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1. Il territorio provinciale
87
2 Camera di commercio Industria e Agricoltura, Indici della vita economica della provincia
di Caserta. 1958-62, Arti grafiche Russo, Caserta 1963.
3 Ivi, p. 4.
4 Istituto Centrale di Statistica, Circoscrizione statistiche. Metodi e norme, Roma 1963.
i 100 metri per le zone pianeggianti, e i 1000 metri per il monte S. Croce.
I comuni presenti nell'intera area sono 49. La terza zona, la pianura,
è costituita dalla pianura del Volturno inferiore e dal piano campano
settentrionale. La superficie raggiunge il 35% della superficie totale del
territorio provinciale con i suoi 92.359 ettari di estensione (si vedano la
figura 1 e la tabella 2). Quest'ultima è la zona che ha subito le maggiori
trasformazioni territoriali.
Per quanto riguarda la natura del terreno dell'intera provincia, fatta
eccezione per la zona del vulcano spento di Roccamonfina (collina), tut
to l'agro riposa su un'ossatura di base costituita in gran parte da calcare
e rappresentata da formazioni montuose quali il massiccio del Mátese
(montagna), prevalentemente carsico, il gruppo di Monte Maggiore, il
Monte Massico a nord di Mondragone e i Monti Tifatini a nord di Ca
serta. Tra questi ultimi si distendono le terre coltivate che costituiscono
l'area della pianura del Volturno inferiore e dal piano campano setten
trionale (pianura). Quest'ultima si estende dai confini della provincia
di Napoli fino alle pendici del Massico presso Mondragone e Carinola.
Si tratta di terreni alluvionali formati da parti minute e minutissime di
sabbia, argilla e calcare depositatosi in seguito alle piene del Volturno e
dei corsi d'acqua minori. Notevoli le influenze vulcaniche esercitate dal
Vesuvio e dalle più antiche eruzioni della zona flegrea, che hanno contri
buito alla costituzione specie nella zona più a sud di un terreno ottimo
per tutte le colture. Man mano che ci si inoltra a nord diminuendo i de
triti vulcanici e prevalendo l'argilla, aumenta la compattezza del suolo e
ne scema di conseguenza la fertilità e l'intensità colturale. La pianura del
medio Volturno è anch'essa di origine alluvionale ed è costituita da sab
bie e argille frammiste a ciottoli; elementi vulcanici sono presenti nei ter
reni del corso del Garigliano nell'ultimo tratto che si allarga nella piana
di Sessa Aurunca. La pianura del Volturno e il piano campano costitui
scono una delle più importanti matrici dell'identità territoriale e storico
culturale della Campania e del Mezzogiorno d'Italia, con la presenza di
paesaggi rurali la cui valorizzazione agricola è bimillenaria: sono le aree
della Campania felix. I suoli sono caratterizzati da elevata fertilità e ca
pacità protettiva delle acque profonde, e in relazione alla loro complessa
stratigrafia, da rilevante interesse geoarcheologico, paleoambientale e
naturalistico5. Le due fasce appartengono al grande sistema della pianura
alluvionale dei Regi Lagni, del Garigliano e del Volturno e al grande
5 Cfr. Provincia di Caserta, Documento di indirizzi per il nuovo Ptc della Provincia di Ca
serta, Caserta 2007.
89
6 Per la carta dei sistemi di terre della Campania si veda A. Gennaro, F,P. Innamorato, La
grande trasformazione. Il territorio rurale della Campania 1960/2000, Clean, Napoli 2005, pp.
16-60.
90
della zona del lago Mátese ove si annoverano delle magnifiche grandi
aziende a indirizzo prevalentemente zootecnico. La collina, in particola
re nella regione agraria delle colline di Monte Maggiore, è caratterizzata
da una grande estensione delle colture legnose (agrumi, alberi da frutta,
olivo), da modeste colture cerealicole e dal piccolo allevamento. La vasta
e fertile pianura della provincia di Caserta, si è detto, si divide in pianu
ra del Volturno inferiore e piano campano settentrionale. Nella pianura
del Volturno sono presenti terre a seminativo asciutto o irriguo e a pa
scolo. Prevale l'allevamento bufalino. Il piano campano settentrionale
e la pianura del Volturno, nella suddivisione territoriale prima esposta,
comprendono la zona della pianura della provincia (si veda la tabella
1), cioè coprono il 35% dell'intero territorio, confinante con la parte
settentrionale della provincia di Napoli. Tale zona rappresenta la parte
più rigogliosa e altamente produttiva. In essa sono presenti terre a semi
nativo arborato e terre a colture legnose (agrumi, alberi da frutta, olivo).
Si coltivano per lo più canapa, legumi, cereali, pomodori7. Importante
sottolineare come la superficie agricola destinata alla canapa, pur avendo
subito una notevole riduzione, agli inizi del 1950 riesca ancora a coprire
16.000 ettari del territorio provinciale.
La Camera di commercio di Caserta in quegli anni si è interessata
a tale coltivazione giacché da più di un secolo essa ha rappresentato il
prodotto tipico casertano. Difatti - scrive Pietro Tino - la coltura della
canapa «praticata da antica data, già agli inizi dell'Ottocento rappresenta
una componente di primo piano dell'attività agricola della vasta area di
pianura attraversata dal corso superiore dei Regi Lagni»8. La fine della
prima guerra mondiale rappresenta il periodo di maggiore espansione e
remuneratività; dopo una breve crisi nei primi anni, la coltivazione di ca
napa ritorna a estendersi nuovamente e rapidamente nella seconda metà
degli anni trenta «fino a quasi ripetere, sostenuta dalla politica autarchica
del fascismo, gli alti livelli produttivi della precedente fase di crescita»9.
Il tentativo della Camera di commercio di mantenere ancora viva la sua
coltivazione sarà reso del tutto vano in seguito all'introduzione della
Cassa del Mezzogiorno, giacché dopo solo un decennio la coltivazione
sarà dimezzata per poi azzerarsi del tutto negli anni a seguire.
91
92
13 È detta integrale la bonifica quando, oltre al prosciugamento delle acque ed alla prepara
zione delle terre, si realizzano anche infrastrutture viarie ed abitative. Dal punto di vista pratico
ed normativo il concetto di bonifica integrale è stato accolto in varie leggi degli anni venti e
portato a una completa formulazione giuridica con il Testo Unico del 1933. Si veda A.M. Banti,
Glossario, in P. Bevilacqua, Breve storia dell'Italia meridionale, IIo edizione, Donzelli, Roma
2005, p. 216.
93
a sud dal Mar Tirreno per un'estensione di 11.000 ettari con la funzione di
bonificare l'area di pantano di Sessa Aurunca.
Con regio decreto del 1927 sul territorio del medio bacino del Volturno
tra i monti Tifatini e Presenzano fu costituito il Consorzio di bonifica del
Sannio Alifano con un'estensione di 13.659 ettari. Quello stesso anno fu co
stituito il Consorzio generale di bonifica del bacino inferiore del Volturno.
Il decennio successivo all'inizio delle grandi opere di bonifica integrale
segnò profonde trasformazioni nel paesaggio geografico e nelle strutture
agrarie delle pianure di Terra di Lavoro, così come in tutta la regione, dove
si procedette all'appoderamento, alla costruzione della rete delle strade e dei
canali e di numerose case rurali e alla diffusione delle colture (frumento, or
taggi, alberi da frutta) che la politica del regime consigliava maggiormente.
La guerra interruppe le opere avviate, ma la malaria poteva dirsi debellata.
Negli anni cinquanta in cui con la Cassa del Mezzogiorno si ripren
dono i lavori nei tre consorzi costituiti nel Novecento (il Consorzio ge
nerale per la bonifica del bacino inferiore del Volturno, il Consorzio
aurunco e quello del Sannio Alifano), con lo scopo di risanare le terre
paludose, di ricostruire le opere danneggiate, di porre rimedio alle insuf
ficienze, di migliorare la rete delle strade e i servizi delle abitazioni, di
intensificare gli interventi nelle zone rimboschite e di diffondere l'irriga
zione14. In particolare nel consorzio del Volturno riprendono i lavori di
canalizzazione idraulica di bonifica per 1977 km, di canalizzazione irri
gua di 1237 km, e si costruiscono 60 km di strade di servizio. Nel Con
sorzio aurunco di bonifica, dal 1954 al 1962 viene realizzata l'irrigazione
di circa 7.000 ettari di terra, inoltre si realizzano 100 km di strade inter
ne, per la maggior parte provinciali. Il consorzio di Bonifica del Sannio
Alifano, infine, amplia il parametro consorziato da 13.659 ettari (1947) a
26.807 ettari, con decreto presidenziale del novembre del 1956. Nel con
sorzio vengono realizzati opere di difesa idraulica, fluviale e torrentizia,
per giungere quindi ad opere di trasformazione fondiaria, realizzando
180 km di strade 463 km di elettrodotti, e regolando corsi d'acqua su
circa 70 km di canali. E resa irrigua una superficie di circa 10.000 ettari,
14 Sulle opere di bonifica e sulla costituzione dei consorzi agrari si vedano: M.L. Stor
chi, Fonti documentarie per la storia delle bonifiche nel Mezzogiorno dal 1806 al I860, in A.
Massafra, Il Mezzogiorno preunitario. Economia, società e istituzioni, Dedalo, Bari 1988; P.
Bevilacqua, Acque e bonifiche nella prima metà dell'Ottocento, in Massafra, Il Mezzogiorno
preunitario cit.; P. Bevilacqua, M. Rossi-Doria, Le bonifiche in Italia dal Settecento a oggi, La
terza, Bari 1984; D. D. Ruocco, Memoria illustrativa della Carta della utilizzazione del suolo
della Campania, La Buona Stampa, Roma 1970; R. Ciasca, Storia delle bonifiche del Regno di
Napoli, Laterza, Bari 1928.
94
95
torio meridionale grossi impianti industriali, destinati a diventare, col tempo, i poli
«motori» di uno sviluppo autonomo delle regioni circostanti16.
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97
99
100
101
33 M. Pignataro, Una provincia che vuole risorgere. L'economia casertana dal 1986 al 1992
vista da vicino, Collegio Tipografia Grafica Stile, Casoria 1993, p. 104.
34 Ivi, p. 124.
35 Ivi, p. 106
102
103
mentre quello della regione era pari 1,90, e quello della nazione pari a 1,69
(si veda la tabella 15).
Nel 1980 con il terremoto, che colpisce vaste zone della Campania e
si è dovuto provvedere al trasferimento della popolazione verso Aversa,
Caserta e sulla Domitiana. Tale situazione ha ulteriormente aggravato i
problemi di congestione urbana nell'area Asi, corrispondente alle zone
del litorale domitio, l'area aversana e l'area casertana della provincia di
Caserta {Campania felix).
La Giunta regionale alla fine degli anni ottanta approva il piano di
assetto territoriale. Il piano ha come obiettivo centrale generale il «ri
equilibrio economico e territoriale della Campania, nei termini di de
congestionamento e razionalizzazione dell'area costiera, lo sviluppo più
intenso delle zone interne, il generale sviluppo economico ed il migliora
mento della qualità dell'ambiente». Per quanto riguarda la parte territo
riale della provincia di Caserta ipotizza una struttura urbanistica di tipo
lineare la quale, propagandosi dall'Aversano e dal Casertano, si sarebbe
snodata con grandi possibilità verso nordest, tangenzialmente alle grandi
infrastrutture (autostrada, linea ferroviaria, via Appia), e ai centri abitati
in posizione pedemontana. Tale struttura era stata congegnata in modo
tale da favorire, nel tempo, eventuali redistribuzioni o immigrazioni del
la popolazione a nord della provincia. L'intento era quello di ottenere
un sistema di decompressione dell'allora già affollata zona industriale di
Caserta, nonché un sistema di arginatura e slittamento della popolazione
dalle zone del litorale domitiano della provincia verso quelle interne.
Lo sviluppo delle costruzioni non essendo stato accompagnato dalla
corretta applicazione della pianificazione urbanistica, ha fatto si che nel
complesso, nell'intero territorio della provincia, nel 1991 le stanze fos
sero 902.391, e che nella sola zona dell'area Asi (litorale domitiano, agro
aversano, agro casertano), zona che secondo le finalità del piano urbani
stico, doveva essere di decongestione, venissero costruite 652.466 stan
ze (il numero delle stanze subiva in quell'area un incremento in valore
percentuale del 110, 3% rispetto al 1971 essendo il numero delle stanze
di quell'anno pari a 310.243). In quella vasta area della Campania felix
destinata allo sviluppo industriale ormai in crisi si concentra in quegli
anni, dunque, il 72, 3%38 delle stanze dell'intera provincia di Caserta.
38 Istituto Nazionale di Statistica (Istat), Popola, residente dei comuni. Circoscrizioni territo
riali. Dati Comunali- Provincia di Caserta, vol II, Tomo 1, Roma, pp. 76-9.
104
È proprio nel settore delle costruzioni che il clan dei casalesi, negli anni
ottanta consolidava il suo potere. L'associazione camorristica dei casale
si è una consorteria criminosa che opera nel territorio della provincia di
Caserta, con ramificazioni nel napoletano e altrove. Il carattere di asso
ciazione di stampo mafioso viene attribuito all'organizzazione criminale
casertana da più sentenze emesse nei tre gradi di giudizio39. La produzione
di calcestruzzo, nel decennio delle grandi opere pubbliche, era tra le im
prese più redditizie, su cui si concentrava, perciò, l'interesse della camor
ra. La consorteria criminale casalese si è radicata nel territorio casertano
sin dall'inizio degli anni ottanta, sotto il dominio di Antonio Bardellino
prima e, successivamente, di Francesco Schiavone, detto Sandokan, Vin
cenzo De Falco e Francesco Bidognetti, detto Cicciotto a mezzanotte.
Risale proprio a quel periodo, tra la fine anni settanta e la prima metà
anni ottanta, il cruento scontro tra il cartello denominato dalla Nuova
famiglia o Nuova fratellanza (Nf), cui aderivano il gruppo Bardellino, il
gruppo Nuvoletta, il gruppo Alfieri, il gruppo Giuliano e altri, e la Nuo
va camorra organizzata (Nco) di Raffaele Cutolo40. A partire dal 1983, il
potere della Nuova famiglia di Bardellino si radicava nel casertano. In tale
gruppo, già nella prima metà degli anni ottanta, emergevano con chiarezza
le personalità e le capacità sia organizzative che criminali di altri soggetti,
tutte future figure centrali del clan dei casalesi, tra cui Mario Iovine, Pari
de Salzillo (nipote di Antonio Bardellino), Carmine Schiavone, Francesco
Schiavone, Francesco Bidognetti, e Vincenzo Zagaria41. Con Antonio Bar
dellino al potere la camorra casertana, nata come mafia agricola, predomi
nante sul caporalato e sul mercato ortofrutticolo, si trasformava, rapida
mente, in camorra imprenditrice gestendo in proprio consistenti fette del
mercato, soprattutto nel settore degli appalti pubblici e delle costruzioni
edili, ovviamente senza rinunciare mai alle tradizionali e già sperimentate
39 Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, 29-4-1986; Corte d'Appello di Napoli, 9-5-1987;
Corte di Cassazione, 4-2-1988; Corte di Cassazione - V sezione penale, 25-11-1991; Corte di
Cassazione -1 sezione, 15-9-2005; e l'ultima sentenza, recentissima, della Corte di Cassazione -1
sezione penale, 15-1-2010.
40 Sull'argomento cfr. I. Sales., La Camorra le camorre, Editori Riuniti, Roma 1994; F. Barba
gallo, Il potere della camorra (1973-1998), Einaudi, Torino 1999; G. Di Fiore, La camorra e le sue
storie. La criminalità organizzata a Napoli dalle origini alle ultime «guerre», Utet, Torino 2005; I.
Sales, M. Ravveduto, Le strade della violenza. Malviventi e bande di camorra a Napoli, L'Ancora,
Napoli 2006; M. Anselmo, M. Braucci, Questa corte condanna. Spartacus, il processo al clan del
casalesi, L'Ancora, Napoli-Roma 2008.
41 A tutti questi personaggi è stata confermata in via definitiva la condanna all'ergastolo dalla
sentenza emessa dai giudici della I sezione penale della Corte di Cassazione del 16 -01-2010.
105
fonti di ricchezza illegali42. Il salto di qualità era stato operato negli anni
ottanta con l'invenzione del meccanismo consortile
106
Alla fine del 1988, in seguito alla morte di Antonio Bardellino, avve
nuta quello stesso anno, si riuniva il nuovo direttivo dei clan dei casalesi,
guidato da Iovine, Schiavone, De Falco, Bidognetti e Zagaria. Veniva ride
finita l'assegnazione delle zone ai capi-regime:
Le zone di Teverola, Casaluce e Santa Maria La Fossa venivano assegnate a
Francesco Schiavone; Castelvolturno e il litorale Domitio a Walter Schiavone, Ma
rio Iovine e il nipote Stefano Reccia avevano il controllo di Aversa; Enzo de Falco
controllava la zona di San Tammaro e l'alto Mátese; Francesco Bidognetti control
lava Cancello Arnone e il Villaggio Coppola48.
L'intera area controllata dal clan dei casalesi corrisponde alla zona della
Campania felix (area aversana, casertana e litorale domitio). La fine degli
anni ottanta corrisponde alla fase di crisi del processo d'industrializza
zione che ha comportato l'abbandono, in quelle zone, dei grandi distretti
industriali, e, al contempo, allo sviluppo selvaggio dell'urbanizzazione. E
in quella vastità di territorio la camorra casalese trovava un importante al
leato (che viene monitorato e sfruttato per ogni sua potenzialità economi
ca: dall'interramento di rifiuti urbani e pericolosi alla monopolizzazione
del mercato del calcestruzzo e degli inerti al controllo della distribuzione
di alcuni prodotti essenziali).
Era con questo nuovo direttivo che il clan dei casalesi oltre a continua
re a mantenere il monopolio nel settore calcestruzzi iniziava a gestire il
lucrosissimo settore del traffico illecito dei rifiuti speciali, tossici e nocivi
e del settore della nettezza urbana.
In quegli anni Carmine Schiavone per coordinare il Cedic, convocava
diverse riunioni, nelle quali imponeva ai consorziati la suddivisione delle
percentuali da lui indicata.
Il consorzio non si limitava ad avere il monopolio nel settore dell'edilizia
privata ma anche in quello dell'edilizia pubblica. Di fatti alla fine degli anni
ottanta si assisteva all'inizio di una stagione di grandi affari gestiti con note
vole capacità dall'organizzazione che riusciva a influenzare l'assegnazione
dei lavori grazie all'ingresso diretto nelle amministrazioni locali49. La camor
ra in questi anni infiltrava i suoi uomini negli enti locali, «trasformatisi da
amministratori di servizi in erogatori di spese e assegnatari di appalti»50. Se
condo le dichiarazioni di Schiavone in gran parte dei comuni del casertano
107
veniva imposta la regola fondamentale secondo la quale gli appalti e i lavori infe
riori ai cento milioni potevano essere assegnati autonomamente dai Comuni, senza
sottostare nemmeno a tangenti. Gli appalti superiori ai cento milioni dovevano
invece essere attribuiti indefettibilmente ad imprese che, solo formalmente, risul
tavano assegnatane dei lavori e che provvedevano successivamente a sub-appaltare
i lavori ad imprese dei Casalesi51.
51 Ivi, p. 114.
52 Corte di Cassazione, II sezione, sentenza del 15-06-2006, p. 507.
53 Rapporto sulla camorra 1991, a cura di I. Sales, Comitato regionale Pds Campania, Gruppo
Pds, Regione Campania. Si veda anche Barbagallo, Il potere della camorra cit., p. 99.
54 Ibid.
108
55 Con il decreto legislativo n. 22 del 1997 è entrato in vigore il Piano regionale d'emergenza,
Il Piano prevede la creazione degli ambiti territoriali ottimali di smaltimento (ATOS); ATOS
1-2-3 coincidono con i 4 consorzi compresi nell'area napoletana; ATOS 4 coincide con i bacini
dei consorzi CE1-CE2-CE3-CE4.
56 Si veda sulla vicenda, «Il Mattino», 2 giugno 2008, pp. 2-3; «Corriere della Mezzogiorno»,
5 febbraio 2009, p. 3; «Corriere della Mezzogiorno», 11 novembre 2009, p. 4.
109
110
58 Si veda sull'argomento I. Alessandro, Le vie infinite dei rifiuti. Il sistema campano, Rina
scita edizioni, Roma 2008.
Ill
59 Sull'operazione Cassiopea si veda Traffico illecito di rifiuti tossici: un caso solo campano?
Intervista a Donato Ceglie, a cura di M. Andretta, in «I frutti di Demetra. Bollettino di storia e
ambiente», 16, 2008, pp. 49-59.
112
redatta dalla commissione parlamentare d'inchiesta sul ciclo dei rifiuti, del
2006 così si esprime sullo stato di questo territorio
Questo è il quadro, ad un tempo desolante e preoccupante, in cui si collocano
le indagini svolte dalle forze dell'ordine nel recente passato, dalle quale è emerso
un territorio martoriato per alcune significative porzioni, e visibilmente oltrag
giato da lunghe e numerose colonne di fumo, sprigionate dai frequenti incendi
di rifiuti, fonti incontrollate di inquinamento da diossina e, quindi, di pericolose
alterazioni dell'intera catena alimentare60.
60 Commissione parlamentare d'inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite ad esso
connesse istituita con la legge n. del 20 ottobre 2001, XIV legislatura, Relazione territoriale sulla
Campania del gennaio 2006 e Relazione finale del febbraio 2006, p. 53.
61 Sui dati APAT 2007 si veda www.eddyburg.it.
113
114
Litorale Domitio
Flegreo ed Agro
22.505 141.382 163.887
Aversano
(Caserta -Napoli)
115
fagiolo 18.618
patata 6.004
pomodoro 1.857
tabacco
canapa 16.100
- legnose specializzate
18.930
vite
olivo 13.565
- foraggere permane
1.861
prati asciutti e irrigu
prati irrigui
prati-pascoli 5.639
13.454
pascoli
Popolazione 601.372
residente
Fonte: Camera di commercio Industria Artigianato e Agricoltura, Lineamenti economia della provincia
di Caserta, 1951-61, Caserta 1964.
116
tabacco —
2.261
fava 5.448
—
Fonte: elaborazione dell'autore dai dati dell'Istituto Centrale di Statistica, Annuario di Statistica Agra
riay Roma 1953-90.
Variazione in per
1961 1971 1981 centuale
1961-91
Addetti
all'industria 21.902 32.804 51.155 + 133%
Agricoltura 42,3 15
Industria 16 28
Fonte: M. Pignataro, A cinquantanni dalla ricostituzione della provincia di Caserta in AaVv, Economia
e sviluppo in una provincia che cambia, Guida, Napoli 1990.
117
Reddito 96.764
315.800 966.940 5.621.600
pro capite (lire)
Percentuale del
reddito rispetto 53% 59% 68,1% 72,5%
alla media nazionale
Popolaz.
residente 601.372 649.327 677.959 755.628 815.815 + 35,65%
Abitazioni
prov. di Caserta 139.072 164.560 186.038 252.454 313.825
Abitazioni
area Asi 60.872 85.874 102.186 129.682 161.713
Incidenza
abitazioni in area Asi 43,77% 52,18% 54,92% 51,36% 51,52%
118
Intero
territorio 234.167 154.995 137.194 126.967 - 45,77%
Pianura 79.999 64.197 57.093 48.586 - 39,26%
Superficie in ettari
1953 1991
tabacco —
10.468
canapa 16.100
prati irrigui
13.454 12.310
pascoli
119
Addetti all'indu
stria 51.155 35.987 -15.168 -29,65%
Unità locali 5.105 3.977 -1.128 -22,10%
Regione Campania
stanze 2.348.382 3.211.353 4.453.191 1,90
Italia
120