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La logica dei predicati

prof.ssa Anna Rita Ferraioli

1 Introduzione
Uno degli scopi della logica è studiare i procedimenti che sono alla base delle dimostrazioni e, quindi,
individuare le regole con cui si ottengono nuove proposizioni a partire da altre che sono assunte vere
(assiomi o proposizione già dimostrate in precedenza).
Abbiamo visto che le regole logiche consentono di dedurre una conclusione da determinate premesse
conservando il nesso di conseguenza logica ovvero da premesse vere si devono ricavare conclusioni
vere. Le regole viste finora sono relative alle proposizioni composte con i connettivi proposizion-
ali (negazione, congiunzione, disgiunzioni, implicazione e complicazione materiali). Ricordiamo, per
esempio, il Modus Ponens e il Sillogismo Disgiuntivo.

Modus Ponens

Le due forme del Sillogismo disgiuntivo

Tali regole sono corrette qualsiasi sia la struttura interna (soggetti, predicati) delle proposizioni p
e q. Questo è dovuto al fatto che nella logica proposizionale ogni enunciato è considerato come un
tutt’uno. Per convincersene, basti pensare che una proposizione atomica viene indicata utilizzando
una sola lettera dell’alfabeto, per esempio p, q, r, . . .. Tuttavia questo tipo di logica rappresenta una
schematizzazione troppo riduttiva del linguaggio naturale e, quindi, risulta insufficiente a formalizzare
ragionamenti anche molto semplici nei quali la connessione logica avviene tramite le componenti della
proposizione.
Consideriamo, ad esempio, il seguente ragionamento.

Nessun quadrato perfetto termina con tre.


Alcuni cubi perfetti sono anche quadrati perfetti.
Dunque alcuni cubi perfetti non terminano per tre.

Esso risulta evidentemente corretto ma non può essere giustificato solo con l’impiego delle regole della
logica proposizionale. È facile rendersi conto, infatti, che in questo ragionamento la connessione logica
avviene attraverso l’azione di parole come alcuni, nessuno che non influenzano l’intera proposizione
ma quella componente della proposizione che comunemente chiamata soggetto logico e che non coincide
necessariamente con quello grammaticale.
Nasce, quindi, sia la necessità di utilizzare simboli diversi per i soggetti e per i cosiddetti “predi-
cati” che, nella proposizione che si vuole considerare, esprimeranno o proprietà di un dato soggetto o

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relazioni tra due o più soggetti e sia la necessità di introdurre nuovi simboli, che chiameremo quantifi-
catori, per rendere in forma precisa e coincisa concetti espressi dei termini “alcuni”, “tutti”, “nessuno”.
Si consideri, per esempio, la proposizione esistono alcuni numeri naturali primi. Il soggetto logico sarà
“numeri naturali” mentre predicato sarà “essere primo” che rappresenta una proprietà del soggetto e
infine, la parte relativa ai quantificatori si ritrova nell’espressione “esistono alcuni”.
Tutti questi sono alcuni degli ingredienti della logica dei predicati che si presenta come un’estensione
della logica proposizionale. Essa, infatti, comprende tutte le proposizioni elementari (quelle che as-
sumono solo un valore di verità, vero o falso), tutte le operazioni su queste proposizioni e dunque tutte
le proposizioni composte. In aggiunta la logica dei predicati introduce l’analisi della struttura della
proposizione distinguendo tra “soggetto” e “predicato”.
Nel seguito daremo centralità ai predicati, per cui i soggetti logici verranno chiamati argomenti del
predicato.

2 Il concetto di enunciato aperto


Consideriamo l’espressione linguistica “6 è un multiplo di x”, essendo x un qualunque elemento
dell’insieme D = {1, 2, 3, 4, 5, 6, 7}.
Andiamo a scrivere le proposizioni che si ottengono andando a sostituire la x con alcuni valori presi
in D.

• “6 è multiplo di 1” • “6 è multiplo di 3” • “6 è multiplo di 4”.

Osserviamo che in tali proposizioni possiamo distinguere un predicato (o proprietà) che è “essere
multiplo di” e due argomenti: uno è ben definito ed è il numero 6, l’altro, la x, chiamato variabile,
non è specificato e assume valori diversi nell’insieme D.
L’espressione “6 è un multiplo di x” con x ∈ D, non è propriamente una proposizione perché non
conoscendo x non possiamo dire se è vera o se è falsa. Ad esempio, “6 è un multiplo di 3” è vera
mentre “6 è un multiplo di 4” è falsa.

Definizione 2.1. Un’espressione linguistica che dipende da una o più variabili, appartenenti ciascuna
a un prefissato dominio, si chiama proposizione aperta, o enunciato aperto.

Indichiamo la proposizione aperta con la scrittura p(x) che si legge “p di x”. Tale scrittura individua
una proposizione aperta di predicato p che presenta una sola variabile x.
La scrittura p(x; y) che si legge “p di x, y” individua una proposizione aperta di predicato p e variabili
x e y.

Esempio 2.1. Consideriamo l’espressione

p(x) : x è un numero primo con x ∈ N (1)

In questo caso il valore di verità di p dipende dalla variabile x che ha come dominio N.
Per x = 3, la (1) si trasforma nell’enunciato p(3) : 3 è un numero primo, che è vero.
Invece per x = 6, la (1) si trasforma nell’enunciato p(6) : 6 è un numero primo, che è una proposizione
falsa.

Esempio 2.2. Consideriamo ora l’espressione

q(x; y) : x è maggiore di y con x ∈ N e y ∈ N (2)

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In questo caso il valore di verità di q dipende da due variabili x e y e il dominio di ciascuna variabile
è N.
Per x = 6 e y = 2, la (2) si trasforma nell’enunciato q(6; 2) : 6 è maggiore di 2, che è vero.
Invece per x = 3 e y = 5, la (2) si trasforma nell’enunciato q(3; 5) : 3 è maggiore di 5, che è una
proposizione falsa.

Dagli esempi visti, possiamo concludere che il dominio di una proposizione aperta in una variabile è un
insieme di elementi che, sostituiti alla variabile, trasformano la proposizione aperta in una proposizione
elementare, vera o falsa. Se è la proposizione aperta è in due variabili, il dominio è un insieme di
coppie ordinate; più precisamente esso è costituito dalle coppie ordinate di elementi che, sostituiti alle
rispettive variabili, trasformano il predicato in una proposizione elementare, vera o falsa.
Nell’Esempio 6.1, il dominio della proposizione aperta p(x) è N, mentre nell’Esempio 2.2, il dominio
della proposizione aperta q(x; y) è N × N.

Esempio 2.3. Per ognuna delle seguenti proposizione aperte in un dato dominio D, chiariamo i
concetti di predicato, argomento, variabile e scrittura simbolica.

Esercizio 2.1. Siano date le proposizione aperte

p(x; y) : x + y + 1 = 0 q(x; y) : x − y + 2 = 0

con x ∈ N, y ∈ N .

1. Determina se sono vere o false le proposizioni p(2; 1), q(2; 2), q(0; 2).

2. Esistono coppie (x; y) per cui la proposizione aperta p(x; y) diventa un enunciato vero? Motiva
in modo opportuno la tua risposta.

3 Insieme di verità di un predicato


Come è già stato detto, il predicato p in una proposizione aperta p(x) esprime una proprietà di cui
possono o meno godere gli elementi del dominio.
Dato un enunciato aperto a(x) con x ∈ D, possiamo considerare il sottoinsieme A ⊆ D formato dagli
elementi di D che godono della proprietà espressa da a(x). Tale insieme è anche detto insieme di
verità di a(x).
Formalizziamo la definizione.

Definizione 3.1. Da una proposizione aperta a(x), con x ∈ D, chiamiamo insieme di verità di a(x)
l’insieme A ⊆ D costituito dagli elementi di D per cui a(x) è vero.

In genere, per indicare l’insieme di verità di una proposizione aperta, ricorreremo alla stessa lettera
utilizzata per indicare il predicato, ma maiuscola.

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Esempio 3.1. Consideriamo la proposizione aperta a(x) : 2 < x < 6 (x compreso tra 2 e 6), con
x ∈ N.
La proposizione aperta si trasforma in un enunciato vero se, al posto di x, sostituiamo uno dei numeri
naturale 3, 4 o 5; diventa un enunciato falso se, al posto di x, sostituiamo un qualsiasi altro numero
naturale. L’insieme di verità di a(x) è perciò A = {3, 4, 5}.
Osserviamo che, per determinare l’insieme di verità di una proposizione aperta, è essenziale specificare
il dominio. Infatti se il dominio di a(x) fosse Q anziché N, nel suo insieme di verità dovremmo includere
anche gli infiniti numeri razionali compresi tra 2 e 6.

Osserviamo, infine, che nel caso una proposizione aperta con due variabili p(x; y) con x ∈ A e y ∈ B,
il suo insieme di verità P risulta un sottoinsieme del prodotto cartesiano A × B, formato dalle coppie
(x0 ; y0 ) per cui p(x0 ; y0 ) è un enunciato vero.

Esempio 3.2. Dati gli insiemi A = {2, 3} e B = {1, 2, 3, 4}, consideriamo il predicato p(x; y) : x ≤ y
(x minore o uguale a y) con x ∈ A e y ∈ B. L’insieme di verità di p(x; y) è l’insieme P , sottoinsieme
di A × B, i cui elementi sono le coppie (x0 ; y0 ) con x0 ≤ y0 . Avremo cosı̀

P = {(2; 2), (2; 3), (2; 4), (3; 3), (3; 4)}.

Esercizio 3.1. Data la proposizione aperta p(x) : x è divisibile per 2 con x ∈ {0, 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7},
determina l’insieme di verità di p(x).

Esercizio 3.2. Completa la seguente tabella come nell’esempio indicato.

4 I connettivi logici e gli insiemi


l Consideriamo un enunciato aperto p(x), con x ∈ D. Abbiamo visto che una volta fissato un elemento
in D, per esempio x0 , l’enunciato p(x0 ) diventa una proposizione atomica per la quale, dunque, è
possibile stabilire il valore di verità (vero o falso). Di conseguenza, sembra naturale andare ad applicare

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i connettivi logici che abbiamo studiato nella logica proposizionale anche agli enunciati aperti. Ciò
che dobbiamo capire è come determinare l’insieme di verità di queste proposizioni composte a partire
dagli insiemi di verità delle proposizioni elementari che le compongono.

4.1 La negazione
Definizione 4.1. Sia p(x) un enunciato aperto e U il suo
dominio. L’insieme di verità di p(x) è un sottoinsieme P di
U.
Possiamo definire l’enunciato aperto p(x) che è la negazione
di p(x) (e si legge p(x) negato), il cui insieme di verità è il
complementare di P rispetto a U , cioé P .
Ricorda, nella teoria degli insiemi il complementare di P
rispetto a U è l’insieme degli elementi di U che non sono
in P , ovvero P = {x ∈ U | x ∈
/ P }.
Esempio 4.1. Sia a(x): “x è un divisore di 20” un enunciato aperto, avente come dominio l’insieme
U = {x ∈ N | x ≤ 10}. Indichiamo con A l’insieme di verità di a(x).
La negazione di a(x) è l’enunciato aperto a(x):“x non è un divisore di 10”. Nel dominio U , l’insieme
di verità di a(x) è il complementare dell’insieme di verità A di a(x), ovvero A.
Si ha che A = {1, 2, 5, 10}, di conseguenza l’insieme di verità di a(x) sarà

A = {x ∈ U | x ∈
/ A} = {0, 3, 4, 6, 7, 8, 9} .

Esercizio 4.1. Sia dato l’enunciato aperto p(x): “x è un numero pari” avente come dominio l’insieme
U = {x ∈ N | x ≤ 12}.

a) Determina l’insieme di verità di p(x).

b) Scrivi in forma verbale la proposizione composta p(x).

c) Determina l’insieme di verità di p(x).

4.2 La congiunzione
Definizione 4.2. Siano a(x) e b(x) due enunciati aperti
definiti sullo stesso dominio U e A e B i rispettivi insiemi
di verità.
Possiamo definire l’enunciato aperto a(x) ∧ b(x) che è la con-
giunzione di a(x) e b(x) (e si legge a(x) e b(x)), il cui insieme
di verità è costituito da tutti gli elementi di U che rendono
contemporaneamente vere le due proposizioni elementari a(x)
e b(x) e, quindi, l’intersezione A ∩ B di A e B.
Ricorda, nella teoria degli insiemi, l’intersezione di due insiemi A e B è l’insieme che contiene gli
elementi che sono contemporaneamente sia in A che in B, ovvero A ∩ B = {x | x ∈ A e x ∈ B}.

Esempio 4.2. Siano a(x): “x è un divisore di 20” e b(x) “x è un numero dispari” due enunciati aperti
aventi come dominio l’insieme U = {x ∈ N | x ≤ 10}. Indichiamo con A e B gli insiemi di verità
rispettivamente di a(x) e di b(x).
La congiunzione di a(x) e b(x) è l’enunciato aperto a(x) ∧ b(x): “x è un divisore di 10 ed è dispari”
ovvero, a(x) ∧ b(x): “x è un divisore dispari di 10”. Nel dominio U , l’insieme di verità di a(x) ∧ b(x)

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è l’intersezione degli insiemi di verità A e B, ovvero A ∩ B.
Si ha che A = {1, 2, 5, 10} e B = {1, 3, 5, 7, 9}, di conseguenza l’insieme di verità di a(x) ∧ b(x) sarà

A ∩ B = {x ∈ U | x ∈ A e x ∈ B} = {1, 5} .

Esercizio 4.2. Nel dominio U = {x ∈ Z | |x| ≤ 5}, siano dati gli enunciati aperti a(x): “x è minore
di 1” e b(x): “x è maggiore di -1”.

a) Determina gli insiemi di verità di a(x) e di b(x).

b) Scrivi in forma verbale la proposizione composta a(x) ∧ b(x).

c) Determina l’insieme di verità di a(x) ∧ b(x).

4.3 La disgiunzione inclusiva


Definizione 4.3. Siano a(x) e b(x) due enunciati aperti
definiti sullo stesso dominio U e A e B i rispettivi insiemi
di verità.
Possiamo definire l’enunciato aperto a(x) ∨ b(x) che è la dis-
giunzione inclusiva di a(x) e b(x) (e si legge a(x) o b(x)), il
cui insieme di verità è costituito da tutti gli elementi di U che
rendono vera una delle proposizione elementari a(x) e b(x), o
entrambe e, quindi, l’unione A ∪ B di A e B.
Ricorda, nella teoria degli insiemi, l’unione di due insiemi A e B è l’insieme che contiene gli elementi
che sono in A o in B o in entrambi, ovvero A ∪ B = {x | x ∈ A o x ∈ B}.

Esempio 4.3. Nell’insieme U degli iscritti a un corso di laurea sono date le seguenti proposizioni
aperte:

• p(x): “x ha compiuto 25 anni”.

• q(x): “x ha ottenuto un diploma di scuola secondaria di II grado”.

Indichiamo con P e Q gli insiemi di verità rispettivamente di p(x) e di q(x).


La disgiunzione inclusiva di p(x) e q(x) è l’enunciato aperto p(x) ∨ q(x): “x ha compiuto 25 anni o
ha ottenuto un diploma di scuola secondaria di II grado”, il cui insieme di verità è dato dall’insieme
unione di A e B, ovvero A ∪ B 1 .

Esercizio 4.3. Nell’insieme U delle lettere della lingua italiana, siano dati gli enunciati aperti a(x):
“x è una lettera della parola casa” e b(x): “x è una lettera della parola magia”.

a) Determina gli insiemi di verità di a(x) e di b(x).

b) Scrivi in forma verbale la proposizione composta a(x) ∨ b(x).

c) Determina l’insieme di verità di a(x) ∨ b(x).


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In questo caso non possiamo scrivere per elencazione gli elementi dell’insieme perché non conosciamo le generalità
degli iscritti al corso di laurea.

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4.4 La disgiunzione esclusiva
Definizione 4.4. Siano a(x) e b(x) due enunciati aperti
definiti sullo stesso dominio U e A e B i rispettivi insiemi
di verità.
Possiamo definire l’enunciato aperto a(x)∨b(x) ˙ che è la dis-
giunzione esclusiva di a(x) e b(x) (e si legge o a(x) o b(x)),
il cui insieme di verità è costituito da tutti gli elementi di U
che rendono vera solo una delle proposizione elementari a(x)
e b(x).
Nella teoria degli insiemi, dati due insiemi A e B, la loro differenza simmetrica A∆B, che si legge A
delta B è l’insieme che contiene gli elementi presenti solo in uno dei due insiemi.
Esistono due modi equivalenti per definirla:

A∆B = (A − B) ∪ (B − A) = (A ∪ B) − (A ∩ B)

cioè, rispettivamente, l’unione delle due differenze e la differenza tra l’unione e l’intersezione di A e
B. Infatti la differenza simmetrica di A e B è un nuovo insieme che contiene tutti gli elementi di A e
tutti gli elementi di B ad eccezione della loro intersezione.

Esempio 4.4. Siano a(x): “x è un multiplo di 3” e b(x) “x è un divisore di 24” due enunciati aperti
aventi come dominio l’insieme U = {x ∈ N | x ≤ 20}. Indichiamo con A e B gli insiemi di verità
rispettivamente di a(x) e di b(x).
La disgiunzione esclusiva di a(x) e b(x) è l’enunciato aperto a(x) ∨˙ b(x): “o x è un multiplo di 3 o è
un divisore di 24”. Nel dominio U , l’insieme di verità di a(x) ∨˙ b(x) è la differenza simmetrica degli
insiemi di verità A e B, ovvero A∆B.
Si ha che A = {3, 6, 9, 12, 15, 18} e B = {1, 2, 3, 4, 6, 8, 12}, di conseguenza l’insieme di verità di
a(x) ∨˙ b(x) sarà

A∆B = (A − B) ∪ (B − A)
= {x ∈ U | x ∈ A e x ∈
/ B oppure x ∈ B e x ∈
/ B}
= {1, 2, 4, 8, 9, 15, 18} .

Esercizio 4.4. Nell’insieme U dei quadrilateri sono dati i seguenti enunciati aperti:

• p(x): “x ha gli angoli retti”.

• q(x): “x ha le diagonali perpendicolari”.

a) Determina gli insiemi di verità di a(x) e di b(x).

b) Scrivi in forma verbale la proposizione composta a(x) ∨˙ b(x).

c) Determina l’insieme di verità di a(x) ∨˙ b(x).

Esempio 4.5. Nel dominio U = {x ∈ N | 0 < x < 20} sono date le seguenti proposizioni aperte:

• p(x): “x è un divisore di 60”.

• q(x): “x è un multiplo di 6”.

Scriviamo in forma verbale le seguenti proposizioni composte e determiniamone il loro insieme di


verità:

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a) p(x) ∨ q(x) b) p(x) ∧ q(x) c) p(x) ∨ q(x) d) p(x) ∨˙ q(x)

Iniziamo con il determinare l’insieme di verità delle due proposizioni elementari.

P = {x ∈ U | p(x) è vera} = {1, 2, 3, 4, 5, 6, 10, 12, 15}


Q = {x ∈ U | q(x) è vera} = {6, 12, 18}

a) Notiamo che nella proposizione composta a essere negata è solo la p(x) e che le due proposizioni
sono connesse da una disgiunzione inclusiva. Per cui la scrittura verbale della proposizione
p(x) ∨ q(x) sarà “x non è un divisore di 60 oppure è un multiplo di 6”.
L’insieme di verità sarà P ∪ Q. Determiniamo P .

P = {x ∈ U | x ∈
/ P } = {7, 8, 9, 11, 13, 14, 16, 17, 18, 19}

Pertanto, P ∪ Q = {6, 7, 8, 9, 11, 12, 13, 14, 16, 17, 18, 19}.

b) Notiamo che nella proposizione composta a essere negata è solo la q(x) e che le due proposizioni
sono connesse da congiunzione. Per cui la scrittura verbale della proposizione p(x) ∧ q(x) sarà
“x è un divisore di 60 e non è un multiplo di 6” o, in modo equivalente, “x è un divisore di 60
che non è un multiplo di 6”.
L’insieme di verità sarà P ∩ Q. Determiniamo Q.

Q = {x ∈ U | x ∈
/ Q} = {1, 2, 3, 4, 5, 7, 8, 9, 11, 13, 14, 15, 16, 17, 19}

Pertanto, P ∩ Q = {1, 2, 3, 4, 5, 10, 15}.

c) Notiamo che nella proposizione composta a essere negata è la proposizione composta p(x) ∨ q(x).
In questo caso, può essere utile utilizzare le Leggi di De Morgan e, quindi, scrivere p(x) ∨ q(x) =
p(x) ∧ q(x). Per cui la scrittura verbale della proposizione p(x) ∨ q(x) sarà “x non è un divisore
di 60 e non è un multiplo di 6” o, in modo equivalente “x non è né un divisore di 60 né un
multiplo di 6”.
L’insieme di verità sarà P ∩ Q. Utilizzando i risultati ottenuti nei punti precedenti avremo che
P ∩ Q = {7, 8, 9, 11, 13, 14, 16, 17, 19}.

d) Notiamo che nella proposizione composta a essere negata è solo la p(x) e che le due proposizioni
sono connesse da una disgiunzione esclusiva. Per cui la scrittura verbale della proposizione
p(x) ∨˙ q(x) sarà “o x non è un divisore di 60 oppure è un multiplo di 6”.
 
L’insieme di verità sarà P ∆Q = P ∪ Q − P ∩ Q .
Abbiamo già calcolato nel punto a) P ∪Q = {6, 7, 8, 9, 11, 12, 13, 14, 16, 17, 18, 19}; P ∩Q = {18},
dobbiamo calcolare P ∩ Q. Pertanto P ∆Q = {6, 7, 8, 9, 11, 12, 13, 14, 16, 17, 19}.

Esercizio 4.5. Nel dominio U = {x ∈ ND | x ≤ 15} (essendo ND l’insieme dei numeri naturali dispari)
sono date le seguenti proposizioni aperte:

• p(x): “x è un numero primo”. • q(x): “x è un divisore di 99”.

Scrivi in forma verbale le seguenti proposizioni composte e determinane il loro insieme di verità:

a) p(x) ∨ q(x) b) p(x) ∧ q(x) c) p(x) ∧ q(x) d) p(x) ∨˙ q(x)

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5 I quantificatori
Nel linguaggio naturale è possibile sentire delle frasi che sembrano di per sé ambigue ma il cui significato
si può dedurre dal contesto di riferimento. Consideriamo, per esempio, le seguenti frasi:

• “un giovane deve avere degli ideali”;

• “un atleta ha vinto la maratona ai giochi olimpici”.

Esse hanno la stessa struttura, ma a ben vedere la prima significa che “ogni giovane deve avere degli
ideali”, mentre la seconda significa che “esiste un atleta che ha vinto la maratona ai giochi olimpici”.
Questa stessa ambiguità si può ritrovare in certi enunciati matematici, come per esempio “un numero
naturale si può scrivere come prodotto di fattori” che è vera per ogni numero naturale, mentre “la
somma di 72 e di 52 è un numero naturale” che è vera per il solo numero 6.
E’ chiaro che è facile non cadere in errore di fronte a questi enunciati, ma possono esistere contesti in
cui tale distinzione (per ogni/esiste) non è cosı̀ evidente.
Per evitare ambiguità andremo a introdurre due simboli che prendono il nome di quantificatori:

• il quantificatore universale indicato con il simbolo ∀ e si legge “per ogni”, “tutti” o “qualunque”.

• il quantificatore esistenziale indicato con il simbolo ∃ che si legge “esiste almeno un”, “esiste
qualche” o “alcuni” .

Definizione 5.1. Se consideriamo l’enunciato aperto p(x) con x che assume valore in un dominio D,
l’espressione ∀x (p(x)) è detta proposizione universale e si legge in uno dei seguenti modi:

• “per ogni x appartenente a D, è vera la proprietà espressa da p”;

• “tutti gli elementi di D verificano la proprietà espressa da p”;

• “qualunque x appartenente a D verifica la proprietà espressa da p”.

Esempio 5.1. Consideriamo la proposizione “Tutti i gatti hanno i baffi”. Traduciamola dalla forma
verbale a quella simbolica. Individuiamo

• il dominio che è l’insieme D = {x | x è un gatto};

• la proprietà espressa dal predicato a cui andremo ad assegnare una lettera dell’alfabeto: nel
nostro caso la proprietà è “avere i baffi” che regge un unico argomento (il soggetto) e, dunque,
un’unica variabile; andremo a indicare tale predicato con p.

Tutto questo ci permette di tradurre la proposizione “Tutti i gatti hanno i baffi” nella forma simbolica
∀x (p(x)).

Esempio 5.2. Consideriamo la proposizione universale ∀x (a(x)) avente come dominio l’insieme
D = {x | x è un uomo} ed essendo a(x): “x è mortale”. Allora l’espressione ∀x (a(x)) si tradurrà
in forma verbale in una delle seguenti proposizioni:

• “ogni uomo è mortale”;

• “tutti gli uomini sono mortali”;

• “qualunque uomo è mortale”.

Definizione 5.2. Se consideriamo l’enunciato aperto p(x) con x che assume valore in un dominio D,
l’espressione ∃x (p(x)) è detta proposizione esistenziale e si legge in uno dei seguenti modi:

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• “esiste almeno una x appartenente a D, per cui è vera la proprietà espressa da p”;

• “esiste qualche elemento diD che verifica la proprietà espressa da p”;

• “alcuni elementi di D verificano la proprietà espressa da p”.

Esempio 5.3. Consideriamo la proposizione “Esiste almeno un numero naturale divisibile per 5”.
Traduciamola dalla forma verbale a quella simbolica. Individuiamo

• il dominio che è l’insieme dei numeri naturali N;

• la proprietà espressa dal predicato a cui andremo ad assegnare una lettera dell’alfabeto: nel
nostro caso la proprietà è “essere divisibile per” che regge due argomenti (numero naturale e 5)
di cui solo uno è una variabile; andremo a indicare tale predicato con la lettera a.

Tutto questo ci permette di tradurre la proposizione “Esiste almeno un numero naturale divisibile per
5” nella forma simbolica ∃x (a(x)).

Esempio 5.4. Consideriamo la proposizione esistenziale ∃x (p(x)) avente come dominio l’insieme
D = {x | x è un triangolo} ed essendo p(x): “x è isoscele”. Allora l’espressione ∃x (p(x)) si tradurrà
in forma verbale in una delle seguenti proposizioni:

• “almeno un triangolo è isoscele”;

• “qualche triangolo è isoscele”;

• “alcuni triangoli sono isosceli”.

Nelle scritture ∀x (p(x)) e ∃x (p(x)) si dice che all’enunciato aperto p(x) è stato premesso un quantifi-
catore; in questo modo il predicato diventa un enunciato chiuso. Tuttavia, i quantificatori possono
anche essere premessi ai predicati di due o più variabili. Diremo che una variabile di un predicato
è quantificata se a essa è applicato un quantificatore. In caso contrario diremo che la variabile è
libera.
Se tutte le variabili di un predicato sono quantificate, il predicato diventa un enunciato chiuso; in
caso contrario il valore di verità del predicato dipende solo dalle variabili libere e, quindi, avremo
ancora un enunciato aperto.

Esempio 5.5. Nella scrittura ∀x∃y (p(x, y)), con x, y che variano un insieme D, entrambe le variabili
sono quantificate perché a x è applicato il quantificatore universale e a y il quantificatore esistenziale
e, quindi, non essendoci variabili libere l’espressione ∀x∃y (p(x, y)) è un enunciato chiuso che potrà
essere indicato con una lettera minuscola dell’alfabeto greco: α = ∀x∃y (p(x, y)).

Esempio 5.6. Nella scrittura ∃x (p(x, y)), con x, y che variano un insieme D, solo la variabile x
è quantificata dal quantificatore esistenziale mentre la variabile y è libera. Pertanto, l’espressione
∃x (p(x, y)) è ancora un enunciato aperto il cui valore di verità dipende dalla variabile y. Continueremo
a indicare tali enunciati nello stesso modo, ma andremo a utilizzare una lettera maiuscola per denotare
la presenza di un quantificatore: P (y) = ∃x (p(x, y)).

Siccome le proposizioni universali ed esistenziali sono enunciati chiusi (come le proposizioni elementari,
per intenderci), è possibile stabilirne in modo univoco il valore di verità.

Definizione 5.3. Una proposizione universale del tipo ∀x (p(x)) con x ∈ D risulterà vera se e solo
se l’insieme di verità dell’enunciato aperto p(x) coincide con tutto il dominio (P = D), ovvero quando
tutti gli elementi del dominio verificano la proprietà espressa dal predicato p.

10
Una proposizione universale del tipo ∀x (p(x)) con x ∈ D risulterà falsa se e solo se riusciamo a
trovare un elemento del dominio che non verifica la proprietà espressa dal predicato p. Tale elemento
sarà chiamato controesempio.

Definizione 5.4. Una proposizione esistenziale ∃x (p(x)) con x ∈ D risulterà vera se e solo se è
possibile trovare almeno un elemento del dominio che verifica la proprietà espressa dal predicato p,
ovvero se l’insieme di verità dell’enunciato aperto p(x) è diverso dal vuoto (P 6= ∅).
Una proposizione esistenziale ∃x (p(x)) con x ∈ D risulterà falsa se e solo se la proprietà espressa
dal predicato p non è verificata da nessuno degli elementi del dominio, ovvero se l’insieme di verità
dell’enunciato aperto p(x) è uguale al vuoto (P = ∅).

Nel linguaggio matematico, i quantificatori sono usati per esprimere proprietà matematiche che pos-
sono valere per tutti gli elementi di un determinato insieme numerico, per alcuni o per nessuno. In
questo caso, nell’utilizzare il linguaggio simbolico per esprimere queste proprietà è possibile separare
il quantificatore dal predicato con una virgola invece di utilizzare le parentesi tonde, e cioè potremo
scrivere ∃x ∈ N, 3 < x < 6 per intendere che esiste un numero naturale compreso tra 3 e 6.

Esempio 5.7. Verifichiamo se le seguenti proposizioni sono vere o false.

1. α1 = ∀x ∈ N, x ≥ 0. 3. α3 = ∃x ∈ N, x > 7. 5. α5 = ∃x ∈ N, x + 1 = 5.

2. α2 = ∀x ∈ N, x è pari. 4. α4 = ∃x ∈ N, x < 0.

1) La proposizione α1 è vera perché la proprietà “essere maggiore o uguale a zero” è vera per tutti
i numeri naturali.

2) La proposizione α2 è falsa perché la proprietà “essere pari” non è vera per tutti gli x ∈ N; infatti,
ad esempio, 3 è dispari (che rappresenta in questo caso il controesempio).

3) La proposizione α3 è vera perché la proprietà “essere maggiore di 7” è vera, ad esempio per il


numero 8.

4) La proposizione α4 è falsa perché la proprietà “essere minore di 0” non è verificata da nessun


numero naturale, essendo tutti i numeri naturali non negativi.

5) La proposizione α5 è vera perché la proprietà “avere il successivo uguale a 5” è verificata dal


numero 4.

5.1 La negazione dei quantificatori


Nell’insieme degli studenti del liceo biomedico consideriamo la seguente proposizione:

α : “Tutti gli studenti del liceo biomedico hanno capito l’uso dei quantificatori”.

Qual è la sua negazione?


A un primo approccio, si potrebbe pensare che la sua negazione sia la proposizione:

“Tutti gli studenti del liceo biomedico non hanno capito l’uso dei quantificatori”,

negando quindi solo il predicato. Andiamo a vedere cosa succede considerando l’insieme di verità del
predicato che esprime la proprietà di “aver capito l’uso dei quantificatori”.
Supponiamo, per semplicità, che l’insieme degli studenti del liceo biomedico sia il seguente

D = {Giovanni, Francesca, Marcella, Enrico, Rosaria, Alessandra, Francesco, Antonio, Roberto}

11
e che solo Giovanni, Roberto e Rosaria non abbiano capito l’uso dei quantificatori. E’ chiaro, quindi,
che la proposizione α è falsa, perché non è vero che tutti gli studenti del liceo biomedico hanno
capito l’uso dei quantificatori (P 6= D). Di conseguenza la sua negazione deve essere vera. Ma anche
la proposizione “Tutti gli studenti del liceo biomedico non hanno capito l’uso dei quantificatori” è
falsa perché, per esempio, Francesca ha capito l’uso dei quantificatori. Pertanto, la negazione della
proposizione “Tutti gli studenti del liceo biomedico hanno capito l’uso dei quantificatori” non può
essere “Tutti gli studenti del liceo biomedico non hanno capito l’uso dei quantificatori” perché una
proposizione e la sua negazione non possono avere lo stesso valore di verità, ma negare che tutti gli
studenti hanno capito l’uso dei quantificatori equivale, in realtà, ad affermare che esiste almeno uno
studente che non l’ha capito. Pertanto, la negazione corretta sarà

α : “Non tutti gli studenti del liceo biomedico hanno capito l’uso dei quantificatori”.

ovvero

α : “Alcuni studenti del liceo biomedico non hanno capito l’uso dei quantificatori”.

Queste considerazioni ci portano a poter esprimere la negazione del quantificatore universale in termini
del quantificatore esistenziale. Vale infatti la seguente equivalenza:
 
∀x (p(x)) = ∃x p(x) ,

e cioè che la negazione di una proposizione universale è equivalente alla proposizione esistenziale che
si ottiene negando il predicato della proposizione α.
Consideriamo ora la seguente proposizione con dominio ancora l’insieme D degli studenti del liceo
Biomedico.

β = “Esiste qualche studente del liceo biomedico che ha capito l’uso dei quantificatori”

Nelle nostre ipotesi iniziali, tale proposizione esistenziale risulta vera (ricordate? solo Giovanni,
Roberto e Rosaria non avevano capito l’uso dei quantificatori e, quindi, per esempio Marcella ne
aveva capito l’uso). Qual è la negazione di β?
Consideriamo la seguente frase

“Esiste qualche studente del liceo biomedico che non ha capito l’uso dei quantificatori”.

E’ facile rendersi conto che questa non può essere la negazione di β perché anche questa proposizione
è vera (per esempio, per Giovanni; del resto, questa proposizione coincide con α) e, come abbiamo già
detto, non può mai accedere che una proposizione e la sua negazione abbiano lo stesso valore di verità.
Se prestiamo maggior attenzione, ci rendiamo conto che negare la proposizione “Esiste qualche studente
del liceo biomedico che ha capito l’uso dei quantificatori” significa essenzialmente negare l’esistenza di
elementi del dominio che rendono vera la proprietà espressa dal predicato, ovvero l’aver capito l’uso
dei quantificatori.
Abbiamo tre modi diversi di esprimere questa circostanza:

• “non esiste alcuno studente del liceo biomedico che abbia capito l’uso dei quantificatori”;

• “tutti gli studenti del liceo biomedico non hanno capito l’uso dei quantificatori”;

• “nessuno degli studenti del liceo biomedico ha capito l’uso dei quantificatori”;

12
che rappresentano tre modi equivalenti di esprimere β.
Traducendo in simboli quanto affermato si ha che, considerata una proposizione esistenziale del tipo
∃x (p(x)), si ha:
∃x (p(x)) = @x (p(x))
oppure  
∃x (p(x)) = ∀x p(x)
In generale, dunque:

• negare che, per ogni x, vale una certa proprietà significa affermare che esiste almeno un valore
di x per cui non vale la proprietà;

• negare che esista un valore di x per cui vale una certa proprietà significa affermare che, per ogni
x, non vale tale proprietà.

Pertanto, la negazione di una proposizione in cui compare uno dei due quantificatori può essere scritta
utilizzando l’altro quantificatore e negando la proprietà espressa dal predicato.

Esempio 5.8. Per ogni proposizione in cui compare uno dei due quantificatori ci proponiamo di
scrivere la sua negazione utilizzando l’altro quantificatore:

- α = Ogni fiore è profumato.

- β = Esistono numeri pari.

- γ = Qualche frutto non è ancora maturo.

- δ = Tutti i gatti non abbaiano.

Traduciamo ciascuna delle precedenti proposizioni in simboli e ne determiniamo, poi, la negazione.


La proposizione α è universale. Indicato con a il predicato che esprime la proprietà “essere profumato”,
si ha che
α = ∀x (a(x)) ,
essendo x un fiore. Pertanto la sua negazione sarà
 
α = ∃x a(x)

che è espressa in forma verbale dalla frase “esiste un fiore non profumato”.
La proposizione β è esistenziale. Indicato con b il predicato che esprime la proprietà “essere pari”, si
ha che
β = ∃x (b(x)) ,
essendo x un numero naturale. Pertanto la sua negazione sarà
 
β = ∀x b(x)

che è espressa in forma verbale dalla frase “tutti i numeri naturali non sono pari”.
La proposizione γ è esistenziale. Indicato con c il predicato che esprime la proprietà “essere maturo”,
si ha che  
γ = ∃x c(x) ,
essendo x un frutto. Pertanto la sua negazione sarà
 
γ = ∀x c(x) = ∀x (c(x))

13
che è espressa in forma verbale dalla frase “tutti i frutti sono maturi”.
La proposizione δ è universale. Indicato con d il predicato che esprime la proprietà “abbaiare”, si ha
che  
α = ∀x d(x) ,

essendo x un gatto. Pertanto la sua negazione sarà


 
δ = ∃x d(x) = ∃x (d(x))

che è espressa in forma verbale dalla frase “esiste un gatto che abbaia”.

5.2 Esercizi
Esercizio 5.1. Nei seguenti enunciati aventi come dominio un generico insieme D dire se le variabili
che vi occorrono sono libere o quantificate e stabilire se si tratta di enunciati aperti o chiusi.

1. ∀x∃y (p(x, y, z)). 2. ∃x (q(x, y)). 3. ∃x∀y∃z (r(x, y, z)).

Esercizio 5.2. Riscrivi le seguenti proposizioni in forma verbale e assegna a ognuno il proprio valore
di verità

1. ∃x ∈ N, x + 3 = 5 4. ∃x ∈ N, x + 2 = 1

2. ∀x ∈ N, x ≤ 2x 5. ∀x ∈ Q, ∃y ∈ Q, x · y = 0

3. ∀x ∈ Z, x − 3 = −8 6. ∀x ∈ Z, ∀y ∈ Z, x2 + y 2 > 0

Esercizio 5.3. Scrivi la negazione di ciascuna delle seguenti proposizioni dopo averle tradotte in
forma simbolica.

1. Tutti i miei amici hanno il motorino.

2. Qualche cane fa la guardia.

3. Nessuno dei miei amici ha la patente.

4. Esiste qualche libro senza immagini.

14
5.3 Quesiti a scelta multipla
Rispondi ai seguenti quesiti a scelta multipla, motivando in modo opportuno la tua risposta.

1.
6.

2.
7.

3.

8.

4.
9.

5. 10.

15
6 Condizione necessaria e condizione sufficiente
Nella logica delle proposizioni abbiamo parlato della implicazione materiale e abbiamo visto che,
date due proposizioni atomiche p e q, la proposizione composta p → q è sempre vera tranne quando
l’antecedente (p) è vero e il conseguente (q) è falso. Quando abbiamo, inoltre, studiato il Modus
Ponens e affermato che se un’implicazione è vera ed è vero anche l’antecedente allora sarà vero il
conseguente.

p→q
p
q
Possiamo dire, pertanto, che è sufficiente che si verifichi p perché si verifichi q, ovvero che p è
condizione sufficiente per q.

Esempio 6.1. Consideriamo la proposizione vera “Se Lorenzo è italiano, allora è europeo”.
Allora possiamo affermare in modo equivalente ciascuna delle seguenti proposizioni

• “condizione sufficiente affinché Lorenzo sia europeo, è che sia italiano”;

• “è sufficiente che Lorenzo sia italiano per essere europeo”;

• “basta che Lorenzo sia italiano per essere europeo”.

Esempio 6.2. Consideriamo la proposizione vera “E’ sufficiente che tu risponda bene a questa do-
manda per avere la sufficienza”. Vogliamo scriverla in termini di implicazione. Ricordiamo che nella
frase, la proposizione soggettiva è quella che costituisce l’antecedente della implicazione, mentre la con-
secutiva è appunto il conseguente. Pertanto, possiamo riscrivere la proposizione in modo equivalente
con “Se rispondi bene a questa domanda avrai la sufficienza”.

Sempre nella logica delle proposizioni, abbiamo visto che l’implicazione p → q è equivalente alla sua
contronominale q → p. Di conseguenza possiamo affermare che se non si verifica q allora sicuramente
non può verificarsi p, ovvero che q è condizione necessaria al verificarsi di p.

Esempio 6.3. Consideriamo, di nuovo, proposizione dell’Esempio 6.1 “Se Lorenzo è italiano, allora
è europeo”. Possiamo riscriverla evidenziando la proposizione necessaria in una della seguenti propo-
sizioni equivalenti

• “è necessario che Lorenzo sia europeo per essere italiano”;

• “condizione necessaria affinché Lorenzo sia italiano, è che sia europeo”;

• “solo se Lorenzo è europeo allora può essere italiano”.

Esempio 6.4. Consideriamo la proposizione “Solo se lavoro il sabato, riesco a completare la relazione”.
Vogliamo esprimerla in termine di implicazione. La proposizione principale “riesco a completare
la relazione” in questo caso costituisce l’antecedente, mentre l’altra introdotta dal solo se è invece
il conseguente. Pertanto, in modo equivalente possiamo affermare che “Se riesco a completare la
relazione, allora avrò lavorato di sabato”.

Esiste, poi, una terza condizione necessaria e sufficiente che si verifica quando, oltre a essere vera
l’implicazione diretta p → q, è vera l’implicazione inversa q → p (che, se ricordate, non è equivalente
alla proposizione diretta), ovvero, quando è vera la doppia implicazione p ↔ q. Infatti in questo caso,
ciascuna delle due proposizioni p e q sono necessarie e sufficienti per l’altra.

16
Esempio 6.5. Consideriamo la seguente proposizione vera “Un triangolo è equilatero se e solo se è
equiangolo”. In questo caso possiamo riscrivere la proposizione precedente equivalentemente a ciascuna
delle seguenti proposizioni.

• “condizione necessaria e sufficiente che un triangolo sia equilatero è che sia equiangolo”;

• “condizione necessaria e sufficiente che un triangolo sia equiangolo è che sia equilatero”.

Esempio 6.6. Consideriamo la seguente proposizione “E’ necessario e sufficiente che l’esame abbia
una valutazione maggiore o uguale al 18 per considerarlo superato”. Scriviamo in termini di doppia
implicazione. In questo caso, non ha importanza quale delle due debba essere scritta per prima perché
sono equivalenti, magari la scelta può essere detta da una maggiore coerenza linguistica che non logica.
Nel nostro caso è preferibile scrivere “L’esame è considerato superato se e solo se abbia una valutazione
maggiore o uguale al 18”.

Naturalmente, possono esserci dei casi in cui, data un’implicazione p → q, sappiamo di sicuro che non
è vera l’implicazione inversa q → p. Allora in questo caso diremo che p è condizione sufficiente ma
non necessaria per q e, viceversa, q è condizione necessaria ma non sufficiente per p.

Esempio 6.7. Consideriamo la proposizione vera “se hai ottenuto la patente allora hai superato il
test”. Sappiamo che l’implicazione inversa non è vera, infatti puoi aver superato il test ma non aver
ancora ottenuto la patente perché non hai ancora superato l’esame di guida. Allora in questo caso
diremo che “Avere la patente è condizione sufficiente ma non necessaria per aver superato il test”
oppure che “Aver superato il test è condizione necessaria ma non sufficiente per ottenere la patente”.

Esercizio 6.1. Completa in maniera opportuna le seguenti affermazioni mettendo al posto dei puntini
la locuzione corretta scegliendo tra:

• “è sufficiente ma non necessario” oppure “condizione sufficiente ma non necessaria”;

• “è necessario ma non sufficiente” oppure “condizione necessaria ma non sufficiente”;

• “è necessario e sufficiente“ oppure “condizione necessaria e sufficiente’.

1. Essere pentagono per essere un poligono.

2. Essere divisibile per 6 per essere pari.

3. Avere compiuto i 18 anni perché un cittadino italiano abbia


diritto al voto.

4. Condizione affinché un quadrilatero sia un parallelogramma, è


che le sue diagonali si taglino scambievolmente per metà.

5. Avere 6 in tutte le materie è


per essere promosso (tranne questo anno).

6. Avere 4 lati è per essere un quadrato.

7. Condizione affinché due triangoli siano congruenti, è che abbiano


rispettivamente congruenti i tre lati.

8. Condizione affinché un numero intero sia maggiore di 100, è che


sia maggiore di 50.

17
6.1 Quesiti a scelta multipla
Rispondi ai seguenti quesiti a scelta multipla, motivando in modo opportuno la tua risposta.

1. 6.

2.
7.

8.

3.

9.

4.

5. 10.

18
7 Implicazione logica ed equivalenza logica
Nel paragrafo 4, abbiamo visto com’è possibile creare enunciati aperti composti a partire da alcuni
connettivi che abbiamo incontrato nella logica proposizionale e come ottenere l’insieme di verità di
queste proposizioni composte a partire da quelli delle proposizioni più semplici attraverso opportune
operazioni insiemistiche.

Definizione 7.1. Siano a(x) e b(x) due enunciati aperti


definiti sullo stesso dominio U e A e B i rispettivi insiemi
di verità tali che A ⊆ B.
Possiamo definire l’enunciato aperto a(x) ⇒ b(x) che è
detto implicazione logica (e si legge a(x) implica logica-
mente b(x)). Ci ricordiamo che nella logica delle proposizioni,
l’implicazione è falsa quando l’antecedente è vero e il con-
seguente è falso.
Pertanto, affinché la proposizione composta a(x) ⇒ b(x) sia vera deve necessariamente verificarsi che
ogni elemento di U che rende vero il predicato a deve rendere vero il predicato b, ovvero, detto in
termini di insiemi di verità, A ⊆ B.
Diremo anche che

• a(x) è condizione sufficiente per b(x): basta che sia vera a(x) affinché sia vera b(x);

• b(x) è condizione necessaria per a(x): è necessario che sia vera b(x) affinché sia vera a(x).

Nel caso particolare in cui gli insiemi di verità coincidono A = B, allora diremo che i due enunciati
a(x) e b(x) sono logicamente equivalenti e scriveremo a(x) ⇔ b(x). In questo caso a(x) è condizione
necessaria e sufficiente per b(x) e viceversa.
Nel caso in cui, però, A ⊂ B, ovvero A è contenuto in B ma è diverso da B allora si avrà che a(x) è
condizione sufficiente ma non necessaria per b(x) e b(x) è condizione necessaria ma non sufficiente per
a(x).

Esercizio 7.1. Risolvi il seguente esercizio

Esercizio 7.2. Risolvi i seguenti quesiti a scelta multipla.

1.

19
2.

3.

4.

20

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