LEZIONE 11
LEZIONE 12
La tradizione dei classici si è trasmessa prima tramite papiro, poi tramite codex,
infine con l’invenzione della stampa dopo la metà del 400 a stampa.
Ovviamente la trasmissione di un testo nei secoli comporta incidenti di percorso
dovuti all’usura del tempo, a eventi storici o naturali, all’uomo
e da qui dunque la necessità di stabilire un testo scientificamente attendibile per i filologi
tramite recensione, emendazione, fino alla creazione di un’edizione critica,
ovvero un testo ricondotto alla forma il più possibile vicina alle intenzioni dell’autore.
LEZIONE 13
Cosa si intende per 'strati' della lingua?
Nel latino di ogni fase possiamo trovare diversi strati o livelli stilistici:
- lingua letteraria, che si distingue in lingua della prosa e lingua poetica;
- lingue tecniche delle varie attività (agricola, giuridica, sacrale, politica, militare).
- lingua d’uso della conversazione e della corrispondenza
(che spesso ricorre a termini tecnici);
- lingua volgare: la lingua degli indotti,
di cui abbiamo testimonianze filtrate attraverso la lingua scritta, in iscrizioni,
presso grammatici che ci documentano errori popolari.
Accanto a questi ‘strati’ della lingua vi è poi il latino volgare,
ossia la lingua letteraria ed ecclesiastica che sopravvive fino alla fine del Medioevo.
LEZIONE 14
SEMANTICHE:
-Climax: disposizione delle parole in gradazione, crescente o decrescente
-Ossimoro: accostamento di parole di significato contrario
-Metafora: similitudine abbreviata (senza cioè elementi che introducono il paragone)
che trasferisce il significato di una parola dal senso proprio al senso figurato
-Metonìmia: tipo di metafora con cui si sostituisce un termine con un altro in contiguità con il primo. es. effetto per causa
-Sineddoche: trasferimento di significato con estensione o restringimento del significato di una parola
es. il tutto per la parte, o la parte per il tutto.
- Ipallage: attribuire a un termine una qualificazione, determinazione o specificazione che spetterebbe al termine vicino.
In genere riguarda l’aggettivo attribuito a un sostantivo e in questo caso si parla anche di enallage
es. le mura dell’alta Roma, invece di le alte mura di Roma.
FIGURE SINTATTICHE:
-Accumulatio: elencare in modo ordinato e coerente o caotico e casuale di più parole, immagini o aggettivi
-Endiadi: coordinazione di due termini per esprimere un unico concetto
-Concordanza ad sensum: concordare un verbo nella forma del plurale con un termine che,
pur essendo di forma singolare, esprime una valenza di pluralità
Litote: attenuazione di un concetto mediante la negazione del contrario.
Enfasi: dare particolare rilievo espressivo a una parola o ai passi salienti di un discorso o di uno scritto.
LEZIONE 15
Esempi di mimesis nei confronti del mondo greco nella lingua poetica latina.
I primi autori di letteratura latina sono anche grammatici,
hanno studiato le teorie stilistiche e grammaticali greche
ed hanno contribuito con le loro opere a diffonderle,
come attesta anche il lessico tecnico grammaticale latino, che adotta in larghissima misura termini greci.
Il teorico per eccellenza è Aristotele, che si dedicò allo studio della tradizione poetica e letteraria greca:
per lui la lingua deve essere chiara, diversa per poesia e prosa, adeguata al genere.
LEZIONE 16
Il condizionamento metrico nella lingua poetica va inteso come un elemento coercitivo e limitante?
La lingua poetica è diversa da quella della prosa
perchè la necessità di rispettare le regole prosodiche impone una serie di condizionamenti stringenti:
la successione obbligata di sillabe brevi e lunghe bandisce l’uso di certe parole e agevola l’impiego di altre.
Già grammatici antichi imputavano a tale condizionamento
la maggior libertà concessa alla lingua della poesia:
soprattutto l’esametro, metro importato dalla Grecia,
crea difficoltà alla lingua latina che presenta un minor numero di sillabe brevi rispetto alla greca
e dunque determinate parole dovevano essere eliminate o modificate.
Ma il condizionamento metrico non opera solo a livello del lessico:
a livello della morfologia troviamo delle forme assolutamente artificiali e non corrette grammaticalmente.
LEZIONE 17
Lingua d'uso, Tecnicismo, Espressività, Lingua letteraria:
illustra le caratteristiche e le azioni di questi concetti nella lingua.
Il linguista Aldo Luigi Prosdocimi ha individuato 4 forze attive all’interno della lingua:
lingua d’uso ed espressività e tecnicismo e lingua letteraria,
ognuna delle quali agisce in modo diverso e con forza diversa all’interno della storia della lingua.
Lingua d’uso è una lingua che agisce sotto la spinta dell’affettività e dell’espressività.
Le attestazioni di lingua d’uso si ritrovano nei generi comici che mirano a mostrare la realtà quotidiana
e lo statuto stilistico è umile e basso.
Sopravvivenza del latino come lingua tecnica: illustra e chiarisci questa espressione.
Il latino perdurò nel corso del Medioevo e dell’età moderna come lingua tecnica:
- nell’Alto Medioevo era la lingua della cultura, degli uomini di potere,
la lingua della Chiesa e del rito (per quanto incomprensibile alle masse),
dunque qualsiasi fosse la lingua parlata, se si scriveva si usava il latino.
- Nel pieno Medioevo, con l’affermarsi dei volgari nazionali anche a livello scritto e letterario,
il latino permane come lingua di certi settori culturali: la chiesa, la scienza, il diritto.
In questo senso sopravvive come lingua tecnica,
sempre più isolata e distaccata dagli usi linguistici correnti.
- Nel Basso Medioevo conosce una ripresa con gli umanisti e gli esponenti del Rinascimento
- Il latino sopravvive fino ad oggi come lingua specifica della cancelleria pontificia
e della produzione letteraria papale (le encicliche).
LEZIONE 18
Figure retoriche ed elementi tipici della lingua d'uso.
Anafora, iperbole, metafora, anacoluto.
In quali ambiti letterari latini è più facile trovare attestazioni della lingua d'uso?
Nella tradizione latina le attestazioni di lingua d’uso sono offerte dalla lingua dei generi comici,
che mira alla rappresentazione di realtà quotidiane e ha uno statuto stilistico di tipo umile o basso.
LEZIONE 19
Fenomeni tipici del latino volgare.
-Cambiamento riguardo alle vocali:
da un sistema fondato sulla durata nel latino classico
(le vocali lunghe avevano una durata doppia rispetto alle brevi
e questo bastava per distinguere i significati di due parole)
si passa a un sistema fondato sulla qualità vocalica/ apertura
(le vacali breve tendono ad aprirsi e le lunghe tendono a chiudersi-> vocali aperte-chiuse)
-Generi maschile, femminile e neutro diventano maschile e femminile-> declino del neutro
-Da verbi attivi, passivi e deponenti (forma passiva con significato attivo)
a deponenti che rientrano nella categoria degli attivi.
-Comparativi e superlativi sono resi con suffissi che generano forme sintetiche
-Confusione tra forme della V e I declinazione e assorbimento della IV declinazione nella II
-Accusativo soppianta in nominativo.
Per latino volgare si intende...
Con latino volgare si intende il latino scritto che, nelle sue devianze dalla norma,
asseconda o tradisce la lingua parlata dalla maggioranza incolta.
La definizione «latino volgare» non è stata inventata dagli studiosi moderni:
già nella bassa antichità e nei primi secoli del Medioevo
si indicava il linguaggio del popolo in opposizione al linguaggio letterario
con gli appellativi lingua «rustica» o «volgare».
LEZIONE 20
Caratteristiche del latino medievale.
La nostra conoscenza del latino medievale, come per quello classico,
si basa essenzialmente su fonti letterarie
anche se esse non erano impermeabili nei confronti della lingua parlata.
Inoltre, in età medievale entra in gioco anche il ruolo della scuola
poiché il latino medievale nasce dall’esperienza scolastica e sullo studio della Bibbia e del Salterio.
Il latino medievale era caratterizzato da un ampio vocabolario,
formatosi dalla confluenza nel latino di parole provenienti dal lessico di numerose altre lingue.
In particolare è stato fortemente influenzato dalla lingua della Vulgata,
che contiene peculiarità aliene alla lingua latina classica,
conseguenza di una più o meno stretta correlazione con il greco e l'ebraico.
Numerose parole furono assunte anche dal lessico del germanico
parlato dalle diverse popolazioni germaniche che migrarono in direzione dell'impero romano.
Si creano anche nuovi generi:
-agiografia (Atti dei martiri, Passioni, Vite di Santi)
-libri liturgici (Bibbia, Salterio, sermonari, confessionari, raccolte di exempla, inni)
-libri fantastici (letteratura apocalittica, scritti su Visioni)
Illustra la posizione di Agostino relativamente alla cultura classica
La Chiesa, di fronte al quadro storico mutato, dovette decidere:
rottura completa con il passato pagano o assorbimento e accettazione?
Prevalse la soluzione di Agostino, a cui dobbiamo la nostra conoscenza della letteratura classica.
Agostino infatti sosteneva che il sapere dei filosofi non era da respingere nella loro totalità:
se vi erano idee vere e conforme alla fede cristiana esse andavano rivendicate ai cristiani
poiché loro le possedevano ingiustamente.
Allo stesso modo sosteneva che le dottrine dei Gentili non contenevano solo false superstizioni
ma esse contenevano anche arti liberali, precetti utili alla morale, alcune verità sul culto dell’unico Dio.
LEZIONE 24
Illustra il significato e l'importanza dell'Eneide.
Il poema dell’Eneide nacque sia per soddisfare la richiesta di Augusto
di creare un'opera che narrasse la grandezza di Roma,
sia da un'esigenza personale del poeta di trattare il dato storico.
Per evitare di creare un'opera che fosse incentrata esclusivamente sulla figura di Augusto,
Virgilio fece conciliare l'elemento storico con quello mitologico
e riuscì a farlo anche attraverso l'inserimento delle profezie, in particolare nei libri I e III.
l nucleo ideologico del poema viene espresso per la prima volta nei vv. 291-296 del Libro I,
in cui Giove rassicura Venere preoccupata per la sorte del figlio ed emette la profezia sul futuro di Roma. Alla base
dunque di questa celebrata età dell’oro da recuperare e ripristinare
possiamo immaginare il trauma vissuto da Virgilio, come tutti i romani, delle recenti guerre civili,
che si traduce nel poema con un contrasto in cui il nemico va debellato senza pietà.
LEZIONE 25
LEZIONE 26
Perché Giunone è ostile ad Enea?
Giunone era ostile ad Enea perché:
- la stirpe troiana era stata generata dall'adulterio tra Giove e la mortale Elettra;
-perchè si narrava che dalla stirpe troiana ne sarebbe nata un'altra che avrebbe distrutto Cartagine (città devota a Giunone) ;
-adirata per il giudizio di Paride che l’aveva giudicata meno bella di Venere
assegnando a quest’ultima la mela d’oro per avere in moglie Elena
In che senso Enea è definito pius? Si facciano esempi della sua pietas.
Enea è definito pius perchè possiede la pietas
e dunque rispetta le volontà divine e i vincoli che ne derivano verso la patria e la famiglia.
La pietas (rispetto degli dei, dei parenti e dei valori umani)
implica infatti l'accettazione del dolore proprio e dei propri cari,
pur di realizzare la missione voluta dal destino.
Questa sua caratteristica lo accompagnerà per tutto il suo viaggio
es. quando dovrà lasciare Didione e permettere che lei si uccida.
O socii -neque enim ignari sumus ante malorum- O passi graviora, dabit deus his quoque finem...
revocate animos, maestumque timorem mittite: forsan et haec olim meminisse iuvabit.
A chi si rivolge Enea e in che situazione si trova?
La tempesta scatenata da Eolo, re dei venti, su richiesta di Giunone, per ostacolare il viaggio di Enea,
travolge alcune navi dei troiani e disperde le altre.
Enea, si rivolge ai compagni con un discorso per infondere in loro fiducia e finge una sicurezza che non ha.
L’episodio è fondamentale per comprendere la dinamica del poema
poiché mette in risalto la pietas di Enea e la sua capacità di superare gli ostacoli.
Fortunatamente interviene Nettuno che ristabilisce la calma,
riprendendo i venti che avevano agito senza il suo permesso
e consentendo ad Enea di sbarcare, con le sette navi superstiti, sulle coste della Libia,
anche se hanno perso molti compagni e molti loro alleati che diventano con loro esuli.
Quali funzioni riveste, dal punto di vista della trama, la tempesta all'inizio del libro I?
Il naufragio serve a giustificare l’arrivo di Enea a Cartagine e l’incontro con Didone.
l’antecedente omerico è il naufragio di Ulisse dopo essere partito dall’isola in cui Calipso lo aveva a lungo trattenuto.
La tempesta serve poi a mostrare la pietas di Enea e la sua capacità di superare gli ostacoli.
LEZIONE 27
LEZIONE 28
Cosa unisce Enea e Didone?
La regina di Tiro Didone è una vedova, il cui marito viene ucciso dal fratello Pigmalione che voleva il
trono.Didone per evitare la guerra civile lascia Tiro
e guida un drappello di esuli lungo varie peregrinazioni (le tappe principali sono Cipro e Malta)
fino ad arrivare sulle coste libiche dove fonda una nuova patria (Cartagine).
Questa storia rappresenta un’analogia con il destino di Enea di fondare un nuovo impero.
Didone inoltre è presentata come una donna leale, sincera, innamorata, incapace di malvagità,
premessa proprio dello scoccare dell’amore con il pio Enea.
Cur dextrae iungere dextram non datur, ac veras audire et reddere?
Illustra e spiega questo verso di Virgilio.
Questo verso di trova nel libro I dell’Eneide.
La traduzione è:
” Perchè non mi è dato unire la mia alla tua mano, ascoltare e rispondere parole vere?”
Il brano narra dell’incontro tra Enea e la madre Venere avvenuto una volta approdato a Cartagine,
in cui Venere le si presenta sotto le sembianze di una cacciatrice per aiutarlo
raccontandogli la storia di Didone, regina del luogo, e lo invita ad andare a trovarlo.
Il figlio quando la riconosce, poco prima di andarsene,
le rivolge delle domande rimproverandola perché lei non si mostra mai per quello che è:
“perché deludi tuo figlio con immagini finte?”
e “perche non possiamo solo stringerci la mano in maniera sincera?”
LEZIONE 29
Quae regio in terris nostri non plena laboris? Commenta e contestualizza questa frase di Enea.
E’ una frase di Acate, scudiero di Enea, nel libro I.
La traduzione è: “Quale ragione sulla terra non piena del nostro affanno?”
Enea sta piangendo, nel tempio in costruzione a Cartagine,
sorpreso dalle raffigurazioni della sconfitta della sua città, Troia.
Il suo non è un pianto di disperazione, né è solo un pianto di dolore,
ma è una manifestazione di pietà, una commozione profonda di fronte al destino della propria patria.
Enea sorprende Acate sia perché soffre in modo violento,
sia perché è commosso dall’onore reso ai vinti troiani da quelle immagini
infatti Priamo viene immortalato nell’arte nel suo terribile dolore
ma ciò è testimonianza di un cuore capace di rendere onore a chi lo merita.
In che rapporto si pone Virgilio con l'epica omerica? Sostieni con esempi le tue affermazioni.
L’Eneide è un poema che nasce dal confronto con l’epica omerica e con la propaganda augustea.
Il confronto tra Virgilio e Omeno si risolve in tre punti:
-Contaminazione di Omero: Virgilio si ispira ai due poemi di Omero rovesciandoli:
il viaggio di Enea non è un ritorno a casa come quello di Ulisse ma un viaggio verso l’ignoto,
mentre la guerra di Enea non serva a distruggere una città ma a costruirne una nuova, Roma.
-Continuazione di Omero:
le imprese di Enea si modellano sull’Iliade
poiché nel II libro dell’Eneide Virgilio racconta l’ultima notte di Troia, che l’Iliade accennava solamente,
e si modella anche sull’Odissea
perché nel III libro Enea segue, in parte, il percorso di Ulisse, e affronta i suoi stessi pericoli.
-Ripetizione e superamento di Omero:
la guerra nel Lazio è una sorta di ripetizione della guerra di Troia ma con un esito rovesciato
poiché stavolta sono i Troiani a risultare vincitori
e Virgilio supera Omero nella concezione della guerra
poiché la guerra di Enea non porta alla distruzione ma alla costruzione di una nuova città.
LEZIONE 30
Illustra le prime parole di Enea a Didone, al momento del loro incontro.
Il discorso di Enea mostra attenzione retorica e riferimento alle formule di tradizione epica e omerica
ma egli mostra un sincero interessamento e curiosità per Didone,
anche se le lodi alla sua città, Cartagine, possono apparire sinistre dal momento che il lettore di allora
conosceva la realtà storica della distruzione di Cartagine da parte dell’esercito romano.
Enea riconosce gratitudine per l’accoglienza della regina con un’iperbole che coinvolge la natura
dicendo che continuerà a tesserne l’elogio e le lodi
fino a che i fiumi che scorreranno, le ombre si rifugeranno nei monti e le stelle compariranno la notte,
ma vi è un eco del finale tragico del fato quando dice che lo farà in qualsiasi terra si troverà,
come se Enea già sapesse che i loro destini si sarebbero divisi.
Egli riconosce in lei un tratto che gli è peculiare, la pietas, il rispetto per gli altri e per il loro dolore.
All’interno di questi versi troviamo anche la concezione del divino di Virgilio,
un’aspirazione alla giustizia e alla lealtà degli dei nei confronti degli uomini.
Si qua pios respectant numina, si quid / usquam iustitia este et mens sibi conscia recti:
il concetto di divino in Virgilio.
Il verso è tratto dal Libro I dell’Eneide.
Enea vede in Didone la pietas e le rivolge queste parole:
“Gli dei ti offrano adeguate ricompense, se qualche divinità guarda i pii,
se mai c’è un che di giustizia ed una volontà cosciente del bene”.
Didone però non riconosce il sottointeso a tali parole:
ella si riferisce alla sua pietas in quanto partecipe del dolore altrui, in quanto ai rapporti umani,
ma per Virgilio lei è “pia” in quanto la sua accoglienza benevola favorisce la missione di Enea
ed è proprio per questo che deve ricevere riconoscenza dagli dei.
LEZIONE 41
Il significato della lettura dell'Hortensius per Agostino.
Agostino lesse l’Hortensius di Cicerone,
dialogo dedicato da Cicerone al rivale e amico Ortensio, durante il suo percorso di studi,
e tale lettura lo fece appassionare all’eloquenza e alla retorica classica,
ma egli andò anche oltre lo stile e rimase affascinato anche dal contenuto
tanto che da questo momento sarà l’amore per la sapienza a divenire il principio ispiratore della sua opera.
Questo perché Cicerone in quest’opera non sosteneva questa o quella dottrina filosofica
ma sosteneva la necessità della ricerca, dell’indagine,
della filosofia intesa come impegno morale, orientamento di vita e possesso della sapienza.
Agostino inoltre lesse l’opera alla luce della sua formazione e dunque in una prospettiva cristiana:
vi trovò l’inquietudine della creatura che cerca il bene e trova anche il male, ma con un certo disappunto:
l’aiuto in questa ricerca interrotta non è rivolto a Cristo in quest’opera.
Nelle pagine dedicate all’Ortensio emerge come per Agostino
la cultura pagana (i ragionamenti di Cicerone) e gli insegnamenti della fede cattolica non siano in contrasto.
In questa fusione di mondi consiste la tradizione classica-giudaico-cristiana che fonda l’identità occidentale.
Quo dolore contenebratum est cor meum, et quicquid aspiciebam mors erat.
Contestualizza e commenta questo passo delle Confessioni.
La frase è del libro IV delle Confessioni in cui Agostino parla della morte dell’amico,
che si ammala e muore dopo essersi fatto battezzare,
e che fa cadere Agostino in uno stato di dolore e depressione:
“L’angoscia avviluppò di tenebre il mio cuore, ogni oggetto su cui posavo lo sguardo era la morte”.
L’incapacità di reagire a questa morte causerà in lui interrogativi
poiché egli dice a sé stesso di ricorrere alla fede ma non pare abbastanza
perché l’amico era una persona concreta che non c’è più
e il ricorso a un “Dio fantasma” non serviva per lenire la concretezza della sua perdita.
LEZIONE 42
Agostino e Ambrogio.
Quando Agostino ottiene un posto di insegnante di retorica a Milano, in quanto funzionario pubblico,
ha l'obbligo di andare dal vescovo Ambrogio per una visita di cortesia e viene accolto con gentilezza.
All'inizio Agostino frequenta Ambrogio non per imparare, ma per giudicare se merita la fama di cui gode. Pian piano
però le parole di sant'Ambrogio penetrano il cuore di Agostino,
e diverrà un maestro che con dolcezza e carisma ha coltivato la sua anima interiore
fino a condurlo ad una vita nuova, una vita di fede.
Il segno più duraturo dell’influenza di Ambrogio su Agostino
è la sua adesione al metodo utilizzato dal vescovo di Milano per l’interpretazione della Scrittura:
al centro di tutto doveva essersi la Parola di Dio.
Cosa non convince inizialmente Agostino delle Sacre Scritture
e cosa invece apprezza nella lettura dei classici?
Agostino ha studiato la cultura greca e romana, è stato maestro di grammatica e retorica
ed ha sostenuto l’importanza nell'educazione delle arti liberali (grammatica, retorica e logica)
e delle quattro discipline matematiche (aritmetica, geometria, musica, astronomia),
infatti la sua cultura classica permane anche dopo la sua conversione con frequenti citazioni.
In particolare nelle Confessioni ricorda come la lettura dell'Hortensius lo avesse condotto allo studio della filosofia
e a quella ricerca della saggezza che poi lo avrebbe spinto allo studio delle Sacre Scritture.
Il problema è che egli inizialmente affrontò la Parola di Dio con gli occhi del professore di retorica
e per questo restò deluso dallo stile semplice e scarno,
e dal fatto che non vi fossero narrate verità chiare e precise.
In questo senso torniamo al concetto di Confessione:
Agostino narra senza pudore i suoi errori, le sue cadute, anche l’iniziale disprezzo per la parola di Dio.
Solo dopo un lungo periodo e l’incontro con Ambrogio egli imparò a interpretare le Scritture correttamente
sostenendo che, nonostante il suo amore per la cultura classica,
un cristiano doveva essere convinto che ogni conoscenza ricavata dalla Scrittura
fosse superiore a qualsiasi testo filosofico pagano.
LEZIONE 43
Le mani di Dio, le orecchie del cuore dell’uomo: personificazioni nello stile agostiniano
Agostino per descrivere l’amore di Dio e la sua sapienza usa delle personificazioni umane
dal momento che l’uomo è stato fatto a immagine e somiglianza di Dio.
Quando parla di orecchio del cuore dell’uomo fa riferimento al suo orecchio interiore,
ovviamente un cuore non ha delle vere orecchie, ma esso deve saper comunque ascoltare Dio;
quando parla delle mani di Dio non fa riferimento ovviamente a delle mani concrete,
in quanto Dio non si palesa, ma fa riferimento a Dio che aiuta l’uomo.
Commenta l'episodio delle Confessioni definito 'tolle, lege!'
Questa espressione, che significa “prendi e leggi”, riguarda il momento della conversione di Agostino.
Dopo che nei primi 8 libri Agostino descrive non solo la sua vita
ma anche il peccato, la sessualità, l’ambizione letteraria e filosofica,
avviene il momento della conversione sotto l’albero di fico,
che gli studiosi ancora non sanno come interpretare:
alcuni interpretano gli eventi come realmente accaduti,
altri interpretano il testo sottolineandone la letterarietà il valore simbolico e allegorico.
Il passo inizia con Agostino che piange sotto un albero di fico perché il suo animo è tormentato
ma poi sente una voce infantile che dice “prendi e leggi” che Agostino sente dalla casa accanto,
ma ben presto capisce che questa è una voce divina che lo esorta ad aprire il libro e a leggerne un passo,
così aprì il la Bibbia e lesse il primo versetto su cui caddero gli occhi,
e dopo questa lettura una luce gli penetrò nel cuore e ogni dubbio si dissipò.
LEZIONE 44
LEZIONE 45
Possiamo dire che troviamo nelle Confessioni elementi del topos della 'ricerca'
intesa come 'quête amorosa'?
La quête, la ricerca di Agostino dell’oggetto del suo amore,
è diretta inizialmente alla propria interiorità, alla memoria,
che è il ‘magazzino dell’anima’ in cui trovano posto le sensazioni, le percezioni, l’intelletto.
Ma poi la ricerca punta verso una dimensione infinita, che va oltre l’uomo e lo trascende.
Nella descrizione dell’incontro con Dio Agostino sceglie accuratamente le parole e le ricrea:
“Tardi ti amai, bellezza così antica e così nuova”.
Qui con pulchritudo Agostino sceglie una parola comune, bellezza,
e la investe di un concetto altissimo, ne fa l’espressione dell’immagine divina,
La bellezza è antica, perché portata da una tradizione giudaica antichissima,
ma anche nuova, perché rivoluzionaria e sconosciuta alle filosofie e dottrine precedenti.
Sero te amavi pulchritudo tam antiqua et tam nova, sero te amavi!
Analisi linquistica e stilistica dell'espressione di Agostino.
Nel libro X si dice: “Tardi ti amai, bellezza così antica e così nuova, tardi ti amai”.
Agostino rimpiange di non aver amato prima Dio,
infatti prima agostino peccava, era amato dal Signore ma non lo amava a sua volta,
e solo in un secondo momento, tardi appunto, ha scoperto Dio.
Il termine pulchritudo è un astratto per definire la divinità che Agostino ritrova nel Cantico dei cantici,
anche se esso è anche un termine classico (la bellezza delle divinità pagane) e del lessico erotico,
ma in questo caso non si tratta di bellezza esteriore
ma di una bellezza che tocca tutti i sensi e dona appagamento e pace.
Il termine “tanto antica quanto nuova” indica invece che la divinità è senza tempo.
LEZIONE 46
Agostino sostiene che il tempo esiste nella nostra anima: il passato come ricordo, il futuro come attesa.
Questo perché ciò che viene misurato dall' anima non sono le cose nel loro trascorrere,
ma l'affezione che esse lasciano e che permangono nella nostra anima anche quando esse sono trascorse.
LEZIONE 47
Descrivi lo stile di Agostino nelle Confessioni.
Agostino nelle Confessioni utilizza uno stile vocativo rivolgendosi continuamente e direttamente a Dio,
fino a divenire un colloquio che talvolta diventa preghiera, talvolta ringraziamento, talvolta supplica,
in cui emerge sincerità, drammaticità e pathos.
Lo stile è elevato poiché si evincono le sue abilità retoriche e la sua precedente istruzione
ma fa anche larghissimo ricorso a stile, espressioni e citazioni delle Sacre Scritture.
Egli alterna inoltre espressioni concise a periodi articolati e complessi e utilizza molte figure retoriche.
Quali sono gli scopi che si prefigge Agostino con le Confessioni?
Agostino con le Confessioni vuole raccontare il passaggio dalla sua esperienza passata alla sua conversione:
egli già in precedenza cercava gioia e felicità, era come se cercasse Dio senza saperlo,
ma quando lo trova ogni suo desiderio verrà appagato.
Egli presenta inoltre i due aspetti della Confessio: la confessione dei peccati e la confessione di lode.
Nelle Ritrattazioni infatti Agostino parla delle sue opere
compiendone allo stesso tempo una critica e una difesa
e in merito alle Confessioni dice che esse servono per confessare i suoi peccati e lodare Dio.
Il suo scopo è espiare il male passato, purificarsi,
ma per far questo deve prima riconoscere i mali del passato e raccontarli:
solo così può lasciarselo alle spalle e vivere in serenità con Dio.
Il rapporto tra uomo e Dio in Agostino può dirsi simmetrico o asimmetrico? Giustifica la tua risposta
Il rapporto tra uomo e Dio in Agostino può dirsi simmetrico e speculare
poiché nella parte autobiografica dell’opera la Trinità si rivela progressivamente
attraverso la ricerca e il ricordo di Agostino, che vaga senza trovare un punto fermo,
mentre nell’ultima parte dell’opera la Trinità viene finalmente riconosciuta come la Verità eterna
che sorregge tutta la storia di Agostino e tutte le vicende degli uomini.
Ecco perché Agostino analizza la Creazione nella Genesi in relazione alla propria esistenza:
così come Dio ha creato il mondo,
così l’esistenza di Agostino ha avuto forma solo quando Dio l’ha creato e poi l’ha portato alla conversione.
Domine Deus, pacem da nobis - omnia enim praestitisti nobis - pacem quietis, pacem sabbati, pacem
sine vespera! Quando troviamo questo passo nelle Confessioni e cosa significa?
Questo passo si trova nel libro XIII, libro dedicato alla Trinità e libro più difficile,
poiché parla del tema dell’amore come base per la creazione del mondo.
Inizia con un’invocazione alla pace:
“Signore Dio, poiché tutto ci hai fornito,
donaci la pace, la pace del riposo, la pace del sabato, la pace senza tramonto”.
Agostino con questa invocazione a Dio allude al racconto della Creazione
continuando dicendo che tutto ha un inizio e una fine, tranne il settimo giorno della Creazione:
così come Dio il settimo giorno, dopo aver finito la creazione, si riposa,
così l’uomo, dopo aver compiuto le sue opere buone, riposerà nella vita eterna.
LEZIONE 49
Cosa sono i fescennini?
I fescennini sono opere popolari di origini antichissime e di discendenza italica,
probabilmente dalla città etrusca di Fescennium,
nate da battute improvvisate che si scambiavano due cori opposti di contadini
prima durante le feste agricole, e poi che si diffusero anche in altre occasioni es. feste nozze
e che possono essere considerate una forma embrionale di teatro.
I temi erano licenziosi, osceni, insolenti e diffamatori.
Le parti comprendevano canto, musica e danza ma non erano ben definite.
Le figure letterarie di maggior rilievo furono Livio Andronico, Nevio, Plauto, Ennio, Stazio, Terenzio,
Catone, Lucrezio, Catullo, Varrone, Cesare, Sallustio e Cicerone.
LEZIONE 50
LEZIONE 51
Libera lingua loquemur ludis liberalibus. Traduci, contestualizza e commenta.
“Con libertà di parola parleremo durante le feste in onore di Libero”.
Questo è un verso di Nevio al tempo della seconda guerra punica (III sec. a.C.)
che egli combatte in quanto cittadino romano, nonostante fosse nato a Capua.
Egli è una delle poche voci che si levano ostili all’aristocrazia
e questo atteggiamento si trova nei pochi frammenti rimasti delle sue opere
come questo passo in cui rivendicava la libertà di parola
durante la festa religiosa in onore di Bacco (Libero era il suo antico nome).
Nevio: la sua importanza nella letteratura latina e perché si parla di impegno sociale e civile.
Si tratta di un atteggiamento comune nella letteratura latina?
Il teatro di Nevio attesta il suo impegno sociale e civile
infatti in esso sono presenti molte allusioni e frecciate ai potenti uomini politici
con una chiara rivendicazione del diritto alla libertà di parola nonostante la censura dei magistrati.
Egli è una delle poche voci che si leva contro l’aristocrazia.
LEZIONE 52
LEZIONE 53
Perché gli Annales di Ennio sono definiti "grande poema nazionale romano"?
Gli Annales sono un poema epico scritto da Ennio
che raccontava, come suggerisce il titolo, la storia di Roma "anno per anno", dalle origini.
Ci sono pervenuti in forma incompleta a frammenti.
Questo poema celebrava la storia di Roma in ordine cronologico,
dalle origini leggendarie con l'arrivo di Enea, agli avvenimenti contemporanei alla vita del poeta.
Egli si propone di celebrare e glorificare i singoli esponenti dell’aristocrazia romana,
ma anche di esaltare il popolo romano, la cui grandezza era per lui frutto dell'intervento divino.
Tutto il poema è immerso in un'atmosfera eroica, ripresa dai poemi omerici,
infatti l’autore, afferma di essere la reincarnazione di Omero
e narra di essere stato trasportato in sogno sul Parnaso, dove gli appare l'ombra del grande Omero.
Questo ci fa capire quanta consapevolezza il poeta ebbe
della propria grandezza e della funzione della sua opera.
LEZIONE 54
Un brano del Plocium di Cecilio Stazio
ci permette di verificare come ha trattato il modello greco:
illustra le scelte di Cecilio Stazio anche alla luce dell'atteggiamento di altri autori latini.
Stazio si colloca a metà strada tra la commedia comica grossolana di Plauto
e quella sentenziosa e moraleggiante di Terenzio.
E’ considerato un autore minore perché molte opere sono andate perdute
o forse per il confronto con i due sommi autori Plauto e Terenzio.
Egli si ispirò al commediografo greco Meneandro per le sue opere ma non si tratta di una traduzione
ma più di un rifacimento e una reinterpretazione sulla base della società e del gusto romano.
In particolare la commedia più conosciuta di Stazio è Plocium (la collana),
commedia che si ispira a Meandro, anche se Stazio la reinterpreta con libertà.
Oltre a Plauto, in età arcaica, quali altri autori di teatro ti sono noti
e quali sono le caratteristiche stilistiche che li accomunano?
Stazio, Pacuvio e Accio:
- sono poeti drammatici
-amanti dello stile difficile ma i cui testi sono sempre fatti per essere portati in scena
e che vogliono rappresentare terrore, paura, commozione.
-I loro modelli sono i classici greci.
-Essi sono figure di prestigio, sono anche poeti-filologi e grammatici.
LEZIONE 55
Confronto tra Plauto e Terenzio: vita, opere, stile, finalità.
Temi centrali:
-La beffa: solitamente il personaggio che si occupa dell’organizzazione della beffa è il servo.
-Tema del viaggio con protagonista un mercante e una schiava trovata in viaggio.
-Agnizione: un personaggio che stravolge la trama e risolve l’intereccio sul finale
-I sosia: vi sono due sosia a cui capitano eventi senza che essi sappiano di avere un sosia.
-Caricatura di personaggi della società (anche se rari perché cerca di evitare l’impegno politico)
Le sue palliate erano fatte da parti dette diverbia e parti cantate dette cantica.
LEZIONE 56
In cosa consiste la reazione antiellenica di Catone?
Catone si professa come campione della romanità tradizionale:
in politica fu contro l’aristocrazia filoellenica
e in letteratura attaccava i modelli greci, in particolare quelli promossi dal Circolo degli Scipioni,
poiché vedeva la tradizione ellenistica come portatrice della corruzione del mos maiorum.
Tuttavia Catone non ignorava la cultura greca:
egli ostentò di ignorarla ma in realtà le sue opere mostrano una conoscenza della letteratura greca.
LEZIONE 57
Il circolo letterario di Lutazio Catulo è importante perché...
Nel circolo letterario di Lutazio Catulo
si crea una produzione con argomenti e forme della poesia ellenistica
e ha il merito di anticipare e preparare il circolo dei poeti novi (neoteroi).
Gli intellettuali di questo circolo sono accumunati da una tendenza all’indivisualismo;
prediligono l’isolamento personale e non sono impegnati socialmente
poiché la crisi della Repubblica li aveva allontanati dalle passioni civili
facendolo vivere in una dimensione estetica, intellettuale e artistica.
Vi è una grande ricerca stilistica e lessicale.
Homo sum, nihil humani a me alienum puto: questa massima ebbe molto successo nell'antichità.
Ne parlano Cicerone, Seneca, ma anche autori cristiani come Agostino ed Ambrogio.
Sapresti illustrarla e verificarne, secondo la tua opinione, l'attualità?
Traduzione:
“Sono un essere umano, non ritengo a me estraneo nulla di umano”,
cioè più semplicemente “Nulla che sia umano mi è estraneo”.
La frase è di Terenzio che la usò in una sua commedia,
in cui uno dei personaggi si impiccia dei fatti altrui, e quando viene invitato a non farlo,
risponde con queste parole come a dire:
"sono un essere umano, e tutte le cose umane sono affari miei".
Questa frase è stata ripresa da molti autori tra cui Cicerone, Seneca, Agostino e Ambrogio.
Essa oggi appare come una giustificazione alla curiosità dell’uomo
e per significare che l’uomo deve essere aperto a qualsiasi esperienza umana,
ma può anche significare che all’uomo non è estraneo né il male né il bene
e che può scegliere se cadere nel peccato o aspirare verso il bene.
LEZIONE 58
Illustra il concetto di religio in Lucrezio.
Lucrezio aderì all’epicureismo che vedeva la via per la felicità
nell’atarassia, nell’imperturbabilità, nell’isolamento dalla vita politica e dagli affanni del mondo;
al contrario erano importanti la meditazione, l’amicizia, il godimento dei piaceri della natura.
Essi credevano che la morte non doveva preoccupare, gli dei non si dovevano temere,
che il bene era facile da ottenere e che il male era facile da sopportare.
Tale dottrina però era criticata dagli esponenti della cultura tradizionale
sia perché distoglieva dall’impegno politico, sia perché portava alla dissoluzione morale,
sia infine perchè negava l’intervento divino degli affari umani
e dunque creava svantaggi nella classe dirigente
che non poteva più usare la religione come strumento di potere.
Egli sosteneva gli dei esistevano ma non si curavano del mondo e non lo reggevano,
dunque la religione doveva essere semplicemente inglobata all’interno dello studio della natura.
Che significato ha la presentazione della peste di Atene alla fine del poema di Lucrezio?
Nel De rerum Natura Lucrezio, ispirandosi a Ticidide,
narra la peste di Atene che scoppia durante l’ultima fase della guerra del Peloponneso:
il poeta attraverso una descrizione dei sintomi fisici e degli effetti nefasti a livello morale,
vede nell’epidemia un totale crollo dell'umanità.
In queste scene emerge il pessimismo di Lucrezio:
la morte non è che l’altra faccia della vita ma il timore che essa genera rende l’uomo “disumano”.
La peste inoltre chiude il libro VI, che tratta dei fenomeni naturali,
con questa scena che suggella la forze terribile e onnipotente della natura.
Il poema in realtà è uno strumento educativo affinchè l’uomo giunga all’atarassia
e rimanga imperturbabile di fronte alle paure, alle passioni, alla sofferenza.
Questo passo così diverso e pessimista sembra che egli voglia mostrare
come la vita diventerebbe senza gli insegnamenti di Epicuro:
Il trionfo della sofferenze, della disperazione e della morte.
Quali sono gli scopi che si prefiggeva Lucrezio con il suo poema?
Il proposito di Lucrezio nel De Rerum Natura
era mostrare come solo la luce della scienza epicurea
può liberare l’uomo dallo stato di angoscia e ignoranza in cui soggiace.
Per ottenere ciò, la dottrina epicurea dimostra che sono vani il timore degli dei e della morte,
perché l’intero universo si svolge secondo meccaniche leggi fisiche,
in cui non ha spazio l’intervento di alcuna divinità, né l’anima sopravvive alla morte del corpo.
Lucrezio invoca la dea Venere al posto delle muse che solitamente si invocavano.
Lucrezio considera Venere, divinità della natura e simbolo della nascita e della vita.
Egli vede in Venere sia il simbolo della forza vitale della natura
ma al tempo stesso l’immagine della contemplazione razionale della bellezza della natura,
dunque simbolo dell’edoné, della bellezza raggiunta con la saggezza.
LEZIONE 59
Catullo usa un’immagine per dire che non va dato peso alle promesse delle donne agli innamorati:
ciò che la donna dice a un amante sono parole che vanno scritte nel vento e nell’acqua rapida,
cioè a un’acqua che scorre e che le porta via velocemente.
Ovviamente Catullo sta parlando di Lesbia.
E’ un distico elegiaco.
Vi sono metonimie, anafore, apostofe, ipallage, metafore e personificazioni.
Catullo si oppone alla tradizione ma fa dell’amore e della poesia l’unica ragione di vita,
poiché in lui amore e poesia coincidono.
LEZIONE 61
LEZIONE 62
LEZIONE 63
L'ideale politico espresso nel De republica e il concetto di «costituzione mista».
Il De Repubblica è un’opera di 6 libri scritti sul modello del dialogo platonico
ambientata nella villa di Scipione l’Emiliano.
Lo scopo è argomentare sulla migliore forma di stato nella costituzione romana,
partendo dalla dottrina aristotelica delle tre forme di governo (monarchia, aristocrazia, democrazia)
e della loro degenerazione nelle forme estreme: tirannide, oligarchia, olocrazia (governo del popolo).
Secondo Scipione lo stato romano si salva dalla degenerazione perché è appunto a “costituzione mista”:
la monarchia espressa dal consolato, l’artistocrazia dal senato, la democrazia nei comizi
(stesso pensiero dello storico greco Polibio che considerava perfetta la forma di governo di Roma).
L’opera filosofica maggiore è il De Officis, trattato di etica che Cicerone dedica al figlio Marco,
e che ha come scopo la formazione etico-politica della gioventù
e il fornire un modello di comportamento in linea con le trasformazioni del tempo per la classe dirigente.
Nel trattato si esaminano doveri e virtù dell’uomo onesto
e in particolare emerge che il regolatore generale di istinti e virtù è la temperanza:
disprezzo per i beni terreni, onori, ricchezza e potere
e invece armonia di pensieri, gesti e parole -> concetto di decorum.
Sempre nell’opera si dice che le azioni e i comportamenti cambiano da persona a persona:
ognuno può prendere scelte di vita anche diverse da quelle tradizionali delle cariche pubbliche
purché non dimentichi i suoi doveri verso la collettività.
LEZIONE 64
Perché si parla di una nuova età dell'oro per l'impero di Augusto?
-Il principato di Augusto si inserisce in un periodo di relativa stabilità e tranquillità:
dopo che lo stato romano era stato devastato dai decenni delle guerre civili,
la pace interna è riconquistata e la a sicurezza alle frontiere è ottenuta con campagne militari e accordi diplomatici.
-Il mantenimento formale delle forme repubblicane,
nelle quali si inseriva il nuovo concetto della personale auctoritas del princeps (primo fra pari),
permetteva di risolvere i conflitti per il potere vissuti nell'ultimo secolo della Repubblica.
- Elaborazione di una nuova cultura, di impronta classicistica,
che fondesse gli elementi tradizionali in nuove forme consone ai tempi,
In particolare in campo letterario importante fu il circolo di Mecenate,
committente e consigliere di poeti che raccolse attorno ad Augusto i maggiori autori dell’epoca,
anche se il circolo creò una sorta di egemonia sulle produzioni gestendole, vagliandole e censurandole.
-Il mito di Augusto come pacificatore e l’ammirazione nei suoi confronti
portarono alla rielaborazione del mito delle origini di Roma,
al voler dare a Roma una letteratura nazionale capace di gareggiare con quella dei greci
e a prefigurare una nuova età dell'oro.
LEZIONE 65
Cosa sono e di cosa trattano le Bucoliche?
Le Bucoliche sono 10 canti pastorali in esametri, noti anche come Egloghe,
il cui modello è il siracusano Teocrito e infatti il poeta invoca le muse siciliane,
rivendicando così il merito di aver trattato per primo un genere che la lett. latina non aveva mai trattato.
Egli si rende conto però che è un genere minore,
infatti la musa è Talia, musa della commedia, cioè della forma più bassa di poesia,
e usando anche il verbo ludere che indica un comporre per divertimento-
LEZIONE 66
Exegi monumentum aere perennius: commenta e illustra il carme e la poetica di Orazio
Quest’ode chiude il terzo libro dei Carmina di Orazio in cui egli si autocelebra
“Ho innalzato un monumento più duraturo”…
del bronzo e delle piramidi e che non potrà corrodere né la pioggia né il vento, né il tempo.
Lo scopo è quello di parlare della capacità della poesia di dare immortalità poiché essa resiste al tempo
e dunque il poeta continuerà a vivere nei suoi scritti e in coloro che leggeranno i suoi versi:
questo era importante perché l’epicureismo di Orazio lo portava a credere che tutto morisse, anche l’anima,
dunque l’unica possibilità di sopravvivenza stava nella gloria e della fama.
Un aspetto importante della sua opera è la soggettività in cui trovano spazio le sua paure esistenziali
che si possono notare nella poetica dell’angulus, piccolo spazio in cui rifugiarsi dai tormenti del mondo,
e nella poetica del modus, ovvero della misura e del limite, che porta alla vera sapienza;
anche se egli sa anche essere un poeta sociale che critica i costumi, esorta alla morale,
ma anche celebratore del potere garante della sicurezza e della tranquillità.
Lo stile varia a seconda del tipo di opere anche se vi è sempre un labor limae,
dunque tutte le opere sono il risultato di un attento lavoro formale:
-Le Odi hanno uno stile asciutto, rigoroso, pochi neologismi grecismi e arcaismi.
Esse sono caratterizzate dalla sapienza tecnica che si esprime nella callida iunctura,
cioè nell’accorta disposizione delle parole e articolazione del periodo,
e da un controllo di impresisoni e sentimenti
-Le Satire hanno una lingua semplice e misurata secondo i principi della medietas e brevitas,
le espressioni sono brevi ma incisive e colme di significato.
E’ un esempio di sermo cotidianus.
Il tema anche se leggero è sempre dettato da uno stile attento e formale.
-Negli Epodi vi sono volgarismi e espressioni del parlato.
Come abbiamo visto, lo stile è diverso, anche se rimane una costante:
massima economia e massima espressività.
Vita e morte
All’inizio della relazione tra Catullo e Lesbia egli invita l’amato a vivere: “Viviamo Lesbia e amiamo”,
dunque c’è un invito a godere degli attimi e dei doni che la vita ha offerto
poiché essi non dureranno per sempre e sono dunque ancora più preziosi:
è un invito al carpe diem, a baciarlo, a non pensare a ciò che dice la gente.
Orazio:
Vita e morte in Orazio possono riassumersi con il termine Carpe diem, riscontrabili nelle sue Odi,
in cui parla del tempo che scorre e della necessità di “afferrare l’oggi”
e “credere al domani il meno possibile”.
Valore fondante dell’epicureismo infatti era proprio quello di cogliere ogni istante
e Orazio fa proprio questo concetto mostrando la morte non come qualcosa di amaro, anzi,
la coscienza della morte, che per gli epicurei significa anche morte dell’anima,
fornisce all’uomo un nuovo modo per vivere cogliendo al meglio ogni istante.
Orazio parla della morte anche nei Carmina:
una parte di sé eviterà la morte grazie al fatto che egli è un poeta.
Nella dottrina epicurea tutto muore, anche l’anima,
e l’unico modo per sopravvivere al tempo è dunque essere ricordato per la propria scrittura.
Amore:
La dottrina epicurea porta a godere, finchè si è giovani, dell’amore,
infatti esso è un tema nella poesia di Orazio,
anche se esso, sempre secondo i dettami epicurei,non doveva degenerare in eccessi e turbamento passionale.
Orazio vede la donna come oggetto di desiderio:
di essa loda la bellezza e le doti fisiche, senza pensare all’identità, alla provenienza e alla condizione sociale,
ma l’idea che amore che trasmette non è passionale il che denota un controllo dei sentimenti.
Questo modo di vedere si ricollega da una parte all’amore libertino di Catullo,
ma risente anche dell’equilibrio di Orazio, fautore della mediocritas,
che escludeva la passionalità di Catullo e che gli impediva di vivere e rovinarsi per una donna.
LEZIONE 67
In che cosa il poeta elegiaco si avvicina e in che cosa si differenzia dal poeta neoterico?
L’elegia latina nasce sulla scia della tradizione greca ma:
-il tratto fondante il soggettivismo diventa artefatto e privo di sincerità.
-la poesia diventa più introspettiva e autobiografica
-si riprendono modelli, metri, tecniche, temi ma si cerca di trasporre in essi la propria esperienza di vita
-amore è il centro dell’esistenza nella vita dei poeti e la donna è in primo piano nel rapporto amoroso
-tema della campagna
Dal punto di vista formale la poesia elegiaca è composta da distici elegiaci,
metro nato dall’unione di esametro e pentametro.
Entrambe le forme sono comunque legate a una ripresa della cultura ellenistica
che assume però a Roma tratti peculiari e caratteristici, creativi e autonomi.
Entrambi utilizzano il genere dell’elegia,
ovvero la narrazione di vicende mitologiche a carattere amoroso e passionale.
Entrambi utilizzavano versi concisi.
Quello che cambia è che i poeti neoteroi propongono una poesia più leggera e con componimenti brevi
poiché solo opere le opere potevano essere preziose e raffinale,
al contrario l’elegia aveva un tono soggettivo e raccontava fantasie, passioni e sentimenti.
Nonostante questo dietro il mondo della campagna si rivela il suo carattere italico
con il suo patrimonio di antichi valori agresti
e anche la vita cittadina che è teatro di amori e intrighi, incontri furtivi e tradimenti.
LEZIONE 68
Nelle opere successive al suo abbandono di Roma egli invece è ormai lontano dalla società.
LEZIONE 69
Perché Livio intitola la sua opera Annales? In cosa è storico e in cosa annalista?
La sua opera storiografica Ab urbe condita tratta della storia di Roma dalla sua fondazione all’età di Livio.
Il titolo è tratto dai codici e dalle testimonianze antiche ma Livio talvolta la chiama Annales
poiché il metodo che segue è quello annalistico, anche se successivamente l’opera verrà divisa in decadi.
Del modello annalista ne rimane la forma, ovvero lo schema di spezzare la narrazione in anni,
ma la visione più ampia è quello di uno storico che mostra la parabola della civiltà romana
che ha il suo massimo punto nella vittoria su Cartagine e che trae qui il germe della futura decadenza.
Inoltre la prospettiva con cui riassume la storia di Roma è nuova:
egli vive nell’epoca di Augusto e quindi può vedere la storia da una prospettiva “pacificata”.
Dopo di lui nessun altro si rifarà alle origini, nessuno oserà misurarsi con la sua fama
e la storia diventerà piuttosto biografia dei singoli imperatori.
Quali sono le caratteristiche principali dell'opera di Livio e come intende Livio la storia?
Livio vede nella Storia di Roma un progressivo decadimento a partire da un passato perfetto
e per questo egli inizialmente non parteciperà entusiasticamente al regno di Augusto
tanto che verrà da lui accusato per questa simpatia per gli ideali repubblicani.
Solo in un secondo momento aderì al suo programma basato sulla restaurazione degli antichi valori:
si accorse che l’impero era una necessità e che il principe cercava di moderare il suo principato
con alcune concessioni basate su principi repubblicani.
La sua opera è animata da un amore profondo per Roma più che da una fede politica.
Dal punto di vista stilistico egli piega il suo stile alle esigenze del racconto:
nella prima deca è arcaizzante, nelle successive è più vicino al classicismo.
Egli sa usare tutte le risorse della poesia e dell’eloquenza senza mai cadere nella declamazione.
Tono solenne invece nel proemio in cui si presenta l’eroe protagonista: il popolo romano.
LEZIONE 70
In che termini e con quali esiti Properzio aderisce alla politica augustea in ambito culturale?
Properzio nelle Elegie parla dell’amore a Cinzia ma non solo:
dal III libro, che si concluderà con l’addio a Cinzia,
compaiono anche motivi legati alle fortune e all’ideologia augustea,
con un’attenzione nuova per la moralità antica
e una maggiore disponibilità verso i temi graditi agli ambienti ufficiali,
il che è un chiaro indizio del percorso che Properzio stava compiendo
verso la sua difficile integrazio e nel regime.
LEZIONE 71
Quali posizioni dal punto di vista della lingua assunsero i letterati dell'età imperiale?
La letteratura in età imperiale, sotto l’influsso delle scuole di retorica, fu anticlassica e anticiceroniana:
arte tormentata, con tinte cupe e violente, incline al pathos, esuberanza espressiva.
Gli autori di questo periodo (Seneca, Lucano, Persio, Petronio)
provengono da luoghi diversi e hanno gusti diversi, il che ha ricadute anche sul piano linguistico:
da un lato la lingua si arricchisce,
dall’altro perde la sua dimensione italica e il senso di misura tipico della classicità
acquisendo una dimensione sovranazionale e universale.
Fedro è un’eccezione: nelle sue favole egli usa una lingua semplice, precisa, caratteruzzata dalla brevitas,
anche se quest’ultima rende l’atmosfera fredda e manca l’approfondimento psicologico.
Inoltre usa sostantivi astratti per nominare gli animali (avidità per volpe) oppure il concreto per l’astratto.
Come muta il rapporto tra intellettuali e potere in età imperiale rispetto all’età di Augusto?
In età giulio-claudia con Tiberio e Claudio
l’assolutismo del principe si traduce in una letteratura conformistica o neutra
(erudizione, opere grammaticale), ad eccezione di Fedro che offre una voce originale:
nelle sue Favole egli riflette il punto di vista delle classi subalterne della società
dando voce al mondo degli schiavi e degli emarginati promuovendoli a oggetto letterario
e critica violentemente alcuni uomini e regole della società
allo scopo non solo di divertire ma anche di istruire.
Con Nerone si assiste a un rinnovamento nelle lettere
soprattutto negli anni in cui Seneca al potere assicurò una certa libertà intellettuale agli artisti.
Nell’età dei Flavi il potere assoluto assume forme sempre più dispotiche
e lo stesso vale per l’attività letteraria che diventa sempre più conformistica e accademica.
Nell’età degli Antonini vi è un dispotismo illuminato che porta a una rinascita letteraria
anche se vi è una generale crisi di ideali.
LEZIONE 72
Caratteri della storiografia in età imperiale.
In età imperiale vari autori si occuparono di storiografia
-Seneca il Vecchio (padre di Seneca) scrisse un’opera storica
che andava dall’inizio delle guerre civili alla sua morte.
-Pompeo Trogo scrisse Historiae Philippicae, la prima storia universale in lingua latina,
che parlava delle vicende dei singoli popoli e dei loro domini in età molto remote,
e che prestava attenzione al momento in cui dalle rovine dell’impero di Alessandro nacque Roma,
in perenne lotta con i Parti a cui Roma era destinata a soccombere.
Non c’è universalismo, la posizione rimane secondaria e marginale.
-Velleio Patercolo nelle sue Historie narra la storia dalla guerra di Troia fino al 30dC,
ma l’opera ha un andamento ineguale:
egli passa in modo rapido dai tempi più remoti a quelli più vicini
e si sofferma sui tempi di Tiberio fino a farne un vero e proprio panigirico, di cui ne vanta le lodi militari.
Più che di un’esposizione dei fatti sembrano susseguirsi ritratti di personaggi con vizi e virtù
con interventi diretti dell’autore e considerazioni proprie.
-Valerio Massimo scrive una raccolta di aneddoti tratti da fonti storiche grece e romane
relativi a religione, istituzioni politiche, vita morale, vita culturale.
E’ una raccolta di exempla.
-Curzio Rufo scrive una storia romanzata in cui emerge una figura di Alessandro Magno contraddittoria
fatta di generosità e crudeltà.
Da Patercolo in poi, dunque, la storia si riduce a una successione di ritratti.
LEZIONE 73
Che rapporto ha Persio con i suoi modelli Orazio e Lucrezio.
Il primo modello di Persio è Orazio:
come lui crede in una poesia più umile e più aderente alla realtà, la poesia del genere satirico.
La satira di Orazio però risulta diversa, più bonaria e ironica,
anche se Persio ne muta immagini ed espressioni
come ad esempio il tema dell’angulus, il luogo lontano in cui ritirarsi per sfuggire alla ricchezza.
Orazio aveva però raccomandato la callida iunctura,
al contrario Persio ricorre alla iunctura acris, ovvero asprezza nel suono e nella semantica:
la lingua dunque è quella della quotidianità ma lo stile è difficile
e questo perché vuole che i lettori meditino sul suo messaggio.
Ovviamente però il destinatario a questo punto non può essere l’uomo comune ma un pubblico colto.
Sempre Orazio inoltre aveva proposto una satira come modo di insegnare
con un rapporto paritetico tra poeta (maestro) e alunno (lettore):
al contrario Persio non mette in parità chi ascolta
ma diventa un predicatore arrabbiato e volgare che inveisce e depreca il vizio,
il che no gli concede una risposta positiva nell’ascoltatore.
Altro riferimento, anche se estraneo all’ambito saritico, è Lucrezio.
Grazie a Lucrezio infatti erano stati importati nella letteratura delle ambizioni educative
dunque il poeta entrava in contatto con il destinatario, lo provocava e lo coinvolgeva.
Persio fa lo stesso ma con atteggiamento aspro e aggressivo
al fine di superare l’indifferenza degli ascoltatori.
In che senso si afferma che Persio è il poeta dell'interiorità?
Dato il tono aggressivo, in Persio si indebolisce il rapporto con il destinatario tipico di Orazio,
e così sviluppa un “linguaggio dell’interiorità”, un monologo confessionale, un esame di coscienza.
A questo punto l’intenzione di insegnare non è più proiettata sugli altri ma su di sé:
la filosofia stoica a cui aderiva, del resto, insisteva sul raccoglimento interiore
e sull’essere impassibile a passioni e vizi.
LEZIONE 74
Delinea i rapporti tra Seneca e gli imperatori sotto i quali visse: Caligola, Claudio e Nerone,
facendo riferimento alle opere in cui si rispecchiano direttamente le vicende della dinastia Giulio-claudia.
Seneca oltre ad essere poeta ed oratore
fu anche uomo politico nel periodo in cui al potere vi furono Caligola, Claudio e Nerone,
esercitando la funzione di questore, senatore e console.
-Il suo successo gli procurerà l’ostilità di Caligola, che lo condannerà a morte, anche se poi venne graziato.
-Claudio lo esilierà per intrighi di palazzo
ed egli sarà richiamato a Roma solo dalla nuova moglie di Claudio, Agrippina,
che lo vorrà come precettore del figlio Nerone.
Sotto il regno di Claudio scrive Apocolocyntosis,
componimento che narra della morte di Claudio e dell’ascesa all’Olimpo
e della sua vana pretesa di essere accolto tra gli dei,
i quali condannano invece a scendere negli inferi come tutti gli altri mortali,
dove finisce schiavo del nipote Caligola e in mano al suo liberto
come condanna di contrappasso perché aveva fama di aver vissuto in mano ai suoi potenti liberti.
Claudio è dunque tratteggiato con accanimento.
Il titolo opera il cui riferimento alla “zucca”, emblema della stupidità,
sarebbe una parodia della divinizzazione di Claudio decretata dal Senato dopo la sua morte,
oppure da intendersi come “deificazione di una zuccone”.
-A Nerone, di cui era precettore, è invece dedicato il trattato De Clementia,
poiché Seneca voleva plasmare il giovane principe sul modello del sovrano illuminato:
egli non metteva in discussione la legittimità del principato
ma era importante la formazione del sovrano assoluto e la loro educazione
poiché la filosofia era garante e ispiratrice della direzione politica dello stato.
Dopo l’uccisione di Agrippina però Seneca perderà l’influsso su Nerone,
e quando sarà sospettato di complicità nella congiura contro Nerone verrà costretto al suicidio.
Seneca nelle sue tragedie si ispira a tre grandi tragici greci (Eschilo, Sofocle e Euripide)
ma anche ad Ovidio e ad altri autori latini,
anche se vi è un’operazione di contaminazione e ristrutturazione dei modelli in base al gusto latino.
Esse hanno uno stile basato su sfoggio di erudizione e enfasi retorica
ma sono dominate da toni cupi e atroci, con forze maligne, gusto dell’orrido e del macabro.
I temi sono la lotta tra bene e male che ha dimensione sia individuale ma anche universale
(es. la figura del tiranno in cui si annida il male e che è bramoso di potere)
e la lotta tra ragione e passione.
Utque solet pariter totis se effondere signis / Corycii pressura croci, sic omnia membra / Emisere simul rutilum
pro sanguine virus. / Sanguis erant lacrimae; quaecumque foramina novit / Umor, ab his largus manat cruor.
Alla luce dell'espressionismo rappresentativo di Lucano, si contestualizzi il passo.
Il passo si riferisce al libro IX della Pharsalia.
Morto Pompeo, il comando delle truppe repubblicane viene assunto da Catone e Bruto,
mentre Catone sbarca in Africa, rende onore a Pompeo e si incontra con i famigliari di lui, e quindi si avventura in un
pericoloso viaggio attraverso la Libia in cui affronta tempeste di sabbia, rettili, fame, sete, deserto
e descrive il patimento dei suoi soldati.
Intanto a Cesare, giunto in Egitto, viene mostrato il capo di Pompeo,
e Lucano racconta le false lacrime e l’ipocrisia di Cesare che, secondo la descrizione del poeta,
prova invece una grande gioia per l’uccisone del suo antagonista.
Inizia la frase con un riferimento alle essenze profumate (come lo zafferano)
che spesso nel Circo venivano diffuse tramite un sistema di condotti messo all’interno delle statue.
Infatti dice che, come è solito cospargere sulle statue lo zafferano,
allo stesso modo da ogni parte del corpo usciva sangue, anche le lacrime erano sangue.
In questo passo è evidente il suo espressionismo e drammaticità
poiché volutamente descrive la situazione in modo macabro.
LEZIONE 76
LEZIONE 77
Lasciva est nobis pagina, vita proba: questa filosofia di vita espressa da Marziale ha altri sostenitori
nella letteratura latina?
Con questo componimento di carattere Marziale si rivolge a Domiziano
illustando la propria opera e giustificando il carattere scherzoso dei suoi versi
parlando di una netta distinzione tra lo stile di vita e ciò che si scrive.
Inizia infatti così: “Se per caso ti capiteranno in mano i nostri librriccini”….
e poi spiega che le sue poesie Domiziano deve leggerle “a fronte distesa”, come quando si va a teatro,
e che il suo giudizio deve lasciar correre su alcuni scherzi che non fanno male a nessuno,
poiché se le sue poesie sono oscene, la sua vita è onesta.
LEZIONE 78
La Tebaide e le Silvae di Stazio.
Tebaide
La Tebaide è un poema epico dedicato a Domiziano che parla della conquista della città di Tebe
e che ha come modello Virgilio e l’Eneide.
Egli utilizza il tema mitologico e non vi sono riferimenti diretti con l’attualità
dal momento che la poesia e la letteratura erano ormai lontane dall’impegno politico,
ma non mancano alcuni riferimenti:
una guerra civile vista come scontro tra tiranni uguali,
la degenerazione di una famiglia regnante in dispotismo fanatico,
il problema di vivere sotto i tiranni rispettando comunque una regola morale.
Le divinità sono svuotate o appiattite e lo stesso vale per le figure umane
che hanno poche sfumature psicologiche: ogni figura è vista da fuori.
Nonostante questo lo stile è dominato dal gusto dell’eccessivo e dell’orrido
con evocazione di morti, apparizione di mostri, azioni raccapriccianti, descrizioni di carneficine
il che rende molto distante Stazio dal suo modello Virgilio.
Silvae
Le Sylvae sono un poema lirico di carattere colto e ricco di riferimenti mitologici e eruditi.
Sono componimenti in esametri di diversa lunghezza ognuno preceduto da un’epistola dedicatoria in prosa.
Il tono è quello della tenera poesia sentimentale che aspira ad essere un buon ritratto della società imperiale
anche se vi è il sospetto dell’artificio:
al tempo vi erano gare di poesia con premi e pubbliche declamazioni
che servivano a mantenere un controllo sulla pubblica emotività
e che premiavano componimenti miranti alla restaurazione civile e morale
e l’esaltazione dei valori letterari e tradizionali.
Nonostante ciò il fulcro della loro ispirazione è la vita reale.
Imitatori di Virgilio in età imperiale: le Argonautiche e i Punica
Argonautiche
Valerio Flacco dedicò il suo poema epico Argonautiche a Vespasiano
esaltato poiché aveva aperto le rotte nautiche oceaniche alla flotta romana con la spedizione in Britannia.
L’evento è ripreso nel mito della spedizione di Giasone alla ricerca del vello d’oro sulla nave Argo.
Egli riprende il racconto già narrato da Apollonio Rodio ma la struttura è quella bipartita dell’Eneide:
alla narrazione del viaggio segue la guerra.
Egli dunque non riprende in toto il modello greco:ma vi sono sintesi, aggiunte,
modifiche nella psicologia dei personaggi e nel modo di concepire l’intervento divino.
Punica
Silio Italico scrive i Punica, poema epico sulla II guerra punica.
Le fonti utilizzate sono:
la terza deca di Tito Livio, a cui si rifà per la linea annalistica,
e Virgilio, che imita nella lingua, stile, immagini, apparato mitologico-divino,
anche se la sua imitazione si limita all’aspetto formale.
Ruolo fondamentale nel poema ha Giove:
egli vuole imporre ai romani una dura prova al fine di dimostrare il loro valore
e dimostrare di potere aspirare al dominio sugli altri popoli.
LEZIONE 79
Nell’elogio all’uomo, Plinio dice che la natura ha generato tutto per l’uomo,
ma in cambio l’uomo ha dovuto pagare un prezzo alto e crudele,
dunque si pone un interrogativo: è stata una buona madre o una crudele matrigna?
L’uomo infatti è l’unico essere vivente che deve procacciarsi qualcosa per ripararsi e vestirsi
poiché viene gettato nel mondo nudo al momento della nascita,
abbandonato sin dall’inizio al pianto e alle lacrime,
mentre la risata appare solo dal 40esimo giorno.
Dopo un’introduzione con un’epistola dedicata al futuro imperatore Tito e una bibliografia
(grande novità questa nel mondo antico) inizia a trattare i vari argomenti libro per libro:
cosmologia e astronomia, geografia, antropologia, zoologia, botanica, medicina, metallurgia e mineralogia
+ un excursus sull’arte antica con attenzione a scultura, pittura e architettura.
Il suo intento è mettere ordine in una materia vasta e immensa attingendo a più di 500 autori:
la novità sta nel disegno però, e non nel contenuto.
Infatti il limite è che, come al resto della cultura latina,
gli manca la capacità di riconoscere ciò che è scientifico e ciò che non lo è,
non vengono vagliati scientificamente i dati desunti dall’esperienza,
rimangono delle credenze superstizione,
e tutto questo è visibile nella scelta dei modello: a volte veri scienziati, altre pseudo-scienziati.
LEZIONE 80
Illustra lo stile di Quintiliano e i suoi modelli.
Il suo modello è Cicerone,che viene rivisto per cercare un’ideale compromesso tra asciuttezza e ampollosità,
anche se il suo stile non risulta ampio e simmetrico come quello di Cicerone
ma pare condizionato dalla prosa di Seneca,
presentandone tratti caratteristici per le scelte lessicali, per la collocazione dei termini e per la sintassi.
Egli ricorre spesso a similitudini e metafore tipici della poesia
poiché in quest’epoca postclassica i tratti di lingua e prosa si avvicinano.
Rapporto tra intellettuale e potere secondo Quintiliano.
Quintilliano si schiera fra quegli intellettuali che accettavano il principato come una necessità.
L’oratore per Quintilliano non pone certo in discussione il regime,
ma le doti morali che deve possedere sono utili, prima che al principe, alla società in generale.
Tuttavia l’ideale propugnato da Quintiliano di un oratore che sia ancora,
secondo l’antico modello catoniano, guida al senato e al popolo romano,
è un’illusione del tutto infondata, quasi una negazione fatta alla realtà storica dell’Impero.
Cosa rappresenta il ritorno al classicismo propugnato da Quintiliano?
L’ondata anticlassicista proposta da Seneca si esaurì con il programma della Dinastia Flavia,
imperniato sulla ricerca di un nuovo equilibrio che rivelava un’impostazione conservatrice:
politicamente vi è un riavvicinamento al Senato
e culturalmente un programma di ritorno agli antichi in cui si favorì il ritorno al classicismo.
Questo ritorno al classicismo trovò in Quintilliano uno dei massimi esponenti,
infatti egli riprende Cicerone convinto che ciò sia sinonimo di un ritorno alla saldezza dei costumi
e dunque insiste sulle doti morali dell’oratore
a cui affida il compito di porsi al servizio della res pubblica e della società,
senza però rendersi conto che le condizioni politiche erano mutate e che ciò non era possibile.
LEZIONE 81
LEZIONE 82
Tacito nel Dialogus de oratoribus propone un dialogo fittizio tra alcuni oratori e retori dell’epoca
esaminando i motivi della decadenza dell’eloquenza e si conclude con la posizione di Tacito:
una grande oratoria era possibile solo con la libertà e l’anarchia che regnava durante la Repubblica,
quando vi era il fervore dei tumulti e delle guerre civili,
mentre ora è anacronistica e non più praticabile poiché la società è tranquilla e ordinata.
La posizione di Tacito dunque è questa:
la perdita di libertà è il prezzo da pagare per la conquista della pace.
Tuttavia non è da confondere la visione di Tacito riguardo la decadenza dell'oratoria
con un dissenso nei confronti del potere:
il principato, seppur non garantiva la libertà,era secondo Tacito l'unica forma di governo che assicurava la pace.
Sebbene in parte la posizione dei due autori coincida, in Tacito è molto più forte il dato politico,
in Quintilliano quello legato alla decadenza della scuola.
LEZIONE 83
Esso è composto da brevi saggi di cronaca sulla vita mondana, intellettuale e civile
in cui elogia diversi personaggi, soprattutto poeti,
e in cui lui è osservatore privilegiato della società
vista la sua posizione di fama letteraria e posizione politica.
Lo stile dunque è elegante, con reminiscenze di Virgilio, Cicerone e spunti di Stazio e Marziale.
LEZIONE 84
Le biografie di Svetonio: fonti, scelte e caratteri della produzione storica in tarda età imperiale
Svetonio nelle sue biografie, genere letterario di derivazione greca,
rinuncia alla trattazione cronologica e sceglie un criterio per categorie
che trattano singolarmente i vari aspetti delle personalità di cui sta parlando.
Le fonti per reperire materiale: materiale d’archivio, tradizione letteraria, elogia, laudationes funebres.
Per le biografie di grammatici e retori presenti nel De viris illustribus egli offre brevi informazioni su:
origini, insegnamento esercitato, interessi principali, opere composte, carattere.
Per quanto riguarda invece Vite dei Cesari,
qui descrive gli imperatori sempre con uno schema simile
ma mostrando molta attenzione sulla loro vita privata e sui loro eccessi o particolari scandalistici
che viene interpretata oggi come volontà di mostrare un ritratto generale del personaggio.
LEZIONE 85
La favola è fondamentale perché senza di essa non si riuscirebbe a decodificare l’intero romanzo:
tocca infatti a questo racconto secondario rendere più complessa la prima lettura del romanzo
attivando una seconda linea tematica, quella religiosa e mistica,
altrimenti si tratterebbe solo di un superficiale romanzo d’avventura.
Confronto tra Apuleio e Petronio: temi, struttura, stile, protagonisti, atteggiamento dell'autore.
Sia Petronio sia Apuleio compongono un romanzo: il Satyricon e l’Asino d’oro.
Il romanzo antico ha origine in Grecia
mentre nel mondo antico non esisteva il “romanzo” che conosciamo oggi
anche se esistevano alcune opere che ne presentavano alcune caratteristiche
e che sono stati denominati tali a posteriori.
Lo stile di Petronio è una mimesi del linguaggio parlato, domina il registo medio-basso,
vi è una polemica contro i retori e lo stile asiano,
mentre lo stile di Apuleio è contraddistinto dal pluristilismo, con un linguaggio ibrido ma arificioso.
Quale relazione ha Apuleio con la magia e quanto essa influenza le sue opere?
Uno dei temi fondamentali della prima parte delle Metamorfosi è costituito dalla magia,
che è la più arcaica forma di conoscenza e controllo sul mondo naturale.
In questo senso essa ha caratteri di contiguità sia con la scienza, sia con la religione.
In un’epoca di destabilizzazione culturale come il II sec. d.C., epoca di crisi della fede nella ragione,
si rivitalizzano le forme irrazionali del pensiero, e le esperienze mistiche, religiose, magiche.
In questo contesto il successo delle religioni orientali,
fra le quali sarà il cristianesimo ad ottenere la diffusione maggiore, è enorme,
ma lo è anche di un recupero della magia, relegata fino ad allora a forme di incantesimi per gli ignoranti.
Apuleio è un testimone significativo di questo carattere dell’epoca:
lui retore, erede della tradizione classica, filosofo platonico, si occupa di magia,
tanto che accusato di aver ottenuto la mano di una ricca vedova con incantesimi e filtri magici
si deve difendere con l’Apologia o De magia.
Nell’orazione giudiziaria emerge l’abilità avvocatesca per il modo in cui affronta i capi d’accusa
presentandoli come assurde fantasticherie poiché si presenta non come mago ma come filosofo,
e sempre con punti di ironia, da cui traspare la sicurezza della vittoria.
LEZIONE 86
Il suo stile è incalzante e usa una satira tagliente ma il tutto è infarcito di retorica, artifici e sofismi.
La lingua è innovativa nel lessico
poiché vi sono termini liturgici presi dal greco, tecnicismi giuridici, popolarismi.
Queste prime bibbie in latino ebbero importanza sulla lingua dei primi letterati cristiani
poiché essi vennero resi alla lettera per non alterare il Verbo di Dio
dunque si crearono calci e costrutti sintattici alla greca, ebraismi, tecnicismi lessicali e nuove espressioni.
LEZIONE 87
Che rapporto c’è tra i primi autori cristiani (Tertulliano, Lattanzio, Cipriano)
e la cultura classica pagana?
La cultura cristiana e la Chiesa garantiranno la sopravvivenza della lingua e della cultura classica
tramite la copiatura dei classici nei monasteri, garantendone la sopravvivenza.
I cristiani dotti però avevano atteggiamenti diversi nei confronti della cultura classico pagana:
alcuni le condannavano a priori poiché lontane dal dogma cristiano e quindi via di peccato,
altri si erano formati su quei testi e non li rinnegarono ma ne subirono il fascino.
Anche Cipriano studia grammatica e retorica e diviene retore, e rimane infatti lo stile classicheggiante,
ma dopo il battesimo cambia completamente vita e nelle sue opere mostra interesse solo pastorale
scrivendo testi contro la vita dissipata di chi non si è convertito,
e raccolte di versi biblici dedicati ai giudei per mostrare loro che la legge di Mosè
è stata superata con l’avvento del Cristianesimo.
LEZIONE 88
Che significato ha la disputa tra Ambrogio e Simmaco a proposito dell’altare della Vittoria?
Simmaco fu un oratore e retore che si levò per difendere il paganesimo,
in particolare è importante lo scontro con Ambrogio testimoniato in una lettera:
Simmaco voleva ricollocare nella curia romana l’antica ara della Vittoria
che era stata fatta togliere dall’imperatore Graziano,
poiché sosteneva la necessità di non abbandonare una tradizione
che aveva dimostrato di proteggere lo stato e garantire la grandezza di Roma,
ma anche poiché voleva mostrare la possibilità di convivenza di due culture diverse
poiché secondo lui “ognuno cercava la verità a suo modo”.
Si opponeva Ambrogio, vescovo di Milano,
e chiedeva all’imperatore, in nome della fede cristiana, di non considerare tale richiesta,
poiché: “quella verità che tu non conosci noi l’abbiamo appresa direttamente da Dio”.
Inizialmente il discorso di Simmaco pare impressionare l’imperatore ma poi interviene Ambrogio che ebbe la meglio.
Quali sono gli autori della rinascita pagana del IV secolo e in che contesto si colloca questo movimento?
Nel IV sec dC il cristianesimo è ormai penetrato in tutte le classi sociali
ma appare ancora un pericolo per l’aristocrazia senatoria
quindi ne deriva una rinascita della cultura pagana promossa sia a Oriente che Occidente
anche se il predominio del greco nelle classi colte occidentali va scemando e viene studiato sempre meno
e la rinascita della cultura pagana occidentali si baserà sui valori tradizionali della romanità e della cultura latina.
Gli autori principali sono:
-i grammatici Elio donato e Servio
- Simmaco, autore di 900 lettere, di cui famosa è quella per il ripristino dell’Altare della Vittoria
-Lucio Settimo e Eutropio scrissero di storia ma con carattere aneddotico e inattendibilità delle notizie
-Scriptores Historiae Augustae, autore/i sconosciuto, raccolta di 30 biografie d’imperatori o pretendenti,
che offre un racconto avvincente ma con molti anacronismi e contraddizioni
-Ammiano Marcellino scrive Rerum gestarum libri proseguendo le storie di Tacito
e dando molta importanza soprattutto al periodo contemporaneo.
Di Tacito riprende sia la trattazione annalistica, sia la metodologia:
tratta sia le vicende politiche e la vita interna allo stato, sia gli intrighi di corte, sia le guerre esterne,
offrendo un quadro storico unitario.
LEZIONE 89
Opere:
-Opere esegetiche in cui segue il modello allegorico adottato dai maestri orientali,
infatti spesso nelle sue opere si vede il tentativo di riprendere gli schemi della tradizione classica
ma trasformandoli in senso cristiano.
- Inni che erano concepiti come strumento di catechesi
poiché facilitavano la comunicazione da parte del vescovo e l’apprendimento degli ascoltatori.
-opere ascetiche e morali dedicate alla verginità e alla vita monastica
-opere per la formazione del clero
-discorsi in cui celebra dei personaggi cogliendo l’occasione per riflettere sulla morte
o su valori che sono esemplari nella vita di chi viene elogiato
-lettere molto varie con questioni dottrinarie, esegetiche, personali, politiche.
Tra le più note quelle relativa all’Ara della Vittoria.
La sua prosa è limpida ed elegante, modellata su forme classica, la cui influenza è fortissima,
anche se ad essi si mescola lo stile biblico,
mentre la retorica è guardata con diffidenza poiché è una cura della forma fine a sé stessa
mentre ciò che conta per l’estetica cristiana sono i contenuti.
A chi si rivolgono le opere degli autori cristiani? Quale è il pubblico e come questo ne influenza caratteri e stili?
Il pubblico cristiano non ha una classe sociale:
sebbene il cristianesimo si originò tra le classi umili, finì presto per estendersi ad ogni strato sociale
compresa l’élite letteraria, senatoria e gli imperatori stessi.
La letteratura cristiana dunque dovette adattarsi al suo pubblico componendo testi diversi:
l’esegesi biblica era rivolto a un pubblico colto di religiosi,
gli Inni, come quelli di Ambrogio, erano rivolti invece a tutti ed erano un ottimo metodo di catechesi,
le opere ascetiche erano destinate ai monaci o a chi voleva darsi alla monacazione.
LEZIONE 90
E’ importante anche perché con il De Viris Illustribus fornirà le biografie degli autori cristiani
aprendo così una riflessione sulla storia letteraria degli autori cristiani
e le sue Vitae di santi eremiti.
Nel suo epistolario invece, che ha modello Cicerone non per la lingua ma per l’espressività,
si scaglia spesso contro nemici o avversari,
poiché incline a vedere nella realtà circostante la degenerazione degli ideali in cui crede.
In effetti Gerolamo ha acquisito i classici durante la sua formazione scolastica e sono un modello.
Nonostante si scagli contro il culto della forma tipica dei classici
la sua prosa in realtà si rifà a tali modelli.
Girolamo è un ciceroniano ma non per la lingua,
ma lo è perché è capace della stessa grandiosità espressiva e dello spirito.
Si illustri il differente punto di vista di Agostino e Girolamo a proposito della grandezza di Roma.
Girolamo rimase profondamento colpito dalle notizie del sacco di Roma
poiché vede la città di Roma, che aveva prima conquistato tutto il mondo, che viene conquistata,
che cade sotto le armi e ancor prima per la fame,
il che costringe gli affamati a mangiarsi l’un l’altro,
e una madre a mangiare il figlio appena partorito.
Da queste immagini si denota che egli è attaccato all’impero romano,
LEZIONE 91
La lingua usata è quella classicista destinata a un pubblico colto con periodi ampi e ipotattici.
LEZIONE 92
LEZIONE 31
Perché diciamo che la descrizione del banchetto rientra tra i topi dell'epica?
Quali altri esempi ti vengono in mente?
La descrizione del banchetto regale rientra tra i topoi dell’epica
per la presenza di servi e serve, i focolari, i ragazzetti che corrono per rendersi utili, gli arazzi e i tappeti, e
soprattutto la musica e il canto di Iopa, anche se vi è una differenza rispetto al precedente epico:
inon si tratta di un aedo che dipana la vicenda della guerra di Troia,
cosa che sarebbe risultata priva di tatto ed eccessivamente dolorosa,
ma i temi del canto rimandano piuttosto alla poesia alessandrina ed sono ricchi di simbolismo,
ricchi di questioni naturalistiche e sulle misteriose opere dell’Universo.
Didone, regina di Tiro, diventa vedova quanto il marito Sicheo viene ucciso da suo fratello Pigmalione.
Ella per non causare una guerra civile inizia una peregrinazione che la porterà a Cartagine
dove conoscerà e si innamorerà di Enea che riconosce in lei le sue stesse doti di “pietas”.
LEZIONE 32
I Dialoghi di Seneca: alla luce del testo esaminato in quali termini va intesa la forma dialogica?
I Dialogi di Seneca sono 12 libri,
ma di questi solo il De Tranquillitate animi è realmente idealogico (dialogo tra Seneca e l’amico Sereno)
mentre gli altri sono trattazioni di specifici temi in cui Seneca parla in prima persona
rivolgendosi a un interlocutore di volta in volta distinto che però non interviene in forma diretta.
In che senso lo stile di Seneca, che procede per frasi spezzate riflette la realtà storica, secondo Traina?
Traina afferma che lo stile di Seneca è basato sulla frase o sententia.
Egli sostiene che il suo stile sia un riflesso della società e del tempo:
l’avvento dell’Impero segna una frattura
poiché è un periodo in cui il problema non è più l’inserimento del singolo nella società e nello stato
ma il suo significato nel cosmo,
pertanto a livello stilistico ciò si riproduce in molte frasi e molte pause.
Diversa la situazione degli autori precedenti Cesare e Cicerone:
pur nella loro diversità per temperamento, interessi e ideali, essi utilizzavano molti nessi logici,
il che era dato da una società ben organizzata, un equilibrio di valori morali, politici e religiosi.
LEZIONE 33
L'inquietudine di Sereno: cause e rimedi proposti da Seneca.
Sereno si mostra incerto tra una vita privata e il desiderio di partecipare alla vita pubblica, tra ozio e azione.
Seneca risponde che ognuno deve partecipare ai propri doveri sociali seguendo la propria indole:
chi ha una disposizione all’azione deve partecipare alla politica,ma essendo consapevoli dei rischi che corre,
anche se lo stato ideale sarebbe l’atarassia cioè la pace dell’anima.
Le passioni per Seneca dunque non vanno annullate ma moderate
e la propria energia va reindirizzata per migliorare la società.
Seneca, di fronte a questo dissidio, suggerisce una mediazione tra i due estremi,
e in questa frase spiega a Sereno che anche in privato è possibile per il saggio svolgere un ruolo pubblico
quando con la sua saggezza e intelligenza esorta i giovani alle virtù
e sa trattenere coloro che invece si gettano nel denaro e nel consumo sfrenato.
LEZIONE 34
LEZIONE 35
Egli assimila il suo discorso al sermo, ovvero ad una conversazione familiare o informale fra amici,
poiché il suo scopo è incoraggiare l’amico Sereno,
pur utilizzando anche talvolta un tono esortativo
poiché egli è convinto che i principi teorici vadano tradotti in azione.
LEZIONE 36
Caratteri dello stile e della lingua di Seneca.
Seneca rifiuta il complesso periodo di cicerone basato sull’ipotassi
e propone una prosa spezzata, dall’andamento paratattico,
composta da frasi concise e ciascuna dotata di autonomia espressiva.
Sul piano della lingua fa molto uso di metafore e termini tratti dai linguaggi tecnici
(medico, militare, agricolo, politico, giuridico, …),
ma agisce anche attribuendo significati nuovi a parole comuni.
Illustra con esempi il linguaggio dell'interiorità di Seneca.
Il “linguaggio dell’interiorità’ di Seneca è basato sull’uso di un tono intimo e mistico-religioso.
Egli infatti è il primo scrittore antico a dare spazio così ampio all’appello alla vita interiore
e dunque anche il suo linguaggio s’interiorizza e si spiritualizza,
infatti utilizzò la metafora dell’interiorità del possesso e dell’interiorità come rifugio.
Per il linguaggio dell’interiorità come possesso Seneca ricorre alla lingua giuridica e al termine vindicare,
cioè rivendicare qualcosa togliendola al legittimo proprietario
per poi essere pienamente in possesso di tutti i diritti su di sé.
Questo è espresso tramite l’uso del riflessivo diretto e indiretto
che indica un ripiegarsi continuo del soggetto su di sé.
Per interiorità come rifugio si intende l’anima che si arrocca in sé stessa
e l’interiorità che diventa possesso stabile.
Per renderlo usa il riflessivo indiretto.
LEZIONE 37
Perché si parla per Seneca di linguaggio della predicazione
Il linguaggio della predicazione è il linguaggio che va dall’interno all’esterno, quello dell’insegnamento,
poiché per Seneca la parola deve tradursi in azione e non essere solo una riflessione teorica,
e dunque egli studia il proprio stile affinché sia incisivo.
E’ un linguaggio che predilige la paratassi, le frasi spezzate, sono eliminate le parole vuote.
Ogni frase è dotata si un significato ed ha risalto, ognuna è studiata con cura e con esressività.
Cosa significa l'espressione 'Linguaggio dell'interiorità' riferita a Seneca?
Vedi sopra
LEZIONE 38
Riflettendo su questo Seneca sostiene che la sorte dei buoni e dei migliori spesso è crudele,
ma non bisogna abbattersi per questo,
al contrario serve osservare come essi hanno vissuto la loro morte:
se morirono con valore è bene,
ma se morirono da femmine o vigliacchi e hanno cercato di sottrarsi ad essa essi sono da biasimare.
E’ a questo punto che vi è la frase: “Non piangerò nessuno che sia lieto, nessuno che pianga:
quello asciuga le mie lacrime, questo con le sue si rende indegno di qualsiasi compianto”.
Non serve il compianto di questi grandi uomini (Ercole, Catone) e per come sono morti
poiché con il loro sacrificio sono divenuti eterni e morendo sono divenuti immortali.
LEZIONE 39
LEZIONE 40
Commenta e illustra, individuando figure retoriche e particolarità linguistiche e stilistiche,
il seguente passo delle confessioni di Agostino: Sed tamen sine me loqui apud misericordiam tuam,
terram, et cinerem, sine tamen loqui, quoniam ecce misericordia tua est, non homo, inrisor meus, cui
loquor. et tu fortasse inrides me, sed conuersus misereberris mei, quid enim est quod uolo deicere,
domine, nisi quia nescio, unde uenerim huc, in istam dico uitam mortalem an mortem uitalem?
Questo è un passo del libro I delle Confessioni di Agostino,
in particolare la parte dedicata a Nascita e Infanzia in cui parla del mistero dell’origine dell’uomo.
Agostino si rivolge a Dio e alla sua misericordia confessando di non sapere nulla sulla propria origine,
ma anche di sapere che è stato amato da Dio sin dal principio tramite l’amore dei suoi genitori
poiché dietro ad ogni bene e attenzione per quel bambino sa che vi era la mano di Dio.
Egli usa anche un riferimento alla Genesi quando confessa di essere “terra e cenere”.
LEZIONE 1
Analisi linguistica in prospettiva diacronica e sincronica:
caratteristiche, finalità e differenze.
La prospettiva diacronica riguarda lo sviluppo della lingua nel tempo, il che permette di “tagliare” il
latino in una successione di strati: latino arcaico, latino classico, latino imperiale, latino volgare.
La prospettiva sincronica permette di distinguere latino parlato, latino letterario e latino tecnico.
Sostrato e superstrato:
illustra i termini in riferimento alla lingua latina e alla sua evoluzione
- SOSTRATO: lingua della popolazione autoctona su cui si diffonde la lingua dei dominatori,
(es. il latino che si impone sull’etrusco).
- SUPERSTRATO: su una lingua dominante di sovrappone uno strato linguistico
che non si impone sulla lingua, ma la influenza (es. il germanico sul latino nel Medioevo)
LEZIONE 2.
Il Lapis Niger è cippo in tufo scoperto nel 1899 durante degli scavi nel foro romano
che era sovrastato da una lastra in marmo nero detta “lapis niger”,
in cui si legge un’iscrizione in quattro lati che va dall’alto al basso e viceversa
e che, sebbene di difficile traduzione, pare collegata a un passo dello scrittore Festo
in cui parla di una pietra nera che corrisponderebbe alla toma di Romolo.
Esso è il più antico documento in alfabeto latino trovato nella valle del Tevere.
L’iscrizione da Satricum è un'iscrizione incisa su una pietra che faceva da base a un dono votivo
che reca due righe con una dedica per il dio Marte
composte in una lingua a metà strada tra latino, volsco e sabino.
Essa è stata rinvenuta nell’antica città Satricum nel Lazio negli anni 70
ed è datata tra la fine del VI e gli inizi del V secolo a.C.
LEZIONE 3
Musae, quae pedibus magnum pulsatis Olympum:
caratteri della lingua di Musae Ennio
Questo è il primo verso degli Annales di Ennio,
poema che si apre con un’invocazione alle muse
in cui compaiono i grecismi “Musae” e “Olympus”
fondersi con la tradizione latina dell’allitterazione
(ripetizione di suono uguale: musae e magnus, pedibus e pulsatis).
LEZIONE 4
LEZIONE 6
Influenza e azione della lingua greca sulla lingua latina, nel tempo.
I grecismi si contraddistinguono non tanto per quantità, bensì per la qualità,
ma la teoria linguistica li condanna
poiché la lingua letteraria è improntato al purismo, e dunque all’esclusione.
La lingua letteraria tuttavia non può rinunciarvi, e allora spesso ricorre al calco:
parola latina creata su un modello greco oppure adattata a valori lessicali greci.
Anche nel lessico constatiamo lo stesso atteggiamento,
con la creazione di una serie di parole composte latine che ricalcano modelli greci.
Ad un altro livello, quello della lingua parata,
rimane il valore del grecismo come tratto dell’affettività.
Entrambe le dottrine sono illustrate da Varrone che assume una posizione intermedia.
LEZIONE 7
La lingua di Virgilio
La posizione di Virgilio, che pochi anni dopo la sua morte era già assurto al ruolo di
classico, studiato a scuola. L’allitterazione, cara alla tradizione linguistica latina, è
mantenuta, non la voce onomatopeica, ritenuta eccessivamente rozza. In Virgilio
riscontriamo i fenomeni osservati in cui la lingua greca agisce all’interno della poesia
scardinando lievemente l’equilibrio della prosa classica. Vi è l’elevazione a livello
letterario di un costrutto in cui l’influenza del greco e l’uso popolare si rafforzano
reciprocamente: in pratica la grandezza della manipolazione linguistica consiste nel
fatto di sposare elementi provenienti dall’esterno con pulsioni tutte interne alla lingua
per creare qualcosa di unico.
LEZIONE 8
Ubi solitudinem faciunt pacem appellant: cosa significa questa frase di Tacito?
Traduzione: Laddove fanno il deserto, lo chiamano pace.
E’ una locuzione latina tratta dall'Agricola di Publio Cornelio Tacito.
L'autore la fa pronunciare al generale calèdone Calgaco,
quando cerca di infondere coraggio alle truppe
poiché di fronte ai romani ci sono due alternative: libertà o morte.
La lingua di Apuleio
In Apuleio troviamo gli esempi più evidenti
della dissoluzione della tradizione linguistica letteraria,
realizzata piegando la lingua ad effetti esteriori
e del tutto avulsi dal naturale sviluppo linguistico del latino.
LEZIONE 9
Lessico.
Nel III sec. d.C. la lingua d’uso ha caratteri unitari e costanti,
diffusi fino agli estremi limiti dell’Impero dagli scambi commerciali,
dall’apparato amministrativo e dalla trasmissione di una cultura uniforme.
Sintassi.
Ampio uso dell’aggettivo ille che segna la nascita dell’articolo;
rafforzamento di pronomi/agg. dimostrativi facendoli precedere dall’avverbio eccum;
Fonetica.
Un gran numero di fenomeni fonetici
sono collegati al mutamento della natura dell’accento
es. sincope di vocale interna atone o l’allungamento di vocali toniche
Ritmo.
Si scontrano l’accusa di una pronuncia ‘pesante’ e rozza dell’accento tonico e
l’accusa nei confronti di un latino ‘cantato’, come una cantilena,
che si riferisce all’accento quantitativo proprio delle espressioni elevate e letterarie.
LEZIONE 10
Agostino va fatta una distinzione tra gli scritti ante e post conversione. Riconosciamo nella sua
lingua alcune novità.
-La costruzione accusativo + infinito
già da decenni era insidiata dalla subordinata esplicita introdotta da quod.
Questo ci permette di capire che il costrutto dell’infinitiva
non era tanto un classicismo pagano,
quanto un artificio retorico inammissibile in contesto di lingua diretta, affettiva.
-La posizione tradizionale del verbo in latino è alla fine,
mentre lo stile della Bibbia sposta il verbo in posizione iniziale.
Agostino osserva la tradizione nelle opere dogmatiche e dottrinali,
mentre nelle Confessioni o nelle lettere accetta il nuovo tratto di modernità
-Nelle Confessioni prevale la paratassi, nel de Civitate Dei l’ipotassi.
Dal punto di vista storico due tappe fondamentali per la diffusione nel sec. IV d.C:
-nel 313 con l’editto di Milano l’imperatore Costantino riconosce il Cristianesimo come religione
degna di essere praticata al pari delle altre del mondo antico.
-nel 380 d.C l’imperatore Teodosio con l’editto di Tessalonica
eleva il Cristianesimo a religione ufficiale dell’Impero.