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@garzantilibri
www.illibraio.it
In copertina
Progetto grafico: © Two Associates
Adattamento: theWordlofDOT
Traduzione dall’inglese di
Sara Caraffini
ISBN 978-88-11-81584-6
Introduzione
Conclusione
Ringraziamenti
Bibliografia scelta
L’UNICA REGOLA È CHE NON CI SONO REGOLE
INTRODUZIONE
Reed Hastings: «Blockbuster è mille volte più grande
di noi», sussurrai a Marc Randolph quando entrammo
nella gigantesca sala riunioni al ventisettesimo piano
della Renaissance Tower di Dallas agli inizi del 2000.
Eravamo nel quartier generale di Blockbuster,
all’epoca un colosso da sei miliardi di dollari che
dominava il settore dell’intrattenimento domestico con quasi
novemila punti vendita sparsi per il mondo.
Il suo CEO John Antioco, considerato un abile stratega
consapevole che l’onnipresenza e la supervelocità di Internet
avrebbe stravolto l’industria, ci accolse con molta cortesia. Sfoggiava
un pizzetto sale e pepe e un completo costoso e appariva totalmente
rilassato.
Io, al contrario, ero un fascio di nervi. Marc e io gestivamo una
minuscola startup che avevamo fondato insieme due anni prima,
tramite la quale le persone potevano ricevere per posta i DVD ordinati
su un sito web. Avevamo cento dipendenti e soltanto trecentomila
abbonati e stavamo affrontando un periodo burrascoso. Quell’anno
le nostre perdite sarebbero ammontate a cinquantasette milioni di
dollari. Ansiosi di stipulare un accordo, avevamo lavorato per mesi
solo per far sì che Antioco rispondesse alle nostre telefonate.
Ci sedemmo intorno a un enorme tavolo di vetro e dopo qualche
minuto di convenevoli Marc e io avanzammo la nostra proposta.
Suggerimmo che Blockbuster comprasse Netflix; dopo di che noi
avremmo sviluppato e gestito Blockbuster.com come la loro divisione
di noleggio di video online. Antioco ascoltò attentamente, annuendo
spesso, e poi chiese: «Quanto dovrebbe pagare Blockbuster per
comprare Netflix?». Quando sentì la nostra risposta – cinquanta
milioni di dollari – rifiutò categoricamente. Marc e io ce ne andammo,
avviliti.
Quella sera, quando andai a letto e chiusi gli occhi, immaginai tutti
i sessantamila dipendenti di Blockbuster che scoppiavano a ridere
per l’assurdità della nostra proposta. Era naturale che Antioco non
fosse interessato. Perché mai un’organizzazione potente come
Blockbuster, con milioni di clienti, ingenti profitti, un CEO di talento e
un brand che era sinonimo di home movies avrebbe dovuto essere
interessata a una fallita in difficoltà come Netflix? Cosa potevamo
mai offrire che loro non potessero fare da soli più efficacemente?
Ma a poco a poco il mondo cambiò e la nostra azienda rimase in
piedi e crebbe. Nel 2002, due anni dopo quell’incontro, quotammo
Netflix in borsa. Nonostante la nostra crescita, Blockbuster era
ancora cento volte più grande di noi (cinque miliardi di dollari contro
cinquanta milioni), e oltretutto apparteneva a Viacom, all’epoca la
principale società di media al mondo. Ciononostante, nel 2010
Blockbuster dichiarò fallimento e nel 2019 le rimaneva un solo
negozio aperto, a Bend, nell’Oregon. Non era riuscita a adattarsi al
passaggio dal noleggio di DVD allo streaming.
Il 2019 è stato un anno decisivo anche per Netflix. Il nostro film
Roma è stato candidato come miglior film e ha vinto tre Oscar, un
autentico trionfo per il regista Alfonso Cuarón, il che ha sottolineato
la trasformazione di Netflix in una società di intrattenimento a pieno
titolo. Da tempo eravamo passati dal servizio di DVD per posta a
diventare non solo un servizio di streaming via Internet con più di
167 milioni di abbonati in 190 paesi, ma anche un importante
produttore di serie televisive e film in tutto il mondo. Abbiamo avuto il
privilegio di lavorare con alcuni degli artisti più bravi al mondo, fra cui
Shonda Rhimes, Joel ed Ethan Coen e Martin Scorsese. Abbiamo
introdotto un nuovo modo di guardare e apprezzare grandi storie, il
che, nei suoi momenti migliori, è riuscito ad abbattere barriere e
arricchire vite.
Mi sento spesso chiedere: «Com’è successo? Come mai Netflix si
è ripetutamente adattata mentre Blockbuster, invece, non c’è
riuscita?». Il giorno in cui andammo a Dallas Blockbuster aveva tutti
gli assi in mano. Aveva il marchio, il potere, le risorse e le idee. Ci
batteva a mani basse.
All’epoca non risultava evidente nemmeno per me, ma noi
avevamo qualcosa che Blockbuster non aveva: una cultura che
attribuiva più valore alle persone che alle procedure, enfatizzava
l’innovazione piuttosto che l’efficienza e applicava pochissimi
controlli. La nostra cultura, che si prefissava di ottenere le massime
prestazioni attraverso la densità di talento e di fornire ai dipendenti
contesto invece di controllo, ci ha consentito di continuare a crescere
e cambiare mentre il mondo e le esigenze dei nostri abbonati si
trasformavano intorno a noi.
Netflix è diversa. È una cultura in cui la regola è la mancanza di
regole.
Erin,
ho fatto parte dei Peace Corps Swaziland (1983-85). Adesso sono il CEO di Netflix. Ho
adorato il tuo libro e lo stiamo facendo leggere a tutti i nostri dirigenti.
Sarei felice di prendere un caffè con te, una volta o l’altra. Vengo spesso a Parigi.
Com’è piccolo il mondo !
Reed
La performance è contagiosa
Il primo puntino
Questo è il puntino più essenziale per le fondamenta dell’intera
storia di Netflix.
Un luogo di lavoro rapido e innovativo è composto da quelli che
definiamo «colleghi fantastici»: persone di enorme talento, con
background e prospettive differenti, che sono straordinariamente
creative, svolgono quantità significative di lavoro importante e
collaborano in modo efficace. Per di più nessuno degli altri principi
può funzionare se non ci si assicura che questo primo puntino sia al
suo posto.
▶ CONCETTI CHIAVE DEL CAPITOLO 1
Il vostro obiettivo primario come leader è sviluppare un ambiente di lavoro costituito
esclusivamente da colleghi straordinari.
Colleghi straordinari svolgono quantità significative di lavoro importante e sono
eccezionalmente creativi e appassionati.
Rompiscatole, scansafatiche, persone dolci dalle prestazioni non sublimi o pessimisti
che fanno parte del team abbasseranno il livello di performance di tutti.
Rochelle prese sul serio il principio di Netflix secondo cui non dire
niente in circostanze del genere sarebbe equivalso a slealtà. Passò
la serata a scrivere la seguente e-mail a Reed, rileggendola «cento
volte, perché anche se si tratta di Netflix, sembrava comunque
piuttosto rischioso». Ecco cosa scrisse infine:
Reed,
essendo stata fra il pubblico presente ieri nella stanza ho trovato sprezzanti e irrispettosi i
commenti da te rivolti a Patty. Sollevo la questione perché al retreat dell’anno scorso hai
sottolineato l’importanza di creare un ambiente in cui le persone siano incoraggiate a
parlare e contribuire alla conversazione (che sia per dissentire o per svilupparla).
Ieri nella stanza avevamo un insieme eterogeneo di persone, direttori e vicepresidenti, e
qualcuno che non ti conosce a fondo. Il tono che hai usato con Patty mi impedirebbe, se
non ti conoscessi così bene, di esprimere pubblicamente la mia opinione di fronte a te in
futuro, per paura che tu possa liquidare bruscamente le mie idee. Spero non ti dispiaccia
sentirtelo dire.
Rochelle
Fornire feedback
1. AIM TO ASSIST (Mirate ad aiutare): Il feedback deve essere fornito
con un intento positivo. Fornirlo con lo scopo di sfogare la
propria frustrazione, ferire volutamente l’altra persona o
agevolare i propri secondi fini di potere non è tollerato. Spiegate
chiaramente come uno specifico cambiamento nel modo di
comportarsi aiuterà l’individuo o l’azienda, non come aiuterà voi.
«Il modo in cui ti stuzzichi i denti durante i meeting con i partner
esterni è irritante» è un feedback sbagliato. Quello giusto
sarebbe: «Se smetti di stuzzicarti i denti durante i meeting con i
partner esterni è più probabile che loro ti vedano come un
professionista e vogliano stabilire con noi un solido rapporto».
2. ACTIONABLE (Attuabile): Il vostro feedback deve concentrarsi su
ciò che il destinatario può fare in modo diverso. Un feedback
sbagliato per me a Cuba si sarebbe limitato al commento: «La
sua presentazione sta minando i suoi stessi messaggi». Il giusto
feedback è stato: «Il suo modo di chiedere un suggerimento al
pubblico fa sì che soltanto gli americani partecipino». Sarebbe
stato persino meglio: «Se riesce a trovare il modo di ottenere
contributi dalle altre nazionalità presenti nella stanza la sua
presentazione risulterà più efficace».
Ricevere feedback
3. APPRECIATE (Mostrate apprezzamento): La naturale inclinazione
umana è a difendersi o addurre una scusa quando si ricevono
critiche; cerchiamo tutti, istintivamente, di proteggere il nostro
ego e la nostra reputazione. Quando ricevete un feedback
dovete combattere questa reazione naturale e chiedervi invece:
«Come posso mostrare apprezzamento per questo feedback
ascoltando con attenzione, riflettendo sul messaggio con mente
aperta ed evitando di mettermi sulla difensiva o arrabbiarmi?».
4. ACCEPT OR DISCARD (Accettate o respingete): Durante il vostro
impiego a Netflix riceverete una miriade di feedback da una
miriade di persone. Vi si chiede di ascoltarli tutti e riflettervi
sopra. Non vi si chiede di seguirli. Dite «Grazie» con sincerità.
Ma sia voi sia chi li fornisce dovete capire che la decisione di
reagire al feedback dipende interamente da chi lo riceve.
Nell’esempio all’inizio di questo capitolo, quando Doug
fornisce a Jordan un feedback su come modificare il
suo comportamento mentre lavora in India, possiamo
vedere un magnifico esempio delle «4 A». Doug notò
come l’approccio strettamente professionale di Jordan
stesse sabotando i suoi stessi obiettivi. Il suo scopo
era aiutare Jordan a migliorare e aiutare l’organizzazione ad avere
successo (Mirate ad aiutare). Il feedback da lui fornito era così
pratico che Jordan sostiene che adesso, ogni volta che lavora con
l’India, usa un approccio diverso (Attuabile). Jordan ha ringraziato
(Mostrate apprezzamento). Avrebbe potuto scegliere di respingere il
feedback ma in questo caso l’ha accettato dicendo: «Adesso non
tengo più lezioni a nessuno prima della partenza; inizio invece ogni
viaggio dicendo ai colleghi: “Ehi, questo è il mio punto debole! Se
comincio a guardare l’orologio mentre Nitin ci sta facendo fare il tour
della città, datemi un bel calcio nello stinco!”» (Accettate o
respingete).
La maggior parte delle persone, come Doug, trova particolarmente
difficile fornire feedback in tempo reale. Molti sono stati
profondamente condizionati ad aspettare il momento giusto e le
condizioni adatte prima di dire la verità, tanto che l’utilità del
feedback spesso scompare quasi del tutto. Questo ci porta alla terza
priorità necessaria a instillare una cultura della sincerità nel vostro
team.
In quel momento mi sono vista come mi stava vedendo il pubblico: senza fiato e intenta a
parlare più che ad ascoltare. Ho fatto un bel respiro. «Grazie, Bianca. Hai ragione.
Continuo a guardare l’orologio. Ho bisogno che tutti capiscano il progetto. Sono qui per
ascoltare e rispondere alle vostre domande. Torniamo indietro. A chi non ho risposto?»
Ho indirizzato diversamente la mia energia e questo ha provocato un cambiamento in
sala. I toni di voce si sono abbassati. Le persone hanno cominciato a sorridere.
L’aggressività è scomparsa. Ho convinto il gruppo. La sincerità di Bianca mi ha salvato.
Il secondo puntino
Se avete un gruppo di persone di enorme talento, attente e gentili
potete chiedere loro di fare qualcosa che non è affatto naturale ma
comunque incredibilmente utile per la rapidità ed efficacia di
un’azienda. Potete sollecitarle a fornirsi a vicenda una miriade di
feedback schietti e anche a sfidare l’autorità.
Dopo aver introdotto la densità di talento e la sincerità, siete pronti per iniziare a eliminare i
controlli e offrire maggiori libertà sul luogo di lavoro.
Ero molto soddisfatto. Ero frugale con i miei soldi e frugale con
quelli dell’azienda e presumevo che gli altri fossero come me, ma si
scoprì che non tutti erano altrettanto tirchi, e l’ampia varietà degli stili
di spesa fonte di problemi. Ecco un esempio fornito da David Wells,
che è entrato nel nostro gruppo come vice president of finance
proprio nel mezzo di queste discussioni nel 2004 e in seguito è stato
il nostro chief finance officer dal 2010 al 2019.
Sono cresciuto in una fattoria in Virginia in fondo a un miglio di strada sterrata, piuttosto
isolata e fuori mano. Il mio cane Starr e io passavamo le giornate dando la caccia a
coleotteri e giocando con i bastoncini sui duecento acri di bosco che circondavano casa
mia.
Non sono nato con la camicia e non ho bisogno di lussi. Quando Reed ha detto di
viaggiare come farei con i miei soldi per me significava viaggiare in classe economica e
alloggiare in alberghi modesti. Lavoro nel settore finanze e quello mi sembrava
fiscalmente responsabile.
Poco dopo l’introduzione della nuova politica fu organizzato un leadership meeting in
Messico. Salii sull’aereo e mentre mi dirigevo verso il mio posto in classe economica vidi
l’intero Netflix content team seduto in prima classe, a rilassarsi con comode ciabattine da
aereo. Quelli erano posti costosi e il volo da Los Angeles a Città del Messico dura solo
poche ore. Andai a salutarli e alcuni di loro parvero imbarazzati. Ma è proprio questo il
punto: non erano imbarazzati perché viaggiavano in prima classe, erano imbarazzati per
me, per il fatto che un alto dirigente dell’azienda fosse seduto in economica!
Il terzo puntino
Quando eliminate la politica ferie spiegate che non c’è alcun bisogno di chiedere
un’autorizzazione preventiva e che né i dipendenti né i manager sono obbligati a
tenere il conto dei giorni che passano fuori dall’ufficio.
Spetta solo al dipendente decidere se e quando desidera prendersi qualche ora, un
giorno, una settimana o un mese di vacanza.
Quando eliminate la politica ferie questo lascia un vuoto. A riempirlo è il contesto che
il capo fornisce al team. È necessario intavolare parecchie conversazioni, mostrando
ai dipendenti come prendere le decisioni relative alle ferie.
L’esempio dato dal manager fungerà da guida di comportamento per i propri
dipendenti. Un ufficio senza politica ferie ma con un capo che non ne fa mai avrà per
risultato un ufficio che non va mai in vacanza.
1. Avremmo trovato nuovi modi per aumentare la densità di talento. Allo scopo di attirare
e trattenere le persone migliori avremmo dovuto assicurarci di offrire le forme di
retribuzione più allettanti.
2. Avremmo trovato nuovi modi per aumentare la sincerità. Se volevamo eliminare i
controlli avremmo dovuto assicurarci che i nostri dipendenti disponessero di tutte le
informazioni necessarie per prendere decisioni valide senza la supervisione dei
dirigenti. Questo avrebbe richiesto di aumentare la trasparenza organizzativa ed
eliminare i segreti aziendali. Se volevamo che i dipendenti prendessero
autonomamente decisioni valide, avrebbero dovuto essere a conoscenza tanto
quanto le persone ai vertici cosa stava succedendo nell’attività.
Questi due punti rappresentano gli argomenti dei prossimi due capitoli.
P.S. In gara Tristan mi ha fatto mangiare la polvere.
SEZIONE DUE
PASSI SEGUENTI VERSO
UNA CULTURA DI LIBERTÀ E RESPONSABILITÀ
Aumentate la sincerità…
5 ▶ Aprite i registri contabili
Nella prossima sezione porteremo a un livello più profondo il processo di creazione di una
cultura di libertà e responsabilità. Nel capitolo sulla densità di talento discuteremo delle
procedure di retribuzione per attirare e trattenere i top performer. Nel capitolo sulla sincerità
passeremo dal parlare di fornire feedback individuali sinceri, come trattato nel Capitolo 2,
alla trasparenza organizzativa.
AUMENTATE LA DENSITÀ DI TALENTO…
4.
PAGATE IL MASSIMO LIVELLO RETRIBUTIVO
PER CIASCUN INDIVIDUO
Restare al top
All’inizio un neoassunto si sentirà motivato dal suo stipendio al
livello massimo, ma presto le sue capacità aumenteranno e i
concorrenti inizieranno a chiamarlo offrendogli stipendi superiori. Se
il dipendente vale quello che costa, il suo valore di mercato salirà e il
rischio che lui si sposti aumenterà. Quindi è paradossale che quando
si tratta di adattare gli stipendi praticamente ogni società sulla terra
segua un sistema che ha molte probabilità di diminuire la densità di
talento, incoraggiando le persone a cambiare impiego. Ecco un’e-
mail del direttore delle pubbliche relazioni João che descrive il
problema da lui avuto nel posto di lavoro precedente:
Prima di Netflix lavoravo per un’agenzia pubblicitaria americana a San Paolo e mi
piaceva tantissimo. Era il mio primo lavoro dopo il college e davo tutto me stesso. A volte
dormivo sul pavimento della stanza delle fotocopie in ufficio per non perdere minuti di
lavoro con i viaggi da pendolare. Ebbi l’incredibile fortuna di accaparrarmi quattro
giganteschi clienti e nel giro di dodici mesi stavo portando più affari di coloro che
lavoravano per la società già da molti anni. Mi colmava di entusiasmo fare carriera in
quell’azienda che amavo. Sapevo che i miei colleghi più anziani ricevevano uno stipendio
cospicuo, il doppio o il triplo del mio, e confidavo di ottenere, al momento della revisione
annuale dei salari, un grosso aumento che mi avrebbe avvicinato maggiormente al mio
livello di contributo.
A fine anno ricevetti la mia prima valutazione prestazioni, con feedback nettamente
positivi (98/100), e la società stava registrando l’annata più redditizia di sempre. Non mi
aspettavo di vedere raddoppiare lo stipendio, ma il mio capo promise di prendersi cura di
me. In un angolino della mente mi aspettavo un aumento del 10-15 per cento.
Il giorno del meeting sull’aumento ero così eccitato che cantai accompagnando la radio
durante l’intero tragitto fino all’ufficio. Immaginate la mia delusione quando il mio capo mi
offrì un aumento del 5 per cento. A dire il vero scoppiai quasi a piangere. La parte
peggiore fu il modo in cui lui mi diede la notizia, con un entusiastico «Congratulazioni!» e
sottolineando che era l’aumento più cospicuo che stava dando quell’anno. Risposi
urlando mentalmente: “Mi prendi per scemo?”.
In seguito il mio rapporto con il mio capo peggiorò sempre più. Continuai a insistere per
un aumento più ingente. Lui si lamentò che non voleva perdermi e portò l’aumento dal 5
al 7 per cento. Inoltre disse che le mie aspettative erano irragionevoli e ingenue e che
nessuna società concede aumenti annuali più alti di quello. Fu a quel punto che cominciai
a cercare un altro lavoro.
Il quarto puntino
Allo scopo di rafforzare la densità di talento nella vostra forza
lavoro, per tutti i ruoli creativi assumete un dipendente eccezionale
invece di dieci o più nella media. Assumete questa persona
straordinaria al top del suo valore di mercato, quale che sia.
Ritoccate il suo salario come minimo ogni anno per continuare a
offrirle più di quanto farebbero i concorrenti. Se non potete
permettervi di pagare i vostri dipendenti migliori al top del valore di
mercato, licenziate alcune delle persone meno favolose per potervi
riuscire. In questo modo il talento diventerà ancora più denso.
▶ CONCETTI CHIAVE DEL CAPITOLO 4
I metodi utilizzati dalla maggior parte delle aziende per remunerare i dipendenti non
sono l’ideale per una forza lavoro creativa, ad alta densità di talento.
Suddividete la vostra forza lavoro in dipendenti creativi e dipendenti operativi. Pagate
i creativi al top del loro valore di mercato. Questo potrebbe significare assumere un
solo individuo eccezionale invece di dieci o più persone adeguate.
Non assegnate gratifiche basate sulla performance. Mettete invece queste risorse
nello stipendio.
Insegnate ai dipendenti a sviluppare una propria rete di contatti e investire tempo per
scoprire il proprio valore di mercato – e quello del loro team – su base continua.
Questo potrebbe significare rispondere a telefonate di reclutatori o persino andare a
colloqui di lavoro in altre aziende. Ritoccate gli stipendi di conseguenza.
Nella maggior parte delle aziende, alla maggioranza dei dipendenti, anche se di enorme
talento, non si possono concedere livelli significativi di libertà decisionale perché non
conoscono tutti i segreti della società che permettono ai vertici dirigenziali di prendere
decisioni informate.
Una volta che avete un’azienda piena di quelle rare persone responsabili che sono
fortemente motivate, consapevoli e disciplinate potete cominciare a rivelare loro quantità di
informazioni aziendali inaudite, il genere di conoscenze che la maggior parte delle società
tiene sotto chiave. Questo è l’argomento del Capitolo 5.
AUMENTATE LA SINCERITÀ…
5.
APRITE I REGISTRI CONTABILI
Siete il fondatore di una startup con cento dipendenti. Avete sempre creduto nella
trasparenza aziendale, insegnando al vostro staff a capire i conti economici e mettendo a
loro disposizione tutte le informazioni finanziarie e strategiche. Ma la prossima settimana la
vostra azienda verrà quotata in borsa e le cose cambieranno. Da allora in poi, se rivelaste
le vostre cifre trimestrali alla forza lavoro prima di comunicarle a Wall Street e un vostro
dipendente le riferisse a un amico, le azioni della compagnia potrebbero crollare e chi ha
parlato potrebbe finire in prigione per insider trading. Cosa fate?
a. Continuate a condividere tutte le cifre trimestrali, ma solo DOPO averle comunicate a
Wall Street.
b. Continuate a comunicare al personale tutte le cifre prima che a chiunque altro, ma
sottolineate che se rivelassero queste informazioni potrebbero finire in prigione.
State discutendo con il vostro capo, al quartier generale, di una possibile ristrutturazione
organizzativa che causerebbe il licenziamento di diversi project manager del vostro team. A
questo punto ne state solo parlando e c’è il 50 per cento di probabilità che non succeda. Lo
dite subito ai vostri project manager o aspettate di essere sicuri?
a. Lasciate che il tempo faccia il suo corso. Non c’è alcun bisogno di causare stress
adesso. Inoltre se lo dite oggi, i vostri project manager cominceranno probabilmente a
cercare un nuovo lavoro e rischierete di perdere ottimi dipendenti.
b. Optate per un compromesso. Siete preoccupati che i vostri dipendenti vengano colti
troppo alla sprovvista se li licenziate senza preavviso, eppure non volete nemmeno
spaventarli senza motivo. Accennate che ci sono cambiamenti nell’aria senza specificare
cosa sta succedendo in realtà. Quando venite a sapere che un’altra azienda sta
assumendo project manager lasciate con discrezione l’annuncio sulle loro scrivanie così
che possano cominciare a valutare altre opzioni.
c. Dite loro la verità. Sedetevi con loro e spiegate che c’è il 50 per cento di probabilità che
alcuni dei loro posti vengano eliminati nel giro di sei mesi. Sottolineate che li apprezzate
enormemente e sperate che rimangano, ma che preferite essere trasparenti in modo che
dispongano di tutte le informazioni necessarie per riflettere sul proprio futuro.
Il vice president of finance Mark Yurechko saltò sul palco con un gran sorriso. Ci illustrò
la situazione finanziaria trimestrale, l’andamento dei prezzi delle azioni e come si
aspettava che le cifre di quel giorno influissero sul prezzo delle azioni. Nei miei decenni
di lavoro per altre aziende non avevo mai visto niente di simile. Solo pochi dirigenti di
massimo livello erano al corrente di quel tipo di dati.
Nel corso delle ventiquattro ore seguenti vennero messi sul tavolo i particolari delle
questioni strategiche oggetto di dibattito – comprese riorganizzazioni e altri grossi
cambiamenti che Reed e il suo team stavano considerando – e ne discutemmo divisi in
piccoli gruppi. Pensavo: “Oddio, è tutto condiviso così apertamente!”.
Netflix tratta i dipendenti come adulti in grado di gestire informazioni difficili e a me
questo piace moltissimo. Suscita un’enorme dedizione e approvazione nei dipendenti.
Per lo Scenario 2 scelgo la risposta (c): condividete. Dite la verità a quei dipendenti.
Potrebbero spaventarsi, ma almeno sanno che siete sinceri con loro. E questo è molto
importante.
Avete deciso di licenziare un membro senior del team marketing, Kurt. È un gran lavoratore,
gentile e nel complesso efficiente, ma ogni tanto diventa verbalmente maldestro, facendo
gaffe e mettendo nei guai l’azienda sia quando si rivolge ai dipendenti sia quando parla
all’esterno. Il costo di questa condotta è diventato troppo alto.
Quando gli dite che ha perso il lavoro rimane devastato. Vi spiega quanto è legato
all’azienda, ai suoi dipendenti e all’ufficio. Vi chiede di dire a tutti che ha deciso lui di
andarsene. Come comunicherete il suo licenziamento al personale?
a. Dite tutta la verità a coloro che trarranno vantaggio dal conoscerla. Mandate un’e-mail ai
colleghi di Kurt a Netflix spiegando che Kurt, per quanto un gran lavoratore, gentile ed
efficiente, a volte diventa verbalmente maldestro, facendo gaffe e mettendo nei guai
l’azienda. Il costo è diventato così alto che avete deciso di licenziarlo.
b. Raccontate solo parte della verità. Informate il team che Kurt se n’è andato ma non avete
la libertà di discutere i dettagli. Non lavora più lì. Che importanza hanno i motivi? Non
infierite e salvaguardate la sua reputazione.
c. Annunciate che Kurt ha deciso di andarsene perché voleva trascorrere più tempo con la
sua famiglia. Ha lavorato con impegno per voi, l’avete già licenziato, non avete bisogno
anche di umiliarlo.
SCENARIO 4:
Siete di nuovo il fondatore di una startup con cento dipendenti. È un lavoro arduo e, a
dispetto dei vostri sforzi, commettete una serie di gravi errori. Il più notevole è che
assumete e licenziate cinque diversi direttori vendite in cinque anni. Continuate a pensare
di aver trovato un buon candidato ma ogni volta, quando cominciate a lavorare insieme, vi
rendete conto che il neoassunto non possiede le caratteristiche necessarie per svolgere il
lavoro. Vi rendete conto che queste assunzioni errate dipendono interamente da un vostro
errore di giudizio. Lo ammettete con i vostri dipendenti?
a. No! Non volete che il gruppo perda fiducia nelle vostre capacità di leader. Alcuni dei
vostri dipendenti migliori potrebbero addirittura licenziarsi per cercare un manager migliore.
D’altra parte chiunque può vedere che un quinto direttore vendite è appena stato licenziato.
Dovete dire qualcosa, ma vi limitate a poche parole su quanto sia difficile trovare direttori
vendite capaci. Concentrate i vostri sforzi per trovarne uno eccezionale al giro successivo.
b. Sì! Volete incoraggiare il vostro staff ad assumersi dei rischi e a considerare gli errori una
parte inevitabile di quel processo. Inoltre parlare apertamente dei vostri errori spinge gli altri
a fidarsi maggiormente di voi. Durante il successivo meeting aziendale dite al gruppo come
vi imbarazza aver sbagliato per la quinta volta con l’assunzione e la gestione del direttore
vendite.
Il quinto puntino
Se avete i migliori dipendenti sul mercato e avete istituito una
cultura di feedback sincero, rivelare i segreti dell’azienda aumenta il
senso di appartenenza e la dedizione. Se confidate nel fatto che i
vostri dipendenti gestiranno in modo appropriato le informazioni
sensibili, la fiducia da voi dimostrata susciterà un senso di
responsabilità e loro vi dimostreranno quanto sono affidabili.
▶ CONCETTI CHIAVE DEL CAPITOLO 5
Per creare una cultura di trasparenza considerate quali segnali inviate. Sbarazzatevi
di uffici chiusi, assistenti che fungono da guardiani e spazi chiusi a chiave.
Aprite i registri contabili ai vostri dipendenti. Insegnate loro a leggere il conto
economico. Condividete informazioni finanziarie e strategiche sensibili con tutti i
dipendenti dell’azienda.
Quando prendete decisioni che influiranno sul benessere dei vostri dipendenti, quali
riorganizzazioni o licenziamenti, confidatevi presto con loro, prima che le cose siano
definitive. Questo provocherà qualche ansia e distrazione, ma la fiducia che creerete
compenserà ampiamente gli svantaggi.
Quando la trasparenza è in conflitto con la privacy dell’individuo seguite queste linee
guida: se le informazioni riguardano qualcosa accaduto sul posto di lavoro scegliete
la trasparenza e parlate sinceramente dell’episodio; se invece riguardano la vita
privata di un dipendente dite alle persone che non spetta a voi condividerle e che
possono interpellare direttamente l’interessato, se vogliono.
Se vi siete già dimostrati competenti parlare apertamente e ampiamente dei vostri
errori – e incoraggiare tutti i vostri leader a fare altrettanto – accrescerà la fiducia, la
buona volontà e l’innovazione in tutta l’azienda.
… O «condividere» l’idea
Per iniziative più piccole non avete bisogno di andare in cerca di
opinioni divergenti, ma sareste comunque saggi a informare tutti di
quanto state facendo e farvi un’idea di come la vostra iniziativa sarà
accolta. Torniamo alla vostra dipendente Sheila, venuta da voi con
un’idea a cui siete contrari. Dopo aver spiegato perché non siete
d’accordo potete suggerirle di «condividere» l’idea con i colleghi e
altri capi della compagnia. Questo significa che Sheila organizza vari
meeting durante i quali illustra la sua proposta e intavola dibattiti allo
scopo di testare a fondo il suo modo di pensare e raccogliere un
gran numero di opinioni e spunti prima di prendere una decisione.
«Condividere» è un modo per incoraggiare le opinioni divergenti che
si concentra più sull’incoraggiamento che sulle opinioni divergenti.
Nel 2016 ho fatto un’esperienza personale in cui «condividere»
l’idea mi ha spinto a cambiare opinione su qualcosa.
Fino a quel momento avevo creduto fermamente che le serie TV e i
film per bambini non avrebbero portato nuovi abbonati a Netflix né
indotto a restare quelli che già avevamo. Chi mai si abbona a Netflix
spinto da un programma per bambini? Ero convinto che gli adulti
scegliessero Netflix perché amano i nostri contenuti, mentre i loro
figli guardano semplicemente qualsiasi cosa proponiamo. Così
quando cominciammo a produrre programmi originali ci
concentrammo sui contenuti per adulti. Per i bambini continuammo a
comprare in licenza programmi da Disney e Nickelodeon. E quando
ne distribuimmo di nostri non vi investimmo molto denaro, non
quanto Disney. Il team contenuti bambini si oppose a questo
approccio. «Sono la futura generazione di clienti Netflix»,
sostenevano. «Vogliamo che amino Netflix quanto i loro genitori.»
Volevano che cominciassimo a produrre anche contenuti originali per
ragazzi.
Non la giudicavo una grande idea ma la «condivisi» comunque.
Durante la successiva riunione per rivedere l’attività trimestrale
sistemammo i nostri quattrocento dipendenti di più alto livello intorno
a sessanta tavoli, in gruppi di sei o sette. Ricevettero una piccola
scheda con il tema da discutere: Dovremmo spendere più denaro,
meno denaro o non spendere affatto in contenuti per ragazzi?
Vi fu uno tsunami di opinioni a favore della necessità di investire.
Una direttrice, che è anche una mamma, salì sul palco per dichiarare
appassionatamente: «Prima di lavorare qui mi sono abbonata a
Netflix solo perché mia figlia potesse guardare Dora l’esploratrice. Mi
interessa molto di più cosa guardano i miei figli che non cosa guardo
io». Un padre salì per annunciare: «Prima di entrare in Netflix mi
sono abbonato solo perché potevo fidarmi dei contenuti per i miei
figli». Poi spiegò il motivo: «Mia moglie e io non guardiamo la TV, ma
mio figlio sì. Su Netflix non c’è pubblicità come sulla TV via cavo e
nessun pericolo per mio figlio come quando naviga su YouTube. Ma
se non fosse andato matto per quanto Netflix stava offrendo avrebbe
smesso di guardarla e noi avremmo cancellato l’abbonamento». Uno
dopo l’altro i nostri dipendenti salirono sul palco per dirmi che mi
sbagliavo. Ritenevano che i programmi per ragazzi fossero
fondamentali per la nostra base di abbonati.
Nel giro di sei mesi assumemmo un nuovo vice president of kids
and family programming proveniente da Dream-Works e
cominciammo a produrre i nostri contenuti d’animazione. Dopo due
anni avevamo triplicato l’offerta per i bambini e nel 2018 avevamo
ricevuto tre nomination ai premi Emmy per le nostre serie originali
per ragazzi Alexa & Katie, Le amiche di mamma e Una serie di
sfortunati eventi. A oggi abbiamo vinto più di una dozzina di Daytime
Emmy per serie come Mr. Peabody e Sherman: La serie e
Trollhunters: I racconti di Arcadia.
Se non mi fossi preso il tempo di «condividere» l’idea, nulla di tutto
questo sarebbe potuto succedere.
Il sesto puntino
Se avete stabilito saldamente un’alta densità di talento e la
trasparenza organizzativa, ora è possibile un processo decisionale
più rapido e innovativo. I vostri dipendenti possono sognare in
grande, testare le proprie idee e attuare scommesse in cui credono,
persino andando contro chi è gerarchicamente superiore a loro.
▶ CONCETTI CHIAVE DEL CAPITOLO 6
In un’azienda rapida e innovativa le responsabilità di decisioni fondamentali, che
richiedono ingenti spese, dovrebbero essere condivise tra i dipendenti a tutti i livelli e
non assegnate in base allo status gerarchico.
Perché questo funzioni il leader deve comunicare al suo staff il principio di Netflix
«Non cercate di compiacere il vostro capo».
Quando nuovi dipendenti entrano nell’azienda dite loro che hanno una manciata di
fiches metaforiche con cui fare scommesse. Alcuni azzardi funzioneranno e altri
invece falliranno. La performance di un dipendente verrà giudicata sulla base del
risultato complessivo delle sue scommesse, non sui risultati di una sola.
Per aiutare i dipendenti a fare buone scommesse incoraggiateli a stimolare il dibattito,
a «condividere» l’idea e, nel caso di grosse scommesse, a testarle.
Insegnate ai vostri dipendenti che, quando una scommessa fallisce, dovrebbero dare
completa visibilità.
Questa sezione si concentra su tecniche pratiche che potete attuare nel vostro team o
organizzazione allo scopo di rafforzare i concetti di cui abbiamo parlato nelle prime due
sezioni. Nel Capitolo 7 esploreremo il Keeper Test, il sistema principale utilizzato da Netflix
per incoraggiare i manager a mantenere un’alta densità di talento. Nel Capitolo 8
esamineremo due procedure che incoraggiano frequenti e costanti feedback fra capi,
dipendenti e colleghi. Nel Capitolo 9 studieremo come adeguare il vostro stile di
management per fornire una maggiore libertà decisionale alle persone che guidate.
AUMENTATE AL MASSIMO LA DENSITÀ DI TALENTO…
7.
IL KEEPER TEST
Daniel ricorda inoltre che alcuni suoi colleghi dicevano: «Se rimani
alla NPR per tre anni ci rimani per la vita».
Naturalmente le famiglie non offrono solo amore e lealtà. Nelle
famiglie ci tolleriamo a vicenda e sopportiamo stranezze ed
eccentricità perché ci siamo impegnati a sostenerci l’un l’altro nel
tempo. Quando qualcuno della famiglia si comporta male, non fa il
proprio dovere o non è in grado di adempiere alle proprie
responsabilità troviamo il modo di arrangiarci. Non abbiamo
alternative. Siamo costretti a stare insieme. Essere una famiglia
significa questo.
La seconda parte del racconto di Daniel sulla NPR mostra qual è il
problema quando si trattano i dipendenti di un’azienda come una
famiglia:
La cultura della NPR presenta molti vantaggi e per la NPR va bene così. Ma dopo un po’
ho cominciato a notare i problemi che nascono quando si applica un ethos familiare sul
posto di lavoro. Nel mio team c’era un software engineer, Patrick, che pur essendo
esperto non possedeva le capacità per fare bene il proprio lavoro. Aveva continuamente
bisogno di tempo supplementare per completare i suoi progetti e spesso nel suo codice
c’erano bug significativi o problemi. A volte era necessario includere altri ingegneri nei
suoi progetti per assicurarsi che il lavoro venisse svolto efficacemente.
Patrick aveva un atteggiamento fantastico, il che complicava la situazione. Voleva fare la
cosa giusta e voleva dimostrare di poter agire in maniera indipendente. Desideravamo
tutti che ce la facesse e cercavamo occasioni che fossero adeguate alle sue limitate
capacità. Ma la qualità del suo lavoro non reggeva il confronto con quella dei colleghi.
Ogni giorno ero costretto a preoccuparmi per lui mentre non dovevo preoccuparmi per
loro. Era una persona adorabile, ma i risultati non arrivavano.
Patrick occupava così tanto del mio tempo, e così tanto del tempo del team, che doveva
correggere i suoi errori, che divenne un autentico problema. I migliori ingegneri del team
erano spesso esasperati e aspettavano il mio intervento. Temevo che alcuni di loro si
irritassero a tal punto da cercare lavoro altrove.
Mi rendevo conto che il team sarebbe stato molto più efficiente senza Patrick, anche se
non avessi potuto sostituirlo con qualcun altro. Parlai con il mio capo che mi incoraggiò a
cercare mansioni diverse che potessero beneficiare dei punti di forza di Patrick
proteggendo gli altri dai suoi punti deboli. L’eventualità di licenziarlo non era nemmeno
contemplata. Non avevamo motivo di licenziarlo, non aveva fatto niente di sbagliato.
L’organizzazione era una tale famiglia che la reazione fu: «È uno di noi. Siamo tutti sulla
stessa barca. Ci adegueremo».
Da famiglia a team
Il Keeper Test
Naturalmente i manager di Netflix, come tutte le brave persone,
vogliono sentirsi a proprio agio con le loro scelte. Perché non si
sentano in colpa licenziando qualcuno che apprezzano e rispettano
è necessario che siano motivati dal desiderio di aiutare
l’organizzazione e che riconoscano che a Netflix sono tutti più felici e
produttivi quando c’è una star in ogni ruolo. Quindi chiediamo al
manager: per l’azienda sarebbe meglio se tu licenziassi Samuel e
cercassi una persona più capace? Una risposta affermativa sarebbe
un chiaro segnale del fatto che è ora di cercare un altro giocatore.
Incoraggiamo anche tutti i manager a valutare regolarmente ogni
loro dipendente e assicurarsi di avere la persona migliore in ogni
ruolo. Per aiutarli a dare giudizi parliamo del Keeper Test:
Risposta 1
Domanda 2
Risposta 2
Domanda 3
Reed, cosa stai facendo per evitare che pervada una cultura
basata sulla paura a Netflix?
Risposta 3
Colloquio di uscita
Non c’è nulla di più inquietante che scoprire che membri del tuo
team sono scomparsi dalla squadra senza alcuna spiegazione sulle
motivazioni o su quanto preavviso abbiano ricevuto. La maggior
preoccupazione delle persone quando sentono che un collega è
stato licenziato è non sapere se l’interessato abbia ricevuto feedback
o sia stato allontanato all’improvviso.
Yoka, una content specialist nel nostro ufficio di Tokyo, racconta
un aneddoto particolarmente rilevante perché per tradizione le
aziende giapponesi offrono un impiego a vita. Persino oggi accade di
rado che qualcuno venga licenziato in Giappone. Molti dei nostri
dipendenti locali non hanno mai assistito al licenziamento di un
collega.
La collega a me più vicina, Aika, lavorava per un uomo di nome Haru che non era affatto
un buon capo. Aika e tutto il suo team stavano soffrendo sotto il management di Haru. Io
speravo che succedesse qualcosa ma quando Haru perse il posto la mia reazione mi
stupì.
Una mattina arrivai in ufficio un po’ più tardi del solito. Era gennaio e le strade erano
innevate. Aika corse alla mia scrivania, rossa in volto. «Hai sentito cosa è successo?»
Jim, il capo di Haru, era giunto in volo dalla California e aveva incontrato Haru di
buon’ora, quando ancora non c’era nessun altro in ufficio. Quando Aika arrivò, Haru era
già stato licenziato e stava riempiendo i suoi scatoloni prima di salutare. Ormai era finita
e non l’avremmo più rivisto. Scoppiai in lacrime. Non eravamo molto affiatati, ma non
potei fare a meno di pensare: «E se arrivassi io in ufficio trovando qualcuno in attesa di
licenziarmi?». L’unica cosa che volevo scoprire era se Haru aveva ricevuto dei feedback.
E se sì, come lo avevano avvertito? Era stato preparato a quell’evenienza?
Il conteggio finale
Il settimo puntino
Il Keeper Test ha contribuito ad aumentare la densità
di talento a Netflix portandola a un livello non comune
nelle altre aziende. Se ogni manager riflette
attentamente e con regolarità per determinare se ogni
membro del team rappresenti davvero la scelta
migliore per un particolare ruolo sostituendo chiunque
non lo sia, la produttività dell’intera organizzazione aumenterà
notevolmente.
▶ CONCETTI CHIAVE DEL CAPITOLO 7
Allo scopo di incoraggiare i vostri manager a giudicare severamente la performance,
insegnate loro a usare il Keeper Test: «Quale dei miei dipendenti farei di tutto per
tenere se mi dicesse che vuole andarsene per svolgere un lavoro simile in un’altra
azienda?».
Evitate i sistemi di «stack ranking», poiché creano competizione interna e
scoraggiano la collaborazione.
Per una cultura altamente produttiva, la metafora della squadra sportiva
professionistica è più calzante di quella della famiglia. Abituate i vostri manager a
creare un ambiente che promuova dedizione, coesione e collaborazione all’interno
del team, oltre che a continuare a prendere decisioni difficili per assicurarsi che ogni
ruolo sia ricoperto dal miglior giocatore.
Quando capite di dover licenziare qualcuno, invece di inserirlo in un programma PIP,
una pratica umiliante a livello personale e costosa a livello aziendale, prendete tutto
quel denaro e datelo al dipendente sotto forma di generosa liquidazione.
Lo svantaggio di una cultura a elevata produttività è che i dipendenti temono che il
loro posto sia a rischio. Per ridurre la paura, incoraggiateli ad accennare al Keeper
Test con i loro manager: «Cosa faresti per farmi cambiare idea se stessi pensando di
licenziarmi?».
Quando un dipendente viene licenziato parlate apertamente dell’accaduto con il
vostro staff e rispondete sinceramente alle loro domande. Questo diminuirà il loro
timore di essere i prossimi e aumenterà la loro fiducia nell’azienda e nei suoi
manager.
L’ottavo puntino
Se prendente seriamente la necessità della sincerità dovete
introdurre alcune procedure per garantirla. Con solo due
procedimenti istituzionali potete assicurarvi che ognuno a intervalli
regolari ottenga feedback sinceri per migliorare.
▶ CONCETTI CHIAVE DEL CAPITOLO 8
La sincerità è come andare dal dentista. Anche se sollecitate tutti a spazzolarsi i denti
ogni giorno, alcuni non lo fanno. Quanti lo fanno potrebbero comunque non arrivare ai
punti scomodi. Un appuntamento approfondito ogni sei-dodici mesi assicura denti
puliti e feedback chiari.
Le valutazioni delle prestazioni non sono il meccanismo migliore per creare un
ambiente di lavoro sincero, soprattutto perché di solito il feedback va in un’unica
direzione (verso il basso) e arriva solo da una persona (il manager).
Una valutazione complessiva scritta rappresenta un valido meccanismo per i
feedback annuali. Ma evitate l’anonimato e i punteggi, non collegate i risultati ad
aumenti o promozioni e aprite i commenti a chiunque sia pronto a farli.
Le valutazioni complessive dal vivo sono un’altra procedura efficace. Riservate loro
varie ore fuori dall’ufficio. Fornite istruzioni chiare, seguite le linee guida «4 A» e
usate il metodo di feedback «Comincia a, Smetti di, Continua a» con circa il 25 per
cento di feedback positivi e il 75 per cento di migliorativi, tutti attuabili e niente
banalità.
Dieci anni prima, nel 2007, Leslie Kilgore aveva coniato una frase
che è ormai usata in tutta Netflix per descrivere esattamente cosa ha
fatto Ted mentre attraversava l’atrio dell’albergo: «Guida con il
contesto, non con il controllo». Quasi in qualsiasi altra azienda, con
così tanto denaro in ballo, il manager di grado più alto sarebbe stato
chiamato in causa e avrebbe controllato le trattative. Ma la
leadership a Netflix non funziona così. Come Adam ha spiegato:
«Ted non intendeva prendere quella decisione al posto mio, ma ha
fissato un ampio contesto per aiutarmi ad allineare il mio modo di
pensare alla strategia dell’azienda. il contesto da lui fornitomi ha
rappresentato il punto di partenza della mia decisione».
Autonomia o dipendenza?
Sono un ingegnere del software e gli ingegneri del software
parlano di «accoppiamento stretto» e «accoppiamento lasco» per
indicare due diversi tipi di progettazione del sistema.
Un sistema strettamente accoppiato è quello in cui le varie
componenti sono intrecciate in modo complesso. Se volete
apportare un cambiamento in un’unica area del sistema dovete
tornare indietro e modificare le fondamenta, il che influisce non solo
sulla sezione che dovete cambiare ma sull’intero sistema.
Per contrasto, un sistema di progettazione lascamente accoppiato
presenta meno interdipendenze fra le varie componenti, create in
modo che ciascuna possa essere adattata senza bisogno di tornare
a modificare le fondamenta. Ecco perché gli ingegneri del software
amano l’accoppiamento lasco: possono apportare una modifica a
una parte del sistema senza alcuna ripercussione per le altre.
L’intero sistema è più flessibile.
Le organizzazioni sono costruite un po’ come programmi
informatici. Quando una compagnia è strettamente accoppiata le
grosse decisioni vengono prese dal grande capo e spinte giù verso i
vari settori, creando spesso interdipendenze tra le varie aree del
business. Se si verifica un problema a livello dipartimentale, deve
tornare fino al capo che sovrintende a tutti i dipartimenti. Nel
frattempo, in un’azienda lascamente accoppiata, un singolo manager
o dipendente è libero di prendere decisioni o risolvere problemi,
sicuro nella consapevolezza che le conseguenze non si
ripercuoteranno su altri reparti.
Se i leader ai vari livelli della vostra società hanno
tradizionalmente guidato con il controllo, potrebbe essersi creato
spontaneamente un sistema strettamente accoppiato. Se state
dirigendo un reparto (o un team all’interno di un reparto) in un
sistema di questo tipo e decidete che vi piacerebbe cominciare a
guidare i dipendenti con il contesto, potreste scoprirvi intralciati
dall’accoppiamento stretto. Visto che tutte le decisioni importanti
vengono prese al vertice, potreste voler assegnare il potere
decisionale ai vostri dipendenti ma non essere in grado di farlo
perché qualsiasi decisione importante deve essere approvata non
solo da voi ma anche dal vostro capo e dal suo.
Se già fate parte di un sistema strettamente accoppiato potreste
dover lavorare con i capi ai vertici dell’azienda allo scopo di
modificare l’intero approccio organizzativo prima di provare a
guidare con il contesto a un livello più basso. Persino con un’alta
densità di talento, e con l’innovazione come obiettivo, se non
risolvete questo problema guidare con il contesto potrebbe rivelarsi
impossibile.
Ormai dovrebbe essere piuttosto chiaro che a Netflix, con il nostro
modello del «responsabile di progetto», abbiamo un sistema
lascamente accoppiato. L’attività decisionale è altamente diffusa e
abbiamo poche procedure di controllo, regole o politiche
centralizzate. Questo consente un alto livello di libertà agli individui,
concede una maggiore flessibilità a ogni reparto e accelera l’attività
decisionale in tutta l’azienda.
Se state avviando una vostra azienda e l’innovazione e la
flessibilità sono i vostri obiettivi, cercate di tenere decentralizzata
l’attività decisionale, con poche interdipendenze tra le funzioni, allo
scopo di alimentare un accoppiamento lasco sin dall’inizio. Sarà
molto più difficile introdurlo una volta che la vostra organizzazione si
è assestata su una struttura strettamente accoppiata.
Detto questo, l’accoppiamento stretto presenta almeno un
importante beneficio organizzativo. In un sistema strettamente
accoppiato il cambiamento strategico viene facilmente trasmesso a
tutta l’organizzazione. Se il CEO vuole che tutti i reparti si concentrino
sulla sostenibilità e l’approvvigionamento etico può controllare la
cosa attraverso la propria attività decisionale centralizzata.
Con l’accoppiamento lasco, invece, il rischio di disallineamento è
alto. Chi può dire che un determinato reparto non anteporrà il basso
costo alla protezione dell’ambiente o dei lavoratori sfruttati facendo
deragliare l’intera organizzazione? Se il capo del dipartimento ha
una fantastica visione per contribuire alla nuova strategia ma ogni
membro del team decide autonomamente a quali progetti dedicarsi,
ognuno potrebbe imboccare una direzione diversa. Se volete
trasformare rapidamente in realtà quella visione dipartimentale,
buona fortuna.
Questo ci porta al quarto e ultimo requisito essenziale per guidare
con il contesto.
ALLINEATI MA AUTONOMI
Nel caso del dirigente strutture ho detto ben poco, sul momento. È
lui il responsabile di progetto quando si tratta di scegliere lo spazio
per uffici, non io.
Ma la conversazione mi ha fatto capire che dovevo fissare un
contesto migliore in tutta la nostra azienda. Se una persona è
disallineata con la nostra strategia, ce ne saranno altre cinquanta
sulla stessa barca. Aggiunsi l’argomento a un imminente meeting
QBR, durante il quale parlai con tutti i nostri capi del motivo per cui a
Netflix preferiamo sempre pagare di più per l’opzione che ci
consente una maggiore flessibilità, sapendo che non possiamo – e
non dovremmo – cercare di prevedere quale aspetto assumerà il
nostro business lungo la strada.
Naturalmente ogni situazione è diversa e in ogni business
abbiamo bisogno di essere previdenti. Durante quel QBR discutemmo
fino a dove dovremmo spingerci allo scopo di rimanere flessibili.
Fornii alcune analisi che mostrarono come non eravamo riusciti a
prevedere la nostra crescita in passato e come spesso le migliori
opportunità non si possano prevedere. Intavolammo discussioni a
piccoli gruppi esaminando casi passati in cui avremmo potuto
pagare di più per un’opzione che ampliava la scelta futura o meno
per un’opzione che riduceva la flessibilità. Discutemmo di quanta
flessibilità ci serviva nel nostro business e quanto avremmo dovuto
essere disposti a pagarla.
Quelle conversazioni non portarono a una conclusione o a una
regola precise, ma attraverso i dibattiti tutti i nostri capi si allinearono
chiaramente con l’idea che prevenire errori o risparmiare soldi con
piani a lunga scadenza non rappresenta il nostro obiettivo primario.
La nostra Stella Polare è creare un’azienda che sia in grado di
adattarsi rapidamente quando si presentano opportunità impreviste e
le condizioni del business cambiano.
Naturalmente l’amministratore delegato di qualsiasi
organizzazione fornisce solo il primo strato di creazione del contesto.
A Netflix quasi ogni manager, a ogni livello, deve imparare a guidare
con il contesto quando entra nell’azienda. Melissa Cobb, nel team di
Ted, ha fornito un esempio che dimostra come il creare un contesto
funzioni in tutta l’organizzazione.
Tutto questo non sembrava far ben sperare per Il piccolo grande
Bheem. «L’intera storia e tutti questi motivi mi stavano dicendo di
non realizzare la serie», spiega Aram. Ma rifletté anche sul contesto
fissato per lui dai capi di Netflix:
Reed ha sottolineato che l’espansione internazionale rappresenta il nostro futuro e l’India
un mercato di crescita chiave. Il piccolo grande Bheem è una serie magnifica per un
mercato chiave.
Ted ha mostrato che, quando si tratta di paesi come l’India, abbiamo talmente tanto da
imparare che dovremmo correre grossi rischi, fintanto che il potenziale di apprendimento
risulta chiaro. Nel caso di Il piccolo grande Bheem quello che avremmo imparato dalla
scommessa era evidente. Il contesto fissato da Ted era sufficiente per farmi dire: «Va
bene, anche se questa serie si rivela un fiasco colossale sto tentando tre cose diverse
che forniranno tutte a Netflix informazioni preziose».
Melissa ha reso evidente che volevamo serie per bambini provenienti da tutto il mondo
che fossero profondamente locali in fatto di argomento e trama per costituire la nostra
lista di programmi. Il piccolo grande Bheem era profondamente indiano e aveva elementi
capaci di attirare bambini di ogni parte del mondo.
Dominique e io avevamo concordato sul bisogno di dare la priorità all’animazione per le
nostre grandi scommesse internazionali e sul fatto che l’animazione doveva essere di
alta qualità. Il piccolo grande Bheem era una serie animata che grazie a un investimento
finanziario poteva arrivare all’alta qualità di cui avevamo bisogno.
Poi accadde qualcosa che cambiò tutto. Nel dicembre del 2017 il
Comitato olimpico internazionale diffuse un rapporto che annunciava
che la Russia era stata bandita dai Giochi e citava Icarus come la
prova principe. Rodchenkov apparve alla trasmissione 60 Minutes,
dove si disse convinto che almeno venti paesi stessero ricorrendo al
doping nello stesso modo. Poi Lance Armstrong annunciò
pubblicamente il proprio apprezzamento per Icarus. All’improvviso
tutti stavano parlando del documentario e i numeri schizzarono alle
stelle.
Nel marzo 2018 Icarus fu candidato all’Oscar come miglior
documentario. Ecco come Adam ricorda la cerimonia:
Ero sicuro che non avremmo vinto. Quando l’attrice Laura Dern si accinse ad annunciare
il nome del vincitore sussurrai al mio capo Lisa Nishamura: «Non ce la faremo. Vincerà
Visages villages. Ma poi, come al rallentatore, sentii Laura Dern dire: «Il vincitore è…
Icarus!». Bryan Fogel stava correndo verso il palco. Qualcuno lanciò un grido di gioia
dalla galleria. Rimasi talmente sopraffatto che se non fossi stato seduto sarei caduto a
terra.
Il nono puntino
Questi sono tutti modi per controllare le persone più che per
ispirarle. Non è facile evitare il caos e l’anarchia quando eliminate
questi controlli, ma se sviluppate il senso di autodisciplina e
responsabilità di tutti i dipendenti, li aiutate ad accumulare
abbastanza conoscenze per prendere buone decisioni e sviluppate
una cultura del feedback per stimolare l’apprendimento rimarrete
sbalorditi da quanto può rivelarsi efficiente la vostra organizzazione.
Questo è di per sé un motivo sufficiente per sviluppare una cultura
di libertà e responsabilità, ma questi non sono certo gli unici
vantaggi. Oltre a questo:
Gruppo 1:
Gruppo 2:
Gruppo 3:
Poi abbiamo raccolto e studiato le mappe dei dieci gruppi e le
abbiamo unite in un’unica mappa di cultura aziendale Netflix, che
aveva questo aspetto:
Poi, usando lo strumento Mappatura Paese di Erin abbiamo
paragonato la nostra mappa della Cultura Netflix con quella di
ognuno dei paesi in cui erano situati i nostri centri regionali.
Mentre studiavamo le mappe ci siamo resi conto che alcuni dei
problemi che stavamo riscontrando nelle nostre sedi regionali erano
dovuti a differenze culturali. Per esempio, sia i Paesi Bassi sia il
Giappone rientrano nel versante consensuale della tabella
sull’attività decisionale (parametro 4). Questo spiegava perché molti
dipendenti nei nostri uffici di Amsterdam e di Tokyo avessero avuto
difficoltà con il modello «responsabile di progetto», in cui c’è sempre
un unico individuo responsabile di una decisione (Capitolo 6).
Concentrandoci sul parametro dall’alto verso il basso, che misura
quanto una cultura si rimetta all’autorità, abbiamo visto che Netflix si
posizionava a destra dei Paesi Bassi (che abbiamo scoperto essere
uno dei paesi più egalitari del mondo) e a sinistra di Singapore (più
gerarchico). Questo ci ha aiutato a capire perché i nostri dipendenti
olandesi non avevano alcun problema ad andare contro i
suggerimenti dei rispettivi capi mentre quelli singaporiani
richiedevano molto più incoraggiamento per prendere una decisione
se il capo non era d’accordo.
Restammo anche colpiti dalla dimensione della fiducia (parametro
5), dove la Cultura Netflix era palesemente più orientata verso la
mansione di quasi ogni cultura locale in cui stessimo entrando. Il
grafico sottostante si concentra su quella dimensione specifica,
quindi potete vedere qual è il problema. Abbiamo aggiunto la
posizione degli Stati Uniti perché interessante.
A Netflix abbiamo sempre dato importanza al valore del tempo. La
stragrande maggioranza dei meeting dura trenta minuti e in genere
pensiamo che la maggior parte degli argomenti, persino quelli
importanti, possano essere discussi esaurientemente in quel lasso di
tempo. Cerchiamo di essere cordiali e collaborativi ma prima di
questo esercizio di mappatura culturale evitavamo di dedicare molto
tempo alle conversazioni non legate al lavoro. Il nostro obiettivo
erano l’efficienza e la rapidità, non il passare del tempo a
chiacchierare bevendo una tazza di caffè. Ma assumendo sempre
più dipendenti sparsi per il mondo abbiamo scoperto che la nostra
ossessione di dedicare ogni singolo minuto al compito da svolgere ci
stava danneggiando in una miriade di modi diversi. Ecco un esempio
pertinente fornito da uno dei nostri primissimi dipendenti in Brasile.
Leonardo Sampaio, business development director for Latin
America, è entrato in Netflix nell’ottobre del 2015:
Dopo decine di colloqui via telefono e video sono stato nella Silicon Valley per un’intera
giornata di colloqui individuali. Il reclutatore mi ha accompagnato in una sala riunioni e fra
le nove e le dodici ho avuto sei colloqui di trenta minuti con ogni genere di persone
interessanti che sarebbero in seguito diventate miei colleghi. La mia tabella di marcia
prevedeva solo una pausa pranzo di mezz’ora.
In Brasile il pranzo è un momento in cui fare amicizia con i colleghi. È un momento in cui
mettere da parte il lavoro e riuscire a conoscersi al di fuori delle mansioni che dobbiamo
svolgere. La fiducia che instauriamo durante questi momenti di pausa è fondamentale
per la collaborazione. Sono anche questi rapporti che, per un brasiliano, rendono
piacevole andare al lavoro. Mi ha stupito che al pranzo fossero riservati solo trenta minuti
e mi sono chiesto chi sarebbe venuto a farmi compagnia.
Una donna che non conoscevo è entrata nella sala riunioni in cui ero seduto. Mi sono
alzato per salutarla. Forse era la mia commensale. Ha detto in tono gentile: «Sarah mi ha
chiesto di portarle il pranzo, spero le piaccia». In un sacchetto c’era un pasto squisito che
includeva un paio di insalate, un panino e della frutta. La donna mi ha chiesto se mi
serviva altro per sentirmi a mio agio e dopo che ho risposto di no se n’è andata, e io sono
rimasto seduto da solo a mangiare. Ora so che per gli americani pranzare durante la
giornata lavorativa è solo un altro compito da svolgere, ma per un brasiliano venir
lasciato solo a consumare il pranzo era scioccante. Ho pensato: “Almeno il tizio che
diventerà il mio capo non verrà a chiacchierare con me, a chiedere come sto e
domandarmi della mia vita in Brasile? Presumo sia questo che intende Netflix quando
dice che siamo una squadra e non una famiglia”.
Naturalmente non sono rimasto solo a lungo perché trenta minuti passano in fretta ed è
arrivata la persona seguente che dovevo incontrare.
Tutto è relativo
Nei suoi ultimi cinque anni a Netflix Ise ha imparato molto su come
fornire feedback a colleghi di altre nazionalità, soprattutto americani:
Ora che capisco meglio queste tendenze culturali fornisco feedback con la stessa
frequenza, ma penso attentamente al destinatario del messaggio e a come adattare
quest’ultimo per ottenere i risultati in cui spero. Con culture meno dirette inizio
cospargendo il terreno con qualche disinvolto commento positivo e parole di
apprezzamento. Se il lavoro è stato nel complesso valido lo sottolineo subito, in tono
entusiasta. Poi passo al feedback con «qualche suggerimento» e concludo con «Questa
è solo la mia opinione, per quel che vale» e «Puoi prenderla o lasciarla». Questo
elaborato balletto è piuttosto divertente dal punto di vista di un olandese… ma ottiene
indubbiamente i risultati desiderati!
Le «4 A» sono:
Immagine
CONCLUSIONE
Vicino alla casa in cui sono cresciuta a Minneapolis
c’è un lago dalla circonferenza di quasi cinque
chilometri chiamato Bde Maka Ska. Nei caldi sabati
estivi orde di cittadini ne affollano le piste da jogging, i
pontili e le spiagge. Nonostante l’affollamento è
sorprendentemente tranquillo perché ci sono
parecchie regole a guidare le azioni di tutti. I pedoni non possono
camminare sulle piste ciclabili. Le biciclette procedono solo in senso
orario. Non si può fumare da nessuna parte. Non si può nuotare oltre
le boe contrassegnate. Rollerblade e monopattini possono accedere
solo alla pista ciclabile e non a quella da jogging. I podisti possono
usare solo la pista a loro destinata. Queste regole sono ben note e
rigorosamente osservate, creando un rifugio di organizzazione e
quiete.
Se Netflix ha una cultura di libertà e responsabilità, il Bde Maka
Ska ha una cultura di regole e procedure.
Per quanto questa cultura «regole e procedure» possa risultare
pacifica, sono presenti anche alcuni svantaggi. Se avete bisogno di
raggiungere in bicicletta un punto che richiederebbe solo un breve
tragitto in senso antiorario non potete farlo, dovete procedere in
senso orario lungo tutto il lago. Se volete attraversare il lago a nuoto
verrete fermati da un bagnino su una barca e riportati a riva. Non
importa se sapete nuotare bene: non è consentito. La cultura è stata
sviluppata per fornire pace e sicurezza al gruppo più ampio, non
libertà al singolo.
«Regole e procedure» è un paradigma così familiare per
coordinare il comportamento di gruppo che non ha quasi bisogno di
spiegazioni. Cominciando dall’asilo, quando la signora Sanders ha
fatto sedere tutti i bambini di cinque anni sul tappeto verde e
spiegato dettagliatamente cosa eravate autorizzati e non autorizzati
a fare, stavate già imparando regole e procedure. In seguito, quando
avete accettato quel primo lavoro sparecchiando i tavoli nel locale
specializzato in noodles accanto al centro commerciale e avete
imparato quali colori di calzini potevate e non potevate mettere sotto
la divisa e quanto sarebbe stato detratto dal vostro stipendio se
mangiavate un biscotto durante il turno, il vostro apprendistato in
regole e procedure è proseguito.
L’approccio «regole e procedure» rappresenta da secoli il modo
principale per coordinare il comportamento di gruppo. Ma questo
non è l’unico modo e non è soltanto Netflix a usare un metodo
diverso. Da diciannove anni abito a nove minuti di auto dall’Arc de
Triomphe di Parigi. Salendo in cima al monumento si gode di una
vista spettacolare sulla celebre Avenue des Champs-Elysées, la
torre Eiffel e la basilica del Sacro Cuore, ma la cosa più
impressionante è il gigantesco anello di traffico che gira intorno
all’arco, noto come «l’Étoile» o «la Stella». A volte Reed definisce
libertà e responsabilità come operare sul ciglio del caos. Il traffico
dell’Étoile ne è una perfetta rappresentazione.
Ogni minuto centinaia di auto sgorgano dai dodici viali a più corsie
che convergono nella rotonda a dieci corsie priva di segnaletica. Le
moto sfrecciano fra gli autobus a due piani. I taxi si immettono
aggressivamente nel traffico per far scendere i turisti nel centro. Le
auto si lanciano, spesso senza mettere la freccia, verso il viale
desiderato. Nonostante l’enorme massa di veicoli e persone c’è
soltanto un’unica regola basilare che guida tutto il traffico: una volta
che siete sulla rotonda dovete dare la precedenza a quanti entrano
da una qualsiasi delle dodici strade che vi sfociano. A parte questo
dovete sapere dove volete andare, concentrarvi sulla meta e usare
al meglio la vostra capacità di giudizio. Con ogni probabilità
arriverete a destinazione rapidamente e incolumi.
La prima volta che salite in cima all’Arc de Triomphe e vedete il
tumulto sottostante, i vantaggi di operare con così poche regole non
appaiono evidenti. Perché non collocare una dozzina di semafori
intorno alla rotonda per costringere le auto ad aspettare il proprio
turno? Perché non contrassegnare le corsie e fornire severe
restrizioni su chi può spostarsi dove in quale momento?
Secondo mio marito Eric, che è francese e gira in auto intorno
all’Arc de Triomphe quasi quotidianamente da decenni, ciò
rallenterebbe tutto. «L’Étoile è straordinariamente efficiente. Per un
guidatore esperto non esiste modo più rapido per andare dal punto A
al punto B», sostiene. «Inoltre, il sistema consente un’estrema
flessibilità. Potresti immetterti nella rotonda con l’intenzione di uscire
sugli Champs Elysées solo per vedere un autobus turistico che
blocca la strada. Non c’è bisogno di farsi prendere dal panico. Puoi
cambiare tragitto sul momento. Puoi uscire su Avenue de Friedland
o Avenue Hoche, oppure puoi continuare a percorrere l’Étoile
qualche altra volta finché l’autobus non è passato oltre. Quasi
nessun altro metodo ti permette di cambiare tragitto così in fretta
durante il viaggio.»
Ora che avete letto questo libro avete visto che, quando guidate
un team o dirigete un’azienda, dovete scegliere fra due alternative.
Potete usare il metodo del Bde Maka Ska, lavorando per controllare i
movimenti dei vostri dipendenti con regole e procedure, oppure
potete attuare una cultura di libertà e responsabilità scegliendo
velocità e flessibilità e offrendo una maggiore libertà ai vostri
dipendenti. Ognuno dei due approcci presenta dei vantaggi. Quando
avete iniziato questo libro sapevate già coordinare un gruppo di
persone tramite regole e procedure, ora sapete anche come farlo
tramite libertà e responsabilità.
Aumentate la sincerità…
5. Aprite i registri contabili
Elliot Aronson et al., The Effect of a Pratfall on Increasing
Interpersonal Attractiveness, «Psychonomic Science», 4 (1966), n.
6, pp. 227-228.
Brené Brown, Daring Greatly: How the Courage to Be Vulnerable
Transforms the Way We Live, Love, Parent, and Lead, Penguin
Random House Audio Publishing Group, New York 2017 (tr. it. di
P. Bassotti, Osare in grande: come il coraggio della vulnerabilità
trasforma la nostra vita in famiglia, in amore e sul posto di lavoro,
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Emily Esfahani Smith, Your Flaws Are Probably More Attractive
Than You Think They Are, «The Atlantic», 9 gennaio 2019,
https://www.theatlantic.com/health/archive/2019/01/beautiful-
mess-vulnerability/579892.
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