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Vetera Christianorum Antonio Enrico FELLE


42, 2005, 233-250

Epigrafia pagana e cristiana in Sicilia:


consonanze e peculiarità *

Nel 1941 Antonio Ferrua introduceva il suo ampio saggio sull’Epigrafia


sicula pagana e cristiana 1 con queste testuali parole: «Uno dei problemi più
difficili, che spesso deve porsi lo studioso di epigrafia antica, è quello dei cri-
teri che valgano a garantire la cristianità di un’iscrizione o il suo carattere pa-
gano» 2. In questa enunciazione, già sessanta anni fa, Ferrua aveva in sostanza
colto il nodo nevralgico della prassi epigrafica tardoantica evidenziando im-
plicitamente i due poli (pagano e cristiano) di una dialettica che si protrasse
per almeno due secoli. D’altra parte, l’intero contributo di Ferrua ha proprio
come esplicito obiettivo quello di individuare criteri plausibili per definire,
nella produzione epigrafica della Sicilia tardoantica, il suo carattere “cri-
stiano” e “non cristiano”. Il limite, almeno apparente, della problematica sol-
levata da Ferrua consiste essenzialmente nel ricercare degli elementi discrimi-
nanti o comunque caratterizzanti nell'ambito delle categorie religiose le quali
peraltro – lo si deve riconoscere – si propongono comunque come elementi
ineludibili. Attribuendo d'altra parte eccessivo peso al dato religioso si rischia
di approdare, dal punto di vista storico, a veri e propri nonsense 3.

* Relazione tenuta al X Congresso Internazionale sulla Sicilia Antica: Pagani e cristiani in


Sicilia (secoli IV-V) (Palermo-Siracusa, 22-27 aprile 2001). L’apparato bibliografico è quindi
aggiornato al 2001.
1 A. Ferrua, Epigrafia sicula pagana e cristiana, in Rivista di Archeologia Cristiana 17,
1941, 151-243.
2 Ferrua, Epigrafia sicula cit., 151.
3 Una efficace esemplificazione può essere offerta dall’ambito onomastico. Ancora oggi è ri-
tenuta valida da alcuni una interpretazione per così dire “penitenziale”, come di nomi “vitupere-
voli” o “di umiliazione”, dei cosiddetti pejorative names (come ad esempio Stercorius), che
Kajanto già da quarant’anni ha invece inquadrato più semplicemente (e più correttamente dal
punto di vista storico) come esito tardo (dunque solo per questo più frequente nelle testimonianze
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In particolare per la Sicilia, il quadro è inoltre complicato dalla indubbia


presenza, provata dai numerosi rinvenimenti, di un sostrato religioso compo-
sito, alla cui formazione concorrono cristianesimo, gnosticismo, ebraismo,
culti egizi: difficile ad esempio stabilire, di fronte ai cosiddetti “amuleti” 4, un
confine tra “cristiano” e “non cristiano”, specie poi quando questi oggetti
siano rinvenuti in contesti sulla carta “affidabili” come ad esempio gli inse-
diamenti funerari sicuramente gestiti e frequentati dalle comunità cristiane lo-
cali. Almeno fino all’avvento di Costantino il culto isiaco o il mitraismo
erano, rispetto al cristianesimo, di pari se non superiore rilevanza nel compo-
sito panorama religioso del mondo romano e non contraddice questo quadro la
stessa città di Siracusa 5.
È necessario considerare in prima istanza, come opportunamente è stato sot-
tolineato a proposito dei materiali pertinenti la città di Roma 6, che anche in Si-
cilia la documentazione epigrafica dei cristiani della tarda antichità è, in assoluta
maggioranza, costituita da iscrizioni che si lasciano definire come “funerarie”.
Ancora prima di essere espressione di un credo religioso, la funzione pri-
maria di una iscrizione sepolcrale, anche di committenza cristiana, è in prima
istanza, al di là del suo testo, la sua stessa esistenza: il supporto materiale
dell’epitaffio assolve un ruolo primario, quello di segnacolo (sÁma 7) del se-
polcro, ai fini di evidenziare la tomba in quanto locus religiosus, sia per pro-
teggerla, sia anche e soprattutto per definire il sepolcro come monumentum

epigrafiche dei cristiani) dell’evoluzione di soprannomi di prassi tradizionale – in seguito entrati


nel repertorio dei cognomina – assegnati in origine generalmente per le qualità fisiche del singolo
individuo. Si tratta di “uncomplimentary nicknames”: da ultimo cfr. I. Kajanto, Roman Nomen-
clature during the Late Empire, in I. Di Stefano Manzella (a cura di), Le iscrizioni dei cristiani in
Vaticano. Materiali e contributi scientifici per una mostra epigrafica (Inscriptiones Sanctae Se-
dis, 2), Città del Vaticano 1997, 108 e nota 32; si noti che in questo stesso volume P. Lombardi (Le
iscrizioni greche cristiane nei Musei Vaticani, p. 48) e D. Mazzoleni (scheda 3.8.5, p. 304) ripro-
pongono l’interpretazione di questi cognomina “d’umiliazione” come d’uso esclusivamente cri-
stiano, e pertanto riconducibili ad un'ideologia religiosa.
4 Cfr. e.g. tra i tantissimi casi la laminetta di rame di Akrai: F. P. Rizzo, I `formulari di
Mosé' in un documento acrense: paure e speranze dell'uomo tardoantico, in Atti della Accade-
mia di Scienze Lettere e Arti di Palermo, 1994-95, 1-64.
5 Sul mitraismo a Siracusa, cfr. da ultimo R. Greco, Pagani e cristiani a Siracusa tra il III e
il IV secolo d.C. (Supplementi a Kokalos, 16), Roma 1999, 29-30, dove si riferisce tra l'altro
della presenza, nel mitreo rinvenuto nel quartiere di s. Lucia, di una lucerna recante sul disco un
cristogramma entro una corona; culti di origine egizia, soprattutto per Iside e Serapide, sono
bene attestati a Siracusa in età imperiale (cfr. Greco, Pagani e cristiani cit., 35-42).
6 C. Carletti, Nascita e sviluppo del formulario epigrafico cristiano: prassi e ideologia, in Di
Stefano Manzella, Le iscrizioni dei cristiani cit., 143-144.
7 Cfr. A. Ferrua, Nuovi studi nelle catacombe di Siracusa, in Rivista di Archeologia Cri-
stiana 17, 1940, 48.
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(mnÁma 8), destinato a mantenere nel tempo, appunto su un “materiale dure-


vole” la memoria dei defunti 9. La funzione memoriale, ai fini della persi-
stenza del ricordo di uno specifico individuo, è il primo reale movente
dell’estensione di un epitaffio, costituito da segni, appunto, apposti ™pˆ tafù,
sulla tomba.
In questo tipo di iscrizioni, la presenza di uno specifico religioso, sia cri-
stiano sia non, oltre che poco rilevante dal punto di vista quantitativo, è scar-
samente significativo sul piano qualitativo 10. È insomma evidente che indivi-
duare nel solo dato testuale della documentazione epigrafica dei cristiani ele-
menti che ne definiscano uno specifico non sempre è possibile. Come osser-
vava sempre Ferrua nel 1941, «gli indizi di cristianesimo o paganesimo… non
si presentano ugualmente nell’epigrafia di tutte le regioni, né in ogni regione
sogliono avere lo stesso valore» 11; aggiungerei, proprio per la presenza di di-
versi sostrati di prassi epigrafiche tradizionali dalle quali la committenza, pur
aderendo ad un nuovo credo religioso, né potè né forse volle distaccarsi.

I contesti

Del resto, anche nella documentazione epigrafica dei cristiani di Roma, di


gran lunga la più consistente e la più studiata, uno specifico cristiano è indivi-
8 Cfr. Inscriptiones Graecae Christianae Veteres Occidentis, ed. C. Wessel, Barii 1989
(d’ora in avanti citato con l'acronimo IGCVO), nn. 185; 829; mnhme‹on è attestato in IGCVO
309, 826, 860, 886; Ferrua, Epigrafia sicula cit., 131.
9 Cfr. A. Petrucci, Le scritture ultime, Torino 1995, 9-11.
10 Un’esemplificazione di quanto sia percentualmente poco incidente l’istanza strettamente
dottrinale e religiosa nella documentazione epigrafia dei cristiani può essere offerta dall’inda-
gine, che ho ormai concluso, volta ad individuare la presenza di citazioni bibliche nelle iscri-
zioni dell’orbis christianus antiquus tra III e VIII secolo. Tale repertorio scritturistico – che in
linea di principio si potrebbe ragionevolmente ritenere il principale serbatoio testuale di una
“epigrafia”, appunto, “cristiana”, manifestazione diretta di un vero e proprio specifico cristiano
– ha fatto registrare, come primo immediato esito, l’estrema scarsità di testimonianze utili; in
secondo luogo, ne è risultato un quadro quanto mai frammentato e discontinuo, tale da fare in-
dividuare come unico dato comune il carattere singolare e mai sistematico di tali presenze scrit-
turistiche, e ciò in particolare nell’ambito funerario. Cfr. A. E. Felle, Epigrafia e Sacra Scrit-
tura fra Oriente e Occidente, in Akten des XIV Congressus Internationalis Archaeologiae Chri-
stianae: Frühes Christentum zwischen Rom und Konstantinopel (Wien, 19.-26. September
1999), Wien - Città del Vaticano c.s., 353-359, taff. 101-107; quanto detto per la presenza della
Bibbia nella documentazione epigrafica dei cristiani può valere – anche se ancora in quasi to-
tale assenza di indagini specifiche – anche per la ricerca di sistematici ed espliciti riflessi della
prassi liturgica e catechetica, o di riferimenti a dogmi o sacramenti: si vedano e.g. i documenti
– pur significativi – raccolti da A. Ferrua, La polemica antiariana nei monumenti paleocri-
stiani, Città del Vaticano 1991.
11 Ferrua, Epigrafia sicula cit., 152.
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duabile in prima istanza non nei testi delle iscrizioni, ma piuttosto nei relativi
contesti monumentali di appartenenza. È possibile infatti parlare di una vera e
propria “prassi epigrafica dei cristiani”, a Roma, soltanto dai primi anni del III
secolo, con la provata creazione di un’area funeraria ufficialmente destinata
ad uso, appunto, specifico ed esclusivo della comunità cristiana, il
koimht»rion di cui fa menzione l’autore anonimo (altrimenti detto Pseudo-Ip-
polito) dell’Elenchos (IX, 12, 14), area cui Zefirino, vescovo romano tra il
199 e il 217, prepone il diacono Callisto, da cui poi il cimitero prenderà il
nome che ancora oggi porta 12. In assenza di coordinate monumentali, alla fine
di ogni dibattito in materia – che a volte rasenta la mera antiquaria – qualsiasi
tentativo di attribuzione di un'iscrizione precostantiniana a committenza cri-
stiana o non cristiana è destinato a rimanere irrisolto, come accade per alcuni
documenti romani, noti proprio per la loro problematicità, quali ad esempio la
stele di Iulia Calliste, o quella, ancora più famosa, di Licinia Amias 13.
La connessione tra documento epigrafico e il suo contesto monumentale di
pertinenza è dunque il dato da privilegiare. In questa ottica, per quanto ri-
guarda la Sicilia, la maggiore concentrazione di insediamenti funerari sicura-
mente pertinenti a cristiani, nonché la quantità di documenti epigrafici di com-
mittenza pure cristiana, seconda in Occidente alla sola Roma, rende la città di
Siracusa il centro privilegiato d’attenzione 14.

L’età precostantiniana

Nell’ambito del nostro tema, il rapporto tra prassi epigrafica di tradizione


ed eventuali elementi di innovazione da ricondurre eventualmente ad una ma-
trice cristiana, è ovvio che l’analisi – che procederà ovviamente con esempli-
ficazioni a carattere indicativo – deve tralasciare in questa prima fase la docu-
mentazione in assoluto più consistente, quella cioè relativa al cimitero di s.
Giovanni, con ogni probabilità assegnabile nel suo sviluppo al pieno IV se-

12 Il titolo originale dell’opera è `O katΔ pasîn aƒres≈wn œlegcoj. Vedi Refutatio om-
nium haeresium, in Hippolytus Werke, 3. Band, hrsg. von P. Wendland (GCS, Bd. 26), Leipzig
1916, 248; Hippolytus, Refutatio omnium haeresium, ed. by M. Marcovich (Patristische Texte
und Studien, Bd. 25), Berlin-New York 1986, 353. Sulla controversa questione della identifica-
zione dell’autore dell’Elenchos, vedi la recente sintesi di M. Simonetti, Introduzione, in Ippo-
lito, Contro Noeto, a cura di M. Simonetti (Biblioteca Patristica 35), Bologna 2000, 88-139.
13 ICVR, II 4246. Da ultimo su questo documento cfr. C. Carletti, ICQUC ZWNTWN. Chiose
a ICVR, II 4246, in Vetera Christianorum 36, 1999, 15-30 (anche in G. Paci (a cura di), EPI-
GRAFAI. Miscellanea epigrafica in onore di Lidio Gasperini, Tivoli 2000, 189-204).
14 D’altra parte, il primo vescovo siciliano attestato con certezza è proprio siracusano, Cre-
stus, invitato al concilio di Arles del 314 (cfr. Eus. Hist. Eccl., X, 5, 21-24).
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colo 15; invece vanno considerati in primo luogo gli insediamenti ritenuti
d’origine e d’uso precostantiniani 16, cioè: alcune gallerie del cosiddetto Cimi-
tero Maggiore, altrimenti detto di s. Diego 17, e la catacomba di s. Maria di
Gesù, entrambi nel complesso cimiteriale di Vigna Cassia; inoltre, pare pos-
sano risalire ad età precostantiniana anche alcuni ristretti settori della cata-
comba di s. Lucia, precisamente le regioni A e B, che allo stato attuale risul-
tano poco utili ai nostri fini, dato il pessimo stato di conservazione conse-
guente all'uso improprio che di tali zone della catacomba è stato compiuto du-
rante la II guerra mondiale 18.
Il noto ritrovamento, all'interno di tre loculi nella galleria H nel cimitero
cosiddetto di s. Diego nel complesso cimiteriale di Vigna Cassia, di numerose
monete in bronzo datate tra il 270 e il 273 19, è un elemento significativo, ma
di per sé non sufficiente a stabilire con certezza assoluta una cronologia 20:
questo dato però assume un valore indiziario notevole quando lo si colleghi al
dato topografico (simile anche alle regioni già citate di s. Lucia e di s. Maria
di Gesù), della presenza di ambulacri alti, lunghi e stretti, e quando soprattutto
tale elemento sia connesso alla sistematica presenza nel cimitero di un unico
tipo sepolcrale, la tomba parietale a loculo, di contro ad una quasi completa

15 S. L. Agnello, Problemi di datazione delle catacombe di Siracusa, in Scritti in onore di


Guido Libertini, Firenze 1958, 66-69.
16 Cfr. Agnello, Problemi di datazione cit., 70-75 (per il Cimitero Maggiore, cfr. 70-74; s.
Maria di Gesù, 74-75; regione B di s. Lucia, 73). «In den Friedhofen von Vigna Cassia, S. Ma-
ria di Gesù und s. Lucia sind in den letzten Jahren keine neuen archäologischen Untersuchun-
gen durchgeführt werden»: così M. Sgarlata, Frühchristliche Archäologie in Sizilien. Neue For-
schungen und Entdeckungen, in Römische Quartalschrift für christliche Altertumskunde und
Kirchengeschichte 90, 1995, 165. Da ultimo cfr. M. Griesheimer, Les catacombes de Syracuse,
in Les dossiers de l’archéologie 205, 1997, 98-109.
17 Agnello, Problemi di datazione cit., 71: «nel Cimitero Maggiore si possono … distinguere
almeno tre fasi: la prima, più antica, comprendente i piani superiori delle regioni B. D. G e le
regioni C ed H… Del nucleo originario può essere scelto come tipico quello costituito dagli
ambulacri della regione H, lunghi ed angusti, con pile di loculi che si sovrappongono l’uno
all’altro sino a raggiungere il numero di 13; rarissimi gli arcosoli e, di questi, alcuni palese-
mente più tardi. Tutto accenna, nei confronti di s. Giovanni, ad una maggiore arcaicità: il for-
mulario delle iscrizioni, solo alcune delle quali incise su marmo e su pietra; lo stile delle pit-
ture, che in taluni casi tocca certamente il sec. III; la totale mancanza di grandi sarcofagi isolati
come, sempre a s. Giovanni, nella rotonda delle sette Vergini».
18 Su s. Lucia, cfr. S. L. Agnello, Recenti esplorazioni nelle catacombe siracusane di s. Lu-
cia, I, in Rivista di Archeologia Cristiana 30, 1954, 7-60 (regioni precostantiniane); S. L.
Agnello, Recenti esplorazioni nelle catacombe siracusane di s. Lucia, II, in Rivista di Archeo-
logia Cristiana 31, 1955, 7-50 (regione C).
19 S. Garraffo, Su alcuni rinvenimenti monetari nell'area cimiteriale della ex Vigna Cassia a
Siracusa, in Rivista di Archeologia Cristiana 57, 1981, 283-324.
20 Cfr. infatti G. Manganaro, Intervento, in Kokalos 18-19, 1972-73, 262.
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assenza di cubicoli e dei profondi arcosoli che invece caratterizzano e deter-


minano la topografia degli insediamenti funerari ipogei d'età postcostanti-
niana, quale la stessa catacomba di s. Giovanni. Dal punto di vista tipologico,
questi insediamenti funerari siracusani possono essere assimilati ai nuclei più
antichi degli insediamenti comunitari romani 21.
È d’obbligo dunque porsi la questione se anche la documentazione epigra-
fica di tali nuclei cimiteriali precostantiniani di Siracusa sia in qualche modo
confrontabile con la contemporanea prassi epigrafica adottata dalla comunità
cristiana romana.
In una ottica che prevede come primo elemento di valutazione della docu-
mentazione epigrafica il riferimento ai monumenti contenitori, dove assu-
mono significatività soltanto quei documenti di sicura pertinenza ad un conte-
sto definito, la situazione siracusana è alquanto scoraggiante.
Nel cimitero di s. Lucia soltanto un’epigrafe, quella di Kaste‹na Rwma…a,
risulta pertinente ad una delle regioni precostantiniane, ma è collocata in un
cubicolo (il V), che appartiene ad una fase di utilizzo seriore della zona. An-
che le numerose iscrizioni che si dicono di generica provenienza dal com-
plesso di Vigna Cassia, per le quali non è ormai più possibile risalire al luogo
esatto di rinvenimento all'interno del cimitero, sono in gran parte non utilizza-
bili, poiché il complesso di Vigna Cassia comprende sia il già citato Cimitero
Maggiore o di s. Diego (con fase pre- e post-costantiniana), sia la cosiddetta
catacomba di Marcia, databile invece con certezza ad età postcostantiniana. Il
medesimo complesso cimiteriale di Vigna Cassia comprende anche la piccola
catacomba di s. Maria di Gesù che, ben distinta dagli altri nuclei cimiteriali
contigui, ha uno sviluppo topografico totalmente autonomo. Questo insedia-
mento offre, pur se con un numero sensibilmente minore di iscrizioni (meno
di trenta, comprendendo anche i frammenti 22), una documentazione sicura-
mente più definita, dal momento che il contesto monumentale di pertinenza
non sembra avere subito ristrutturazioni di notevole entità successive al suo
primitivo impianto, che Santi Luigi Agnello datava ultimamente alla metà del
III secolo 23.
Come si diceva in apertura, le iscrizioni dei cristiani (e dunque anche
quelle dei cristiani di Siracusa), sono in primo luogo iscrizioni funerarie, che

21 Da ultimo cfr. Griesheimer, Les catacombes de Syracuse cit., 100-102.


22 Riprendo questi dati da una accurata collazione compiuta dalla dott.ssa Luisa Mignozzi,
cui va il mio ringraziamento: Produzione epigrafica di committenza cristiana a Siracusa, tesi di
laurea in Epigrafia e Antichità cristiane, Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università degli
Studi di Bari, a.a. 1999-2000.
23 Così riferisce Greco, Pagani e cristiani cit., 55 nota 22.
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di per sé non necessariamente sono espressione diretta di appartenenza reli-


giosa: e infatti la documentazione epigrafica pertinente ad uno dei più antichi
cimiteri di cristiani di Siracusa consiste di iscrizioni in maggioranza “neutre”.
Quindici epigrafi sulle ventisei utili (corrispondenti dunque al 58% della do-
cumentazione) riportano testi che non possono definirsi, in sé, né pagani né
cristiani; in sei di queste epigrafi “neutre”, dai testi comunque molto brevi,
compaiono formule locative seguite dal nome, o genitivi di proprietà, l'indica-
zione dell'età del defunto, insomma nulla che possa comunque costituire un
esplicito riferimento ad un credo religioso piuttosto che ad un altro.
Colpisce però che nove di tali epigrafi cosiddette “neutre” (dunque circa i
due terzi, il 60%) constino del semplice elemento onomastico del defunto. La
maggioranza di queste iscrizioni sono tracciate sulla calce di chiusura dei lo-
culi, come per le epigrafi di 'Aqhna…j, Biktwrian», di Dik£sth, di Kouinta,
di M£rij, di Sabb£tij 24. Non è possibile stabilire con certezza se si sia in
presenza di un esito obbligato dalla esiguità del supporto e dalla tecnica scrit-
toria usata, o piuttosto si possa riconoscere in queste testimonianze una voluta
divergenza dalla prassi epigrafica di tradizione. Un possibile elemento a fa-
vore di questa ultima ipotesi è la assoluta mancanza in queste iscrizioni dei
dati retrospettivi, quali ad esempio l'età vissuta, la filiazione, l'indicazione del
mestiere; e si giunge a non ricordare nemmeno uno degli elementi più caratte-
rizzanti (ma non esclusivo 25) della prassi epigrafica dei cristiani, l’indicazione
del giorno della morte o della deposizione. L'impressione generale è quella di
una analogia con la contemporanea prassi epigrafica della comunità cristiana
di Roma. Uno studio comparativo della documentazione pertinente ai vari nu-
clei cimiteriali comunitari d'età precostantiniana di Roma, proposto da Carletti
nel 1986 26, oltre a porre la necessaria distinzione tra epigrafia “cristiana” ed
epigrafia “dei cristiani”, evidenziava una marcata convergenza delle testimo-
nianze epigrafiche più antiche, pertinenti a tali nuclei, verso un modello unico,
che, per così dire, in negativo – cioè riducendo il formulario epigrafico al suo
minimo termine, cioè alla sola indicazione onomastica – definiva una nuova
“prassi”, che più recentemente il medesimo Carletti ha definito una “prassi an-
tisistema” 27 nel suo porsi evidentemente come innovativa, dirompente rispetto

24 Rispettivamente, cfr. A. Ferrua, Note e giunte alle iscrizioni cristiane della Sicilia, Città
del Vaticano 1989, nn. 252; 255; 256; 262; 263; 264.
25 Vedi infra, pp. 243-244.
26 C. Carletti, Epigrafia cristiana, epigrafia “dei cristiani”. Alle origini della terza età del-
l'epigrafia, in La terza età dell'epigrafia (Colloquio AIEGL - Borghesi 86), Epigrafia ed an-
tichità 9, Faenza 1988, 115-135.
27 C. Carletti, Nascita e sviluppo cit., 145-148.
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alla tradizione, anche e soprattutto in un ambito, quale quello funerario, per


sua natura estremamente conservatore. La coincidenza tra la creazione di ci-
miteri “di diritto comunitario”, la scelta di una uniformità tipologica nel tipo
sepolcrale della tomba parietale a loculo, e l'elaborazione di una prassi epigra-
fica alternativa rispetto alla tradizione non può essere considerata casuale; tale
convergenza è stata collegata direttamente alla comprovata svolta in senso
“monarchico” dell'episcopato della comunità cristiana romana, a partire dal
pontificato di Vittore, proseguita poi con Zefirino e Callisto 28, nel senso di un
maggiore “dirigismo” del vescovo romano anche in un ambito in fondo pri-
vato e personale, quale appunto quello funerario.
Dunque siamo di fronte ad una nuova prassi, “in negativo”, semplificativa
che, a Siracusa come a Roma, come anche a Cartagine o ad Hadrumetum 29
sembra abbandonare volutamente anche quelle comuni espressioni elogiative
quali a Siracusa possono essere considerate √ de‹na kalÁj mn»mhj, oppure √
de‹na crhstÕj kaˆ ¥memptoj (su quest'ultima appuntò la propria attenzione
Ferrua nel 1941, ritenendolo segnale sicuro di “paganesimo” 30), il cui ruolo di
elogium minimale, che non si nega a nessuno, nelle epigrafi funerarie romane
è svolto dall’altrettanto classico benemerenti 31.
Nella documentazione del cimitero siracusano di S. Maria di Gesù soltanto
nove epigrafi (dunque solo circa un terzo del totale) possono definirsi dichia-
ratamente di committenza cristiana, essenzialmente per la presenza in esse
della menzione della data di morte o di deposizione (che ricorre comunque in
soli cinque casi, di cui uno inoltre sicuramente postcostantiniano per la pre-
senza del monogramma cristologico 32); elemento, questo, sicuramente inno-
vativo rispetto alla prassi epigrafica funeraria di tradizione. Il segno specifico
del monogramma cristologico, oltre a definire con la sua stessa presenza come
“cristiane” altre due iscrizioni, ne sposta la datazione almeno alla prima età
costantiniana. Si tratta della semplicissima epigrafe, graffita sulla calce, di un
tale FhlikianÒj, che si specifica provenire ¢pÕ Qermîn 33 e, all'opposto,

28 Cfr. M. Simonetti, L’età antica, in Enciclopedia dei Papi, vol. I, Roma 2000, 12-15.
29 Ch. Pietri, Inscriptions funéraires latines, in Christiana respublica. Éléments d'une en-
quête sur le christianisme antique, Rome 1997, vol. III, 1439; cfr. anche ILCV 3965/3965F.
30 Ferrua, Epigrafia sicula cit., 180.
31 Cfr. Ch. Pietri, Christiana tempora: une nouvelle image de l'homme, in Cristianesimo
nella Storia 6, 1985, 223.
32 Si tratta di una piccola lastra marmorea: Trof…mh ™nq£de ((christogramma)) / ™teleÚth-
sen tÍ / prÕ e/ e„dîn aÙgoÚstou: S. L. Agnello, Iscrizioni cemeteriali inedite di Siracusa, in
Rivista di Archeologia Cristiana 36, 1960, 41.
33 Cfr. Ferrua, Note e giunte cit., n. 266.
EPIGRAFIA PAGANA E CRISTIANA IN SICILIA: CONSONANZE E PECULIARITA 241

della articolata iscrizione – l’unica, in s. Maria di Gesù, a dichiarare esplicita-


mente il credo dei committenti – di Ciriaco, figlio di Ciriaco e Salvia 34, che
raccomandano «la sua anima in eterno con i santi, nel nome di Gesù Cristo»
(e„j ™îna metΔ tîn ¡g…wn aÙtoà tÕ yuc…n ™n ÑnÒmati 'Ihsoà Cr(istoà)),
dove il monogramma cristologico è usato come compendium scripturae, come
accade frequentemente nelle sue prime utilizzazioni.
Come è stato osservato recentemente, è vero che nulla prova che la cata-
comba di s. Maria di Gesù sia stato un cimitero della comunità cristiana di Si-
racusa 35: ma, se non come vere e proprie prove, almeno come indizi favore-
voli in questo senso devono essere considerati sia il numero stesso delle se-
polture, sia la quasi totale uniformità della tipologia sepolcrale adottata, quella
della tomba parietale a loculo, sia anche e soprattutto la marcata tendenza
della prassi epigrafica del cimitero a divergere dalla tradizione.
Una notevole eccezione al panorama generale del cimitero – che finisce
per essere la classica conferma alla regola – è il sarcofago, oggi conservato
nel Museo Nazionale a Palermo, di Fretensia Statia Scribonia, che si presenta
come coerente espressione della prassi funeraria tradizionale 36; va detto però
anche che nel suo apparato decorativo non appare nulla che ne possa fare sup-
porre una matrice dichiaratamente non cristiana.
L'iscrizione è impaginata regolarmente, incisa con caratteri di modulo
uniformemente tendente al rapporto di 2:1 tra altezza e larghezza, cioè consi-
derevolmente allungati. La tabula ansata, con semplice cornice a gola rove-
scia, in cui è posto il titolo, è affiancata da due edicole campite da due astratti
motivi geometrici a rombo.

Frethns…a Stat…a Skreibwn…a


œzhsen ¢m≈mptwj kaˆ semnîj
œth lg/, mÁn(aj) h/, �m≈r(aj) kd/.

Alla tradizione, “comune anche ai pagani” come avverte Ferrua 37, appar-
tiene anche il breve saluto (abe, traslitterazione dell'ave latino) che segue il
nome del defunto 'EpitÚgkanoj, tracciato a mosaico sulla calce di chiusura di
un loculo nel piano inferiore della catacomba. A Roma lo stesso saluto ricorre

34 IG, XIV 139 = IGCVO 557 = S. L. Agnello, Silloge di iscrizioni paleocristiane della Si-
cilia, Roma 1953, n. 44.
35 «Reste que nous ignorons aussi leur statut juridique, et rien ne prouve qu'ils aient été com-
munautaires dés leur origine»: Griesheimer, Les catacombes de Syracuse cit., 102.
36 IG, XIV, 54 = Agnello, Silloge cit., n. 43 = Ferrua, Note e giunte, n. 312a.
37 Ferrua, Note e giunte cit., n. 260.
242 ANTONIO ENRICO FELLE

in un solo altro caso, proveniente dal piano inferiore della catacomba di Do-
mitilla sulla via Ardeatina: AÙr(hl…a) 'Agaq<hm>er<ˆj> | abe 38.

L’età postcostantiniana

Confrontando le iscrizioni precostantiniane della regione I-Y del cimitero


dei santi Marcellino e Pietro sulla Labicana con quelle della seconda metà del
IV secolo rinvenute nella regione di Leone della catacomba di Commodilla
sulla via Ostiense, Antonio Ferrua nel 1970 osservava: «È incredibile come in
pochi decenni le usanze cimiteriali cambino profondamente e in quasi tutti gli
aspetti della loro esplicazione: sembra di entrare in un mondo nuovo» 39. E in
un “mondo nuovo” si entra passando dalle strette gallerie del cimitero di S.
Maria di Gesù alla monumentale catacomba di s. Giovanni: effettivamente
l’impressione di una mutazione netta e relativamente rapida è innegabile. Tale
mutazione è evidente nella stessa articolazione topografica del cimitero, che
tradisce in s. Giovanni una pianificazione organica, con il reticolo organizzato
dei decumani e dei cardines, pensato anche e soprattutto in funzione della rea-
lizzazione in serie dei profondi arcosoli polisomi, tipo sepolcrale che caratte-
rizza con la sua presenza tutte le aree cimiteriali siracusane proprio a partire
dal IV secolo 40.
La documentazione epigrafica non smentisce questa impressione, facendo
segnare rispetto alla scarna documentazione di s. Maria di Gesù una netta in-
versione di tendenza, non solo ovviamente sul piano quantitativo. Il rapporto
tra iscrizioni cosiddette “neutre” ed epigrafi recanti elementi “caratteristici” di
una committenza di fede cristiana è esattamente rovesciato: nel cimitero di s.
Giovanni soltanto il 33% (106) della documentazione reca testi “neutri” (tra i
quali però va annoverato anche l’epitaffio inciso sul noto sarcofago della cla-
rissima femina Adelfia 41), di contro ad una quantità quasi doppia di testi che si
caratterizzano con chiarezza come pertinenti a cristiani (199 testi, 61%).

38 ICVR, III 7170.


39 A. Ferrua, Una nuova regione della catacomba dei ss. Marcellino e Pietro, in Rivista di
Archeologia Cristiana 46, 1970, 82.
40 Cfr. l’analisi di M. Griesheimer, Genèse et développement de la catacombe Saint-Jean à
Syracuse, in Mélanges de l’Ecole Française de Rome - Antiquité 101, 1989, 751-782.
41 CIL, X 7123 = Agnello, Silloge cit., n. 71. Vedi anche M. Sgarlata, L'epigrafia greca e
latina cristiana della Sicilia, in M. I. Gulletta (a cura di), Sicilia epigraphica. Atti del Conve-
gno di Studi (Erice, 15-18 ottobre 1998), Pisa 2000, 487-489.
EPIGRAFIA PAGANA E CRISTIANA IN SICILIA: CONSONANZE E PECULIARITA 243

Va però rilevato che in primo luogo, oltre un terzo di questi ultimi docu-
menti si qualifica come pertinente a cristiani soltanto per la presenza della
menzione della data di morte o di deposizione, in presenza di un formulario
per il resto in nulla differente dalla prassi tradizionale, nei quali non mancano
casi di formule elogiative comuni anche a epitaffi sicuramente non cristiani
(come √ de‹na kalÁj mn»mhj) 42. Exempli gratia si veda la lastra marmorea
di una tale 'W£la 43, rinvenuta nella galleria tra la rotonda di Adelfia e quella
cosiddetta delle “Sette Vergini” 44:

™nq£de k‹te 'W£la


� kalÁj mn»mhj, z»(sasa)
œth x/, tel(eut´) pr(Õ) d/ kal(andîn)
„oul…wn

Va comunque ricordato, incidentalmente, che già Charles Pietri aveva sot-


tolineato, come la menzione della data della morte, anche se sporadicamente,
sia presente anche in iscrizioni funerarie sicuramente non cristiane, come ad
esempio nelle olle cinerarie di s. Cesario in Palatio a Roma 45.
Anche il ricordo della data di deposizione, pure se caratteristica delle iscri-
zioni dei cristiani, non è di per sé considerabile come elemento direttamente
connesso alla fede cristiana 46, come invece generalmente ritenuto, a partire da
P. Allard 47, sulla base di un'interpretazione (recentemente posta in discus-
sione 48) del termine depositio e del suo corrispettivo greco kat£qesij come
indicativo specifico di uno stato “provvisorio”, tale appunto perché allusivo
dell’attesa della risurrezione finale. La frequenza elevatissima della indica-
zione della data di deposizione a Roma, a fronte di una ben più ridotta inci-
denza nella documentazione siracusana, di ambito prevalentemente greco 49,

42 Vedi IGCVO 650 = Ferrua, Note e giunte cit., n. 57; IGCVO 943 = Ferrua, Note e giunte
cit., n. 48; Agnello, Iscrizioni cemeteriali cit., 31 = Ferrua, Note e giunte cit., n. 108.
43 Secondo Ferrua, Note e giunte cit., n. 48, il nome potrebbe essere d’origine gotica.
44 IGCVO 943.
45 Ch. Pietri, Grabinschrift (lateinisch), in Reallexikon für Antike und Christentum XII,
Stuttgart 1983, coll. 514-590. Ora vedi il testo originale francese: Ch. Pietri, Inscriptions funé-
raires latines, in Christiana respublica. Éléments d'une enquête sur le christianisme antique,
Rome 1997, vol. III, 1-63; 6; 34.
46 Ch. Pietri, La mort en Occident dans l'épigraphie latine: de l'épigraphie païenne à l'épi-
taphe chrétienne 3e-6e siècles, in La Maison-Dieu 144, 1980, 36.
47 P. Allard, Le sens des mots depositio et depositus dans l'épigraphie chrétienne, in Lettres
chrétiennes 1, 1880, 227-238.
48 Cfr. Carletti, Nascita e sviluppo cit., 151.
49 Nella catacomba di s. Giovanni il rapporto tra iscrizioni greche e latine è infatti di uno a
tre: due iscrizioni greche (IGCVO 727 = Agnello, Silloge cit., n. 22; Ferrua, Nuovi studi cit., 52
244 ANTONIO ENRICO FELLE

sembra inoltre una volta di più smentire l'idea, avanzata da Stuiber, di una de-
rivazione del termine latino deponere (che come indicativo di “seppellire” è
attestato già nel II secolo) come calco semantico dal greco katat…qhmi.
In secondo luogo, è necessario sottolineare che circa un quarto della docu-
mentazione dichiaratamente cristiana di s. Giovanni si qualifica come tale
esclusivamente per la presenza di segni o simboli, in primo luogo del mono-
gramma costantiniano; ma non sembri fuori luogo rammentare che, proprio a
proposito del cimitero siracusano di S. Giovanni, Ferrua così scriveva già nel
1941: «anche il monogramma costantiniano nelle varie sue forme era certo
creduto di particolare efficacia contro i cattivi spiriti, né credo che sia per una
inutile professione di cristianesimo (inutile in un cimitero riservato ai soli cri-
stiani) che esso compare le mille volte sulle antiche tombe, e si può dire quasi
che tappezza tutta la catacomba di s. Giovanni di Siracusa» 50. Dunque, anche
segni o simboli dichiaratamente cristiani in sé non è detto che possano consi-
derarsi una dichiarazione di un tutto astratto cristianesimo “puro”, esattamente
come, all’opposto, la presenza della tradizionale intestazione agli dei Mani in
una iscrizione proveniente da un contesto “cristiano” come una catacomba co-
munitaria non è detto possa implicare una non cristianità dei committenti,
come dimostrato ampiamente dall’indagine condotta recentemente da Maria
Letizia Caldelli sulla documentazione cristiana di Roma 51, cui si deve aggiun-
gere un intervento successivo di Carlo Carletti 52. Ne è risultato che i 174 do-
cumenti con l'intestazione D(is) M(anibus) (o Q(eo‹j) K(atacqon…oij)), «si-
curamente attribuibili a committenza cristiana… raggiungono complessiva-
mente circa lo 0,5% dell’intero corpus delle ICVR» 53; poco più dello 0,3% è
attestato invece per S. Giovanni di Siracusa, con soli due casi, entrambi rela-
tivi però ad intestazioni ai Mani preventivamente incise 54. Può essere interes-

= Agnello, Silloge cit., n. 19) di contro a sei latine (CIL, X 7167 = ILCV 1715 = Agnello, Sil-
loge cit., n. 90; ILCV 2936A; ILCV 2370 = Agnello, Silloge cit., n. 104; CIL, X 7168 = ILCV
2933B; ILCV 3539A = Ferrua, Note e giunte cit., n. 93; ILCV 227 = Agnello, Silloge cit., n. 75
= Ferrua, Note e giunte cit., n. 40).
50 A. Ferrua, Il refrigerio dentro la tomba, in A. Ferrua, Scritti vari di epigrafia e antichità
cristiane, Bari 1991, 80 (da La Civiltà Cattolica 92, 1941, II, 457-463).
51 M. L. Caldelli, Nota su d(is) M(anibus) e d(is) M(anibus) s(acrum) nelle iscrizioni cri-
stiane di Roma, in Le iscrizioni dei cristiani cit., 185-187.
52 Carletti, ICQUC ZWNTWN cit., 20-23. Vedi anche C. Carletti, Nuove iscrizioni dalla ca-
tacomba della ex vigna Chiaraviglio sulla via Appia, in Mélanges de l’Ecole Française de
Rome 106, 1994, 39-41.
53 Carletti, ICQUC ZWNTWN cit., 21.
54 Cfr. anche l'epitaffio, proveniente dal complesso di Vigna Cassia, di Bacchilide (Ferrua,
Epigrafia sicula cit., 202 fig. 37):
Q(eo‹j) K(atacqon…oij)
Bakcill…dhj crhstÕj
EPIGRAFIA PAGANA E CRISTIANA IN SICILIA: CONSONANZE E PECULIARITA 245

sante notare a questo proposito che proprio in uno dei non molti epitaffi con
espliciti elementi interni di cristianesimo in s. Giovanni, quello di Marciana,
definita una “vergine di Cristo”, non ci si sia preoccupati di cancellare la pree-
sistente dedica q(eo‹j) k(atacqon…oij). Dell’iscrizione, rinvenuta nel sepol-
cro 160 del decumano maggiore, secondo la numerazione di P. Orsi, questa è
la lettura proposta da Ferrua 55:

A. q(eo‹j) [K(atacqon…oij)]
Sed[atou]
B. Mark.[ian»?]
¡gn⁄ [parq≈]-
noj C[ristoà]
[k]a..̂ [Qeoà]

Completano il quadro infine, anche se per meno di un decimo della docu-


mentazione epigrafica del cimitero di s. Giovanni, alcuni documenti nei quali,
a fronte di formulari sempre di per sé tradizionali, la matrice “cristiana” è evi-
denziata dalla compresenza della menzione della data di morte o deposizione
e di segni o simboli cristiani.

Tra quelle iscrizioni di s. Giovanni che riportano espliciti segni di perti-


nenza ad una committenza di religione cristiana, vuoi nel formulario, vuoi
nell'apparato figurativo, soltanto una bassa percentuale (il 15%) manifesta un
vero e proprio specifico cristiano, inteso come diretta espressione di fede reli-
giosa o di appartenenza alla comunità dei fedeli.
Si rilevano dichiarazioni di fede cristiana (come nell’iscrizione funeraria di
Crusˆj, crhst⁄ crhssian», CristÕn pisteÚsasa 56); manifestazioni espli-
cite di cristianesimo, quali la qualifica del defunto come cristianÒj 57 (si

kaˆ ¥memptoj œzhsen œth [---]


mÁnaj g/ ™teleÚthse[n]
tÍ prÕ j/ kal(andîn) „an(ouar…wn)
Al di là del formulario, della dedica ai Mani, è il ricordo del giorno della morte che può fare
attribuire la lapide a committenza cristiana. Nella catacomba siracusana di s. Giovanni è stata
anche rinvenuta l'epigrafe latina con intestazione ai Mani di un Apronius contubernalis (S. L.
Agnello, Aggiunte e correzioni alle epigrafi paleocristiane di Siracusa, in Nuovo Didaskaleion
1956, 59-60, n. 18). Si potrebbe trattare anche di un caso di riutilizzo. Non si comprende in
base a cosa l'epigrafe debba essere datata «non anteriormente al primo quarto del IV sec.»,
come afferma Greco, Pagani e cristiani cit., 91.
55 IGCVO 324 = Ferrua, Note e giunte cit., n. 142a.
56 Agnello, Silloge cit., n. 34.
57 IG, XIV 78 = IGCVO 504 = Agnello, Silloge cit., n. 1; IG, XIV 154 = IGCVO 798 =
Agnello, Silloge cit., n. 10; IG, XIV 191 = IGCVO 493 = Agnello, Silloge cit., n. 17; IG, XIV
246 ANTONIO ENRICO FELLE

veda ad esempio l’epitaffio di Ghmhnian», � cristian»), a volte corredata da


epiteti elogiativi ripresi dalla prassi di tradizione (kalÁj mn»mhj cristianÒj)
o innovativi (mak£rioj cristianÒj). Non mancano richiami diretti o indiretti
alla prassi liturgica funeraria, quali la ricorrente formula «ricordati, Signore,
del tuo servo…». Si veda ad esempio la lastra di AÙx£nwn 58: √ qeÕj,
mn»sqhti toà doÚlou sou AÙx£nontoj, toà makar…ou crhstianoà. Tali
richiami liturgici a volte riflettono la Sacra Scrittura, come nel caso dell’epi-
taffio di Murtè, che cita direttamente Lc 23, 42, matrice scritturistica della
formula precedentemente ricordata: mn»sqhtei, kÚrie, tÁj doÚlhj sou
Murtoà ™n tÍ basil…v sou 59. Altre volte essi rimandano a modelli anche
lontani. Ad una matrice egiziana può rimandare la chiusa dell’epitaffio di
Crus…j, datato al 435, che fa riferimento al riposo «nel seno di Abramo, di
Isacco e di Giacobbe», secondo una formula ampiamente diffusa nella epigra-
fia funeraria dei cristiani d’Egitto: mn»sqhti √ qeÕj tÁj doÚlhj sou
Crus…doj, kaˆ dÕj aÙtÍ cèran fwtin»n, tÒpon ¢nayÚxewj e„j kÒlfouj
'Abra£m, 'IsaΔk k(aˆ) 'Iakèb 60.
Non mancano testi in cui si ricorda l’eventuale appartenenza alla gerarchia
ecclesiastica, tra i quali risalta in particolare con numerose attestazioni il ruolo
delle vergini consacrate (parq≈noi) 61.

196 = IGCVO 238 = Agnello, Silloge cit., n. 35 = Ferrua, Note e giunte cit., n. 68a; IGCVO
185adn. = Ferrua, Note e giunte cit., n. 149 = M. Griesheimer, Nouvelles inscriptions funérai-
res de la catacombe Saint-Jean, in Rivista di Archeologia Cristiana 72, 1996, 3; IGCVO 327;
IGCVO 329 = Agnello, Silloge cit., n. 31 = Ferrua, Note e giunte cit., n. 84a = M. Griesheimer,
Quelques inscriptions chrétiennes de Sicile orientale, in Rivista di Archeologia Cristiana 65,
1989, 14; IGCVO 456/458 = Agnello, Silloge cit., n. 20 = Ferrua, Note e giunte cit., n. 109;
Ferrua, Nuovi studi cit., 71 = Griesheimer, Quelques inscriptions cit., 2; Ferrua, Nuovi studi,
71-72 = Agnello, Silloge cit., 34. Sul termine e l’uso di christianus cfr. A. Ferrua, Christianus
sum, in A. Ferrua, Scritti vari di epigrafia e antichità cristiane, Bari 1991, 12-25 (da La Civiltà
Cattolica 84, 1933, III, 13-26); Ch. Pietri, L’usage de christianos dans l’épigraphie, in Chri-
stiana Respublica cit., III, Rome 1997, 1590-1591.
58 IG, XIV, 78 = IGCVO 504 = Agnello, Silloge cit., n. 1.
59 IGCVO 630 = Ferrua, Note e giunte cit., n. 84.
60 CIG, IV 9533 = IG, XIV 189 = IGCVO 475 = Agnello, Silloge cit., n. 16 = Ferrua, Note
e giunte cit., n. 181. La medesima formula ricorre, oltre che in una lastra frammentaria prove-
niente dal decumano minore di s. Giovanni (cfr. Agnello, Iscrizioni cemeteriali cit., 10)
nell’epitaffio catanese di Eutichio (Agnello, Silloge cit., n. 48).
61 IG, XIV 187 = IGCVO 616 = Agnello, Silloge cit., n. 15 = Ferrua, Note e giunte cit., n.
180; IGCVO 324 = Note e giunte cit., n. 142a; IGCVO 379 = Ferrua, Nuovi studi cit., 66-69;
IGCVO 661 = Ferrua, Note e giunte cit., n. 341; IGCVO 1000; IGCVO 1005 = Ferrua, Note e
giunte cit., n. 141; Ferrua, Note e giunte cit., n. 220. Sono inoltre attestati presbiteri ( IGCVO
308 = Ferrua, Note e giunte cit., n. 3; IGCVO 309 = Ferrua, Note e giunte cit., n. 74; IGCVO
714 = Ferrua, Note e giunte cit., n. 79); diaconi (IG, XIV 201 = IGCVO 314 = Ferrua, Note e
giunte cit., n. 184 = Griesheimer, Quelques inscriptions cit., n. 1; ILCV 3763 = Agnello, Sil-
EPIGRAFIA PAGANA E CRISTIANA IN SICILIA: CONSONANZE E PECULIARITA 247

Infine, sono presenti, seppure con pochissimi documenti 62, attestazioni di


“sepolture privilegiate” presso tombe ritenute particolarmente venerande,
come exempli gratia quella del vescovo Vesperione, nelle cui vicinanze si
fanno seppellire Alessandro e Rodope, acquistando il sepolcro da Ermione, fi-
glia di un tale Cesario 63.
Il fenomeno della progressiva comparsa, sulle tombe, di iscrizioni sepol-
crali che assolvono non più soltanto alla primaria funzione memoriale ma an-
che e soprattutto a quella secondaria di attestazione di proprietà del sepolcro,
a volte conservando anche gli aspetti formali di veri e propri estratti di atti di
compravendita, è ben noto a Roma, a partire dagli ultimi decenni del IV se-
colo, evidentemente connesso direttamente al fenomeno del culto martiriale 64:
sebbene in s. Giovanni in oltre il 6% della documentazione (venti iscrizioni 65)
compaiano formulari relativi all’acquisto o alla proprietà del sepolcro – in un
caso sono anche citati, oltre al prezzo, i testimoni presenti all’atto dell’acqui-
sto 66 –, in nessuna di queste iscrizioni, con due sole eccezioni (quella della
epigrafe prima ricordata di Alessandro e Rodope e quella, analoga, di altri due
coniugi, Polichronios e Serapia, che acquistano un sepolcro presso la tomba
del vescovo Siracosio 67), si fa diretto richiamo ad una tomba venerata. Il solo

loge cit., n. 80); un subdiacono (Ferrua, Note e giunte cit., n. 200) e un clericus (ILCV 1291A
= Ferrua, Nuovi studi cit., 55 = Agnello, Silloge cit., n. 74).
62 Tre in tutto: IGCVO 860 = Agnello, Silloge cit., 24 = Ferrua, Note e giunte cit., n. 63;
IGCVO 854, di Polichronios e Serapia, che si fanno seppellire presso il “signore vescovo Sira-
cosio” (™pˆ tù kur…J mou ™piskÒpJ Surakos…J); il medesimo vescovo, Siracosio, è ricor-
dato anche in IGCVO 872: ™pˆ toà mnhsqhsom≈nou Surakos…ou ¢goras…aj N…kwnoj kaˆ
'Abou<n>dant…aj.
63 IGCVO 860 = Agnello, Silloge cit., n. 24 = Ferrua, Note e giunte cit., n. 63.
64 Carletti, Nascita e sviluppo cit., 156-158.
65 All'epitaffio di Alessandro e Rodope (IGCVO 860 = Agnello, Silloge cit., n. 24 = Ferrua,
Note e giunte cit., n. 63) si aggiungono CIG, IV 9534 = IG, XIV 164 = IGCVO 873 = Ferrua,
Note e giunte cit., n. 173; IG, XIV 141 = IGCVO 876 = Ferrua, Note e giunte cit., n. 169; IG,
XIV 153 = IGCVO 874 = Agnello, Silloge cit., n. 9; IG, XIV 172 = IGCVO 872 = Agnello, Sil-
loge cit., n. 11 = Ferrua, Note e giunte cit., n. 174; IG, XIV 83 = IGCVO 867 = Ferrua, Note e
giunte cit., n. 157; IGCVO 510 = Ferrua, Note e giunte cit., n. 35; IGCVO 854 = Agnello, Sil-
loge cit., n. 32 = Ferrua, Note e giunte cit., n. 89a; IGCVO 857 = Agnello, Silloge cit., n. 21;
IGCVO 859 = Agnello, Silloge cit., n. 29 = Ferrua, Note e giunte cit., n. 144; IGCVO 865 =
Ferrua, Note e giunte cit., n. 130a; IGCVO 869adn.; IGCVO 875 = Ferrua, Note e giunte cit., n.
22; IGCVO 877; IGCVO 879; IGCVO 880; IGCVO 885 = Ferrua, Note e giunte cit., n. 90a;
ILCV 3763 = Agnello, Silloge cit., n. 80; Ferrua, Note e giunte cit., n. 59; Ferrua, Note e giunte
cit., n. 205.
66 IGCVO 857 = Agnello, Silloge cit., n. 21: ¢goras…a F»likoj e„atroà √lok(ot…nou) a/,
sumnarturoàntoj P≈trou kaˆ Marki£nou kaˆ Meq…ou.
67 IGCVO 854 = Agnello, Silloge cit., n. 32 = Ferrua, Note e giunte cit., n. 89a (vedi supra,
nota 62).
248 ANTONIO ENRICO FELLE

documento epigrafico della catacomba di s. Giovanni che sia diretta testimo-


nianza di un culto martiriale è il notissimo epitaffio di EÜskia 68, nel quale
però non si menziona la sepoltura della devota presso la tomba di un martire,
ma la sola coincidenza della data della sua morte con il dies natalis della sua
“signora” Lucia (kur…aj mou Louk…aj), cioè il 13 dicembre.
Malgrado le iscrizioni recanti chiari elementi di uno specifico cristiano
siano numericamente attorno al 15% sul totale della documentazione epigra-
fica del cimitero di s. Giovanni, esse sono però ritenute essere - ancora in anni
recenti – le sole “significative” 69. Invece, la documentazione del grande cimi-
tero va considerata nel suo insieme. Essa rivela un quadro della epigrafia cri-
stiana siracusana, a partire dal IV secolo, piuttosto articolato, nel quale non
mancano, oltre ai segni espliciti di cristianesimo che abbiamo rapidamente
considerato, anche evidenti persistenze e riprese della tradizione precedente.
Anche in questo la documentazione siracusana non sembra divergere nella so-
stanza da quella contemporanea d'ambito romano, dove ai “segni dell'apparte-
nenza” corrispondono, uguali ed opposti, i segni della tradizione 70.
Come due facce opposte della medesima medaglia, infatti, convivono, a
Siracusa come a Roma, evidenti segnali di innovazione – direttamente o indi-
rettamente connessi al cristianesimo – e altrettanto evidenti elementi di tradi-
zione. Non si tratta di manifestazioni di sincretismo religioso, o di una “sim-
biosi”, sul piano religioso, tra paganesimo e cristianesimo, ma di una dina-
mica più complessa, di “simbiosi e metabolismo” tra elementi di tradizione e
spinte all’innovazione, secondo la definizione coniata da Gabriel Sanders già
nel 1975, in cui gli elementi di ripresa e di trasformazione non sono soltanto
accostati paratatticamente gli uni agli altri, ma anche interagiscono a formare
nuovi formulari, nuove modalità espressive, in cui la prassi epigrafica tradi-
zionale trova quello che sempre Sanders definì, proprio a proposito dei docu-
menti funerari dei cristiani, un “aboutissement sotériologique”, un “esito di
salvezza”, un suo proprio senso diverso e innovativo 71.
Ne possono essere esempi immediati l’uso della denominazione tradizionale

68 IGCVO 456/458 = Agnello, Silloge cit., n. 20 = Ferrua, Note e giunte cit., n. 109.
69 «... tra le numerosissime iscrizioni paleocristiane, molte non sono state tenute in conside-
razione perché poco significative dal punto di vista storico-religioso, o perché difficilmente col-
locabili sul piano cronologico; altre epigrafi presentano, invece, problemi di carattere interpre-
tativo, specialmente quelle di tipo magico»: così Greco, Pagani e cristiani cit., 8.
70 C. Carletti, «Un mondo nuovo». Epigrafia funeraria dei cristiani a Roma in età post-co-
stantiniana, in Vetera Christianorum 35, 1998, 53-55.
71 G. Sanders, rec. a J. Janssens, Vita e morte del cristiano negli epitaffi di Roma anteriori al
sec. VII (= Analecta Gregoriana, vol. 223) Roma 1981, in Jahrbuch für Antike und Christentum
26, 1983, 219-223.
EPIGRAFIA PAGANA E CRISTIANA IN SICILIA: CONSONANZE E PECULIARITA 249

dei giorni della settimana inserita con naturalezza nella indicazione, caratteri-
stica anche se non specifica dei cristiani, del giorno della morte o della deposi-
zione 72; o anche l’elogium di prassi crhstÕj kaˆ ¥memptoj, che, se nell’epitaf-
fio di un tale Agatone è soltanto giustapposto all’elemento “cristiano” del ri-
cordo del giorno della deposizione 73, in quello di un tale Giovanni è “metaboliz-
zato” a formare un nuovo epiteto elogiativo: √ ¥memptoj crhstianÒj 74.
Questa medesima dinamica è possibile riscontrarla anche nelle acclama-
zioni augurali di prassi tradizionale, le quali, come il classico eÙmÚri (=
eÙmo…rei), ricorrono in esemplare “simbiosi e metabolismo”: in un’epigrafe
l’acclamazione interagisce e trasforma l’elemento tradizionale rendendolo
veicolo di un nuovo contenuto: Titian», eÙmo…ri ™n Cr(is)tù 75.
Sempre la medesima acclamazione di prassi tradizionale eÙmÚri (secondo
la lettura di Ferrua) chiude, come acclamazione finale, accanto ad una croce
monogrammatica corredata di lettere apocalittiche, il già ricordato cristianis-
simo epitaffio di EÜskia; in un altro epitaffio, quello di un tale Porfirio 76, la
invocazione alla Trinità affinché si ricordi del defunto (mnhsqÍ sou √ QeÕj
kaˆ √ CristÕj kaˆ tÕ `/Ageion Pneàma) è immediatamente seguita dall’ac-
clamazione certo in sé non molto “cristiana” eÙmÚri, oÙdˆj ¢q£natoj, sug-
gellata a sua volta da un monogramma cristologico corredato dalle lettere apo-
calittiche. Ancora una dinamica di tradizione e innovazione è evidentissima
nella nota iscrizione di Kapitwl…a 77 che, seppure ™teleÚthsen crhstian»,
invita chi legge ad andarsene secondo una formula che tradisce un sentire
della morte (e dei morti) molto tradizionale: ¢nagno∞j ¢nacèr(e)i78, e che

72 IGCVO 162 = Ferrua, Note e giunte cit., n. 131 (�m≈rv CrÒnou); IGCVO 1043 (�m≈rv
`Hl…ou); IGCVO 1047 = Ferrua, Note e giunte cit., n. 43 (�m≈rv `Ermoà); Ferrua, Nuovi studi
cit., 51-52 = Agnello, Silloge cit., n. 19 (�m≈rv 'Afrod…thj, `Ermoà); Ferrua, Note e giunte cit.,
n. 228 (�m≈rv CrÒnou).
73 IGCVO 727 = Agnello, Silloge cit., n. 22.
74 IGCVO 329 = Agnello, Silloge cit., n. 31.
75 IGCVO 544.
76 IGCVO 511 = Agnello, Silloge cit., n. 28. Un’altra formula dal sapore pessimistico si ri-
scontra nella iscrizione metrica di Nicostrato (IG, XIV 63 = IGCVO 1036), del 410, dove si af-
ferma: dakruÒeij √ b…oj.
77 IGCVO 238 = Agnello, Silloge cit., n. 35.
78 Cfr. A. Ferrua, Il refrigerio dentro la tomba, in A. Ferrua, Scritti vari di epigrafia e anti-
chità cristiane, Bari 1991, p. 71 (da La Civiltà Cattolica 92, 1941, II, 457-463): «essa è una di-
screta ammonizione propria degli epitaffi pagani, con la quale si esorta il viandante a tosto par-
tire dopo letto l’epitaffio, per tema che trattenendosi oltre non gli sfugga qualche parola di cat-
tivo augurio verso il defunto, o gli faccia il malocchio, o, peggio ancora, non stenda la mano sa-
crilega a manomettere la sepoltura e turbare la quiete del trapassato».
250 ANTONIO ENRICO FELLE

trova il suo corrispettivo in latino (lege et recede) nell’epitaffio, oggi disperso,


del macedone Dominicus79:

Memoria Dominici mace-


donis. Lege et recede.
[a]mici nolite tristare quia
[o]mnes morituri sumus

La tradizione è fortemente presente, esattamente come a Roma, nel campo


delle virtù femminili, i cui modelli di riferimento, prima delle due martiri sici-
liane Lucia e Agata, sono ancora le Muse, o Penelope, o addirittura una divi-
nità dell’Olimpo pagano, come Atena; rispettivamente negli epitaffi di Eu-
terpe 80, definita “compagna delle Muse” (� tîn Mousîn sÚntrofoj), Nas-
siana 81, “che gareggiava in virtù con Penelope” (◊tij semnosÚnhsin ™r…zeto
Phnelop…V), Sossa 82, “cui Atena stessa aveva insegnato”.
In questi richiami alla tradizione dal sapore comunque raffinato, con
l’emergere comprovato di una prassi epigrafica cristiana che riprende le mo-
dalità della poesia lapidaria funeraria di tradizione, insieme all’apparire di se-
polture privilegiate non tanto (o non soltanto) per la vicinanza a sepolcri ve-
nerati, quanto piuttosto per una loro intrinseca monumentalità e visibilità – si
pensi exempli gratia alla spettacolare rotonda di Antiochia nella catacomba di
s. Giovanni – sono da individuare i segni del terzo elemento che, unitamente
alle conversioni di massa ed alle manifestazioni del culto martiriale, caratte-
rizza il cristianesimo del secolo IV e V, in Sicilia come a Roma: l’ingresso
progressivamente crescente nelle singole comunità cristiane dei membri delle
locali classi dirigenti.

79 CIL, X 7149 = Agnello, Silloge cit., n. 72 = Ferrua, Note e giunte cit., n. 185.
80 IG, XIV 112 = IGCVO 1017/1018 = Agnello, Silloge cit., n. 91.
81 IGCVO 1016 = Agnello, Silloge cit., n. 102 = Ferrua, Note e giunte cit., n. 64.
82 IG, XIV, 174 = IGCVO 816 = Ferrua, Nuovi studi cit., 49-51 = Ferrua, Note e giunte cit.,
n. 175.

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