Biografie di alcuni
Capi, notabili e personaggi
dell’Eritrea e dell’Etiopia
1892
Vito Zita
2
Capi, notabili e personaggi eritrei ed etiopici
Indice
Indice p. 3
Elenco dei nomi in ordine alfabetico p. 5
Introduzione p. 7
Avvenimenti principali svoltisi nel Tigrai durante questo secolo p. 19
Genealogia della famiglia paterna di Re Giovanni p. 23
Genealogia della famiglia materna di Re Giovanni p. 24
Grandi personaggi viventi del Tigrai p. 25
Capi secondari del Tigrai p. 38
Genealogia di Degiac Abraà Scirè p. 44
Clero del Tigrai p. 49
Grandi personaggi etiopici di paesi a sud del Tacazzè p. 54
Bibliografia p. 59
3
Vito Zita
4
Capi, notabili e personaggi eritrei ed etiopici
Abai (Degiac) p. 42
Abatè (Licamȇquàs) p. 61
Abbagos (Balghedà) p. 40
Abbai (Degiac) p. 43
Abbai Agamè (Degiac) p. 43
Abbraà (Ligg) p. 40
Abbraà Scirè (Degiac) p. 46
Adgù Marù (Degiac) p. 39
Agamè Romhà (Degiac) p. 49
Agos (Ras dello Scirè) p. 33
Ailù (Balghedà) p. 40
Ali (Degiac) p. 48
Alula Turch-bascià (Ras) p. 32
Amdi Brahan Areja p. 55
Andèr Gacciò (Scium Seloa) p. 42
Aregani (Melach Brahanat Licacanat) p. 53
Areja (Amdi Brahan) p. 55
Arerè (Degiac) p. 41
Bajanè (Degiac) p. 40
Bogallè (Degiac) p. 40
Burrù (Uaghscium) p. 58
Cassa (Degiac) p. 42
Darghiè (Ras) p. 59
Desta (Degiac) p. 49
Egzao (Degiac) p. 49
Embajè (Degiac) p. 42
Fanta (Degiac) p. 46
Fanta (Nebraid) p. 53
Fessahà (Melach Brhanat) p. 54
Gabre Esghier (Memer) p. 55
Gabre Ghiorghis (Ghetai) p. 53
Gabre Micael (Memer) p. 55
Gabresghi (Memer) p. 54
Gabrè Zama p. 55
Garè Chidan (Ras) p. 37
Garenchiel (Cagnasmac) p. 41
Gheramanù (Degiac) p. 61
Iteghè Denchenesc p. 32
Iosef (Grasmai) p. 60
Maconnen (Ras) p. 59
Mangascià (Ras) p. 25
5
Vito Zita
Mangascià Atichè p. 59
Marù (Degiac) p. 43
Melach-Brahanat Fessahà p. 53
Mesciascià (Ras) p. 59
Mesciascià Uorchiè (Degiac) p. 60
Micael (Ras) p. 57
Negussiè (Degiac) p. 48
Oliè (Ras) p. 59
Petròs (Abuna) p. 52
Sabat (Ras) p. 33
Servellà (Fitaurari) p. 44
Sinchiè (Azagè) p. 61
Taclè Aimanot (Degiac) p. 44
Tanfù (Fitaurari) p. 61
Tedla Abbaguben (Degiac) p. 40
Tedla Aiba (Degiac) p. 41
Tedla Fingial (Degiac) p. 44
Tedla Csarà (Degiac) p. 41
Tedla Uachid (Degiac) p. 36
Teofilos (Ecceghiè) p. 52
Tesamma (Degiac) p. 44
Tesamma Grimai (Scium Seloà) p. 42
Tesamma Nadò (Degiac) p. 60
Tesfai (Degiac) p. 47
Uizorò Taclè p. 32
Uold Abi Esghi (Memer) p. 55
Uolda Ghiorghis (Nebraid) p. 51
Uoldè Gabriel (Ras) p. 60
Uolde Zadech (Azagè) p. 61
Uoldenchiel (Ras) p. 37
Uoldiè (Degiac) p. 43
Uoldu Micael (Ras) p. 37
Zammaniel (Azagè) p. 61
Zuoldiè (Degiac) p. 43
Z…. p. 66
6
Capi, notabili e personaggi eritrei ed etiopici
Introduzione
1
A. Issel (Genova 1842 - Genova 1922). Naturalista, geologo e paleontologo, fu lo scopritore della
Caverna delle Arene Candide a Finale Ligure (SV). Partecipò a diverse spedizioni in Africa, fra cui
quella dell’Antinori del 1870.
2
Cfr. A. Issel, Viaggio nel Mar Rosso e tra i Bogos, Fratelli Treves, Milano, 1885, pag. 212.
3
Leone Carpi (Cento, 7 settembre 1810 - Roma, 19 gennaio 1898) è stato un economista, politico e
giornalista italiano. Eletto nella VII legislatura del Regno di Sardegna nel Gruppo dei liberali, alla
fine del suo mandato fu un collaboratore del giornale Il Popolo romano. Mise in luce le condizioni
sociali e morali dell’Italia unita con le informazioni raccolte presso tutti gli uffici governativi. Nella
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Vito Zita
sua opera di maggior interesse, Dell’emigrazione italiana all’estero, nei suoi rapporti coll’agri-
coltura, coll’industria, e col commercio, pubblicata nel 1871, riportò che circa 550.000 italiani vi-
vevano in ciò che chiamò “colonie” dell’Italia all’estero, riportando anche i paesi e le percentuali di
emigrati.
4
Cristoforo Negri (Milano, 13 giugno 1809 - Torino, 1896) è stato un politico e scrittore italiano. Fu
il primo presidente della Società Geografica Italiana dal 1867 al 1872. Fu console generale ad Am-
burgo dal 1873 al 1874 e in seguito si ritirò a vita privata a Torino. Nel 1884 partecipò come delega-
to italiano alla Conferenza dell’Africa Occidentale di Berlino e sei anni dopo fu nominato senatore
del Regno d’Italia.
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Guglielmo Massaia, al secolo Lorenzo Antonio Massaia (Piovà, 8 giugno 1809 - San Giorgio a
Cremano, 6 agosto 1889). Nel 1846 fu nominato vicario apostolico da papa Gregorio XVI; la popo-
lazione etiopica dei Galla, presso la quale doveva svolgere il vicariato, era a nord dell’Etiopia e Gu-
glielmo dovette risalire il Nilo e attraversare il deserto per raggiungerla. Ivi passò 35 anni di missio-
ne.
6
Vasta regione dell’altipiano etiopico, comprendente gran parte del territorio a sud e sud-est del
Goggiam e dello Scioa, abitata prevalentemente da popolazioni Galla.
7
Negussiè Uoldemicaèl, feudatario etiopico, era originario del Lasta. Autonominatosi deggiasmac,
tentò di esercitare il proprio comando sul Tigrè, Semien, Lasta e parte dell’Amara, contro il re Teo-
doro II. Per combatterlo Negussiè cercò aiuti dall’Europa, rivolgendosi principalmente a Napoleone
III e Vittorio Emanuele II, con la mediazione dei missionari cattolici. Fu catturato e ucciso da re Te-
odoro II nel 1863.
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Padre Giovanni Stella (Carcare, 1822 - Sciotel, 1869). Dopo aver studiato nel seminario di Genova
e Torino, nel 1847 partì per Agamà, località vicino ad Adigrat nel Tigrè etiopico, dove nel 1844
Giustino de Jacobis aveva fondato una missione cattolica e una scuola. Nel 1849 accompagnò il
Massaia che tentava di raggiungere il sud dell’Etiopia. Nel 1851 accompagnò padre Sapeto nel suo
viaggio tra i Mensa, i Bogos e gli Habab. In seguito però i due decisero insieme che il Sapeto avreb-
be proseguito la missione più nel Sud, invece padre Stella avrebbe costituito una base agricola e
missionaria nel Tigrè. Nel 1865 padre Stella ricevette da degiasmac Hailu una concessione di 235
km² nella regione dello Sciotel. Nel 1866 dovette abbandonare lo stato ecclesiastico, poiché da tem-
po conviveva con una donna indigena. Si dedicò quindi interamente alla realizzazione della colonia
agricola incontrando la vivissima opposizione del Munzinger, che all’epoca rappresentava gli inte-
ressi del governo egiziano.
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Capi, notabili e personaggi eritrei ed etiopici
tratto di costa fra Zula e Amfilè, per fondarvi una colonia penale. L’offerta
del Massaia era stata provocata da due richieste in questo senso avanzate
nel 1852 e nel 1867 dallo stesso Ministero degli Esteri del Piemonte che si
riprometteva, oltre alla fondazione di una colonia di deportati, anche, even-
tualmente, una colonia di liberi cittadini, in modo da allacciare relazioni di
commercio tra l’Etiopia e il Piemonte. Anche padre Stella, che si trovava
in missione apostolica nel paese dei Bogos, aveva avanzato un’analoga
proposta a Cavour, per mezzo di un suo fiduciario, Antonio Rizzo, riu-
scendo a ipotizzare la fondazione di una vera e propria colonia sarda nel
Tigrai.
Cavour morì nel 1861 sicché, negli anni successivi, di colonia penale o
commerciale non si parlò più nel Regno d’Italia, ancora sconvolto per le
lotte dell’indipendenza e certamente non così omogeneo, compatto e pre-
parato da pensare ad avventure, sia pur pacifiche, nella non vicina Etiopia.
Tuttavia padre Stella non abbandonò l’idea e avuta in concessione una zo-
na di terreno presso Cheren vi impiantò una colonia agricola con trenta co-
loni, guidati dallo Zucchi e dal Bonichi.
La prevista apertura del canale di Suez nel 1869, che avrebbe prodotto
una rivoluzione commerciale epocale e avrebbe cambiato in modo radicale
le rotte commerciali fra Europa, Indie ed Estremo Oriente, attirò l’atten-
zione dei governanti europei anche sul Mar Rosso, che per la sua posizione
e per le condizioni delle sue coste poteva offrire stazioni commerciali e ap-
prodi per il rifugio e il rifornimento delle navi.
La prima presenza italiana nel Corno d’Africa risale così al 15 settem-
bre 1869, quando il padre lazzarista Giuseppe Sapeto 9 acquistò la baia di
Assab e i terreni limitrofi dai sultani fratelli Ibrahim e Hassan ben Ahmad.
Per ragioni politiche, però, si scelse di far apparire come acquirente la So-
cietà di navigazione Rubattino e non il Governo italiano. Tale acquisto non
portò a un’occupazione effettiva del territorio ma in compenso causò per
circa un decennio le forti proteste dell’Egitto e della Turchia, che vantava-
no su quei luoghi diritto di sovranità. Il governo sabaudo, temendo compli-
cazioni internazionali proprio nel momento in cui si stava per compiere la
liberazione di Roma e infuriava la guerra franco-prussiana, rinunciò
all’idea di palesare il proprio dominio sul territorio acquistato, limitandosi
9
Giuseppe Sapeto (Carcare, 27 aprile 1811 - Genova, 25 agosto 1895), è stato un missionario, e-
sploratore e commissario di Assab per il governo italiano in Africa dal febbraio 1870 al 9 gennaio
1881, svolgendo al contempo anche il ruolo di agente commerciale della Compagnia Rubattino. Cfr.
Archivio storico diplomatico del Ministero degli Esteri, che contiene l’archivio dell’ex Ministero
Africa Italiana, d’ora in poi ASMAI, vol. 1, Eritrea, Etiopia, Somalia, posizione 1/1, fascicolo 1.
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Vito Zita
10
Cfr. A. Mori, Le comunicazioni marittime dell’Eritrea, in F. Martini, «L’Eritrea economica»,
Istituto Geografico De Agostini, Novara, 1913, pag. 92.
11
«Per l’occupazione di Massaua caddero poco per volta col trascorrere del tempo le supposizioni
create dalla fantasia popolare, ed ormai si può ritenere per assodato che l’occupazione di quella
plaga fu compiuta dagli italiani in seguito ad accordi con l’Inghilterra». Cfr. E. Cagnassi, I nostri
errori. Tredici anni in Eritrea, Francesco Casanova Editore, Torino, 1898, pag. 14.
12
Giuseppe Maria Giulietti (Casteggio, 28 dicembre 1847 – Beilul 1881) è stato un geografo ed e-
sploratore, a capo di varie spedizioni in Africa. Durante l’ultima di esse, venne ucciso dalle popola-
zioni dancale insieme al tenente di vascello Ettore Biglieri e a dieci marinai dell’Ettore Fieramosca.
Il massacro avvenne nei pressi della città di Beilul. Cfr. ASMAI, vol. 1, Eritrea, Etiopia, Somalia,
posizione 1/2, fascicolo 9; posizione 1/3, fascicolo 17 e 19.
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Capi, notabili e personaggi eritrei ed etiopici
la spedizione di Giuseppe Maria Giulietti. Il tentativo, tuttavia, non diede gli esiti sperati: nella notte
tra il 6 e il 7 ottobre 1884 Bianchi, Diana e Monari vennero uccisi dai Dancali presso i pozzi di
Thiò. Cfr. ASMAI, vol. 1, Eritrea, Etiopia, Somalia, posizione 1/6, fascicolo 49 e posizione 1/7,
fascicolo 62.
21
Il Sultanato di Aussa era un regno che esisteva nella Regione Afar dell’Etiopia orientale. È stato
considerato come la monarchia leader del popolo Afar, al quale gli altri governanti Afar formalmen-
te riconoscevano il primato. Dopo l’acquisto italiano di Assab da parte di un sultano locale, il Sulta-
no Mahammad firmò con noi numerosi trattati. In conseguenza di ciò, l’imperatore Menelik II stabi-
lì una parte del suo esercito nei pressi del territorio Afar per «assicurarsi che il sultano degli Aussa
non onorasse la sua promessa di piena collaborazione con l’Italia» durante la prima guerra italo-
etiopica.
22
Alessandro Asinari di San Marzano (Torino, 20 marzo 1830 - Roma, 16 febbraio 1906) è stato un
politico, militare italiano e senatore del Regno. Dopo aver preso parte alla seconda guerra di
indipendenza e alla presa di Roma, nel 1877 venne promosso Maggiore Generale, poi Tenente
Generale nel 1883. Fu governatore di Massaua, nella colonia Eritrea, dal 1887 al 1888.
12
Capi, notabili e personaggi eritrei ed etiopici
il negus avanzò con un grosso esercito verso Saati, attestandosi a poca di-
stanza dalle posizioni italiane. I due eserciti si fronteggiarono dalle rispet-
tive posizioni fino a che, nell’aprile seguente, l’esercito del negus, falcidia-
to dalle malattie, decise di ritirarsi, senza essere inseguito dagli italiani. Di
lì a poco anche lo stesso San Marzano venne richiamato in Italia insieme a
gran parte del corpo di spedizione, lasciando il comando al generale Anto-
nio Baldissera 23, che assunse anche l’incarico di riorganizzare la colonia.
Gli sviluppi militari e la continua penetrazione nei territori dell’alto-
piano etiopico portarono a continui scontri sia con i seguaci del Mahdi che
con gli abissini, ma con alterne fortune 24. Infatti le campagne militari con-
tro i predoni sudanesi ebbero un discreto successo per le armi italiane, cosa
che non avvenne invece con gli abissini, che ci sconfissero pesantemente
ad Adua il 1° marzo 1896. La notizia del disastro provocò ancora una volta
grandi manifestazioni e proteste contro la politica coloniale del governo;
non mancarono le rinnovate polemiche sul tipo di possibilità economiche e
sociali effettivamente offerte dall’Eritrea e sull’indirizzo da dare all’opera
di valorizzazione di quella regione: colonia di popolamento o colonia di
sfruttamento, colonizzazione agricola o semplice penetrazione commercia-
le? Erano temi vecchi e dibattuti, ma certo non logori, e si ripresentarono
con carattere di rinnovata urgenza e attualità nel momento in cui sembrava
che il destino stesso della presenza italiana in Eritrea – e di riflesso in Etio-
pia – potesse tornare in discussione 25. Il 5 marzo Crispi rassegnò le dimis-
23
Antonio Baldissera (Padova, 27 maggio 1838 - Firenze, 8 gennaio 1917) è stato il capo delle
truppe italiane in Eritrea nel 1888. Inquadrato nei ranghi della colonna Asinari di San Marzano,
quando questi abbandona il comando gli subentra, coi gradi da generale di brigata, con l’incarico di
riorganizzare la colonia Eritrea. Rientrato in Italia riceve l’incarico di sostituire Oreste Baratieri alla
fine di febbraio del 1896. All’indomani della sconfitta di Adua, Baldissera divenne governatore
generale dell’Eritrea italiana riuscendo a fermare l’avanzata delle forze etiopiche.
24
Relativamente alle possibilità di commercio, «col Sudan orientale era quasi interamente sospeso
per lo stato di anarchia interna e di ostilità verso gli europei creato dalla rivolta Mahdista. E, se
avesse potuto rinascere anche soltanto in parte, ben poco giovamento ne avrebbe ottenuto Massaua,
avendo le sue comunicazioni con quelle regioni interrotte dalle continue scorrerie degli Abissini,
che intercettavano tutte le strade derubando le carovane. Con l’Abissinia nessun traffico era possi-
bile fuorché quello delle armi e delle munizioni da guerra; precisamente il solo che avremmo mai
dovuto permettere. E siccome era da presumersi che un simile stato di cose avrebbe perdurato assai
a lungo; così era da prevedersi che per un tempo indefinito la nostra occupazione di Massaua, se
avessimo rinunziato a qualunque azione per rompere il cerchio di ferro da cui eravamo serrati, sa-
rebbe stata completamente infruttifera e soltanto apportatrice di gravami e di disagi». Cfr. E. Ca-
gnassi, op. cit., pag. 36.
25
L’Economista di Firenze, nell’articolo “La questione coloniale” del 23 febbraio 1896 (XXIII, n.
1138, pp. 113-114), torna alla carica con maggior vigore del numero precedente, per denunciare i
danni e i pericoli della politica coloniale seguita negli ultimi dieci anni, «esclusivamente di conqui-
sta, che fu ispirata esclusivamente dai militari e da criteri militari». Non si tratta di fare
dell’anticolonialismo precostituito ma di scegliere il tipo di colonizzazione più confacente alla situa-
zione esistente in Eritrea, e a questo proposito la rivista era esplicita: «Crediamo che a puro scopo
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Vito Zita
sioni da Presidente del Consiglio, e il suo governo venne sostituito dal se-
condo governo di Rudinì. I pochi reparti italiani rimasti intatti ripiegarono
in Eritrea tra il 2 e il 3 marzo, tranne la guarnigione di Adigrat (dove si e-
rano rifugiati molti dei feriti italiani) che rimase al suo posto e venne asse-
diata dagli etiopici. Il 4 marzo Baldissera giunse nella colonia rilevando il
comando Baratieri 26 il giorno seguente. Rientrato in Italia, Baratieri venne
imputato da una corte marziale di aver preparato un piano d’attacco “ingiu-
stificabile” e di aver abbandonato le sue truppe sul terreno; fu assolto da
queste accuse, ma fu descritto dai giudici come “del tutto inadatto” per il
comando. La sua carriera militare ebbe di fatto fine.
commerciale l’Italia poteva e doveva cercare di istituire sulle coste del Mar Rosso uno o più scali
propri, doveva cioè tentare la formazione di una colonia commerciale, che servisse ad agevolare le
relazioni commerciali tra l’interno dell’Africa e il nostro paese. Era una impresa limitata, ma
tutt’altro che facile a compiersi e certo il suo esito dipendeva dalla scelta delle località nelle quali
dovevano esercitare le nostre attività commerciali. Preferimmo invece la colonia agricola e, doppio
errore, parve ch’essa non potesse prosperare se non allargando sempre più il nostro dominio in
Africa». Cfr. A. Aquarone, Dopo Adua: politica ed amministrazione coloniale, Ministero per i beni
culturali e ambientali, Ufficio centrale per i beni archivistici, Roma, 1989, p. 82.
26
Oreste Baratieri assunse l’incarico di Governatore il 28 febbraio 1892, in sostituzione del
precedente Governatore Antonio Gandolfi, e rimase in quella carica fino al 22 febbraio 1896 e,
come visto, il 5 marzo fu sostituito dal Generale Antonio Baldissera nella carica di Governatore
della Colonia Eritrea.
27
L’originale è conservato presso l’Archivio Storico dello Stato Maggiore dell’Esercito, con
collocazione L7, Busta 125 Cartella 31.
28
È uno dei curatori del sito Mai Taclì, ovvero la comunità di Asmarini raccolti in Associazione
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Capi, notabili e personaggi eritrei ed etiopici
degli Italiani dell’ex Colonia Eritrea, paesi limitrofi e dei loro amici che si propone di condividere
notizie, immagini, mantenere i ricordi, le amicizie. L’articolo riportato, a firma di Cristoforo
Barbieri, è dell’aprile 2013.
29
Dalla lettura delle biografie risulta lampante come il clero etiope avesse una notevole influenza
politico-sociale non solo sul popolo ma anche e soprattutto sui capi che li consultavano nei momenti
delle decisioni importanti. In molti casi la parentela con i Capi determinava anche interessi personali
e per la stessa Chiesa Copta.
15
Vito Zita
30
Cfr. Mai Tacli n°4 del 2010: “Il Papa non deve parlare” e n°1 del 2011: “Il consenso dei
Cattolici”.
31
Tale isolamento ha origine con la conversione al Cattolicesimo operata nel 1624 da Re Susenyos,
per ottenere l’appoggio militare del Portogallo e della Spagna. Egli infatti impose ai sudditi di
seguirlo nella sua scelta determinando, per la prima volta nella sua storia, che la Chiesa ortodossa
etiope interrompesse la millenaria comunione con la Chiesa Copta. La decisione di Re Susenyos fu
16
Capi, notabili e personaggi eritrei ed etiopici
Nulla di nuovo, invece, questo studio apporta per quanto riguarda gli in-
trighi, i tradimenti, le convenienze, le brutali repressioni e le facili sotto-
missioni dei Capi ribelli. La storia millenaria dei paesi europei, e non solo,
ci ha regalato una tale abbondanza di paragoni da rendere al lettore, e a
maggior ragione allo studioso, più chiaramente comprensibile il perché di
quegli atteggiamenti.
Più difficile è giustificare, a volte, la leggerezza con la quale molti dei
personaggi che si recarono in quelle terre lontane usarono nei rapporti e re-
lazioni con i Capi, i notabili e le persone maggiormente influenti dell’Eri-
trea come dell’Etiopia con le quali ebbero modo di confrontarsi. Infatti la
naturale diffidenza tipica di quelle popolazioni indigene portava a compor-
tamenti sicuramente espressione di ritrosia, astuzia e inganno. Qualcosa di
normale per le interazioni sociali e personali che essi avevano con i loro
consimili. Deprecabile, quindi, la sciatteria e l’alterigia di molti che, anche
in qualità di rappresentanti del Governo o della Casa Reale Savoia, ebbero
incarichi ufficiali addirittura prima che nascesse la Colonia Eritrea susse-
guente allo sbarco ed occupazione di Massaua nel 1885.
La lettura di questi profili regala anche una serie di giudizi sui perso-
naggi trattati ed aggiungono anche importanti stime sul potenziale militare
che questi Capi potevano gestire. Quest’ultimo è un argomento di sicuro
interesse storico-militare poiché fa intendere quanta attenzione veniva po-
sta su questo argomento, dato che influiva sulla vita della Colonia Eritrea,
sempre tumultuosa in quei primi anni di occupazione. Soprattutto è un im-
portante elemento di giudizio sulla volontà di espansione territoriale che
portava sempre più gli italiani verso l’altopiano.
Lo stimolo maggiore di questo studio, in definitiva, deve essere quello
di suscitare nel lettore non solo interesse verso quei primi approcci di colo-
nialismo di una Italia liberale, ormai trascurato dalla letteratura contempo-
ranea, ma soprattutto risvegliare interesse verso la conoscenza sociale, cul-
turale ed etnografica di quelle popolazioni che convissero con gli italiani,
nel bene e nel male, attraverso un impulso di sviluppo moderno ed attra-
verso numerose guerre, per quasi un secolo.
malvista dalla sua corte, dal clero etiope che vedeva la sua influenza politico-sociale scemare, e dal
popolo. Una decisione che ebbe come conseguenza numerose congiure contro l’imperatore da parte
dell’aristocrazia etiope e sanguinose rivolte da parte del popolo, che vedevano la conversione
forzata come un “europeizzazione”, un sacrilegio, ed una perdita della propria identità. Fu così che
Susenyos dovette abdicare, nel 1632, in favore del figlio Fasilides che abbandonò immediatamente
al progetto del padre, riconvertendosi al cristianesimo ortodosso copto ed imponendolo come
religione di stato. Ulteriore decisione fu, appunto, quella di bandire tutti gli europei dal proprio
territorio, tutti i libri cattolici vennero bruciati, i gesuiti presenti nel paese vennero cacciati e per
quasi due secoli non fu permesso a nessuno straniero di metter piede nell’Impero d’Etiopia.
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Avvenimenti principali
svoltisi nel Tigrai durante questo secolo
Nella seconda metà del secolo scorso l’autorità degli Imperatori di Gon-
dar, tra per le frequenti invasioni dei feroci Galla, tra per le ribellioni con-
tinue dei capi principali dell’Impero e la strapotenza dei Ras, era divenuta
puramente nominale.
Il primo e più famoso di questi Ras fu Ras Micael del Tigrai, che verso
il 1753, chiamato in aiuto dall’Imperatore Ioas, passò nell’Amhara colle
sue masnade tigrine, sconfisse in parecchie battaglie i ribelli del Lasta e del
Damot, respinse i Galla e i Musulmani del Fazogle e si proclamò difensore
dell’Impero; dando così principio all’egemonia del Tigrai sull’Etiopia.
Alla sua morte gli successero come capi del Tigrai Degiac Gabriel e
Degiac Gabre Mascal e nella carica di Ras e difensore dell’Impero Ras
Gucsa dell’Amhara.
Ma presto sorgeva nel Tigrai un altro valoroso guerriero, Uold Sellassiè,
figlio di Caflè Fasu che vinti e sottomessi Degiac Gabriel e Degiac Gabre
Mascal, si fece capo dell’intiera regione e poi, estesi ancora i suoi domini,
prese il titolo di Ras.
Ras Uold Sellassiè governò tutta l’Abissinia settentrionale fino al 1816
(anno della sua morte) e fu il principe più umano, generoso e guerriero
dell’Abissinia. Sotto di lui il Tigrai godette di alcuni anni di pace e di pro-
sperità, ma presto le guerre ricominciarono.
Ras Gucsa gli si dichiarò nemico; i Galla avanzando sempre erano quasi
giunti nel cuore del Tigrai; Sabagadis, uno dei suoi primi guerrieri, gli si
era ribellato. In questo mentre egli morì 32 e dopo qualche anno morì pure
Ras Gucsa; il Tigrai e le provincie settentrionali erano così lasciate al più
forte e questi fu Sabagadis.
Egli era nativo del Taltal e si dimostrò uomo di grande accorgimento
militare, liberale coi soldati ed avido di gloria e fu amatissimo dai tigrini
per la sua affabilità e per l’odio che professò sempre contro gli Amhara,
odio che è ingenito in tutti gli abitanti del Tigrai.
32
Ras Uoldie Sellassiè
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Vito Zita
A Ras Gucsa era succeduto nel governo dell’Amhara Ras Mariè dei
Galla, che fece il possibile per obbligare Sabagadis a pagargli il tributo.
Non riuscendovi fece lega con Ubiè capo del Semien ed unite le forze mar-
ciarono nel 1831 contro Sabagadis.
Ras Mariè morì nel combattimento, ma Sabagadis fu fatto prigioniero e
quindi ucciso per ordine di Ubiè che in breve si rse padrone di tutto il Ti-
grai, meno alcune provincie orientali che continuarono ad obbedire ai figli
di Sabagadis.
Nel 1839 Degiac Cassai (figlio di Sabagadis) unitosi con Aitè Ailù (poi
Degiac Ailù) e Uold Micael (poi Ras Uold Micael o Uoldenchiel come di-
cesi volgarmente) ambedue dell’Amasen e con Balghedà Araria del Uog-
gerat, mosse contro Ubiè per riacquistare i domini paterni, ma venne scon-
fitto ed Ubiè da allora in poi fu il padrone assoluto di tutta l’Abissinia set-
tentrionale fino a Cheren ed a Moncullo con il nome di Negus Ubiè.
Crescendogli l’animo e l’ambizione pensò di fa guerra a Ras Ali
dell’Amhara (che era successo a Ras Mariè) e sui primi del 1842 marciò
contro di lui, incontratolo presso Debra Tabor fu vinto e prigioniero, ma il
Ras generoso lo mandò libero.
20
Capi, notabili e personaggi eritrei ed etiopici
21
Vito Zita
vittoria, se ne ritornò come era venuto con grande scapito per il suo presti-
gio di Re invincibile e vittorioso.
Marciò poi contro Menelich, che in quel frattempo erasi ribellato, ma
non sentendosi forte abbastanza neppure contro di lui, retrocesse ed andò
ad attaccare i Dervisci che si erano impadroniti di Metemma che
s’avanzavano verso il cuore dell’Etiopia.
Andando contro l’odiato musulmano sperava di trarre nuovamente con
sé tutta l’Etiopia, ma s’ingannò. I capi non lo seguirono con l’usato entu-
siasmo, l’esercito era debole e stanco, travagliato dalla fame e dalle malat-
tie, la fiducia nella vittoria scomparsa, i nemici numerosi ed acerrimi.
Il 9 marzo 1889 all’alba cominciò la memorande battaglia durata tre
giorni. Giovanni morì e l’esercito si sbandò.
Menelich allora si proclamò imperatore d’Etiopia. Ras Mangascià o-
steggiato da noi, non ebbe la forza di opporglisi, e fece anzi atto di sotto-
missione. Ma il Tigrè, personificato da Alula, non riconobbe l’atto e rimase
sdegnoso ad attendere miglior fortuna.
Certo nel Tigrai l’autorità di Menelich è nulla: i capi, il clero, i soldati, i
contadini, non riconoscono altra autorità che quella di Giovanni personifi-
cata ora in Ras Mangascià.
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Ras Mangascià 33
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La chiesa dell’Abuna Pantaleon si trovava a Fremona presso Adua, sulla via di Axum (NdR).
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Si tratta del primo reparto di cavalleria coloniale derivante dall’Orda Kaiala. Il 1°
ottobre 1889, in seguito al R.D. 6132, il Plotone si evolve cambiando la propria
denominazione in Squadrone Esploratori Indigeni d’Africa, ed è sotto il comando del
Capitano Pietro Toselli. Nel gennaio del 1890 lo Squadrone Esploratori, sempre sotto il
comando del cap. Toselli, partecipa con il corpo di spedizione del gen. Orero alla
ricognizione nel Tigrè e all’occupazione di Adua spingendosi in ricognizione fino nei
pressi di Macallè (NdR).
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Pietro Antonelli (Roma, 29 aprile 1853 – in mare, 11 gennaio 1901) è stato viaggiatore e
diplomatico. Partecipò alla grande spedizione africana della Società Geografica Italiana del 1879 per
raggiungere nello Scioa il marchese Antinori. Nel suo primo soggiorno nel Corno d’Africa partecipò
a numerose spedizioni di carattere scientifico ma si adoperò anche per scalzare influenze e posizioni
economiche di compatrioti e di viaggiatori stranieri. Avviò relazioni con Menelik tanto da giungere
a stipulare un contratto con lui nel 1881, approvato e raccomandato dall’Antinori al governo, per la
fornitura di armi e l’apertura d’una nuova via commerciale attraverso la Dancalia, l’Assab-Aussa-
Scioa, al di fuori di qualsiasi controllo di terze potenze. Dopo un breve soggiorno in Italia, ritorna in
Abissinia nel 1883 per una seconda spedizione e nel 1884 una terza fornitura di armi. Dopo la
sconfitta di Dogali diventa il rappresentante ufficiale e personale di Crispi. Condusse nuovi
negoziati nel 1887 per la fornitura di armi a Menelik per garantirsi la sua neutralità nella guerra fra
Italia ed Abissinia. Nonostante i tentennamenti di Menelik e le sue false promesse, l’A. si recò a
Roma nel 1888 dove elaborò con Crispi un trattato da sottoporre a Menelik, che riconoscesse
all’Italia una posizione privilegiata in Etiopia. Nel 1889 arrivò ad Addis Abeba ed il 20 febbraio lo
schema di trattato, tradotto dall’alecà Josiéf Negasí, fu discusso e approvato dal sovrano. Dopo la
morte del negus Giovanni in battaglia e l’assunzione di Menelik al trono di re dei re d’Etiopia,
riesaminato di nuovo e modificato in più parti, ebbe il 2 maggio la sanzione imperiale nella pianura
di Uccialli. A metà del ‘90 l’imperatore, ormai saldo sul trono e ansioso di scrollarsi di dosso la
tutela italiana, impugnò clamorosamente la validità giuridica del protettorato italiano, denunziando
la discordanza tra i due testi dell’art. 17 e accusò pubblicamente l’Italia di averlo ingannato.
Antonelli ritornò in Etiopia nel dicembre 189 per riprendere le trattative che però furono rotte
definitivamente nel febbraio 1891 con la violenta reazione dell’A. con il distacco del sigillo dal
documento firmato, violando la rigida regolamentazione dell’emblema del potere. Cfr. C. Zaghi,
Dizionario Biografico degli Italiani, Volume 3, Istituto della Enciclopedia italiana, Roma, 1961
(NdR).
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chi disse che la ribellione di Alula a Mangascià fu una finta per indurre i
moltissimi ribelli, di cui allora il Tigrai era pieno, a schierarsi o da una par-
te o dall’altra per averli poi tutti sottomessi.
Nei mesi di luglio e agosto 1891 tutto il Tigrai meno l’Agamè si riunì
intorno a Mangascià. A Debeb per accontentarlo erano stati dati vasti terri-
tori: Beesa, Icha, Gandapta, Entisciò, Gheralta, Endertà.
La quiete non durò molto.
Tutti i malcontenti ed i razziatori andavano radunandosi intorno a De-
beb e primo fra tutti Balghedà Bogallè suo fratello che si era ribellato a Ras
Mangascià.
Debeb indusse il Ras a perdonarlo e a dargli il titolo di Degiac; ma nel
medesimo tempo con pratiche segrete subornava tutti i capi di Mangascià,
raccoglieva partigiani, prometteva gradi e terre, lasciava la più larga libertà
di razziare a tutti i suoi subordinati e cercava di procurarsi il nostro appog-
gio.
Fallitogli questo intento non si perdè d’animo sperando di averci favo-
revoli quando fosse riuscito a debellare i Ras e continuò a raccogliere ar-
mati.
I Ras, specialmente Alula, erano al corrente di queste mene e non es-
sendo del tutto sicuri che Debeb non riuscisse una buona volta ad indurre
noi ad aiutarlo, decisero di finirla e gli mandarono l’ordine di presentarsi in
Adua.
Avendo Debeb rifiutato si venne presto a battaglia ad Alechsa o Abba-
garima a poche ore a S.O. di Adua. Debeb vi rimase ucciso ed i suoi capi e
soldati passarono ad ingrossare le forze dei Ras.
Sparito Debeb, Ras Mangascià tornò col pensiero alla sottomissione di
Sabat e marciò contro di lui; ma anche questa volta non si sentì forte abba-
stanza per abbatterlo e si contentò di indebolirlo togliendogli molte terre.
In seguito strinse cordiali relazioni col Governo italiano suggellandole
col convegno del Mareb 7-8 dicembre 1891.
Cresciuto così di potenza e di prestigio indusse Degiac Sebat dell’A-
gamè, da lui nominato Ras a sottometterglisi solennemente nell’Auzen il
10 marzo 1892.
Ras Mangascià aspira aperta mente alla corona di Re del Tigrai per ora,
in seguito a quella di Re dei Re d’Etiopia. Dipendono da lui presentemente
le seguenti provincie: Adiabo, Scirè, Tigrè, Agamè, Auzen, Terà, Gheraltà,
Adet, Tembien, Endertà, Sahartè, Avergallè, Haramat, Seloa, Uoggerat,
Ascianghi.
In caso di leva generale potrebbe riunire da sette ad ottomila fucili.
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Uizorò Taclè
Iteghè Denchenesc
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Ras Agòs
Ras Sabat
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Il Ten. medico Natale Mulazzani era effettivo al IV Btg. indigeni e svolgeva il compito di
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Una profezia molto diffusa dice che egli diventerà Re del Tigrè «I Sa-
bagadis (dissemi un giorno Adgu Ambessa) avrebbero potuto diventare i
padroni di tutta l’Abissinia se non fossero stati gente di malafede, anzi di
nessuna fede (religione) come i Baria».
Accampa diritti sull’Acchelè Guzai, e più questa regione cresce in be-
nessere e più eccita l’ingordigia di lui impotente contro le forze e la vigi-
lanza dei capi della regione stessa. Più specialmente ambisce al dominio
dello Scimenzana che egli ed i suoi consiglieri ritengono da noi ingiusta-
mente usurpato perché fu quasi sempre considerato come dipendenza diret-
ta dello Scium dell’Agamè.
Aspirando alla corona del Tigrai, cercò l’amicizia del Governo italiano:
di dimostrò remissivo col Generale Baldissera e spalleggiò Degiac Sejum
contro Alula e Mangascià; sebbene in ritardo e con diffidenza venne ad
Adua invitato dal Generale Orero; e finalmente accompagnò il Conte An-
tonelli allorchè questi dopo la marcia su Adua, si recò con Degiac Macon-
nen all’incontro di Re Menelich in Macallè.
Quando però ebbe sentore che Ras Mangascià si sarebbe rappacificato
con Re Menelich lasciò bruscamente il Conte Antonelli e ritornò
nell’Agamè. Forse ebbe motivo di temere per la sua vita mentre era partito
persuaso di ottenere, se non tutto l’Acchelè Guzai, almeno lo Scimenzana,
in compenso per l’onore fatto a Maconnen con la sua compagnia.
Il Tenente Mulazzani dice: «l’amicizia di Sabat per gli italiani si mutò
in acerrima inimicizia dopo lo scontro sfortunato dei suoi razziatori coi
nostri indigeni ad Halat e dopo il convegno del Mareb, dal quale venne e-
scluso, onde pensò di riconciliarsi con Ras Mangascià, al quale si sottomi-
se il 10 marzo 1892 in Auzen e ne ebbe in premio il titolo di Ras».
Io credo invece che Ras Sabat, come tutti gli altri capi cerchi l’ami-
cizia del più forte. Non è già che ai suoi occhi gl’italiani non siano forti,
ma la malafede della sua casa, l’inimicizia di sangue con l’Acchelè Guzai
da noi protetto, la scarsità di contatto fra noi e lui ecc. sono tutti motivi che
lo consigliano ad accostarsi a quelli che crede rafforzati dalla nostra amici-
zia, anzicchè gettarsi direttamente in braccio a noi. Con quelli è sempre lui,
con noi sarebbe uno dei tanti. Perciò scrive lettere melate ma sta in guardia
sulle sue ambe, agogna l’Acchelè Guzai e ne teme la forza.
informatore. Nel 1894 era il residente di Adua e fu ritirato da tale località per ordine diretto di
Baratieri a causa della compromissione di Ras Mangascià a favore del bandito Batah Agos che si era
rifugiato in Halai dopo numerose scorrerie e razzie. Qui fu raggiunto dal IV Btg. indigeni
comandato dal Toselli e dopo un furioso combattimento vi trovò la morte. Il Ten. Mulazzani
ricevette la M.A.V.M. alla memoria per essersi distinto nel combattimento di Amba Alagè il 7
dicembre 1895 (NdR).
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Sono sicuro che se nello Scimenzana vi fosse una oculata Residenza ita-
liana appoggiata da un forte distaccamento regolare, Ras Sabat si accoste-
rebbe a noi tanto da romperla col capo od i capi del Tigrai. Del resto
l’Agamè è in tale situazione topografica e politica che o bisogna lasciarlo
come si trova per farsene un alleato eventuale, il che sarebbe sempre facile
se noi saremo i forti, ovvero assorbirlo completamente annullando i Saba-
gadis, ciò che consiglierà certamente l’avvenire.
Ras Sabat, così afferma il Tenente Mulazani, dispone di 1.200 soldati,
come armati non si sa: certamente i suoi fucili buoni non sono molti e sono
mal confezionati.
Il Tenente Barbanti39 (ottobre 1892) afferma che Ras Sabat dispone di
1.500 fucili, di cui non pochi ad avancarica.
Ha per moglie una nipote di Alula col quale si mantiene in ottimi rap-
porti. Ha un figlio giovinetto di 15 anniper nome Desta che venne nomina-
to Degiac in occasione del riconoscimento fatto dal padre in Auzen il 9
marzo 1892 di Mangascià a capo di tutto il Tigrai.
È circondato da persone a noi ostili, principale fra questi Cantiba (ora
Degiac), alcuni sottocapi di Debeb, che prima razziavano nell’Acchelè Gu-
zai, i fuoriusciti di quest’ultima regione. In una parola tutte le persone che
ci sono ostili trovano presso di lui aiuto e protezione.
Nell’Agamè vi è ricoverato Asmac Abarrà, della casa di Degiac Hailù,
nostro ribelle. Consigliatogli da Ras Mangascià la consegna di Aberrà Ras
Sabat non ha ascoltato, mentre prima al Tenente Grassi e poi nell’ottobre
del corrente 1892) al Tenente Barbanti disse che avrebbe consegnato Abar-
rà al Governo italiano quando questo gli avesse dato in mano il suo ribelle
cugino Ligg Agos figlio di Tafaù, il quale briganteggia sugli Hazo e sui
Gazo. È una delle tante furberie di Ras Sabat, il quale, mentre accoglie i
nostri nemici, cerca, in previsione dell’avvenire, assicurarsi le spalle con la
nostra amicizia, mercè vaghe parole da parte sua che non l’obbligano a nul-
la e che provocano promesse, le quali (egli lo sa) son mantenute da parte
nostra e tradotte in fatti.
Egli non vuol saperne di rinunciare alle sue pretese sullo Scimenzana e
nel convegno di Auzen le mise fuori arditamente e chiese ai Ras che lo so-
stenessero e gli dessero il loro appoggio.
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Il Ten. Barbanti, come il suo pari grado Mulazzani, svolgeva opera di informatore. In seguito, con
il grado di Capitano ed al comando di una compagnia di militari indigeni, faceva parte della
spedizione in soccorso della piccola guarnigione, comandata dal Magg. Galliano, assediata nel forte
di Enda Jesus a Macallè dall’esercito abissino guidato da Menelik dal 15 dicembre 1895 al 22
gennaio 1896.
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ciò e dell’affezione che Re Giovanni aveva avuta per l’Uachid, Ras Man-
gascià giunto a Macallè lo liberò, gli lasciò il grado come prima e gli ordi-
nò di recarsi di nuovo a Zobul ed Azebù Galla e di rimanervi ai suoi ordini.
In pari tempo il Ras pubblicava un bando nel quale dichiarava suo beneme-
rito chiunque avesse regalato dei fucili a Tedla Uachid.
In seguito a ciò tutti i capi andavano a gara ad offrire uomini ed armi al
Degiac che in un momento si trovò a capo di più di 500 uomini.
Partito da Macallè verso la metà di agosto Tedla Uachid dopo pochi
giorni giunse in Zobul, ma qui assalito quasi subito da Ras Oliè Butù con
forze preponderanti rimase ferito e prigioniero.
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Capi, notabili e personaggi eritrei ed etiopici
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Degiac Bajanè
Degiac Bogallè
e Degiac Tedla Abbaguben
Balghedà Ailù
Balgheda Abbagos
Ligg Abraà
Figli anch’essi di Ras Area. Molto giovani specialmente gli ultimi due.
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Degiac Arerè
Fratello di Ras Area. Vive a Macallè presso Ras Mangasciàche gli usa
riguardo in grazia alla parentela. È tenuto in conto di pauroso, non ha co-
mando di sorta, non ha influenza.
Cagnasmac Gherenchiel
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Degiac Abai
Degiac Embajè
Degiac Cassa
Fratelli, entrambi capi del Selsà, entrambi influenti nella loro regione.
Affezionatissimi a Ras Mangascià, nemici degli scioani, nemicissimi fra
di loro.
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Degiac Marù
Degiac Abbai
È figlio del fratello di Ras Alula, Bascia Gare Mariam morto nella bat-
taglia di Gura il 7 marzo 1876.
È il più importante sottocapo di Ras Alula, il quale gli fa governare una
gran parte del Tembien, il Sahartè, l’Avergallè.
Ha circa 26 anni; è valoroso, buono, giusto, molto amato da Alula, che
se lo tiene sempre vicino e non fa nulla senza consigliarsi con lui.
Le forze ragguardevoli di cui egli dispone (500 fucili) si contano con
quelle del Ras suo zio.
Degiac Tesamma
È nativo di Seloà. Marito di una figlia di Ras Alula, col quale non va
molto d’accordo ed al quale spesso si ribellò.
Prima era il braccio destro del Ras, disponeva di oltre 400 fucili e fu lui
che il 25 gennaio 1887 attaccò Saati. Aveva allora il grado di Barambaras.
Ha ora perduto la fiducia del Ras e dispone di pochi fucili, che si conta-
no con quelli di Ras Alula.
È capo di una parte del Sahartè.
Si trovò a Dogali a capo di 500 armati; dispone ora di 200 fucili che si
contano con quelli di Ras Alula.
Questi lo amava molto, glia ha dato in moglie una sua nipote, che prima
sposata da Fitaurari Debalicao era stata da questi abbandonata quando in
Asmara disertò da Alula per fuggire con Debeb nell’Assaorta, e lo tiene fra
i suoi più fidi consiglieri.
È d’una trentina d’anni, alto, forte e passa per uno dei più valorosi sol-
dati di Alula.
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Capi, notabili e personaggi eritrei ed etiopici
Marito di una figlia di Ras Agos, in sottordine del quale è capo di una
gran parte dello Scirè.
Disponeva di 300 fucili, che si contavano con quelli di Ras Agos. ulti-
mamente si ribellò (febbraio 1892), ma assalito da più parti fu sconfitto, i
suoi lo abbandonarono ed egli con poca gente andò a sottomettersi a Ras
Alula.
È probabile riacquisti la primitiva potenza perché è molto influente ed
amato nello Scirè.
È giovanissimo, valoroso e amato dai soldati per il valore e la liberalità.
I suoi dipendenti sono quelli che più spesso in unione agli armati
dell’Addiabò, vanno a razziare nei Basa e nei Baria.
Degiac Fanta
Già Ligg Fanta, poi Blata Fanta, benevolo carceriere dell’allora Mag-
giore Piano. Capo di metà della regione dipendente da Dobba Zamia a S. di
Adua.
È sempre stato uno dei capi più amati e beneficati da Ras Alula; ma du-
rante il 1891 cadde in disgrazia perché (dicevasi) teneva strette relazioni
col Tenente Colonnello Piano 40, allora comandante la zona di Asmara, ep-
però stette in prigione alcuni mesi. Liberato, fuggì e si presentò a Debeb;
ma dopo la sconfitta e la morte di costui si sottomise ad Alula, che gli per-
donò ma senza ridargli la fiducia primitiva.
Ora va rientrando nelle grazie del Ras, il quale ultimamente lo ha creato
capodi Adua (primi di maggio 1892).
Dispone di 100 fucili, che contansi con quelli del Ras. È giovine, forte,
aitante, uno dei migliori ufficiali di Alula, distintosi in molti combattimen-
ti.
Alula lo nominò capo di Adua e di tutte le terre fra detta città ed i Mai
Uerì insieme a Blata Alula.
40
Già dal 1885 con l’avvio dell’occupazione dei territori del Mar Rosso, molti giovani ufficiali di
Stato Maggiore vengono mandati a passare un periodo di esperienza o a comandare un reparto colo-
niale. È il caso del Colonnello Piano che già nel 1889 si sta guadagnando la fama di ufficiale com-
petente. Nel 1891 il Piano ha il comando di un reggimento in Eritrea ed entra in urto con il Governa-
tore Baratieri fino a giungere davanti al Consiglio di disciplina minacciatogli dal superiore. Ne esce
però assolto con formula piena, anche grazie all’interessamento del Gen. Sironi e del Col. Dal Ver-
me. Non torna più in Africa e dopo una possibile sistemazione a capo del 3° Ufficio a Roma, dove ci
sono colonnelli più anziani di lui, finisce nella fanteria Cfr. J. Lorenzini, Uomini e generali: L'élite
militare nell'Italia liberale (1882-1915), Angeli Editore, Milano, 2017, pag. 102-103.
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Degiac Tesfai
Degiac Ali
Degiac Negussiè
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Degiac Egzaò
Degiac Desta
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inviata dal Governatore Gandolfi al Ministero degli Esteri nella quale vengono addirittura specificati
i beni razziati in denaro, merci e bestiame indicandone le quantità; nella relazione scritta sempre dal
ten. Grassi e indirizzata al Capo di Stato Maggiore della colonia circa la marcia di inseguimento dei
razziatori, risulta che l’avvio degli atti giudiziari nei confronti di Bahta Hagos ebbe inizio a seguito
di una razzia eseguita da lui e dai suoi uomini nei confronti di mercanti Assaortini di Archico.
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Abuna Petros
Ecceghiè Teofilos
dell’Uoggara presso Gondar
Perché catturò solo Bejanè e non tutta la banda ribelle (e l’avrebbe potu-
to) la quale seguita a commettere ladroneggi?
Nebraid Fanta
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«Melach Brahanat» significa “Angelo di luce”. «Cacanat» significa “prete”. «Licà»
significa “direttore, rettore”.
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«Ghetai» significa “Signore”.
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Memer 44 Gabresghi
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«Memer» significa “Professore”
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Capi, notabili e personaggi eritrei ed etiopici
Del Tembien. Capo del convento di Cieh nel Tembien. Gode di grande
influenza ed è molto rispettato da tutti i capi specialmente da Alula.
È consultato in tutte le gravi circostanze perché, uomo di senno, sa pre-
vedere gli avvenimenti. È capo del suddetto convento che trovasi a circa 5
ore di marcia a E. di Avi Addi nel Tembien. È vecchissimo, presso gli 80
anni.
È di Abba Garima presso Adua. È uno dei preti più influenti del Tigrai.
Molto amato da Re Giovanni venne da lui nominato, quantunque ancor
giovane, priore dell’importante e ricco convento di Abba Garima.
L’affezione che gli portava Re Giovanni lo rende anche oggi molto accetto
a Ras Mangascià, Ras Alula ed a tutti i capi del Tigrai.
Sono inoltre da tenersi in gran conto i seguenti personaggi del clero tigrino:
Priore di Debra Abbai, Memer Gabrè Esghier, nello Scirè. Sulla carta
1:175.000 il convento è segnato Debra Abaye a poca distanza sulla destra
del Tacazzè.
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Significa “Sostegno della Luce”.
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Z…………..
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Capi, notabili e personaggi eritrei ed etiopici
Ras Micael
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Uaghscium Burrù
Capo della metà N. del Lasta con sede a Socota discende da una fami-
glia antichissima, che ebbe sempre la signoria del Lasta, dalla quale uscì
anche qualche Re d’Etiopia. È una specie di Vicerè.
Fratello di Uaghscium Burrù era quel Uaghscium Johesciè che, morto
Re Teodoro, si proclamò Atziè Taclè Ghiorghis e che nella battaglia presso
Adua nel 1871 fu vinto e fatto prigioniero da Giovanni Cassa, di poi Re
Giovanni II.
Uaghscium Burrù è cognato di Re Taclè Aimanot del Goggiam ed era
parente di Re Giovanni e quindi di Ras Mangascià per parte della moglie.
Si sottomise a Re Menelich ma di fatto vive indipendente.
Ultimamente Menelich gli tolse parte del Lasta per darla a Ras Oliè e in
compenso lo investì delle terre del ribelle Tedla Uachid, ma Burrù non fu
capace di conquistarle.
È perciò che Uaghscium Burrù è diventato contrario a Menelich ed in-
clina verso Ras Mangascià specialmente dopo il convegno avuto nel feb-
braio scorso in Borumieda con il Re dello Scioa.
Egli, invitato, vi si recò di buona voglia, sperando che Menelich gli a-
vrebbe restituito tutto il Lasta, ma invece ne ricavò in regalo cavalli, armi e
munizioni e delle grandi promesse. In realtà l’Imperatore gli tolse ancora
una parte delle terre che possedeva per darle ad altro Uaghscium suo pa-
rente ma suo nemico.
Dispone di un migliaio di fucili.
Uaghscium Burrù vanta con fondamento discendenza diretta dalla Reale
ed antichissima dinastia dei Zagne, il cui capostipite fu una donna: Tredda
Gabeg detta anche Essat (fuoco) che determinò la stirpe salomonica e tra-
sportò la capitale della dominazione etiopica da Axum nel Lasta. Dopo lei
regnarono 4 suoi discendenti: Imra, Lalibala il santo, Uaculo ed Harbai.
Regnando quest’ultimo nel 1255 A.C. il santo monaco Abba Taklè Ai-
manot persuase Re Harbai ad abdicare a favore di un discendente della le-
gittima dinastia che fu Ieon Amlac.
La maggior parte delle cronache dei Re etiopici non fanno menzione dei
4 Re della casa Zagnè perché dalla maggioranza delle popolazioni vennero
sempre considerati come usurpatori; in tutte però si accenna alla dinastia
Zagnè.
Re Menelich nel convegno di Borumieda (gennaio-febbraio 1892) im-
pose a Uaghscium Burrù di dare parte del Lasta a Uaghscium Ghebbedè
figlio di Uaghscium Tasari parente del Burrù. Tale atto si spiega colla dif-
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Capi, notabili e personaggi eritrei ed etiopici
Ras Oliè
Fratello della Regina Taitù. Capo del Beghemeder e di una gran parte
dell’Amhara fino all’Eggiù.
Nemico di Ras Mangascià e dei tigrini. È il più potente capo di Mene-
lich.
Aspira al trono dell’Amhara ed è perciò che egli è geloso di Ras Micael
e questi di lui.
Ras Maconnen
Ras Mesciascià
Ras Darghiè
Zio di Menelich. È a capo delle regioni Sallahè, Arussi, Galla e metà It-
tu-Galla.
Vecchissimo, fu un bravo guerriero. È un ottimo consigliere ed un capo
dei più influenti e rispettati dello Scioa.
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Capo della provincia Ciarciar, di metà degli Ittu-Galla e di parte dei Da-
nachil fino a Mullu.
È Ras di recente nomina.
Grasmac Iosef
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La podagra è un attacco infiammatorio acuto e doloroso localizzato alle articolazioni del
piede (NdR).
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Licamequas Abatè 47
Azagè Zammaniel
Azagè Sinchiè
Azagè Uolde Zadech
Degiac Gheramanù
Fitaurari Tanfù
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Capo dei favoriti. Le persone che hanno questo grado siedono alle udienze a destra e a
sinistra del Re. In guerra cavalcano ai suoi fianchi vestiti perfettamente come lui per
togliere la probabilità che sia tosto riconosciuto dai nemici ed ucciso.
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Fonti
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