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Da "Campania felix" a discarica.

Le trasformazioni in Terra di Lavoro dal dopoguerra ad


oggi
Author(s): Marzia Andretta
Source: Meridiana , 2009, No. 64, NAPOLI EMERGENZA RIFIUTI (2009), pp. 87-120
Published by: Viella SRL

Stable URL: https://www.jstor.org/stable/23204238

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NAPOLI EMERGENZA RIFIUTI

Da Campania felix a discarica.


Le trasformazioni in Terra di Lavoro dal dopoguerra
di Marzia Andretta

Terra di Lavoro, nel corso degli anni ha subito delle trasform


ritoriali significative; da secoli indicata come il luogo di grand
naturali {Campania felix), si è trasformata dal secondo dopoguerr
un'area interessata da uno sviluppo industriale che, pur essend
zato da una notevole crescita economica, si è rivelato altamente
e dissipativo nei confronti del paesaggio e dell'ambiente, fino
una zona di sversamento indiscriminato illegale di rifiuti specia
che modo questa terra, decantata per la sua elevata fertilità dai
stranieri sin dal Settecento e, con altrettanta intensità, segnalata
di grandi ricchezze naturali e colturali nelle pagine del Touring
del 19631, è nota oggi al tutto il mondo come grande discarica di
Terra di Lavoro e Campania felix vengono erroneamente utili
due sinonimi. In realtà per Campania felix s'intende quella par
ritorio di Terra di Lavoro attraversata dal fiume Volturno che c
l'agro aversano, l'agro casertano, il litorale domitio (zone inser
che comprende la pianura del Volturno e il piano campano della p
Terra di Lavoro) e alcuni comuni della periferia nord di Napoli.
parte interessata dalle trasformazioni ora accennate e di cui darem
questo contributo. Ai sensi dell'articolo del decreto legislativo n.
e del decreto ministeriale Ambiente n. 471 del 1999 la stessa area è s
nosciuta come sito contaminato d'interesse nazionale (si veda la t

1. Il territorio provinciale

Terra di Lavoro attualmente corrisponde alla provincia d


quale è venuta a configurarsi dopo la seconda guerra mondi

1 Si veda A. di Gennaro, Crisi dei rifiuti e governo del territorio in Campania, i

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tuita in provincia nel 1807, comprendeva 191 comuni e la sua estensione


era alquanto maggiore di quella attuale. Il capoluogo era Capua. Nel
quadro storico del regno di Napoli rappresentava la provincia più estesa
con i suoi 5.278 kmq. Soppressa nel 1927 per volontà del regime fascista,
venne ricostituita per effetto del decreto luogotenenziale dell'I 1 giugno
del 1945 con un'estensione, pressoché dimezzata, di 2.639 km2. Il suo
capoluogo è Caserta e comprende 104 comuni. La provincia di Caserta
(d'ora in poi i termini Terra di Lavoro e provincia di Caserta si utiliz
zeranno indistintamente) confina a nord con il territorio della provincia
di Latina (fiume Garigliano); con la provincia di Frosinone (vallata del
Volturno); con la provincia di Isernia e con la provincia di Campobasso
(massiccio del Mátese); a sud con la provincia di Napoli (piana della
Terra di Lavoro); a ovest con il Mar Tirreno (dal Garigliano fino al lago
Patria); a est con le province di Campobasso e di Benevento3.
L'Istituto centrale di statistica ha suddiviso la provincia in tre zone
altimetriche (montagna, collina, pianura)4 che vorrebbero indicare aree
caratterizzate da una certa omogeneità nelle condizioni fisiche e agra
rie; tuttavia alcune di esse sono troppo grandi o troppo eterogenee per
costituire delle organiche unità economico-produttive, poiché compren
dono lembi di pianura, zone collinari e alte montagne. È il caso della
regione agraria denominata collina, che ha un'estensione molto gran
de e comprende piccole parti sia di pianura che di montagna, anche se
di limitata altitudine. Molto più omogenee risultano invece le altre due
regioni agrarie (montagna e pianura). Detto ciò il quadro statistico per
zone altimetriche, sia delle utilizzazioni del suolo, sia delle colture più
diffuse, costituisce senza dubbio una buona base di studio sul territo
rio, per cui è a esso che si farà riferimento. La prima zona, quella della
montagna, comprende il gruppo dei monti del Mátese sudoccidentale
della provincia di Caserta. Essa comprende sette comuni dei centoquat
tro complessivi. Si estende su una superficie totale di 22.907 ettari, pari
al'8,7% del territorio provinciale. Le altitudini per questa zona variano
da un minimo di 500 a punte massime di 2000 m.s.l.m. (monte Mileto).
La seconda zona (collina) comprende la collina di Roccamonfina, le col
line di Monte Maggiore, la piana del medio Volturno, la collina di Caser
ta, le colline litoranee di Sessa Aurunca, per un'estensione complessiva
di 148.672, pari al 56,3% dell'intera provincia, con altitudini varianti tra

2 Camera di commercio Industria e Agricoltura, Indici della vita economica della provincia
di Caserta. 1958-62, Arti grafiche Russo, Caserta 1963.
3 Ivi, p. 4.
4 Istituto Centrale di Statistica, Circoscrizione statistiche. Metodi e norme, Roma 1963.

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i 100 metri per le zone pianeggianti, e i 1000 metri per il monte S. Croce.
I comuni presenti nell'intera area sono 49. La terza zona, la pianura,
è costituita dalla pianura del Volturno inferiore e dal piano campano
settentrionale. La superficie raggiunge il 35% della superficie totale del
territorio provinciale con i suoi 92.359 ettari di estensione (si vedano la
figura 1 e la tabella 2). Quest'ultima è la zona che ha subito le maggiori
trasformazioni territoriali.
Per quanto riguarda la natura del terreno dell'intera provincia, fatta
eccezione per la zona del vulcano spento di Roccamonfina (collina), tut
to l'agro riposa su un'ossatura di base costituita in gran parte da calcare
e rappresentata da formazioni montuose quali il massiccio del Mátese
(montagna), prevalentemente carsico, il gruppo di Monte Maggiore, il
Monte Massico a nord di Mondragone e i Monti Tifatini a nord di Ca
serta. Tra questi ultimi si distendono le terre coltivate che costituiscono
l'area della pianura del Volturno inferiore e dal piano campano setten
trionale (pianura). Quest'ultima si estende dai confini della provincia
di Napoli fino alle pendici del Massico presso Mondragone e Carinola.
Si tratta di terreni alluvionali formati da parti minute e minutissime di
sabbia, argilla e calcare depositatosi in seguito alle piene del Volturno e
dei corsi d'acqua minori. Notevoli le influenze vulcaniche esercitate dal
Vesuvio e dalle più antiche eruzioni della zona flegrea, che hanno contri
buito alla costituzione specie nella zona più a sud di un terreno ottimo
per tutte le colture. Man mano che ci si inoltra a nord diminuendo i de
triti vulcanici e prevalendo l'argilla, aumenta la compattezza del suolo e
ne scema di conseguenza la fertilità e l'intensità colturale. La pianura del
medio Volturno è anch'essa di origine alluvionale ed è costituita da sab
bie e argille frammiste a ciottoli; elementi vulcanici sono presenti nei ter
reni del corso del Garigliano nell'ultimo tratto che si allarga nella piana
di Sessa Aurunca. La pianura del Volturno e il piano campano costitui
scono una delle più importanti matrici dell'identità territoriale e storico
culturale della Campania e del Mezzogiorno d'Italia, con la presenza di
paesaggi rurali la cui valorizzazione agricola è bimillenaria: sono le aree
della Campania felix. I suoli sono caratterizzati da elevata fertilità e ca
pacità protettiva delle acque profonde, e in relazione alla loro complessa
stratigrafia, da rilevante interesse geoarcheologico, paleoambientale e
naturalistico5. Le due fasce appartengono al grande sistema della pianura
alluvionale dei Regi Lagni, del Garigliano e del Volturno e al grande

5 Cfr. Provincia di Caserta, Documento di indirizzi per il nuovo Ptc della Provincia di Ca
serta, Caserta 2007.

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sistema della pianura costiera6. Le terre collinari a nord di Caserta da


Caiazzo fino ai limiti della provincia di Benevento sono composte in
gran parte da argille azzurre e grigie, di solito poco fertili: nei rilievi più
accentuati, facenti capo al massiccio del Monte Santa Croce, vi sono ter
reni di origine squisitamente vulcanica ricchi di leuciti e di trachiti.
Ancora alle colline va ascritta la fascia pedemontana del Mátese, che
da Gioia Sannitica corre fino a Capriati al Volturno e che è costituita in
prevalenza da terreni sabbiosi e poveri di humus.

2. L'utilizzazione del suolo e le principali coltivazioni


negli anni cinquanta

Per lo studio dell'utilizzazione del suolo e delle principali coltivazio


ni della provincia sono stati consultati sia l'Annuario statistico di agra
ria, sia il Censimento Generale dell'agricoltura. La superficie agraria e
forestale, nel 1953, su un'area totale di 263.938 ettari, è di 252.077 ettari;
dunque essa rappresenta il 95, 50% circa del totale della superficie ter
ritoriale. Di essa il 61% circa è utilizzata per coltivazioni erbacee avvi
cendate (seminativi), l'I 1 % per coltivazioni legnose agrarie, e l'8% per
coltivazioni a prati permanenti e pascoli (si veda la tabella 3).
All'inizio degli anni cinquanta, dunque, ben oltre la metà della su
perficie agraria e forestale della provincia di Caserta è destinata alle col
tivazioni avvicendate (61%). Fra i seminativi, le coltivazioni più diffuse
sono i cereali che corrispondono al 52% circa dei seminativi, e al 33%
circa dell'intera superficie agricola, seguite dalle coltivazioni industriali
e da quelle foraggere. Delle coltivazioni legnose sicuramente l'oliveto è
la coltura più diffusa (si veda la tabella 4).
Tutta la provincia presenta una grande varietà di colture. Sulla base
della distribuzione delle principali forme di utilizzazione del suolo e
dell'importanza economico-agraria complessiva delle varie parti della
provincia sono state distinte le tre grandi zone prima descritte (monta
gna, collina e pianura).
La montagna presenta una modesta intensità colturale e larghe aree
boschive e pascolative. La proprietà è frazionatissima, la popolazione si
dedica principalmente alla pastorizia e all'industria boschiva a eccezione

6 Per la carta dei sistemi di terre della Campania si veda A. Gennaro, F,P. Innamorato, La
grande trasformazione. Il territorio rurale della Campania 1960/2000, Clean, Napoli 2005, pp.
16-60.

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della zona del lago Mátese ove si annoverano delle magnifiche grandi
aziende a indirizzo prevalentemente zootecnico. La collina, in particola
re nella regione agraria delle colline di Monte Maggiore, è caratterizzata
da una grande estensione delle colture legnose (agrumi, alberi da frutta,
olivo), da modeste colture cerealicole e dal piccolo allevamento. La vasta
e fertile pianura della provincia di Caserta, si è detto, si divide in pianu
ra del Volturno inferiore e piano campano settentrionale. Nella pianura
del Volturno sono presenti terre a seminativo asciutto o irriguo e a pa
scolo. Prevale l'allevamento bufalino. Il piano campano settentrionale
e la pianura del Volturno, nella suddivisione territoriale prima esposta,
comprendono la zona della pianura della provincia (si veda la tabella
1), cioè coprono il 35% dell'intero territorio, confinante con la parte
settentrionale della provincia di Napoli. Tale zona rappresenta la parte
più rigogliosa e altamente produttiva. In essa sono presenti terre a semi
nativo arborato e terre a colture legnose (agrumi, alberi da frutta, olivo).
Si coltivano per lo più canapa, legumi, cereali, pomodori7. Importante
sottolineare come la superficie agricola destinata alla canapa, pur avendo
subito una notevole riduzione, agli inizi del 1950 riesca ancora a coprire
16.000 ettari del territorio provinciale.
La Camera di commercio di Caserta in quegli anni si è interessata
a tale coltivazione giacché da più di un secolo essa ha rappresentato il
prodotto tipico casertano. Difatti - scrive Pietro Tino - la coltura della
canapa «praticata da antica data, già agli inizi dell'Ottocento rappresenta
una componente di primo piano dell'attività agricola della vasta area di
pianura attraversata dal corso superiore dei Regi Lagni»8. La fine della
prima guerra mondiale rappresenta il periodo di maggiore espansione e
remuneratività; dopo una breve crisi nei primi anni, la coltivazione di ca
napa ritorna a estendersi nuovamente e rapidamente nella seconda metà
degli anni trenta «fino a quasi ripetere, sostenuta dalla politica autarchica
del fascismo, gli alti livelli produttivi della precedente fase di crescita»9.
Il tentativo della Camera di commercio di mantenere ancora viva la sua
coltivazione sarà reso del tutto vano in seguito all'introduzione della
Cassa del Mezzogiorno, giacché dopo solo un decennio la coltivazione
sarà dimezzata per poi azzerarsi del tutto negli anni a seguire.

7 Cfr. M. Pignataro, L'economia di Terra di Lavoro, dal dopoguerra ad oggi. 1945-1985, La


Fiorente, Maddaloni 1985.
8 P. Tino, Campania felice? Territorio e agricolture prima della «grande trasformazione»,
Meridiana Libri, Catanzaro 1997.
9 Ivi, pp. 76-7.

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3. La situazione economica e sociale nel 1950


e l'introduzione della Cassa del Mezzogiorno

Negli anni cinquanta la provincia di Caserta presenta una struttura


industriale inadeguata in rapporto sia alla superficie territoriale che alla
popolazione. Salvo qualche media industria appartenente ai settori tra
dizionali dell'economia del Mezzogiorno (molini e pastifici, frantoi ole
ari, latterifici), non esistono altri tipi di industrie. Essa è prevalentemente
agricola. Il censimento del 1951 indica una popolazione della provincia di
Caserta di 601.372 abitanti, di cui 241.917 di popolazione attiva (di essi
145.105 sono dediti all'agricoltura, 54.645 all'industria e 42.167 alle altre
attività)10. In valore percentuale questa è la situazione: 60% della popola
zione11. Nel 1951, il reddito prodotto dalle attività economiche nella pro
vincia di Caserta è di 43.954 milioni di lire e, a netto degli ammortamenti,
è pari al 53% della media nazionale essendo di 48.191 milioni. Alta è la
quota di partecipazione dell'agricoltura che è pari al 42, 3% del totale. Il
reddito prodotto dall'industria è del 16%, quello dell'attività terziaria del
24,8% (si veda la tabella 5).
Con l'introduzione della Cassa del Mezzogiorno (istituita con la leg
ge del 10 agosto 1950 n. 646) il territorio di Terra di Lavoro subisce delle
profonde trasformazioni. Bisogna distinguere due fasi dell'intervento
straordinario. Nella prima fase (1950-57) il compito è di eseguire opere
pubbliche nell'agricoltura e di creare un ambiente favorevole all'indu
strializzazione. Nella seconda fase (1957-80), con l'approvazione della
legge n. 634 del 1957, l'intervento si indirizza verso lo sviluppo «pola
rizzato». La legge è finalizzata alla creazione delle «Aree di sviluppo in
dustriale» (d'ora in poi Asi) e dei «Nuclei d'industrializzazione» (d'ora
in poi Ni).
La prima fase d'intervento, ritenuta a torto quasi marginale rispetto
alla svolta industrialista e oggi rivalutata dal giudizio storico, si rivela in
cisiva sulle trasformazioni ambientali del Mezzogiorno12. I settori d'in
tervento individuati in questa prima fase riguardano la sistemazione dei
bacini montani e dei relativi corsi d'acqua, la bonifica, l'irrigazione e la
trasformazione agraria nei comprensori di riforma, la costruzione degli
acquedotti e delle fognature, la viabilità stradale e ferroviaria nonché il

10 Camera di commercio, Industria e Agricoltura di Caserta, Lineamenti economici della


provincia di Caserta, Caserta, 12, 1964.
11 Cfr. Pignataro, L'economia di Terra di Lavoro cit.
12 Cfr. G. Barone, Stato e Mezzogiorno (1943-60). Il «primo tempo» dell'intervento straor
dinario, in Storia dell'Italia repubblicana, I, La costruzione della democrazia, Einaudi, Torino
1994, pp. 391-5.

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Andrena, Da Campania felix a discarica

turismo. In Terra di Lavoro gli investimenti pubblici si concentrano per


lo più nella parte meridionale della provincia. Una delle trasformazioni
più significative che la Campania felix subisce in Terra di Lavoro è quin
di determinata dai grandi lavori di ristrutturazione e di bonifica previsti
dagli interventi straordinari sul Mezzogiorno. In realtà gli interventi di
bonifica nella provincia hanno radici lontane. Con la Cassa essi vengono
ripresi. E quindi utile fare una breve digressione storica.
Nella prima metà del secolo XIX si fecero vari progetti per prosciu
gare aree pantanose e per rettificare corsi d'acqua e si attuarono notevoli
opere in varie parti della regione Campania. Grazie al lavoro impareg
giabile di alcuni ingegneri come Afan de Rivera - che, nel 1824, divenne
direttore dell'Amministrazione di ponti e strade e delle acque foreste e
cacce (organismo della monarchia borbonica) - furono realizzate un nu
mero considerevole di bonifiche piccole e grandi, in Calabria, in Puglia,
ma soprattutto in Campania. A seguito del decreto regio del 1839 ci si
interessò del bacino inferiore del Volturno con imponenti lavori di boni
fica che comportarono il tracciamento di molte strade come la Capua-S.
Maria la Fossa-Grazzanise e l'Arnone-Castel Volturno e la Pozzuoli
Qualiano-Giuliano. Già da allora la portata degli interventi fu veramen
te considerevole, se si tiene conto del fatto che furono risanate alcune
migliaia di ettari di terreno, tanto che nel 1865 risultavano bonificati in
Campania 17.000 ettari di terreno, per i nove decimi in Terra di Lavoro.
Con l'Unità d'Italia le opere realizzate andarono incontro a un graduale
deterioramento. All'inizio del Novecento lo Stato decise di riprendere
in esame il problema del riscatto delle aree paludose e malariche della
Penisola. Tuttavia solo dopo la guerra i lavori furono ripresi con grande
intensità per combattere l'agente apportatore della malaria sulla base del
nuovo concetto di bonifica integrale13. Si istituirono così vari compren
sori di bonifica nella regione Campania.
In Terra di Lavoro, con regio decreto, l'8 ottobre 1925 fu costituito il
consorzio aurunco, il Consorzio speciale di bonifica denominato Pantano
di Sessa. Con sede a Sessa Aurunca, si estendeva nella pianura formata dal
basso corso del Garigliano, limitata a ovest dai monti Aurunci, a nord dal
gruppo vulcanico di Roccamonfina, ad est dalle alture di monte Massico e

13 È detta integrale la bonifica quando, oltre al prosciugamento delle acque ed alla prepara
zione delle terre, si realizzano anche infrastrutture viarie ed abitative. Dal punto di vista pratico
ed normativo il concetto di bonifica integrale è stato accolto in varie leggi degli anni venti e
portato a una completa formulazione giuridica con il Testo Unico del 1933. Si veda A.M. Banti,
Glossario, in P. Bevilacqua, Breve storia dell'Italia meridionale, IIo edizione, Donzelli, Roma
2005, p. 216.

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a sud dal Mar Tirreno per un'estensione di 11.000 ettari con la funzione di
bonificare l'area di pantano di Sessa Aurunca.
Con regio decreto del 1927 sul territorio del medio bacino del Volturno
tra i monti Tifatini e Presenzano fu costituito il Consorzio di bonifica del
Sannio Alifano con un'estensione di 13.659 ettari. Quello stesso anno fu co
stituito il Consorzio generale di bonifica del bacino inferiore del Volturno.
Il decennio successivo all'inizio delle grandi opere di bonifica integrale
segnò profonde trasformazioni nel paesaggio geografico e nelle strutture
agrarie delle pianure di Terra di Lavoro, così come in tutta la regione, dove
si procedette all'appoderamento, alla costruzione della rete delle strade e dei
canali e di numerose case rurali e alla diffusione delle colture (frumento, or
taggi, alberi da frutta) che la politica del regime consigliava maggiormente.
La guerra interruppe le opere avviate, ma la malaria poteva dirsi debellata.
Negli anni cinquanta in cui con la Cassa del Mezzogiorno si ripren
dono i lavori nei tre consorzi costituiti nel Novecento (il Consorzio ge
nerale per la bonifica del bacino inferiore del Volturno, il Consorzio
aurunco e quello del Sannio Alifano), con lo scopo di risanare le terre
paludose, di ricostruire le opere danneggiate, di porre rimedio alle insuf
ficienze, di migliorare la rete delle strade e i servizi delle abitazioni, di
intensificare gli interventi nelle zone rimboschite e di diffondere l'irriga
zione14. In particolare nel consorzio del Volturno riprendono i lavori di
canalizzazione idraulica di bonifica per 1977 km, di canalizzazione irri
gua di 1237 km, e si costruiscono 60 km di strade di servizio. Nel Con
sorzio aurunco di bonifica, dal 1954 al 1962 viene realizzata l'irrigazione
di circa 7.000 ettari di terra, inoltre si realizzano 100 km di strade inter
ne, per la maggior parte provinciali. Il consorzio di Bonifica del Sannio
Alifano, infine, amplia il parametro consorziato da 13.659 ettari (1947) a
26.807 ettari, con decreto presidenziale del novembre del 1956. Nel con
sorzio vengono realizzati opere di difesa idraulica, fluviale e torrentizia,
per giungere quindi ad opere di trasformazione fondiaria, realizzando
180 km di strade 463 km di elettrodotti, e regolando corsi d'acqua su
circa 70 km di canali. E resa irrigua una superficie di circa 10.000 ettari,

14 Sulle opere di bonifica e sulla costituzione dei consorzi agrari si vedano: M.L. Stor
chi, Fonti documentarie per la storia delle bonifiche nel Mezzogiorno dal 1806 al I860, in A.
Massafra, Il Mezzogiorno preunitario. Economia, società e istituzioni, Dedalo, Bari 1988; P.
Bevilacqua, Acque e bonifiche nella prima metà dell'Ottocento, in Massafra, Il Mezzogiorno
preunitario cit.; P. Bevilacqua, M. Rossi-Doria, Le bonifiche in Italia dal Settecento a oggi, La
terza, Bari 1984; D. D. Ruocco, Memoria illustrativa della Carta della utilizzazione del suolo
della Campania, La Buona Stampa, Roma 1970; R. Ciasca, Storia delle bonifiche del Regno di
Napoli, Laterza, Bari 1928.

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costruendo 80 km di canali adduttori e 400 km di canali dispensatori15.


La ripresa dei lavori nei tre consorzi segna profonde trasformazioni del
paesaggio geografico e nelle strutture agrarie delle pianure di Terra di
Lavoro. L'irrigazione della pianura e le opere di bonifica sono responsa
bili di una vera e propria rivoluzione agricola. Gli interventi di costru
zione di acquedotti e di fognatura, delle strade hanno, di fatto, contratto
la superficie agricola utilizzata che passa da 252.077 ettari nel 1951 a
234.167 ettari nel 1961. Si avvia un processo d'intensificazione coltura
le perché, grazie a una maggiore fertilità delle terre, all'irrigazione e al
miglioramento delle colture e delle tecniche colturali, aumenta la resa
per ettaro. Diventa così poco economica la coltivazione della canapa la
cui superficie coltivata dal 1951 al 1961 si dimezza passando da 16.000
a 8.000 ettari, in quanto più adatta a una coltura di tipo estensivo. Essa
viene sostituita dalla coltivazione di prodotti più adatti ad un'agricoltura
intensiva quali il tabacco, il pomodoro, la fava, il pesco, il melo. La tabel
la 6 ci dà l'idea delle modificazioni colturali che la provincia di Caserta
subisce in un solo decennio.

4. Seconda fase dell'intervento straordinario.


L'alterazione dell'uso del suolo (1957-90)

La Cassa del Mezzogiorno, in seguito alla svolta industrialista avvenu


ta con l'approvazione della legge n. 634 del 1957, assegna alla Campania
tre Asi (Napoli, Salerno, Caserta). Lo Stato decide di puntare sui grandi
impianti nei settori della siderurgia, della meccanica pesante, della chimica
e della petrolchimica, con livelli tecnologici avanzati e con alto rapporto
tra capitale e occupazione. Il benessere sociale, da qui in poi, si sarebbe
messo in relazione con gli effetti propulsivi dell'industrializzazione legati
all'aumento dei redditi e dei consumi, con il raggiungimento della piena
occupazione.
La legge del 1957 per la creazione delle Asi e dei Ni si ispira alla teo
ria dei poli di sviluppo dell'economista francese François Perroux. Spiega
Dematteis:

Teoria basata su un'ottimistica e artificiosa trasposizione alle regioni sottosvi


luppate degli anni cinquanta e sessanta di quei meccanismi agglomerativi, che tra
la fine dell'Ottocento e i primi del Novecento, ha dato origine alle attuali regioni
industriali «forti». L'idea è quella di concentrare in poche e ristrette aree del terri

15 Sui consorzi di bonifica in Terra di Lavoro si veda Pignataro, L'economia di Terra di La


voro cit., pp. 41-3.

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torio meridionale grossi impianti industriali, destinati a diventare, col tempo, i poli
«motori» di uno sviluppo autonomo delle regioni circostanti16.

Le «aree» possono operare su di un comprensorio costituito dal terri


torio di più comuni della provincia, mentre l'attività dei «nuclei» è limitata
al territorio della circoscrizione comunale17. Nei perimetri comprensoriali
delle Asi e dei Ni, le iniziative industriali si concentrano in spazi definiti
«agglomerati» che non escludono l'espansione sul rimanente territorio del
comprensorio. L'eventuale espansione è però condizionata dalle direttive
del Piano regolatore dell'area o del nucleo industriale.
Con leggi integrative del luglio 1959 e del settembre 1962, allo scopo
di favorire nuove iniziative industriali i comuni, le province, le camere
di commercio e gli altri enti, interessati a una zona di concentrazione
industriale, possono costituirsi in consorzio col compito di eseguire,
sviluppare e gestire le opere di attrezzatura della zona, quali gli allaccia
menti stradali e ferroviari, gli impianti di approvvigionamento di acqua,
di energia, per uso industriale, di illuminazione e le fognature18. Le isti
tuzioni dei consorzi di sviluppo industriale vengono previste e regolate
dalle norme sugli interventi straordinari nel Mezzogiorno. La Cassa può
concedere ai consorzi contributi fino al'85% della spesa occorrente (è
il Comitato dei ministri per il Mezzogiorno che controlla e consente la
realizzazione delle aree). Al Comitato era affidato il compito di:
- redigere il piano regolatore del comprensorio di sviluppo industriale,
che doveva tra l'altro individuare le zone destinate all'insediamento indu
striale (agglomerati);

16 G. Dematteis, Le trasformazioni territoriali e ambientali, in Storia dell'Italia repubblica


na, II, La trasformazione dell'Italia: sviluppo e squilibri, 1. Politica, economia, società, Einaudi,
Torino 1995, p. 673.
17 Legge 29 luglio 1957 n. 634, Provvedimenti per il Mezzogiorno, in «Gazzetta Ufficiale»,
n. 193, 3 agosto 1957.
18 La istituzione dei Consorzi di Sviluppo Industriale vennero previste e regolate dalle
norme sugli interventi straordinari nel Mezzogiorno a partire dalla legge del 29 luglio 1957 n.
634 integrata dalla leggi 18 luglio 1959 n. 555 e 29 settembre e 29 settembre 1962 fino alle varie
successive modifiche ed integrazioni, raccolte nel T.U. D.P.R. 6/3/1978 n. 218 e poi dalla legge
n. 64/1986 e dai relativi programmi triennali di attuazione. A seguito delle precisazioni delle
competenze di cui al D.P.R. 616/ 1977, i Consorzi per le per le Asi vennero ad essere sottoposti
alla vigilanza della Regione. Poi è intervenuta la legge 05 ottobrel991 n. 317 la quale ha dichia
rato i Consorzi Asi «Enti pubblici economici». Con la successiva entrata in vigore della legge
19-12-1992 n. 488, che abroga l'intervento straordinario del Mezzogiorno è stato soppresso e
inserito un nuovo sistema di provvidenze per tutte le aree depresse del territorio nazionale. I
consorzi non vengono abrogati, essi rimangono i virtù delle disposizioni della legge 05-10-1993
n. 237, ma il ruolo delle Asi come delineato dalle normative e dalle analisi della realtà dei Con
sorzi è da considerarsi sostanzialmente mutato. Cfr. G. Merola, Metapiano per Caserta. Aree
Industriali e territorio provinciale, Fratelli Fiorentino, Napoli 1995, pp. 9-11.

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- attrezzare e infrastrutturare gli «agglomerati», curando tutti gli allac


ciamenti;
- mettere a disposizione degli operatori i terreni acquisiti mediante
trattativa o esproprio;
- assistere le iniziative industriali19.
Nel 1961, il primo dicembre, il Comitato dei ministri per il Mezzo
giorno, d'intesa con il ministero dell'Industria, riconosce in Campania
tre Asi, una di esse era quella della provincia di Caserta20. Successi
vamente, con decreto del Presidente della Repubblica del 13 maggio
196221 viene approvato lo statuto del Consorzio della provincia. Dopo
la costituzione formale viene predisposto il Piano regolatore dell'Area
di sviluppo industriale di Caserta. Completato nelle sue articolazioni,
il piano è presentato al Comitato dei ministri per il Mezzogiorno che
il 4 gennaio 1963 lo approva. Esso rappresenta il documento di base
della definizione degli indirizzi di localizzazione effettiva all'interno
dell'area. Prevede la realizzazione di 6 agglomerati: Volturno nord,
Caserta Ponteselice, Caserta S. Nicola, Caserta sud, S. Marco, Marcia
nise sud e Aversa nord22.
Essi formano l'Asi della provincia di Caserta. L'intera area gravita
intorno a 33 comuni della provincia23 con un'estensione di 48.718 ettari
(circa il 20% della superficie della provincia), tutti concentrati nella parte
meridionale coprendo quasi per intero la zona altimetrica della pianura
(vedere figura 1); insiste cioè su quel 35% del territorio provinciale cor
rispondente alla piana del Volturno e al piano campano settentrionale a
confine con l'hinterland settentrionale della provincia napoletana. Cor
risponde quindi a quell'area che si è detto essere la parte più rigogliosa,
fertile e di maggiore produttività agricola della provincia (Campania fe

19 Si veda Regione Campania Area di Sviluppo Industriale di Caserta, Documentazione sugli


agglomerati delle aree e dei nuclei industriali del Mezzogiorno, IASM, Roma 1979.
20 In quell'anno il Comitato dei Ministri per il Mezzogiorno, d'intesa con il ministero dell'In
dustria, riconosceva le seguenti aree: Bari, Brindisi, Taranto, Salerno, Cagliari, Caserta, Catania,
Siracusa, Valle di Pescara, Napoli, Palermo, Latina, Roma, cfr. F. Ventriglia, L'industrializzazione
della Provincia dì Caserta, SSE (Scuola di sviluppo economico), Caserta 1963, p. 22.
21 DPR 13 maggio 1962, n. 575 in «Gazzetta Ufficiale» n. 163, del 30 giugno 1962.
22 Se escludiamo l'agglomerato industriale «Volturno nord», gli altri agglomerati sono tutti
collocati nella parte meridionale della provincia di Caserta, in Campania Area di Sviluppo Indu
striale di Caserta, Documentazione sugli agglomerati delle aree e dei nuclei industriali cit.
23 Comuni dell'area Asi presenti in pianura: Capua, San Prisco, Casagiove, Maddaloni, Mar
cianise, San Tammaro, Santa Maria Capua Vetere, Curti, Casapulla, Macerata Campania, Portico
di Caserta, Recale, Capodrise, Villa Literno, Casal di Principe, Villa di Briano, Frignano, Casalu
ce, Teverola, Carinaro, Gricignano di Aversa, Succivo, Orta di Atella, Sant'Arpino, Cesa, Aversa,
Lusciano, Parete, Trentola Ducenta, San Marcellino, Casapesenna, San Cipriano d'Aversa (32)
Comune Asi in collina: Caserta. Si veda Campania Area di Sviluppo Industriale di Caserta, Do
cumentazione sugli agglomerati delle aree e dei nuclei industriali cit.

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lix). Prova di ciò è data da uno studio condotto dall'Università agraria


di Portici; in esso l'agricoltura campana è stata suddivisa in tre grandi
zone: zona A di particolare importanza agricola, zona Β di agricoltura
tradizionale e zona C di agricoltura particolarmente depressa. La piana
del Volturno e il piano campano settentrionale sono comprese nella zona
A. La zona a sua volta è suddivisa in tre sottozone (di fondamentale im
portanza agricola, di prevalente importanza agricola, di parziale impor
tanza agricola). La sottozona di fondamentale importanza agricola com
prende la piana del Volturno e il piano campano24. L'area Asi di Caserta
è compresa in questa sottozona. Tra i 33 comuni dell'area Asi, è utile
anticipare, sono compresi comuni a noi tristemente noti per le vicen
de di cronaca nera che hanno riempito le pagine dei quotidiani locali e
nazionali quali Castelvolturno, Casal di Principe, Casapasenna, Aversa,
Maddaloni Marcianise, Casaluce e così via (le cui amministrazioni sono
state quasi tutte sciolte negli anni novanta per infiltrazione mafiosa).
Sono state scelte quelle zone per via dei grandi lavori infrastrutturali
effettuati nelle aree dei consorzi di bonifica prima descritti. La fitta rete
stradale e ferroviaria, l'abbondanza di acqua hanno favorito il processo di
localizzazione industriale. L'area, difatti, può disporre di infrastrutture già
complete. Nello specifico la zona destinata alla costruzione degli agglo
merati industriali della provincia è già dotata di:
a) infrastrutture stradali costituite da tre strade statali nonché di una
parte dell'Autostrada del Sole e di una fittissima rete stradale secondaria
che unisce i vari comuni fra loro e il capoluogo. In complesso per ogni
kmq di superficie territoriale provinciale vi sono 1,2 km di strade statali
e provinciali asfaltate. Vi sono già ubicati quattro importanti nodi fer
roviari: Caserta, Cancello, Aversa, Villa Literno dai quali si diramano
celeri comunicazioni per Roma e il Nord, per la Puglia e la Lucania;
per la Calabria ed il Sud. Inoltre una complessa e ben articolata rete
ferroviaria collega vaste zone provinciali, interprovinciali e interregio
nali grazie all'importante ferrovia secondaria Caserta-S. Maria di Capua
Vetere-Piedimonte d'Alife;
b) energia elettrica. L'area industriale utilizza l'energia elettrica prodot
ta nelle quattro centrali idroelettriche: già della Sme, di Piedimonte d'Alife,
Prata Sannita, Capriati al Volturno e Mignao Montelungo. Inoltre, sempre
nella provincia di Caserta, è in via di attivazione l'impianto elettronucleare
della Senn (Società elettro nucleare nazionale) sul Garigliano25;

24 Si veda Pignataro, L'economia di Terra di Lavoro cit., pp. 78-9.


25 La centrale era localizzata nel territorio di Sessa Aurunca presso un'ansa del fiume Gari
gliano, a circa 7 km dal mare. La costruzione iniziata alla fine del 1959 termina nel 1963 e subito

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c) acquedotti. L'area è attraversata dall'acquedotto campano, dall'ac


quedotto carolino e da un ramo dell'aqcuedotto del Serino;
d) elettrodotti. Numerosi elettrodotti si diramano nella provincia for
nendo energia sufficiente all'intero territorio. Gli elettrodotti erogano
energia dalle seguenti sottostazioni: Garigliano, in tenimento di Sesso Au
runca (380 kw); Maddaloni, Capua Aversa, Caserta, Piedimonte Mátese e
Montelungo (150 kw); Villa Literno e Suio (60 kw);
e) canali. Solca la provincia una vasta serie di canali utilizzabili per lo
smaltimento di acque industriali: i Regi Lagni (64 km), R. Agnena, Apra
no, Rio dei Lanzi, Fiume Savona, Fosso Riccio, Rio Camerelle, Canale
Annarosa e così via26.
Gli impianti industriali sembra instaurino, dunque, nuove forme di di
pendenza dalle condizioni ambientali. Essi diventano gigantesche macchi
ne che assorbono energia e risorse naturali.
Le grandi aziende del Nord ed estere decidono di stabilirsi in quelle zone
stimolate dagli incentivi finanziari e fiscali previsti dalla legge. Le agevola
zioni hanno l'obiettivo di diminuire i costi iniziali di impianto per le nuove
aziende (la riduzione delle imposte per la costituzione di nuove società e per
l'acquisto di terreni e fabbricati destinati ad attività produttive, la riduzione
delle tariffe ferroviarie per il trasporto dei macchinari, il contributo a fondo
perduto per macchinari e opere murarie e finanziamenti a tasso agevolato),
oppure diminuire i costi di esercizio (gli sgravi di contributi previdenziali
dovuti alPlnps, la riduzione di imposta sulle forniture di energia elettrica,
l'esenzione decennale dall'imposta di ricchezza mobile)27.
Così si vanno via via a insediare in quelle zone grandi imprese indu
striali che appartengono a settori diversi da quelli tradizionali dell'indu
stria meridionale. Vi si stabiliscono diverse fabbriche del settore chimico
(Saint Gobain), del settore vernici, lamiere plastiche e ceramiche (Cera
mica Pozzi), del settore chimico-farmaceutico (Spa Pierrel), nel settore
telefonico (Spa Face- Standard, Spa Automatic Electric, Soc. Siemens), del
settore delle valvole elettriche (Spa Fivre), nel settore del cemento (Spa
Moccia Giuseppe) e del materiale da costruzione (Cave Meridionale), del

messa in funzione. Nell'esercizio dell'impianto per il raffreddamento del condensatore è stata


utilizzata l'acqua del fiume Garigliano prelevata nella misura di circa 10 m3/sec e restituita al
fiume stesso con una aumento di temperatura di circa 8 c. I combustibili impiegati sono stati di
ossidi uranio arricchito al 2,7-3% e plutonio. Si veda ASCe, Archivio Capobianco, b. 184, f. 2047,
Nota informativa sulla "questione Garigliano Partito Comunista Italiano, Comitato regionale
della Campania, 20 ottobre 1982.
26 Regione Campania Area di Sviluppo Industriale di Caserta, Documentazione sugli agglo
merati delle aree e dei nuclei industriali cit.
27 Cfr. Legge 29 luglio 1957 n. 634, Provvedimenti per il Mezzogiorno, in «Gazzetta Ufficia
le» n. 193, 3 agosto 1957.

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settore metallurgico (Soprefim)28. Si tratta di industrie totalmente scolle


gate con la base produttiva locale e quindi poco atte a stimolarne lo svi
luppo. Per queste ragioni sono definite «cattedrali nel deserto». Tuttavia,
come precisa bene Dematteis, «si tratta di un deserto solo industriale e
non certo demografico, essendo questi impianti per lo più inseriti in tes
suti insediativi urbani densi a dispetto delle caratteristiche inquinanti e di
rischio ambientale della maggior parte di essi»29.
È in questi anni che inizia a prendere corpo la svolta, il passaggio da
un'economia agricola a quella agricola-industriale modificando, morfolo
gicamente, la struttura del territorio. Ne è scaturita un'indubbia crescita
industriale, con un apparato manifatturiero tra i più moderni nel Mez
zogiorno. I risultati di questo sviluppo industriale fino al 1981 portano a
un consistente miglioramento del benessere, ossia all'aumento del reddito
pro-capite della popolazione, accompagnato dalla crescita dell'occupazio
ne e della produttività delle aziende. Negli anni 1960-70 l'intervento stra
ordinario, le agevolazioni creditizie e fiscali, i capitali delle multinazionali
italiane e straniere hanno avuto i loro effetti sull'occupazione, e così il
massimo degli addetti è raggiunto intorno al 1975-76, quando il modello
casertano è nel pieno dello sviluppo e Caserta conquista l'appellativo di
«Brianza del Sud»30. Il picco degli occupati nella sola industria manifattu
riera è raggiunto nel 1981 con 41.888 addetti. Nel 1961 ne contava solo 16.
895, con un indice di variazione, nel periodo compreso tra il 1961 e il 1981,
pari al 133%. Nello stesso periodo, gli addetti in generale dell'industria
subiscono la seguente variazione (si veda la tabella 7).
Questa massima espansione nei settori base dell'economia si riflette
sul reddito prodotto: 4.299 miliardi a lordo dei servizi bancari. La quota
di partecipazione dell'agricoltura, che nel 1951 è pari al 42,3 %, nel 1981
scende al 15%, mentre quella dell'industria passa dal 16% al 28%31 (si
veda la tabella 8).
La crescita economica che si registra nella provincia di Caserta è tale che
il reddito pro capite nel 1981 supera quello di tutte le altre province della
Campania. Il reddito pro capite (al netto dei servizi bancari), quell'anno, è
pari al 72,5% della media nazionale, seguito da Salerno al 68,9%, Napoli
65,8, Benevento 63,6%, Avellino 63,1%. Nel 1951 il reddito è di 58.191
milioni, pari a 96.764 per abitante, il 53% della media nazionale (si veda
la tabella 9).

28 Ventriglia, L'industrializzazione della Provincia di Caserta cit., p. 32.


29 Dematteis, Le trasformazioni territoriali e ambientali cit., p. 673.
30 Pignataro, L'economia di Terra di Lavoro cit., pp. 82-3.
31 Ibid.

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Andretta, Da Campania felix a discarica

Il processo d'industrializzazione ridisegna la geografia di Terra di La


voro dal punto di vista demografico. Nel 1991 la provincia presenta una
struttura demografica fortemente sbilanciata, con un baricentro che tende
a concentrarsi nei suoi confini meridionali per l'inarrestabile forza di at
trazione esercitata nell'area industriale di Caserta. Difatti dall'analisi dei
dati tra i censimenti della popolazione della provincia del 1951 e del 1991 è
emerso che, durante l'intervallo intercensuario, nonostante si manifesti un
incremento della popolazione sull'intero territorio del 35,65%, esso non
è esteso uniformemente in tutto il territorio della provincia. 40 comuni su
104 hanno registrato una sensibile diminuzione. La pianura è la zona in
cui si registra l'incremento più elevato pari al 55,51%, e nella sola area Asi
si registra un incremento del 58,35% (si veda la tabella 10).
L'aumento inarrestabile della popolazione nella parte meridionale della
provincia avvia un veloce processo di urbanizzazione modificando, dal
punto di vista sociologico, le abitudini di una vasta fetta della popola
zione della provincia. Il rapporto di causa-effetto tra il processo d'indu
strializzazione e il processo di urbanizzazione può essere desunto, anche,
dall'analisi dei dati tra i censimenti del numero delle abitazioni dell'intera
provincia del 1951 e del 1991, per poi confrontarli con quello delle abi
tazioni dell'area Asi, nello stesso periodo. Dal confronto viene fuori che
se nel 1951, il numero delle abitazioni nell'area Asi in percentuale è pari
a poco più del 40% rispetto al dato provinciale, nel 1991 esso comprende
quasi il 52% delle abitazioni rispetto a quelle dell'intero territorio (si veda
la tabella 11).
Lo sviluppo industriale porta all'incremento notevole della popolazio
ne nei centri più importanti dell'Asi.
Caserta, difatti passa da 44.599 abitanti del 1951 a 69.027 del 1991, con
il massimo incremento tra il 1960 e il 1970 di ben 12.300 unità (è il de
cennio dello sviluppo industriale). Castel Volturno da 2.707 a 15.147 San
Nicola La Strada passa da 6.249 a 17.736 abitanti e Casagiove da 7.929 a
15.250 abitanti (questi ultimi due comuni dopo il terremoto dell'ottanta
hanno cominciato ad ospitare napoletani)32. In assoluto l'incremento mag
giore si è avuto a Marcianise, ben del 70% passando da 21.230 a 35.929,
Santa Maria Capua Vetere. È l'insediamento dell'Italtel che fa aumentare
in maniera sensibile la popolazione. Gli insediamenti industriali hanno, di
fatto, modificato la fisionomia produttiva di Terra di Lavoro soprattutto
nella zona altimetrica pianura. Essi hanno avviato un processo di trasfor
mazione del paesaggio che si traduce in una sensibile diminuzione della

32 Istituto Nazionale di Statistica, Popolazione e abitazioni, Provincia di Caserta, aa. 1951


1991, Roma 1992.

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Sau e nell'alterazione dell'uso del suolo. La Sau passa da 234.167 ettari


del 1961 a 126.967 ettari del 1991, subisce una variazione di percentuale
di -46%, E nella sola pianura (cioè nel 35% dell'intera provincia) nello
stesso periodo subisce cioè una variazione di circa -40% (si veda la ta
bella 12). Il dimezzamento della Sau ha alterato inevitabilmente l'uso del
suolo. Dal 1951 al 1991 gli ettari destinati alle principali coltivazioni della
provincia subiscono delle modifiche significative (si veda la tabella 13).
In conclusione una vasta zona della Campania felix, che fino al 1957 era
stata caratterizzata per la sua forte vocazione agricola, diviene da lì in poi
la zona in cui si sono concentrate le grandi imprese industriali. Dei 92.559
ettari di terreno che comprendono la vasta area della piana del Volturno e
del piano campano settentrionale, pari al 35% dell'intero territorio pro
vinciale (si veda la tabella 2), 48.718 ettari sono stati destinati all'Asi, una
trasformazione irreversibile.

5. Crisi generale nel settore industriale, unica eccezione


l'industria delle costruzioni (1980-90)

Si è visto in che modo la provincia di Caserta fino al 1980 presenta


un modello di sviluppo originale, tanto da essere additato come esempio
dalle altre province meridionali, in termini di produttività di reddito pro
capite. Il professore Italo Talia, per gli anni sessanta e settanta, parla della
provincia di Caserta come di una «sorta di nuova frontiera» dell'industria
lizzazione campana e meridionale33.
Dopo soli dieci anni la provincia è in una situazione drammatica dal
punto di vista economico.
Il censimento dell'industria del 1991 presenta dati che confermano l'an
damento negativo del settore nel corso del decennio. L'industria ha perduto
il 30% degli addetti e il 22% delle unità locali (si veda la tabella 14)34.
Questo dato emerge dalla relazione di Riccardo Padovani, vicediret
tore della Svimez al dibattito promosso dalla Camera di commercio di
Caserta e dalla rivista «Nuovo Mezzogiorno», del 27 ottobre 1990. Nella
sua relazione così recita: «Nell'ambito provinciale sono le grandi aziende
con più di 500 addetti che negli anni considerati perdono 10. 323 posti di
lavoro»35. Difatti sono i grandi stabilimenti tutti di notevoli dimensioni e

33 M. Pignataro, Una provincia che vuole risorgere. L'economia casertana dal 1986 al 1992
vista da vicino, Collegio Tipografia Grafica Stile, Casoria 1993, p. 104.
34 Ivi, p. 124.
35 Ivi, p. 106

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Andretta, Da Campania felix a discarica

per di più non meridionali (l'Olivetti, l'3M, la GTE, la Siemens, la Face


Standard, la Materfer) a subire maggiormente la crisi dell'industria.
La Saint Gobain a Caserta e l'Enichem di Cancello Scalo hanno cessato
le attività. Uno dei tre stabilimenti del gruppo Olivetti l'Opi (macchine
utensili e a controllo numerico) ha visto diminuire il fatturato da 95 a 75
miliardi. E la produzione di macchine utensili a controllo numerico è stata
trasferita al Nord. La crisi internazionale dell'informatica del 1991 colpirà
l'intero gruppo dell'Olivetti. Nel settore dell'informatica la Siemens nel
1992 entra in cassa integrazione ordinaria. Alla Mareco costruzione aero
nautiche e all'Alenia la crisi è abbastanza grave36.
Quel vasto territorio di 48.718 ettari, prima destinato a una rigogliosa
e produttiva agricoltura, che assume, poi, la configurazione di un vero e
proprio distretto industriale, negli anni ottanta diviene terra di nessuno.
I grandi stabilimenti vengono abbandonati, mentre nessuna politica di ri
qualificazione viene adottata. E il grande complesso della Saint Gobain
nel comune di Caserta diviene sede ufficiale della Provincia di Terra di
Lavoro.
Secondo Carlo Trigilia l'intervento straordinario ha finito per avere un
effetto perverso sull'economia meridionale, ha portato «a uno sviluppo
ma senza autonomia», non ha creato stimolo allo sviluppo della produ
zione locale, al sorgere delle imprese locali; la qualità ambientale è rimasta
peggiore delle altre parti del Paese, e il quadro diventa ancora più fosco se
si considera la crescita della criminalità37.
L'unico settore in crescita è l'industria delle costruzioni. In provincia
di Caserta considerando i dati dei censimenti del 1981 e del 1991 le costru
zioni sono passate da 1.546 unità locali a 2.483 e gli addetti da 7.459 nel
1981 a 11.369 nel 1991: un aumento del 52%.
Per il passato edificare case è stato l'obiettivo fondamentale che si sono
posti costruttori e amministratori in seguito al processo d'industrializza
zione, nella zona d'insediamento degli stabilimenti industriali. Lo studio
sull'evoluzione della situazione edilizia dell'Asi voluto dalla provincia di
Caserta negli anni settanta, nel periodo compreso tra il 1951 e il 1971 ha
evidenziato che il numero delle stanze si era praticamente raddoppiato.
Ha inoltre evidenziato che l'incremento relativo del patrimonio edilizio,
in termini di stanze si era accresciuto, nel periodo considerato, a un tas
so superiore sia a quello regionale sia a quello medio nazionale. L'indice
d'incremento medio delle stanze dell'area Asi di Caserta era pari a 2,02,

36 Ivi, pp. 106-7.


37 C. Trigilia, Sviluppo senza autonomia: effetti perversi delle politiche del Mezzogiorno, Il
Mulino, Bologna 1992.

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mentre quello della regione era pari 1,90, e quello della nazione pari a 1,69
(si veda la tabella 15).
Nel 1980 con il terremoto, che colpisce vaste zone della Campania e
si è dovuto provvedere al trasferimento della popolazione verso Aversa,
Caserta e sulla Domitiana. Tale situazione ha ulteriormente aggravato i
problemi di congestione urbana nell'area Asi, corrispondente alle zone
del litorale domitio, l'area aversana e l'area casertana della provincia di
Caserta {Campania felix).
La Giunta regionale alla fine degli anni ottanta approva il piano di
assetto territoriale. Il piano ha come obiettivo centrale generale il «ri
equilibrio economico e territoriale della Campania, nei termini di de
congestionamento e razionalizzazione dell'area costiera, lo sviluppo più
intenso delle zone interne, il generale sviluppo economico ed il migliora
mento della qualità dell'ambiente». Per quanto riguarda la parte territo
riale della provincia di Caserta ipotizza una struttura urbanistica di tipo
lineare la quale, propagandosi dall'Aversano e dal Casertano, si sarebbe
snodata con grandi possibilità verso nordest, tangenzialmente alle grandi
infrastrutture (autostrada, linea ferroviaria, via Appia), e ai centri abitati
in posizione pedemontana. Tale struttura era stata congegnata in modo
tale da favorire, nel tempo, eventuali redistribuzioni o immigrazioni del
la popolazione a nord della provincia. L'intento era quello di ottenere
un sistema di decompressione dell'allora già affollata zona industriale di
Caserta, nonché un sistema di arginatura e slittamento della popolazione
dalle zone del litorale domitiano della provincia verso quelle interne.
Lo sviluppo delle costruzioni non essendo stato accompagnato dalla
corretta applicazione della pianificazione urbanistica, ha fatto si che nel
complesso, nell'intero territorio della provincia, nel 1991 le stanze fos
sero 902.391, e che nella sola zona dell'area Asi (litorale domitiano, agro
aversano, agro casertano), zona che secondo le finalità del piano urbani
stico, doveva essere di decongestione, venissero costruite 652.466 stan
ze (il numero delle stanze subiva in quell'area un incremento in valore
percentuale del 110, 3% rispetto al 1971 essendo il numero delle stanze
di quell'anno pari a 310.243). In quella vasta area della Campania felix
destinata allo sviluppo industriale ormai in crisi si concentra in quegli
anni, dunque, il 72, 3%38 delle stanze dell'intera provincia di Caserta.

38 Istituto Nazionale di Statistica (Istat), Popola, residente dei comuni. Circoscrizioni territo
riali. Dati Comunali- Provincia di Caserta, vol II, Tomo 1, Roma, pp. 76-9.

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6. Appalti, camorra e rifiuti

È proprio nel settore delle costruzioni che il clan dei casalesi, negli anni
ottanta consolidava il suo potere. L'associazione camorristica dei casale
si è una consorteria criminosa che opera nel territorio della provincia di
Caserta, con ramificazioni nel napoletano e altrove. Il carattere di asso
ciazione di stampo mafioso viene attribuito all'organizzazione criminale
casertana da più sentenze emesse nei tre gradi di giudizio39. La produzione
di calcestruzzo, nel decennio delle grandi opere pubbliche, era tra le im
prese più redditizie, su cui si concentrava, perciò, l'interesse della camor
ra. La consorteria criminale casalese si è radicata nel territorio casertano
sin dall'inizio degli anni ottanta, sotto il dominio di Antonio Bardellino
prima e, successivamente, di Francesco Schiavone, detto Sandokan, Vin
cenzo De Falco e Francesco Bidognetti, detto Cicciotto a mezzanotte.
Risale proprio a quel periodo, tra la fine anni settanta e la prima metà
anni ottanta, il cruento scontro tra il cartello denominato dalla Nuova
famiglia o Nuova fratellanza (Nf), cui aderivano il gruppo Bardellino, il
gruppo Nuvoletta, il gruppo Alfieri, il gruppo Giuliano e altri, e la Nuo
va camorra organizzata (Nco) di Raffaele Cutolo40. A partire dal 1983, il
potere della Nuova famiglia di Bardellino si radicava nel casertano. In tale
gruppo, già nella prima metà degli anni ottanta, emergevano con chiarezza
le personalità e le capacità sia organizzative che criminali di altri soggetti,
tutte future figure centrali del clan dei casalesi, tra cui Mario Iovine, Pari
de Salzillo (nipote di Antonio Bardellino), Carmine Schiavone, Francesco
Schiavone, Francesco Bidognetti, e Vincenzo Zagaria41. Con Antonio Bar
dellino al potere la camorra casertana, nata come mafia agricola, predomi
nante sul caporalato e sul mercato ortofrutticolo, si trasformava, rapida
mente, in camorra imprenditrice gestendo in proprio consistenti fette del
mercato, soprattutto nel settore degli appalti pubblici e delle costruzioni
edili, ovviamente senza rinunciare mai alle tradizionali e già sperimentate

39 Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, 29-4-1986; Corte d'Appello di Napoli, 9-5-1987;
Corte di Cassazione, 4-2-1988; Corte di Cassazione - V sezione penale, 25-11-1991; Corte di
Cassazione -1 sezione, 15-9-2005; e l'ultima sentenza, recentissima, della Corte di Cassazione -1
sezione penale, 15-1-2010.
40 Sull'argomento cfr. I. Sales., La Camorra le camorre, Editori Riuniti, Roma 1994; F. Barba
gallo, Il potere della camorra (1973-1998), Einaudi, Torino 1999; G. Di Fiore, La camorra e le sue
storie. La criminalità organizzata a Napoli dalle origini alle ultime «guerre», Utet, Torino 2005; I.
Sales, M. Ravveduto, Le strade della violenza. Malviventi e bande di camorra a Napoli, L'Ancora,
Napoli 2006; M. Anselmo, M. Braucci, Questa corte condanna. Spartacus, il processo al clan del
casalesi, L'Ancora, Napoli-Roma 2008.
41 A tutti questi personaggi è stata confermata in via definitiva la condanna all'ergastolo dalla
sentenza emessa dai giudici della I sezione penale della Corte di Cassazione del 16 -01-2010.

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Napoli emergenza rifiuti

fonti di ricchezza illegali42. Il salto di qualità era stato operato negli anni
ottanta con l'invenzione del meccanismo consortile

capace di assicurare, in maniera efficace, il controllo monopolistico su intere fasce


di mercato o di produttori, realizzando quella sintesi di interessi tra la camorra, che
riceveva cospicue tangenti, le imprese, cne assicuravano consistenti fette di merca
to vincendo la concorrenza e acquisendo la protezione dei cantieri ed i politici, che
in cambio dell'assegnazione degli appalti, acquisivano danaro dagli imprenditori e
sostegno elettorale dei clan43.

Antonio Bardellino nel 1983 costituiva la General Beton, un impianto


di produzione di calcestruzzo sito in Santa Maria la Fossa, «per consentire
a lui e al suo gruppo - sostengono i giudici - di intervenire in via diretta
nell'affare rappresentato dalla distribuzione del calcestruzzo nelle opere
pubbliche legate alla ricostruzione post-terremoto»44. La ricostruzione se
guita dal sisma del novembre del 1980 è stata la fonte di finanziamento per
la criminalità organizzata per di più di un decennio45. La General Beton
entrava nel Consorzio Cedic. Tale consorzio, costituito nel 1984, riuniva
tutti i produttori di calcestruzzo e materiali inerti della provincia di Caser
ta. Ed era il consorzio stesso a suddividere le quote da versare al clan dei
casalesi. Secondo le dichiarazioni di Carmine Schiavone che ha iniziato a
collaborare con la giustizia nel 1993, la Cedic
fu voluto da Antonio Bardellino, la cui presidenza fu affidata al geometra Giovan
ni Mincione, il quale prima di essere nominato presidente fu ritualmente affiliato
da Bardellino con la pungitura del dito e con la bruciatura del santino della protet
trice del nostro paese Santa Maria Preziosa46.

L'accordo all'interno del consorzio consisteva nel fatto che l'orga


nizzazione camorristica creava le condizioni di fatto che assicuravano
ai consorziati il mantenimento dell'esclusiva (nessuna impresa esterna
poteva scaricare nella loro zona) e in cambio otteneva l'ammissione di
alcune imprese gestite direttamente dal clan, nel consorzio, come la lem
e la società Annunziata calcestruzzi costituite nel 1985; inoltre percepiva
una quota sulle forniture47.

42 L. Gay, Sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Napoli, L'atteggiarsi


delle associazioni mafiose sulla base delle esperienze processuali acquisite: la camorra, in http://
www.csm.it/quaderni/quad_99a/quad_99_3.pdf, pp. 32-4.
43 Ivi, p. 35.
44 Motivazione della sentenza del processo Spartacus, del 15 settembre 2005, in R. Capac
chione, L'oro della camorra, Bur, Roma 2008, p. 27.
45 M. Anselmo, L'impero del calcestruzzo in Terra di Lavoro, in G. Gribaudi, Traffici crimi
nali e reti internazionali dell'illegalità, Bollati Boringhieri, Torino 2009, p. 506.
46 Interrogatorio di Carmine Schiavone del 17-12-1993, in F. Barbagallo, Il potere della ca
morra, Einaudi, Torino 1999, p. 51.
47 Anselmo, Braucci, Questa corte condanna cit., p. 245.

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_ Andrena, Da Campania felix a discarica

Alla fine del 1988, in seguito alla morte di Antonio Bardellino, avve
nuta quello stesso anno, si riuniva il nuovo direttivo dei clan dei casalesi,
guidato da Iovine, Schiavone, De Falco, Bidognetti e Zagaria. Veniva ride
finita l'assegnazione delle zone ai capi-regime:
Le zone di Teverola, Casaluce e Santa Maria La Fossa venivano assegnate a
Francesco Schiavone; Castelvolturno e il litorale Domitio a Walter Schiavone, Ma
rio Iovine e il nipote Stefano Reccia avevano il controllo di Aversa; Enzo de Falco
controllava la zona di San Tammaro e l'alto Mátese; Francesco Bidognetti control
lava Cancello Arnone e il Villaggio Coppola48.

L'intera area controllata dal clan dei casalesi corrisponde alla zona della
Campania felix (area aversana, casertana e litorale domitio). La fine degli
anni ottanta corrisponde alla fase di crisi del processo d'industrializza
zione che ha comportato l'abbandono, in quelle zone, dei grandi distretti
industriali, e, al contempo, allo sviluppo selvaggio dell'urbanizzazione. E
in quella vastità di territorio la camorra casalese trovava un importante al
leato (che viene monitorato e sfruttato per ogni sua potenzialità economi
ca: dall'interramento di rifiuti urbani e pericolosi alla monopolizzazione
del mercato del calcestruzzo e degli inerti al controllo della distribuzione
di alcuni prodotti essenziali).
Era con questo nuovo direttivo che il clan dei casalesi oltre a continua
re a mantenere il monopolio nel settore calcestruzzi iniziava a gestire il
lucrosissimo settore del traffico illecito dei rifiuti speciali, tossici e nocivi
e del settore della nettezza urbana.
In quegli anni Carmine Schiavone per coordinare il Cedic, convocava
diverse riunioni, nelle quali imponeva ai consorziati la suddivisione delle
percentuali da lui indicata.
Il consorzio non si limitava ad avere il monopolio nel settore dell'edilizia
privata ma anche in quello dell'edilizia pubblica. Di fatti alla fine degli anni
ottanta si assisteva all'inizio di una stagione di grandi affari gestiti con note
vole capacità dall'organizzazione che riusciva a influenzare l'assegnazione
dei lavori grazie all'ingresso diretto nelle amministrazioni locali49. La camor
ra in questi anni infiltrava i suoi uomini negli enti locali, «trasformatisi da
amministratori di servizi in erogatori di spese e assegnatari di appalti»50. Se
condo le dichiarazioni di Schiavone in gran parte dei comuni del casertano

48 Interrogatorio di Schiavone del 13-10-1993, pp. 35 sgg., in Barbagallo, Il potere della ca


morra cit., p. 93. A tutti i personaggi citati sono state confermate in via definitiva le condanne
all'ergastolo dalla sentenza emessa dai giudici della I sezione penale della Corte di Cassazione
del 16-01-2010.
49 Si veda Anselmo, L'impero del calcestruzzo in Terra di Lavoro cit., p. 527.
50 Barbagallo, Il potere della camorra cit., p. 55.

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Napoli emergenza rifiuti

veniva imposta la regola fondamentale secondo la quale gli appalti e i lavori infe
riori ai cento milioni potevano essere assegnati autonomamente dai Comuni, senza
sottostare nemmeno a tangenti. Gli appalti superiori ai cento milioni dovevano
invece essere attribuiti indefettibilmente ad imprese che, solo formalmente, risul
tavano assegnatane dei lavori e che provvedevano successivamente a sub-appaltare
i lavori ad imprese dei Casalesi51.

I maggiori interventi pubblici che interessavano la provincia di Caserta,


alla fine degli anni ottanta, furono: i lavori di sistemazione del canalone Regi
Lagni, la costruzione del nuovo carcere di Santa Maria Capua Vetere, la
costruzione della Tav nella tratta compresa tra Roma e Napoli52. Il clan dei
casalesi ha tratto enormi profitti poiché attraverso atti di intimidazione riu
sciva a fare assegnare gli appalti di questi grandi lavori alle ditte direttamente
gestite dal clan (lem, la società Annunziata Calcestruzzi e così via.).
La saldatura tra politica locale e camorra si realizzava sia sul campo
degli appalti e della speculazione edilizia sia sul campo dello smaltimento
dei rifiuti. Alla fine degli anni ottanta Francesco Bidognetti iniziava a inte
ressarsi sia della nettezza urbana che del traffico illecito dei rifiuti tossici.
Dalle testimonianze dei collaboratori di giustizia veniva fuori che ce
mento e immondizia confluivano in un unico grande ciclo produttivo ca
pace di fare incassare ai camorristi, che da quel momento cominciano a
scavare e a riempire i buchi di rifiuti in tutta la zona controllata dal clan
dei casalesi, grosse somme di capitali. Accordi segreti tra il clan e la mag
gior parte dei comuni della Campania felix garantivano nelle gare d'ap
palto la vittoria di ditte direttamente riconducibili alla famiglia del clan
sulla raccolta dei rifiuti urbani. È quanto emerge nelle relazioni dei decreti
presidenziali di scioglimento dei tredici consigli comunali della provincia,
commissariati tra il 1991 e il 1993 in seguito all'approvazione della norma
tiva sul commissariamento delle amministrazioni infiltrate (legge 221 del
1991)53. Attraverso la lettura dei decreti di scioglimento è possibile altresì
conoscere i rapporti e vincoli di parentela tra esponenti del clan locale
e alcuni uomini politici dei comuni sciolti54. I comuni situati tra l'agro
aversano, il litorale domitio e l'area nord del Volturno tolleravano quindi
ogni abuso edilizio, lo scempio del territorio e il suo ulteriore degrado.
L'intreccio tra politica e affari ha determinato la sospensione dell'eserci
zio delle libertà democratiche in quelle zone. Con la legge regionale n.10
del 10 febbraio 1993 la gestione quotidiana dei rifiuti urbani è stato tolto

51 Ivi, p. 114.
52 Corte di Cassazione, II sezione, sentenza del 15-06-2006, p. 507.
53 Rapporto sulla camorra 1991, a cura di I. Sales, Comitato regionale Pds Campania, Gruppo
Pds, Regione Campania. Si veda anche Barbagallo, Il potere della camorra cit., p. 99.
54 Ibid.

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Andretta, Da Campania felix a discarica

ai comuni e demandato ai consorzi di bacino. Tali consorzi sono società


miste multimunicipali che utilizzano i siti di smaltimento individuati dal
commissario straordinario (il commissariamento per l'emergenza rifiuti
in Campania è stato istituito nel febbraio del 1994)55. Complessivamente
i consorzi che operano nella regione Campania sono 14. Essi avrebbe
ro dovuto garantire una razionale gestione dello smaltimento dei rifiuti e
della raccolta differenziata. Nella provincia di Caserta sono stati attivati
quattro consorzi (Cel, Ce2, Ce3, Ce4). L'inchiesta giudiziaria della Dda
(Direzione distrettuale antimafia) di Napoli nell'aprile 2007 tenta dimo
strare come il clan sia riuscito a mantenere il controllo dello smaltimento
dei rifiuti urbani attraverso il consorzio intercomunale Ce4. Il consorzio
si costituisce nell'aprile del 1994 e comprende 18 comuni della provincia
di Caserta nelle zone del litorale domitio e dell'agro aversano e dell'alto
Volturno. Esso per diventare operativo deve dotarsi attraverso una gara
d'appalto di un partner privato che abbia le competenze tecniche e i mezzi
necessari per lo svolgimento dell'attività in questione. La gara, bandita
nel maggio del 2000, viene vinta dall'Ari Flora Ambiente Srl. La scelta del
partner privato porta poi alla costituzione di una società mista pubblico/
privato. Viene così costituita la società mista Eco4 Spa con capitale sociale
di 500 milioni di lire sottoscritto al 51% dal consorzio pubblico e al 49%
dalla Flora Ambiente. Il presidente del consorzio è Giuseppe Valente, am
ministratori della società mista sono i fratelli Sergio e Michele Orsi mentre
Claudio De Biasio - che era stato presidente della commissione aggiudica
taria dell'appalto per la costituzione della società - è direttore generale di
Eco4. Tutti questi personaggi secondo l'inchiesta sono direttamente colle
gabili al clan di Bidognetti, peraltro ancora in corso.
Franco Roberti del pool anticamorra afferma che si tratta di «uno dei
rari casi in cui viene smascherata una società mista pubblico-privata legata
alla gestione dei rifiuti urbani, in cui la prevalente partecipazione mafiosa,
attraverso gli Orsi, ne dirigeva l'esistenza»56.
La vicenda sicuramente più degradante dal punto di vista ambientale in
quei luoghi è quella legata al traffico illecito di rifiuti tossici che ha trasfor
mato l'intera area della Campania felix in una grande discarica di rifiuti
speciali, nocivi e non.

55 Con il decreto legislativo n. 22 del 1997 è entrato in vigore il Piano regionale d'emergenza,
Il Piano prevede la creazione degli ambiti territoriali ottimali di smaltimento (ATOS); ATOS
1-2-3 coincidono con i 4 consorzi compresi nell'area napoletana; ATOS 4 coincide con i bacini
dei consorzi CE1-CE2-CE3-CE4.
56 Si veda sulla vicenda, «Il Mattino», 2 giugno 2008, pp. 2-3; «Corriere della Mezzogiorno»,
5 febbraio 2009, p. 3; «Corriere della Mezzogiorno», 11 novembre 2009, p. 4.

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Napoli emergenza rifiuti

L'intreccio tra traffico illecito dei rifiuti tossici e criminalità organiz


zata viene svelato per la prima volta dal primo boss pentito dell'ecomafia,
Nunzio Perrella, fratello del boss Mario capo del clan storico dei Perrella
che a Napoli dominava nel rione Traiano. Egli diventava collaboratore di
giustizia nel 1992. Dalle sue dichiarazioni è nata una vastissima indagine
denominata Avo lio più 19 condotta dalla Direzione distrettuale antimafia
di Napoli. L'ordinanza di rinvio a giudizio si apriva così:
Tale consorteria mafiosa si proponeva di acquisire, in modo diretto, la gestione
e il controllo totale di tutte le attività di raccolta, trasporto e smaltimento di ogni
rifiuto prodotto da attività industriali o produttive, anche di genere tossico-noci
vo, in zone diverse del territorio nazionale, e in particolare la gestione, in forma
monopolistica, delle discariche ubicate nel casertano e nel napoletano mediante
la corruzione di esponenti politici e pubblici amministratori, per conseguire con
cessioni e autorizzazioni illegittime e per ottenere che i vari organi della pubblica
amministrazione preposto al settore non impedissero le realizzazioni di tali finalità
e anzi le agevolassero57.

Dalle dichiarazioni del collaboratore è emerso, difatti che il clan dei


casalesi aveva creato una vera e propria rete attraverso società d'interme
diazione, di stoccaggio e di trasporto. La prima vera e diretta società dei
rifiuti è stata istituita nel luglio del 1989. Il suo nome è Ecologia 89 (so
cietà di trasporto e smaltimento). Essa nasceva dall'accordo tra Nunzio
Perrella e Francesco Bidognetti, Francesco Schiavone e Vincenzo Zagaria,
i tre capi storici del clan dei casalesi, condannati nel 2010 all'ergastolo in
via definitiva nell'ormai noto processo Spartacus. A gestire la società vie
ne chiamato Gaetano Cerci, nipote di Bidognetti. Si viene così a creare
una rete di società che negli anni si allarga sempre di più fino a ramificar
si sull'intero territorio nazionale. Le prime società che si inseriscono nel
cartello criminale Perrella-Bidognetti sono: l'Alma di Villaricca società di
trasporto e di stoccaggio di rifiuti nel giuglianese, il cui proprietario, Luca
Avolio, veniva arrestato nel corso dell'operazione Adelphi (1991) perché
correo di sversamento di rifiuti tossici in discariche abusive; la società No
vambiente Srl, società di smaltimento, il cui proprietario, Gaetano Vassal
lo, possedeva diverse discariche tra il giuglianese e il casertano. Il nome di
quest'ultimo è noto in quanto dal 1 giugno 2008 è l'ultimo collaboratore
di giustizia che confermerà le dichiarazioni di Perrella. Altra società è la
Setri di Cipriano Chianese, anche lui proprietario di discariche nelle qua
li permetteva di sversare rifiuti, anche quelli più nocivi, provenienti dal
Nord. Il presidente della società Ecologia 89, Gaetano Cerci, e il proprie

57 L'ordinanza di rinvio a giudizio è riportata in Legambiente, Rifiuti S.P.A.. Libro bianco di


Legambiente sullo smaltimento illegale nel Mezzogiorno dei rifiuti urbani e industriali prodotti in
Italia, 3 giugno 1994, in www.legambiente.com, p. 2.

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Andretta, Da Campania felix a discarica

tario di Novambiente, Gaetano Vassallo che hanno avuto un ruolo di pri


mo piano nell'intermediazione per lo smaltimento in Campania dei rifiuti
provenienti dal Nord, prendevano contatti con industriali e società della
Toscana, del Lazio, della Lombardia, del Piemonte e del Veneto. Il car
tello Bidognetti-Perrella aveva siglato un accordo importante con l'allora
assessore all'Ambiente della provincia di Napoli, Raffaele Perrone Capa
no, esponente di spicco del Partito liberale italiano: la camorra accettava
di privarsi di una parte delle tangenti che venivano pagate sui rifiuti, tale
cifra era ceduta ai politici, in cambio delle necessarie autorizzazioni a sca
ricare rifiuti, anche extraregionali, nonostante l'impossibilità giuridica di
ricevere rifiuti fuori regione e di una messa a tacere di quasi ogni forma di
controllo pubblico. Le autorizzazioni per i rifiuti portano tutte le firme di
Perrone Capano. Il patto fissava anche le condizioni economiche: per ogni
kg di rifiuti, 10 lire andavano alla camorra e 25 ai politici conniventi58.
Per meglio comprendere la struttura associativa e la modalità d'azione
della consorteria criminale è utile riportare i risultati dell'operazione Cas
siopea. Tale inchiesta, coordinata tra il 1999 e il 2003 dal magistrato Do
nato Ceglie, sostituto procuratore di Santa Maria Capua Vetere, è indicata
come la madre di tutte le inchieste nel settore del traffico illecito dei rifiuti
poiché rappresenta la prima istruttoria in Italia nella quale vengono con
testati reati associativi finalizzati all'inquinamento ambientale. Il sostituto
procuratore ha svelato in che modo operava dalla fine degli anni ottanta
l'organizzazione criminale nel settore dei rifiuti tossici. Essa seguiva l'in
tera gestione dei rifiuti e ne controllava le vari fasi (raccolta, trasporto,
e smaltimento). I soggetti che la componevano erano gli «intermediari»,
i «trasportatori» e gli «smaltitori». Essi facevano capo rispettivamente a
società di recupero, di trasporto e di stoccaggio.
Queste erano tutte imprese aggiudicatane di opere e servizi connessi
al ciclo dei rifiuti. Gli intermediari si trovavano ai vertici dell'organizza
zione; essi agivano sia a livello centrale, assumendo il compito di rintrac
ciare imprenditori disposti a consegnare i rifiuti pericolosi prodotti dalle
loro imprese, sia a livello periferico con il compito di individuare per
sone compiacenti a ricevere il carico. Nel primo caso penetravano nelle
maglie delle gare di appalto, si ponevano come soggetti che a costi più
che dimezzati risolvevano il problema della gestione dei rifiuti per cen
tinaia di imprenditori. Nell'inchiesta Cassiopea è emerso che imprendi
tori, provenienti per lo più dai poli industriali situati in Piemonte, Lom
bardia, Emilia Romagna, Veneto e Toscana, principalmente da industrie

58 Si veda sull'argomento I. Alessandro, Le vie infinite dei rifiuti. Il sistema campano, Rina
scita edizioni, Roma 2008.

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Napoli emergenza rifiuti

siderurgiche, metallurgiche, cartarie e conciarie, venivano contattati dal


le società di recupero gestite appunto dagli intermediari. Anziché pagare
per ogni kg di rifiuti pericolosi 800/1.200 lire, come previsto dalle norme
in tema di corretto smaltimento nel rispetto della cornice normativa eu
ropea, essi pagavano 80/200 lire per kg, abbattendo così clamorosamente
i costi, pur consapevoli che in tal modo i rifiuti avrebbero preso solo e
esclusivamente la via illegale. I rifiuti recuperati venivano poi trasportati
da società appartenenti all'organizzazione. Per consentire che i rifiuti
fossero trasportati con collaudata tranquillità per tutto il territorio na
zionale, i trasportatori viaggiavano con bolle di accompagnamento in
cui, come previsto dalla legge, venivano riportati i dati sul tipo di rifiuto
che in questa prima fase era correttamente indicato come «pericoloso».
Inoltre nelle bolle veniva indicata la destinazione dei rifiuti a un centro
di stoccaggio, anch'esso una società appartenente alla rete criminale. In
particolare la società inquisita dall'operazione Cassiopea si trovava in
Toscana. Una volta giunti lì i rifiuti non venivano scaricati, come previ
sto dalla legge, ma venivano eseguite due semplici operazioni. La prima
consisteva nel firmare e timbrare la bolla di accompagnamento per avve
nuto smaltimento di rifiuti tossici; la seconda nel produrre l'emissione di
un'altra bolla d'accompagnamento nella quale i rifiuti, pur non avendo
subito alcun trattamento finalizzato alla riduzione della loro tossicità,
venivano indicati come «non pericolosi» e destinati al riutilizzo. I tra
sportatori riprendevano così il viaggio con il falso formulario d'identifi
cazione per dirigersi in provincia di Caserta.
Giunti a destinazione prendevano contatto con l'intermediario che
operava a livello periferico, il quale precedentemente aveva localizzato le
cave, le discariche o terreni su cui sversare illegalmente i rifiuti, sulla carta
urbani ma in realtà altamente nocivi, provenienti dall'industria del Nord.
Dall'inchiesta è stato accertato che la zona che è stata assegnata al de
posito illecito di rifiuti comprende la zona di confine tra la provincia di
Caserta e la provincia di Napoli. Essa include il litorale domitio, l'agro
aversano, l'agro casertano e la zona, definita «triangolo della morte», com
presa tra i comuni della provincia di Napoli (Nola, Marigliano e Acerra).
In questi luoghi sono stati sversati nell'arco di un quindicennio circa un
milione di tonnellate di rifiuti tossici. Si tratta prevalentemente di cadmio,
zinco, scarto di vernici, fanghi di depuratori, plastiche varie, arsenico, pro
dotti delle acciaierie, piombo59. La relazione territoriale della Campania

59 Sull'operazione Cassiopea si veda Traffico illecito di rifiuti tossici: un caso solo campano?
Intervista a Donato Ceglie, a cura di M. Andretta, in «I frutti di Demetra. Bollettino di storia e
ambiente», 16, 2008, pp. 49-59.

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Andrena, Da Campania felix a discarica

redatta dalla commissione parlamentare d'inchiesta sul ciclo dei rifiuti, del
2006 così si esprime sullo stato di questo territorio
Questo è il quadro, ad un tempo desolante e preoccupante, in cui si collocano
le indagini svolte dalle forze dell'ordine nel recente passato, dalle quale è emerso
un territorio martoriato per alcune significative porzioni, e visibilmente oltrag
giato da lunghe e numerose colonne di fumo, sprigionate dai frequenti incendi
di rifiuti, fonti incontrollate di inquinamento da diossina e, quindi, di pericolose
alterazioni dell'intera catena alimentare60.

A conferma di ciò riportiamo i dati del 2007 dell'Apat, l'Agenzia na


zionale per la protezione dell'ambiente; secondo la Campania da sola
ospita il 43% dei veleni d'Italia che corrisponde in termini assoluti a 1.763
kmq di territorio avvelenato. Non a caso il primato nella Campania va al
litorale domitio e l'agro aversano che detengono il record negativo con
163.000 aree inquinate61.

60 Commissione parlamentare d'inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite ad esso
connesse istituita con la legge n. del 20 ottobre 2001, XIV legislatura, Relazione territoriale sulla
Campania del gennaio 2006 e Relazione finale del febbraio 2006, p. 53.
61 Sui dati APAT 2007 si veda www.eddyburg.it.

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Napoli emergenza rifiuti

Figura 1. Provincia di Caserta per zone altimetriche.

Zone altimetriche Comuni Superfìcie territoriale (ha):


7 22.905
I Montagna 49 148.474
■ Collina 48 92·559
Β Pianura totale 104 263.938

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Andretta, Da Campania felix a discarica

Tabella 1. Siti contaminati di interesse nazionale (ai sensi dell'art. 14 del D.


lgs. 22/97 e dell'art. 15 del DM Ambiente 471/99) per regione.
Perimetrazione

Acqua Terra Totale


ettari

Litorale Domitio
Flegreo ed Agro
22.505 141.382 163.887
Aversano
(Caserta -Napoli)

Fonte: Apat, Centro Tematico Nazionale Territorio e Suolo, 200

Tabella 2. Descrizione territoriale della provin

Superficie in ha Valore in percentuale N

Montagna 22.905 8,7% 7

Collina 148.474 56,3% 49

Pianura 92.559 35% 48

Prov. 263.938 100% 104


di Caserta

Fonte: Istituto Centrale di Statistica, 1° Censimento generale dell'agricoltura, Roma 1961.

Tabella 3. Utilizzazione del suolo nella provincia di Caserta nel 1953.

Superficie Valore percentuale della


in ha superficie agraria
e forestale (%)
Superficie agraria e forestale di cui: 252.077 100%
- coltivazioni erbacee
avvicendate (seminativi) 154.830 61%

- coltivazioni legnose 28.464 11%

- coltivazioni a prati permanenti e pascoli 21.258 8%


- altro 47.525 20%

Superficie territoriale 263.938

Fonte: Istituto Centrale di statistica, Annuario di statistica agraria, Roma 1954.

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Tabella 4. Principali coltivazioni nel 1953.


Coltivazioni: Superficie in ettari
- erbacee avvicendate (seminativi)
cereali 80.949

fagiolo 18.618
patata 6.004
pomodoro 1.857
tabacco

canapa 16.100

- legnose specializzate
18.930
vite

olivo 13.565

- foraggere permane
1.861
prati asciutti e irrigu
prati irrigui
prati-pascoli 5.639
13.454
pascoli

Superficie territoriale 263.938

Fonte: Istituto Centrale di statistica, Annuario di statistica agraria, Roma

Tabella 5. La situazione economica nel 1951.

1951 Indice di composizione Quota di pa


sulla popolazione al reddito delle s
attiva (%) professioni (%)
Popolazione attiva 241.917 100%

Agricoltura 145.105 60,0% 42,3%


Industria 54.645 22,6% 16%

Attività terziaria 42.167 17,4% 24,8%

Popolazione 601.372
residente

Fonte: Camera di commercio Industria Artigianato e Agricoltura, Lineamenti economia della provincia
di Caserta, 1951-61, Caserta 1964.

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Tabella 6. Modificazioni colturali (1953-61).

Superficie in ettari 1953 1961


canapa 16.100 8.000

pomodoro 1.857 4.790

tabacco —
2.261

fava 5.448

pesco 816 2.194

ciliegio promiscuo 6.920 20.147

Fonte: elaborazione dell'autore dai dati dell'Istituto Centrale di Statistica, Annuario di Statistica Agra
riay Roma 1953-90.

Tabella 7. Addetti all'industria.

Variazione in per
1961 1971 1981 centuale
1961-91

Addetti
all'industria 21.902 32.804 51.155 + 133%

Fonte: F. Ventriglia, L'industrializzazione della provin


co), Caserta 1963.

Tabella 8. Quota di partecipazione delle s


1951
Quota di partecipazione 1981
(%)

Agricoltura 42,3 15

Industria 16 28

Attività terziaria 4,8 37

Fonte: M. Pignataro, A cinquantanni dalla ricostituzione della provincia di Caserta in AaVv, Economia
e sviluppo in una provincia che cambia, Guida, Napoli 1990.

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Tabella 9. Reddito pro capite della provincia di Caserta (1951-81).


1951 1961 1973 1981

Reddito 96.764
315.800 966.940 5.621.600
pro capite (lire)

Percentuale del
reddito rispetto 53% 59% 68,1% 72,5%
alla media nazionale

Fonte: elaborazione dell'autore da Istituto nazionale di statistica


Caserta, aa. 1951-1991, Roma 1992; Archivio di Stato di Caserta,

Tabella 10. Popolazione residente (1951-91).


1951 1961 1971 1981 1991 Variazione in
percentuale
1951-91

Popolaz.
residente 601.372 649.327 677.959 755.628 815.815 + 35,65%

montagna 18.893 18.882 17.938 18.768 19.004 +0,6%

collina 232.121 236.855 231.909 243.752 252.421 +8,7%

pianura 350.034 393.621 428.369 493.020 544.360 +55,51%

area Asi 308.766 352.060 396.378 453.350 488.949 +58,35%

Fonte: elaborazione dell'autore da Istituto Nazionale di Statistica, Popolazione e abitazioni, Provincia di


Caserta, aa. 1951-1991, Roma 1992; Archivio di Stato di Caserta, Archivio Capobianco, b. 234 f. 2343.

Tabella 11. Numero delle abitazioni nella provincia e nell'area Asi.

1951 1961 1971 1981 1991

Abitazioni
prov. di Caserta 139.072 164.560 186.038 252.454 313.825
Abitazioni
area Asi 60.872 85.874 102.186 129.682 161.713
Incidenza
abitazioni in area Asi 43,77% 52,18% 54,92% 51,36% 51,52%

Fonte: elaborazione dell'autore da Istituto nazionale di statistica, Popolazione e abitazioni, Provincia d


Caserta, aa. 1951-1991, Roma 1992; Archivio di Stato di Caserta, Archivio Capobranco, b. 234 f. 2343.

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Tabella 12. Superficie agricola utilizzata della provincia (1961-91).

Superficie 1961 1971 1981 1991 Variazione


in ettari percentuale
(1961-91)

Intero
territorio 234.167 154.995 137.194 126.967 - 45,77%
Pianura 79.999 64.197 57.093 48.586 - 39,26%

Fonte: elaborazione dell'autore da Istituto centrale di statistica, /-/V, Censimento Generale d


ra, Provincia di Caserta, Roma 1961-91.

Tabella 13. Alterazioni dell'uso del suolo (1951-91).

Superficie in ettari
1953 1991

Coltivazioni erbacee avvicendate:

frumento 59.436 16.800

granoturco 21.513 9.000

fagiolo 18.618 2.536

patata 6.004 3.920

pomodoro 1.857 4.095

tabacco —

10.468

canapa 16.100

Colture legnose specializzate:


vite 18.930 6.440

olivo 13.565 8.045

Coltivazioni foraggere permanenti:

prati asciutti e irrigui 1.861 1.000

prati irrigui

prati-pascoli 5.639 9.750

13.454 12.310
pascoli

Superficie territoriale 263.938


Fonte: elaborazione dell'autore da Istituto Centrale di Statistica
1953-90.

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Napoli emergenza rifiuti

Tabella 14. Addetti all'industria e unità locali (1981-91).


1981 1991 Differenze In valore percentua
le %

Addetti all'indu
stria 51.155 35.987 -15.168 -29,65%
Unità locali 5.105 3.977 -1.128 -22,10%

Fonte: Pignataro, Una provincia che vuole risorgere. L'economia


vicino, Collegio Tipografia Grafica Stile, Casoria 1993

Tabella 15. Strutture abitative (1961-71).


1951 1961 1971 Indice di variazione
1971-51

Area Asi di Caserta

stanze 153.567 209.953 310.243 2,02

Regione Campania
stanze 2.348.382 3.211.353 4.453.191 1,90
Italia

stanze 37.342.217 47.527.666 63.234.418 1,33

Fonte: ASCe, Archivio Capobianco, b. 184, f. 2037, Ricerca sulle struttu


trasporti nell'area di gravitazione dell'ASI di Caserta, 1961-1971.

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