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LA PROVA DEL DNA E LE SUE APPLICAZIONI IN AMBITO FORENSE

NELLE ANALISI DI PATERNITA’


La genetica forense per l’attuale sviluppo delle conoscenze scientifiche può, oggi, chiarire il
rapporto di filiazione, fornendo strumenti informativi di grande importanza, al fine di soddisfare il
bisogno di “verità biologica”.
Indagini genetiche sono oggi adottate in tutto il mondo come il più importante mezzo, quando non
il solo, per dimostrare con obiettività il rapporto parentale in ambito giudiziario ed extragiudiziale.
In ambito giuridico, oggi, le leggi permettono un chiaro inquadramento delle fattispecie entro le
quali è possibile eseguire l’indagine senza incorrere in abusi o danni ad alcuno degli interessati,
non esiste invece normativa sulle richieste formulate in sede extra-giudiziale né una chiara
opposizione giuridica.
Le tre situazioni in cui la prova biologica è ammessa sono:

 il disconoscimento in ambito di filiazione legittima (art. 235 c.c.);


 la dichiarazione giudiziale di paternità in ambito di filiazione naturale (art. 269 c.c.);
 l’impugnazione per difetto di veridicità (art. 263 c.c.).
Fra le regole che disciplinano l’utilizzazione della prova biologica, le principali, in sintesi, sono:
a) il prelievo del materiale genetico è incoercibile (art. 13 Costituzione, Cass. Civ., Sez. I, 19
settembre 1997, n. 9307), nonostante oggi si tratti di un’operazione scarsamente invasiva,
dato lo sviluppo delle tecniche d’indagine che consente, di analizzare il DNA ricavato dal
capello o dalla saliva, rendendo ancor meno problematico il prelievo.
b) il rifiuto può essere valutato dal giudice il quale, nel caso lo ritenesse ingiustificato, può
trarne elementi di prova contrari alla parte (artt. 118 e 116 c.p.c.; Cass. Civ., Sez I, 7 agosto
1997, n. 8059; Cass. Civ., Sez. I, 24 gennaio 1998, n. 692);
c) la decisione di ricorrere alle indagini ematologiche e genetiche, al fine di confermare gli
elementi già acquisiti attraverso altri strumenti probatori, è rimessa al giudice.
È comunque necessaria la dimostrazione della sussistenza dei presupposti dell’azione
prima che il giudice possa dare ingresso alla prova biologica
(Cass. Civ., Sez. I, 18 aprile 1997, n. 3342; Cass. Civ., Sez. I, 14 gennaio 1995, n. 432; Cass.
Civ., Sez. I, 23 gennaio 1993, n. 791; Cass. Civ., Sez. I, 18 giugno 1991, n. 6858);
d) si accede alla prova attraverso lo strumento della Consulenza Tecnica d’Ufficio, tramite la
quale il giudice non acquisisce criteri di giudizio ma viene a conoscenza di un fatto non
altrimenti conoscibile (Cass. Civ., sez. I, 17 giugno 1992, n. 7465).
L’attuale normativa permette il riconoscimento del figlio naturale con criteri di ampia possibilità,
ponendo invece dei limiti rigorosi nella azione di disconoscimento.
Il problema etico-giuridico più importante che pertanto si pone riguarda le coppie in costanza di
matrimonio e, in particolare, quando siano scaduti i termini legali per un’azione giudiziaria di
disconoscimento da parte dei genitori.
Sotto il profilo legislativo, con il termine filiazione si intende l’instaurarsi di un rapporto giuridico
fondato su un presunto rapporto biologico di paternità o maternità tra la figura del figlio e quella
del genitore.
La condizione dei figli naturali è stata parificata a quella dei figli legittimi con la legge n. 151/1975,
che stabilisce un’eguaglianza di trattamento sia nell’ambito dei rapporti personali che di
successori.
Per effetto della riforma sul Diritto di famiglia (legge 151/1975) è stata sancita la piena
ammissibilità delle prove biologiche nei giudizi di filiazione (Cass. Civ. Sez. I, 21 giugno- 22 ottobre
2002, n. 14887)
Le indagini genetiche sono attualmente ritenute il mezzo più importante per dimostrare con
obiettività il rapporto parentale, sia in ambito giudiziario che extra- giudiziale.

Basi giuridiche dell’indagine biologica di paternità


Con il termine di FILIAZIONE si intendeVA il contratto giuridico che si instaura per l’esistenza (o la
presunzione dell’esistenza) di un rapporto biologico di maternità o di paternità tra la persona fisica
del figlio e quella del genitore. Si parlaVA di:
Filiazione legittima: se il figlio è concepito nel matrimonio; filiazione naturale quando il figlio è
concepito da una coppia non sposata.
In costanza di matrimonio il padre del neonato è automaticamente il marito della puerpera (art.
231c.c.). Tale presunzione vige anche se il figlio nasce dopo 180 giorni dalla data del matrimonio e
prima di 300 giorni dalla data di annullamento, dello scioglimento o dalla cessazione degli effetti
civili del matrimonio (art. 232 c.c.)
I figli nati al di fuori del matrimonio secondo i termini dell art.254 c.c. = In assenza di formale
dichiarazione di riconoscimento a termini di legge, la dichiarazione giudiziale di paternità o
maternità passa attraverso una sentenza di un Giudice del Tribunale civile o del Tribunale per i
Minorenni.
Lo stato del figlio naturale con l’approvazione della Legge 151 del 19-5-1975 (Diritto di Famiglia) è
equiparato a quello del figlio legittimo, all’evidente scopo di tutelare gli interessi morali e materiali
di tutti i minori.
La legge stabilisce una eguaglianza di trattamento sia nell’ambito dei rapporti personali che di
successori.
art.30 Cost.: ... è dovere dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli anche se nati al di fuori
del matrimonio...
La filiazione legittima
I presupposti necessari per poter dichiarare un rapporto di filiazione come legittimo sono:
1) il matrimonio dei genitori;
2) parto della moglie;
3) concepimento in costanza di matrimonio.
Regolamentati dagli art.231 e 232 c.c.
L’azione di disconoscimento di paternità è diretta a privare il figlio dello stato di legittimità
attribuitogli in forza delle presunzioni previste dagli art. 231, 232…. c.c.
Essa ha come finalità il superamento della presunzione di paternità di cui l’attore intende
dimostrare la falsità.
L’azione di disconoscimento di paternità si basa su due diversi presupposti:
 si basa sull art. 233 c.c. e consente il disconoscimento del figlio nato prima che siano
trascorsi 180 giorni dalla celebrazione del matrimonio
 si basa sull art. 235 c.c. e si esercita nell’ipotesi che il figlio sia stato concepito durante il
matrimonio.
I soggetti legittimati ad esercitare le due azioni sono esclusivamente:
 il marito (padre presunto);
 il figlio una volta maggiorenne;
 la madre;
 il curatore speciale, nominato dal Giudice su istanza del figlio minore che ha compiuto 16
anni;
 il Pubblico Ministero quando si tratta di un minore di età inferiore.
Art. 235 c.c. Disconoscimento di paternità
L’azione per il disconoscimento di paternità del figlio concepito durante il matrimonio è consentita
solo nei casi seguenti:
1) se i coniugi non hanno coabitato nel periodo compreso tra il trecentesimo e
centottantesimo giorno prima della nascita;
2) se durante il tempo predetto il marito era affetto da impotenza, anche solo di generare;
3) se nel detto periodo la moglie ha commesso adulterio o ha tenuto celata al marito la
propria gravidanza e la nascita del figlio.
In tali casi il marito è ammesso a provare che il figlio presenta caratteristiche genetiche o del
gruppo sanguigno incompatibili con quelle del presunto padre, o ogni altro fatto tendente ad
escludere la paternità
La sola dichiarazione della madre non esclude la paternità.
L’azione di disconoscimento può essere esercitata anche dalla madre o dal figlio che ha raggiunto
la maggiore età in tutti i casi in cui può essere esercitata dal padre.
Sono stati raggruppati in unica disposizione, i vari casi possibili di disconoscimento di paternità,
comprendendovi anche quello dell'adulterio della moglie, accompagnato dal celamento della
gravidanza e della nascita, mettendo però in chiaro che l'adulterio e il celamento devono essere
corroborati da altri fatti probanti.
Riguardo alla prova, (nel silenzio della legge), ogni mezzo di prova deve ritenersi ammissibile.
Nel riunire i vari casi di disconoscimento si è resa riferibile a tutti la norma, secondo la quale la sola
dichiarazione della madre non basta a escludere la paternità in quanto costituisce applicazione del
principio generale, che limita il potere dispositivo della volontà privata nell'accertamento dello
stato di filiazione legittima.
Art. 244 c.c. Termini dell’azione di disconoscimento
L’azione di disconoscimento della paternità da parte della madre deve essere proposta nel termine
di 6 mesi dalla nascita del figlio, ovvero dal giorno in cui è venuta a conoscenza dell'impotenza di
generare del marito al tempo del concepimento
Il marito può disconoscere il figlio nel termine di un anno che decorre dal giorno della nascita
quando egli si trovava al tempo di questa nel luogo in cui è nato il figlio, se prova di aver ignorato
la propria impotenza di generare ovvero l'adulterio della moglie al tempo del concepimento, il
termine decorre dal giorno in cui ne ha avuto conoscenza.
Se il marito non si trovava nel luogo in cui è nato il figlio il giorno della nascita il termine, di cui al
secondo comma, decorre dal giorno del suo ritorno o dal giorno del ritorno nella residenza
familiare se egli ne era lontano. In ogni caso, se egli prova di non aver avuto notizia della nascita in
detti giorni, il termine decorre dal giorno in cui ne ha avuto notizia.
Nei casi previsti dal primo e dal secondo comma l'azione non può essere, comunque, proposta oltre
cinque anni dal giorno della nascita.
L'azione di disconoscimento della paternità può essere proposta dal figlio che ha raggiunto la
maggiore età. L'azione è imprescrittibile riguardo al figlio.
L'azione può essere altresì promossa da un curatore speciale nominato dal giudice, assunte
sommarie informazioni, su istanza del figlio minore che ha compiuto i quattordici anni, o del
pubblico ministero o dell'altro genitore, quando si tratta di minore di età inferiore.
Inseminazione eterologa e disconoscimento di paternità
il marito dopo aver validamente concordato o comunque manifestato il proprio preventivo
consenso alla fecondazione assistita della moglie con seme di donatore ignoto, non ha azione per il
disconoscimento della paternità del bambino concepito e partorito in esito a tale inseminazione
( Cass.Civ. sez.I 16 marzo 1999, n.2315)
Legge 40/2004 Norme in materia di PROCREAZIONE
MEDICALMENTE ASSISTITA
Art. 9. Divieto del disconoscimento della paternita' e dell'anonimato della madre
1. Qualora si ricorra a tecniche di procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo in
violazione del divieto di cui all'articolo 4, comma 3, il coniuge o il convivente il cui consenso e'
ricavabile da atti concludenti non puo' esercitare l'azione di disconoscimento della paternita' nei
casi previsti dall'articolo 235, primo comma, numeri 1) e 2), del codice civile, ne' l'impugnazione di
cui all'articolo 263 dello stesso codice.
2.La madre del nato a seguito dell'applicazione di tecniche di procreazione medicalmente assistita
non può dichiarare la volontà di non essere nominata, ai sensi dell'articolo 30, comma 1, del
regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 3 novembre 2000, n. 396.
3.In caso di applicazione di tecniche di tipo eterologo in violazione del divieto di cui all'articolo
4. comma 3, il donatore di gameti non acquisisce alcuna relazione giuridica parentale con il nato e
non può far valere nei suoi confronti alcun diritto né essere titolare di obblighi.
L’accertamento dello status di figlio naturale può avvenire in seguito a riconoscimento, che è un
atto spontaneo del genitore da rendersi nella forma indicata dall’art 254c.c.c in forza del quale un
soggetto dichiara la propria paternità o maternità nei riguardi di una determinata persona.
Art. 269 c.c. Dichiarazione giudiziale di paternità naturale
La paternità e la maternità possono essere giudizialmente dichiarate nei casi in cui il
riconoscimento è ammesso. La prova della paternità e della maternità può essere data con ogni
mezzo.
La maternità è dimostrata provando la identità di colui che si pretende essere figlio e di colui che
fu partorito dalla donna, la quale si assume esserne madre.
La sola dichiarazione della madre e la sola esistenza di rapporti tra la madre ed il preteso padre
all’epoca del concepimento non costituiscono prova della paternità naturale.
Termini dell’azione di riconoscimento
Per la filiazione naturale non esistono termini di prescrizione all’azione giudiziale (art.270c.c.) e
l’azione può essere promossa dal genitore che esercita la potestà o dal tutore salvo la necessità di
ottenere il consenso del figlio se egli abbia l’età di 16 anni (art.273c.c.).
Ammissibilità dell’azione
L’azione per la dichiarazione giudiziale di paternità o di maternità naturale è ammessa solo quando
concorrono specifiche circostanze tali da farla apparire giustificata (art.274c.c.).
Art. 263 c.c. Impugnazione del riconoscimento per difetto di veridicità
Il riconoscimento può essere impugnato per difetto di veridicità dall'autore del riconoscimento, da
colui che è stato riconosciuto e da chiunque vi abbia interesse.
L'azione è imprescrittibile riguardo al figlio.
L'azione di impugnazione da parte dell'autore del riconoscimento deve essere proposta nel
termine di un anno che decorre dal giorno dell'annotazione del riconoscimento sull'atto di nascita.
Se l'autore del riconoscimento prova di aver ignorato la propria impotenza al tempo del
concepimento, il termine decorre dal giorno in cui ne ha avuto conoscenza; nello stesso termine,
la madre che abbia effettuato il riconoscimento è ammessa a provare di aver ignorato l'impotenza
del presunto padre. L'azione non può essere comunque proposta oltre cinque anni
dall'annotazione del riconoscimento.
L'azione di impugnazione da parte degli altri legittimati deve essere proposta nel termine di cinque
anni che decorrono dal giorno dall'annotazione del riconoscimento sull'atto di nascita. Si applica
l'articolo 245.)
Legge 10 dicembre 2012, n. 219 (1).
Disposizioni in materia di riconoscimento dei figli naturali.
Pubblicata nella Gazz. Uff. 17 dicembre 2012, n. 293 Entrata in vigore del provvedimento:
01/01/2013
La legge si compone di sei articoli
il primo contiene modificazioni che incidono direttamente e con effetto immediato sulla disciplina
del codice civile, mentre i successivi dettano i principi e i criteri direttivi per l’esercizio della delega
rilasciata al Governo (art. 2), alcune rilevanti modificazioni di natura processuale con le relative
disposizioni transitorie (artt. 3 e 4) e la previsione di modifiche alle norme regolamentari in
materia di stato civile (art. 5).
L art.6 riguarda aspetti finanziari.
Art. 1 Disposizioni in materia di filiazione
1. L'articolo 74 del codice civile è sostituito dal seguente: «Art. 74 (Parentela). –
La parentela è il vincolo tra le persone che discendono da uno stesso stipite, sia nel caso in cui la
filiazione è avvenuta all'interno del matrimonio, sia nel caso in cui è avvenuta al di fuori di esso, sia
nel caso in cui il figlio è adottivo.
Il vincolo di parentela non sorge nei casi di adozione di persone maggiori di età, di cui agli articoli
291 e seguenti».
2.All'articolo 250 del codice civile sono apportate le seguenti modificazioni:
a) il primo comma è sostituito dal seguente: «Il figlio nato fuori del matrimonio può essere
riconosciuto, nei modi previsti dall'articolo 254, dalla madre e dal padre, anche se già uniti in
matrimonio con altra persona all'epoca del concepimento. Il riconoscimento può avvenire tanto
congiuntamente quanto separatamente»;
b) al secondo comma, le parole: «sedici anni» sono sostituite dalle seguenti: «quattordici anni»;
c) al terzo comma, le parole: «sedici anni» sono sostituite dalle seguenti: «quattordici anni»;
d) il quarto comma è sostituito dal seguente: «Il consenso non può essere rifiutato se risponde
all'interesse del figlio. Il genitore che vuole riconoscere il figlio, qualora il consenso dell'altro
genitore sia rifiutato, ricorre al giudice competente, che fissa un termine per la notifica del ricorso
all'altro genitore. Se non viene proposta opposizione entro trenta giorni dalla notifica, il giudice
decide con sentenza che tiene luogo del consenso mancante; se viene proposta opposizione, il
giudice, assunta ogni opportuna informazione, dispone l'audizione del figlio minore che abbia
compiuto i dodici anni, o anche di età inferiore, ove capace di discernimento, e assume eventuali
provvedimenti provvisori e urgenti al fine di instaurare la relazione, salvo che l'opposizione non sia
palesemente fondata.
Con la sentenza che tiene luogo del consenso mancante, il giudice assume i provvedimenti
opportuni in relazione all'affidamento e al mantenimento del minore ai sensi dell'articolo 315-bis e
al suo cognome ai sensi dell'articolo 262»; e) al quinto comma sono aggiunte, in fine, le seguenti
parole: «, salvo che il giudice li autorizzi, valutate le circostanze e avuto riguardo all'interesse del
figlio».

3. L'articolo 251 del codice civile è sostituito dal seguente: «Art. 251 (Autorizzazione al
riconoscimento). –
Il figlio nato da persone, tra le quali esiste un vincolo di parentela in linea retta all'infinito o in linea
collaterale nel secondo grado, ovvero un vincolo di affinità in linea retta, può essere riconosciuto
previa autorizzazione del giudice avuto riguardo all'interesse del figlio e alla necessità di evitare
allo stesso qualsiasi pregiudizio.
Il riconoscimento di una persona minore di età è autorizzato dal tribunale per i minorenni».
4. Il primo comma dell'articolo 258 del codice civile è sostituito dal seguente: «Il riconoscimento
produce effetti riguardo al genitore da cui fu fatto e riguardo ai parenti di esso».
5. L'articolo 276 del codice civile è sostituito dal seguente:
«Art. 276 (Legittimazione passiva). - La domanda per la dichiarazione di paternità o di maternità
naturale deve essere proposta nei confronti del presunto genitore o, in sua mancanza, nei
confronti dei suoi eredi. In loro mancanza, la domanda deve essere proposta nei confronti di un
curatore nominato dal giudice davanti al quale il giudizio deve essere promosso.
Alla domanda può contraddire chiunque vi abbia interesse».
6. La rubrica del titolo IX del libro primo del codice civile è sostituita dalla seguente: «Della potestà
dei genitori e dei diritti e doveri del figlio».
7. L'articolo 315 del codice civile è sostituito dal seguente: «Art. 315 (Stato giuridico della
filiazione). - Tutti i figli hanno lo stesso stato giuridico».
8. Dopo l'articolo 315 del codice civile, come sostituito dal comma 7 del presente articolo, è
inserito il seguente: «Art. 315-bis (Diritti e doveri del figlio). - Il figlio ha diritto di essere
mantenuto, educato, istruito e assistito moralmente dai genitori, nel rispetto delle sue capacità,
delle sue inclinazioni naturali e delle sue aspirazioni.
Il figlio ha diritto di crescere in famiglia e di mantenere rapporti significativi con i parenti.
Il figlio minore che abbia compiuto gli anni dodici, e anche di età inferiore ove capace di
discernimento, ha diritto di essere ascoltato in tutte le questioni e le procedure che lo riguardano.
Il figlio deve rispettare i genitori e deve contribuire, in relazione alle proprie capacità, alle proprie
sostanze e al proprio reddito, al mantenimento della famiglia finche' convive con essa».
9. Nel titolo XIII del libro primo del codice civile, dopo l'articolo 448 è aggiunto il seguente: «Art.
448-bis (Cessazione per decadenza dell'avente diritto dalla potestà sui figli). - Il figlio, anche
adottivo, e, in sua mancanza, i discendenti prossimi non sono tenuti all'adempimento dell'obbligo
di prestare gli alimenti al genitore nei confronti del quale è stata pronunciata la decadenza dalla
potestà e, per i fatti che non integrano i casi di indegnità di cui all'articolo 463, possono escluderlo
dalla successione».
10. È abrogata la sezione II del capo II del titolo VII del libro primo del codice civile.
11. Nel codice civile, le parole: «figli legittimi» e «figli naturali», ovunque ricorrono, sono
sostituite dalla seguente: «figli».
Art. 2 Delega al Governo per la revisione delle disposizioni vigenti in materia di filiazione
1. Il Governo è delegato ad adottare, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della
presente legge, uno o più decreti legislativi di modifica delle disposizioni vigenti in materia di
filiazione e di dichiarazione dello stato di adottabilità per eliminare ogni discriminazione tra i figli,
anche adottivi, nel rispetto dell'articolo 30 della Costituzione, osservando, oltre ai principi di cui
agli articoli 315 e 315-bis del codice civile, come rispettivamente sostituito e introdotto
dall'articolo 1 della presente legge, i seguenti principi e criteri direttivi: ……
Art. 3 Modifica dell'articolo 38 delle disposizioni per l'attuazione del codice civile e disposizioni a
garanzia dei diritti dei figli agli alimenti e al mantenimento
Art. 4 Disposizioni transitorie
Art. 5 Modifiche alle norme regolamentari in materia di stato civile
Art. 6 Clausola di invarianza finanziaria
La legge n. 219/2012 ha inteso realizzare l’unicità dello stato giuridico di filiazione, che assorbe
e supera il principio di parità che era stato attuato dalla riforma del 1975.
La legge, mantiene l’espressione figli naturali e, al contempo, elimina dall’ordinamento: sarebbe
stato assai più appropriato riferirsi a disposizioni in materia di filiazione, secondo la rubrica
dell’art. 1.
La disposizione centrale - attorno alla quale ruota l’intera legge - è sicuramente quella relativa
all’art. 315 del codice, rubricato Stato giuridico della filiazione, la quale afferma che tutti i figli
hanno lo stesso stato giuridico.
È evidente che, il soggetto - una volta conseguito lo stato di figlio a seguito della nascita da genitori
coniugati, del riconoscimento o della dichiarazione giudiziale – diventa parente delle persone che
discendono dallo stipite dei suoi genitori: egli quindi entra a far parte della loro famiglia (estesa),
indipendentemente dal fatto che sia stato concepito nel, fuori o contro il matrimonio.
Risulta radicalmente modificata la nozione di famiglia legale, che, ora, non appare più
necessariamente fondata sul matrimonio, considerato che i vincoli giuridici tra i suoi membri
dichiaratamente prescindono da esso.
Il matrimonio non si configura più quale necessario presupposto per dar vita a relazioni
legalmente familiari, che sorgono oramai indipendentemente dalla sussistenza del vincolo,
cosicché può affermarsi che esso dispieghi ora effetti esclusivamente con riguardo al rapporto tra
coniugi e non impinga sui rapporti giuridici della loro discendenza.

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