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Alfredo Meschi e Ilaria Farulli

100 modi
per cambiare vita
ed essere felici

Proposte, esperienze, riflessioni, link e contatti


per un’esistenza più felice e a impatto zero
Ilaria Farulli e Alfredo Meschi

100 modi per cambiare vita


ed essere felici

Terra Nuova Edizioni


Direzione editoriale: Mimmo Tringale e Cristina Michieli
Curatore editoriale: Enrica Capussotti
Autori: Ilaria Farulli e Alfredo Meschi

Editing: Alessandra Denaro


Impaginazione: Daniela Annetta
Copertina: Andrea Calvetti
Illustrazioni di copertina: Paul IJsendoorn

©2012 Editrice Aam Terra Nuova


via Ponte di Mezzo 1, 50127 Firenze
tel 055 3215729 - fax 055 3215793
libri@aamterranuova.it - www.terranuovaedizioni.it

I edizione, maggio 2013

ISBN: 987-88-6681-0285

Quest’opera è stata rilasciata con licenza Creative Com-


mons “Attribuzione - Non commerciale - Non opere deri-
vate” 3.0 Unported.

Stampa: Lineagrafica, Città di Castello (Pg)


Dedico questo libro a te
e anche a me.
E a voi, a lei, a lui, a loro…
insomma a noi.

Per ogni libro, compreso questo fantastico e im-


perdibile libricino che avete fra le mani, vengono
abbattuti alberi, quelle inutili cose che sporcano i
parabrezza delle nostre auto. E anche l’inchiostro,
l’energia usata dalle stampanti, il carburante per le
spedizioni… tutto ha un impatto sul nostro (nostro?)
pianeta.
Per cercare di ridurre l’impatto ambientale causato
dalla pubblicazione di questo libro, abbiamo com-
pensato le emissioni di CO2 con “I plant a tree”, or-
ganizzazione ambientalista che per ogni 1000 copie
stampate ha provveduto a piantare 20 nuovi alberi.
Potete saperne di più sul sito: www.iplantatree.org.
Inoltre, come per tutte le pubblicazioni di Terra
Nuova, è stata utilizzata carta interamente ecologica
e riciclata certificata dal marchio Der Blaue Engel (An-
gelo Azzurro) rilasciato dal Ministero dell’ambiente
tedesco. Tale marchio attesta che la carta è ottenuta
con fibre provenienti al 100% da carta straccia, di cui
almeno il 65% dalla raccolta differenziata.
100 modi per cambiare vita
ed essere felici!
Non c’era una volta, ma adesso c’è:
la storia più bella che nasce dalla crisi più brutta

Yes they can… e anche noi!


Non è per anglofilia se abbiamo pescato la maggior
parte delle esperienze e delle storie che raccontiamo
in queste pagine oltremanica.
Certo, molte di queste sono presenti anche in Italia,
ma oltre i nostri confini non sono più solo possibilità,
rare eccezioni, sono esperienze collaudate, vissute e
godute ormai da molti anni. Questo, al contrario di
un’invidia campanilistica, dovrebbe suscitare in noi la
certezza che quel che sta nascendo anche nella no-
stra repubblica delle banane (o meglio del cemento)
va nella direzione giusta: vivere una vita più felice!
Eccovi allora i 100 modi per farlo. Molti di questi,
purtroppo, sono ignorati dai più. Non se ne parla
abbastanza: non nelle scuole, non alla Tv, non al
cinema, non sui quotidiani. Ecco perché, in queste
pagine, troverete, oltre a una schietta descrizione di
ogni possibilità, una serie di link per approfondirle.
Nel pieno della grande crisi, nutriamoci di fiducia, la
fiducia che un nuovo modo di vivere e godere della
nostra esistenza su questo pianeta verde e blu esiste
già, qui e ora. Al di là e al di qua della Manica.
Yes they can… e anche noi!

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Nota bene: approfondendo su internet gli argomenti
qui trattati, vedrete spesso splendide fotografie e
perfino video delle 100 e più possibilità descritte in
questo libricino. Per rendere la vostra navigazione
più facile e immediata, abbiamo riunito tutti i link
segnalati in un’unica pagina web, ospitata sul sito di
Terra Nuova: www.aamterranuova.it.
Per ora però, mentre leggete i 100 modi, fate un
utile esercizio: immaginateli! Sognate a occhi aperti,
lasciandovi trasportare dalle nostre descrizioni, come
in una favola che diventa realtà.
Non c’era una volta, ma adesso c’è...

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B&B&B
Bed & Breakfast & Baratto

Sarebbe davvero bello, in quest’anno di crisi nera,


offrire a qualcuno la possibilità di dormire non su un
divano, che va bene per i giovani, ma in una bella
camera arredata con amore, con il suo bagno e la
prima colazione, senza fargli spendere un euro!
Davvero: permettere anche a coppie più anziane, a
famiglie, a tutti di fare una vacanza stile B&B, dando
la possibilità di barattare con noi qualcosa che per
loro è importante: qualche loro passione, qualche
autoproduzione, qualche sogno.
Potremmo chiamarlo B&B e… baratto! Sì, il primo
B&B&B!

Così, nel 2008, è nato Villavillacolle, il primo B&B&B.


Mia moglie Ilaria, mio figlio Elia, io, Alfredo, la no-
stra casa a torre, nel centro storico di Bosa, e la vo-
glia di vivere un sogno.
Nel giro di pochi mesi, spontaneamente, grazie al
passaparola, il nostro sogno è diventato quello di
tanti e tante. Abbiamo ospitato persone bellissime,
condiviso, ricevuto doni stupendi e la nostra idea ha
contagiato il mondo dei B&B veri e propri: oggi sono
migliaia quelli che aderiscono alla Settimana del ba-
ratto, svariate centinaia quelli che prevedono questa
modalità di scambio anche nel resto dell’anno. L’e-

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vento conta già oltre 70.000 fan su Facebook.
Prima di qualsiasi altra cosa, abbiamo deciso di par-
lare del progetto Villavillacolle, non certo perché si
tratta di un’iniziativa più importante di altre.
Lo abbiamo fatto per presentarci, per raccontarvi un
pezzo della nostra storia, della nostra vita, una vita
che ci ha permesso di sperimentare molte delle pos-
sibilità che vi presenteremo, di renderci conto delle
tantissime occasioni che esistono per ciascuno di
noi, dei tantissimi sogni da immaginare e realizzare.
Come diceva Walt Disney: «Se puoi sognarlo, puoi
farlo». Allora, adesso, sognatelo insieme a noi!

Vedere, conoscere, capire, ispirarsi su

• www.settimanadelbaratto.it/blog.cfm?id=360
Intervista dedicata alla Settimana del baratto.
• www.facebook.com/settimanadelbaratto
Pagina Facebook dedicata alla Settimana del baratto.
• www.barattobb.it
Il primo sito che riunisce tutti i B&B disponibili a barattare un
soggiorno durante tutto l’anno.

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Wwoof
Ospitalità in cambio di lavoro nelle aziende bio
del mondo

Non è possibile, ci sono riuscito! Dopo neanche


due settimane e centinaia di tentativi, ho imparato
a mungere queste incredibili caprette. E sto impa-
rando anche a fare il formaggio, come stagionarlo,
come accudire il branco delle simpatiche canaglie.
Non pensavo che quest’esperienza da wwoofer po-
tesse darmi così tanto.
Sono entrato nel mondo dell’agricoltura biologica e
biodinamica, ho incontrato persone stupende, ca-
paci e disponibili, sto imparando due lingue nuove:
sì, due! E poi mi sono venute un sacco di idee, che
vorrei provare a realizzare anche nel mio addormen-
tato Paese. E pensare che sarei potuto rimanere an-
che quest’anno a far niente, con le mani in mano a
sprecar tempo, magari spendendo pure più soldi di
quelli che ho speso in queste due settimane. A parte
il biglietto aereo, che ho pagato una sciocchezza con
le tariffe low-cost, qua ho vitto e alloggio pagati!
Evviva i wwoofer di tutto il mondo!!

La sigla Wwoof sta per World wide opportunity on


organic farms. Si tratta di un’organizzazione inter-
nazionale che offre, letteralmente, un mondo di
opportunità! Mette in contatto le aziende biologi-

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che di tutti i Paesi, con quanti desiderano offrire la-
voro barattandolo con vitto e alloggio. Dal Galles al
Portogallo, dalla Svezia al Sud Africa, dalla Toscana
alla California: sono migliaia le aziende, le fattorie,
le realtà biologiche disposte a ospitarvi in cambio
del vostro aiuto. Produrrete vino, formaggi, salumi,
miele, frutti di bosco, agrumi: aiuterete lavorando,
“sporcandovi” le mani. Ma la vostra presenza servirà
anche a testimoniare un movimento di riscoperta
del naturale, che sta sempre più emergendo a livello
mondiale. Infatti, le aziende che vi danno ospitalità,
non ci tengono a farvi lavorare e basta, a loro preme
insegnarvi quello che sanno, perché ci credono!
Così, una volta terminato il vostro viaggio, grazie al
wwoofing tornerete a casa vostra (o magari ripar-
tirete per qualche altra fattoria all’altro capo del
mondo) arricchiti di nuove esperienze, stimoli, me-
stieri, sogni.
Preparate gli stivaloni allora!

Vedere, conoscere, capire, ispirarsi su

• www.wwoof.it
Per accedere al Wwoof italiano.
• www.wwoof.org
Sito internazionale del Wwoof.
• www.guardian.co.uk/travel/2009/may/08/green-ethical-wwo-
ofing-holidays-europe
Per sognare da subito!

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Scambio casa

Dalla finestra della camera del piccolo cottage potevo


osservare l’intera baia: i colori dei tramonti, ogni sera
diversi, i movimenti delle maree, i cigni selvatici che
ammaravano nelle acque riparate, e le foche, con le
loro testine lucide e splendenti. Accendere il cami-
netto, portarsi a casa un ‘fish and chips’ e rilassarsi
con un buon bicchiere: un’altra giornata di vacanza
in questa splendida Scozia!

E mentre voi ve la godete nella verde Scozia, i vostri


ospiti se la godranno a casa vostra, nel Bel Paese!
Lo scambio casa è una possibilità di vacanza a basso
costo diffusa in tutto il mondo: semplice, conve-
niente, sicura. Ci sono diverse associazioni che la
promuovono.
Entrare a far parte del network è facilissimo, basta
andare su internet e scegliere uno dei tanti siti di
scambio nel quale potrete inserire una descrizione
della vostra abitazione, corredata da foto, e indicare
alcune informazioni utili, come la durata dello scam-
bio o le vostre mete preferite. Gli scambi possono
essere Italia-mondo, ma anche Italia-Italia e avve-
nire simultaneamente (noi veniamo in Scozia e voi
in Sardegna) o differiti nel tempo (noi veniamo a
sciare in inverno e voi al mare in estate).

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Oltre alla casa, è possibile scambiare anche i cam-
per, le auto, oppure ospitare qualcuno a casa pro-
pria quando si è presenti, per poi essere ospitati a
nostra volta.
Un modo per vivere autenticamente un Paese e una
cultura diversi dalla vostra, e un modo per farlo an-
che in tempi di crisi.

Vedere, conoscere, capire, ispirarsi su

Alcuni tra i siti più famosi sullo scambio di case:


• www.scambiocasa.it
• it.homeforhome.com
• www.homelink.it
• www.home-exchange-holidays.com
• www.scambiocasa.it
• www.youtube.com/user/scambiocasa
Il canale ufficiale del sito Homelink con tanti video da cui trarre
spunto e informazioni utili.
• www.youtube.com/user/homeforhome1
Il canale ufficiale del sito Homeforhome con testimonianze sullo
scambio di casa.

Da leggere

• Andrea Villarini, Vanessa Strizzi, Scambio casa, istruzioni per


l’uso, Quodlibet.

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Couch surfing
Ospitalità gratuita

Chi trova un divano trova un amico. E io l’ho trovato


davvero un amico, anzi, tanti amici e tante amiche. E
ho trovato anche il vecchio continente: l’Europa. Sono
italiana, toscana. Tranne una piccola vacanza in Corsica
e un veloce viaggio a Nizza, non conoscevo molto la re-
altà oltre confine. Grazie al couch surfing ho invece sco-
perto, vissuto, amato la nostra Europa. In questo anno
sabbatico, che mi sono regalata dopo l’università, zaino
in spalla e scarpe comode, ho visitato tantissime nazioni.
Grazie a incontri profondi, autentici, disinteressati, come
quelli che puoi fare con il couch surfing, torno a casa con
un senso di appartenenza a questo grande continente, a
questa grande famiglia. I miei ospiti sono stati fantastici,
la loro accoglienza e generosità incredibili. Mi hanno
fatto scoprire tanti piccoli segreti e tesori. Dalla Francia
alla Germania, dalla Danimarca alla Norvegia, alla Litua-
nia. E poi: Polonia, Slovacchia, Ungheria, Croazia!
Sento davvero che siamo tutti interconnessi, ci sono
tante possibilità. Sì, ce la possiamo fare!

Il couch surfing, letteralmente “saltare da un divano


all’altro”, è una rete di ospitalità messa a punto dallo
statunitense Casey Fenton nel 2003, quando era uno
studente di 25 anni con la passione per i viaggi. Mette
in contatto, a livello mondiale, persone che deside-
rano viaggiare con quanti hanno piacere a ospitarle e

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a offrire loro un posto letto sul divano (ma anche una
stanza o un angolo di giardino dove piazzare la tenda).
Nel giro di pochissimo tempo, questo modo di viag-
giare e incontrare nuove persone e culture è esploso in
tutto il mondo.
Ad oggi, è possibile trovare ospitalità gratuita nell’A-
frica più selvaggia, sulle vette dell’Himalaya, nelle
metropoli famose o nei paesini più sperduti. Insieme
al couch surfing, esistono molte altre realtà, organiz-
zazioni e associazioni che favoriscono questo tipo di
esperienze, e il numero di chi sceglie questa diversa
modalità di vedere e conoscere il mondo ha ormai rag-
giunto cifre a sei zeri!
Negli anni della grande crisi economica, è bello sapere
che possiamo ancora viaggiare, trovare ispirazioni,
amicizie, senza dover possedere gonfi portafogli, ma
soltanto un po’ di fiducia! Cominciare è facile, basta
iscriversi gratuitamente sul sito, mettersi in contatto
con chi ospita e… partire!
Smettere potrebbe essere molto più difficile.

Vedere, conoscere, capire, ispirarsi su


• www.couchsurfing.org/news
Sito web ricco di esperienze e consigli utili sul couch surfing.
• www.hospitalityclub.org
Sito internazionale dove poter trovare le persone disposte ad
ospitarvi gratuitamente nella loro casa.
• www.bewelcome.org
Network interculturale che consente di condividere un posto dove
dormire, di incontrare persone nuove e aiutarle nel loro viaggio.

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Ecovillaggi

Appena usciti al mattino, l’aria è fresca, pulita, friz-


zante. Inizi a passeggiare per stradine sterrate bor-
date di fiori e piante di tutti i tipi. E alberi, tanti alberi,
tantissima frutta che è lì a disposizione di chiunque
voglia coglierla. Inizi a incontrare altre persone che
passeggiano, fanno jogging, giocano con i bambini
e con dei piccoli cagnolini.
Ti salutano sorridendo, qualcuno ti abbraccia e ti
dice: «È davvero una splendida mattina!». Le abita-
zioni che incontri camminando sono realizzate con
materiali naturali e locali. Sono case ad energia zero:
ne consumano meno di quella che producono grazie
al sole e al vento e sono caratterizzate da un elevato
isolamento termico.
Vedi qualcuno che va a lavorare nel vicino paese, al-
tri che iniziano ad aprire le attività dell’ecovillaggio:
la caffetteria, lo spaccio di prodotti biologici, la bi-
blioteca, il centro per le arti, le grandi sale comuni.
Altri ancora si accingono a lavorare negli orti, alcuni
danno da mangiare alle anatre. I bambini stanno an-
dando a piedi o in variopinte biciclette alla scuola nel
bosco: anche oggi sarà più il tempo passato all’a-
perto, che quello trascorso in classe. Ognuno si avvia
verso una nuova giornata.

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E che bello sarà stasera... è stata organizzata una
cena tutti insieme e dopo ci sarà l’appuntamento
settimanale con la musica dal vivo e le danze per
tutti! È davvero fantastico vivere in questo ecovillag-
gio.

Il Gen (Global ecovillage network) riunisce centinaia


di ecovillaggi in tutto il mondo. Ad esso è affiliata la
Rive (Rete italiana villaggi ecologici), cui fanno capo
gran parte delle realtà italiane.
L’ecovillaggio non è un sogno. È una possibilità con-
creta e praticabile, tanto al Nord quanto al Sud.
Alcuni ecovillaggi, come quello di Findhorn in Sco-
zia, sono stati costruiti più di cinquant’anni fa, e
ogni anno ne nascono di nuovi, come il recente The
village a Cloughjordan, in Irlanda.
Tutti, al di là delle ovvie differenze, si fondano
sull’idea che si possa vivere in una sorta di società
ideale, dove le persone sono accomunate da una
forte sensibilità ecologica, dove la cooperazione e
la solidarietà sono prassi comuni, dove le case non
sono “mostri consuma energia”, dove si crede nella
condivisione di alcuni utensili, attrezzi ed elettrodo-
mestici (per esempio le lavatrici) come espediente
per risparmiare tempo, denaro, energia.
Una società dove il cibo può essere coltivato in modo
sano, dove chiunque può vivere a un ritmo più rilas-
sato, più umano.

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A differenza delle antiche comuni o delle tante co-
munità, l’ecovillaggio riesce a garantire tutti questi
impagabili vantaggi, garantendo la privacy del sin-
golo, senza forzature comunitarie.
Ciascuno è libero di vivere nelle proprie case, di cu-
rare il proprio giardino, di passare le serate a leggere
davanti al proprio caminetto. Allo stesso tempo,
però, si è consapevoli di essere inseriti in un con-
testo sociale attivo e solidale, affine nel pensiero e
nel cuore, dove poter creare, condividere e interagire
con gli altri, ogni volta lo si desidera.
Ovviamente, poiché nulla è perfetto, gli ecovillaggi
non sono realtà idilliache. Tuttavia, si propongono
come configurazioni sociali alternative, nelle quali,
per esempio, si sperimentano forme di democrazia
raramente applicate nelle società classiche, come il
metodo del consenso, grazie al quale si affrontano
le questioni più spinose senza creare le violente frat-
ture tra minoranza e maggioranza, che avvengono
in tutti i gruppi quando sono in ballo decisioni im-
portanti.
Per questo, sono sempre più numerosi gli scienziati,
i sociologi, gli economisti, gli ecologisti che li incen-
tivano, riconoscendone la validità.

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Vedere, conoscere, capire, ispirarsi su

• gen.ecovillage.org
Concedetevi il piacere di visitare, almeno virtualmente, gli eco-
villaggi di tutto il mondo. Questo sito vi offre l’opportunità per
conoscere gli eventi, i festival, i convegni, i corsi che hanno luogo
vicino a voi o dall’altra parte del globo.
• www.ecovillaggi.it
Sito di riferimento sulla realtà degli ecovillaggi in Italia.
• www.aamterranuova.it/MappaEcovillaggi
Per esplorare il fenomeno degli ecovillaggi di casa nostra e di-
ventarne parte attiva! Partecipando alle tante iniziative promosse
dalla Rive, Rete italiana degli ecovillaggi, potrete vivere in prima
persona il sogno possibile di un mondo a misura di essere umano
e di Pianeta.
• www.newwe.info
Un docu-film su alcune tipologie di ecovillaggi nel mondo. Fatevi
suggestionare dalle immagini del trailer di questo film. In questo
modo, questo capitolo si riempirà di volti di persone pronte a
testimoniare la loro esperienza e ad accogliervi, letteralmente,
nei loro ecovillaggi.
• www.youtube.com/watch?v=NMmERDmQKNo
Un video in cui si spiega che cos’è un ecovillaggio.

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Cohousing

Stasera andiamo al concerto dei Radiohead! Ab-


biamo figli, cani e capelli brizzolati, ma non si è mai
troppo vecchi per un bel concerto sul prato! Se non
vivessimo in questo bel cohousing, sarebbe stato im-
possibile: le baby-sitter fidate sono sempre più rare
e più care, nelle città i vicini quasi non si salutano
più, i nonni abitano lontano, gli amici sono troppo
incasinati per tenere a bada la nostra truppa a due e
quattro zampe.
Invece qui, nel cohousing, tutti gli inquilini hanno
condiviso fin dall’inizio l’idea del mutuo aiuto, del
darsi una mano quando serve. Stasera noi andiamo
al concerto, domenica Sandra e Raul, i nostri dirim-
pettai, andranno a vedere la finale di calcio e noi
porteremo Buck, il loro cagnone, a giocare con noi
al parco.
Non siamo solo coinquilini, siamo dei vicini, vicini
davvero.
È stata proprio una buona idea quella di dar vita e tra-
sferirsi in un cohousing. Abbiamo un appartamento
a nostra misura, possiamo usufruire delle lavanderie,
dell’officina, dei barbecue e degli spazi verdi comuni.
Abbiamo anche una palestra! Il nostro giardino non
è più il luogo desolato tipico di tanti condomini, è un
piccolo parco curato, dove riposarsi, dove i bambini
possono giocare e dove, forse presto, ci sarà spazio

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per una piscina naturale per l’estate!
Il riscaldamento solare e i pannelli fotovoltaici, realiz-
zati per servire l’intero condominio, sono facilmente
gestibili e ci fanno risparmiare un bel po’. Sì, perché
il cohousing è amico della gente e dell’ambiente!
Nella sala multimedia comunitaria abbiamo delle
postazioni internet, una fotocopiatrice e altre attrez-
zature utili, che sarebbe assurdo possedere indivi-
dualmente. E quando abbiamo voglia di organizzare
qualcosa tutti insieme, che so: una cena, la visione
di un film, una serata danzante, c’è una grande sala
col pavimento in legno, davvero bella!
Be’, viviamo sempre in città, andiamo a lavoro, ab-
biamo le nostre abitudini, continuiamo a fare la no-
stra vita, ma sappiamo che questo piccolo grande
condominio non è solo un’abitazione, è veramente
una casa, con un cuore, anzi con tanti cuori.

Il cohousing inizia la propria storia negli anni ‘60 in


Danimarca, per poi espandersi negli Stati Uniti e in
molte nazioni europee. L’idea è semplice, quasi ov-
via: perché continuare a vivere come rifugiati, reclusi
nel proprio mono-bi-trilocale, ignorando i vicini ed
essendo da loro ignorati? Con lo spettro della soli-
tudine dietro la porta e tutte le difficoltà che com-
porta il vivere da soli o soltanto con la propria iso-
lata famiglia? Perché non decidere di vivere, sì, in
un condominio, sì, nella nostra città, sì, nel nostro
appartamento privato, ma vicini a persone amiche?

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I vantaggi che offre il cohousing sono diversi, tra
questi: il poter fare affidamento su vicini solidali con
cui si condivide il modo di vedere il mondo; la pos-
sibilità di risparmiare su spese generali, come elettri-
cità e riscaldamento; poter condividere molti servizi
e attrezzature, come lavatrici, asciugatrici, compu-
ter, stampanti, scanner, fotocopiatrici, proiettori,
attrezzature per il giardino, per lo sport e così via,
che sarebbe oltremodo dispendioso, per noi e per il
Pianeta, possedere individualmente.
I servizi comunitari relativi a cura e intrattenimento
per grandi e piccini, attività sportive, acquisti collet-
tivi possono essere facilmente organizzati e gestiti
dai residenti. Spesso, nei cohousing sono presenti
anche spazi per ospitare visitatori esterni, che ogni
inquilino può utilizzare quando ne ha necessità. In
questo modo non c’è più bisogno di sovradimen-
sionare i nostri appartamenti privati, con camere e
locali in più, che poi restano inutilizzati.
Il cohousing offre inoltre una maggior facilità di in-
contro, confronto, progettazione e condivisione con
gli altri, consentendo il recupero di quella capacità di
comunicare con gli altri, che sembra ormai un bene
in via di estinzione.
Il tutto, è importante sottolinearlo, senza dover af-
frontare i cambiamenti più impegnativi, che sono
invece necessari quando si decide di vivere in una
comunità o in un ecovillaggio.
Quando un gruppo di persone, di amici, di cono-

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scenti o semplicemente di individui con affinità di
vedute, decide di intraprendere la strada del cohou-
sing, le possibilità sono varie: si può acquistare e
ristrutturare edifici esistenti, progettare e costruire
da zero, oppure trasferirsi in piccoli condomini go-
dendo dei vantaggi economici derivanti dall’acqui-
sto collettivo.

Vedere, conoscere, capire, ispirarsi su

• www.cohousingitalia.it
Sito italiano di riferimento sul cohousing.
• www.cohousingitalia.it/article8713.htm
Un articolo sul cohousing danese vincitore del premio per il mi-
glior insediamento sostenibile del XXI secolo.
• www.cohousingnumerozero.org
Sito del primo cohousing sorto a Torino.
• www.thresholdcentre.org.uk
Sito in inglese di uno dei più antichi cohousing nati nel Regno
Unito.
• www.youtube.com/watch?v=BlyVJMappL8
Un video su come si realizza un cohousing.

Da leggere

• Matthieu Lietaert, Cohousing e condomini solidali, Terra Nuova


Edizioni.

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Vagabonding

Non sono un figlio di papà, decisamente no. Non


spaccio droghe. Non ho un lavoro da manager o ren-
dite accumulate. Come ho fatto allora a starmene in
giro per l’America del Sud per due anni?
Vedi, in Italia, prima di partire, per due anni ho lavo-
rato durante la stagione estiva in un campeggio e in
inverno in un albergo in montagna.
Nei periodi liberi, facevo qualche lavoretto qua e là…
Qui, in Sud America, invece di alberghi di lusso ho
preferito ostelli puliti, invece di spostarmi in aereo ho
usato i mezzi pubblici, invece di cenare in ristoranti
alla moda mangiavo ai chioschi o nelle caffetterie
locali, invece di escursioni “mordi e fuggi” a paga-
mento ho conosciuto le persone, le loro storie, il loro
Paese.

Vagabonding, secondo lo scrittore giramondo Rolf


Potts, è l’azione di lasciarsi alle spalle il mondo
normale e viaggiare in modo indipendente per un
lungo periodo, ponendo l’enfasi sulla creatività, l’av-
ventura, la consapevolezza, la semplicità, l’autono-
mia. Un nuovo modo di affrontare l’idea del lungo
viaggio, non tanto come semplice valvola di sfogo,
quanto come progetto di vita capace di permeare
anche i periodi di routine lavorativa in città.

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Secondo Rolf Potts è soltanto questione di privile-
giare, nella scala dei propri valori, la libertà, la fan-
tasia, la curiosità, il piacere. Non occorrono grandi
somme di denaro, il punto semmai è alleggerire il
fardello dei vincoli e degli impegni, per iniziare a
viaggiare leggeri nella vita di tutti i giorni, anche
prima di partire.
Rolf Potts, con il suo libro (edito anche in italiano col
titolo Vagabonding), con le sue testimonianze e la
sua vita ha dimostrato che possiamo vivere lunghi,
lunghissimi periodi viaggiando, alternando ad essi
momenti di lavoro intenso (qualsiasi lavoro!) fina-
lizzati a mettere da parte un po’ di soldi per i viaggi
successivi. Per farlo, non c’è bisogno di essere ricchi,
se non di voglia e fantasia. Il mondo è una mera-
viglia che aspetta ciascuno di noi (singoli, coppie e
famiglie; sì, anche le famiglie, basta navigare un po’
sul web per rendersene conto).
Siete pronti per qualche anno di vagabonding?

Vedere, conoscere, capire, ispirarsi su

• rolfpotts.com/index.html
Il blog di Rolf Potts, con i suoi costanti aggiornamenti.

Da leggere

• Rolf Potts, Vagabonding, Ponte alle Grazie.


• Andrea Bizzocchi, Pura vida, Terra Nuova Edizioni.

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Volontariato ambientale nel mondo

La spiaggia è immensa, deserta, piena di luce riflessa


da miriadi di ciottoli bianchi. Il fiume Spey, dopo il
lungo viaggio dalle Highlands, incontra qui, final-
mente, il mare. Il freddo sarà nostro compagno an-
che oggi, ma con tuta termica, cappello e guanti non
ho paura di niente. E poi so già che appena li vedrò il
cuore mi si riscalderà. Sì, sto parlando di loro, dei Tur-
siops truncatus, i tursiopi, meglio conosciuti come
delfini! Il mio compito come volontario, per adesso,
è quello di pattugliare la baia con il binocolo e re-
gistrare avvistamenti, osservazioni, comportamenti.
Ma presto, potrei addirittura fare delle uscite con i
gommoni e incontrarli nel loro ambiente, in questo
magnifico golfo del Moray Firth. La vita al centro
scorre tranquilla e allegra, lo staff è amichevole, il
mio inglese migliora giorno dopo giorno e i paesini
nei dintorni sembrano usciti da un romanzo affasci-
nante sul mare del nord. Se penso che per tutto ciò
non spendo niente, mi sento davvero fortunata! È
bello poter fare qualcosa di utile per il mare e i suoi
più amati ambasciatori ed è bello anche aver final-
mente varcato i confini di casa mia.
Sì, il mondo è proprio stupendo!

Quella del green volunteering, letteralmente “vo-


lontariato ambientale”, è senz’altro una possibilità
da sperimentare. Giovani, ma anche meno giovani,
hanno centinaia di occasioni per trascorrere periodi

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di volontariato verde in tutto il mondo. Sono molte,
infatti, le realtà impegnate in campo ecologico, che
necessitano di aiuti esterni per portare avanti al me-
glio i propri progetti, per farli crescere e conoscere.
Grazie al green volunteering, tutti hanno la possibi-
lità di visitare paradisi naturali, trascorrervi periodi
che vanno dalla settimana a più mesi, conoscere
nuove culture, persone e professionisti impegnati in
ambito naturalistico, imparare nuove lingue, acqui-
sire esperienze e professionalità utili per il proprio
cammino. È possibile addirittura, che un’esperienza
di questo tipo porti anche buone occasioni lavora-
tive. Senza contare che questa scelta dà l’opportu-
nità di fare dei viaggi il cui costo è molto più limitato
rispetto a una vacanza esotica o un soggiorno di stu-
dio all’estero. Di frequente, infatti, le spese di vitto e
alloggio sono a carico delle associazioni ospitanti, e
capita perfino che, per alcuni progetti, venga ricono-
sciuto un piccolo stipendio.
Meglio che aspettare un lavoro che non c’è seduti al
bar del paese, no? Pronti a partire allora?

Vedere, conoscere, capire, ispirarsi su


• greenvolunteers.com
Una guida al volontariato verde ricca di informazioni da cui trarre
ispirazione. Un buon punto dal quale partire.
• www.workingabroad.com
Per il volontariato in campo sociale.
• europa.eu/youth/volunteering_-_exchanges/index_eu_it.html
Link al portale europeo per i giovani dedicato al volontariato, tra
cui quello ambientale.

25
9
Downshifting
Scalare marcia

Per diciannove anni ho fatto il manager, di giorno (e


spesso di sera). La mattina presto scrivevo romanzi,
più o meno dalle 6.00 alle 9.00. Durante la pausa del
pranzo, nelle feste, in ogni altro momento utile, orga-
nizzavo corsi di vela, uscite in barca. Per anni è andata
così. Poi ho deciso di cambiare. L’ordine è stato: sov-
vertire i pesi. Poco tempo per il lavoro, molto per la
vita. Ho lasciato soldi, carriera e quel piccolo potere
conquistato. Ora scrivo, il motivo per cui sono nato. E
navigo, per vivere, ma anche per non perdermi. Scri-
vere è la mia vita. Navigare il mio sostentamento. A chi
sta pensando: «È facile, se sei ricco, altrimenti come
campi?» vorrei spiegare tante cose, ma non è facile.
So che desidererebbero che io fossi ricco. Se così fosse,
tanta gente sarebbe salva, non dovrebbe sperare e fare
fatica tentando. Ma il punto non è quello. Bisogna con-
sumare poco, vivere con poco, accontentarsi, cercare
l’equilibrio. I soldi non sono un buon motivo per fare,
non sono un buon motivo per non fare. Io non sono
ricco. Non avrò neppure la pensione. Vivo in una ca-
setta di pietra che ho ristrutturato da me. La riscaldo
con la legna che taglio e spacco da solo. I mobili, invece
che comprarli, li ho costruiti con vecchio legno trovato
nel bosco.
Ho l’orto. Potete non crederci, ma è così. Vivo con 800
euro al mese. Per campare mi basta poco o niente. Per
guadagnare i soldi che mi servono faccio il lavabarche,

26
faccio manutenzione, aiuto al porto, dico sì a qualun-
que cosa mi si chieda (e che mi va di fare…). È andata
così. Poi sono arrivati i libri, quel po’ di successo. Soldi
inattesi, ben vengano. Ma il successo passa, e io non
cambio di un millimetro il mio stile di vita.
Vivo così per la libertà, perché non sono sicuro di cam-
pare così tanto da poter sprecare il mio tempo, e non
volevo aspettare di essere libero, ma vecchio*.

Poco da aggiungere alle parole di Simone Perotti.


Diventato il riferimento italiano per il downshifting,
ha avuto il merito, fra l’altro, di ispirare, con il proprio
esempio, manager e persone con professioni ambite
e ben retribuite. A cosa serve uno stipendio con uno
zero in più se il tempo brucia la vita come paglia secca?
Downshifting, letteralmente “scalare marcia”, significa
rallentare, scegliere di essere meno ricchi e oberati,
per vivere meglio. Non è una possibilità riservata solo
all’alta borghesia: cambiare vita è una scelta per tutti,
nessuno escluso. Ci sono molti libri, siti web ed espe-
rienze che aiutano quanti desiderano intraprendere
questo percorso. Pronti a scalare marcia?

* estratto dal blog di Simone Perotti Piccolo cabotaggio II (Parole


in navigazione).

Vedere, conoscere, capire, ispirarsi su

• www.simoneperotti.com
Il sito web di Simone Perotti, costantemente aggiornato con in-
formazioni relative alle sue esperienze e ai suoi progetti.

27
10
Vivere in modo creativo

Un mondo di persone, cose, attività, progetti, idee,


sogni!
Guarda, te lo dico, se inizi a navigare su quel sito sei
perduta, perduta!
E chi ci ferma più adesso?

Già, l’effetto che possono fare siti come Faircompa-


nies, Terra Nuova, Il Cambiamento o Yes! è impre-
vedibile!
In genere, succede che ti ritrovi davanti lo schermo
del computer, magari con una bella tazza di tè, a
concederti un buon tempo per guardare le centi-
naia di video, fotografie, articoli, testimonianze di
persone che vivono una vita creativa, socialmente
ed ecologicamente sostenibile, lontana anni luce dal
modello “nasci, produci, consuma, crepa!”, oggi im-
perante.
Allora, cliccate in base ai vostri interessi, oppure a
caso, passando da un link all’altro, in una sorta di
volo a vista sopra quest’altro mondo, che poi è l’u-
nico realmente possibile.
Pronti a perdervi in questo dolce mare?

28
Vedere, conoscere, capire, ispirarsi su

• faircompanies.com
Nicolás Boullosa e Kirsten Dirksen hanno dato vita a questo sito
di informazione sulla cultura sostenibile dove è possibile visionare
una collezione di video accomunati dall’idea che, già adesso, pos-
siamo fare qualcosa per vivere meglio, con meno soldi e meno
rifiuti.
• www.aamterranuova.it
Sito web della casa editrice Terra Nuova, che pubblica l’omo-
nimo mensile, libri e news su tematiche relative alla decrescita,
alla salute naturale, all’ecologia. Per risvegliare, mantenere viva
e far crescere la nostra voglia di una vita creativa in pace con il
Pianeta.
• www.yesmagazine.org
Un sito sui temi dell’ecologia, della sostenibilità e soprattutto sul
vivere comunitario.
• www.ilcambiamento.it
Rivista on line che si occupa delle reali opportunità che abbiamo
per trasformare il nostro mondo in meglio.
• www.livinginthefuture.org
Una raccolta di 46 episodi di vite vissute all’insegna della creatività
più verde che c’è. Immagini e testimonianze affascinanti, com-
moventi, motivazionali.

29
11
Vivere in camper

Abbiamo i capelli bianchi tutti e due, ma ci sembra


di essere ancora una coppietta di fidanzati. Sono
vent’anni ormai che abitiamo nel nostro camper,
nella nostra casa su ruote.
In certi periodi abbiamo macinato chilometri su chilo-
metri, in altri siamo stati più stanziali, in campeggi o
in sosta libera, sempre comunque in posti splendidi.
Forse la cosa che più ci ha affascinato del vivere in
camper è proprio la possibilità di godere, in ogni mo-
mento, dello splendore della Natura, dei tramonti,
delle albe, dell’aria sempre diversa… e la semplifi-
cazione dell’esistenza: meno costi, meno bollette,
meno tempo per pulire le scale, i vetri, le stanze inu-
tili di una casa, meno caos e inquinamento, meno
dispersione, più vita!
E pensate che soddisfazione, il camper celeste par-
cheggiato qui a fianco è quello dei nostri nipoti!

In inglese, la parola “fulltimer” indica quanti deci-


dono di vendere casa, mobili e affini, per trasferirsi
in camper!
Dietro questa scelta, c’è una galassia di persone, un
movimento internazionale, una splendida filosofia
di vita. Un sapore di libertà ritrovata, di essersi, al-
meno in parte, liberati di uno stile di vita che ci vuole

30
automi omologati, rinchiusi in scatole di cemento,
senza alberi da ammirare, senza prati dove cammi-
nare scalzi, senza aria pulita da respirare.
Una scelta possibile per chiunque la desideri, per chi
non ha paura di sperimentarla: giovani precari, che
mai potranno comprarsela una cas;, pensionati che
non ne possono più di vivere in un condominio; pro-
fessionisti di varia natura che scelgono il camper per-
ché più in linea con il loro modo di vivere il mondo
e famiglie, che decidono di partire per un viaggio
lungo una vita…

Vedere, conoscere, capire, ispirarsi su


• fulltimerspercaso.blogspot.it
Blog in italiano per aspiranti fulltimer. Al suo interno troverete
molte informazioni utili: dai consigli su quale modello di camper
scegliere alle soluzioni low-cost e fai da te, dalle testimonianze
dei fulltimer nazionali e internazionali, ai consigli più utili per una
vita a quattro ruote. Vi proponiamo di iniziare la vostra esplo-
razione virtuale dal post dedicato all’esperienza di Emil e Liliana
Schmid: una coppia da record!

31
12
Anno sabbatico

Perderai tempo, soldi, possibilità di fare carriera,


forse il lavoro stesso. Perderai le tue frequentazioni
abituali, ti sentirai sola e spaurita, non saprai cavar-
tela.
Un anno lontana da casa, dai tuoi cari, è troppo
lungo. Ma sei impazzita?

Procuratevi dei tappi per le orecchie e limitatevi a


ringraziare, a dire: «Sì, lo so, hai ragione, ma…» e
ad allargare le braccia. Poi allontanatevi in fretta e
iniziate il vostro gap year, quello che in italiano chia-
miamo “anno sabbatico”.
All’estero è ormai una realtà diffusissima, quasi ob-
bligatoria per essere al passo coi tempi. Da noi è un
fenomeno in continua crescita, per fortuna!
Prendersi un intero anno, o meglio 11 mesi (secondo
la legge italiana), 340 giorni, 8000 ore tutte per voi,
per la vostra crescita, per vivere la vita in un altro
modo, per fare esperienze impagabili, per… vivere
più felici!
La possibilità dell’anno sabbatico è prevista e tute-
lata dalla legge 53/2000, che dà la possibilità a tutti
i «dipendenti pubblici e privati, con almeno 5 anni
di anzianità, nella stessa azienda o amministrazione»
di prendersi un lungo periodo di pausa dal lavoro,

32
senza il rischio di perderlo. E chi non lavora o non
rientra nei termini, può serenamente concederselo
dall’alto della propria insindacabile sovranità di es-
sere umano!
La cosa più importante per iniziare una simile espe-
rienza è il coraggio: di pensarla, di prenderla in con-
siderazione, di metterla in atto. Ma il ritorno che
potreste avere in cambio di un po’ di coraggio sarà
rivoluzionario.
Per un anno potrete vivere un’altra vita e, magari,
scoprire che è proprio quella che vi piace!

Vedere, conoscere, capire, ispirarsi su

• www.annosabbatico.it
Sito italiano di riferimento.
• d.repubblica.it/argomenti/2011/11/21/news/anno_sabba-
tico-675802
Alcune interessanti testimonianze.

33
13
Ricetta antistress

E ricordo mia madre che diceva: «Andrà tutto bene,


ce la faremo. Abbiamo un orto. Posso preparare
tutte le sere quel magnifico sformato». «Yuk! Cavoli,
pane e acqua. E riempie!» rispondevamo tutti noi. E
aggiungevamo: «Si espande nello stomaco, e non
senti mai fame».
Mia madre, che era davvero un po’ matta, trovava
sempre qualcosa da vendere, e allora noi tornavamo
a casa aspettandoci di vedere in tavola pane e cavoli,
e invece trovavamo un banchetto meraviglioso.
Mio padre diceva: «Cosa succede, sei ammattita?».
E lei rispondeva: «No! Il momento in cui abbiamo
bisogno di allegria è adesso».
Allora ci mettevamo a tavola e ci abbuffavamo*.

Ecco che arriva il grande Leo Buscaglia a meravi-


gliarci. In una situazione di crisi economica, di disa-
gio quotidiano, di famiglia in ristrettezze finanziarie,
ecco la sua ricetta: premiatevi, e fatelo adesso, per-
ché lo meritate!
Al diavolo la crisi!
Siamo dei magnifici esseri umani, anche se con “le
toppe al sedere”. La nostra magnificenza deve essere
onorata a prescindere da qualsivoglia crisi e reces-
sione.

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È un nostro diritto!
Scacciamo la paura con la gioia, facciamo un ban-
chetto sontuoso al posto del menù da austerity, una
vacanza di sei mesi durante la cassa integrazione.
Spiazziamo le nostre ragionevoli preoccupazioni con
i nostri matti sogni, funziona!

*tratto da Vivere, amare, capirsi, Leo Buscaglia, Mondadori.

Vedere, conoscere, capire, ispirarsi su

Felice Leonardo Buscaglia, detto Leo, conosciuto anche come


Dr. Love: una fonte inesauribile di saggezza, di voglia di vivere, di
compassione, di naturale e disarmante semplicità. Se non vi piace
leggere, iniziate a sfogliare uno dei suoi libri e vi verrà l’amore
per la lettura.
Se invece vi piace leggere, preparatevi a svuotare intere biblio-
teche. Leo Buscaglia ha scritto molti libri, tenuto moltissime le-
zioni, influenzato positivamente tante e tante persone, compresi
i sottoscritti.
Il libro che abbiamo citato fu scritto nel 1982, ma sembra scritto
oggi, tanto è attuale il suo messaggio.
Insomma, come avete capito, siamo innamorati di Leo! Quindi,
più che consigliarvi un link per approfondire, vi suggeriamo di
digitare il suo nome e cognome su internet, dove potrete ac-
cedere a molte fonti per saperne di più sulla sua vita e sulle sue
attività, o di conoscerlo personalmente!

35
14
Le pagine gialle delle comunità
intenzionali

E continui a chiedermi perché sono fissato con gli


States? Lo sai che l’ideale comunitario per me è un
chiodo fisso.
Credo veramente che l’essere umano sia, prima di
tutto, un essere comunitario.
Credo che le comunità possano essere una risposta
alla disgregazione del tessuto sociale, delle famiglie,
all’isolamento dell’individuo.
Comunità intenzionali, libere da dogmi, trasparenti
e democratiche.
Certo, so cosa pensi. Che ho tentato quattro volte di
vivere in comunità e non è mai andata bene, per un
motivo o per un altro.
Ma il punto è proprio qui! In Italia, le comunità laiche
esistenti si contano sulle dita di una mano e spesso
son vecchie di anni, e per formarne di nuove bisogna
essere preparati.
Ecco perché vado a imparare! Dove? Hai presente
quelli di community directories?

E voi avete presente community directories? Difficile.


Perché effettivamente la cultura comunitaria nel no-
stro Paese (tanto per cambiare) è ferma al medioevo,
con qualche rara incursione nell’era moderna.

36
Mentre, se vi capiterà di sfogliare le “pagine gialle”
(directories in inglese) del vivere comunitario, con-
sultabili o ordinabili al link indicato nel box, vi si
aprirà un mondo.
Un mondo composto da migliaia, sì, migliaia di co-
munità intenzionali sparse per il mondo.
Allora, forse, sarà più facile trovare nuove ispirazioni,
correggere i soliti errori, trovare la comunità che fa
per voi o al limite, cambiare idea.

Vedere, conoscere, capire, ispirarsi su


• www.aamterranuova.it/MappaEcovillaggi
Per sapere tutto sulle comunità in Italia.
• www.ecovillaggi.it
Il sito italiano di riferimento per la rete degli ecovillaggi.
• www.ic.org
Il sito, in inglese, delle comunità intenzionali internazionali che
ospita anche la rivista Communities, pubblicata dal 1972. Interes-
santissima anche la sezione dedicata ai video. Vi occorrerà un po’
di tempo per esplorarlo, ma ne varrà la pena.

37
15
Comunità olistiche per persone
con disabilità

Persona con disabilità. Ecco, finalmente pare che


abbiamo trovato il termine giusto. Presto nessuno li
chiamerà più handicappati. Mi sento più rassicurata?
Bah!
La verità è che sono vecchia, troppo vecchia. Che il
tuo babbo, la mia dolce metà, non c’è più, che gli
amici son vecchi anche loro e che tu, figlia mia, sei
ancora troppo indifesa…
Il pensiero di doverti lasciare senza sapere come, con
chi, mi strazia. Perché? Perché non funziona nulla in
questo mondo?
«Sì? Mamma arriva subito amore!».

Questo è un dramma troppo ricorrente. Quando la


famiglia di una persona con disabilità arriva al ca-
polinea, le incertezze, i dubbi, le paure sul futuro
dei figli sono enormi. Le cosiddette “case famiglia”,
“comunità terapeutiche” e simili sembrano non ac-
quietare queste paure, anzi.
Scandali vari sulla gestione di queste strutture emer-
gono troppo spesso, ufficialmente o ufficiosamente,
riflettendo il malcostume e la degenerazione sociale,
che ormai dilaga nello stivale italico. Allora, se non
conoscete ancora Jean Vanier e il suo splendido li-

38
bro, La comunità, luogo del perdono e della festa, è
il momento di darci un’occhiata e trarne ispirazione.
Nelle comunità intenzionali, le persone con disabilità
possono vivere insieme ai loro parenti, ad altre fami-
glie e ad altre persone, con disabilità e senza.
In questo modo, la famiglia di origine si fonde in
una famiglia allargata, in una comunità appunto,
che garantisce la cura e la vicinanza ai disabili, anche
quando un loro congiunto non c’è più.
Comunità vere, scelte, costruite insieme. Non pseudo
famiglie, famiglie vere. Una via da sostenere, inse-
gnare, rendere possibile.

Vedere, conoscere, capire, ispirarsi su

• www.famigliabuonanovella.it/portale/wp-content/uploads/
2012/06/Appunti.pdf
Un piccolo estratto dal libro di Vanier, ordinabile su internet.
• www.camphill.org.uk
Per delle comunità che guardano alla persona con disabilità in
modo olistico.

Da leggere

• Jan Vanier, La comunità, luogo del perdono e della festa, Jaca


Book.

39
16
Cohousing per anziani

Con Ilenia e Rachele siamo amiche da una vita, quasi


da sempre. Francesca e Paola erano mie compagne
nel volontariato.
Diana e Simona erano amiche loro, sono le “ra-
gazze” che ho conosciuto per ultime e devo dire che
mi trovo molto bene insieme a entrambe.
Siamo sempre state tutte interessate ai grandi e pic-
coli temi sociali, ma ci piace anche un sacco passeg-
giare in mezzo al verde, andare al cinema, assaggiare
le cucine di tutto il mondo.
È strano come nella nostra terza età ci siamo tutte
riscoperte ragazze.
Sì, con i capelli bianchissimi, ma pur sempre ragazze!
Vivere nel nostro senior cohousing ci ha portato una
nuova ondata di vitalità, di energia.
Non ci sentiamo più sole, abbandonate e isolate dai
casi della vita.
Ci sentiamo belle persone, con gli inevitabili acciac-
chi dell’età, ma ancora in grado di godercela!
Marlen, la “Mary Poppins” delle infermiere (sa fare
splendidi massaggi, ci insegna segreti posturali, ci
porta sempre qualche sorpresina) riesce a prendersi
delicatamente cura di ognuna di noi quando serve e
sappiamo già di poter veramente contare su di lei,
fino all’ultimo.

40
Nel mini appartamento per gli ospiti, c’è sempre
qualche nipote che viene a trovarci (è bello farsi vi-
ziare dalle nonne anche a vent’anni, no?) e anche
questo contribuisce a colorare di arcobaleno il nostro
senior cohousing.
Un ospizio, una corsia di ospedale, una casa vuota
con una badante, un impegno estenuante per i pa-
renti?
Ah! Che belle alternative sarebbero state!

Il senior cohousing, come avrete capito, non è altro


che un cohousing riservato a inquilini piuttosto in là
con l’età.
Ci piace dedicargli un capitoletto, perché crediamo
che le possibilità offerte da questo tipo di convivenza
possano essere delle valide e percorribili alternative
allo spettro della vecchiaia passata in solitudine.
Sono realtà capaci di dare tutto un altro senso e co-
lore a quella che qualcuno definisce la migliore delle
nostre tante età, ma che invece viene vissuta e attesa
con timore.
Mettere insieme privacy e condivisione. Mantenere
le nostre abitudini e continuare a “crescere”.
Risparmiare sulle tante spese fisse e trovarsi più ricchi
in tanti sensi. Sentirsi individui degni e potersi affi-
dare serenamente agli altri.
Questi sono alcuni dei grandi vantaggi di cui è pos-
sibile godere se si opta per una scelta di questo tipo.
Oggi, che la famiglia classica è tramontata e l’an-

41
ziano si ritrova sempre più solo, la possibilità del
senior cohousing deve essere conosciuta, sperimen-
tata, adottata anche da noi.
Già, è bene iniziare col giusto anticipo e, anche se
oggi vogliamo tutti fare i giovani ad ogni costo, a
cinquant’anni potrebbe essere il momento adatto
per iniziare a prendere informazioni.

42
Vedere, conoscere, capire, ispirarsi su

• www.sandriver.org
Sito internazionale sui cohousing per gli over 55. Questo senior
cohousing è animato dalla consapevolezza del tempo che passa,
e dalla voglia di passarlo insieme, con partecipazione, coopera-
zione, solidarietà, rispetto gli uni per gli altri e per il Pianeta.
• www.egebakken.dk/english.aspx
Cliccate su “pictures from Egebakken” e provate a sognare ospizi
senza sbarre ai letti.
• atcasa.corriere.it/Eco/La-cosa-giusta/2010/02/23/cohousing-
italia.shtml
Qualche informazione dall’Italia.

Da leggere

• Marie De Hennezel, Il calore del cuore impedisce al corpo di


invecchiare, Rizzoli.
Se dovessimo consigliare questo libro sulla terza età, lo propor-
remmo come libro di testo per le scuole dei nostri figli. È così
pieno di bellezza che sarebbe infatti un peccato riservarne la let-
tura al solo pubblico adulto. Grandi e piccini possono trarre da
queste pagine la fiducia che la vita può essere meravigliosa, da
zero a cento anni, e anche di più. Un libro da regalare ai vostri
nonni o... ai vostri nipoti.

43
17
Insediamenti a basso impatto
ambientale

Rivoluzionario, semplicemente rivoluzionario. Il nuo-


vo approccio dell’amministrazione sul tema degli in-
sediamenti a basso impatto è destinato a diventare
un faro per l’intera nazione, forse per tutta l’Europa!
Da oggi, grazie ad anni di battaglie, di riunioni, di
perseveranza, è possibile costruire, in mezzo al verde
delle nostre campagne, degli insediamenti abitativi a
basso impatto. Possiamo finalmente iniziare a realiz-
zare le nostre case da elfi!

I low impact settlements (insediamenti a basso im-


patto ambientale) sono qualcosa di più che semplici
case da elfi. Sono una vera rivoluzione in campo ur-
banistico, che sta interessando il Pembrokeshire, una
contea nel sud-ovest del Galles.
Un vasto numero di persone, insieme a molti attivisti
e numerose associazioni, è riuscito a veder ricono-
sciuta la propria aspirazione al poter costruirsi una
casa sostenibile.
Sembra pazzesco che per far questo sia necessario
un riconoscimento legale, ma tant’è: è noto ai più
che tentare di costruire anche una semplice casetta
di tronchi per attrezzi o per bambini sul proprio ter-
reno in campagna significa ritrovarsi in casa i vigili

44
urbani, la forestale e chi più ne ha più ne metta.
Sui nostri terreni non siamo neanche più liberi di
abitare in una roulotte, senza nessun tipo di allac-
cio elettrico, perché è necessario richiedere prima la
concessione edilizia, che poi viene puntualmente ne-
gata. In questo senso, sì, quel che succede in Galles
è pura rivoluzione verde. Perché adesso, lì è possibile
progettare un intero insediamento, sostenibile per
l’uomo e l’ambiente, rispettando questi cinque pa-
rametri: una modalità di realizzazione che garantisca
una ricaduta sociale; autonomia e indipendenza a
livello energetico; assicurazione che rimanga a basso
impatto ambientale nel corso degli anni; assicura-
zione che il progetto sia interamente di proprietà e
gestito dalla comunità dei residenti e che gli stessi
lavorino la terra in un’ottica di quasi completa auto-
sufficienza.
Queste le regole per essere finalmente liberi di co-
struirci la nostra casa, il nostro mondo!
Io ci starei, e voi?

Vedere, conoscere, capire, ispirarsi su

• www.lammas.org
Sito di riferimento dell’ecovillaggio Lammas.
• www.youtube.com/watch?v=V2L_THm9SQw
Un video esplicativo sul progetto Lammas.

45
18
Una casa su misura

Per piccina che tu sia, tu sei sempre casa mia! Anzi,


sei ancora più mia proprio perché per me “piccolo è
bello”!
Perché ti ho costruita con le mie mani, perché puoi
seguirmi nei miei spostamenti, perché mi fai sentire
adulto, perché sei un nido sicuro dal quale partire
per scoprire il mondo e dove tornare quando voglio
riposarmi…
Perché mi fai sentire parte di un movimento di per-
sone davvero innovativo!

Forse, se foste un ragazzo o una ragazza e aveste


anche voi la possibilità di costruirvi la vostra casa
su misura, quella che in inglese viene chiamata tiny
house, condividereste questo stesso entusiasmo e
questa felicità.
Le tiny house sono delle casine “piccine picciò” dove
non manca niente per essere felici.
Nate da un’idea di Jay Shafer, della Tumbleweed hou-
ses, hanno dato il via a un vero e proprio movimento
di persone, che le hanno scelte come abitazione.
Perché? Per risparmiare sulle varie spese, per poter-
sele costruire in proprio, per fregarsene di banche e
mutui, per la facilità di spostamento, per il minore
impatto ambientale, per una filosofia del vivere e

46
dell’abitare che mette insieme la praticità con la so-
brietà, il buon gusto con la semplicità, l’ecologia con
le atmosfere romantiche e la moda.
Nei link che seguono troverete, oltre a quella delle
tiny house, la storia di un ragazzo di 16 anni che si è
autocostruito la propria casa, e un link su case ecolo-
giche, efficienti ed economiche costruibili in kit.
Giovani di tutto il mondo, munitevi di martello e cac-
ciavite e godetevi il diritto alla vostra piccola grande
casa!

Vedere, conoscere, capire, ispirarsi su

• www.tumbleweedhouses.com
Il sito di Jay Shafer, pioniere del movimento.
• goo.gl/phW38
La storia del nostro eroe sedicenne, che si è autocostruito la sua
piccola casa.
• goo.gl/rNBwq
Uno dei tanti fornitori di case ecologiche in kit fai da te.

47
19
Case di paglia

Scherzate, bravi, scherzate… Prendeteci pure in giro.


Ma io e i miei amici, su in collina, ci costruiremo pro-
prio le case così. Io, una strawbale house, la casa
di paglia; Marco, una earthship, la casa di terra; Si-
mona, una log house, la casa di legno realizzata con
i tronchi di alberi grezzi.
Ah! E per chi di voi pensasse che verranno fuori delle
schifezze, sappiate che saranno tutte e tre case ‘zero
energy’, in pratica autonome per tutto quello che
riguarda elettricità, riscaldamento, consumi! Poi ve-
dremo se riderete ancora…

Possiamo anche pensare alle case dei tre porcellini,


ma sono certo che le abitazioni del futuro saranno
costruite con i materiali del passato, anche se pre-
vedono accorgimenti tecnologici moderni (grande
isolamento, sfruttamento dell’energia solare passiva,
utilizzo di tripli infissi ecc.).
E, cosa importantissima, come abbiamo appena vi-
sto nel capitolo precedente, sono abitazioni che pos-
sono essere facilmente autocostruite.
Case, nidi, sogni alla portata di tutti, realizzabili dai
sedici anni in su, meglio se con il prezioso aiuto di
qualche amico.

48
Vedere, conoscere, capire, ispirarsi su

• goo.gl/pTHd2
Un video sugli edifici autonomi a basso impatto ambientale rea-
lizzati con materiali naturali e riciclati.
• vimeo.com/32847402
Due interessanti video sulle case di terra.
• www.aamterranuova.it/Bioedilizia-ed-energie-rinnovabili/La-
casa-di-paglia-a-regola-d-arte
Un articolo sui punti di forza di una casa di paglia.
• www.aamterranuova.it/Bioedilizia-ed-energie-rinnovabili/
Una-casa-di-paglia
Due articoli sulle case di paglia in Italia.
• www.youtube.com/watch?v=o_CWAHHicLI
Un video sulle case di paglia.
• www.aamterranuova.it/Ambiente-e-decrescita-felice/Case-di-
legno-in-Italia
Un articolo sulle case di legno.
• www.aamterranuova.it/Ambiente-e-decrescita-felice/Me-
glio-una-casa-di-legno
Interessanti articoli sulle case di legno in Italia.
• www.youtube.com/watch?v=SG0vBR5D6V0
Una video-intervista a Paolo Crivellaro, autore di Guida alle case
di legno.

Da leggere

• Paolo Crivellaro, Guida alle case di legno, Terra Nuova Edizioni.


• Barbara Jones, Costruire con le balle di paglia, Terra Nuova
Edizioni.

49
20
Centro per le tecnologie alternative

Ci sono stato alle elementari. Ci sono tornato alle


superiori. Ho preparato lì la mia tesi.
Ho educato, ispirato, fatto toccare con mano, inse-
gnato a desiderare e realizzare un altro mondo ai
miei figli, e adesso ai miei nipoti.
Quella del Cat per me è stata davvero un’educazione
permanente!

In Galles, il Cat (Center for alternative tecnology) è la


scuola, il museo, il centro educativo di cui abbiamo
un disperato bisogno.
Dalle energie rinnovabili agli edifici sostenibili, dal
design verde al cambiamento climatico, dall’agri-
coltura biologica ai sistemi di trattamento delle ac-
que, dalla riduzione della nostra impronta ecologica
a un futuro senza inquinamento: tutti questi temi,
di incredibile urgenza, vengono qui illustrati teorica-
mente e praticamente, adattandoli di volta in volta a
qualsiasi tipo di pubblico. Una sorta di Luna park del
vivere sostenibile, un posto da visitare per uscirne…
cambiati!
Di nuovo, purtroppo, in Italia simili realtà sono in-
concepibilmente assenti, almeno finché qualcuno di
voi non aprirà anche qui il primo Cat.

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Vedere, conoscere, capire, ispirarsi su

• learning.cat.org.uk
Il Cat in Galles. Un sito che vi consigliamo vivamente di consulta-
re se desiderate organizzare una visita al centro e sfruttarla al
massimo. Molto utili anche le indicazioni su dove pernottare nei
dintorni, immersi nella meravigliosa campagna gallese.
• www.per.umbria.it
Il sito italiano del parco delle energie rinnovabili, un Cat “in po-
tenza” che offre numerosi corsi nella splendida Umbria.
• www.e-u-z.eu
Il sito web Energie und Umvelt Zentrum, consultabile anche in
italiano. Un centro dedicato ai professionisti, che da 30 anni of-
fre seminari e convegni per diffondere nuove conoscenze nel
campo dell’efficienza energetica e dell’impiego delle energie, utili
per la propria professione.

51
21
Lakabe
Ri-abitare paesi e borghi abbandonati

Disabitato, abbandonato. L’ultimo vecchio che ci abi-


tava l’ho conosciuto io. Aveva deciso di restare nella
sua casa fino alla fine. Alcune pie donne del paese, al
di là del monte, gli portavano ogni tanto quel poco
che gli occorreva.
A guardalo adesso, non è solo un paese vivo e cu-
rato, è un modello di futuro! Sì, siamo tutti orgo-
gliosi di esserci trasferiti in quello che fino a qualche
anno fa era un paese fantasma, siamo orgogliosi di
aver creduto che insieme ce l’avremmo fatta. In città
non avevamo quasi niente, soprattutto avevamo
poca speranza.
Oggi abbiamo tutti una casa, spazi sociali condivisi,
orti comuni, abbiamo tanti tipi di lavori, di mestieri,
di modi di vivere. Abbiamo un luogo dove crescere
i nostri figli in un altro modo. Sì, in questo paesino,
tutto un altro mondo è possibile!

Lakabe è un simbolo. Una guida, come sempre mi-


gliorabile, per chi voglia ri-abitare paesi, borghi, fra-
zioni dimenticate, abbandonate, condannate a un
lento dissolvimento. Torri Superiore, nei pressi di
Ventimiglia, è un’esperienza simile, anche se su di-
mensioni ridotte.

52
Quante Lakabe e quante Torri Superiore ci sono nel
nostro Bel Paese? Quanti sono i luoghi che vedono
esaurirsi o che hanno già esaurito i propri abitanti?
Ci sono amministrazioni in Italia che offrono incen-
tivi, sovvenzioni e facilitazioni per ripopolare i loro
territori, le loro case disabitate.
Ci sono paesi dove acquistare una casa e un terreno
costa meno che comprare un’auto.
Sono realtà che hanno finito la loro storia perché
travolte dal modello di sviluppo e crescita attuale,
ma che potrebbero risorgere se il modello da seguire
fosse un altro: non un ritorno al passato, ma un salto
nel futuro, quello vero e sostenibile, tutto da sognare
e da vivere, insieme!

Vedere, conoscere, capire, ispirarsi su

• www.youtube.com/watch?v=2ggJK4ZdtQA
Un video, con sottotitoli, su Lakabe.
• www.youtube.com/watch?v=TlBrWATh6Rw
Un video su Torri Superiore.
• www.aamterranuova.it/Ecovillaggi-e-cohousing/ECOVILLAG-
GIO-TORRI-SUPERIORE
Un lungo articolo che racconta la storia e l’organizzazione di Torri
Superiore.

53
22
Permacultura

Chi concima la foresta amazzonica? Eppure è ricca,


rigogliosa, produttiva…
Be’, in effetti questa domanda mi aveva spiazzato.
I miei studi alla Facoltà di agraria non mi avevano
preparato a pensare all’agricoltura in questi termini.
Mi sembrava ovvio dover usare concimi chimici, anti-
crittogamici e pesticidi, se volevo garantire una pro-
duzione.
Ma qui mi stavano presentando un approccio com-
pletamente diverso. E non erano solo chiacchiere
fricchettone. No, qui c’era in ballo una conoscenza
vasta e antica, abbinata a una progettazione mo-
derna ed efficace.
Porca miseria, mi tocca ricominciare a studiare e rim-
boccarmi le maniche!

Sono davvero molti gli agronomi, gli scienziati, i


contadini, che in questi anni hanno cambiato pro-
spettiva sul modo di fare agricoltura. La permacul-
tura si definisce come “un’agricoltura permanente
per una cultura permanente”. In fondo, dice qual-
cosa di ovvio e comprensibile per tutti, ovvero che la
cultura umana non può sopravvivere a lungo senza
la base di un’agricoltura sostenibile e una gestione
etica della terra.

54
E purtroppo, l’agricoltura e l’allevamento industriali,
insieme a un’insensata programmazione urbanistica
e a una devastante cementificazione hanno ormai
ampiamente dimostrato la loro insostenibilità.
Allora, amiche e amici, è l’ora di scoprire che i metodi
di agricoltura naturale sono più efficaci, efficienti,
produttivi ed economicamente razionali rispetto a
quelli dell’agricoltura industriale e che, nel silenzio
dei media dell’informazione, sono decine di milioni
gli ettari coltivati con tali metodi. Non si tratta dun-
que di qualche giardinetto in qua e là, non vi pare?

Vedere, conoscere, capire, ispirarsi su

• www.permacultura.it
Sito italiano di riferimento sulla permacultura.
• www.aamterranuova.it/Agricoltura-bio/Per-una-permacultura-
illuminata
Un interessante articolo sulla permacultura.
• www.aamterranuova.it/Agricoltura-bio/Le-galline-e-la-perma-
cultura
Un articolo sui fondamenti della permacultura.
• www.permaculture.org/nm/index.php/site/index
Il sito, in inglese, dell’Istituto di permacultura in Nuovo Messico.

Da leggere

• Bill Mollison, Reny Mia Slay, Introduzione alla permacultura,


Terra Nuova Edizioni.
• Patrick Whitefield, Permacultura per tutti, Terra Nuova Edizioni.

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23
Io mi informo per...

Babbo, mamma, vi prego leggetelo! Non sono ma-


lato, non sono depresso, non mi drogo, non seguo
nessuna religione strana, nessuna setta, nessun
guru. Ho solo deciso di vivere in un altro modo. È
vero, è molto diverso dal vostro, e allora?
Voi siete nati e cresciuti in città, vi piace, ci state bene.
Per me è insopportabile, non siamo tutti uguali, no?
Vivere in mezzo alla natura è tutto quello che voglio
e viverci nel modo più semplice, rispettoso, leggero
possibile.
Così sono contento e, se mi fate il piacere di leggere
questo libro, capirete che non sono il solo.

Selvatico e coltivato è un altro piccolo grande libro.


Una raccolta di fiabe possibili, vissute ogni giorno
da donne e uomini, giovani e non, nelle campagne,
nelle colline, nei boschi del nostro Paese.
Storie di persone che vivono veramente un’ecologia
profonda, un contatto radicale e diretto con la na-
tura, le sue leggi, i suoi ritmi.
Un libro da far leggere ad amici, compagni, genitori,
per tranquillizzarli sulle nostre scelte, ma soprattutto
un libro per vedere e respirare una felicità alla por-
tata di tutti, o almeno di tutti quelli che vedono in
una casetta di pietra, magari senza elettricità e con

56
un pozzo per l’acqua, un piccolo orto, qualche ani-
male e tanto, tanto, tanto verde, una piccola oasi
gioiosa. E non sono pochi...

Vedere, conoscere, capire, ispirarsi su


• retebioregionale.ilcannocchiale.it/?id_blogdoc=845194
• www.sentierobioregionale.org
Due siti di riferimento per conoscere il movimento del bioregio-
nalismo in Italia.
• www.aamterranuova.it/Ecovillaggi-e-cohousing/Gary-Snyder-
il-poeta-della-natura
Intervista a Gary Snyder, autore de L’isola della Tartaruga, Premio
Pulitzer per la poesia e fondatore del bioregionalismo.

Da leggere

• Rete bioregionale italiana (a cura di), Selvatico e coltivato. Storie


di vita bioregionale, Stampa Alternativa.
E se dopo Selvatico e coltivato volete leggere un libro che offra
simili suggestioni, scritto però due secoli prima, allora cercate
Walden, ovvero vita nei boschi, di Henry David Thoreau. Con-
siderato da molti uno dei primi romanzi ecologici, Walden rac-
conta l’esperienza di vita del suo autore, che visse per ben due
anni in una capanna di legno, costruita in gran parte da solo, sulle
sponde del lago Walden, in Massachusetts. Laggiù Thoreau spe-
rimentò un rapporto intimo e profondo con la natura e con se
stesso. Il resoconto delle sue esperienze influenzò il pensiero
ecologico contemporaneo, la controcultura statunitense e la
stessa ecologia profonda e bioregionalista che ritroviamo in Sel-
vatico e coltivato.

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24
Helpex
Aiutanti per tutti i gusti

Grazie ragazzi! Non so come avrei potuto realizzare


questa recinzione senza il vostro aiuto. Grazie a te
Carlo, è stato bello aiutarti e ci hai offerto la possi-
bilità di conoscere uno spicchio di Sardegna davvero
stupendo, e anche la tua cucina. Wow!

Tutto qui, molto semplice. Gli helpex sono gli “aiu-


tanti”: persone di tutto il mondo e di tutte le età che,
in cambio di vitto e alloggio, si prestano a darvi una
mano per qualche ora al giorno. Per loro, è un modo
fantastico ed economico di girare il mondo, connet-
tersi con nuove persone, culture, professioni. Per chi
li ospita, un’occasione di sollievo dalle fatiche di tutti
i giorni, un paio di mani in più per un progetto par-
ticolare, nuove energie umane da esplorare.
A differenza dei wwoofer, di cui abbiamo già par-
lato, gli helpex sono interessati anche a lavori gene-
rici in aziende agricole che non si occupino di bio-
logico, come nel caso della staccionata di Carlo per
intenderci.
Ma non solo, gli helpex possono aiutarvi nel ripristi-
nare sentieri per progetti turistico-ambientali, pos-
sono lavorare con voi alla ristrutturazione o alla ge-
stione di un ostello, possono darvi una mano nelle

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incombenze domestiche, nella cura dei bambini, de-
gli animali di casa… insomma possono essere d’a-
iuto dove c’è necessità! Vi sembra poco?
Oggi che molte e molti di noi soffocano strangolati
da impegni e assenza di tempo, sapere che c’è un
movimento di persone ben disposte ad aiutarci può
essere davvero una felice opportunità.

Vedere, conoscere, capire, ispirarsi su


• www.helpx.net
L’inglese Rob Prince ha viaggiato per anni in lungo e largo at-
traverso l’Australia e la Nuova Zelanda, offrendo il suo aiuto in
cambio di vitto e alloggio presso ostelli e aziende agricole. È da
queste esperienze personali che Rob ideò nel 2001 il primo si-
stema on line per favorire l’incontro fra chi ospita (host) e chi si
offre come aiutante (helper). Dopo due anni dal lancio di Helpx,
Rob subì un terribile incidente che lo costrinse a una ridottis-
sima mobilità per ben 4 anni, durante i quali decise di dedicarsi a
tempo pieno allo sviluppo e alla diffusione del proprio progetto.
Helpx è oggi uno strumento diffuso in tutto il mondo.
Dunque, adesso decidete se ospitare o essere ospitati o... en-
trambe le cose!

59
25
L’autoproduzione in città

Una famiglia come noi, in un sobborgo di una me-


galopoli!
Possiamo farcela, coraggio crediamoci!

Di chi e di cosa stiamo parlando? Della famiglia Der-


vaes, di Pasadena, Los Angeles, diventata un punto
di riferimento internazionale per il movimento
dell’homesteading: coltivare, allevare e produrre,
trasformando la propria casa in una fattoria!
I Dervaes, in circa 400 metri quadri di giardino e cor-
tile, sono riusciti a mettere in atto una super pro-
duzione agroalimentare in grado di provvedere ai
bisogni alimentari ed economici dell’intera famiglia,
sfruttando ogni più piccolo spazio, organizzando il
tutto nei minimi particolari e lavorandoci tutti in-
sieme!
Una casa tipo dei sobborghi californiani, altrimenti
piuttosto anonima, è diventata un piccolo paradiso
verde, un microcosmo capace di fornire cibo sano in
abbondanza, più professioni a giovani e meno gio-
vani, capace di ispirare migliaia di grandi e piccini,
capace di futuro!
Sono moltissime le esperienze che si muovono in
questa direzione anche nel nostro vecchio conti-
nente: dai giardini ai cortili, dai terrazzi ai balconi,

60
le nostre case e le nostre città possono offrirci nuove
entusiasmanti possibilità. Siete pronti a seminare?

Vedere, conoscere, capire, ispirarsi su


• urbanhomestead.org
Il sito della famiglia Dervaes.
• www.yesmagazine.org/happiness/quesada-gardens-initiative
Un articolo su come l’agricoltura comunitaria può trasformare le
vie delle nostre città.
• www.yesmagazine.org/issues/its-your-body/the-good-food-
cure
Un interessante articolo su come l’autoproduzione può essere
fatta anche in città.
• www.yesmagazine.org/happiness/a-tale-of-two-cities-beijing-
and-detroit
Orti che curano quartieri e città americane.
• www.tuttogreen.it/orti-urbani-a-bologna-un’esperienza-tren-
tennale
L’esperienza degli orti urbani a Bologna.

Da leggere

• Francesco Beldì, Biobalcone, Terra Nuova Edizioni.


• Enrico Accorsi, Francesco Beldì, Il mio orto biologico, Terra
Nuova Edizioni.

61
26
L’orto senza zappare

E adesso chi lo dice al nonno? Davvero mi intimorisce


e insieme rattrista pensare di dover sostenere davanti
al nonno, e ai tanti contadini e agricoltori che si sono
spezzati la schiena per generazioni, quello che ho
scoperto, vissuto, sperimentato: l’agricoltura senza
zappa! Ma del resto, tutto dipende sempre da due
cattive abitudini: poca osservazione della natura e
fare quello che fan tutti… Infatti, adesso che questi
pionieri spagnoli, giapponesi, inglesi me lo hanno
fatto notare, tutto mi sembra ovvio e, appunto, na-
turale.
Nessuno zappa il bosco, la foresta, le praterie, ep-
pure quante specie vegetali vi crescono rigogliose!
Bastava provare e crederci, invece di uniformarsi al
modo comune di coltivare (violentare?) la terra.
Io adesso lo so, e lo voglio gridare: posate la zappa
gente, andiamo a coltivare!

Il no dig gardening, letteralmente “l’orto senza zap-


pare”, è un metodo di coltivazione adottato da de-
cine di anni, con ottimi risultati, dall’inglese Charles
Dowding. In realtà, molti anni prima, Masanobu Fu-
kuoka e in seguito Emilia Hazelip avevano ottenuto
gli stessi brillanti successi adottando questo metodo
di agricoltura non invasiva.

62
Dal Giappone alla Spagna, fino al Regno Unito, sono
moltissime le esperienze che dimostrano come non
sia necessario, ma anzi risulti dannoso, zappare e ri-
voltare la terra.
Le ragioni scientifiche (e non le leggende new-age)
che sono alla base di questa rivoluzione sono com-
plesse da riassumere qui. Ciò che ci preme mettere
in evidenza è che sempre più si stanno diffondendo,
e con successo, modi di vivere (e in questo caso di
coltivare) in armonia con il Pianeta. È bello sapere
che funzionano, che fanno bene alla Terra, che ci
fanno durare meno fatica e che per intraprenderli
servono solo due cose: conoscerli e non aver paura
di dirlo al nonno!

Vedere, conoscere, capire, ispirarsi su


• goo.gl/Dn5Z8
Per conoscere l’agricoltura sinergica e le esperienze in Italia.
• www.charlesdowding.co.uk
Un’esperienza inglese da conoscere.
• www.aamterranuova.it/Ecovillaggi-e-cohousing/L-abbon-
danza-dell-orto-sinergico
Video racconto sull’agricoltura sinergica e le sue applicazioni.

Da leggere

• Jacky Dupety, L’orto senz’acqua, Terra Nuova Edizioni.


63
27
Io mi informo per…

Per dirvi di smetterla, non potete più sostenere que-


sta tesi. Non con il pretesto che abbiamo bisogno
di grandi produzioni per sfamare una popolazione
sempre più numerosa.
Non con la scusa che è impossibile controllare gli at-
tacchi dei parassiti su vasta scala senza fare come
voi. Non con la barzelletta che la vostra agricoltura è
più efficiente, economica, moderna, adatta all’uomo
contemporaneo. State distruggendo il nostro Pia-
neta, adesso basta!

Informatevi e leggete per capire che non siete i soli a


rigettare i miti dell’agricoltura industriale.
Frances Moore Lappe e Joseph Collins, due esperti
di fama mondiale, nel loro libro di qualche anno fa,
ma ancora molto valido, I miti dell’agricoltura indu-
striale, smontano scientificamente, una ad una, le
leggende, le false verità, i miti appunto, riguardo
l’attuale modello di agricoltura. Un modello che si è
rivelato perdente sotto tutti i punti di vista.
Nel nostro libricino, alcuni dei 100 modi riguar-
dano l’agricoltura, l’allevamento, l’autoproduzione;
abbiamo affrontato queste tematiche a partire da
esperienze pratiche e teoriche che si rifanno spesso
anche alle idee di Lappe e Collins.

64
Da leggere

• Frances Moore Lappe, Joseph Collins, I miti dell’agricoltura


industriale. L’industrializzazione dell’agricoltura come causa della
fame nel mondo, Libreria editrice fiorentina.
Oltre al testo di Lappe e Collins, la Libreria editrice fiorentina ha
pubblicato negli anni libri altrettanto fondamentali per una critica
all’industrializzazione, all’agricoltura e all’allevamento. Tra questi
vi consigliamo senz’altro La rivoluzione del filo di paglia di Masa-
nobu Fukuoka, l’autore e agricoltore più citato da chi sostiene
un’agricoltura a misura di uomo e di Pianeta. Un libro tecnico e
filosofico, pratico e poetico: un ottimo modo per avvicinarvi, in
tutti i sensi, alla Terra.

65
28
La scuola dell’autosufficienza

Progettare un orto, organizzare un piccolo appez-


zamento di terreno per una vita più autosufficiente,
allevare polli, maiali, api, fare il formaggio, il vino,
la birra, il pane, costruire una recinzione, una zona
per il compost, una serra per l’inverno. Io, l’ho fatto
io!
Un cittadino senza arti né mestieri, che ha deciso di
ritornare verso la campagna, l’autoproduzione, l’au-
tosufficienza.
Non pensavo di potermi riappropriare di tutte queste
conoscenze in un corso di una settimana. Certo, il
mio pane e il mio formaggio non saranno perfetti,
ma son già felice così, sento di essere sulla strada
giusta!

La scuola per l’autosufficienza è tenuta durante l’e-


state in Francia da Will Sutherland, allievo e colla-
boratore di John Seymour, autore del famoso Guida
all’autosufficienza (The complete book of self suf-
ficiency), che ha dedicato la sua lunga vita a dimo-
strare come si possa essere autosufficienti anche con
piccoli appezzamenti di terreno.
Se pensate che in tempi di crisi globale il ritorno
a una vita più semplice, naturale e autosufficiente
possa essere una soluzione, ma credete di essere

66
troppo “cittadini” per farlo, allora una scuola come
quella di Will potrebbe proprio fare al caso vostro!

Vedere, conoscere, capire, ispirarsi su


• www.self-sufficiency.net
La scuola ispirata agli insegnamenti di John Seymour.
• goo.gl/kpNxP
Non perdete l’occasione di leggere gratis il famoso libro di John
Seymour.
• www.unisf.it
Il sito web della libera Università del saper fare.

Da leggere

• John Seymour, Guida all’autosufficienza, Mondadori.


67
29
Hotel e ristoranti itineranti

Dei principi, né più, né meno. Ecco come ci sen-


tiamo. Abbiamo cenato a lume di candela sotto un
cielo scandalosamente stellato. Abbiamo bevuto,
riso, cantato e ballato.
Poi la musica della campagna ci ha accompagnati
nella nostra tenda; ma da quanto tempo non ascol-
tavamo più il frinire dei grilli? Abbiamo fatto l’amore,
con un’eccitazione sconosciuta e… dormito il sonno
dei giusti.
Un solo giorno ancora e poi tutto questo scomparirà,
il pop-up hotel continuerà a spostarsi, ma non scom-
parirà la nostra rinnovata voglia di vivere!

Pop-up: come i libri dei bambini che quando apri la


pagina si alza un castello. In questo caso, dal libro
della realtà escono hotel e ristoranti. Durano poche
notti, si richiudono e si spostano in altre località.
I servizi offerti vanno dalle 5 stelle ai 5 cuori, ce n’è
per tutti i gusti e tutte le tasche. In comune hanno il
fatto di essere realizzati con tende (mongole, come
la yurta, o stile Hemingway, in robusta tela), in modo
da non lasciare segni indelebili sull’ambiente, di es-
sere insomma leggeri nella forma, nella sostanza,
nell’idea.
Un’idea alla portata di molti, che si presta a un Pa-

68
ese come il nostro, colmo di risorse paesaggistiche e
di eventi culturali, dove un pop-up hotel ci starebbe
proprio bene!
E che dire del pop-up restaurant? Un ristorante ge-
stito dalle stesse persone che producono il cibo ser-
vito in tavola, biologico, genuino e tradizionale, e
che portano la loro sapienza culinaria in tournée.
Sì, in tournée, spostando e portando il ristorante in
giro su altre piazze, località, città, campagne, per far
conoscere un’agricoltura che è rinata, le tradizioni
che non muoiono, e condividere una voglia di incon-
tro e condivisione che, forse, ci salverà.
Le yurte si trovano anche in Italia. Quindi, pastori,
contadini, allevatori: pop-up!

Vedere, conoscere, capire, ispirarsi su

• www.riverford.co.uk/restaurant/riverfords_travelling_field_
kitchen
Ristorante pop-up biologico itinerante.
• www.aamterranuova.it/Foto-Video-inchieste-dei-lettori/La-
nostra-battaglia-per-vivere-in-una-yurta
Una testimonianza di come in Italia non sia così facile scegliere di
vivere in una yurta.
• yurta-silentbreeze.com
Dove acquistare yurte in Italia.
• goo.gl/woun6
L’albergo pop-up più famoso del Regno Unito.

69
30
Un teatro di paglia

Vorrei un teatro diverso, un teatro per la gente co-


mune. Un teatro fatto di grano, un teatro come
pane quotidiano.

E dopo i ristoranti e gli hotel pop-up inglesi, ecco un


teatro pop-up, tutto italiano e realizzato utilizzando
solo balle di paglia; un’altra dimostrazione di come
sia possibile unire socialità, creatività, espressioni
artistiche senza bisogno di tirare in ballo “grandi
opere” a favore dei soliti noti.
Il teatro di paglia è un’idea che viene dalla Toscana
e che da qualche anno si sta diffondendo in tutta
Italia. Dal 2003 a Rendola, un piccolo paese sui colli
aretini, ogni estate viene messa in piedi una strut-
tura che ricorda nella forma i teatri dell’antichità,
ma porta con sé l’impermanenza delle cose naturali,
poiché nasce e muore nello spazio di una sera o di
pochi giorni.
Attorno al teatro di paglia ognuno è costruttore,
spettatore, attore. Tutto inizia incastrando le balle
come mattoncini di lego per creare gli spalti e defi-
nire lo spazio della scena. Non esiste regia, né sca-
letta, ma si parte con un benvenuto e si finisce con
un saluto: tutto quello che avviene in mezzo a que-
ste due quinte virtuali è lasciato all’autogestione del

70
pubblico. Una piccola utopia di libertà espressiva che
ha il sapore delle cene conviviali, dove ognuno porta
un cibo o una bevanda da condividere con gli altri.
La “coincidenza scenica” magicamente avviene sem-
pre, e tra qualche imbarazzo e titubanza scende dal
pubblico chi canta una canzone o recita una poe-
sia. Alcuni contribuiscono con un pezzo teatrale, al-
tri con giochi di prestigio, balletti e barzellette, ma
possono capitare anche interventi del tutto insoliti
come una lezione di statistica, un appello contro
l’ennesimo ecomostro, un’installazione artistica in-
terattiva... addirittura un’entrata a cavallo!
Dopo il saluto finale l’emozione del mettersi in gioco
si trasforma in festa e la serata prosegue fino a notte
inoltrata. Alcuni dormono sulla paglia, sotto il cielo
stellato.
Il teatro poi viene smontato, scomparendo rapida-
mente così com’è venuto, ospite rispettoso che la-
scia traccia soltanto nei cuori. Le balle, al riparo dalla
pioggia, tornano al loro tradizionale utilizzo. E gli
spettatori? Ognuno prosegue il suo viaggio, ma con
qualche liberatorio filo di paglia in tasca e tra i ca-
pelli!

Vedere, conoscere, capire, ispirarsi su

• www.teatrodipaglia.it
Sito con tutte le indicazioni per costruire il proprio teatro di paglia
locale e un calendario aggiornato degli appuntamenti in corso.

71
31
Glamping

Ti ricordi l’anno scorso? L’agenzia di viaggi ci aveva


fatto vedere quel depliant pieno di fotografie di
spiagge mozzafiato, tutte «raggiungibili a piedi dal
vostro albergo tipico e confortevole». E noi ci siamo
fidati e ci siamo ritrovati nel tipico albergo isolano,
tipico nel senso che i cubi di cemento armato sem-
brano proprio tipici su quest’isola.
Tanto più tipici se costruiti in riva al mare. Come il
nostro, che il solo vederlo mentre facevamo il bagno
ci faceva venir voglia di affogare!
E invece, quest’anno, che siamo partiti con meno
fiducia e più perplessità, eccoci qua: in paradiso!
Chissà se gli amici ci crederanno che un albergo fatto
di tende su palafitte sia il più bell’albergo di tutta
l’isola.
Be’, aspetta che vedano le nostre fotografie e poi sì
che ci crederanno, caspita!

Il glamping, neologismo che mette insieme le parole


“glamour” e “camping”, sta diventando il non plus
ultra del turismo verde. Che utilizzi tende in stile co-
loniale o carrozze gitane, tende mongole o strutture
geodetiche, questo nuovo modo di fare turismo in
mezzo alla natura è davvero rivoluzionario.
Garantisce tutti i comfort di una vacanza, a scelta

72
rilassante o avventurosa, senza lasciarsi dietro nes-
suno scempio paesaggistico.
Invece di reclamare nuovi posti letto per un turismo
di massa insostenibile e spesso inesistente, solo per
continuare a cementificare il territorio (e riciclare un
po’ di soldi sporchi?), il glamping potrebbe aprire
prospettive di speranza per molti: per molti disoc-
cupati, per molti giovani e meno giovani con la pas-
sione per l’accoglienza turistica e la natura, per molti
uomini e donne innamorati della propria terra, che
vorrebbero un lavoro senza doverla ancora saccheg-
giare.

Vedere, conoscere, capire, ispirarsi su


• www.yurthotel.com
Uno yurthotel in Spagna.
• www.wrigglesbrook.co.uk/wriggles-brook.aspx
Gipsy caravan nel Regno Unito.
• www.safari-normandie.eu/reinhill/page1/page46/index.html
Tende coloniali in Francia.
• www.whitepod.com/?cbg_tz=-120
Geodetiche nella fredda Svizzera.
• goglamping.net
Un sito dove poter trovare yurte, tende, caravan e così via.

73
32
Ecovillaggio diffuso

Esci di casa e vai dal tuo vicino, che forse non conosci
neppure, e chiedigli se può darti un limone o qua-
lunque altra cosa.
Ovviamente, non scordarti di dirgli che sarai felice
di aiutarlo ogni qualvolta sarà lui ad avere bisogno
di te.
E se lui non si farà vedere perché non ha bisogno di
nulla, tu non ti preoccupare di interpellarlo se hai
ancora bisogno di lui!
Insomma, bisogna avviarsi verso una nuova cultura
delle relazioni.

Le parole di Cecile Andrews, una delle promotrici


del Phinney ecovillage di Seattle, ci introducono
alla possibilità di un ecovillaggio urbano. La realtà
da immaginare non è, in questo caso, il tipico inse-
diamento ecologico concentrato su una porzione di
territorio naturale, come abbiamo descritto qualche
capitoletto fa.
Qui vi chiediamo di pensare al vostro paese, al vostro
quartiere, alla vostra piccola cittadina, e di immagi-
nare che molto, se non tutto, o forse di più, di quello
che caratterizza un ecovillaggio ideale possa essere
realizzato anche nell’ambiente urbano in cui vivete.
Molte delle possibilità che abbiamo elencato o che
elencheremo in questo libricino si prestano perfetta-

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mente a questo vostro gioco di immaginazione.
Il car sharing o il car pooling, il cohousing, la Mag,
gli orti urbani, i solar bikeport, la bycicle revolution,
le street bank, gli uffici di scollocamento, le reti di
economia solidale, le libere università, i guerrilla re-
staurant, i guerrilla shop, l’economia del dono, tutto
ciò e molto altro ancora può trasformare una realtà
urbana alienante e avvilente in un eco-villaggio-dif-
fuso: “eco”, perché rispettoso dell’ambiente, delle
sue risorse, e impegnato nella riduzione dell’inqui-
namento; “villaggio”, perché pur non essendo tutte
le abitazioni riunite in un unico sito, l’atmosfera so-
ciale, emozionale, affettiva che si viene a creare è ti-
pica del villaggio; “diffuso”, perché si può realizzare
senza bisogno di riunire le varie abitazioni, attività,
servizi, che rimangono in questo modo sparsi sul
territorio. Insomma, un’ottima possibilità per vivere
molti dei vantaggi di un ecovillaggio senza dover
cambiare casa! I link qui sotto vi forniranno ulteriori
stimoli, in attesa che qualcuno di voi inauguri l’e-
poca degli ecovillaggi urbani in Italia.

Vedere, conoscere, capire, ispirarsi su


• enrightecovillage.org
Una comunità intenzionale a Cincinnati.
• www.cecileandrews.com
Il sito di Cecile Andrews.
• laecovillage.wordpress.com
Tre interessanti esempi dai quali partire.

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33
Vivere in 5 con 5 euro al giorno

Vivere in 5 persone con 5 euro al giorno: 5x5x1. Non


è una formula magica, è una realtà voluta e vissuta
dalla famiglia di Stefania Rossini.
Se ci riescono loro, in cinque, col marito che è ope-
raio metalmeccanico, mica un notaio, perché non
dovremmo riuscirci noi, che siamo anche più giovani
e senza figli?
Basta aver paura, sposiamoci!

L’esperienza di Stefania Rossini, che non è certa-


mente riassumibile nel titolo matematico del suo li-
bro, ha ispirato moltissime persone. Quel che conta
non è vivere con 5, 10 o 15 euro al giorno, ma capire
che si può fare con meno e vivere meglio.
Stefania ha scelto la via dell’autoproduzione spinta:
dal sapone alla pasta, dai detersivi alle verdure, dal
pane ai germogli. Ma non solo, ha anche intrapreso
la via del riciclo, del riuso, del recupero, della so-
brietà, del dare importanza alla sostanza più che
all’apparenza.
«Basta volersi bene. L’importante è valorizzare il
cuore e non la merce. Mi rattristo nel vedere i gio-
vani che rinunciano a stare insieme perché vittime
del circolo vizioso di questa economia.
Una volta sperimentato questo nuovo mondo, la

76
mente si apre a un punto tale che nulla poi risulta
strano».
Questo sostiene Stefania, questo è il suo messaggio
di incoraggiamento per una maggiore felicità!
La sua filosofia-pratica di vita incarna le proposte di
un movimento in continua crescita, quello della, scu-
sate il gioco di parole, decrescita felice, che potrete
approfondire attraverso i link indicati di seguito.

Vedere, conoscere, capire, ispirarsi su


• natural-mente-stefy.blogspot.it
Il blog di Stefania.
• decrescitafelice.it
Il sito italiano sulla decrescita felice.
• www.cascinasantabrera.it/iniziative.html
Un sito dedicato all’autoproduzione.

Da leggere

• Stefania Rossini, Vivere in 5 con 5 euro al giorno, L’età dell’ac-


quario.

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Io mi informo per…

Per tutti quelli che parlano di calcio, della nostra po-


litica, di chi guadagna di più, di chi ha la donna più
bella, di chi vincerà il concorso Tv, dell’ultimo scan-
dalo.
Come se potesse esserci qualcosa di più importante
di un Pianeta che muore…

Potreste fare un esperimento e vedere quanti minuti


in una settimana, in un mese, in un anno, i vari Tg
di prima serata dedicano, al di là delle emergenze di
cronaca, al problema più grande che l’umanità ab-
bia mai dovuto affrontare: il cambiamento climatico.
Il futuro della Terra si gioca nel giro di pochi, pochis-
simi anni e i media fanno a gara a chi ignora di più
questa catastrofe.
Al Gore, mancato presidente degli Stati Uniti per un
soffio, si è impegnato in prima persona per dare l’al-
larme, prima che il danno fosse irreversibile.
Insieme a lui, sono migliaia gli scienziati, i climato-
logi e gli esperti concordi nell’affermare che è questa
la crisi più grande, questa la priorità da mettere in
cima alle agende politiche internazionali.
Tante delle esperienze di vita alternativa elencate in
questo libricino vanno nella direzione di una ridu-
zione delle nostre emissioni inquinanti, del nostro

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impatto sul Pianeta e sul suo clima.
Sono possibilità rivolte verso il futuro. Il Dvd realiz-
zato da Al Gore vi fornirà un quadro completo del
problema. Così, se incontrerete qualcuno che non
vorrà parlare solo di Berlusconi saprete di cosa di-
scorrere…

Da leggere
• Al Gore, Una scomoda verità. La crisi del riscaldamento globale,
Rizzoli.
Una curiosità: oltre alla “verità”, ad essere scomodo è l’intero
progetto di Al Gore. Basta citare le affermazioni dell’allora pre-
sidente americano G. W. Bush, che dichiarò pubblicamente di
non avere intenzione di vedere il film ritenendo inutile la discus-
sione sulle cause dei gas serra. Del resto anche il primo ministro
australiano, John Howard, affermò che non avrebbe incontrato
Gore o accettato il protocollo di Kyoto, dichiarando che non
avrebbe mai preso consigli politici da un film. Insomma questo è
un film che ha messo in difficoltà più di un capo di stato.
La contromossa è stata mettere in evidenza gli inevitabili errori
presenti in alcuni studi sul global warming. Di certo sappiamo che,
fra tutti gli articoli scientifici sul tema del riscaldamento globale,
solo lo 0,1% propone tesi discordanti, il rimanente 99,9% è
concorde nell’affermare che il riscaldamento globale è una dram-
matica emergenza. Forse la più importante.

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Transition town
Le città di transizione

Riscaldamento globale e picco petrolifero erano


espressioni sconosciute: i miei genitori, i miei com-
pagni, la maestra, il sindaco, il parroco, nessuno ne
sapeva niente!
Poi hanno capito, abbiamo capito: bisognava fare
qualcosa e alla svelta. Tutta la città si è messa in mo-
vimento, anzi in transizione. Transition town: adesso
tutti sanno cosa vuol dire.

Vengono chiamate transition town quelle città che


guidano la transizione da una società dipendente
dal petrolio e dai combustibili fossili a una società
capace di farne a meno.
Sembra facile, ma non lo è per niente. Eppure, le
emergenze legate al riscaldamento globale (global
warming) e all’esaurimento inevitabile del petrolio,
che ha già raggiunto il suo picco produttivo (peak
oil), sono le più urgenti.
In rete, troverete molti siti e video che vi mostreranno,
tecnicamente e operativamente, come si configura
e si mette in atto questa transizione, sottolineando
il lavoro di comunità che lo supporta e la grande
opportunità di cambiamento che rappresenta per le
nostre vite.

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Smettiamola di sentirci inferiori, falliti, mancanti di
qualcosa rispetto a qualcuno e apriamo gli occhi: il
mondo, quello vero, sta andando in un’altra dire-
zione, una direzione più vicina a noi, che ai magnati
dell’alta finanza, ai calciatori o alle veline.
Possiamo vedere la nostra condizione di vita attuale
alla luce di questi movimenti internazionali e scoprire
che già adesso, forse non avendolo previsto, siamo
sulla strada giusta, sulla strada per una vita migliore.

Vedere, conoscere, capire, ispirarsi su

• www.transitiontowntotnes.org
Dove tutto è iniziato.
• www.aamterranuova.it/Ecovillaggi-e-cohousing/Transition-
town
Un articolo che spiega molto bene che cosa è una città di tran-
sizione.
• transitionculture.org/2009/12/17/in-transition-1-0-now-also-
available-on-vimeo
Un interessante video sulla transizione.
• www.transitionitalia.it/download/Chi_siamo_01.pdf
Un utile documento in italiano sul movimento della transizione.

Da leggere

• Albert K. Bates, Manuale di sopravvivenza alla fine del petrolio,


Terra Nuova Edizioni.

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Schumacher college

Ho fatto bene, eccome se ho fatto bene!


«In Inghilterra?». Mi chiedevano gli ex compagni
di classe. «Ma che ci vai a fare? Tu che vuoi fare il
contadino come tuo zio, che bisogno hai di studiare
ancora? E in inglese per di più! Mah, per noi vai a
sprecare tempo e soldi!».
Certo, in parte potevo capirli, lo dicevano perché si
preoccupavano per me. Ma lo dicevano anche perché
erano ignoranti, nel senso che proprio ignoravano
che esiste un movimento mondiale di riscoperta della
terra, che educa chi la terra non la conosce affatto a
partire da un nuovo modo di concepire l’agricoltura.
Ed è per questo motivo che io volevo andare a for-
marmi, a fare un corso valido, riconosciuto a livello
internazionale, nella mecca della nuova conoscenza
verde: io volevo lo Schumacher College!
I professori che mi hanno formato, i professionisti
che ho incontrato, gli attivisti che ho conosciuto,
quell’atmosfera unica che ho respirato…
Ho fatto bene, eccome se ho fatto bene!

James Lovelock, Fritjof Capra, Brian Goodwin, Van-


dana Shiva, Wolfang Sachs, Hazel Henderson: le
più grandi menti (e cuori) della nuova rivoluzione
verde, che sta coinvolgendo tutto il mondo, sono
i professori che potreste incontrare scegliendo di

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studiare allo Schumacher College.
Si tratta di una realtà educativa ubicata in un’antica
villa, con un parco e un paesaggio mozzafiato, nel
cuore del Devon, alle porte della Cornovaglia. Prende
il suo nome dal geniale economista Fritz Shumacher,
autore di Piccolo è bello, considerato uno fra i cento
libri più influenti pubblicati dopo la seconda guerra
mondiale. Lo Schumacher college è la prima strut-
tura educativa che offre master post-laurea ricono-
sciuti a livello universitario in materie come scienza
olistica, orticoltura sostenibile, economia per la tran-
sizione. Materie che nelle nostre università non ven-
gono neanche lontanamente prese sul serio.
Eppure, il cambiamento parte da lì e potersi formare
in un ambiente culturale così ricco, professionale,
creativo e innovativo è impagabile.
Esistono corsi adatti a chiunque, per diplomati, lau-
reati e anche per chi non possiede nessun titolo di
studio, ma solo una forte, forte, forte voglia di co-
noscere.

Vedere, conoscere, capire, ispirarsi su


• www.schumachercollege.org.uk
Il sito web dello Schumacher college, con tutti i corsi a cui ci si
può iscrivere.
Da leggere

• Ernst Schumacher, Piccolo è bello, Slow Food.


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Car sharing
Condividere l’auto

Quando abitavo con i miei, avevamo una station wa-


gon (o auto familiare, come si diceva allora). Mia ma-
dre aveva una utilitaria da città e io e la mia gemella,
dopo la maturità, avevamo recuperato una Panda
fiammante. Più due scooter e un motorino…
La mia non è mai stata una famiglia ricca, eravamo
una famiglia come tantissime altre; le auto non
erano di lusso, vivevamo in un condominio fuori dal
centro e non possedevamo un garage. Le nostre tre
auto occupavano una fila di almeno quindici metri di
strada, quando erano parcheggiate insieme. In più
ci costavano un sacco di soldi tra bolli, assicurazioni,
inevitabili multe, cambi olio, gomme, manutenzioni
varie e così via.
Avendo tre auto eravamo portati a utilizzarle an-
che quando non sarebbe servito, anche quando
avremmo fatto di gran lunga prima andando a piedi
o in bicicletta, ma era così… un’abitudine.
Adesso che abito in un’altra città non possiedo nes-
suna automobile, per scelta. Non sono un luddista
nemico di ogni macchina o un asceta che cammina
scalzo. Quando penso che mi occorra usare un’auto
lo faccio e basta, senza nessun minimo senso di
colpa.

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Come faccio non possedendone una? Con il car sha-
ring, una delle più grandi trovate della mia nuova
città!

Quante sono le famiglie italiane che possiedono au-


tomobili in soprannumero? Auto che magari non
vengono usate così spesso, che non servirebbero se
non sporadicamente e che, però, sono state acqui-
state.
Si tratta di mezzi che, per essere costruiti, hanno
comportato un elevato consumo di risorse, un forte
impatto ambientale, un pesante onere economico,
e dei quali avremmo benissimo potuto fare a meno,
se soltanto esistesse un servizio capace di garantire
un’autovettura quando effettivamente serve, senza
bisogno di possederla.
Questa possibilità si chiama appunto car sharing ed
esiste in molti paesi europei già dai primi anni ‘80.
In Italia è presente solo in alcune città. È una sorta
di associazione, di club, gestita da enti pubblici o
soggetti privati, che possiede un parco auto a servi-
zio dei propri iscritti secondo regole condivise e pa-
gando una quota che copre i vari costi d’esercizio e
le spese di manutenzione.
Funziona in maniera molto semplice: quando serve
l’auto, se ne può trovare una al car sharing, funzio-
nante, pulita e con il carburante, pronta a partire. E
questo sia che occorra per mezz’ora o per l’intera
giornata.

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È un servizio poco dispendioso, se paragonato
a quanto si spende per acquistare e mantenere
un’auto personale.
E ci fa anche sentire attivi nella salvaguardia del
Pianeta, nel ridurre la congestione di strade e par-
cheggi, nel contribuire a una migliore qualità della
vita nelle nostre città.
Controindicazioni? Non sembrano essercene. L’u-
nica forse è che andrebbe a sfavore dell’industria
automobilistica che, con questo tipo di servizi, ini-
zierebbe a vendere meno auto. Ma questa, è una
controindicazione?
E se non trovate un car sharing nella vostra zona,
potete sempre metter su una community car sha-
ring, intendendo con questo termine un gruppo di
amici, parenti, vicini con i quali sia possibile avviare
un simile progetto in maniera più snella, informale,
leggera, rispetto a un car sharing pubblico.
In ogni caso, ci guadagnerete anche in socialità: più
contatti, più scambi, più condivisione, più vita!

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Vedere, conoscere, capire, ispirasi su

• www.car2go.com
Il car sharing in Olanda.
• www.gocar.ie/for-you/rates
Le esperienze in Irlanda.
• www.e-vai.com/web/home
Gli esperimenti italiani.
• www.aamterranuova.it/Ambiente-e-decrescita-felice/Io-
guido-Car-Sharing
Un’interessante intervista su un progetto di car sharing.
Questi link sono tutti interessanti. Esplorate anche quelli in in-
glese, troverete molti video su YouTube, capaci di ispirarvi e
superare qualsiasi eventuale barriera linguistica. Vorremmo ri-
portare alcuni dati tratti proprio da uno di questi video, quello
riferito al car sharing italiano, solo per confermare, se ce ne fosse
bisogno, che la possibilità del car sharing può realmente aprire
degli spazi di piccola grande felicità anche nel nostro paese.
Grazie a questo servizio è possibile avere:
- accesso nelle zone a traffico limitato;
- accesso libero alle corsie preferenziali;
- parcheggio consentito sulle varie strisce gialle, blu ecc.;
- circolazione garantita tutti i giorni, senza blocchi del traffico pro-
grammati.
Magia? No car sharing alla lombarda!

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Condividiamo la nostra casa!

Cresci, sposati, fai figli, compra casa e… indebitati!


Oppure: cresci, resta single, compra casa e… inde-
bitati! Ma chi l’ha detto che questi modelli siano più
‘adulti’, che condividere una stessa casa con altre
persone?
Ho quarant’anni, sì, ho finito gli studi da un pezzo,
ma continuo ad avere compagni di casa come all’u-
niversità e non mi sento affatto meno realizzato o
‘arrivato’ per questa mia scelta. Chiaro?

L’idea che avere dei roomate (dei compagni di


stanza o, meglio, di casa), quando non si hanno più
vent’anni, sia immatura, ingenua, irreale o da falliti è
molto diffusa e… irrita!
Molte delle possibilità elencate in questo libricino si
basano su un “disassamento” mentale e mettono in
luce come frequentemente siano le nostre abitudini,
i nostri stereotipi, i nostri pregiudizi a impedirci di
cogliere le opportunità che abbiamo per vivere più
felicemente.
Quella di condividere la stessa casa con altre per-
sone, da adulti maturi e non solo da giovani studenti
che si arrangiano, è una di queste possibilità. Un’i-
dea alternativa anche al tipicissimo italico restare in
casa con i genitori perfino dopo i trenta, o al ritor-

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nare sotto il loro tetto non appena il nostro matri-
monio naufraga.
Oltre agli ovvi risparmi su affitto, bollette e spese va-
rie, la convivenza con una o più persone porta molti
altri vantaggi, tra questi: il condividere passioni co-
muni, rendere meno gravosi certi impegni (come
prendersi cura dei cani e del giardino), migliorare le
nostre capacità comunicative e organizzative.
Ci insegna soprattutto a mettere insieme le esigenze
individuali con la dimensione collettiva della condi-
visione, a sentirci parte di un qualcosa di più grande
senza per forza annullarci, a restare in contatto con
altri esseri umani per scelta, per piacere, per matu-
rità.
Negli Stati Uniti, gli ultra-trentenni che hanno deciso
di condividere un’abitazione con altre persone non
appartenenti alla propria famiglia è aumentata, dal
2009 al 2010, di un milione e quattrocentomila in-
dividui.
Segnali di nuovi paradigmi conviviali e sociali in ar-
rivo, segnali di una vera roomate revolution!

Vedere, conoscere, capire, ispirarsi su

• www.yesmagazine.org/happiness/the-roommate-revolution-
why-living-alone-is-overrated
Un articolo sulla roomate revolution.
• www.sharinghousing.com
Un sito sulla condivisione delle abitazioni.

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Au-pair
Alla pari

Un anno insieme. Sei parte della nostra famiglia


adesso. Poterti ospitare è andato al di là di ogni
aspettativa. I bambini hanno imparato la tua lingua,
scoperto una cultura antica e un altro modo di vi-
vere.
Abbiamo trovato un amico, un figlio, un fratello, ci
siamo divertiti da matti. E adesso che sai così bene
l’italiano, potremo tutti rimanere in contatto, via e-
mail o per posta, con il telefono o con tante car-
toline, in attesa di rincontraci presto… il più presto
possibile!

Che scegliate la formula “ospita uno studente stra-


niero” o quella au-pair (alla pari), la possibilità di ac-
cogliere nelle vostre case un giovane proveniente da
un altro paese, ma anche quella di essere accolti, se
sarete voi ad andare presso una famiglia all’estero, vi
fornirà opportunità formidabili!
Potrete offrire alla vostra famiglia l’occasione per
vivere realmente, al di là di tante parole, l’intercul-
tura, l’integrazione, la conoscenza reciproca. Svilup-
pare un senso di appartenenza alla grande famiglia
umana, imparare nuove lingue, usi, costumi, pas-
sioni, sogni.

90
E offrirete a dei giovani provenienti da ogni angolo
del mondo l’occasione di studiare la nostra lingua,
di farsi un’idea del mondo occidentale, di arricchirsi
di conoscenze, contatti, amicizie, che potrebbero in-
fluenzare positivamente il loro futuro.
Perché a vivere una vita più felice, più siamo e
meglio è!

Vedere, conoscere, capire, ispirarsi su

• www.nadiaonlus.it
Per ospitare uno studente straniero.
• www.servas.it
Sito della più antica rete internazionale di ospitalità reciproca.
• www.aupair-world.it
Il sito internazionale di riferimento per chi desidera vivere un’e-
sperienza au-pair.
• bancadati.informagiovanipiemonte.it/schede-orientative/
schede/1648/lavoro-alla-pari-italia-stranieri
La sezione Informagiovani della Regione Piemonte dove è possi-
bile prendere informazioni utili su come diventare au-pair.

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Le Mag

Vuoi continuare a tenere i tuoi soldi nelle banche?


In queste belle banche oneste, che non ci pensano
su due volte a venderti titoli spazzatura, sapendo di
farlo. Che non ci pensano su due volte a finanziare
con i tuoi soldi attività dannose e devastanti per tutti
e per il Pianeta. Che non ci pensano su due volte a
strozzarti se hai bisogno, buone a prestare soldi solo
a chi ne ha già tanti. Vuoi continuare a tenere i tuoi
soldi in banche capaci di fallire da un giorno all’altro
senza che poi ti venga garantito l’aiuto dello Stato
e quindi con più tasse da pagare per te, in queste
banche a delinquere?
Io no, io scelgo la comunità, io scelgo le persone
come noi, i cittadini, il nostro territorio, io voglio fare
la differenza, io scelgo la Mag.

Mag, un acronimo strano, ma almeno italiano que-


sta volta, indica la Mutua per l’autogestione, una so-
cietà che offre una modalità diversa di raccogliere e
investire il risparmio, operando realmente per lo svi-
luppo e il progresso del territorio e dei suoi cittadini.
La Mag raccoglie denaro dai propri soci sotto forma
di capitale sociale; il denaro viene poi investito in pro-
getti nel campo della promozione sociale e ambien-
tale, idealmente locali o comunque collegati con la

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realtà locale, applicando un tasso d’interesse uguale
per tutti i soggetti finanziati. Il tasso viene definito
annualmente dall’assemblea dei soci, in modo che
copra i costi della struttura ed eventualmente remu-
neri il capitale sociale non oltre il tasso di inflazione.
Ribaltando la logica del profitto a ogni costo, le Mag
creano vera ricchezza per tutta la comunità. Se vo-
lete che i vostri risparmi stiano in mani sicure e, so-
prattutto, che servano a qualcosa di buono (magari
anche a finanziare quella stupenda folle idea che
avete in mente) adesso sapete come fare.
Se poi avete bisogno di una banca vera e propria,
dove avere un conto corrente, bancomat e tutto il
resto, potete sempre rivolgervi a una delle numerose
filiali di Banca Etica, l’unica banca italiana gestita
con criteri più trasparenti ed etici.

Vedere, conoscere, capire, ispirarsi su


• www.mag6.it
La Mag di Reggio Emilia, attiva da oltre vent’anni. Sul loro sito
potrete scoprire le altre Mag attive in Italia.
• www.bancaetica.it
Il sito di Banca Etica, dove è possibile conoscere le filiali presenti
su tutto il territorio nazionale.

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Vauban!

A Milano avete 550 automobili ogni 1000 abitanti,


qui solo 70! Già, perché qui ci sono scuole, asili, su-
permercati, uffici, negozi, parchi, tutti raggiungibili a
piedi o in bicicletta.
Raccolta differenziata integrale, ritirata una volta
al giorno. Strade senza auto! E chi deve effettuare
carico-scarico non può superare i 5 km l’ora, per poi
parcheggiare nell’unico parcheggio possibile, quello
comune posto al limite del quartiere.
E poi: recupero dell’acqua piovana, riscaldamento
distribuito in rete, case al top del risparmio energe-
tico e una comunità attiva e partecipe che crea op-
portunità di lavoro e di cultura!

Che dite, ci trasferiamo anche noi a Vauban?


Vauban è un quartiere della città tedesca di Friburgo,
un esempio di quartiere a misura d’essere umano
reso possibile da una progettazione portata avanti,
fin dall’inizio, insieme ai futuri abitanti. Il risultato
è uno dei più importanti esempi di sostenibilità ur-
bana, realizzato per di più su un’area ex militare.
Cosa serve per dare vita anche qui da noi a una re-
altà come questa? Semplice: un’associazione di cit-
tadini disposti ad acquistare o comunque a trasferirsi
in un simile quartiere, e disponibili a percorrere la

94
strada progettuale insieme a tecnici, architetti e altri
rappresentanti di un’amministrazione italiana non
troppo corrotta.
Impossibile? Speriamo possiate dimostrarci di no.

Vedere, conoscere, capire, ispirarsi su

• www.aamterranuova.it/Ambiente-e-decrescita-felice/Quar-
tiere-Vauban-una-citta-diversa-e-possibile
Un articolo in italiano sul quartiere Vauban.
• www.vauban.de/rundgang/index.html
Il sito del quartiere, in tedesco.
• www.youtube.com/watch?v=juzg66OTVXo&feature=related
Alcuni video in inglese.
• www.youtube.com/watch?v=99o_LP_YFOo
Un video in italiano.

95
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Bici e auto elettriche
Con il sole il pieno è gratis

Oggi mi sento libero! Ho settant’anni e mi sento di


nuovo giovane con la mia bicicletta, una bicicletta
elettrica: una e-bike. Sì, sono vecchio, ma mi piace
essere al passo coi tempi; con la pedalata assistita,
perché settanta son sempre settanta!
Prendo la ciclabile e, senza sforzo e in sicurezza,
vado a trovare i nipoti, faccio la spesa, saluto i vecchi
amici. Prima di rincasare lascio la mia e-bike in ca-
rica alla stazione di ricarica comunale, alimentata dai
pannelli fotovoltaici, così faccio anche il pieno gratis!
Questa sì che è vita!

Un nome inglese per un progetto italiano. Be’, in-


somma, più che italiano Alto Atesino, che rispetto
alle altre 19 regioni d’Italia è proprio un altro mondo,
infatti siamo nel Sud Tirolo.
Il pieno gratis esiste, il solar bikeport è una realtà a
Brunico, in Val Pusteria, insieme alle sue lunghe piste
ciclabili.
Ma esistono progetti per il pieno gratis anche per
le auto elettriche, che possono essere alimentate sia
grazie al sole che al vento. E se presto fossero gratis
anche elettricità e riscaldamento? Dopotutto, il sole
e il vento sono gratuiti e di tutti, no? E la tecnologia

96
a che serve se non al benessere comune? Ad arric-
chire le multinazionali?
Be’, per il momento pensiamo ai solar bikeport e
alle carport, e se nella vostra città ancora non ce ne
sono, basta scrivere al sindaco (!?!) o farsene uno
insieme ad amici e vicini.

Vedere, conoscere, capire, ispirarsi su


• www.leitnersolar.com/it/il-nostro-percorso/news/a-brunico-
il-pieno-e-gratuito
Il solar bikeport a Brunico.
• www3.varesenews.it/busto/articolo.php?id=216649
Un esperimento con le auto elettriche.
• goo.gl/tK7vi
Un articolo su un’auto elettrica che fa il pieno con il vento.

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Cittadini, pescatori e agricoltori:
insieme!

Sai cosa mi piacerebbe? Un mio orto, non troppo


grande, coltivato con metodi naturali, biologici, siner-
gici. Con tutte le insalatine che ci piacciono tanto, con
le carote, le patate, i carciofini, magari anche qualche
frutto di bosco… Potersi nutrire di cibi vitali, sani, fre-
schi, senza inquinare il mondo, senza plastica, senza
prodotti chimici. Ma con il mio lavoro è già tanto se
ce la faccio a tenere quelle tre piantine grasse, quindi
resterà un sogno.

No, non resterà un sogno. Ci sono agricoltori che lo


possono fare per voi, che possono coltivarvi un orto
su misura. Il movimento Csa (Community supported
agricolture, in italiano “agricoltura comunitariamente
supportata”), nato in Svizzera agli inizi degli anni ‘80,
riallaccia finalmente i rapporti fra il produttore, il con-
tadino, l’agricoltore e il consumatore. Quei rapporti
che ormai sono stati sviliti, sviati, annientati dall’era dei
mega market, delle multinazionali, degli Ogm.
Oggi, i consumatori possono di nuovo diventare attori
partecipi e co-produttori insieme ai coltivatori con i
quali possono decidere cosa, quanto e come coltivare.
In questo modo si possono sostenere e supportare le
aziende agricole e i giovani che riscoprono la terra, aiu-
tandoli economicamente, materialmente, moralmente.
In cambio avremo cibo buono e sano, il nostro orto
“a distanza”, il nostro cibo preferito, nuove relazioni,
scambi, comunità. Una possibilità per vivere meglio

98
dedicata a chi vuol tornare alla campagna, a chi già ci
lavora senza tirarci fuori le gambe, a chi non vuole che
venga spianata per far posto a un campo da golf.
Una delle esperienze italiane più significative è il pro-
getto Adotta un orto promosso da Cascina Santa
Brera, situata poco fuori Milano, dove ogni cittadino,
pagando una quota annuale, ha diritto ad accedere
all’orto per raccogliere liberamente la verdura necessa-
ria al proprio nucleo familiare.
Ops! Stavamo dimenticando le Csf (Community sup-
ported fisheries), che applicano la stessa idea, oltre che
all’agricoltura, alla pesca. Consumatori e pescatori,
uniti insieme per salvaguardare i nostri mari, assicu-
rare un futuro sereno alle famiglie di chi pesca il no-
stro cibo e garantirci dell’ottimo pesce sempre fresco al
giusto costo. Allora svegliamoci! Perché chi dorme non
prende pesci, né cavolfiori!

Vedere, conoscere, capire, ispirarsi su


• www.cascinasantabrera.it/adottaorto.html
Sito della Cascina Santa Brera, per conoscere nei dettagli il pro-
getto Adotta un orto.
• ortisolidali.wordpress.com
Per costruire il vostro orto su misura.
• www.stroudcommunityagriculture.org/principles.php
Un sito inglese sull’agricoltura comunitaria.
• www.reseau-amap.org
Un sito sulle esperienze francesi.
• www.wabi.tv/news/9887/local-co-op-helping-keep-alive-the-
fishing-community
Un sito in inglese per la pesca comunitariamente supportata.
Consiglio: cercate anche video su YouTube e Vimeo.

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Gruppi d’acquisto solidale

Guarda che non c’è niente di alternativo, a meno di


considerare l’intelligenza una cosa alternativa!
Si fa un gran parlare di cibo spazzatura, di scandali
alimentari, di mucche pazze e di prezzi pazzi, e allora
basta parlare: organizziamoci e partiamo, a tutto
Gas!

I gruppi di acquisto solidale, Gas, sono un fenomeno


dilagato in tutta Italia, ma ancora sconosciuto ai più,
almeno a tutti quelli che ancora fanno la fila alle
casse dei mini-super-iper-mercati.
Il concetto è molto semplice, quasi ovvio: vi piace-
rebbe acquistare e consumare prodotti alimentari
genuini, sani, buoni, che non abbiano percorso mi-
gliaia di chilometri per arrivare sulle vostre tavole,
che non abbiano inquinato mezzo mondo, e poterlo
fare pagando un prezzo ragionevole? Io direi di sì,
e voi?
Il Gas offre proprio questa possibilità, mettendo in
contatto diretto i produttori agricoli con un gruppo
di consumatori (amici, famiglie, vicini, semplici cit-
tadini), che effettuano insieme degli ordini e degli
acquisti collettivi, oltretutto, risparmiando! In que-
sto modo, è possibile conoscere chi produce il vostro
latte, chi coltiva la vostra insalata, chi trasforma il

100
vostro grano.
Capirete quale sia il prezzo giusto, solidale da pa-
gare, al di là delle leggi di mercato. Troverete altre
persone che hanno a cuore la loro salute, quella dei
loro cari, quella della Terra. Inoltre, nei Gas, possono
essere inclusi anche produttori e prodotti non ali-
mentari: dal vestiario agli elettrodomestici, dai deter-
sivi ai prodotti per l’igiene personale.
Potrete voi stessi produrre e vendere o, meglio an-
cora, scambiare alcuni prodotti, magari facendo voi
il pane biologico se non c’è nessuno che lo fa, o pre-
parando le vostre meravigliose conserve o l’amaro
naturale.
Infatti, i Gas stanno evolvendosi in Gassp: gruppi di
acquisto solidale, scambio e produzione!
Un Gas viene creato, più o meno ufficialmente, con
più o meno burocrazia, da un gruppo promotore
che ne organizza la gestione, normalmente condi-
visa e partecipata, ma che può essere anche affidata
a un responsabile per snellire il tutto. Trovate ci sia
un modo più intelligente per fare la spesa, per rispar-
miare, per condividere?

Vedere, conoscere, capire, ispirarsi su

• www.retegas.org
La rete nazionale dei Gas, dove cercare il gruppo d’acquisto più
vicino. Ci sono anche molti video interessanti su YouTube, non
dimenticate di dare un’occhiata anche lì.

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45
Ristoranti invisibili

«Mi passeresti la senape per favore?».


«Certo, eccola».
«Buonissima questa bruschetta, vero? Uhm, proprio
buona».
«Sai che anche il pane è stato fatto in casa, con il
lievito naturale, dalla nostra ospite?».
«Ha avuto un’idea formidabile, questo è molto di più
di un ristorante, per me è un piccolo tempio della
cucina e della socialità. Ma tu di cosa ti occupi...».

Guerrilla restaurant, pop-up restaurant, home restau-


rant, ristoranti invisibili: una moda esplosa nei paesi
anglosassoni, che ha contagiato tutto il mondo, Ita-
lia inclusa. Si tratta di ristoranti informali, realizzati a
volte sul filo dell’illegalità, a volte no, sfruttando come
locali le case degli chef, vecchi negozi o magazzini
abbandonati, i prati delle campagne e molto altro.
Quel che conta è avvicinare le persone al cibo e agli
altri in un modo più libero, meno rigido, in un’at-
mosfera più conviviale ed emotivamente coinvol-
gente. In questi luoghi, i “clienti” ridiventano esseri
umani, che si godono il cibo e la compagnia, e gli
chef riescono a farsi apprezzare e magari a tirar su
qualche palanca senza bisogno di farsi strozzare
dalle banche.

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E quando parliamo di chef, parliamo di te! Perché
aprire un guerrilla restaurant è un po’ come aprire un
club di appassionati di cucina (solo che è molto più
intrigante), occorrono soltanto la voglia di cucinare
per gli altri, di esprimersi creativamente ai fornelli e
un posto che può essere casa vostra o qualsiasi altro
posto vi venga in mente.
Meditate gente, anzi no, cucinate gente, cucinate…

Vedere, conoscere, capire, ispirarsi su



• goo.gl/DMOgk
Un’interessante intervista sui ristoranti “illegali”.
• www.foodie.it/tendenze-culinarie/2010/01/vita-e-morte-
dei-guerrilla-restaurant
Un articolo sui guerrilla restaurant.
• www.homefood.it/?p=home
Il sito dell’associazione Home Food.

103
46
Car pooling
Auto di gruppo

Ti giuro mamma, tutti li conoscevano, tutti! E pen-


sare che tra i soliti amici non c’è mai nessuno che
conosce, apprezza, ha voglia di chiacchierare sui
film che piacciono a me. E il viaggio è passato in un
lampo!
Da quando ho iniziato a usare la mia auto per il car
pooling ho risparmiato tanti soldi per poter andare in
vacanza, ho conosciuto persone interessanti e nuovi
amici e mi sento meglio perché so di inquinare di
meno! Allora dillo anche alle tue amiche, ok?

Il car pooling, che noi chiameremmo “auto di


gruppo”, si sta finalmente diffondendo a macchia
d’olio anche in Italia, anche se ciò è dovuto più alla
crisi che alla coscienza ecologica.
Esistono molte associazioni che mettono in contatto
quelli che decidono di offrire dei passaggi in auto
durante itinerari, tratte, viaggi, che normalmente
avrebbero compiuto da soli. I vantaggi sono note-
voli: riduzione dei costi del carburante, dei pedaggi
autostradali, di alcuni costi di gestione e manuten-
zione, dei costi di parcheggio, che vengono ripartiti
fra tutti i passeggeri; riduzione dell’inquinamento e
del congestionamento delle strade; riduzione della

104
necessità di nuove infrastrutture stradali e aumento,
sì, aumento della socializzazione.
Non più singoli individui inscatolati e rivali sulle
strade, ma di nuovo gruppi di persone che viag-
giano, parlano, condividono insieme.
Oltre ai car pooling “ufficiali”, promossi e gestiti da
istituzioni pubbliche, associazioni o soggetti privati,
esistono anche quelli informali, ma comunque orga-
nizzati ed efficienti, realizzati e realizzabili anche da
voi, all’interno della cerchia di conoscenti, del paese,
dei colleghi di lavoro.
Una forma particolare di car pooling è Jungo, un
sistema che incoraggia e incentiva gli automobilisti
in movimento ad accostare ai lati delle strade per
imbarcare persone che vanno nella stessa direzione,
garantendo la massima sicurezza e una condivisione
dei costi.
Insomma: carpulliamoci!

Vedere, conoscere, capire, ispirarsi su

• www.blablacar.it
Il sito sul car pooling.
• www.roadsharing.com/it
Un sito dove poter trovare auto di gruppo.
• www.jungo.it
Altro sito di car pooling, con un interessante video da guardare.

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Ricetta antistress

Il nostro caro Leo Buscaglia riporta nel già citato


Vivere, amare, capirsi un aneddoto relativo alla sua
permanenza nel sud-est asiatico e, in particolare, a
una sua visita al grande lago Tonle Sap in Cambogia.
Se cercate sul web foto di questo lago, vedrete im-
magini incredibili di interi villaggi costruiti sull’acqua
e palafitte di antichissima memoria. Molte di queste
precarie abitazioni, con l’arrivo dei monsoni, ven-
gono regolarmente spazzate via.
Preoccupato e con spirito collaborativo, Buscaglia si
offrì alla comunità locale per aiutare gli abitanti a
traslocare i loro averi prima dell’arrivo del monsone.
Si rese ben presto conto però che la sua offerta d’a-
iuto non era necessaria: i cambogiani del lago non
avevano altro da traslocare se non loro stessi.
Avevano imparato dalla natura che era inutile pos-
sedere e accumulare cose, perché ciò che realmente
conta non ha niente a che fare con i beni materiali.
Pensate ora alle rare, ma purtroppo in aumento,
inondazioni che colpiscono le opulente città del no-
stro occidente, e al caos, al panico e all’incredula di-
sperazione che provocano.
Solo qualche decennio fa, nei villaggi dei nativi ame-
ricani Navajo, ogni famiglia aveva nella propria abi-

106
tazione circa duecento oggetti. Oggi, una famiglia
europea ne possiede almeno 10.000... quante cose
da traslocare!
E noi, cosa faremmo se i monsoni spazzassero via le
nostre case? Cosa porteremmo via? Riusciremmo a
portare via solo noi stessi? Siamo ancora in grado di
sentire l’importanza della nostra persona, dalla quale
tutto il resto deriva: cose, case, ambienti, relazioni?
Riusciamo a riconoscerci come esseri unici e meravi-
gliosi, così incredibilmente più preziosi ed essenziali
di qualsiasi possedimento materiale?
Davanti al monsone del lago Tonle Sap o ai tanti di-
sastri ambientali, ma anche politici, economici, emo-
tivi, che ci capita di affrontare nella nostra vita, riflet-
tiamo su queste parole dell’inimitabile Leo:
“Come nella tragedia greca, quando di fronte all’o-
racolo che le dice: «Medea, che resta? Tutto è finito,
tutto è distrutto». Medea risponde: «Che resta? Re-
sto io!»”. Restiamo noi!!!
E in fondo è tutto ciò che conta davvero.

A questo punto, diamo un’occhiata al prossimo ca-


pitoletto e all’esperienza, all’esempio e alla creatività
di un’altra Medea contemporanea...

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48
Vivere senza soldi

Non ce la potrei mai fare. Ti rendi conto? È pazze-


sco! E poi di sicuro c’è qualcosa sotto.
È impossibile che una persona viva così, son sicuro
che…

Spesso sono questi i commenti, i pensieri, le critiche,


le maldicenze che suscita una persona e una storia
come quella di Heidemarie Schwermer, una signora
sulla settantina, che da oltre 15 anni ha lasciato
tutto, lavoro, casa, mobili e molto altro, per speri-
mentare una vita senza denaro, basata sulla condivi-
sione, sulla reciprocità, sull’ospitalità.
Se queste poche righe vi incuriosiscono, nei link in
fondo alla pagina troverete il modo di conoscere nel
dettaglio la vita di Heidemarie. Il suo messaggio non
è: “Fate tutti come me!”, ma semplicemente un in-
vito a relativizzare i dogmi legati alla società del con-
sumo, all’importanza del denaro, al fidarsi e al non
fidarsi. Quindi non si tratta tanto di fare come lei o
meno, si tratta solo di riflettere, di capire, di aprirsi a
un nuovo modo di vedere le cose.
La signora Schwermer è fondatrice della Gib und
nimm, letteralmente “dai e prendi”, la prima cen-
trale dello scambio fondata in Germania.
Un luogo dove ognuno offre qualcosa e dove può
prendere qualcosa seguendo le regole dello scambio
e del baratto, ma anche del dono, grazie alle quali si
promuove, tra le altre cose, l’incontro fra le persone.

108
Certo, esistono anche in Italia molte occasioni di ba-
ratto e di scambio, ma questa centrale inizia a re-
alizzare sul piano pratico un’idea, grazie a un cen-
tro vero e proprio, fisico, localizzabile. Una sorta di
magico emporio, di negozio-di-ogni-cosa, di centro
commerciale senza il commercio!
Un luogo dove poter trovare tutto ciò che ci occorre
nella nostra vita quotidiana (abiti, cibo, prodotti per
le varie pulizie, trasporti e mezzi di trasporto, servizi
culturali e per la persona, insomma: tutto!) senza bi-
sogno di acquistarlo, ma semplicemente scambian-
dolo, condividendolo, donandolo.
Fra tre capitoletti parleremo di swapping, per darvi
un ulteriore spunto in questa direzione e per com-
prendere che non è un sogno irrealizzabile, basta
solo… organizzarsi!

Vedere, conoscere, capire, ispirarsi su


• www.youtube.com/watch?v=L1pb2QEJTrM
Video intervista a Heidemarie nella redazione di Terra Nuova.
• www.aamterranuova.it/Ambiente-e-decrescita-felice/Un-
libro-per-la-PACE
Una sua intervista scritta.
• livingwithoutmoney.org/?lang=it
Per vedere il bellissimo docu-film che parla della storia di Heide-
marie Schwermer.
Da leggere

• Heidemarie Schwermer, Vivere senza soldi, Terra Nuova Edi-


zioni.

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49
Mangio, baratto e splendo!

A Firenze: «Allora, qui ci sono delle melanzane bio-


logiche sotto olio e dei cestini vegetali tradizionali,
fatti a mano dalla mia nonna». «Bene, accomoda-
tevi, siete in due ma pagherete solo per uno!».
In Oregon, a Eugene: «Dunque, vorrei uno dei vostri
deliziosi waffles, sono troppo buoni! A dir la verità,
che ne direste se facessimo una specie di abbona-
mento: i vostri waffles per le mie consulenze legali.
Sapete, sono un avvocato goloso!». «Finalmente!
Benvenuto avvocato, affare fatto!».
A Mestre: «Certo, che nome avete scelto per il vo-
stro bar: Il BarAtto!. Ma davvero se vi porto questo
libro di Philippe Delerm, La prima sorsata di birra e
altri piccoli piaceri della vita (giusto per rimanere in
tema!), mi offrite la cioccolata calda?. Ma certo, al-
trimenti che BarAtto saremmo?».

Non siamo matti, ormai lo avrete capito. Queste


scenette accadono realmente. Compro, baratto e
vendo? Meglio: mangio, baratto e splendo! Splendo
di felicità, perché qualcosa si sta muovendo in que-
sto mondo dove l’economia sta cambiando. Certo,
il baratto non è una soluzione nuova, ma un se-
gno di una nuova disponibilità a ripensare il peso
del denaro, del profitto sopra tutto e tutti. Allora è

110
possibile andare a cena fuori a Firenze, a far cola-
zione a Mestre o concedersi delle dolci ghiottonerie
a Eugene, senza bisogno del portafoglio, portando
invece qualcosa di interessante da barattare. Prima
di tutto la nostra voglia di felicità!
Inoltre, in ognuno di questi posti si svolgono molte
iniziative che, prendendo spunto dal barattare,
aprono al confronto sulle relazioni, sul dono, sulla
condivisione.

Vedere, conoscere, capire, ispirarsi su

• it.finance.yahoo.com/notizie/le-maiala-firenze-osteria-dove-
si-paga-con-il-baratto.html
Un articolo sull’osteria a baratto L’è maiala a Firenze.
• www.yesmagazine.org/happiness/how-to-share-a-waffle
Per i golosoni d’oltre oceano.
• www.mercatopoli.it/index.php?id=380
Per quelli di casa nostra!
• www.bioars.it/PuntoBaratto/tabid/156/language/it-IT/Default.
aspx
La pagina dell’associazione Bioars dedicata al baratto, attraverso
cui poter dar vita a pratiche di economia solidale partecipata.

Da leggere

• Philippe Delerm, La prima sorsata di birra e altri piccoli piaceri
della vita, Frassinelli.

111
50
La rivoluzione in bicicletta

Oltre una velocità critica, nessuno può risparmiare


tempo senza costringere altri a perderlo. Colui che
pretende un posto su un veicolo più rapido sostiene
di fatto che il proprio tempo vale più di quello del
passeggero di un veicolo più lento.
Oltre una certa velocità, questi passeggeri diventano
consumatori del tempo altrui.

Siete depressi perché non potete permettervi un’auto


di lusso, un’auto da corsa, un Suv?
Guardate il bicchiere da un’altra angolazione e lo
troverete mezzo pieno, se attraverso il suo vetro ve-
drete la vostra bicicletta! E non solo la vostra, ma an-
che tutte quelle che stanno segnando le strade della
bicycle revolution, una rivoluzione che non riguarda
solo le modalità di trasporto delle persone, ma an-
che il loro modo di vivere la vita.
Un modo più in linea con i ritmi dell’essere umano,
un modo più conviviale, un modo più felice. Esplo-
rate i link qui sotto per entrare nel mondo dei bike
train, del bike sharing, dei bike taxi, delle critical
mass, scoprirete che la vostra sottovalutata bicicletta
nasconde possibilità lavorative, sociali, relazionali,
capaci di rendere la vostra vita più felice!

112
Vedere, conoscere, capire, ispirarsi su

• www.yesmagazine.org/planet/how-to-build-a-bike-train
Un articolo su come realizzare un bike train.
• www.youtube.com/watch?v=eW3sAaGs6Gc
Un video per creare da voi un bike train nella vostra città, a
scuola, in salute e in sicurezza.
• www.youtube.com/watch?v=JTgaddjJON0&feature=related
Per aprire un bar o un pub a pedali: divertimento in movimento.
• www.youtube.com/watch?v=ymDzzJt1XzM&feature=related
Come realizzare una conference bike, per pedalare visitando una
città, conversando con gli amici o con dei perfetti sconosciuti.
• www.youtube.com/watch?v=EQz1Y6yvfug
Per metter su un servizio di consegne su due ruote.
• www.youtube.com/watch?v=P7uJ5njsaU0&feature=related
Informazioni su come fare un bici taxi.
• www.youtube.com/watch?v=iaAxA0HcqFM
Un video di pochi secondi per vedere le bici del futuro.
• www.youtube.com/watch?v=1DgBEF9zbvc&feature=related
Per fare tutti come i danesi!
• www.greenews.info/progetti/da-torino-parte-vento-la-pista-
ciclabile-piu-lunga-ditalia-20120903
Le esperienze di Torino e Milano.
bicycletv.it/videos/live-bicycle-la-bicicletta-come-stile-di-vita
Critical mass, a Roma e in tutto il mondo!

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51
Una famiglia a impatto zero

Forse possiamo prendere le distanze da qualsiasi


cosa si butti via.

Forse il cuore dell’esperienza di Colin Beavan è tutto


qui. Ma cosa vuol dire buttare via? Via dove?
La Terra è una sola e, a meno di non spedire in orbita
le discariche (non molto economico, eh?), “buttare
via” è un concetto irreale.
Ogni nostro gesto, azione, consumo quotidiano ha
un impatto e un peso ben preciso sul Pianeta e il
peso è diventato insostenibile. Colin Beavan è il No
impact man. Insieme alla sua famiglia, nel cuore della
bestia, a New York, per un anno ha cercato di vivere
a impatto zero. Niente macchina, niente taxi, niente
aereo, nessuna immondizia, nessuna emissione di
anidride carbonica, niente televisione, plastica, cibo
impacchettato, il tutto vivendo al nono piano di un
grattacielo newyorchese!
Sui risultati, sui successi e sulle difficoltà di questo
esperimento, sulle sue implicazioni ecologiche, po-
trete riflettere esplorando il link che vi indichiamo di
seguito.
Quello che ci preme evidenziare adesso è che questa
famiglia, pur vivendo in condizioni che molti di noi
considererebbero disastrose, ha trovato la felicità.

114
Una felicità fondata sull’essere e non sull’avere, sulle
relazioni con altre persone e non con televisioni,
computer, robot; la felicità di poter vivere a un ritmo
più naturale e umano.
Sono riusciti a sperimentarla non in una capannetta
di legno in mezzo al bosco, ma nella più famosa
delle metropoli. Lo hanno fatto per un intero anno,
per provare a se stessi e agli altri che è possibile vi-
vere in un altro modo, vivere meglio, per offrire a noi
tutti una strada di riflessione e di pratica.
Noi crediamo che ne sia valsa davvero la pena.

Vedere, conoscere, capire, ispirarsi su


• noimpactproject.org/experiment
Il progetto educativo per singoli, famiglie, studenti derivato dall’e-
sperienza di Colin Beavan.

Da leggere

• Colin Beavan, Laura Gabbert, Justin Schein, No impact man


(con Dvd), Mt0 - Macroticonzero.

115
52
Evviva lo scambio

«Aspetta, parla più forte che c’è poco campo».


«No, non era un party».
«No, non era un negozio».
«No, certo che non era una fiera parrocchiale!».
«Era Score!, il più famoso pop-up swap! Che ci posso fare
se si chiama così, dopo tutto sono a New York, o no?».
«Certo che te lo spiego: allora, immagina un party con
musica fighissima, dj super, un casino di gente…».
«Ok, e poi immagina un sacco di stand, banchi, an-
goli con cartelli che ti indicano dove trovare borsette,
scarpe, gonne, maglioni, libri, vinili… e ti incoraggiano
a portare via tutto quello che vuoi, gratis!».
«Naturale, anch’io avevo portato la mia roba, sai che
mi stavo trasferendo e di roba da dar via ne avevo una
borsata… e ho pagato una specie di biglietto».
«No, non caro, pochissimo, una piccolezza».
«Davvero, ti giuro, un posto incredibile, quando vieni a
trovarmi vedrai!».

Visto? Quello che sognavamo nel capitolo “Mangio,


baratto, splendo”, un super emporio gratis, non è poi
tanto lontano dal poter essere realizzato. Lo swap-
ping, lo scambio (forma più libera e modaiola per fare
qualcosa di simile al baratto), è in voga anche in Italia.
Quello di Score! però è un pop-up swap, un evento
che viene organizzato una tantum, che attrae migliaia
di partecipanti. Ognuno porta cose che vuole donare,
scambiare, lasciare a qualcun altro; paga un ingresso
simbolico e si porta a casa quello che vuole. Il tutto

116
condito da musica, performance artistiche e tanta,
tanta socializzazione. Normalmente, in occasione di
questi eventi, gli oggetti avanzati e gli introiti vengono
donati ad associazioni caritatevoli. Certo, Score! è più
focalizzato su abiti e affini, ma il passo verso un magico
emporio non è poi così lontano.
Molto, molto più in piccolo, ma con un’atmosfera al-
trettanto fantastica, la swap-boutique per bambini di
Findhorn, un negozio nel nord della fredda Scozia,
dove non c’è nessun addetto e dove la porta è sempre
aperta. Lì, si sperimenta un nuovo modo di vedere le
persone e il mondo, in un gesto estremo di fiducia nel
prossimo. In questo negozio-non negozio è possibile
entrare liberamente e lasciare nello scaffale le scarpette
che non stanno più al tuo piccino, per prenderne un
paio più grande, insieme a quel buffissimo cappello di
lana rossa… In questo modo, nessun abito per l’infan-
zia viene buttato, tutto passa di mano in mano, in un
ciclo di colori e condivisione in una boutique in mezzo
a una foresta incantata.
Vedere, conoscere, capire, ispirarsi su

• www.yesmagazine.org/new-economy/score-pop-up-swap
Un video dedicato allo swap sul sito del magazine Yes!.
• www.heyscoreswap.com
Per conoscere Score!.
• www.infiltrato.it/lifestyle/moda-tendenze/moda-eco-chic-i-
love-swapping
Per una panoramica sullo swapping in Italia.
Da leggere
• Marina Martorana, I love shopping, Avallardi.

117
53
Solo per il piacere di farlo

«You won’t make money, but you will make


friends!»: non farai soldi, ma farai un sacco di nuove
amicizie!
Vogliamo misurare cosa vale di più?

Ha abbandonato la sua professione nel mondo del


biologico, venduto la sua casa e deciso di “essere il
cambiamento che vuole vedere avvenire nel mondo”,
per usare quella citazione di Gandhi a cui frequente-
mente fa riferimento.
Come? Trasferendosi per due anni in una roulotte,
eliminando completamente il denaro e vivendo più
felicemente, pubblicando un libro, con editori che si
sono prestati a farlo gratuitamente e senza copyright,
e un film, sempre realizzato gratuitamente da alcuni
filmaker. Ma soprattutto, creando una rete virtuale e
reale di scambi gratuiti, la Freeconomy community,
che oggi conta più di 40.000 iscritti, in 168 paesi,
che si scambiano oltre 500.000 competenze, oltre
100.000 attrezzature e condividono oltre 600 spazi.
Secondo le parole dell’ideatore «si tratta semplice-
mente di aiutarsi l’un l’altro, senza profitto e solo
per il piacere di farlo: just for the love of it».
Lui si chiama Mark Boyle, ed è noto come il No mo-
ney man. Il suo modo di vivere e la sua freeconomy,

118
economia libera, rappresentano due modelli e due
possibilità di cambiamento da studiare, imitare, di-
vulgare.
Anche in Italia non mancano esperienze di questo
tipo. Nel centro di Bolzano c’è Passamano, un ne-
gozio sui generis, dove è possibile prendere quello
che serve senza pagare nulla. Iniziativa analoga è la
Bottega del nulla, negozio virtuale promosso dalla
Mag 6 di Reggio Emilia.

Vedere, conoscere, capire, ispirarsi su


• www.comune.bolzano.it/ambiente_context02.jsp?ID_LINK=
3686&page=3&area=68
La scheda di presentazione del negozio Passamano di Bolzano.
• www.mag6.it
Per conoscere come funziona La bottega del nulla.
• www.justfortheloveofit.org/home
Il sito della freeconomy.
• www.greenme.it/approfondire/buone-pratiche-a-case-history/
2612-freeconomy-community-mark-boyle-vivere-qal-verdeq-
si-puo
Un resoconto in italiano dell’esperienza di Mark Boyle.
• umsonstladen.lnxnt.org/innsbruck/italiano/index.php?page=start
Il primo negozio gratis è nato a Innsbruck!

119
54
La banca delle risorse

Allora: lui, che fino a quel momento conoscevo solo


di vista, mi chiede un paio di sedie da giardino per-
ché aveva una cena in corso e mancavano dei posti a
sedere. Ovviamente gli ho prestato le sedie.
Poi, l’altra settimana dovevo salire sul mio tetto per
pulire le grondaie e non ci arrivavo, così mi sono sen-
tito più libero nel chiedergli la sua scala estensibile, e
abbiamo iniziato a conoscerci meglio.
Ieri stavamo passeggiando insieme quando abbiamo
visto il signore che ha la casa dietro l’isolato, che
usava un tagliasiepi che sarebbe servito anche a noi.
Ed è lì che abbiamo avuto l’idea!

L’idea è la street bank, che qualcuno ha tradotto in


“banca delle risorse”, nata con l’obiettivo di mettere
in contatto le persone che possiedono attrezzature
varie, dal decespugliatore al trapano, dalla moto-
sega al compressore, dall’idropulitrice ai tavoli di le-
gno da giardino, con quelli che vorrebbero poterle
usare senza doverne acquistare di proprie.
Cosa succede? Succede che si risparmiano tonnellate
di materiali, imballaggi, risorse naturali, che le per-
sone non devono indebitarsi fino al collo per acqui-
stare attrezzi costosi, che poi utilizzano solo poche
volte, e che a una mentalità individualista e consu-

120
mista ne subentra una più cooperativa e conviviale.
Un sito dedicato al censire le varie risorse, a far co-
noscere, inizialmente in modo virtuale, i vari parteci-
panti, a facilitare l’incontro fra chi presta e chi riceve,
insomma a far funzionare la street bank, è tutto ciò
che occorre, insieme alla voglia di realizzarla.
Nella street bank, oltre alle risorse materiali, trovano
posto anche i vari know-how, ovvero le risorse im-
materiali da condividere, come le esperienze di chi
sa fare, fa e può insegnartelo o farlo insieme a te!
Finalmente una banca della quale non vergognarsi!

Vedere, conoscere, capire, ispirarsi su

• goo.gl/zCrSR
Il sito aggiornato, in inglese, dove è possibile scambiare con più
di 18 mila persone, oltre 21 mila cose e 11 mila abilità.

121
55
Le grand don

Proprio lì, in piazza, sì. Ti dico che c’erano centinaia di


persone. E sì, ognuna ha ricevuto qualcosa in dono.
Nooo, senza pagare niente, non c’era nessuno che
vendesse, tutti regalavano, donavano qualcosa solo
per il piacere di farlo. Per il piacere di incontrare
un’altra persona e fargli un regalo perché… se lo
merita! Ma davvero ti sembra così strano?

In effetti Le grand don può sembrare strano. Può


sembrarci strano che nella nostra città, spesso so-
spettosa e poco aperta, ci sia un evento come que-
sto, dove le persone ricevono dei doni senza dover
far niente per ricambiare, forse solo un sorriso. Ci
sembra strano perché da cittadini adulti non ci sen-
tiamo degni di ricevere gesti gentili, disinteressati,
gratuiti. Ma non siamo forse tutti parte dell’unica
immensa famiglia umana?
Le grand don nasce a Parigi nel 2003 e si diffonde
presto nel resto d’Europa, perché forse abbiamo
davvero bisogno di un’economia del dono, e iniziare
ad accettare regali dagli sconosciuti può essere un
primo passo per realizzarla.
Organizzatene uno anche nella vostra città e non
dimenticatevi di regalare anche doni immateriali,
piccoli spicchi della vostra persona, della vostra crea-
tività, delle vostre storie e passioni. In questo caso, lo
spirito che animerà il vostro “grand don” sarà legato

122
alla felicità che proviamo nel condividere una parte
preziosa di noi stessi.
Il dono allora non sarà costituito solo da merci e og-
getti, il dono sarà anche rivolto alla gioiosa espres-
sione di sé.
Se mi esprimo attraverso la pittura, potrò donare
i miei dipinti; se sono appassionato di passeggiate
in campagna e di erbe selvatiche, potrò donare dei
mazzetti appena colti; se amo la poesia, il mio dono
potrà essere declamare la poesia più adatta a chi si
fermerà al mio banchetto; se amo cucinare dolci,
potrò donare i miei biscotti preferiti ancora caldi; se
amo uscire in barca posso donare un invito scritto a
chiunque faccia piacere, per un’uscita successiva alla
festa. Le possibilità sono infinite.
La ricchezza che possiamo portare all’interno di una
comunità sarà difficilmente misurabile in termini
economici, ma non per questo sarà meno preziosa.
Pensiamo che oggi, in una società mercificata,
schiava degli scambi economici, del lucro ad ogni
costo, riappropriarsi del nostro immenso valore e
della gioia di condividerlo con gli altri sia un’ottima
occasione per fare festa!

Vedere, conoscere, capire, ispirarsi su

• it.wikipedia.org/wiki/Le_Grand_Don
Pagina wikipedia nella quale viene spiegato cosa è Le grand don.

123
56
In sintonia e a offerta libera

Non credevo che fosse possibile. Stavo per partecipare


a un corso di specializzazione in psicologia sociale con
uno dei più affermati professionisti europei, e fino a
stamani pensavo di non poterlo frequentare per il co-
sto, che temevo proibitivo.
E invece mi dicono: «guarda che in questo centro di
formazione usiamo il metodo del by attunement; la
quota che hai visto pubblicata sui manifesti è solo indi-
cativa, non ti preoccupare».
E così, scopro che il senso dell’espressione inglese è che
ognuno stabilisce quanto e come pagare insieme al do-
cente, in base alla propria storia personale, alle proprie
motivazioni, all’uso che farà in seguito del corso, alle
proprie disponibilità economiche.
Insomma, in base a molto, molto di più che un semplice
valore di mercato. E la cosa incredibile è che nessuno si
approfitta di questo approccio e nessuno protesta se,
per lo stesso corso, io pago 10, tu paghi 50 e lei non
paga niente! E adesso mi sembra così naturale.

By attunement, che potremmo tradurre con “in sin-


tonia”, e by donation, che potremmo tradurre con “a
offerta libera”, sono comunemente applicati da anni in
molti paesi anglosassoni.
L’idea è che ogni individuo abbia una diversa storia
personale e che questa possa influire e modificare il
prezzo, che è giusto pagare per una prestazione di beni

124
o servizi. Dal corso di formazione alla seduta di yoga,
dal massaggio fisioterapico alla visita oculistica, dal cu-
rarsi una carie ad acquistare una scultura! Se vediamo
l’essere umano come degno di fiducia, in buona fede,
il risultato sarà giusto, equo, conveniente per tutte e
due, per chi vende e per chi acquista. Non solo, con il
by attunement andiamo oltre il mero aspetto econo-
mico, abbiamo infatti un incontro fra due persone, non
più venditore e acquirente, ma due esseri umani che si
confrontano, si conoscono, si raccontano.
Il by donation forse è meno conosciuto. Molti di noi
magari lo hanno già sperimentato, ma è importante
sottolineare che ricorrervi in maniera continuata e ripe-
tuta nel tempo, nelle varie occasioni, dà modo alle per-
sone di entrare in una dimensione economica diversa
da quella dominata e spesso strangolata dai mercati: la
dimensione dell’economia del dono, o gift economy,
come è chiamata oltre confine. Sì, perché io posso pa-
gare 10 sapendo che c’è chi non potrà pagare più di 5
e chi non potrà pagare affatto. Il dono supera, sostitu-
isce il prezzo e… funziona! Nessuno resta penalizzato,
se ci considerano persone e non consumatori “allevati
in batteria”.

Vedere, conoscere, capire, ispirarsi su

• content.yudu.com/Library/A1xxgc/FindhornFoundationBr/re-
sources/14.htm
Giusto a titolo di esempio, ecco una pagina dei corsi dell’ecovil-
laggio di Findhorn, in Scozia, dove i due metodi sono da molto
tempo adottati.

125
57
Xariseto
Una risposta greca alla crisi

Non sei povero quando non hai soldi, ma quando


non hai più nulla da offrire, quando perdi la tua di-
gnità di essere umano. E io sento che ho tanto da
dare e da ricevere.
«Xariseto»: ho dato. «Eyharisties»: grazie, ho rice-
vuto.
Non vi sembra così semplice e naturale? Euro sì, euro
no, tornerà la dracma? Ma chi se ne frega! È l’es-
sere umano che deve tornare. Le banche, i politici,
gli speculatori se ne vadano tutti a…

La crisi in Grecia sta smuovendo tante cose: vengono


a galla inedite riserve creative, in molti decidono di
rimettersi in piedi senza attendere il nulla osta delle
agenzie di rating. La Grecia è in movimento. In tutto
il Paese sono ormai più di una trentina i circuiti di
economia locale, piccoli isolotti di fortuna nel gran
mare putrido della globalizzazione.
Questi network stanno sfruttando un vuoto legisla-
tivo e d’altronde non si può obbligare la gente a uti-
lizzare euro, se di euro in Grecia ce ne sono sempre
meno.
Attualmente, il circuito di maggior successo si
chiama appunto Xariseto (“ho dato”). Ha più di 36

126
mila iscritti e un negozio nel centro di Salonicco dove
in un anno sono passate di mano oltre 300 tonnel-
late di vestiti.
Dal vivo o online, tramite Xariseto migliaia di greci
si donano e si scambiano di tutto: vestiti, computer,
complementi d’arredo, consigli legali e molto altro.
A differenza di altri network, il circuito che fa base
a Salonicco non ha una moneta ad hoc, ma riesce
comunque a tenere i conti del dare e dell’avere:
quando inserisci nel circuito qualcosa clicchi sul tuo
account Xariseto, che vuol dire appunto “ho dato”.
Una volta ricevuto quello che volevi, clicchi “eyhari-
sties” sull’account di chi te l’ha donato, il che vuol
dire semplicemente “grazie”.
Essere in credito di 1, 10, 100 “grazie”: dalla crisi
nera, ecco che nascono i miracoli!

Vedere, conoscere, capire, ispirarsi su

• www.xariseto.gr
Il sito è proprio in greco! Ma per lasciarsi suggestionare dal video
di presentazione, le parole non servono.

127
58
Cooking co-ops
Cucinare a turno

Il sogno di ogni donna che lavora! Cara mia, ab-


biamo trovato l’uovo di Colombo e ora… ce lo cuci-
niamo! Allora, ti spiego, è molto semplice: siamo in
cinque colleghe, giusto? Ognuna di noi cucina una
buona cenetta per sé, per le altre quattro e relativi
maritini e affini.
Cucinando una sola volta alla settimana ci siamo
risolte l’assillo del pensare, organizzare, preparare
cene tutte le sere. Ci pensi cara?
Possiamo cucinare soltanto una volta la settimana,
scambiarci quel che abbiamo cucinato e mangiar
bene tutte le sere, che sogno! Pensa a quanto tempo
libero in più, a quante rincorse in meno per far la
spesa all’uscita dal lavoro, a quante pulizie in meno
in cucina, pentole e padelle da lavare, pensa anche
al risparmio economico.
No, non l’ho inventato io, sono decenni che fun-
ziona negli Stati Uniti. Oh yeah!

I cooking co-ops sono gruppi di persone, amici, col-


leghi di lavoro, vicini che hanno deciso di cucinare
a turno per il resto dei membri, liberando le donne
lavoratrici-casalinghe, ma anche i single lavoratori-
casalinghi e chiunque altro, dall’impegno di dover

128
organizzare pranzi e cene ogni giorno.
Semplicemente incontrandosi (chi una volta la setti-
mana, chi una ogni quindici giorni, chi più spesso) e
scambiandosi le pietanze, usando di solito conteni-
tori riutilizzabili.
Queste iniziative non risolvono solo l’assillo pratico
del dover cucinare senza averne tempo o voglia, ma
alimentano anche una possibilità in più di socializ-
zazione con altre persone, famiglie e spesso culture
straniere.
In questo modo ci si allena a sperimentare il nuovo
paradigma: quello della condivisione!

Vedere, conoscere, capire, ispirarsi su

• www.southernliving.com/food/whats-for-supper/supper-swap-
00400000009506
Un articolo sullo scambio di cibo.
• www.nytimes.com/2010/06/23/dining/23coop.html? page-
wanted =all&_r=0
Un altro articolo sullo scambio di cibo a firma del New York
Times.

129
59
Reti di economia locale e solidale

Inutile prendersi in giro, abitiamo in un Paese dimen-


ticato: dai politici, dalle industrie, dall’economia, dal
denaro. Non circola un euro, i negozi son quasi tutti
chiusi, le prospettive… tragiche.
Eppure siamo donne e uomini volenterosi, posse-
diamo conoscenze, mestieri, saperi. Ci sarebbero un
sacco di possibilità per mantenere viva la nostra co-
munità, ci mancano solo i soldi.

Paesi, cittadine, comunità di persone relegate ai


margini da qualche crisi economica, chiusura di in-
dustrie, competizione globalizzata? Di sicuro vi ver-
ranno in mente molti nomi…
È stato in situazioni analoghe che, oltre trent’anni
fa, nei paesi anglossassoni sono nati i Lets (Local
exchange trade system: reti di scambio non moneta-
rio locale), gruppi di cittadini che organizzano scambi
di servizi (io dipingo la casa per Mario, Mario ripara le
scarpe di Lina, Lina cura il mio giardino) e di beni (io
porto una cassa di pomodori al ristorante di Pietro,
Pietro offre una cena a Francesca, Francesca mi porta
un maglione di lana fatto da lei) senza che avvenga
fra loro un passaggio di moneta, soltanto tenendo
una contabilità di debiti e crediti in termini di tempo
dedicato, che viene accumulato dai partecipanti.

130
Al limite, può avvenire un passaggio di monete lo-
cali, valide solo all’interno di queste reti, come nel
caso degli olivers del Lets di Bath, in Inghilterra. In-
somma, una sorta di banca del tempo che non si
limita però solo al tempo, ma che allarga all’intera
vita comunitaria l’idea dello scambio non monetario.
Una risorsa preziosissima in questi tempi di crisi,
una possibilità di vita felice per interi Paesi, un’occa-
sione per riscoprire il tempo, i saperi, gli individui, e
per continuare a far vivere comunità di persone che
hanno l’unica sfortuna di non vedere circolare il vil
denaro.
Iniziative analoghe attive in diverse città italiane sono
i Des, i distretti di economia solidale, legati a livello
nazionale alla Rete di economia solidale, nata per
realizzare un’economia “altra”, a partire dalle mille
esperienze di economia solidale attive in Italia.

Vedere, conoscere, capire, ispirarsi su

• www.aamterranuova.it/Consumo-critico/Fare-a-meno-del-
denaro-Con-la-REL-si-puo
Un esempio di rete di economia locale italiana.
• www.retecosol.org
Il sito della rete italiana di economia solidale.
• cogitoergo.it/?p=812
Qualche informazione sulle monete complementari locali.
• www.bathlets.org.uk/index.htm
Un approfondimento sugli olivers inglesi.

131
60
Chez-moi
Ristoranti a girare

Le candele rendevano il piccolo salotto un nido ro-


mantico. I piatti, i bicchieri, le posate, i tovaglioli, le
sedie erano tutti diversi gli uni dagli altri, colorati,
riciclati, allegri.
Diego e Zoe, i padroni di casa, hanno preso un ape-
ritivo buonissimo con noi, ci siamo conosciuti, ab-
biamo scambiato qualche idea, poi ci hanno lasciato
alla nostra intimità e a una cena davvero unica.

Pensate a un tavolo apparecchiato in casa vostra, nel


vostro salotto, nella vostra sala, terrazza, cucina.
Pensate a un menù composto dalle vostre ricette
preferite, dalle preparazioni che vi riescono meglio.
Pensate a un’atmosfera accogliente, intima, positiva.
Pensate di offrire tutto ciò a due sconosciuti che, alla
fine della serata, vi lasceranno un bigliettino di carta
per dare anche a voi la possibilità di cenare in un
altro ristorante unico come il vostro, senza spendere
un euro.
Avere l’opportunità di cenare fuori, addirittura in un
modo esclusivo e di qualità, senza spendere niente,
ai tempi della crisi... basterebbe impegnarsi a ospi-
tare ed essere ospitati all’interno di questa rete di
ristoranti a girare.

132
Con i soli costi delle materie prime avremmo la pos-
sibilità di usufruire di cene fantastiche, di ambienti
sempre diversi e originali, di conoscere nuove per-
sone, nuovi amici.
Serve solo una contabilità semplice, sullo stile dei
Lets, delle banche del tempo o di altre iniziative di
scambio e baratto, e la volontà di, è proprio il caso
di dirlo, uscire di casa!
Ci siamo riusciti con il couch surfing, con i B&B&B,
con l’home exchange, con le dinner co-ops... perché
non provare con i ristoranti chez-moi?

Vedere, conoscere, capire, ispirarsi su


Attualmente non ci sono link da segnalare, ma attendiamo fidu-
ciosi che ci raccontiate i vostri esperimenti di scambio.

133
61
Information guerrilla

È inutile, ti citano il parere di qualche opinionista


prezzolato, ti riportano l’ultimo articolo dello pseudo-
quotidiano, ti dicono che l’hanno detto in Tv.
Sembra che quello che penso io sia solo frutto di
fantasie romantiche e utopiche.

No, non sono fantasie. I 100 e più modi per essere


felici riportati in questo libricino sono sostenuti da
esperienze e fonti molto, molto più scientifiche di
quanto il vostro interlocutore medio possa immagi-
nare.
Ma di fronte a un incessante attacco mediatico,
davanti a giornali, televisioni, radio, commentatori
e finti esperti, che non fanno altro che tentare di
sostenere l’insostenibile e avallare l’assurdità dell’at-
tuale modello di sviluppo, dobbiamo difenderci!
Information guerrilla è un simbolo per un movi-
mento di controinformazione che resiste, cresce, in-
forma davvero, alimenta lo sdegno dei cittadini, ma
anche la loro fiducia.
Tuttavia, non pensiamo sia utile mettersi anche noi
nel pollaio degli opinionisti da bar e giocare a chi ha
ragione, crediamo che ricercare un’informazione al-
tra, corretta e trasparente, sia d’aiuto principalmente
per noi stessi. Per nutrire la nostra speranza, diciamo

134
anche da un punto di vista accademico.
Attenzione però a non cadere nei tranelli che anche
la marea montante della controinformazione può ti-
rare, primo fra tutti quello rappresentato dalle teorie
complottiste, che vedono dietro a ogni avvenimento
un complotto internazionale ordito dai poteri oc-
culti.
Insomma, non fermatevi alle apparenze, informarsi è
un mestiere impegnativo. Alcuni dei link, dei libri, dei
riferimenti che vi proponiamo in queste pagine, si ri-
fanno a esperienze, personaggi e realtà riconosciute
a livello internazionale.
Già questi sono esempi di controinformazione: let-
ture, visioni, approfondimenti, che possono davvero
rafforzare le vostre convinzioni, il vostro sentire,
la vostra consapevolezza di non essere “fuori dal
mondo reale”, anzi...

Vedere, conoscere, capire, ispirarsi su

• www.ariannaeditrice.it
In particolare, consultate la loro rassegna stampa.
• www.comedonchisciotte.org
Uno stimolante sito di controinformazione.
• www.beppegrillo.it
Sito utile da conoscere, senza però prendere le informazioni in
esso contenute per oro colato.

135
62
Io mi informo per…

Mi dite che sono chiusa, che non parlo mai con


voi, che siete preoccupati, che vi piacerebbe capire
qualcosa del mio mondo. Poi se mi faccio coraggio
e inizio a confrontarmi con voi, inevitabilmente mi
scontro con i vostri assiomi invalicabili, con le vostre
verità rivelate, con i vostri tabù: «Questa cosa è così,
punto e basta, non parliamone più!».
E allora bravi, non parliamone più, tanto non sono
la sola a vedere la realtà da un’altra prospettiva e i
vostri tabù non mi fermeranno.

Dispiace, ma troppo spesso, invece di una disponibi-


lità al confronto, alla reciproca informazione e cre-
scita, ci troviamo davanti le muraglie di troppi tabù
ideologici. E allora verrebbe da rinchiudersi nell’in-
comunicabilità.
Fortunatamente, possiamo smontare queste mu-
raglie, pezzo dopo pezzo, utilizzando l’unico stru-
mento possibile: la nostra intelligenza di esseri umani
del ventunesimo secolo. Oggi, grazie ai molteplici
canali di informazione alternativi a cui possiamo
accedere, possiamo vedere tanti mostri sacri nella
loro nudità: la medicina, la religione, l’economia, la
scuola, la politica…
Eccovi allora una serie di libri che, siete avvisati, vi

136
scioccheranno! Ma dopo lo shock e l’inevitabile indi-
gnazione, tirerete una boccata di aria pulita, fresca,
e sperimenterete un ritrovato sapore di libertà e leg-
gerezza, e un’euforica ed esaltante voglia di vivere!

Da leggere

• Peter Duesberg, Aids il virus inventato, Dalai editore.


Sulle menzogne della medicina ufficiale.
• Piergiorgio Odifreddi, Perché non possiamo essere cristiani (e
meno che mai cattolici), Longanesi.
Sulle menzogne della religione.
• Paolo Barnard, Il più grande crimine. Gratuitamente consulta-
bile su internet in formato pdf.
Sui crimini dell’economia.
• Ivan Illich, Descolarizzare la società. Una società senza scuola è
possibile, Mimesis.
Sulla dannosità della scuola.
• Massimo Fini, Sudditi. Manifesto contro la democrazia, Marsilio.
Sulla falsità della democrazia.
• James Lovelock, La rivolta di Gaia, Rizzoli.
Sull’isolamento degli ambientalisti pro nucleare.

137
63
What?
Imparare l’inglese gratuitamente

Parlare con te mi fa venire in mente quel film di Be-


nigni, Il mostro, quando davanti alla commissione
esaminatrice cinese, alla semplicissima domanda:
«come si chiama?», lui se ne esce con un clamo-
roso: «eh???!». E tu vuoi fare lo stesso con l’inglese:
«what?!».
Ma dai sto scherzando, non ti preoccupare, ci sono
un sacco di possibilità per imparare l’inglese o una
qualsiasi lingua oggi. Ti basta solo un po’ di impe-
gno.

Molti dei 100 modi per essere felici raccolti in questo


libricino sono stati pensati e ideati nei Paesi anglo-
sassoni. Così, se vi venisse voglia di andare di per-
sona a sperimentarli, impararli e viverli, parlare l’in-
glese potrebbe esservi utile.
L’inglese insegnato nella scuola dell’obbligo italiana
è, generally speaking, penoso.
Quel poco che avete imparato in 5, 8, 13, 18 anni
di studio (sì, perché anche molti di quelli che hanno
fatto l’università restano al “what?!”) potrà essere
facilmente migliorato per andarvene in giro, ca-
pendo, facendovi capire e potendo approfondire
quel che vorrete.

138
Come? Senza necessariamente frequentare costose
scuole di lingue. Magari consultando i link riportati
qui sotto, oppure sfruttando alcune delle seguenti
possibilità: ospitare una ragazza alla pari o uno stra-
niero, fare green volounteering o wwoofing, acco-
gliere in casa vostra couch surfer e altri viaggiatori.
So, are you ready? Siete pronti?

Vedere, conoscere, capire, ispirarsi su

• www.mindcheats.net/2011/04/come-imparare-inglese-gratis.
html
Ottimi consigli per imparare l’inglese.
• adrianleeds.com/parler-parlor
Una bella possibilità all’estero.
• www.rosettastone.it
Uno strumento per imparare una lingua online a pagamento.
• www.busuu.com
Un supporto per imparare velocemente una lingua, gratis!

139
64
Tamera global campus

Grazie, grazie, grazie per avermi permesso di stu-


diare a Tamera. In due semestri ho imparato più che
in anni e anni di studi, ho conosciuto tutto un altro
mondo.
Abbiamo parlato, discusso, sperimentato come co-
struire un futuro senza guerre. A partire dalla guerra
tra i sessi, ricercando nuove forme di rapporti e rela-
zioni fra i generi, per passare alla guerra contro l’am-
biente, sperimentando i bacini di ritenzione idrica e
la permacultura, fino alla guerra fra i popoli, proget-
tando villaggi solari, pellegrinaggi di pace, modelli di
vita sostenibili, equi, condivisi.
Vedrete che non vi pentirete affatto di avermi con-
cesso di andare in Portogallo!

Che siate genitori di giovani adolescenti in cerca di


orientamento, che siate giovani adulti, meno gio-
vani, attempati con ancora voglia di imparare, che
siate interessati all’agricoltura naturale, alla coope-
razione con il Sud del mondo, alla giustizia sociale,
alle energie alternative.
Il Global campus di Tamera, ecovillaggio all’avan-
guardia nell’entroterra portoghese, è il posto che
fa per voi. Vi troverete di fronte a modelli ecologici-

140
sociali-economici anni luce avanti rispetto a tutto ciò
che vi circonda.
E anche voi, dopo aver deciso di partire, non ve ne
pentirete affatto.

Vedere, conoscere, capire, ispirarsi su


• www.tamera.org
Sito ufficiale di Tamera, in inglese, dove è possibile reperire mate-
riale informativo per iscriversi e partecipare al campus.
• www.aamterranuova.it/Ecovillaggi-e-cohousing/Tamera-eco-
villaggio-in-salsa-portoghese
Articolo sulla storia e la vita a Tamera.
• www.grace-media.org/files/global_campus_brochure_ENG_
web.pdf
Brochure, in inglese, sulle attività educative che si svolgono a Ta-
mera.

141
65
The Idler academy

Tom Hodgkinson, classe ‘68, è direttore di The Idler,


un libro-rivista semestrale ormai cult in Inghilterra,
e promotore dell’omonima The Idler Academy, un
books&coffe shop, che ospita numerosi esperti,
corsi, eventi e molto altro.
Si tratta di due realtà dove si esaltano i piaceri dell’o-
zio e si combatte l’idolatria del lavoro.

Ecco il suo manifesto:


• La religione dell’industria ha trasformato gli esseri
umani in robot del lavoro.
• Gioia e saggezza sono stati rimpiazzati da lavoro e
preoccupazione.
• Dobbiamo difendere il nostro diritto a essere pigri.
• Il lavoro ci ruba il tempo.
• Produttività e progresso hanno generato ansia e
disagio.
• La carriera è un fantasma.
• Il denaro è una costruzione mentale.
• Non c’è nulla che deve essere fatto per forza.
• Sii buono con te stesso.
• Resta a letto.
• L’inazione è la fonte della creazione.
• Arte, persone, vita.
• Pane, pancetta, birra.
• Non legarti a niente.

142
• Prima vivere, poi lavorare.
• Non sapere niente.
• Il tempo non è denaro.
• Smetti di spendere.
• Lascia il lavoro.
• Studia l’arte di vivere.
• Chi vive piano muore vecchio.
• Non fare niente.
• Possiamo crearci il paradiso.

Vi consigliamo vivamente i suoi libri poiché, riu-


scendo a leggere fra le righe della sua ironia, è pos-
sibile farsi ispirare, grazie anche ai tanti esempi e alle
molte citazioni, dal suo approccio al quotidiano, ca-
ratterizzato da libertà e vocazione alla felicità.
Non è una visione riservata a fannulloni ed emargi-
nati, è invece un modo per riformulare le nostre prio-
rità, prendere in esame tutto quello che diamo per
scontato, iniziando appunto dall’idolatria del lavoro,
fino a riconquistare sempre più spazi liberi dall’ansia.

Vedere, conoscere, capire, ispirarsi su

• idler.co.uk
Il sito, in inglese, per conoscere l’Idler-pensiero.

Da leggere
• Tom Hodgkinson, L’ozio come stile di vita, Bur.
• Tom Hodgkinson, La libertà come stile di vita, Rizzoli.

143
66
Il discorso tipico dello schiavo

Mentre fino a ieri credevo che mi avessero fatto un


piacere a darmi un lavoro, da oggi penso: «pensa
questi bastardi che mi stanno rubando l’unica vita
che ho, perché non ne avrò un’altra, ho solo questa,
e loro mi fanno andare a lavorare 6 giorni alla setti-
mana e mi lasciano un miserabile giorno… per fare
cosa?».
Come si fa in un giorno a costruire la vita?!

Avremmo potuto trascrivere integralmente il testo di


questo famoso discorso di Silvano Agosti. Ma ab-
biamo preferito indicarvi il link reperibile su YouTube,
così potrete ascoltarlo dalla sua voce.
Preparatevi: può essere scioccante, se vi lasciate la
possibilità di farlo penetrare nella vostra testa, nel
vostro cuore, nel vostro DNA.
Perché è lì che si annida il dogma del lavoro. Anche
in quelli fra noi apparentemente più “alternativi”,
più “libertari”.
La fede nel dio lavoro riemerge dalle cellule.

144
Vedere, conoscere, capire, ispirarsi su

• www.youtube.com/watch?v=xzspcVQ_pMA
Il discorso di Silvano Agosti in video.
Del geniale Silvano Agosti avremo modo di parlare meglio più
avanti. Qui vorremmo riportare almeno la sua disarmante ri-
chiesta (spedita all’Unesco e alla Nazioni Unite) di proclamare
ufficialmente l’essere umano “Patrimonio dell’umanità”. Eccola:
«Ho trascorso la mia vita attratto e affascinato dall’idea di esa-
minare la condizione umana e sono giunto alla conclusione che
l’essere umano, pur presentandosi all’origine e alla nascita come
il massimo capolavoro della natura, è di fatto ancora oggi la re-
altà più sottovalutata, più negata e più sottomessa e oppressa
da qualsiasi forma di potere e di reggenza presente sul Pianeta.
Nel corso degli anni ho maturato la convinzione che sarebbe di
straordinario valore umanitario proclamare ufficialmente l’essere
umano “Patrimonio dell’umanità”, come è giusto che sia per i
massimi capolavori dell’arte e della natura.
Chiediamo ufficialmente che tale richiesta venga presa in esame
dagli organi competenti di questa organizzazione».
Dopo quasi quattro anni dall’invio della richiesta, durante i quali
la pizza, il tango e perfino la torre pendente di Pisa hanno otte-
nuto la qualifica richiesta da Agosti per l’essere umano, Silvano ha
ricevuto soltanto una triste e stizzita lettera di rifiuto da parte del
competente ministero italiano.

145
67
Io mi informo per…

Eh! Se tutti facessimo come dici tu... le tasse chi le pa-


gherebbe? E le pensioni? E la crescita?
Si morirebbe di fame, ecco cosa succederebbe.
Dobbiamo accettare di fare dei sacrifici, lo dice anche
l’Europa.
Del resto se al governo ci fosse stato il partito che voto
io e non…

Perché c’è così tanta gente che sembra voler sostenere


una tesi, una posizione, una ragione, senza averla mi-
nimamente approfondita?
Quando dico approfondire, non penso certo a guar-
dare un Tg o a leggere un quotidiano (che poi è la
stessa identica cosa). Penso invece a un lavoro di docu-
mentazione, di ricerca, di “navigazione” virtuale. Fati-
coso? A volte sì, ma non è obbligatorio.
Almeno non fino a quando decidiamo di confrontarci
con le altre persone, altrimenti come facciamo a espri-
mere il nostro reale punto di vista?
Purtroppo, quando l’argomento sul quale confrontarsi
è l’economia, sembra che il faticoso, ma indispensa-
bile, mestiere dell’informarsi non trovi molti adepti: dal
vicino al cronista, dal ministro al conduttore, dal sinda-
calista all’attivista, tutti a ripetere le ricette propinate
dei media principali. Certo, la materia è complessa:
spread, derivati, spending review, ma il concetto chiave
è molto semplice: ci stanno distruggendo!

146
Nessuno, in Italia, ha sviscerato meglio questo piano in-
tenzionale di distruzione di massa, che si sta attuando
attraverso le varie politiche economiche, del giornali-
sta Paolo Barnard. Personaggio scomodo, come sco-
modi sono sempre stati quelli che non hanno paura di
esporre una tesi e dimostrarla (ricordate Galilei?). Non
molto educato nei modi, con le sue contraddizioni,
certo, ma con una base teorica e una conoscenza della
materia tale da poter sfidare chiunque a un onesto
confronto.
Barnard non si limita ad analizzare quello che definisce
“il più grande crimine”, propone infatti anche una pos-
sibile soluzione: l’economia per la funzione pubblica,
altrimenti conosciuta come Mmt (Modern money the-
ory), dell’economista Warren Mosler.
Ne avete mai sentito parlare? Probabilmente no, anche
se ha contribuito a portare fuori dal baratro l’Argentina.
Tanto per fare un esempio, se volete capire perché il
debito pubblico, in un paese sovrano (quale non è più
l’Italia, tenuta per il collo dagli organismi europei), non
è affatto qualcosa di negativo, o se volete capire per-
ché la cosiddetta sinistra sia più responsabile di questo
stato di cose dell’infausto Berlusconi: be’, allora andate
sul sito di Paolo Barnard e leggetelo, studiatelo, se vo-
lete sfidatelo, sempre che vogliate parlare di economia.

Vedere, conoscere, capire, ispirarsi su

• www.paolobarnard.info
Il sito web di Paolo Barnard, aggiornato con i suoi articoli.

147
68
Scuola familiare e scuole democratiche

Certo, certo, tutte cose belle: gli ecovillaggi, le co-


munità, il rispetto per il Pianeta, viaggiare per aprire
la mente, per scoprire che un altro mondo è possi-
bile, bla, bla, bla…
E i tuoi figli intanto?
Cosa fate, li portate in giro con voi? E come?
Lo sai che devono andare a scuola, lo sai che la scuola
è obbligatoria, lo sai che ti mandano i carabinieri a
casa eh?
Lo sai? Eh? Eh?

Se capitasse anche a voi una simpatica mammina,


suocera, amica, vicina di casa come quella appena
descritta (ovviamente vale anche al maschile), i casi
sono due: fingete un malore, cambiate indirizzo,
gettate il cellulare, oppure tentate di far compren-
dere che:
• la scuola non è obbligatoria, l’istruzione sì;
• è possibile e legale istruire da soli i propri figli, se
lo desideriamo o ne abbiamo la necessità. In Italia
questa pratica si chiama “educazione parentale”;
• esistono sociologi, insegnanti, filosofi, personalità
famose e migliaia di cittadini in tutto il mondo, che
sostengono e si avvalgono di queste forme di istru-
zione alternative alla scuola. Tra queste, la home

148
schooling e la unschooling. La prima ripropone il
modello scolastico a casa propria, la seconda opta
invece per una de-scolarizzazione a favore di un’i-
struzione più conviviale.

Quindi, se per vivere una vita più felice avete bisogno


di prendere famiglia e bagagli per sperimentare stili
di vita alternativi, non preoccupatevi per ciò che ri-
guarda la scuola.
Se invece non dovete partire, be’, sarà il caso di pre-
occuparsi della scuola italiana, viste le condizioni di-
sperate in cui versa!

Vedere, conoscere, capire, ispirarsi su


Per una panoramica completa sull’educazione parentale e demo-
cratica in Italia:
• educazionelibertaria.it
• www.controscuola.it
• www.educareallaliberta.org/a-scuola-senza-scuola-apprendi-
mento-libero-per-imparare-sempre-tutto-dappertutto
educazioneparentale.org
Per conoscere le esperienze più avanzate oltre Manica:
• thegreenparent.co.uk/ascuolale.orgrticles/read/unschooling-
conference

Da leggere

• Francesco Codello, Irene Stella, Liberi di imparare, Terra Nuova


Edizioni.

149
69
Bunker Barefoot

Nonne! Nonne analfabete, che non hanno mai fre-


quentato un giorno di scuola e che sono diventate
punti di riferimento per tutta la comunità facendo le
dentiste, le installatrici di pannelli solari, le architette.
Sono le barefoot professional e hanno rivoluzionato
il concetto di cooperazione: ho deciso vado a impa-
rare da loro!

Quella del Barefoot college, fondato in India da Bun-


ker Roy, è la storia di un nuovo modo di sognare,
pensare e realizzare il vero progresso nei tanti paesi
a Sud del mondo.
Si basa sullo sviluppo delle potenzialità umane locali,
sull’uso di tecnologie appropriate, sulla gestione dal
basso, e ci sbatte in faccia i limiti dei nostri usuali
approcci di “cooperanti” allo sviluppo.
Perché ne parliamo in questo libricino? Perché la
London school of economics, nella propria classifica
delle nazioni più “capaci di felicità”, piazza ai primi
posti paesi come il Bangladesh e il Ghana, mentre
i favolosi Stati Uniti sono staccati intorno alla cin-
quantesima posizione.
E allora, una possibilità per una vita migliore po-
trebbe essere anche quella di andare in quei Paesi
che abbiamo superficialmente etichettato come po-

150
veri e scoprire che la felicità non si compra a suon di
euro.
E, già che ci siamo, renderci utili nel modo giusto: a
piedi nudi!

Vedere, conoscere, capire, ispirarsi su

• www.barefootcollege.org
Sito, in inglese, del Barefoot college, con la storia e le iniziative.
• www.ilcambiamento.it/video/india_bunker_roy_barefoot_
college.html
Video della conferenza di Bunker Roy, davvero commovente!

151
70
Ricetta antistress

Un giorno, in un Puerto Escondido qualsiasi, in un


certo punto della costa del Messico, sbarca dal suo
yacht un giovane americano. Viene accolto dalla pic-
cola comunità di pescatori e impiega poche ore per
entrare in confidenza con uno di questi; così comin-
cia a fare qualche domanda.
«Oh pescatore» chiede l’americano, «quanto hai pe-
scato stamattina?».
«Mah… poco» gli risponde il messicano, «giusto
quello che serviva alla mia famiglia, più quello che
hai mangiato tu, ma il tuo è praticamente saltato
sulla barca da sé».
«E perché non hai pescato di più?» insiste il giovane.
«Ehm… non mi serviva di più» risponde un po’ stu-
pito il pescatore.
«E quando non peschi, nel tempo libero, che fai?».
«Be’, faccio la siesta, gioco coi bambini, sto con mia
moglie, poi la sera noi pescatori ci troviamo tutti là,
al bar sulla spiaggia, l’unico che c’è; sai, per qualche
birra».
«Senti pescatore, io sono laureato ad Harvard e ho il
master in Business administration. Questo vuol dire
che ho delle ottime idee per te e per il tuo futuro!».
«Ah…» risponde il pescatore un pelo insospettito.
«E che idee sarebbero?».

152
«Niente, guarda: ti devi occupare un po’ del tuo
tempo libero per pescare un po’ di più. Poi il pesce
che ti rimane lo vendi ai ristoranti, oppure a un’a-
zienda che lo lavora».
«Eh…» dice il messicano con sguardo stranito.
«Poi?».
«Poi, coi soldi che guadagni dal pesce venduto ti
compri altre barche per pescare ancora più pesce da
rivendere e fare ancora più soldi» prosegue il gio-
vane businessman. «Con ancora più soldi, magari ti
apri un tuo stabilimento per trattare ed esportare il
pesce che peschi e lo fai arrivare sulle tavole di tutto
il mondo, bello no?».
«Come no» risponde il pescatore. «Ma tutta una
roba così grande, quei soldi, qui nel paesino, che me
ne faccio?».
«Ma no, pescatore» lo incalza il dollarista. «Ovvia-
mente ti devi trasferire a Città del Messico o a New
York, creare una società, assumere amministratori,
mantenere le relazioni coi clienti. Poi, quando ti sa-
rai espanso abbastanza, potrai quotare l’azienda in
borsa, vendere le azioni e raggranellare milioni di
dollari».
«Pensa...» continua il manager ormai in estasi finan-
ziaria, «tra venticinque o trent’anni potresti essere il
presidente di una grande holding, vendere pesce in
tutto il mondo, comprarti ville, auto, terreni».
«Eh… bello, poi?» chiede il pescatore divertito da tal
delirio.

153
«Poi arriverai alla pensione talmente ricco che po-
trai acquistarti una casa in riva al mare e finalmente
passare il tempo con tua moglie o a giocare coi tuoi
nipoti, riposarti, dormire ed uscire con gli amici».

Troviamo questa storia, di autore ignoto, divertente,


semplice e illuminante! Eppure, non è quello che
molti di noi fanno tutti i giorni? Rimandare alla pen-
sione quello che è già a nostra disposizione, qui e
ora.
La critica più diffusa è: «Oggi non far niente possono
permetterselo solo i figli di papà», dimenticando che
il pescatore messicano non è che non faccia niente,
anzi, lui pesca per sé e per la propria famiglia e pure
per qualche strampalato turista.
Semplicemente non fa più del necessario, non mette
il lavoro in quanto tale su un piedistallo, a un posto
più alto rispetto al giocare con i propri figli, al pas-
sare il tempo con la moglie, a rilassarsi, a intessere
relazioni sociali.
Non vive per il lavoro e, d’altra parte, il lavorare
poco non gli impedisce di vivere, di vivere da essere
umano.

E, cambiando prospettiva, quante persone bene-


stanti o ricche conoscete, che pur avendo una tran-
quillità economica infinitamente superiore a quella
del nostro pescatore latinoamericano adottano il
modo di pensare del turista americano?

154
Noi ne conosciamo molte. Troppe.
Ecco perché anche l’invidia e la lotta di classe, così
come la rabbia per non poter essere come i tanti per-
sonaggi “al top” che i media ci propongono, hanno
forse fatto il loro tempo. Sotto la patina di cerone
televisivo, sotto lo splendore apparente, si celano
comunque persone schiave di ritmi lavorativi da in-
cubo, corpi sfiniti dallo stress, famiglie disgregate.
Questa storiella è illuminante anche da un altro
punto di vista. La crescita infinita che propone il turi-
sta laureato ad Harvard ha svuotato di pesci i nostri
oceani, ha ridotto il Pianeta ad una grande discarica,
ha aumentato incredibilmente la differenza di red-
dito, lasciando i poveri sempre più poveri.

155
71
Mollo tutto!

Le tasse aumentano, le bollette aumentano, la spesa


quotidiana aumenta, la delinquenza aumenta, l’i-
gnoranza aumenta, il traffico e l’inquinamento au-
mentano, la nevrosi aumenta…
«Ma i pazzi siete voi e io non ci sto più» cantava De
Gregori. E da oggi lo canto anch’io.
Non ci sto più a vivere una vita che ha sempre meno
senso, me ne vado, mollo tutto.
Non voglio più vivere in una finta democrazia che
ci tratta da sudditi, non credo proprio che sia la mi-
gliore.
Comunque vi farò sapere, dall’altra parte dell’ocea-
no vi arriveranno mie notizie e un indirizzo, casomai
vi venisse voglia di raggiungermi!

Sono sempre di più gli italiani che decidono di mol-


lare tutto e ricominciare una nuova vita all’estero.
Molti parlano di fuga, come se fossimo alberi radi-
cati a una terra e destinati a non spostarsi di un me-
tro per tutta la vita.
In realtà, ciascuno di noi ha il diritto di cercare il
luogo più adatto alla propria unicità, alle proprie
passioni, ai propri sogni, che sia a dieci chilometri da
dove abito ora o a diecimila.
Avete mai visto un filmato di surf da onda? O all’e-

156
stremo opposto, una discesa sulla neve fresca con
lo snowboard? C’è da rimanerne affascinati, amma-
liati, folgorati.
Si può capire che per qualcuno possa diventare la
passione della vita, no? E c’è qualcosa di male a sce-
gliere di partire per vivere tutta una vita così?
E soprattutto, c’è qualcosa di male a farlo adesso?

Vedere, conoscere, capire, ispirarsi su

I due portali più ricchi di stimoli, testimonianze, strumenti e con-


sigli per… mollare tutto!
• nuke.mollotutto.com
• www.voglioviverecosi.com

157
72
Festival per aprire la mente

Stavo per andare in pensione. Una giovane pensio-


nata direte voi, sì, ma con trentacinque anni di inse-
gnamento sulle spalle e con una voglia esagerata di
ricominciare a vivere.
Volevo cambiare, cambiare tutto, respirare un’aria
completamente diversa da quella grigia e stantia
della mia città provinciale.
Volevo lasciarmi stupire ancora dalla vita, sorpren-
dermi con nuove realtà, persone, modi di vivere. E
ho chiesto un consiglio a Paul, il mio collega ameri-
cano, un vero visionario. Gli ho chiesto dove avrebbe
iniziato questo viaggio di totale rinnovamento.
Non ha avuto dubbi: Nevada, Burning man. E son
partita.

A quattro ore da Reno, nel Nevada, in pieno deserto,


ogni anno 60.000 persone, provenienti dagli Stati
Uniti e da altre 22 nazioni, si riuniscono per dar vita
a un festival di arte, musica, libera espressione di sé.
Una città creata dal nulla e che nel nulla scompare
dopo una settimana all’insegna di una socializ-
zazione unica, un festival dove è bandita qualsia-
si forma di vendita, dove tutto si regge sul dono,
sull’organizzazione dal basso, sulla libertà indivi-
duale e sulla collaborazione.
Una vera tribù di persone di tutte le età, che dopo

158
quest’esperienza incredibile non lasciano la minima
traccia sul posto, conquistandosi il record di più
grande evento “leave no trace” nel mondo.
Meglio dare un’occhiata al link sotto e ai video che si
trovano su YouTube, perché è impossibile descrivere
questa futuristica euforica follia.
Il Burning man festival è per noi solo un pretesto per
introdurvi alle possibilità di tanti altri festival (certo
meno estremi), che ogni anno si tengono in tutto il
mondo e che possono davvero aprire la mente, farci
affacciare su tanti altri mondi, su tanti altri modi di
vivere, di esprimersi creativamente, di socializzare, di
consumare, di convivere con il Pianeta e chi lo abita.
Se avete bisogno di cambiare aria, mettere sotto
scacco vecchi modi di pensare, vedere le nuove ten-
denze e avanguardie, allora queste sono senz’altro
interessanti opportunità da vivere e scoprire.

Vedere, conoscere, capire, ispirarsi su


• goo.gl/PSdEx
Un articolo sul magazine Yes! dedicato al festival del Nevada.
• www.francescocatalano.it/burning-man-2012
Un articolo di un blog sul Burning man festival.
• www.bigtentfestival.co.uk
Il Big tent in Scozia.
• sunrise-offgrid.co.uk
L’Off greed nel Somerset.
• goo.gl/m7qAm
Glastonbury, Shambala, il Green gathering.

159
73
Raccontare storie

Vedi babbo? avevo ragione io. Lo sai che non sto fa-
cendo una gara a chi ha ragione e a chi ha torto. Ti
ricordi tutti i tuoi dubbi, le tue perplessità, le tue paure
per il mio futuro. Ti giuro che le ho sempre comprese
e mi fa piacere sapere che ti preoccupi per me. Io però
non potevo far finta di credere che i bei voti alla matu-
rità e poi una bella laurea avrebbero risolto tutto, che
mi sarei sistemata come dicevi tu.
Funzionava ai tuoi tempi, oggi non più. Non in questo
mondo fatto di precariato, di lavori saltuari, di continui
cambiamenti, di scelte fatte sulle spalle dei più e a fa-
vore di pochi.
No, babbo, oggi il lavoro bisogna inventarselo, la pro-
pria carriera sceglierla in base ai propri talenti, qualità,
desideri, sogni. Oggi dobbiamo avere il coraggio di
guardare più in là delle solite ricette all’italiana…
Sì, babbo, oggi sono i sogni che possono ‘sistemarti’,
non una o due lauree conseguite in una scuola che fa
l’esatto opposto: uccide la nostra voglia di sognare.
Mi dicevi sempre che ero brava a raccontare storie, a
sognare ad occhi aperti, a chiacchierare anche con gli
alberi.
Forse allora avevi già predetto il mio futuro: sono una
storyteller, una raccontastorie. E sono felice!

Quella di raccontare storie, fiabe, racconti utili per


educare bambini, ragazzi, adulti è un’arte. Un’arte
che può curare l’anima: basta la storia giusta al mo-
mento giusto. Abbiamo scelto il raccontastorie, in in-

160
glese storyteller, perché è una possibilità lavorativa che
a molti sembrerà assurda. Eppure è proprio così: oggi i
percorsi scolastici classici finalizzati all’occupazione, al
trovare un lavoro, hanno fatto il loro tempo.
«Vai all’istituto tecnico così finisci prima e puoi subito
lavorare» oppure «vai al liceo, sì, poi dovrai fare l’univer-
sità, ma dopo trovare un buon lavoro sarà più facile».
Queste sono frasi che continuiamo a ripetere, frasi che
non hanno più un senso (se mai ce l’hanno avuto, per-
ché che senso ha ridurre la scuola a una fabbrica di
diplomi?), ma che ancora oggi rischiano di segnare lo
sviluppo di una vita. Rischiamo di buttare anni, soldi, di
perdere fantasia e voglia di sognare, per ritrovarci spersi
e… disoccupati! Mentre seguire la propria natura, an-
che se chiacchierona e sognatrice, come nel caso della
nostra raccontastorie, può condurci a una professione,
a un reddito e soprattutto a una crescita personale, a
una vera espressione di noi stessi, per niente garantite
dal percorso scolastico ventennale all’italiana!
Le strade e le possibilità alternative sono numerosis-
sime, alcune incluse nel nostro libricino. I link che se-
guono parlano di storytelling, non per una sua qualche
superiorità rispetto ad altre, ma solo perché ci ricorda
che raccontare storie non è da meno, in tutti i sensi,
che studiare Legge. Anzi.

Vedere, conoscere, capire, ispirarsi su


• www.schoolofstorytelling.com
La più grande scuola di raccontastorie del Regno Unito.
• www.raccontamiunastoria.com
La prova che è possibile praticare quest’arte anche in Italia.

161
74
Ufficio di scollocamento

Marco, siamo amici da tanto tempo, fin dal liceo. Ti


ho visto eccellere all’università, laurearti, diventare
avvocato. Un grande avvocato. E lo sai che dico la
verità. Hai fatto carriera nelle aule dei tribunali, gua-
dagnato tanto rispetto e tantissimi soldi.
Eppure, dopo tanti anni e tanti successi, lavori an-
cora come un ossesso, torni dai tuoi sempre tardi la
sera, non ti rilassi neanche il sabato, ti lamenti che
il mondo degli avvocati è diventato un mondo di…
Allora, per questo Natale ti ho regalato un corso e, in
nome della nostra amicizia, mi devi promettere che
ci andrai.

Di quale corso si sta parlando? Dei corsi di forma-


zione del primo Ufficio di scollocamento italiano.
Sì, italiano: alè! Una realtà in crescita che offrirà a
tutti i workaholic (i lavorodipendenti) come Marco
un percorso di disintossicazione dalla religione del
lavoro, dal denaro, dalla competizione, dal dover di-
mostrare per forza qualcosa.
Un percorso di “scollocamento” appunto, per ri-
pensare la propria vita, le proprie motivazioni, i pro-
pri sogni, per progettare concretamente un nuovo
modo di vivere.
Testimonianze di chi si è già “scollocato”, di chi è

162
riuscito a invertire la direzione, consulenze di profes-
sionisti nei settori psicologico, legale, ambientale e
nei lavori alternativi faciliteranno questo cammino ri-
volto, sì, ai maniaci del lavoro, ma anche a tutti quelli
che dal lavoro classico son rimasti esclusi e vogliono
ribaltare la negatività di questa crisi, cogliendo tutte
le possibilità alternative che ne scaturiscono.

Vedere, conoscere, capire, ispirarsi su


• scollocamento.ilcambiamento.it
Tutte le informazioni e gli aggiornamenti per iniziare a... scollo-
carsi!

Da leggere

• Simone Perotti, Paolo Ermanni, Ufficio di scollocamento, Chiare


Lettere.

163
75
Dis-occupazione creativa

Verbi che una volta segnalavano azioni intese a procu-


rare una soddisfazione vengono sostituiti da sostantivi
che indicano prodotti di serie destinati a un consumo
passivo: ‘imparare’ diventa ‘acquisto di un titolo di
studio’.
Tutto assume una forma istituzionale, e la titolarità di
ogni azione passa dal singolo all’ente: ‘io apprendo’
diventa ‘l’istruzione’, ‘io guarisco’ diventa ‘l’assistenza
sanitaria’, ‘io mi muovo’ diventa ‘i trasporti’, ‘io mi di-
verto’ diventa ‘la televisione’. L’idea sottesa a questa
impostazione è che l’uomo non sia nient’altro che un
fascio di bisogni, che è possibile soddisfare tramite il
consumo di beni e servizi acquistabili sul mercato.
Anche ogni attività umana diventa una merce, quanti-
ficabile in base a un valore di scambio che ne oscura il
valore d’uso ‘qualificabile’: non avere un impiego signi-
fica passare il tempo in triste ozio, e non essere liberi di
fare cose utili a sé o al proprio vicino.
La donna attiva che manda avanti la casa, alleva i pro-
pri figli ed eventualmente ha cura di quelli degli altri è
distinta dalla donna che lavora, ancorché il prodotto di
tale lavoro possa essere inutile o dannoso.

Dopo trent’anni, queste parole di Ivan Illich sono sem-


pre più attuali, il suo monito sempre più pressante:
quando ogni attività umana diventa merce quantifi-
cabile con un prezzo, non avere un lavoro salariato ti
rende, semplicemente, inutile. E invece Illich reclamava,

164
e noi con lui, il valore e la libertà del vivere facendo per
sé e per gli altri cose e attività belle e utili allo stesso
tempo.
È questo l’incredibile potenziale della dis-occupazione
creativa. Quando l’essere umano riesce (o è costretto
come in questi tempi di mega crisi) a liberarsi dalla
schiavitù dell’impiego stipendiato, si apre in lui una di-
rompente, rivoluzionaria sorgente di creatività.
Provate a pensarci: quante sono le attività utili per il
vostro Paese, per la vostra città, comunità, le cose belle
e ispiratrici che potreste realizzare insieme ad altri per
vivere meglio, per una vita più felice? Parchi per piccini
e grandi, attività sportive ed eventi artistici per tutti,
cura dei bambini, cura degli anziani, cura della Terra,
cibo buono e sano, mezzi di trasporto sostenibili, archi-
tettura bella, sana e utile, cultura con la C maiuscola,
accoglienza, incontro, integrazione.
Sono tantissime! A partire dalla nostra unicità, dai no-
stri talenti, passioni, sogni, potremmo realizzare un
vero paradiso. Trovarsi finalmente ricchi di soddisfa-
zione, di amicizia, di senso. E per farlo non abbiamo
bisogno necessariamente di denaro. Certo qualcosa
andrà acquistata, ma in percentuale sarà qualcosa di
trascurabile se paragonata a ciò che serve davvero e
che non si può comprare: tempo, buona volontà, vita
e… una sana dis-occupazione creativa!

Da leggere

• Ivan Illich, Disoccupazione creativa, Boroli.


165
76
Liberazione fai da te

Perché aspettare ancora, perché illudersi che cam-


bierà qualcosa, perché sperare che questa volta ci
sarà anche qualche persona onesta, qualcuno che
abbia a cuore la gente?
Non ci crediamo più, nessuno di noi ci crede più,
siamo abbandonati, insignificanti esuberi nel grande,
ricco, potente Nord.
Sudditi in una finta democrazia. Perché allora do-
vremmo chiedere loro il permesso, il permesso di
liberarci da soli?

Sondaggi, statistiche, percentuali e, soprattutto, il


senso comune della popolazione lo dicono chiara-
mente: la politica dei partiti è morta.
Non solo, è questo tipo di governo e di democrazia
rappresentativa che ha fatto il suo tempo.
Ora che nessuno più ci rappresenta, che nessuno go-
verna per il bene comune, ora che noi tutti siamo
considerati inutili ingranaggi di una macchina infer-
nale, soggetti a regole, leggi, burocrazie ammazza
vita, è da tutti noi che può risorgere la fiducia, a par-
tire dalla diy liberation, la liberazione fai da te. Senza
chieder loro il permesso, senza chiedergli proprio
niente, rimboccandoci le maniche, aprendo le porte
alle nostre risorse creative, cooperative, solidali.

166
È un movimento mondiale che sposa l’idea del “do it
yourself” sociale, politico, di un autogoverno dei cit-
tadini, del popolo, di persone che insieme realizzano
i cambiamenti che desiderano da anni.
Stiamo parlando di un vero governo parallelo capace
di sognare, pensare e attuare tutte quelle politiche
che il governo ufficiale non riesce (con dolo o senza)
a realizzare: dall’istruzione ai trasporti, dall’urbani-
stica alla cultura, dalla sanità all’economia.
Gli esperti siamo noi, il governo tecnico è quello
della gente che fa, insieme!
È così che una comunità di persone manderà in pen-
sione un antiquato, inutile e dannoso sistema di go-
verno.
I 100 modi sono anche piccoli gesti simbolici di que-
sta nuova politica, dal basso, parallela ed efficace.

Vedere, conoscere, capire, ispirarsi su


• goo.gl/DU0sB
Un sito per trarre ispirazione sulle azioni concrete che possiamo
fare per iniziare a liberarci.

167
77
Nation builder

«God is what happens when humanity is connected».


Ha un potere incredibile questa frase: «Dio è quel
che accade quando l’umanità è connessa».
Non sto esagerando, né sta esagerando Jim Gilliam
quando lo sostiene. Le opportunità offerte dal web,
da questa incredibile connessione planetaria, sono
dirompenti e ti assicuro che Nation builder è quello
che mancava per coglierle appieno.

Potreste trovarvi anche voi a sostenere questa sorta


di nuova fede, la fede in internet. Probabilmente
avete già sperimentato a qualche livello il mondo
del web, le infinite occasioni di esplorazione, ricerca,
commercio e socializzazione che offre.
Quello che ancora pochissimi hanno potuto speri-
mentare, almeno nel vecchio continente, è questo
nuovo portentoso strumento: Nation builder.
Si tratta di uno strumento che ci permette di “crea-
re nazioni”, dove per nazioni si intende comunità di
persone riunite intorno a interessi specifici.
Che siate impegnati nel mondo della politica, del vo-
lontariato, dell’ecologia, che siate artisti, film-maker,
scrittori, musicisti, che stiate cercando fondi per aiu-
tare persone malate, per salvare una foresta o per
diventare presidente della vostra nazione (con la “n”

168
maiuscola o minuscola), allora Nation builder po-
trebbe farvi fare il salto quantico di qualità.
Il prodotto di Gilliam riesce infatti a riunire tutte le
opportunità del web in un unico programma, dan-
dovi l’impressione di poter davvero pilotare il mondo
della rete a vostro piacimento.
Purtroppo il sito di riferimento è tutto in inglese, ma
andate a dare un’occhiata al link sotto e al video sul
free-tour, per capire di quali potenzialità stiamo par-
lando e sognare di metterle al servizio della felicità!

Vedere, conoscere, capire, ispirarsi su

• nationbuilder.com/political_website
Il sito, in inglese, che spiega gli intenti e le modalità d’azione di
Nation builder.
• www.yesmagazine.org/happiness/jim-gilliam-the-internet-is-
my-religion
Intervista, in inglese, a Jim Gilliam.

169
78
Cerchio del dono

Siamo una ventina di persone, di tutte le età. Ci ritro-


viamo una volta alla settimana e sediamo in cerchio.
Facciamo tre turni di parola, durante i quali tutti si
esprimono.
Nel primo giro ognuna e ognuno di noi esprime una
o due cose delle quali ha bisogno questa settimana:
un passaggio all’aeroporto, una mano per dipingere
casa, un trapano per dei lavori di falegnameria, una
bicicletta… Chiunque può inserirsi per dire che può
soddisfare questi bisogni o che conosce chi potrebbe
farlo.
Nel secondo giro si esprime invece cosa vorremmo
donare questa settimana: ripetizioni di inglese, cu-
cinare una cena, due ore di baby-sitting, l’uso del
tagliaerba e così via. Anche in questo caso, chiunque
può interrompere per dire che sarebbe contento di
poter usufruire dell’offerta o che conosce chi po-
trebbe averne bisogno.
Nel terzo giro, quello finale, le persone esprimono
gratitudine per ciò che hanno ricevuto dall’incon-
tro della settimana precedente. È il momento più
bello, perché comprendiamo la potenza del donare,
vediamo crescere un senso di comunità basata sul
dono, sentiamo che i nostri doni sono apprezzati e
ricambiati e avvertiamo la generosità che circola.

170
È così semplice: bisogni, doni, gratitudine!

Sì, è così semplice, è un gift-circle, un cerchio del


dono. Per realizzarne uno basta trovare da dieci a
venti persone che abbiano voglia di sedersi in cerchio
e condividere.
Che aspettate?
Nati da un’idea dello statunitense Alpha Lo, i cerchi
del dono hanno l’incredibile pregio di restituirci un
esempio vivente di come può funzionare la gift eco-
nomy, ovvero l’economia del dono, il nuovo para-
digma economico in cui l’essere umano si comporta
finalmente come tale.
È un movimento di portata planetaria che si sta svi-
luppando proprio ora, scopriamolo insieme nel pros-
simo capitolo.

Vedere, conoscere, capire, ispirarsi su


• www.yesmagazine.org/happiness/to-build-community-an-
economy-of-gifts
Un interessante articolo, in inglese, per approfondire i gift-circle.
• www.shareable.net/blog/no-money-no-worries-vivan-los-
gifts
Un sito, in inglese, dedicato all’economia del dono.
• goo.gl/F462C
Video di Alpha Lo sulle potenzialità dei cerchi di dono.

171
79
Generazione G

Il 61% delle persone nella fascia di età dai 13 ai 25


anni si sente personalmente responsabile di fare la dif-
ferenza nel mondo; l’83% ripone più fiducia in società
ambientalmente e socialmente responsabili; l’83% dei
ragazzi dei college hanno svolto attività di volontariato
nel 2005. Sono stati caricati più video su YouTube negli
ultimi 6 mesi di quanti ne abbiano mai prodotti i tre
maggiori network televisivi negli ultimi 60 anni.
Con 400 milioni di utenti, Facebook sarebbe la quarta
nazione più popolata del mondo, con un milione e
mezzo di contenuti condivisi ogni giorno. Su Wikipe-
dia si possono leggere oltre 13 milioni di articoli, tutti
scritti da volontari. Creative commons, che offre nuove
forme di copyright più aperte e condivisibili, ha rila-
sciato in meno di dieci anni oltre 130 milioni di licenze.
Nel 2008, una coppia sposata su 8 si è conosciuta su
internet. Il 96% della generazione Y ha aderito a social
network dove la condivisione è il nuovo stile di vita.

Stiamo dando i numeri, sì. Ma questa volta sono nu-


meri che incoraggiano, numeri che fanno vedere la
luce in fondo al tunnel cupo, nel quale ci siamo tutti
infilati da decenni. Sono i numeri della generazione Y,
o meglio della generazione G, come l’hanno recente-
mente ribattezzata, dove G sta per “generosa”: quella
che renderà possibile la transizione da un’economia
e uno stile di vita basati su sfruttamento, accaparra-
mento, egoismo a una gift economy, un’economia del

172
dono, e a uno stile di vita basato sulla condivisione.
Care lettrici, cari lettori, se cercate sul web “economia
del dono” rischiate di trovare solo articoli e riferimenti
datati. Se cercate invece le parole “gift economy”,
“sharing”, “generation G”, resterete a bocca aperta!
La rivoluzione della condivisione è una realtà in crescita
esponenziale, i dati riportati sopra sono solo alcuni dei
segni di questo epocale cambiamento di paradigma.
Un cambiamento enorme, purtroppo sconosciuto per
noi italiani, capace di rivoluzionare tutto il nostro modo
di vivere e relazionarci. Tutti ne facciamo parte e stiamo
contribuendo all’emergere del nuovo paradigma, anche
senza rendercene conto. Questo avviene ogni volta che
mettiamo in atto dei comportamenti, delle azioni, dei
gesti gratuiti, altruisti, solidali, cooperativi e collaborativi.
Nei nostri 100 modi per essere felici abbiamo elencato
molte di queste proposte, ma quante altre centinaia e
migliaia ve ne vengono in mente? Da oggi possiamo
finalmente rendere onore all’essere umano, un essere
nato per condividere, per donare, per amare.
Vedere, conoscere, capire, ispirarsi su
• www.yesmagazine.org/happiness/10-ways-our-world-is-becoming-
more-shareable
Un articolo sui 10 modi per praticare l’arte dello scambio.
• sharingsolution.com/book
Il link alla presentazione del libro The sharing solution di Janelle Orsi e
Emily Doskow.
• www.shareable.net/blog/share-spray-a-new-way-to-do-everything-video
Un bel video sul paradigma dell’economia del dono e della condivisione.
• trendwatching.com/trends/generationg
Qualche informazione sulla generazione G.

173
80
Io mi informo per

Basta saper immaginare un’isola, perché quest’isola


incominci realmente a esistere.

E quest’isola, o meglio questa terra, si chiama Kir-


ghisia.
Una terra dove le persone lavorano 3 ore al giorno
e il resto del tempo lo dedicano alla vita. Una terra
dove ogni bambino parla almeno quattro lingue
perché nessuno gliele ha insegnate, dove quando
compi 18 anni ti viene regalata una casa, dove la
televisione trasmette ogni giorno in diretta centinaia
di tramonti.
E dove chi ha voglia di fare l’amore si mette all’oc-
chiello della camicia un fiore azzurro.
Stiamo parlando di Lettere dalla Kirghisia di Silvano
Agosti, la persona e il libro, questa volta italiani, che
più ci hanno ispirato nello scrivere, nel pensare e nel
proporre il nostro libricino.
Un libro da leggere e rileggere, dall’infanzia alla
terza età, capace di riaprire gli occhi a una fantasia
che nasce dal cuore.
In questo caso, io mi informo e leggo semplicemente
per vivere.

174
Vedere, conoscere, capire, ispirarsi su

• silvanoagosti.it
Il sito di Silvano Agosti, dove potrete ordinare Lettere dalla Kirghi-
sia e tanti altri fantastici libri e film, e dove potrete leggere il suo
sconvolgente diario.
• www.youtube.com/watch?v=1Usl0iaTr4Q
Uno dei tanti video di Silvano Agosti che potete vedere su You-
Tube.
Ci piace scrivere due parole in più su Silvano Agosti, vista l’im-
portanza che ha avuto nella nostra opera. Silvano è uno dei po-
chi autori indipendenti italiani. Dopo aver viaggiato giovanissimo
per l’Europa in autostop, e in seguito in tutto il medio oriente e
l’Africa del Nord, si diploma precocemente al Centro sperimen-
tale di cinematografia di Roma, nel 1962, dove vince il Ciak d’oro
che gli permettere di accedere a una borsa di studio per l’estero.
Agosti scelse di andare a Mosca per approfondire il mondo del
montaggio nella scuola dove insegnò S. M. Ejzenstejn. Rientrato
in Italia, iniziò a lavorare con Marco Bellocchio (Leone d’oro alla
carriera 2011) con cui firmò lo storico I pugni in tasca (1965).
Continuò la sua collaborazione con Bellocchio con Matti da
slegare (1975), documentario denuncia che contribuì all’appro-
vazione della legge Basaglia. Silvano Agosti è oggi considerato il
miglior montatore italiano e, nonostante la scarsa diffusione del
suo lavoro in patria, all’estero è considerato un maestro e diversi
Paesi, fra cui la Francia e il Giappone, hanno organizzato nume-
rose rassegne a lui dedicate. Silvano Agosti ha realizzato oltre 20
pellicole, fra film e documentari e ha scritto altrettanti libri.

Da leggere

• Silvano Agosti, Lettere dalla Kirghisia, Rizzoli.


175
81
Case aperte

Tutto iniziò, qui in Italia, prendendo spunto dalle


Case aperte di Bologna. Sai, c’era un gruppo di arti-
sti che decise di esibire le proprie opere all’interno di
case abitate, aprendole ai visitatori e trasformandole
in gallerie informali.
Poi, a qualcuno venne l’idea geniale: «Perché non
utilizziamo queste case anche per altre iniziative?
Potremmo trasformarle in un mondo di cose, per di-
versi servizi e attività».

Ed è così che casa di Paola diventò la più apprezzata


videoteca della città, piena di ogni genere di film,
documentari, cortometraggi.
La casa di Sandro è conosciuta come la casa della
musica. Ad ogni piano, una stanza è dedicata ora
alla sperimentazione o all’officina musicale, ora all’a-
scolto.
Quella di Francesca è la casa dei saponi naturali,
dove trovi gente che prepara insieme i saponi, dove
ci sono tutte le materie prime o i prodotti finiti.
E che dire della casa di Leo, trasformata in un nido
per piccini, in una “tata familiare”, tutta piena di far-
falle e coniglietti dipinti sulle pareti.
Una delle mie preferite è la Casa del tè di Pier e Lucia.
Adoro il profumo che puoi percepire fin dal portone

176
di ingresso, i comodi divani e i tappeti.
Sono realtà che vivono senza la necessità di posse-
dere i fondi commerciali che le marche della moda
si contendono a suon di migliaia di euro di affitto
al mese, senza invischiarsi nella burocrazia che am-
mazza, nelle tasse che seppelliscono, senza aspet-
tare spazi sociali da amministratori pubblici interes-
sati più al ponte sullo stretto di Messina, che a creare
luoghi di incontro creativi per i cittadini.
Lasciatevi trasportare dalle suggestioni appena de-
scritte e vi ritroverete in città trasformate, in città
sprizzanti di creatività, socialità, solidarietà.
In case non più tristi e disabitate, ma aperte per
qualche ora al giorno all’incontro creativo con altri
esseri umani.
Esiste tutto ciò? Se ne siete a conoscenza, fatecelo
sapere. Di certo sono esistite, nel 2007, le Case
aperte di Bologna e, come dice Agosti, basta saper
immaginare un’isola (e una casa aperta), perché
questa incominci realmente a esistere.

Vedere, conoscere, capire, ispirarsi su

• www.bolognawelcome.com/da-vedere/storia-arte/params/
CategorieLuoghi_6/Luoghi_663/ref/CaseAperte%20Gallery
La pagina web dedicata alle Case aperte di Bologna.

177
82
La lista della felicità

Che ganzata ragazzi! Soltanto poche ore fa mi sen-


tivo uno straccio, un rottame, davanti a me solo nu-
vole nere e corvi in volo. Poi l’ho vista.
Sì, perché me l’aveva detto Riccardo di non tenerla
troppo nascosta. L’ho vista sul davanzale della fine-
stra, nella sua cornicetta colorata. L’ho scorsa e ho
iniziato dalla numero 3.
Ho ricominciato anch’io da 3, come il caro Troisi, e
anche la mia giornata è ricominciata, alla grande!

La lista della felicità è una sorta di pronto soccorso


da mettere in atto quando tutto, ma veramente
tutto, vi sembra cupissimo e senza speranza.
Da usare quando la vostra vitalità sembra scomparsa
per sempre.
L’idea di Veerle Bloemen, una collaboratrice di Fair
companies, è semplice ed efficace. Basta iniziare po-
nendosi una domanda: che cosa mi rende felice, al-
legro, soddisfatto, cosa mi procura piacere?
Non stiamo parlando di cose a lungo termine o par-
ticolarmente impegnative, stiamo suggerendo pro-
poste abbastanza immediate: fare una doccia calda,
uscire a passeggio in bicicletta, regalarsi un mazzo di
fiori, bere una cioccolata in tazza, farsi massaggiare,
telefonare ai propri migliori amici.

178
Siamo tutti certamente in grado di scrivere una
lunga lista e, secondo l’ideatrice, farlo è fondamen-
tale. Non basta sapere le cose, è importante scriverle
e averle pronte da leggere in “caso di emergenza”.
Leggerle e attuarle! Spesso basta metterne in pra-
tica una per cambiare in meglio il nostro umore, le
nostre energie, la nostra giornata. Insomma, costa
poco e funziona! Perché non provate?

Vedere, conoscere, capire, ispirarsi su

• faircompanies.com/videos/view/why-we-all-need-a-happiness-list
Un sito web parzialmente in italiano, che propone interessanti
video dedicati alla sostenibilità.

179
83
La medicina corpo-mente

Cos’è che ti piace fare? Bene, inizia a farlo da subito.


Cos’è che ti piacerebbe fare di più, ma che non hai
ancora avuto tempo di fare? Bene, inizia a program-
mare il tempo da dedicargli, aumentandolo gradual-
mente.
Cosa ti permetti di dire, di non fare, di rifiutare, di
esprimere, di evitare, che prima della tua malattia
non ti potevi concedere? Bene, questi sono i van-
taggi della malattia, il suo messaggio d’amore.
Sì, d’amore, perché ti permette di evitare quelle cose
che non ti fanno bene, che non sono adatte a te.
Adesso si tratta soltanto di evitare queste situazioni,
senza bisogno della malattia, salutandola, ringra-
ziandola e lasciandola sparire. Tutto qua.
Puoi tornare a star bene da subito, anzi, a star
meglio!

Non sono parole strampalate dette dal santone o dal


guru di turno. Sono indicazioni terapeutiche, ovvia-
mente semplificate da noi in queste poche righe, che
si rivolgono ai malati di cancro, ma anche a chi lotta
contro le malattie cosiddette incurabili.
Il dottor Carl Simonton, oncologo statunitense molto
stimato e riconosciuto dai suoi colleghi, fondatore
del Simonton cancer center, è considerato uno fra i

180
più importanti esponenti della mind-body medicine:
la medicina corpo-mente, una medicina che ha ispi-
rato non poco questo nostro libricino.
Si tratta di un approccio che rivoluziona, senza con-
trastarla o negarla, l’ufficiale medicina allopatica.
Un nuovo, ma al tempo stesso antico, approccio
medico che vede nella malattia un campanello d’al-
larme utile per avvisarci che la vita che conduciamo
non è sana per noi, non risponde soprattutto ai no-
stri bisogni, alla nostra unicità, ai nostri sogni.
La medicina corpo-mente è un metodo per cambiare
vita e ritrovare così un benessere maggiore, più au-
tentico. I due libri riportati nei link qui sotto sosten-
gono il lavoro scientifico del dottor Simonton con
dati, statistiche, testimonianze.
Fra le tante possibilità per una vita più felice, chi si
sarebbe aspettato di trovarci anche la malattia?

Vedere, conoscere, capire, ispirarsi su


• www.simontoncenter.com
Il sito dedicato al centro di oncologia di Simonton.

Da leggere

• Carl Simonton, Reid Henson, L’avventura della guarigione,


Amrita Edizioni.
• Stephanie Matthews, Carl Simonton et al, Ritorno alla salute,
Amrita Edizioni.

181
84
Parto naturale

Partorire con dolore? No grazie, preferisco… godere!


Ragazze, ma ci pensate? Se non avessi per caso incon-
trato quell’ostetrica dal parrucchiere avremmo tutte
continuato questa tradizione biblica del parto-calvario,
come le nostre mamme, come le nostre amiche. E in-
vece, adesso che ci siamo informate, non vi sembra
tutto così ovvio, naturale? Non vedo l’ora di vivere que-
sta meravigliosa esperienza!

Le solite, trite e ritrite immagini dei film ci propongono


il parto come un incubo di stress e dolore: «Spinga,
spinga più forte, di più!». «Ahhhgh! Oh, nooo, mi
sento spaccare dottore! Infermiera voglio l’epidurale,
non ne posso più!».
Nell’immaginario collettivo, il momento del parto si
consuma in un’atmosfera e un ambiente ospedalizzati.
È percepito come un’esperienza permeata da sforzi so-
vrumani, torture fisiche e farmaceutiche per mamme
e neonati, e dall’ansia di terminare il prima possibile.
Con queste aspettative, qualsiasi risultato meno tragico
è solo l’eccezione che conferma la regola. In realtà, ci
sono decine di migliaia di esperienze e testimonianze
che raccontano un altro parto, un altro modo di na-
scere: il cosiddetto parto naturale.
Scegliendo di partorire in maniera naturale, i momenti
prima, durante e dopo la nascita diventano ricchi di
intimità, di serenità, di condivisione fra mamma, papà

182
e bambino. Addirittura, come dimostra il video di cui
vi indichiamo il link sotto, questa scelta comporta mo-
menti di vera e propria soddisfazione estatica, di pia-
cere orgasmico (si parla appunto di orgasmic birth).
Da oltre mezzo secolo, studiosi, medici e ostetrici
hanno scoperto, o meglio riscoperto, quest’altra mo-
dalità di far nascere i bambini e c’è da rimanere stupiti
a vedere come invece continuino a partorire le donne
di quest’Occidente tanto evoluto.
Ma le case maternità stanno arrivando anche in Italia,
così come il parto naturale a domicilio, e con loro si
apre una possibilità per una vita più felice, fin dai primi
giorni!

Vedere, conoscere, capire, ispirarsi su


• orgasmicbirth.com
Sito in inglese dedicato interamente al parto senza dolore.
• www.ilnido.bo.it/ilparto
Il piacere del parto, una realtà italiana da imitare.
• www.aamterranuova.it/MappaSalute-Naturale/Ricerca-Mappa/
%28categoria%29/37825
Indirizzario on line del parto naturale in Italia.

Da leggere

• Michel Odent, L’agricoltore e il ginecologo, Leone Verde Edi-


zioni.
• Michel Odent, Le funzioni degli orgasmi, Terra Nuova Edizioni.
• Frédérick Leboye, Per una nascita senza violenza, Bompiani.

183
85
One billion rising
Il movimento contro la violenza sulle donne

Il nostro non è il V-day degli eserciti, non è la V di


vendetta degli insurrezionalisti, non è neanche il V-
day del comico più famoso d’Italia. No, il nostro V-
day si celebra il 14 Febbraio e la lettera V sta per:
Vittoria, Valentino, Vagina!

Per Eve Ensler, l’autrice di I monologhi della vagina,


la libertà e la felicità iniziano con una V. Un libro
e un’opera teatrale rappresentata in tutto il mondo
(un incontro aperto tra il pubblico e le donne, con le
storie delle loro vagine, storie spesso colorate di vio-
lenza, sopraffazione, umiliazione) che hanno ispirato
un movimento internazionale che ha organizzato un
evento, il V-day, per dare forza alla lotta mondiale
contro la violenza sulle donne. Evento che ogni anno
catalizza l’attenzione e il coinvolgimento di migliaia
e migliaia di persone.
Una scommessa, quella del One billion rising del 14
febbraio 2013, che ha visto la partecipazione di un
miliardo di persone, che si sono riunite per ricor-
dare al mondo che non esiste nessun futuro senza
guerre (fra le nazioni, fra i popoli, con l’ambiente),
se prima non vinciamo la guerra contro la violenza
sulle donne.

184
Nella ricerca di una vita più felice, spesso ci scon-
triamo contro le resistenze di vecchi modi di pensare,
di vedere il mondo, gli stereotipi dominanti, che co-
stituiscono barriere al cambiamento. Le donne, in
quanto tali, hanno da sempre dovuto e devono tut-
tora lottare contro una discriminazione che reprime
la loro emancipazione, parità e libertà. Eppure, i
danni incalcolabili prodotti da una religione, un’e-
conomia, un sistema sociale patriarcali e maschilisti,
dovrebbero averci fatto comprendere che il nuovo
sarà colorato di rosa.
Ci piace allora inserire il One billion rising nelle nostre
possibilità per una vita più felice, un simbolo di po-
tere tutto femminile, un incoraggiamento globale,
un’occasione per danzare insieme a tutte voi!

Vedere, conoscere, capire, ispirarsi su


• www.yesmagazine.org/issues/its-your-body/eve-ensler-free-
dom-starts-with-a-v
I video relativi al V-day del 14 febbraio 2013, festeggiato in tutta
Italia.

Da leggere

• Eve Ensler, I monologhi della vagina, Il Saggiatore.


185
86
Io mi informo per…

Forse questo non lo sapete, ma a Los Angeles è in


vigore un’ordinanza municipale che vieta a due uo-
mini di abbracciarsi. Ecco a che cosa siamo arrivati.
Forse nei prossimi giorni leggerete sui giornali che
mi hanno arrestato perché ho abbracciato qualcuno.
Abbraccio sempre il nostro preside: ci resterà secco.
Nessuno riesce mai neppure a dargli la mano attra-
verso la sua scrivania, che è troppo larga. Io lo in-
contro in ascensore, gli dico: «Salve, preside» e lo
abbraccio.
Si può capire come da questa generazione, da que-
sto nostro tempo, si sia sviluppata una filosofia come
l’esistenzialismo. E questa è la nostra tremenda alie-
nazione.
Io sono reale? Esisto? Nessuno mi guarda. Nessuno
mi tocca. Parlo agli altri e loro non mi ascoltano.
Guardano oltre la mia spalla per vedere chi altro
c’è. Nessuno mi guarda più negli occhi. Sono solo
e sto morendo di solitudine. Come dice Schweitzer:
«Stiamo tanto insieme eppure stiamo tutti morendo
di solitudine».

Questo è uno dei tanti preziosi spunti di cui potrete


fare tesoro leggendo i libri di Buscaglia.
Leo Buscaglia è stato l’unico scrittore che abbia mai

186
avuto cinque dei suoi libri ai primi posti nella clas-
sifica americana dei best-seller. E contemporanea-
mente! È stato il primo professore universitario a te-
nere, nell’università californiana dove insegnava, un
corso sull’amore.
L’autore straniero che più ci ha ispirato è proprio lui.
La maggior parte di questi 100 modi porta con sé
l’energia di questo personaggio incredibile. Ed è così
bello sapere che queste possibilità avrebbero potuto
godere perfino di un “sostegno” universitario!
Il suo libro Vivere, amare, capirsi è una miniera d’oro.
La foto in copertina della vecchia edizione, che ab-
biamo in casa, dice tutto: ritrae Leo che abbraccia
calorosamente una persona.
Un libro che è in sé una possibilità di felicità, da leg-
gere, da mangiare, da bere, da vivere.

Da leggere

• Leo Buscaglia, Vivere, amare, capirsi, Mondadori.


187
87
Abbracci liberi!

Eppure è proprio vero, è così semplice: per una vita


più felice può bastare un abbraccio autentico!

Tutto qua? Sì, tutto qua. La Free hugs campaign,


la campagna per gli abbracci gratis, è riuscita a di-
ventare uno dei movimenti più conosciuti, seguiti e
replicati in tutto il mondo, comunicando soltanto
questo: dai, fatti abbracciare, abbracciami, abbrac-
ciamoci!
L’iniziativa è nata in Australia, a Sidney, per poi dif-
fondersi rapidamente in tutto il mondo.
E così, perfetti sconosciuti si sono abbracciati fra loro
e hanno rinnovato lo stupore di una felicità che sta
lì, a portata di braccia. Può sembrare strano, ridi-
colo, insensato, che ci debba essere una campagna,
un movimento internazionale per compiere un gesto
così innato.
Ma, pensateci bene: quand’è l’ultima volta che avete
realmente, anima e corpo, abbracciato un altro es-
sere umano, solamente e proprio perché era un altro
essere come voi su questa Terra? Quand’è l’ultima
volta che avete abbracciato il vostro capo ufficio, il
postino, la preside, quelli del piano di sotto o quelli
del piano di sopra? A volte neanche i padri abbrac-
ciano più i figli: «Adesso sei diventato grande, sei un

188
uomo anche tu, basta starmi abbracciato, su!».
Allora, gustatevi le possibilità aperte da Juan Mann
e dalla sua impagabile iniziativa con il video che vi
abbiamo indicato qui sotto, e poi date un’occhiata
al prossimo capitolo.

Vedere, conoscere, capire, ispirarsi su


• www.freehugscampaign.org
Sito, in inglese, della campagna per l’abbraccio libero.
• www.abbracciliberi.it
Il sito web italiano dedicato agli abbracci liberi. Ricco di foto, te-
stimonianze e articoli.
• abbraccigratis.it
Il sito web che si impegna a diffondere l’abbraccio libero nel
mondo.
• www.youtube.com/watch?v=vr3x_RRJdd4
Il video che racconta l’evento organizzato da Juan Mann dedicato
all’abbraccio libero.
• www.youtube.com/watch?v=BRVzXcybd2c
Un video di Juan Mann, ideatore della campagna.

189
88
Laboratori di coccole

«Trovatevi tutti quanti un paio di chiappe!». Questa


non è una frase che senti pronunciare spesso. Ma-
gari sul set di un film scollacciato o a una festa ma-
cabra sul tema dello smembramento. Ma in generale
non è la tipica frase che una persona si prepara a
sentire. Sciocco io a non averlo fatto. Il giorno in cui
ho sentito una persona dire «trovatevi tutti quanti
un paio di chiappe», ho finito per rispondere come
avrei fatto se mi avessero detto «tiratevi tutti quanti
un pugno in faccia». E nemmeno mi sono potuto
tirare indietro. Ho dovuto davvero trovare uno sco-
nosciuto e appoggiargli addosso il sedere. E a mala-
pena avevo fatto in tempo a togliermi le scarpe. Ac-
cettare l’invito a quel seminario di coccole era stato
un errore terribile.

Così inizia un racconto che vi consigliamo vivamente


di leggere, per continuare a parlare di abbracci e a
riderci su.
Scritto da Stuart Heritage per Guardian News &
Media Ltd, è stato tradotto da Matteo Colombo ed
è a vostra disposizione nel link che vi abbiamo in-
dicato. È un articolo che parla appunto dei cuddle
workshop, i laboratori di coccole, un’esperienza che
tutti dovremmo sperimentare per vivere più felice-

190
mente, perché il contatto fisico e appropriato ha
un’influenza incredibile sulla nostra salute fisica, psi-
chica ed emotiva.
Una possibilità da cogliere anche per evitare di im-
provvisarci tutti tifosi di calcio. Infatti, secondo il ge-
niale Silvano Agosti, l’uomo italiano ricorre al tifo
calcistico, più che per reale passione sportiva, per
avere un’occasione di incontro con altri virili uomini
latini, tanto forti e sicuri di sé da non poter permet-
tersi di incontrare altri esponenti dello stesso sesso
in altro modo. Parlare “de ‘a Roma” offre loro la
possibilità di esprimere vicinanza, amicizia, simpatia,
affetto e, quando viene segnato il goal, addirittura
di abbracciarsi.
Per liberarci quindi da questa tristezza cosmica e per
permetterci di incontrare, fisicamente, altri esseri
umani, tutti ai cuddle workshop: coccoliamoci!

Vedere, conoscere, capire, ispirarsi su

• goo.gl/ftdvz
Il divertente racconto di Stuart Heritage.
• goo.gl/nfVaj
Video della Bbc su un laboratorio di coccole.
• cuddlenation.co.uk/pages/Home
Per conoscere i cuddle workshop inglesi.
• www.youtube.com/watch?v=6GGlVGYaUFU&feature=related
Silvano Agosti e le sue considerazioni sul calcio.

191
89
Love revolution

Allora, cerchiamo di capirci. Io mi trovo a uscire con


giovani mamme che non vanno al mare quando
hanno il ciclo. Perché? Perché altrimenti, non fa-
cendo il bagno, dovrebbero spiegarne il motivo ai
figli e si imbarazzano! Capisci, siamo nel terzo mil-
lennio e ci sono ancora giovani, giovanissime donne,
che si vergognano del proprio corpo, di qualcosa di
assolutamente naturale.
Allora come faccio a parlare di love revolution in
questa città, come posso confrontarmi, approfon-
dire, condividere?

Il dubbio ce lo siamo posto anche noi.


Nel mondo sta nascendo l’ultima e più importante
delle rivoluzioni, la rivoluzione dell’amore. Sono tan-
tissime le persone, le iniziative, i nuovi modelli che
finalmente cercano di saldare le fratture fra sessua-
lità e amore, fra corpo e piacere, offrendoci la pos-
sibilità di godere, in ogni senso, di questa magnifica
esistenza.
Ma spesso ci scontriamo con mentalità schiave di
modi di pensare ormai superati. Allora, abbiamo
pensato bene di scrivere… un altro libro: 50 sfu-
mature di amore. Parole, idee ed immagini della
love revolution, dove sono riunite le più interessanti

192
esperienze internazionali, con video, fotografie, ap-
profondimenti. Preferiamo rimandarvi alle pagine
dedicate al libro piuttosto che inserire qui link che
potrebbero non essere adatti (legalmente) ai minori!
Triste però dover censurare l’amore, no?

Vedere, conoscere, capire, ispirarsi su


• amoreanudo.blogspot.it
Il blog di 50 sfumature di amore.
Il riferimento alla famosa trilogia delle “50 sfumature” declinate in
tre colori è evidente. E forse inevitabile, visto il clamore e il suc-
cesso mondiale ottenuti dai libri della scrittrice inglese E. L. James
(pseudonimo di Erika Leonard). Ma il collegamento si ferma lì,
al titolo appunto. Il nostro modo di esplorare il grande mondo
della sessualità pende decisamente sul versante dell’Amore, della
love revolution, di una spontanea, trasparente, allegra naturalezza.
Il blog amoreanudo.blogspot.it prende invece il titolo dal nome
dei laboratori di Teatro immagine centrati sui temi del libro che
stiamo proponendo in tutta Italia. Sul blog avrete la possibilità di
saperne di più e potrete scaricare gratuitamente una copia del
libro. Buona lettura!

193
90
Celebrare una vita!

Abbiamo pianto tanto, abbiamo riso tanto, ci siamo


abbracciati. È stata una serata fantastica. Sulla spiag-
gia, con tantissime fiaccole e un grande fuoco sem-
pre vivo, il mio cibo e la mia musica preferiti e loro:
tutte le persone che contano nella mia vita.
Ognuna di loro, durante la cerimonia, ha detto pa-
role magnifiche, ha ricordato cose belle alle quali
non pensavo da tempo, mi ha fatto sentire amato,
apprezzato, presente nei loro cuori.
Pensa che peccato se lo avessero fatto quando io
fossi stato… in una bara!

L’idea fondamentale del living funeral, letteralmente


“funerale in vita”, è tutta qui: incontrare profonda-
mente e intimamente tutte le persone che contano
nella nostra vita, per renderci conto di quanto an-
che noi abbiamo contato nella loro, di quanto ci vo-
gliano bene, ci stimino, apprezzino.
E fare tutto ciò in una cornice rituale, in una cerimo-
nia, che ricalchi quella di un funerale, dove i parte-
cipanti possono dire qualcosa di bello sul “protago-
nista”, ma con un’energia e un’atmosfera di festa,
vitale, e soprattutto con il diretto interessato ancora
vivo e vegeto!
Perché farlo? Perché abbiamo tutti un enorme biso-

194
gno di amore, di apprezzamento, di amicizia, di vici-
nanza e ne abbiamo bisogno ora! Perché il contesto,
il setting di un pre-funerale, amplifica, facilita e fa-
vorisce lo scaturire di queste emozioni e sentimenti.
Perché può essere un’occasione per rivedere amici e
persone con le quali abbiamo perso il contatto, per
dire quello che non abbiamo ancora detto a qual-
cuno…
Come al solito, nasce nei paesi anglosassoni. Lo ve-
diamo anche inserito nel film The weather man con
Nicolas Cage, e speriamo possa presto arrivare anche
nella nostra penisola.
Alcuni hanno iniziato a usare un’altra denomina-
zione al posto di living funeral: a life celebration, che
in italiano sarebbe “celebrare una vita”. Detto così,
ci piace molto di più!

Vedere, conoscere, capire, ispirarsi su

• www.ocregister.com/video/?videoId=579550340001&lineu
pId=1125901233
A questo link un bellissimo video dedicato a un living funeral. Per
visualizzarlo è necessario registrarsi, ma ne vale davvero la pena.
• The weather man. L’uomo delle previsioni del tempo, con Nicolas
Cage e Michael Caine (disponibile anche in Dvd), Eagle Pictures
(2006).

195
91
Vivere felici, morire felici

Miei cari, quella che sta per concludersi è stata una


vita bellissima e per questo voglio ringraziarvi dal
profondo del mio cuore. È stato magnifico condivi-
dere con voi tutto il bello di questi anni. Mi basta
chiudere gli occhi per far affiorare un grande sorriso
nei miei ricordi. E adesso, in questo giardino pieno
di colori, i vostri volti sono la cosa più bella che mi
poteva capitare. Ormai lo sapete, questa non è più
vita per me, ma anche se fra pochi minuti sarò final-
mente morto, so che resteremo insieme per sempre.
Grazie per esserci, fino all’ultimo, vi voglio bene!

In Olanda, vivere felici e morire felici è possibile. Le


levenseinde kliniek sono equipe di medici e infer-
mieri dello Stato, che permettono una “dolce morte”
a domicilio.
L’eutanasia attiva, richiesta, ponderata, condivisa è
un segno di civiltà che ogni Stato veramente laico
dovrebbe offrire ai propri cittadini. Ciò garantirebbe
sia la possibilità di potersene andare via da questo
mondo senza doversi dare la morte nell’illegalità, soli
come cani in un momento tanto importante, senza
nessuno che ci aiuti a metter fine a sofferenze per
noi ormai inaccettabili, sia il sollievo di sapere che
non ci saranno ripercussioni legali sui propri cari.

196
In un libricino sui tanti modi per vivere felici, non
poteva mancare anche la possibilità di morire felici.
Nei link che seguono troverete molti indirizzi e infor-
mazioni, per scoprire come questa possibilità esista
in molte nazioni civili del mondo.

Vedere, conoscere, capire, ispirarsi su


• goo.gl/oNq2R
Articolo, in italiano, sull’eutanasia a domicilio in Olanda.
• goo.gl/p0OzS
Altro articolo informativo sull’eutanasia in lingua italiana.
• www.nvve.nl/nvve-english/pagina.asp?pagkey=105273
Articolo scientifico, in inglese, sull’eutanasia.
• www.nvve.nl/nve-english/pagina.asp?pagnaam=homepage
Per le avanguardie olandesi.
• www.compassionandchoices.org/what-we-do/end-of-life-
counseling
E per quelle americane.

197
92
Guarire con l’arte

Un tempo lontano, quando avevo sei anni, in un li-


bro sulle foreste primordiali, intitolato Storie vissute
della natura, vidi un magnifico disegno.
Rappresentava un serpente boa nell’atto di inghiot-
tire un animale.
C’era scritto: «I boa ingoiano la loro preda tutta in-
tera, senza masticarla. Dopo di che non riescono più
a muoversi e dormono durante i sei mesi che la dige-
stione richiede».
Meditai a lungo sulle avventure della giungla.
E a mia volta riuscii a tracciare il mio primo disegno.
Mostrai il mio capolavoro alle persone grandi, do-
mandando se il disegno li spaventava.
Ma mi risposero: «Spaventare? Perché mai uno do-
vrebbe essere spaventato da un cappello?».
Il mio disegno non era il disegno di un cappello.
Era il disegno di un boa che digeriva un elefante.
Affinché vedessero chiaramente che cos’era, dise-
gnai l’interno del boa. Bisogna sempre spiegargliele
le cose, ai grandi.
Questa volta mi risposero di lasciare da parte i boa,
sia di fuori che di dentro, e di applicarmi invece alla
geografia, alla storia, all’aritmetica e alla grammatica.
Fu così che a sei anni io rinunziai a quella che avrebbe
potuto essere la mia gloriosa carriera di pittore.

198
Il fallimento del mio disegno numero uno e del mio
disegno numero due mi aveva disarmato.
I grandi non capiscono mai niente da soli e i bambini
si stancano a spiegargli tutto ogni volta.

Moltissimi di noi si riconosceranno in queste parole


tratte da Il piccolo principe, di Antoine de Saint-
Exupéry. Riconosceranno questo ingiusto sentirsi
artisti falliti, questa mancata espressione di sé attra-
verso le arti creative.
Può darsi che il mio elefante inghiottito da un boa
sembri un cappello, e allora? L’importante e che io
sia convinto che sia bello! Se prendiamo come mo-
delli Michelangelo o qualche altro maestro dell’arte
dei tempi passati, difficilmente potremo avvicinarci a
tali talenti, e i nostri disegni a carboncino, le sculture
di creta, i dipinti a olio probabilmente ci lasceranno
un forte senso di frustrazione. Ma quelle tecniche e
quei modelli artistici sono passati! Sì, saranno degni
di ammirazione, ma sono passati.
Il mondo nel frattempo è cambiato e oggi ci sono
molte tecnologie, soprattutto informatiche, che ci
permettono di trarre il massimo dalle nostre idee e
grazie alle quali oggi possiamo finalmente riscoprirci
tutti creativi! Allora, non preoccupiamoci più se non
sappiamo dipingere con i pennelli di setola, pos-
siamo farlo con un pennello digitale e ottenere delle
opere assolutamente splendide, non meno degne di
ammirazione!

199
Soprattutto, potremo sperimentare la felicità di riu-
scire a esprimerci creativamente, con soddisfazione,
e questa è veramente una bella possibilità per vi-
vere felici. Talmente potente da guarire le persone!
In inglese si definisce healing trough art, e indica il
guarire attraverso una propria espressione artistica,
libera, creativa. Nei link qui sotto troverete esempi
di espressioni artistiche che guariscono individui, pa-
zienti e intere città!

200
Vedere, conoscere, capire, ispirarsi su

• www.squidoo.com/justcreate
Sito, in inglese, sulla libera creatività.
• www.befunky.com
Un programma di foto-editing online per liberare la propria crea-
tività.
• www.htta.org/my-story
Testimonianza, in inglese, del potere terapeutico dell’arte.
• www.findhorn.com/nfa/Members/KarinWerner
Il profilo, in inglese, di un’artista e arte-terapeuta che lavora nella
comunità scozzese di Findhorn.
Questi link sono in qualche modo “garantiti” anche dalla nostra
esperienza professionale. Dopo l’incontro con Karin Werner
nell’ecovillaggio di Findhorn, Ilaria si è infatti dedicata sempre di
più a favorire l’emergere della creatività individuale, propria di
ognuno di noi. Attraverso i suoi laboratori Sono un’artista anch’io!,
fa sperimentare il potere intimamente curativo dell’espressione
artistica e creativa. È meraviglioso vedere l’arcobaleno di colori di
un’autostima che cresce. Io, dal mio canto, ho utilizzato per anni
le nuove tecnologie digitali, affiancandole a tecniche tradizionali
quali la scultura con argilla, legno e ferro. Il servizio gratuito di
foto-editing che offre Be funky ha contribuito alla realizzazione di
alcune delle mie opere più belle.
• barefootartists.org/home
Questo sito è ispirato al lavoro dell’artista cinese Lily Yeh. Attra-
verso l’arte Lily Yeh e gli altri artisti del Barefootsartist sono riusciti
a piantare semi di guarigione nelle aree più povere e disperate
del Pianeta. Lasciatevi suggestionare dalle immagini di questo sito
e dallo stupefacente video The legend of Lily Yeh.

201
93
Roberta e Simone

Siamo a disposizione di tutte quelle persone interes-


sate a cambiare vita, che per farlo magari vogliono
iniziare con un lungo viaggio avventuroso, per in-
contrare, alla fine di esso, un posto cui poter chia-
mare casa.

Per queste loro parole e per aver viaggiato dalle loro


case in Italia alle coste del Portogallo, senza bisogno
di spendere denaro, li abbiamo scelti come simbolo
della possibilità di compiere il primo passo, quello
più importante. Ma chi sono mai questi due? Proba-
bilmente non ne avrete mai sentito parlare, difficil-
mente troverete loro tracce sul web, tanto meno su
radio, Tv o quotidiani.
Non sottolineeremo mai abbastanza quanto sia im-
portante, per uscire da una situazione stagnante,
dalla crisi, dal lento spegnersi della nostra fantasia,
vedere oltre i propri confini, mentali e nazionali, e
capire quanto possa essere utile sperimentare nuove
opportunità di lavoro, di studio, di vita, nuovi mo-
delli, nuove storie.
A volte basta solo allontanarsi un po’, da soli, in cop-
pia, in comitiva. Che sia per un viaggio nel senso
proprio del termine, per un viaggio di auto-scoperta
o per iniziare una qualsiasi di tutte queste possibilità

202
(e cento altre ancora). Roberta e Simone ci dimo-
strano che per farlo non servono soldi, serve solo
una positiva voglia di aprirsi al mondo. Sono per noi
un esempio, questa volta tutto italiano in mezzo a
tante storie straniere!
Godetevi il loro video, che con semplicità trasmette
la fiducia necessaria a partire.

Vedere, conoscere, capire, ispirarsi su

• www.viaggiareconlentezza.com
Il sito web di Roberta e Simone dedicato al viaggiare lento. Al suo
interno anche un video su come viaggiare senza soldi.

203
94
Il vecchio che mangiava i gelati

C’era una volta un vecchio e il mare, un altro vecchio


che leggeva romanzi d’amore e un vecchio che man-
giava i gelati. O, per essere più precisi, che avrebbe
voluto mangiarne di più.

Il vecchio in questione è quello che ci presenta il no-


stro Leo Buscaglia, nel citato libro Vivere, amare, ca-
pirsi, quando riporta la testimonianza di un uomo di
ottantacinque anni che aveva saputo di essere pros-
simo alla morte.
L’uomo disse: «Se potessi vivere la mia vita, la pros-
sima volta cercherei di commettere più errori. Non
cercherei di essere perfetto. Mi rilasserei di più. Mi
lascerei più andare. Sarei più sciocco di quanto lo
sono stato in questo viaggio. Conosco pochissime
cose che prenderei sul serio. Sarei più matto. Sarei
meno devoto all’igiene. Correrei più rischi, farei più
viaggi, scalerei più montagne, nuoterei in più fiumi,
guarderei più tramonti, andrei in posti dove non
sono mai stato.
Mangerei più gelati e meno fagioli. Avrei più pro-
blemi veri e meno problemi immaginari.
Vedete, io ero uno di quelli che vivono in modo pro-
filattico e sensato e ragionevole, ora per ora e giorno
per giorno.

204
Oh, ho avuto i miei momenti, e se dovessi ricomin-
ciare daccapo ne avrei di più, di quei momenti.
Anzi, cercherei di non avere altro che bei momenti...
momento per momento.
Ero uno di quelli che non vanno mai da nessuna parte
senza il termometro, la borsa dell’acqua calda, l’im-
permeabile e il paracadute. Se dovessi ricominciare
daccapo, viaggerei con un bagaglio più leggero. Se
dovessi ricominciare daccapo, comincerei ad andare
scalzo all’inizio della primavera e continuerei fino ad
autunno inoltrato. Farei tanti giri in giostra in più.
Guarderei di più i tramonti e giocherei di più con i
bambini, se avessi la mia vita da rivivere. Ma non ce
l’ho».
Né io né voi sappiamo cosa c’è di là, ma sappiamo
cosa c’è qui...
Qualcuno ha detto: «Ieri è un assegno annullato, e
domani è soltanto una cambiale. Soltanto oggi è de-
naro contante. Spendetelo come pazzi! Non vi capi-
terà più. E c’è tutto un mondo per spenderlo».

Siamo verso la fine del nostro libricino e con questo


spirito buscagliano, passiamo all’azione!

205
95
La lista delle 10 cose:
sognare e vivere i sogni

Voglio lanciarmi col paracadute, voglio fare l’amore


con te in una foresta, voglio dipingere un grande
quadro ed esporlo al pubblico, voglio vedere le ba-
lene, voglio annusare il profumo dei manghi maturi
ancora sulla pianta, voglio imparare a cantare una
canzone in francese, sì, in francese, una canzone per
te… voglio fare tutte queste cose prima di morire,
prima che sia troppo tardi, voglio farle adesso!

Nel capitolo precedente abbiamo detto che è il mo-


mento di passare all’azione… A che serve, infatti,
avere un imperdibile libricino come questo fra le
mani, se poi il nostro desiderio di una vita più felice,
di cambiare e sperimentare, rimane paralizzato?
Spesso, tra il desiderio di cambiare e il mettere in
pratica il cambiamento, sorgono in noi la paura, le
perplessità, il dubbio affossante, che il più delle volte
si esplicitano nella solita frase: «Mah, io dopotutto
non è che sogni qualcosa in particolare». Se questo
avviene perché vivete già una vita felice, piena, piace-
vole, così densa di significati, che sinceramente non
vi passa davvero per la testa di mettervi a sognare…
be’, allora godetevela e regalate questo libricino a
qualcun altro!

206
Se invece è la vostra paura di cambiare, o il pensare
che non sia una cosa fattibile per voi, allora la lista
delle 10 cose può esservi utile. Con le tante possibilità
elencate in questo libro, infatti, forse avete iniziato
a sognare una vita più felice: è un vostro inaliena-
bile diritto! Forse qualcuna di esse vi sarà d’aiuto nel
realizzarla. Forse avrete bisogno di altri strumenti, di
immaginare altre alternative ancora.
Di certo, per mettervi in moto, avrete bisogno di
cominciare a raccontare, prima di tutto a voi stessi,
qual è la vita più felice che sognate. Vi proponiamo
di farlo concretamente con una serie di esercizi di
visualizzazione e scrittura, per arrivare a scrivere una
lista di desideri da realizzare concretamente. Si tratta
di una traccia dalla quale partire, molte direzioni di
cambiamento da esplorare, almeno 10 concrete
azioni da intraprendere per seguire e vivere i vostri
sogni più felici.
Piano piano, però, prima di arrivare a una lista di
questo tipo (un po’ come quella all’inizio del capi-
tolo), potrebbe essere d’aiuto partire dalla prossima
visualizzazione.

207
96
rinfrescare i nostri sogni
Visualizzazione

Ma si potrebbe anche dire: riscaldare i nostri sogni.


Rinfrescare o riscaldare, come ci rinfreschiamo o ri-
scaldiamo bevendo qualcosa. Prima di iniziare questa
visualizzazione, infatti, vi consigliamo di sedervi sulla
vostra poltrona preferita e di gustarvi una buona be-
vanda, fresca o calda, secondo le vostre preferenze.
L’essenza di questo breve esercizio è tutta qui, nel
gustarsi con calma, rilassatamente, a occhi chiusi, i
bei momenti della vostra vita.

Con ancora il gusto e la piacevole sensazione della


bevanda appena gustata, iniziate a chiudere gli oc-
chi e a seguire tranquillamente il vostro respiro, con
lo stesso piacere con cui avete bevuto la vostra bi-
bita. Cercate quindi di farvi guidare da questo stato
di piacevole benessere, alla ricerca di tutti i piccoli e
grandi momenti felici, pieni, divertenti, significativi,
piacevoli della vostra vita.
Cercate di non giudicarli, semplicemente lasciate
che affiorino, passateli in rassegna, col sorriso sulle
labbra. Possono essere momenti comuni o straor-
dinari, l’importante è che ne ricordiate il maggior
numero possibile: dal fare una bella doccia al con-
cedervi un bagno sotto una cascata, dal piacere del

208
sole di settembre alla vacanza su spiagge tropicali...

Dopo qualche minuto, quando sentite di aver ter-


minato questa rilassante attività di ricerca, tornate
per qualche secondo al vostro respiro, aprite gen-
tilmente gli occhi e, con calma, appuntate su una
pagina, o su questo libricino, una breve descrizione
dei momenti che avete ricordato.

209
97
le tre settimane di Georgia
Visualizzazione

La prima visualizzazione ci ha aiutato a entrare men-


talmente in contatto con i momenti belli e significativi
della nostra vita. Consideriamola una sorta di allena-
mento per questa e per le successive visualizzazioni.
Adesso, infatti, si tratta di esplorare situazioni simili,
non nel passato, bensì nel futuro. Ci faremo ispirare
dalla storia di Georgia, la protagonista di L’ultima va-
canza, una commedia con Gerard Depardieu e Queen
Latifha, che vi raccomandiamo di vedere. In questo
film, uno strano medico indiano comunica a Georgia,
la protagonista, che le restano soltanto 3 settimane da
vivere. Ecco, partiamo da qui e andiamo per gradi.

Comodi, rilassati, magari piacevolmente introdotti in


questo vostro spazio prezioso da un buon drink. Chiu-
dete gli occhi e godete per un po’ del vostro respiro,
come se continuaste a bere qualcosa di altrettanto gra-
devole. A ogni inspiro gustate l’aria che entra, a ogni
espiro l’aria che esce dai vostri polmoni. Mentre restate
in questo stato di benessere, immaginate di essere se-
duti in uno studio medico. È uno studio accogliente,
colorato, pieno di fiori profumati. Il medico è estre-
mamente gentile, amichevole, delicato. Vi conferma la
diagnosi: avete una malattia incurabile. Sorprendente-
mente però, vi dice: «Sembra paradossale, ma sapere
che ci restano solo 3 settimane da vivere può essere
un’occasione molto bella. Nessuno di noi sa quanto
tempo avrà a disposizione, se un’ora, un giorno o altri

210
cinquant’anni. Tu adesso lo sai. Tre settimane, cioè 21
giorni, ovvero più di 500 ore. Potrebbe essere il tempo
più bello, piacevole e denso di significato di tutta la tua
vita, fino all’ultimo secondo. Dipende solo da te. Fra
poco uscirai dal mio studio e inizierai a vivere questo
tempo. Cosa farai? Ti prego, se puoi, fammi un favore.
Mi piacerebbe conoscere almeno tre cose che sai già
che vorresti fare. Possono essere situazioni che vivi abi-
tualmente o cose che non hai mai vissuto. Io non ho
più nulla da dirti ora, ti lascio nel mio studio. Prenditi
tutto il tempo che ti occorre e, quando vorrai, scrivile
su questo foglio bianco che sta sulla mia scrivania. Ti
ringrazio comunque per provarci. Allora, buona vita».
Quindi il medico esce dal suo studio e voi vi accingete
a scrivere le tre cose sul foglio. Quando sentite di aver
scritto abbastanza o avvertite che è comunque il mo-
mento di uscire dallo studio, fatelo. Uscendo vi ritro-
vate su uno splendido viale alberato. Il cielo è azzurro,
c’è un bel tepore nell’aria e una brezza leggera che
vi rinfresca, accarezzando il vostro volto. Sentite que-
sta brezza che penetra gentilmente dentro di voi, fon-
dendosi con il vostro respiro. Inspirando, vi rinfrescate,
espirando provate un senso di benessere. Seguite per
un po’ questa piacevole sensazione e, quando volete,
riprendete contatto con il vostro corpo, facendo dei
piccoli movimenti. Gentilmente, riaprite gli occhi.

Bene, se avete scritto qualcosa sul foglio del medico,


allora scrivetelo anche su una pagina di questo libricino
adesso. Se non avevate scritto niente, magari più tardi
vi verrà voglia di scrivere qualcosa.

211
98
wow!
Visualizzazione

Bene bene, ora che siete diventati esperti nel visualiz-


zare, provate anche questa.
Una raccomandazione però, non provate più di una
visualizzazione al giorno.
Ritagliatevi il vostro momento prezioso e indisturbato,
dopotutto vi occorrono pochi minuti per questi eser-
cizi, no? Allora: poltrona comoda, drink, via i cellulari.

Quando vi sentite pronti, chiudete gli occhi e godete


per un po’ del vostro respiro, come se continuaste a
bere il vostro drink. A ogni inspiro gustate l’aria che
entra, a ogni espiro l’aria che esce dai vostri polmoni.
Piano piano iniziate a visualizzare un colore davanti a
voi, il vostro colore preferito. Potrà variare in un conti-
nuo gioco di sfumature e intensità. Divertitevi a osser-
vare come cambia. Ed ecco che nei suoi cambiamenti il
vostro colore diventa simile a fumo, simile a un pennac-
chio in movimento. Sembra assumere una forma pre-
cisa: è stretto in una punta in basso e si allarga verso
l’alto, come un triangolo rovesciato. In cima al trian-
golo, ecco che spunta una sfera e… magia: la sfera
inizia a guardarvi e a sorridervi amichevolmente. Wow,
ma certo! Ora lo riconoscete, è un genio, un genio ma-
gico, pronto a esaudire i vostri desideri.
Il genio, però, vi pone tre condizioni. La prima, la più
ovvia: non più di tre desideri. La seconda: esaudirà
soltanto desideri possibili, non vi porterà su Marte,

212
non vi farà diventare un supereroe.
Potrete esprimere desideri che voi stessi, con un po’
di tempo o un po’ di soldi in più a vostra disposizione,
o con qualche amico o amica un po’ più disponibili,
avrete la possibilità di realizzare. Insomma, esprimete
i vostri desideri al genio, usate tutta la vostra fantasia,
ripescate i vostri sogni nel cassetto, quello che avete
sempre desiderato fare, vivere, sperimentare e che non
avete ancora fatto, o che magari avete già fatto ma
vorreste rifare ancora.
La terza e ultima condizione: dovete farlo prima che
il genio svanisca davanti a voi, e questo accadrà fra
cinque minuti. Quindi, forza, esprimetevi! E mi rac-
comando: pronunciate, per ogni desiderio, una bella
frase che sia chiara e comprensibile per il genio.
Iniziate ad accorgervi che il genio sta di nuovo trasfor-
mandosi in un grande triangolo, il vostro tempo sta per
scadere. Adesso il triangolo torna ad essere solo un co-
lore in movimento. Se ancora non avete espresso tutti e
tre i desideri avete ancora pochi secondi per farlo. Adesso
il colore svanisce sempre più, si dissolve, lascia questa
stanza. Salutate il genio e tornate al vostro respiro.
Se non avete fatto in tempo ad esprimere tutti i desi-
deri, non vi preoccupate, perché il genio, prima di sva-
nire, ha detto che tornerà.
Quando volete, stiracchiatevi piano piano e gentil-
mente riaprite gli occhi.

Ah! Dimenticavamo: il genio è un po’ distratto e vi sa-


rebbe grato se scriveste per lui i tre desideri su un foglio
di carta.

213
99
Scrittura creativa: l’anno sabbatico

Questa volta non si tratta di una visualizzazione, ma


di un esercizio di scrittura creativa. Non c’è bisogno
di essere dei grandi scrittori, anzi. Possiamo scrivere
nel modo che preferiamo, senza censure e riguardi
di alcun tipo.

Iniziate la vostra lettera decidendo chi è il destinata-


rio. Sarà il vostro datore di lavoro? Il vostro partner?
La vostra numerosa, chiassosa e pretenziosa fami-
glia? I vostri soci o colleghi?
Bene, una volta deciso, iniziate comunicando loro,
per un motivo che può essere tanto reale quanto
strampalato e inverosimile, che avete deciso di pren-
dervi un anno sabbatico.
Avete riscoperto questa istituzione antica come
l’uomo e, condividendone appieno il senso e l’uti-
lità, sentite di non poter aspettare oltre. Elencherete
quindi, cercando di farle apparire come cose di im-
portanza estrema, tutte le esperienze che vorrete
fare e vivere in questo anno che avete deciso di de-
dicare a voi stessi.
Cercate di fornire il maggior numero di dettagli e
spiegazioni sull’importanza delle intenzioni che avete
in programma perché, sebbene le farete comunque,
con questa lettera avete il compito di convincere il

214
più possibile il vostro o i vostri interlocutori.
Quindi, anche qualora per un anno intero voleste
soltanto dedicarvi a guardare la Tv, vi spingerete in
grandi spiegazioni, con dotte parole, parolacce o pa-
roloni, sul perché questa scelta sia per voi di assoluta
importanza. Ricordate, però, che un anno sabbatico,
in passato, poteva essere preso soltanto una volta
ogni sette anni, quanto ai giorni nostri. Quindi, sfrut-
tatelo bene!

Che ci dite, adesso siete riusciti a individuare le vo-


stre 10 intenzioni, vero?
Le tre visualizzazioni e l’ultimo esercizio servivano
solo a questo. Differenti parole per uno stesso obiet-
tivo: vedere, sentire, gustare, scrivere e… vivere i vo-
stri sogni, la vostra vita, all’insegna di una felicità
sempre maggiore!
Siamo ormai giunti al termine del nostro libricino,
abbiamo elencato, raccontato, proposto tante pos-
sibilità, tanti strumenti, tante occasioni per una vita
più felice. Ovviamente, la lista delle 10 cose non deve
per forza rifarsi o contenere tutte le possibilità pre-
sentate. Per realizzare le vostre potreste non averne
assolutamente bisogno.
Questa lettera vuole essere solo un ulteriore stimolo
per consolidare la vostra fiducia: vi meritate tutto il
meglio e… ci sono un sacco di modi per ottenerlo!
Sapete cosa volete, sapete come farlo.

215
100
Motivi per non cambiare

Già, 100 modi per trasformare la propria vita, ma


anche 100 motivi per non cambiare.
Può capitare di sentirsi in colpa, perché scegliere
di cambiare forse ci porterà lontano da casa, dagli
amici, ci farà forse spendere un po’ di soldi, pro-
prio in questi tempi di crisi economica. Sentirci in
colpa perché a noi, già adesso, non manca proprio
niente, mentre c’è chi sta molto peggio. Oppure, si
può pensare di star facendo la cosa sbagliata, per-
ché abbiamo paura che il nuovo che ci aspetta possa
non essere come lo immaginavamo. E, anche se
tutto andasse bene, quando torniamo a casa, cosa
faremmo?
È facile cadere nella trappola di pensare che l’im-
portante è vivere la bellezza del momento presente
e che cose belle, importanti e significative possono
accadere anche nella nostra vita ordinaria, senza bi-
sogno di imbarcarci in grandi stravolgimenti o fughe
esotiche. Anche noi, ovviamente, siamo passati at-
traverso questo calvario di “ma”, “se” e “sì, però”.
Ma dobbiamo ammetterlo: è durato l’arco di un
pranzo, fino al momento in cui l’immancabile Elia,
nostro figlio, ha puntualmente sentenziato: «Ma

216
qui, ma là, insomma, quando sei morto sei morto,
facciamolo!».
Denaro, impegni, legami, situazioni particolari; ci
sono molti aspetti che potrebbero farci desistere e
rinunciare al cambiamento, ma sono tutti eventuali
problemi risolvibili. È sempre possibile scegliere. È
sempre possibile sognare. E vale veramente la pena
di andare incontro ai nostri sogni! O davvero pen-
sate che ci sia qualcosa che non va nel voler vivere in
un mondo migliore, nel cercare un rapporto diverso
con la natura, con le altre persone, con il denaro,
con il ritmo della vita? Davvero ritenete che tentare
una o 100 di queste possibilità per vivere una vita
più felice sia qualcosa che può non riguardarvi per-
sonalmente?
Voi avete il diritto a una vita felice! Per la prima volta
nella storia dell’umanità, ci siete solo voi!
Nessuno spirito del tuono dietro le tempeste, nes-
sun Dio-padre sopra le nostre teste, nessuna falce e
nessun martello, nessun capitale da nascondere nel
cappello. Non è sopravvissuta nessuna ideologia, fi-
losofia, religione, fede…
Oggi, finalmente, è giunto il momento di manife-
starci per quello che siamo: persone libere e mera-
vigliose, nate per cooperare fra di loro, per essere
solidali, per amarsi, per vivere una vita felice.

217
101
Il vostro modo per cambiare vita ed
essere felici!

Adesso tocca a voi! Qual è la vostra idea, sogno,


possibilità per una vita più felice? Scrivetela nello
spazio qui sotto e, se volete, fatela sapere anche a
noi, così la pubblicheremo sul nostro sito, la propor-
remo nel nostro Ufficio mobile e la inseriremo nella
prossima edizione del libro.
Ma soprattutto: la sogneremo anche noi e, magari,
la metteremo in pratica!

La mia idea per una vita più felice è

218
219
220
Appuntamento con un libro...
a quattro ruote!

Con un furgone camperizzato, in giro per quest’Ita-


lia da ricominciare, presenteremo così questa agile
guida che avete appena letto, dal primo Ufficio mo-
bile del cambiamento, dello scollocamento e della
disoccupazione creativa. L’idea è quella di andare
nelle scuole, nelle librerie, nelle università della terza
età, nelle biblioteche, nelle piazze, nelle case, sì, pro-
prio nelle case, di chi vorrà ascoltare le storie di 100
modi, condividere con noi le proprie esperienze, i
propri dubbi, paure, resistenze al cambiamento. Ed
esplorare insieme, caso per caso, paese per paese,
nei diversi contesti, tutte le opportunità per uno
scollocamento, per una dis-occupazione creativa,
per vivere meglio, nonostante la crisi.
Un modo per cambiare che porta con sé tutti gli altri
e molti altri ancora, in tour!

Allora, contattateci, seguite le date e le tappe del


nostro Ufficio mobile e… a presto!

• www.aamterranuova.it
Sulla home page di Terra Nuova troverete il nostro
blog con le date del tour e tutte le informazioni utili
per contattarci.

221
Indice delle possibilità

1. B&B&B. 6
2. Wwoof 8
3. Scambio casa 10
4. Couch surfing 12
5. Ecovillaggi 14
6. Cohousing 18
7. Vagabonding 22
8. Volontariato ambientale nel mondo 24
9. Downshifting 26
10. Vivere in modo creativo 28
11. Vivere in camper 30
12. Anno sabbatico 32
13. Ricetta antistress 34
14. Le pagine gialle delle comunità intenzionali 36
15. Comunità olistiche per persone con disabilità 38
16. Cohousing per anziani 40
17. Insediamenti a basso impatto ambientale 44
18. Una casa su misura 46
19. Case di paglia 48
20. Centro per le tecnologie alternative 50
21. Lakabe 52
22. Permacultura 54
23. Io mi informo per... 56
24. Helpex 58
25. L’autoproduzione in città 60
26. L’orto senza zappare 62
27. Io mi informo per… 64

222
28. La scuola dell’autosufficienza 66
29. Hotel e ristoranti itineranti 68
30. Un teatro di paglia 70
31. Glamping 72
32. Ecovillaggio diffuso 74
33. Vivere in 5 con 5 euro al giorno 76
34. Io mi informo per… 78
35. Transition town 80
36. Schumacher college 82
37. Car sharing 84
38. Condividiamo la nostra casa! 88
39. Au-pair 90
40. Le Mag 92
41. Vauban! 94
42. Bici e auto elettriche 96
43. Cittadini, pescatori e agricoltori: insieme! 98
44. Gruppi d’acquisto solidale 100
45. Ristoranti invisibili 102
46. Car pooling 104
47. Ricetta antistress 106
48. Vivere senza soldi 108
49. Mangio, baratto e splendo! 110
50. La rivoluzione in bicicletta 112
51. Una famiglia a impatto zero 114
52. Evviva lo scambio 116
53. Solo per il piacere di farlo 118
54. La banca delle risorse 120
55. Le grand don 122
56. In sintonia e a offerta libera 124

223
57. Xariseto 126
58. Cooking co-ops 128
59. Reti di economia locale e solidale 130
60. Chez-moi 132
61. Information guerrilla 134
62. Io mi informo per… 136
63. What? 138
64. Tamera global campus 140
65. The Idler academy 142
66. Il discorso tipico dello schiavo 144
67. Io mi informo per… 146
68. Scuola familiare e scuole democratiche 148
69. Bunker Barefoot 150
70. Ricetta antistress 152
71. Mollo tutto! 156
72. Festival per aprire la mente 158
73. Raccontare storie 160
74. Ufficio di scollocamento 162
75. Dis-occupazione creativa 164
76. Liberazione fai da te 166
77. Nation builder 168
78. Cerchio del dono 170
79. Generazione G 172
80. Io mi informo per 174
81. Case aperte 176
82. La lista della felicità 178
83. La medicina corpo-mente 180
84. Parto naturale 182
85. One billion rising 184

224
86. Io mi informo per… 186
87. Abbracci liberi! 188
88. Laboratori di coccole 190
89. Love revolution 192
90. Celebrare una vita! 194
91. Vivere felici, morire felici 196
92. Guarire con l’arte 198
93. Roberta e Simone 202
94. Il vecchio che mangiava i gelati 204
95. La lista delle 10 cose: sognare e vivere i sogni 206
96. Rinfrescare i nostri sogni. 208
97. Le tre settimane di Georgia. 210
98. Wow! 212
99. Scrittura creativa: l’anno sabbatico 214
100. Motivi per non cambiare 216
101. Cambiare vita ed essere felici! 218
Appuntamento con un libro... a quattro ruote! 221

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La profonda crisi che stiamo attraversando, se affrontata con ot-
timismo può essere ribaltata positivamente e vissuta come una
formidabile occasione di cambiamento: è questa la sfida lanciata
dagli autori di 100 modi per cambiare vita ed essere felici.
Se siete insoddisfatti del vostro quotidiano, se siete in mobilità,
se il vostro posto di lavoro è in forse, se siete ancora alla ricerca
di un’occupazione o se più semplicemente desiderate pren-
dervi una lunga pausa dal tran tran di ogni giorno, questo è
libro che fa per voi.
In questo agile compendio troverete suggerimenti, indirizzi,
link a siti web e letture di approfondimento per cambiare vita
e trasformare, da subito, questo momento di difficoltà in un’op-
portunità.Tra le pagine di questo volume troverete tutte le in-
formazioni per prendervi un anno sabbatico, girare il mondo
con pochi spiccioli grazie al couch surfing, andare a vivere in
un ecovillaggio in Italia o all’estero, fare volontariato ambientale
in qualche ong, lavorare in cambio di ospitalità nelle aziende
biologiche e biodinamiche d’Europa, sperimentare l’economia
del dono, imparare una nuova professione o una nuova lingua.
Sono davvero tante le cose che si possono fare da soli o insieme
ad altri per vivere meglio e più felicemente a partire dai propri
talenti, passioni e sogni per ritrovarsi finalmente più ricchi
dentro e dare senso, gioia e utilità alla nostra esistenza.

www.terranuovaedizioni.it

ISBN 88-66810-28-5

€ 10,00

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