑖𝑓𝑖𝑐𝑎
Il valore 0,8 risulta anch’esso precauzionale in quanto il valore limite è 1,2. Per essere però
conservativi ed agire in regime prudenziale si utilizza un rapporto inferiore (giusto per avere un
margine).
162
2.4 MOTO PER VIE D’ACQUA
Galleggiabilità = Statica = Nave
ferma.
Conoscendo i mezzi fluidi in cui la
nave si sposta (aria e acqua)
bisognerà dimensionare
opportunamente il sistema moto
propulsore perché sia in grado di
vincere le relative resistenze.
I natanti non hanno freni; per
arrestare il moto si utilizza
l’inversione del moto dell’elica.
2.4.1 Galleggiabilità
163
In C viene applicata la forza di
spinta di Archimede (quindi
funzione del volume di natante
immerso) mentre in G la forza
peso del natante. La posizione di
G rimane dunque invariata (il peso
rimane costante) mentre quella di
C può variare.
In caso di sbandamento (e.g.
spinta laterale del vento0), il
volume immerso varia facendo di
conseguenza variare sia l’intensità
che la posizione del centro di
spinta che non risulterà più allineato con il baricentro.
La forma della nave varia al variare delle esigenze. Nelle navi per azioni belliche la coppia antagonista
dovrà risultare particolarmente efficace garantendo delle rotazioni rapide (e.g. cannone della nave
spara venerando una spinta laterale che fa rollare la nave). In una nave per trasporto passeggeri il
rollio dovrà essere limitato o quanto meno avvenire in tempi più lunghi (confort di viaggio).
164
2.4.2.1 Resistenza d’attrito
165
2. Introducendo il bulbo di Taylor, protuberanza posizionata a prua della nave
in grado di ridurre la formazione dei treni di onde.
Resistenza dei vortici o di scia dovuta ai vortici che si formano per depressione della zona di poppa.
Esempio: Nonostante la barca a vela non abbia il motore attivo, a poppa si nota la formazione di
vortici dovuti all’avanzamento dell’elica ferma. La barca si “trascina” dietro questi vortici che
inducono resistenze.
166
Motore → Albero primario →
Propulsore (elica).
L’espressione per la potenza
teorica richiesta, tenuto conto di
eventuali fenomeni dissipativi è la
seguente:
𝐷2 𝑣3
𝑁= ∗ ∗ 0,735
3 320
2.5.1 Portanza
Nel disegno è rappresentata la
sezione di un’ala, le frecce
(vettori) sono indicativi della
velocità del fluido. L’ala si muove
da destra verso sinistra e
corrispondentemente il fluido da
sinistra verso destra.
Per avere energia costante,
laddove ho un incremento di
pressione bisogna avere un
decremento di velocità.
Lo schema ricorda un tubo di
Venturi (Tubo = Rettangolo di
frecce). Esternamente il fluido è indisturbato. La presenza dell’ala induce un restringimento del tubo
(sopra l’ala) con aumento della velocità del fluido. L’aria fluisce lungo il dorso più velocemente che
lungo il ventre dell’ala ciò implica una depressione (freccia rossa) sul dorso ed una sovra pressione
sul ventre (freccia nera).
Nella zona di depressione l’ala viene trascinata verso l’alto (effetto di risucchio dovuto alla velocità
e alla forma dell’ala), mentre in quella di sovra pressione viene spinta verso l’alto. Ad ogni modo,
entrambe le forze agiscono nella stessa direzione e verso.
167
La sostentazione è assicurata sia
dal fenomeno della portanza che
dall’angolo di incidenza.
Angolo di incidenza: Angolo che
si forma tra la direzione del vento
relativo e la corda alare.
Richiamo elementi
caratteristici.
168
La densità assoluta dell’aria varia
con la quota. A regime un aereo
viaggia a circa 9km di quota; la
densità dell’aria risulta ben diversa
da quella a livello del mare.
La portanza che è una componente
della forza aerodinamica dipende,
fissata la densità e la velocità, dal
coefficiente di forma ovvero dalla
forma dell’ala e dall’angolo di
incidenza.
Nei corpi simmetrici non è presente
il fenomeno della portanza.
A: Zona di depressione
B: Zona di sovra pressione
Cp = Cq = Coefficiente di portanza
169
I coefficienti possono essere
modificati anche variando il
profilo e la geometria dell’ala ma
ipotizziamo che ciò non sia
possibile.
Facendo ruotare il profilo alare
all’interno della galleria del vento
posso valutare e quindi calcolare
le forze agenti su di essa
misurando quindi
sperimentalmente i valori di Q e R
o in generale la forza
aerodinamica.
In generale, in funzione della velocità dell’aria (velocità alle quali ruotano le pale del ventilatore)
modificando l’angolo di incidenza, è possibile misurare i due coefficienti di portanza e resistenza.
Per via sperimentale è dunque possibile ricostruire le relazioni che legano Cr e Cq con l’angolo di
incidenza, ovvero:
Superato l’angolo massimo di
incidenza cui si registra il massimo
valore del coefficiente di portanza
si ha il fenomeno dello stallo.
Ogni ala è caratterizzata da uno
specifico profilo e da propri valori
dell’angolo alfa zero e critico ma
l’ordine di grandezza rimane lo
stesso.
170
2.5.2.1 Resistenza d’attrito
Resistenza dovuta alla
penetrazione del corpo nell’aria
dovuta all’attrito degli stessi strati
d’aria.
Per ridurre questo tipo di problema si ricorre a delle “alette” posizionate nella parte terminale dell’ala.
Ovvero:
171
Diagramma che lega l’incidenza
con il coefficiente di resistenza
considerando entrambe le
resistenze di profilo ed indotta.
172
2.5.2.4 Diagramma polare dell’ala
Anche questo diagramma come
quelli dei coefficienti di portanza e
resistenza rappresenta una sorta di
carta d’identità dell’ala in quanto
173
2.5.4 Equazione generale della trazione
In fase di regime, la forza che deve
essere applicata all’aeromobile
attraverso il sistema moto
propulsore deve eguagliare le
resistenze secondo la relazione
qua a fianco.
Noto il rendimento è inoltre possibile stimare la potenza necessaria per garantire il moto del velivolo
in condizioni di moto a regime.
174
PARTE VI – DIAGRAMMI DEL MOTO
1. Introduzione
Ipotesi di veicolo isolato (non
interagisce con altri veicoli)
soggetto allo sforzo di trazione T e
alle resistenze R.
T > R corpo accelerato
T = R moto a regime
T < R moto di frenatura o
decelerazione
175
Per rendere il problema meno complesso posso utilizzare tecniche di “Integrazione per differenze
finite” o per via grafica.
Nell’immagine c’è un errore, i
grafici di T ed R sono invertiti.
176
Un atto di trasporto si divide in sosta e movimento. Quest’ultimo a sua volta si divide in moto
uniforme e moto vario.
177
Grafico a sinistra
Zona A: Fase di avvio.
Velocità e spazio nulli,
accelerazione istantanea non nulla.
Il veicolo inizia a spostarsi lungo
la traiettoria nera e, ad
accelerazione costante, si registra
C un incremento progressivo della
velocità fino al raggiungimento
della velocità a regime.
178
2.1 Diagramma rettangolare
Essendo il moto rettilineo uniforme
per tutto il tragitto, la funzione dello
spazio percorso è semplicemente
una retta.
179
Un esempio di tempo di sosta
possono essere le fermate ai
capilinea ovvero le “estremità”
della linea del servizio di trasporto
offerto.
Per utilizzare un diagramma di
questo tipo bisogna avere una
situazione reale in cui i tempi di
accelerazione e frenatura non sono
nulli ma comunque marginali
rispetto al tempo di “running” o
tempo di regime. Un esempio sono
i voli intercontinentali in cui le fasi
decollo ed atterraggio (tempo per raggiungere la quota di regime dei 9km e viceversa) sono marginali
rispetto al tempo totale di viaggio (linee rosse nel diagramma del moto rettangolare).
180
2.2 Diagramma trapezio
Grafico accelerazione
Zona A: Accelerazione costante e
positiva am
Zona B: Accelerazione nulla
Zona C: Accelerazione costante e
A B C negativa pari a a’m
A B C I valori di accelerazione possono
essere anche diversi.
Grafico velocità
Zona A: Velocità cresce linearmente fino ad un valore massimo o di regime.
Zona B: Velocità si mantiene costante per un tempo pari a tb - ta
Zona C: Velocità decresce linearmente fino ad un valore nullo cui corrisponde l’arresto del veicolo.
Essendo:
∆𝑣 (𝑣𝑓 − 𝑣𝑖 )𝑦
𝑎= = = 𝑡𝑔(𝛼 ) → 𝐴𝑐𝑐𝑒𝑙𝑒𝑟𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒 = 𝑐𝑜𝑒𝑓𝑓. 𝑎𝑛𝑔𝑜𝑙𝑎𝑟𝑒 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑎 𝑟𝑒𝑡𝑡𝑎
∆𝑡 (𝑡𝑓 − 𝑡𝑖 )
𝑥
Grafico spostamento
Zona A: Fase di avviamento non lineare
Zona B: Fase di regime lineare con il tempo (velocità costante)
Zona C: Fase di decelerazione non lineare
181
t0=0 significa iniziare ad osservare
il moto nel momento in cui ha
inizio.
Si ricava la velocità raggiungibile
nel rispetto dei limiti tecnologici in
quanto il valore di am è fornito dal
costruttore.
Tutto ciò descrive in maniera più dettagliata il moto di un veicolo come per esempio una
metropolitana, un autobus con le varie fermate o un veicolo ferroviario.
Per poter utilizzare questi diagrammi, al di là della forma semplificata, bisogna scegliere
opportunamente i valori dell’accelerazione e decelerazione in quanto dovranno risultare realistiche
con le caratteristiche del veicolo. Se un veicolo ha delle caratteristiche tali per cui l’accelerazione in
fase di avviamento non può superare un certo limite impiegherà più tempo per raggiungere la fase di
regime (linea rossa) facendo variare di conseguenza l’angolo alfa.
182
La scelta di alfa 1 e alfa 2 sono funzione
dell’accelerazione. Analogamente potrei coprire lo
spazio percorso utilizzando un altro tipo di funzione
(linea blu), caratterizzato da una minore
accelerazione inziale, da una fas a regime a velocità
minore ed infine da una certa decelerazione.
Tutto dipendente dalle caratteristiche del veicolo
(caratteristiche meccaniche di trazione e resistenze cui è soggetto) al variare delle quali si ottengono
parametri cinematici differenti e conseguentemente diagrammi del moto diversi pur mantenendo la
stessa forma trapezia.
Parametri ricavabili dai
diagrammi del moto.
I termini perditempo si ottengono
per differenza tra i tempi di
percorrenza in avviamento e
frenatura e quelli che sarebbero
stati necessari per percorrere a
velocità costante lo spazio di
avviamento e quello di frenatura.
Spiegazione: Se invece di
utilizzare un diagramma trapezio
ne avessimo utilizzato uno
rettangolare avremmo avuto un risparmio di tempo. Nel diagramma rettangolare, infatti, non ho
perditempo in avviamento e frenatura in quanto per ipotesi, abbiamo ammesso accelerazioni e
decelerazioni infinite (istantaneamente viene raggiunta la velocità di regime). In realtà, nella fase di
avviamento e frenatura, è necessario del tempo per raggiungere rispettivamente la velocità di regime
e quella nulla (accelerazione finita e costante). Il tempo in più è quindi rappresentato dalla somma
delle due componenti.
A parità di spazio percorso, aumenta il tempo necessario a percorrerlo.
183
Dal confronto tra il diagramma rettangolare e quello trapezio vengono fatti dei ragionamenti su tempi
e spazi guadagnati da un lato e persi dall’altro; i quali implicano considerazioni sulle prestazioni del
veicolo.
Il rapporto tra la velocità media e quella massima è pari all’unità nel caso di diagramma rettangolare
(le velocità coincidono o spazio perduto nullo) mentre risulterà inferiore per quello trapezio (velocità
media < velocità massima o spazio perduto diverso da zero → denominatore > numeratore).
Spoiler: Alla velocità commerciale viene assegnato anche un altro nome ovvero “velocità operativa”
che tiene conto, oltre ai tempi di sosta alle fermate, anche dei tempi tecnici di sosta ai capilinea.
Il tempo di sosta è funzione del tipo di domanda del servizio (numero di utenti).
La velocità commerciale di autobus urbano è di circa 15 km/h. Un veicolo del genere molto spesso
non ha una corsia dedicata quindi non è corretto parlare di veicolo isolato. Le sue prestazioni possono
essere influenzate da fattori esterni che non dipendono specificatamente dalle proprie caratteristiche
(trazione e resistenze varie). Si entra perciò nel campo dell’analisi del deflusso. Al contrario, la
velocità commerciale di un convoglio ferroviario non è influenzata dall’interazione con altri veicoli
in quanto, se presenti, le influenze esterne sono programmate o comunque di piccola entità.
Maggiore è il rapporto tra le
velocità e migliori saranno le
prestazioni del veicolo.
Per aumentare la velocità media
o commerciale, a parità di spazio
percorso, posso:
• Aumentare la velocità
massima mantenendo costante
l’accelerazione. Questo fatto è
deducibile dalla relazione qua a
fianco, infatti, vcm = vmax*k.
• Aumentare l’accelerazione e decelerazione mantenendo costante la velocità massima ovvero
aumentare l’angolo di inclinazione dei lati obliqui del trapezio (minor tempo per raggiungere
la velocità massima o di regime). Essendo infatti la velocità media data dal rapporto tra lo
spazio percorso e il tempo, un minor tempo impiegato implica una velocità maggiore.
Per la velocità commerciale le prestazioni aumentano anche nel caso in cui si riesca ad ottimizzare i
tempi di sosta alle fermate. Si potrebbe quindi organizzare il deflusso in corrispondenza delle salite e
discese, usando per esempio un numero di porte per l’accesso.
184
2.3 Diagramma triangolare
In parole povere è assente la fase
di regime.
Tutti i parametri cinematici e
prestazionali del veicolo visti in
precedenza risultano quindi
semplificati.
Sono presenti solo la fase di avvio
e quella di frenatura.
Lo spazio tra le fermate successive
è contenuto, in tal modo non si
raggiunge mai la fase di regime.
Con le caratteristiche tecniche possedute dal veicolo, non si riesce, nello spazio totale da percorrere,
a raggiungere la velocità di regime consentendo poi di frenare in tempo (considerando anche le
prestazioni dell’impianto frenante) per raggiungere la fermata successiva (non fa in tempo ad
accelerare che subito deve frenare per fermarsi alla fermata).
Il diagramma triangolare può essere isoscele oppure no.
Il diagramma triangolare potrebbe esser anche
tale da non permettere il raggiungimento della
velocità massima (spazio limitato e
caratteristiche veicolo non idonee)
185
2.4 Diagramma trapezoidale
Caso più realistico rispetto a tutti
gli altri.
Spiegazione grafica:
• Jerking: Diagramma che
descrive il contraccolpo ovvero la
variazione delle accelerazioni
rispetto al tempo. Non presente
nei casi precedenti.
• Accelerazione: Il primo e
l’ultimo “trapezio” rappresentano
la fase di avvio e di frenatura.
Quella nel mezzo è la fase di
regime ad accelerazione nulla
(velocità costante). Il trapezio risulta isoscele ma potrebbe anche non esserlo.
187
2.5 Altre considerazioni
Anche in una situazione articolata
come questa è sempre possibile
calcolare la velocità commerciale
come spazio totale percorso su
tempo complessivo comprese le
varie soste.
Come è possibile dunque determinare le prestazioni di un veicolo non isolato in ambito urbano?
Come è possibile determinare i vari tempi di percorrenza necessari per definire i relativi orari di
sosta alle fermate?
Dipende chiaramente dalle condizioni del traffico (deflusso) ma operativamente viene misurato
direttamente il tempo impiegato per raggiungere le varie fermate mediante dei sistemi AVM
(controllo delle flotte in tempo reale) montati su veicoli esterni. In caso di sistemi di trasporto avanzati
è anche possibile in tempo reale di fornire una stima sul tempo di arrivo del veicolo nonché anticipi
e ritardi, sulla base della posizione dello stesso lungo la linea mediante rilevamento GPS.
Nel caso di veicolo isolato (e.g. bus urbano su corsie riservate) posso invece costruirmi dei diagrammi
del moto notevolmente più regolari dati dalla successione di più diagrammi “tipo” che siano essi
trapezi, triangoli, rettangoli o un mix di essi.
188
Di seguito una schematizzazione.
189
PARTE VII – ECONOMIA DEI TRASPORTI
1. Introduzione
Negli anni ’60 venne introdotta in
Italia l’economia dei trasporti ad
opera di due professori di Roma e
di Padova.
L’economia dei trasporti tratta gli
aspetti economici dei sistemi di
trasporto ed in particolare i costi
caratteristici in relazione ai diversi
“attori” coinvolti (e.g. enti
territoriali, Regioni, Province, etc).
191
2.1 Costi di realizzazione e manutenzione dell’infrastruttura
• Identificazione degli
elementi ovvero di tutte le
componenti infrastrutturali e non
che hanno un costo ai fini della
realizzazione (e.g strada: tratti in
piano/salita/discesa, gallerie,
ponti, tombini, espropri, etc..).
• Attribuzione a ciascun elemento degli:
o Oneri per il rinnovo: Quote ammortamento si riferiscono a quanto bisogna mettere “da
parte” nel tempo per essere in grado, dopo tot anni di vita utile della struttura, di
rinnovarla.
o Oneri mantenimento: Manutenzione ordinaria. Pagati ogni anno (e.g. sale per il
ghiaccio in autostrada, taglio erba, segnaletica, pavimentazioni, etc..).
Come fa il proprietario a sostenere i costi di manutenzione e ammortamento? Facendosi pagare da
chi produce il servizio (e.g. società che gestisce aeroporto di Malpensa si fa pagare dalle compagnie
aeree un costo d’uso associato al servizio). Gli introiti che ne derivano servono per coprire anche i
tali costi. Indirettamente, coloro che gestiscono e producono il servizio, dovendo pagare per l’uso
dell’infrastruttura, dovranno a loro volta avere degli introiti derivanti dunque dagli utenti che pagano
per il servizio stesso.
192
di tali componenti; il costo totale di costruzione sarà dato da:
𝐶𝑇 = 10𝑘𝑚 ∗ 𝑋 + 10𝑘𝑚 ∗ 𝑌 + 80𝑘𝑚 ∗
Importante: Bisogna tener conto anche del costo non marginale degli espropri.
Costi di manutenzione: Dipendono dalle entità dei volumi di traffico (flussi) che interessano le
infrastrutture ed anche dalla composizione. La presenza, per esempio, di veicoli pesanti ha un effetto
rilevante sull’usura della pavimentazione e sulla sottostruttura. Anche questi costi vengono
solitamente stimati per analogia con medesimi costi sostenuti negli anni precedenti. Visto che tali
costi sono influenzati sia dalle condizioni climatiche che dalla tipologia del traffico, se opero per
analogia, bisognerà individuare quelle infrastrutture con caratteristiche analoghe a quelle da
analizzare.
Tabella non aggiornata ma
fornisce comunque un’idea sugli
ordini di grandezza e sui rapporti
dei costi tra le varie tipologie di
strade.
193
un maggior consumo di carburante quindi tasse maggiori da pagare). La seconda voce colpisce
solamente i fruitori del servizio.
• Pedaggio o pagamento diretto di un titolo di viaggio per l’uso diretta della specifica
infrastruttura. La società che ha in gestione l’opera riceve gli introiti dell’utente e li gira al
proprietario manutentore. Di fatto è l’utente che, pagando l’uso del servizio, attraverso il
produttore del servizio stesso, sostiene i costi di manutenzione e costruzione che sono in realtà
in carico al proprietario che si rifà sul gestore.
• Road pricing: Sistema utilizzato soprattutto nel Nord Europa ed in Inghilterra per la gestione
della mobilità. L’utente paga per usufruire della rete di trasporto con riferimento ai centri
urbani. L’obiettivo è quello di imporre un costo per l’accesso a determinate aree caratterizzate
da potenzialmente elevati livelli di congestione. Il fatto che un utente voglia raggiungere certe
zone del centro urbano può produrre delle esternalità o effetti negativi sul sistema che vengono
fatti pagare. Imponendo quindi una tariffa per l’uso della rete (commisurata agli effetti
negativi prodotti) vengono indotte delle scelte che potrebbero far cambiare i comportamenti
degli utenti. Gli utenti potrebbero infatti decidere di non raggiungere più il centro con il
proprio veicolo causa il costo troppo elevato. Il sistema funziona solo se vi sono delle
alternative valide ed efficienti come servizi di trasporto pubblico competitivi rispetto all’auto.
L’utente lascerà quindi la propria auto cui è associato un costo economico per prendere un
altro sistema di trasporto cui è associato un costo inferiore (almeno percepito). Tali sistemi
sono stati introdotti in ottica di sostenibilità sociale, economica e ambientale del sistema.
• Parcheggi a pagamento. Sarebbe però incoerente applicare un sistema come il precedente per
poi cpostruire dei parcheggi a pagamento in pieno centro urbano. Un parcheggio infatti attrae
mobilità privata. L’utente è quindi disposto a pagare per poter però lasciare la propria auto in
piano centro.
194
195
Pdf “Studio mobilità Negrar – Schede metro”. Non disponibile su Moodle.
Tram Besos di Barcellona:
La voce del costo al km è stata raccolta in questo
studio con lo scopo di operare in analogia tenendo
conto anche delle caratteristiche del tracciato e del
veicolo.
Tram di Bordeaux
Alimentazione aerea e in assenza di essa, da un
terzo binario.
E’ costato circa il doppio del tram di Barcellona.
Bisognerà poi entrare nei dettagli per capirne le
varie differenze.
Tram di Lione
Considerato all’epoca come possibile alternativa
all’attuale tram di Padova. Alimentazione aerea.
Come costo al km siamo nell’ordine di grandezza
di quella di Bordeaux.
196
Metroleggera automatica senza il conducente. Costo
notevolmente più alto rispetto alle precedenti causa
la tipologia dell’impianto stesso.
197
2.1.3 Trasporto marittimo/idroviario
Porto general cargo o container; a
seconda delle due situazioni
dovranno esser presenti delle
dotazioni di banchina differenti
che implicano costi diversi.
La manutenzione riguarda tutti
questi sistemi con in aggiunta le
varie opere civili (banchine,
frangiflutti, molo guardiano, etc.),
dragaggio del fondale per
consentire l’accesso al porto alla
nave progetto.
Le stazioni marittime sono quelle stazioni attraverso mle quali l’utente privato (passeggero in
generale) accede al servizio di trasporto.
Informazioni all’utenza: Spesso sorge il problema della gestione degli arrivi in porto dei mezzi che
trasportano la merce per via stradale. I sistemi più avanzati riescono ad informare l’utente sulla
finestra temporale a lui dedicata per l’ingresso al porto onde evitare il crearsi di inutili code d’attesa.
E’ un processo che deve essere studiato ed ottimizzato in relazione non solo alle modalità di arrivo
degli autotreni ma anche delle modalità di arrivo e partenza delle navi. Esempio: E’ inutile far arrivare
in porto un autotreno 10 ore prima dell’arrivo della nave.
Il proprietario dell’infrastruttura paga dei costi di costruzione e manutenzione. Come riesce a coprire
gli esborsi annuali (ammortamento e manutenzione) che deve sostenere? Attraverso introiti che riceve
dalle compagnie di navigazione o dalle singole navi che pagano per poter fruire dei vari servizi offerti.
Nel caso del trasporto idroviario, oltre ad aversi degli introiti in relazione all’uso dei porti, vi sono
anche dei costi associati all’utilizzo di infrastrutture specifiche (pedaggio per l’uso del canale oppure
pedaggio per il passaggio attraverso chiuse, istmi, etc..
198
2.2 Costi di produzione del servizio
Costi a carico del produttore del
servizio stesso ma che vengono
poi coperti dagli oneri monetari
per gli utenti (titoli di viaggio).
Con riferimento al servizio di
trasporto pubblico, il titolo di
viaggio pagato dall’utente non
copre assolutamente il costo del
servizio di trasporto, ma essendo
un servizio fondamentale che deve
essere garantito (minimo
essenziale), la parte rimanente
viene coperta dalla collettività
attraverso le sovvenzioni delle
Regioni (fondi Statali).
199
Con riferimento ad un servizio
offerto da un’azienda di trasporto
pubblico, della durata di un anno è
possibile ritenere fissi i costi
associati sia al personale che alla
flotta veicolare. In tale periodo,
infatti, non vi saranno variazioni
rilevanti.
I costi variabili sono associati alla
produzione in senso stretto ovvero
alle quantità prodotte (km prodotti) come, ad esempio, il carburante o alla manutenzione del veicolo
(olio, pneumatici…). I costi saranno proporzionali anche ai costi d’uso dell’infrastruttura, (e.g. se
faccio pochi km in autostrada avrò costi bassi dell’uso dell’infrastruttura).
Esempio: Azienda di trasporto extraurbana che viaggia su una rete autostradale avrà dei costi d’uso
associati all’utilizzo dell’infrastruttura che potranno essere rilevanti.
2.2.1 Trasporto stradale
200
2.2.1.2 Trasporto collettivo
A seconda delle aree geografiche
vi sono flotte con anzianità
diverse.
Manutenzione delle infrastrutture:
Non si riferisce alle strade ovvero
a quelle infrastrutture manutenute
dall’ente gestore della strada
(anche se la strada è
l’infrastruttura su cui opera il
servizio di trasporto). Si riferisce
invece alle infrastrutture di diretta pertinenza dell’azienda di trasporto ovvero fermate, autostazioni,
magazzini, officine, etc...
201
• Personale amministrativo (12,5%): 94 addetti
• Personale ausiliario: 25 addetti
Costo personale = 750*X+188*Y+94*Z+25*W con X,Y,Z,W retribuzioni medie
Veicoli di scorta: Veicoli a disposizione nel momento in cui un qualsiasi altro in attività per la giornata
tipo va in avaria.
Costo manutenzione:
Praticamente sono i tagliandi.
Quote ammortamento relative agli
investimenti intrapresi
dall’azienda per l’esercizio.
Spese generali derivano da dati
medi indicativi delle analisi di
bilancio.
202
La prima voce di costo passeggeri
trasportabili) si lega all’offerta del
servizio disponibile.
Le tipologie di costo fisse sono
legate all’offerta del servizio.
Le imposte, tasse e assicurazioni si
legano sia alla domanda
(passeggeri trasportati) che
all’offerta (percorrenza).
I pedaggi per l’uso
dell’infrastruttura sono voci che
vengono pagate al proprietario
dell’infrastruttura. Dipendono sia dai km prodotti (percorrenze) e dal peso lordo dei treni (soprattutto
se ci si riferisce al trasporto merci).
Risultano variabili, in prima approssimazione, tutte le voci di costo che dipendono dall’offerta del
servzio (capacità di trasporto).
dettaglio analitico delle diverse
voci di costo di esercizio.
P è il tasso di occupazione ovvero
quanto la domanda utilizza
l’offerta (posti occupati/posti
offerti).
C4: Costi per sostenere gli
stipendi dei conduttori, etc..
Nv: Restituisce un’idea del parco
rotabile
C7: Vivande, etc..
I costi da C1 a C7 sono
normalizzati e forniti dall’UIC stessa
E’ possibile adottare una strategia
alternativa alla precedente.
Nel metodo Direct Costing i costi
non sono separati nelle varie voci
ma raggruppati in tre componenti
non distinguendo più tra costi fissi
e variabili. I costi vengono
assegnati agli oggetti.
Anche in questo caso vi sono dei
costi unitari che verranno imputati
al convoglio, alla linea e al nodo
che permettono di procedere con l’assegnazione diretta al convoglio, linea o nodo dei costi totali di
esercizio.
203
2.2.3 Trasporto marittimo/idroviario
Equipaggio/fisso: Composto da
persone con mansioni diverse ma
sempre quello è. Funzione delle
tasse e degli onori cui sono
soggetti i salari.
Diritti portuali: Sono costi fissi
perché organizzati e sistematici
nel senso che i natanti ripetono
sempre le stesse rotte, usufruendo
dei medesimi servizi.
Le quote di assicurazione
cambiano a secondo del materiale
trasportato (più o meno pregiato).
Combustibili e lubrificanti variano
a secondo del diagramma del moto e quindi in relazione alla velocità di regime, accelerazioni,
decelerazioni, ….
2.2.4 Trasporto aereo
Costi funzione del sistema
organizzativo (Hub & Spoke o
Point to Point), della dimensione
della compagnia (piccola o
grande) o tipologia del servizio
(low cost o altro).
Indipendentemente dal tipo di trasporto risulta fondamentale eseguire bene i conti in modo tale che
ci sia poi una adeguata copertura con i vari introiti (bilancio in positivo) ottenibili dalla vendita dei
titoli di viaggio.
204
2.3 Costi d’uso del servizio
Importante distinzione tra il costo
generalizzato effettivo e quello
percepito.
Utilità = Disutilità
Perché le caratteristiche del
decisore hanno lo stesso peso delle
alternative considerate? Diversi
soggetti (decisori) possono
percepire in modo diverso i costi
associati all’uso di una certa
alternativa. Esempio: Un soggetto
può apprezzare il fatto di viaggiare
in autobus senza aria condizionata
d’estate mentre ad un altro può creare malessere che di fatto costituisce una disutilità.
Il costo del servizio non rappresenta l’unico vincolo ma entrano in gioco anche altri fattori
preponderati. Esempio: Disponibilità del soggetto di accedere ad un servizio pubblico a piedi, in bici
o auto. La disponibilità di attendere alle fermate, il rischio di rimanere in piedi sul mezzo oppure il
rischio di non riuscire a salire sull’autobus perché pieno, e così via.. Spesso, queste voci di costo
“alternativo” risultano anche più vincolanti del costo del servizio stesso.
Quando un’analista dei sistemi di trasporto valuta una certa alternativa deve considerare il fatto che
a quella particolare alternativa è associato un certo costo totale generalizzato la cui parte associata
alla produzione del servizio può risultare marginale. La scelta da parte del soggetto di una certa
alternativa non dipende spesso ed unicamente dal costo monetario, bensì anche da altri fattori che
devono essere in qualche modo valutati.
Andare in autobus pagando 1,50
euro ma entrando a contatto con
altre persone rischiando il
contagio o pagare di più ma
andare con la propria auto?
Punto 4: In piedi o a sedere, con o
senza aria condizionata,
conducente che guida male, etc..
205
Un analista valuta la fattibilità di
una certa alternativa sulla base del
costo effettivo di un servizio.
Il costo percepito invece viene
utilizzato all’interno dei modelli di
simulazione che permettono di
stimare la domanda.
Effettivo → Oggettivo→ Stima
offerta
Percepito → Soggettivo→ Stima
domanda
Nel momento in cui l’utente dovrà
scegliere un sistema di trasporto
collettivo o individuale, farà una
comparazione dei costi generalizzati percepiti scegliendo quello che restituisce la minor disutilità
(costo minore).
Nel costo associato all’alternativa
si prescinde da queste
componenti di costo (confort e
sicurezza) ma rientrano sotto altri
aspetti (e.g. vincoli imposti).
Esistono tecniche di indagine che
permettono di raccogliere
informazioni utili per stimare i
diversi pesi che gli utenti danno
alle varie voci di costo e
corrispondentemente anche il
peso associato alla componente confort e sicurezza.
206
2.3.2 Costo generalizzato percepito
TA/E: tempo necessario sia per
raggiungere i punti di accesso al
servizio sia la destinazione finale
all’uscita dal servizio stesso.
Il valore monetario del tempo di
attesa può risultare ben diverso da
quello di accesso/egresso come da
quello di tempo a bordo (tutto
molto soggettivo).
I coefficienti beta vengono stimati
mediante specifiche indagine e
tecniche statistiche.
2.3.3 Esternalità
La realizzazione di un sistema di
trasporto che produce delle
emissioni sonore dannose per la
collettività non si riflette in un
costo; il produttore infatti non farà
pagare un prezzo specifico che
permetterà poi di coprire tale
effetto dannoso.
Le esternalità non si riflettono nei
prezzi di mercato però qualcuno le
paga.
208
Nel momento in cui monetizzo
un’esternalità diventa un costo
esterno.
La congestione è un effetto
indesiderato del sistema di
trasporto stradale che produce dei
perditempo o comunque un moto
veicolare che induce un maggiore
consumo di carburante. E’
un’esternalità negativa che
colpisce l’utente/produttore del
servizio ovvero colui che viaggia.
Nella second tipologia di
esternalità vi sono due categorie:
1. Esternalità che colpiscono soggetti al di fuori del sistema di trasporto ma che possono essere
quantificate economicamente. Esempio: Nelle procedure di valutazione ambientale strategica
o valutazione impatto ambientale lavorano vari professionisti di più settori con il compito di
eseguire delle valutazioni multi criteriali. I trasportisti per esempio potrebbero, valutare la
variazione della domanda/offerta, il relativo impatto, identificazione delle sofferenze del
sistema per poi dare tutto in pasto ai “rumoristi” i quali saranno poi in grado di stimare, sulla
base delle caratteristiche del traffico, gli effetti in termini di rumore. Ogni Comune ha un
piano rumore con delle aree ben definite all’interno delle quali vi sono delle soglie massime
in termini di rumore emesso (dB). Laddove vengono superate tali soglie per effetto del rumore
prodotto per esempio dal traffico, bisogna operare degli interventi in modo tale da far rientrare
le emissioni rumorose all’interno dei limiti previsti. Per far ciò vengono impiegate della
barriere di varia natura tra cui alberi, vegetazione varia, o opere appositamente progettate.
La tecnica che si utilizza per quantificare queste esternalità negative si basa sul calcolo dei
costi che sarà necessario sostenere per compensare gli effetti negativi. Esempio: Sforare di
10dB rispetto al limite dei 60dB previsti in quell’area per effetto del traffico, rappresenta
un’esternalità negativa verso la collettività. Viene compensata con la costruzione di barriere
e quantificata economicamente in base alla stima dei costi associati alle barriere stesse.
Esempio2: Realizzazione di un
ponte su una certa area può determinare degli effetti indesiderati in termini di percezione del
209
paesaggio. L’aspetto paesaggistico (diverso da quello ambientale) va considerato ma risulta
comunque di difficile quantificazione.
Esempio3: Realizzazione di un ponte su una certa area può determinare degli effetti
indesiderati legati alla flora e fauna; scompare il cardellino.
Nel momento in cui vengono eseguite delle procedure di VIA o VAS bisogna tener conto
anche di tutti questi aspetti anche se non monetizzabili facilmente.
Per aggirare il problema si fa uso di metodi multi-criteriali in cui tali aspetti vengono
incorporati come valutazioni che non sono di natura prettamente economica (e.g. scale
ordinali4).
A volte si cerca di monetizzare e forzare la mano rendendo le esternalità negative di questo
tipo dei costi esterni commettendo però degli errori.
4
La scala a ranghi è quella che ordina gli elementi dal minore al maggiore assegnando i numeri d'ordine e trascurando le distanze tra gli
elementi ordinati. Questa misura ha un limite fondamentale. In una scala ordinale, non è possibile quantificare le differenze di intensità tra
le osservazioni.
210
Esempio: Quanto costa alla società (collettività) il decesso di una persona in un incidente
stradale? Si tratta di una monetizzazione di un’esternalità negativa come la morte di un utente.
In Italia siamo nell’ordine di 1,5 milioni di euro (in media). E un ferito? Circa 40 mila.
Nel momento in cui vengono valutate delle alternative di trasporto bisogna comunque
considerare anche questi aspetti anche se richiedono una quantificazione piuttosto complicata.
Vista la natura critica, le valutazioni potrebbero portare anche a conclusioni sbagliate.
Nota: esistono molte fonti in letteratura scientifica su questa tematica tra cui progetti che
potrebbero aiutare nella stima di questi costi esterni.
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