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A.

Frattolillo – Impianti Tecnici


I componenti degli impianti di riscaldamento e condizionamento
DICAAR

Laboratorio Integrato di Progettazione Tecnica e Strutturale


- IMPIANTI TECNICI (prof. Andrea Frattolillo)

I componenti degli
impianti di
condizionamento e
riscaldamento
Prof. A. Frattolillo
andrea.frattolillo@unica.it
A. Frattolillo – Impianti Tecnici
I componenti degli impianti di riscaldamento e condizionamento
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Il punto di partenza: il fabbisogno

Si ipotizzi un fabbisogno complessivo in un dato ambiente pari a

= 70 W/K

Considerando la stagione invernale, il valore della potenza termica massima, necessaria a


mantenere la temperatura a 20 °C corrisponde al mese in cui si registra la temperatura
esterna più bassa, quindi se nel mese di gennaio corrisponde (Cagliari) la Tgen = 9,0 °C
(che è il più basso della stagione), la potenza termica massima che l’impianto dovrà
garantire ammonta a:

P = QH,nd*ΔT = 70 [W/K] * (20-9) [K] = 70 * 11 = 770,0 [W].

Noto il valore della potenza termica da fornire al locale, si passa al dimensionamento dei
radiatori da installare
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La trasmissione del calore in ambiente


La scelta del corpo scaldante è fondamentale per il benessere degli utenti, in coincidenza con
il corretto impiego dell’energia.

Conduzione: unico esempio reale la boulette,


ma non praticabile in grandi ambienti
Convezione + Irraggiamento: spesso in
combinazione tra loro

Il sistema a convezione per eccellenza è il riscaldamento a convettori in cui l’aria funge


da fluido termovettore trasportando il calore dal corpo scaldante (batteria di scambio) al
locale, per poi tornare al corpo scaldante.
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La trasmissione del calore in ambiente

Il sistema radiante per eccellenza è rappresentato da pannelli o tubazioni annegati nelle


strutture o appesi a pareti/soffitto
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La trasmissione del calore in ambiente


Il sistema a convezione (come per i radiatori)
per contro richiede un t e causa un
gradiente termico non trascurabile, anche in
locali di altezza limitata

Il sistema radiante agisce senza


intermediario e limita i fenomeni di
stratificazione (non esiste un sistema
unicamente radiante)
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I criteri generali

Prima di procedere al dimensionamento dei radiatori da installare in un ambiente


caratterizzato da un determinato fabbisogno di energia, è necessario introdurre ed illustrare
i principali parametri che caratterizzano questo corpo scaldante, in particolare:

• potenza termica nominale


• temperatura di progetto del fluido termovettore
• potenza termica effettiva, ottenuta moltiplicando la nominale per:

 fattore correttivo per la diversa temperatura dei fluidi


 fattore correttivo per effetto dell’altitudine
 fattore correttivo per protezione del radiatore
 fattore correttivo relativo alla tipologia di attacchi
 fattore correttivo relativo alla tipologia di vernice
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La potenza termica nominale


Il parametro potenza termica nominale definisce il valore della potenza termica scambiata
da un radiatore con l’ambiente nelle condizioni standard o di prova.
Le condizioni di prova sono definite dalla norma UNI EN 442 e sono principalmente:
• temperatura dei fluidi:
- te = 85 °C (temperatura di entrata del fluido termovettore)
- tu = 75 °C (temperatura di uscita del fluido termovettore)
- ta = 20 °C (temperatura dell’aria nell’ambiente di installazione)
• caratteristiche di installazione del corpo scaldante:
- distanza dalla parete = 5 cm
- distanza dal pavimento = 12 cm
- per sporgenze al di sopra o a fianco del radiatore è consigliata
una distanza di rispetto non inferiore a 10 cm

• tipologia collocazione degli attacchi delle tubazioni:


entrata in alto – uscita in basso dallo stesso lato
• pressione atmosferica di prova: pressione al livello del mare
1 atm =101,3 kPa
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Caratteristiche di installazione dei corpi scaldanti


È consigliabile installare i radiatori sotto finestra o lungo le pareti esterne in modo da:
• contrastare meglio le correnti di aria fredda che si formano in corrispondenza di tali superfici
• migliorare le condizioni di benessere fisiologico limitando l’irraggiamento del corpo umano verso le
zone fredde
• evitare o ridurre, nell’interno del corpo scaldante, l’eventuale formazione di condensa superficiale
interna

• E' utile ricordare che :


• nel prevedere la misura dei corpi scaldanti, si deve aggiungere almeno 7 ÷ 10 cm per l'attacco e
relativa valvola
• all'altezza vanno aggiunti, in basso, almeno 10 cm per il passaggio dell'aria e per la pulizia e, in
alto, almeno 15 [cm] per consentire il libero movimento ascensionale dell'aria calda
• alla profondità vanno aggiunti almeno 3 cm di distanza dal filo della parete finita a cui si
addossa il corpo scaldante
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La potenza termica nominale


L’espressione per il calcolo della potenza termica nominale è data dalla:

Qn = c·(tn)n

c rappresenta una costante tipica di ciascun radiatore


Δtn rappresenta la differenza di temperatura media tra la superficie del radiatore e
l’ambiente
n è un coefficiente che dipende dallo scambio termico del corpo scaldante.
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Tipologie e materiali
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Tipologie e materiali
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Termoconvettori e ventilconvettori
Sono terminali che cedono o sottraggono calore all’ambiente per convezione naturale e
forzata rispettivamente. Sono costituiti essenzialmente da:
- una o due batterie alettate di scambio termico
- ventilatori centrifughi o tangenziali (solo ventilconvettori)
- un filtro dell’aria
- una bacinella di raccolta condensa
- un involucro di contenimento (mobiletto)
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Termoconvettori e ventilconvettori
Si utilizzano per riscaldare e raffreddare abitazioni, uffici, sale di riunione,
alberghi, ospedali, laboratori, ecc....

Per le temperature in ingresso e uscita dell’acqua dal terminale valgono le


stesse considerazioni fatte per i radiatori.
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Pannelli radianti
Si ottengono annegando nelle strutture murarie del pavimento o della parete
dei tubi in materiale plastico (PEX) all’interno dei quali scorre acqua calda
intorno ai 40°C.
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Pannelli radianti
I principali vantaggi del riscaldamento a pannelli radianti rispetto all’utilizzo di
radiatori o termoconvettori vanno dal risparmio energetico (10÷15%), miglior qualità
dell’aria, date le basse temperature di esercizio che evitano la cottura del pulviscolo
atmosferico, un miglior benessere termico e un minor impatto ambientale in quanto
l’impianto risulta essere completamente nascosto.
Per contro si ha un maggior costo sia in fase di realizzazione che di progettazione.
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Pannelli radianti

Soluzione commerciale per ambienti Soluzione commerciale per il recupero di vecchi


climatizzati con pannelli radianti a pavimento solai in legno

1. Pavimentazione 1. Pavimentazione
2. SABBIA E CEMENTO SUPERCEM 2. SABBIA E CEMENTO SUPERCEM
PRONTO PRONTO
3. Sistema di riscaldamento 3. Materassino fonoisolante
4. Materassino fonoisolante 4. PAVIFOND REVOLUTION
5. PAVIFOND REVOLUTION 5. BETONVER 1500
6. Barriera al vapore 6. Barriera al vapore
7. Soletta mista 7. Solaio in legno
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Esempio di Progetto impianto Termico per una abitazione di Classe A


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Esempio di Progetto impianto Termico per una abitazione di Classe A


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Terminali di erogazione

Ventilconvettori / Termoconvettori

Bocchette in sistemi ad aria calda


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Terminali di erogazione
Pannelli a parete

Pannelli annegati a soffitto

Pannelli isolati annegati a


pavimento

Pannelli annegati a
pavimento (non tengono
conto delle perdite di calore
non recuperate dal pavimento
verso il terreno)
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La potenza termica nominale

Normalmente è fornita dal produttore insieme ai dati dimensionali del corpo


scaldante.
Il dato presente nel catalogo, solitamente espresso in Watt e Kcal/h, costituisce
il punto di partenza del calcolo dei radiatori (fermo restando che sia
precedentemente stata determinata la potenza termica necessaria ai singoli
locali da riscaldare).
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La temperatura di progetto del fluido termovettore

Generalmente il valore di questo parametro viene impostato in un intervallo compreso tra


65°C e 75°C e questo perché l’esperienza insegna che valori più elevati:

• attivano forti moti convettivi e quindi contribuiscono al formarsi di zone con aria più
calda a soffitto e più fredda a pavimento

• determinano una sensibile “cottura” del pulviscolo atmosferico e quindi causano


irritazioni all’apparato respiratorio, nonché l’annerimento delle pareti dietro e sopra i
corpi scaldanti (i cosiddetti baffi)

mentre, valori di progetto troppo bassi farebbero aumentare notevolmente il costo


dell’impianto e l’ingombro dei radiatori
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La Potenza termica effettiva


Il parametro potenza termica effettiva definisce il valore della potenza termica che viene
effettivamente scambiata dal radiatore con l’ambiente, nelle previste condizioni di posa.

Si tratta di una frazione della potenza termica “nominale”, viene calcolata applicando al
valore di quest’ultima una serie di coefficienti riduttivi, che tengono conto dell’altitudine,
della temperatura dell’acqua, della tipologia di attacchi, della verniciatura e della
tipologia di installazione:

Qeffettiva= Qnom · (FT · Falt · Finst · Fattacchi · Fvernice)

Nella pratica quindi sarà necessario provvedere in via preliminare alla determinazione del
valore numerico dei cinque coefficienti citati, quindi moltiplicarli per il valore della
potenza termica nominale.
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Il fattore correttivo FT (temperatura)


Tiene conto delle variazioni di temperatura relative rispettivamente al fluido scaldante e
all’ambiente (a numeratore), rispetto alle stesse temperature che vengono considerate
nelle condizioni standard di prova (a denominatore):
1,3
T T 
FT   m a 
 80  20 

E’ quindi possibile impostare una tabella in formato excel e procedere al calcolo del
fattore FT per i vari valori di temperatura.
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Il fattore correttivo FT (temperatura)


Tiene conto delle variazioni di temperatura relative rispettivamente al fluido scaldante e
all’ambiente (a numeratore), rispetto alle stesse temperature che vengono considerate
nelle condizioni standard (a denominatore):
1,3
T T 
FT   m a 
 80  20 

E’ quindi possibile impostare una tabella in formato excel e procedere al calcolo del
fattore FT per i vari valori di temperatura.
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Il fattore correttivo Falt (altitudine)


L’altitudine H relativa alla località dell’edificio incide sulla resa termica del radiatore, in
quanto la densità dell’aria e, quindi, la sua capacità di trasporto del calore diminuisce
man mano che cresce H, influendo quindi sull’emissione termica del corpo scaldante.

In particolare l’espressione che viene sovente utilizzata è:

pmare
Falt 
1,3  pmare  0,3  p
dove:
pmare: pressione atmosferica al livello del mare = 101,3 kPa
p: pressione atmosferica della località di installazione (kPa), valutabile con:

p ( H )  101,3  0,0113  H
con H espressa in m.
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Il fattore correttivo Finst (installazione)


La trasmissione del calore dal radiatore all’ambiente viene
fortemente influenzata dalla tipologia di installazione che viene
adottata.
installazione con mensola
Si riscontrano, generalmente, quattro casi notevoli:

• installazione con mensola Finst = 0,95 – 0,97


• installazione con nicchia Finst = 0,92 – 0,94
• installazione con lamiera perforata Finst = 0,80 – 0,85
• installazione con carter aperto Finst = 0,95 – 1,00

installazione a nicchia

installazione dietro
lamiera perforata
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Il fattore correttivo Fattacchi (attacchi)


Deve essere considerato nel caso in cui le condizioni degli attacchi (intesi come ingresso
ed uscita) del radiatore siano differenti da quelle standard, per esempio quando l’entrata
e l’uscita sono entrambe in basso.

I valori del fattore correttivo variano in


funzione dell’altezza del radiatore,
in particolare:

H < 1,2 m Fattacchi = 1


1,2 ≤ H ≤ 1,8 Fattacchi = 0,95 – 0,98
H > 1,8 Fattacchi = 0,9
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Il fattore correttivo Fvernice (verniciatura)


È il fattore che serve a determinare la potenza termica di un radiatore quando, dopo la
prova di resa nominale, viene verniciato. Il suo valore tiene conto del fatto che la
verniciatura diminuisce sensibilmente l’energia termica emessa per irraggiamento

Per vernici ad olio Fvernice = 1


Per vernici a base di alluminio o bronzo Fvernice = 0,85 – 0,90
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Esempio di dimensionamento
L’ambiente in cui è stato calcolato il fabbisogno iniziale è un locale, 10 metri per 5 metri,
dotato di due finestre 2 metri per 1 metro ed una porta 2,2 metri per 1 metro.
Il locale si trova collocato al quarto piano di un edificio, a Cagliari (H50 m sul livello
del mare).
Dal catalogo si sceglie:

tenendo presenti le seguenti condizioni di installazione ed altezza:


- temperature coincidenti con le condizioni standard (T=60°C) per acqua ed aria
- altitudine località edificio 50 m sul livello del mare
- installazione con mensola
- radiatore verniciato ad olio
- attacchi standard
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Esempio di dimensionamento
Potenza nominale 233 W (condizioni standard)

Fattori correttivi:
-altitudine località edificio 50 m sul livello del mare
101,3 101,3
Falt    0,998
1,3  101,3  0,3  101,3  0,0113  50 131,69  30,22

- installazione con mensola Finst = 0,95


- radiatore verniciato ad olio Fvernice = 1,0 Fcorr = 0,998·0,95·1·1 = 0,948
- attacchi standard Fattacchi = 1,0
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Esempio di dimensionamento
Potenza nominale 233 W (condizioni standard)

Fcorr = 0,998·0,95·1·1 = 0,948

Il corpo scaldante trasmette, dunque, meno del 95% della potenza nominale, ovvero

Peffettiva = (Pnominale * Fcorr) = 233 * 0,948 = 221[W].

Il numero dei radiatori (della tipologia scelta) da installare è quindi pari a:

Pfabbisogno 770
N  4
Peffettiva 221
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Maggiorazione della potenza calcolata

Se il numero di corpi scaldanti è maggiore di UNO si definisce per ognuno di essi la


frazione di potenza che deve erogare.

Per la disposizione dei corpi scaldanti, ci si regola sistemandoli in genere lungo le


pareti esterne sotto le finestre
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Maggiorazione della potenza calcolata

Il funzionamento in regime intermittente porta ad una efficienza minore


dell’impianto, che viene considerata nella UNI 7357, imponendo una
maggiorazione del fabbisogno calcolato.

La necessità di cautelarsi da errori e da situazioni ambientali straordinarie


impone inoltre di attuare delle ulteriori correzioni: la norma UNI 10379
suggerisce una maggiorazione non inferiore al 20%

Orientativamente se il fabbisogno è correttamente calcolato (dispersioni,


ponti termici, isolamento) può essere sufficiente una maggiorazione del
10%
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Per riassumere sui corpi scaldanti


Per la determinazione della taglia e del numero dei corpi scaldanti è fondamentale il
calcolo del fabbisogno energetico.

Non è possibile determinare la struttura dell’impianto ed il numero dei suoi radiatori


tramite l’equivalenza tra il valore del volume scaldato ed un numero di potenza termica
Volumetrico!

In fase di progetto dell’impianto si selezionano i componenti dai cataloghi commerciali.


Così avviene per i generatori di calore, per le pompe e le soffianti, per le tubazioni e per i
terminali.

Non è pensabile costruire un radiatore di superficie qualunque poiché avrebbe costi


elevatissimi. Meglio selezionare i radiatori dai cataloghi commerciali dei vari fornitori.
Questo fatto introduce tutta una serie di problemi per via della discretizzazione delle serie
commerciali dei prodotti: se occorre un radiatore da 454 W occorre selezionare fra i due
della serie commerciale disponibili di 400 e 500 W.

La collocazione in pianta dei radiatori deve essere ben studiata in funzione


dell’arredamento, del senso di apertura delle porte e della disponibilità di allacciamento
alla rete di distribuzione dell’acqua calda.
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Elementi per il montaggio


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Sistema di distribuzione

Le reti di distribuzione
dell’energia termica
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I circuiti di distribuzione dell’acqua

• La distribuzione dell’acqua negli impianti civili avviene mediante sistemi di


tubazioni costituiti dal collegamento di testa di condotte aventi sezione circolare e
dimensioni normalizzate.
• I tubi commerciali sono cilindrici, cavi, di materiale e spessore diverso e possono
essere fra loro congiunti con differenti modalità.
• Nelle reti di tubazioni circola acqua a diversa temperatura.
• I materiali comunemente impiegati nei sistemi di tubazioni sono: acciaio nero,
acciaio zincato, rame e materie plastiche.
• Acciaio nero: lega Fe-C – UNI 8863 e 7287, UNI-ISO 4200 Coeff. di dilatazione
termica: 0.0125 mm/m°C.
• Acciaio zincato: spessore della zincatura compreso tra 0.15 e 0.20 mm.
• Rame: rame puro al 99.9% - UNI 5649 e 6507 - Coeff. di dilatazione termica: 0.0165
mm/m°C.
• Materiali plastici: PVC, polietilene, polipropilene, polibutene, UNI 7741, 7611, 7990,
8318, 9338 – Coeff. di dilatazione da 0.05 a 0.185 mm/m°C.
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I circuiti di distribuzione dell’acqua


• L’acqua è da intendersi di acquedotto, incolore, inodore, insapore, alla temperatura
standard di 15°C

• solidificazione a 0°C, evaporazione a 100°C

• massa volumica (4°C) = 1 kg/dm3

• calore specifico = 4186 J/kgK = 1,163 Wh/kgK

• conducibilità termica = 0.586 W/mK

• viscosità cinematica (100°C) = 0.295 106 m2/s


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I circuiti di distribuzione dell’acqua


• I sistemi di tubazioni a circuito aperto trasferiscono l’acqua dalla sorgente all’utenza
mettendola, in qualche punto del circuito, a contatto con l’atmosfera.

 I circuiti aperti possono essere: a pressione (se la pressione totale è fornita da un mezzo
meccanico, ad esempio le elettropompe), a caduta (se l’acqua proviene da un serbatoio
sopraelevato rispetto all’utenza), misti (se l’acqua viene pompata ai serbatoi di raccolta e
quindi distribuita a caduta)

• In un circuito chiuso, l’acqua in circolazione è teoricamente sempre la stessa. Per tale


motivo sono necessarie tubazioni di andata e di ritorno.

 La rete di distribuzione è praticamente sempre un anello ed, a causa dei gradienti di


temperatura presenti, sarà sempre collegato ad un recipiente atto a contenere le
conseguenti variazioni di volume (vaso di espansione).

 Le reti di distribuzione, che uniscono la sorgente energetica alle utenze mediante sistemi
di tubazioni nelle quali si muove acqua a circolazione forzata possono essere classificate
in distribuzione: i) monotubo, ii) a due tubi, iii) a tre tubi, iv) a quattro tubi.
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I circuiti di distribuzione dell’acqua


Distribuzione monotubo
• Utilizzata generalmente negli impianti di riscaldamento di tipo autonomo.

• L’alimentazione in serie è ormai sostituita dal collegamento in derivazione.

• L’acqua che entra nel primo corpo scaldante è una parte della portata totale; l’acqua che
entra nel secondo terminale è, a sua volta, parte della portata totale, risultante però dalla
miscela tra l’acqua meno calda che esce dal precedente e quella parte che ha proseguito
nell’anello con la temperatura iniziale.

• Le alimentazioni successive dei terminali


di uno stesso anello avvengono a Delta
temperature sempre minori.
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I circuiti di distribuzione dell’acqua


Distribuzione a due tubi

• Tipologia più diffusa nel caso si voglia


trasferire ai terminali acqua calda o
refrigerata.

• Indifferentemente adottata sia negli impianti


unifamiliari che in quelli centralizzati, dalla
più modesta alla più elevata estensione.

• Nel caso di elevate estensioni la rete di


distribuzione (distribuzione orizzontale e
montanti o colonne) è sempre costituita da
una tubazione di mandata ed una tubazione
di ritorno, che riconduce il fluido
termovettore alla centrale.
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I circuiti di distribuzione dell’acqua


Impianti autonomi Impianti
centralizzati

a distribuzione a montanti in traccia


orizzontale nei paramenti
interni o
nell’intercapedine
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Gli impianti a distribuzione verticale sono regolati


localmente tramite valvole sul terminale d’impianto. E’
I circuiti di distribuzione dell’acqua possibile che la distribuzione sia a vista all’interno dei locali
riscaldati, con possibile surriscaldamento dei piani inferiori
per effetto delle dispersioni dei montanti.

La contabilizzazione per singolo appartamento, nonché la


termoregolazione, risultano difficili.

impianti centralizzati con distribuzione (verticale) a


colonne montanti e regolazione climatica centrale o Particolare del collegamento del corpo scaldante
manuale. alla colonna montante.
ImpiantiA. Frattolillo
centralizzati con – Impiantiorizzontale
distribuzione Tecnici e regolazione climatica centrale (eventuale
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regolazione di zona con valvola di zona e contatore).
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I circuiti di distribuzione dell’acqua

Particolare della cassetta di zona

Gli impianti a distribuzione orizzontale prelevano da un montante principale l’energia termica. Questa è distribuita ai singoli
terminali da una cassetta di zona. Questo elemento permette di effettuare una regolazione intermedia dell’impianto del
singolo appartamento, tramite sonda di temperatura in ambiente sul relativo termostato, nonché di effettuare una
contabilizzazione dei consumi, con l’opportuna componentistica (contacalorie).

La regolazione finale si effettua al terminale con opportune valvole sullo stesso.


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La distribuzione per "zona"


Distribuzione a due tubi
• Nel caso di impianti di modesta
estensione, la configurazione più
comune è a collettore (o a margherita).

• Esso è rappresentato da due collettori


(andata e ritorno) collegati da un lato
alla sorgente energetica e dall’altro ai
terminali.

• Il collegamento ai terminali è costituito


da tante coppie di tubi di mandata e
ritorno quanti sono i terminali stessi,
aventi diametri diversi e passanti sotto
pavimento o sotto traccia.
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La distribuzione per "zona"


• Gli impianti a zone sono realizzati in modo
che ad ogni zona dell’edificio, ad ogni piano o
ad ogni singolo appartamento è dedicata una
parte della rete di distribuzione. Con questo
tipo di impianto è possibile gestire in maniera
diversificata le varie zone, non riscaldando,
ad esempio, quelle che in un dato periodo,
non sono occupate

• Per questo tale tipologia impiantistica è


consigliabile in tutti gli edifici nuovi o nelle
ristrutturazioni, laddove esistono zone con
diverse utilizzazioni come, ad esempio, nel
caso di edifici destinati in parte ad uffici o
negozi ed in parte a residenze.
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I circuiti di distribuzione dell’acqua

impianti individuali con generatore autonomo con regolazione manuale o con regolazione di zona
a mezzo cronotermostato ambiente
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I circuiti di distribuzione dell’acqua

Distribuzione a tre tubi


• E’ attualmente abbandonata.

• E’ stata proposta (ed in alcuni casi applicata) ad impianti di condizionamento ad o


ventilconvettori, in cui l’alimentazione avveniva con due tubazioni distinte (una
per il caldo ed una per il freddo), ma con ritorno unico.

• Ogni terminale era dotato di elettrovalvola a tre vie che, comandata da un sensore
ambiente, sceglieva il “freddo” o il “caldo”.

• Le caratteristiche dell’impianto non compensavano il lieve risparmio di materiale.


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I circuiti di distribuzione dell’acqua


Distribuzione a tre tubi con “ritorno rovescio”
(Tichelmann)
• E’ una configurazione di uso comune.
• I terminale vengono allacciati in ordine crescente alle mandate ed in ordine
decrescente ai ritorni.
• La rete è automaticamente equilibrata dal momento che le tubazioni sono di uguale
lunghezza per tutti i terminali.
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I circuiti di distribuzione dell’acqua


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I circuiti di distribuzione dell’acqua

I collettori vanno installati possibilmente in


posizione baricentrale in modo da avere circuiti
di alimentazione dei terminali di lunghezza
simile.
Nei piccoli impianti autonomi il collettore è
costituito da un corpo unico modulare ottenuto
per pressofusione e vi arrivano due tubi
provenienti direttamente dal GC (mandata e
ritorno) e se ne dipartono due per ogni
terminale scaldante da alimentare.
Per altri impianti il collettore è generalmente
costruito a partire da due tubi di grosso
diametro nei quali vengono praticati dei fori per
l’innesto di tubi di diametro più piccolo che
vanno ad alimentare dei circuiti a zone anziché
i singoli terminali.
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I componenti degli impianti di riscaldamento e condizionamento
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I circuiti di distribuzione dell’acqua


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Dimensionamento della rete di distribuzione


Stabilito il numero di corpi scaldanti la loro posizione e
il tipo di circuito si passa al dimensionamento dei
componenti.

Si fissa la differenza di temperatura tra ingresso e uscita


dell’acqua nel corpo scaldante (in genere viene posto un
ΔT=10°C che minimizza il costo dell’impianto).

Nota la temperatura di ingresso di ogni corpo scaldante


e la potenza termica da fornire (dal carico termico del
locale diviso per il numero di corpi scaldanti) si ottiene
la portata di acqua per ciascun corpo scaldante con
la relazione:

Qcorpo ,scald Qcorpo ,scald Qcorpo ,scald


mw   
c  ting  tusc 
[kg / s ]
4,19  10  41,9
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Dimensionamento della rete di distribuzione


Si assume una perdita di carico iniziale pari a 10÷12
mm c.a./m, cioè 150 Pa/m, valore che consente di:
- ottenere un buon compromesso tra i costi di
realizzazione delle reti e i consumi di esercizio
delle pompe
- poter evitare l’insorgere di pressioni differenziali
troppo elevate lungo le reti di distribuzione.

Si parte dal corpo scaldante più lontano (che ha perciò


più perdite di carico), si calcola la lunghezza della
tubazione e si sceglie il diametro tra quelli disponibili
in commercio che dà la perdita di carico più vicina al
valore consigliato.

Si cerca di far restare la velocità dell’acqua tra 0,3 m/s


(per trascinare l’aria che si infiltra nei condotti sino ai
punti previsti per lo spurgo) e 2 m/s (per evitare una
rumorosità troppo elevata dell’impianto).
http://www.caleffi.com/italy/it/schematics/tabelle-e-diagrammi-perdite-di-carico-acqua
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Dimensionamento della rete di distribuzione


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Dimensionamento della rete di distribuzione

Scelto il diametro si può calcolare per ogni tratto


(notare che possono essere diverse tratto per tratto) la
perdita di carico distribuita semplicemente
moltiplicando la perdita di carico ipotizzata per la
lunghezza del circuito di mandata e ritorno (oppure in
modo più accurato mediante la formula di Darcy
Weissbach)

Quindi si passa a calcolare le perdite di carico


concentrate dovute a elementi del circuito (curve,
gomiti, ecc), oppure a componenti d’impianto
(valvole, radiatori, saracinesche, ecc).
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Valori del coefficiente di perdita localizzata x
(reti di distribuzione)
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Valori del coefficiente di perdita localizzata x
(componenti di impianto)
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Perdite di carico localizzate per Sx = 1÷15
(temperatura acqua = 80°C)
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Dimensionamento della rete di distribuzione


Si sommano tutte le perdite di carico calcolate,
ottenendo alla fine la perdita di carico totale su quel
ramo di circuito, che risulta anche la perdita di carico
del circuito complessivo.

Per eventuali tratti in parallelo si cerchi di mantenere


la stessa perdita di carico: perché il circuito sia
bilanciato la differenza di pressione (somma di
concentrate e distribuite) deve essere uguale (entro
~10%) a quella del ramo già dimensionato.

Il dimensionamento della pompa avviene sulla base


della portata complessiva e della perdita di carico
totale così determinate.
E’ possibile scegliere la pompa tra quelle che
presentano una curva caratteristica più adatta alle
condizioni di prevalenza/portata così determinate.
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Scelta della pompa di circolazione


Negli impianti di riscaldamento la circolazione (forzata)
dell’acqua avviene mediante pompe di circolazione azionate
da motori elettrici (elettropompe)

Eventuali reintegri vengono fatti per compensare possibili


perdite, che possono aver luogo nei giunti, nei raccordi, etc.

Le pompe di circolazione forniscono all’acqua l’energia sufficiente per


alimentare i terminali dell’impianto (corpi scaldanti) vincendo le
perdite di carico distribuite e concentrate.
Sono in commercio diverse tipologie di pompe, tra cui:

Pompe centrifughe: una girante elicoidale imprime una spinta al


fluido nella direzione dell’asse di rotazione, la stessa in cui il fluido
viene aspirato

Pompe assiali (ad elica): una girante con le pale perpendicolari all’asse
imprime una spinta centrifuga all’acqua
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Scelta della pompa di circolazione


Le pompe di circolazione per impianti di riscaldamento sono di solito di tipo centrifugo.
Ad ogni pompa è associabile una curva di funzionamento determinata sperimentalmente
(curva caratteristica) che mette in relazione la portata volumetrica del fluido trattato con
la prevalenza della pompa

Ad ogni valore del numero di giri corrisponde


una curva caratteristica.

Le perdite di carico del circuito dipendono dalla


pressione cinetica (quadrato della velocità), risultano,
dunque, proporzionali al quadrato della portata:
la curva del circuito è un ramo di parabola con vertice nell’origine degli assi.
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Scelta della pompa di circolazione


Il punto di funzionamento della pompa P viene ottenuto intersecando la curva caratteristica
della pompa con quella del circuito.
Esso di solito non coincide con il punto di funzionamento teorico P’che è dato dalla coppia
prevalenza portata calcolate nel processo di dimensionamento delle reti di distribuzione
La scelta della pompa porterà a selezionare la curva caratteristica in maniera tale che il
punto di funzionamento effettivo sia il più vicino possibile a quello teorico
Per determinare il punto di funzionamento teorico si
fa riferimento ad un valore di portata pari alla
somma VH2O [m3/s] di tutte le portate dei corpi
scaldanti alimentati dall’impianto e ad una
prevalenza pari alla perdita di carico totale p
[Pa]del circuito più sfavorito, maggiorando
entrambe del 10 % per compensare le inevitabili
approssimazioni di calcolo.
La potenza ottenuta dalla pompa (potenza ideale) si
calcola con la

Ppompa= VH2Op
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Passaggio dei montanti


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Isolamento dei canali di distribuzione


La coibentazione delle tubazioni nell’impianto di riscaldamento
assume particolare importanza nel limitare la dispersione
termica del sottosistema di distribuzione.

La dispersione termica di una tubazione, a parità di isolamento,


è influenzata da una serie di fattori, tra i quali:

• la superficie esterna del tubo


• la temperatura interna del fluido termovettore
• la temperatura esterna delle condizioni al contorno (corsello box, cantine o esterno)
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Isolamento dei canali di distribuzione


I materiali isolanti impiegati per la coibentazione delle tubazioni degli impianti di
riscaldamento sono:
• polietilene estruso (conduttività a 40 °C pari a 0,045 W/(m °C));
• lana di vetro in coppelle (conduttività a 40 °C pari a 0,039 W/(m °C));
• poliuretano espanso in coppelle (conduttività a 40 °C pari a 0,038 W/(m °C));
• polistirene estruso rigido in coppelle (conduttività a 40 °C pari a 0,040 W/(m °C))

Il D.P.R. n. 412 del 1993 fornisce, in funzione del diametro esterno e della
conduttività termica dell’isolante, lo spessore del materiale coibente (in mm) da
applicare sulle reti di distribuzione dell’impianto termico. Maggiore è la capacità di
isolamento del materiale scelto e minore sarà lo spessore da impiegare.

(D.P.R. n. 412/1993, Allegato B)


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La centrale termica
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Le centrali termiche
Si definiscono centrali termiche (o locali caldaia) quei locali all’interno dei quali sono collocati i
generatori di calore degli impianti di riscaldamento
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Le centrali termiche
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Le centrali termiche
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La centrale termica: caratteristiche costruttive


I locali devono essere destinati esclusivamente ad impianti termici.

I locali posti all’interno di fabbricati destinati anche ad altri usi devono costituire
compartimento antincendio.
Le strutture portanti devono possedere requisiti di resistenza al fuoco non inferiore a R 120,
quelle di separazione da altri ambienti non inferiori a REI (R = resistenza E = ermeticità I =
isolamento)120.
Nel caso di apparecchi di portata termica complessiva inferiore a 116 kW e ammesso che tali
caratteristiche siano ridotte a R 60 e REI 60.
Le strutture devono essere realizzate in materiali incombustibili.
L’altezza del locale d’installazione deve rispettare le misure minime, in funzione della
portata termica complessiva:
- non superiore a 116 kW: 2,00 m;
- superiore a 116 kW e sino a 350 kW: 2,30 m;
- superiore a 350 kW: 2,50 m.

La soglia del locale deve essere rialzata di almeno 0,20 m rispetto al pavimento; questa
impermeabilizzata, assieme alle pareti perimetrali costituisce un bacino di contenimento in
caso di fuoriuscita accidentale di combustibile.
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La centrale termica: caratteristiche costruttive


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La centrale termica: caratteristiche costruttive


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La centrale termica: caratteristiche costruttive


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La centrale termica: caratteristiche costruttive per combustibili gassosi


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La centrale termica: caratteristiche costruttive per combustibili gassosi


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La centrale termica: caratteristiche costruttive per combustibili gassosi


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La centrale termica: caratteristiche costruttive per combustibili gassosi


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La centrale termica: caratteristiche costruttive per combustibili gassosi


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La centrale termica: Decreti normativi di riferimento


D.M. 28 aprile 2005 D.M. 12 aprile 1996
Approvazione della regola tecnica di Approvazione della regola tecnica di
prevenzione incendi per la progettazione, prevenzione incendi per la progettazione,
la costruzione e l'esercizio degli impianti la costruzione e l’esercizio degli impianti
termici alimentati da combustibili liquidi termici alimentati da combustibili gassosi.

D.M. 23 luglio 2001


Modifiche ed integrazioni al DM 12 aprile
1996, relativamente ai nastri radianti ed ai
moduli a tubi radianti alimentati da
combustibili gassosi
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La centrale termica: Dimensioni indicative


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Le centrali termiche: componenti funzionali


Le apparecchiature accessorie al funzionamento dei generatori di calore e presenti nella centrale termica
sono:
- Uno o più generatori di calore
- Elettropompe di circolazione
- Collettori di distribuzione alle utenze
- Vasi di espansione
- Scambiatori di calore
- Serbatoi accumulo acqua calda sanitaria
- Sistema regolazione automatica
- Organi controllo sicurezza a norma ISPESL
- Camini
- Linea adduzione carburanti (gas e gasolio)
- Serbatoi di stoccaggio per impianti a gasolio e GPL
- Quadro elettrico
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Le centrali termiche: componenti funzionali


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Le centrali termiche: componenti funzionali


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Le centrali termiche
La localizzazione classica della centrale termica è prevista:
- al piano cantinato,
- all’ultimo piano dell’edificio (piano di copertura)
- locali completamente separati dall’edificio stesso (soluzione più frequente nei grossi
impianti di ospedali, centri commerciali, impianti di quartiere ecc.)

Il d.m. 16/5/87 n° 246 “Norme di sicurezza


antincendi per gli edifici di civile abitazione”
fornisce le indicazioni precise riguardanti le
possibili ubicazioni delle centrali termiche in
funzione della tipologia dell’edificio e del tipo di
combustibile utilizzato.
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La localizzazione delle centrali termiche


La posizione della centrale termica è vincolata in parte dalla presenza “ingombrante” delle
canne fumarie verticali che possono essere interne o esterne all’edificio.

Posizione quanto più possibile baricentrica della centrale termica rispetto all’edificio allo
scopo di ridurre i tratti orizzontali delle tubazioni che collegano la centrale stessa alle varie
utenze.

È conveniente la collocazione che la vede prossima agli spazi previsti per il passaggio delle
tubazioni stesse (cavedi, cunicoli ecc.)

Dal punto di vista funzionale, dalla centrale si diramano le tubazioni (mandata e ritorno
dell’acqua calda) che collegano le varie utenze.

La localizzazione della centrale termica, dovrà tenere conto del tipo di combustibile
utilizzato e quindi del sistema di alimentazione (liquido da serbatoio e gassoso con
collegamento al contatore principale).
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La localizzazione delle centrali termiche

Per i complessi costituiti da più edifici o comunque da utenze di grande potenzialità la soluzione più
idonea è quella di posizionare la centrale termica all’esterno dell’edificio
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La localizzazione delle centrali termiche


Installazioni in locali esterni
La norma prescrive che i locali atti ad ospitare i macchinari siano ad uso esclusivo e realizzati in
materiali incombustibili.
Installazione in locali inseriti nella volumetria del fabbricato servito
Gli impianti termici possono essere installati in qualsiasi locale del fabbricato che abbia almeno una
parete, di lunghezza non inferiore al 15% del perimetro, confinante con spazio scoperto o strada
pubblica o privata scoperta o, nel caso di locali interrati, con intercapedine ad uso esclusivo, di sezione
orizzontale netta non inferiore a quella richiesta per l’aerazione, larga almeno 0,6 m ed attestata
superiormente su spazio scoperto o strada scoperta.
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I rendimenti di emissione e distribuzione


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Terminali di erogazione
Si definisce rendimento di emissione il rapporto tra l’energia richiesta per il riscaldamento
degli ambienti con un sistema di emissione in grado di fornire una temperatura ambiente con
uniformità ed uguale nei vari ambienti e l’energia richiesta per il riscaldamento degli stessi
ambienti con l’impianto di emissione reale.

Il rendimento di emissione negli impianti di riscaldamento ad acqua calda è determinato, oltre


che dalla scelta, dalla posizione dei terminali e dalla temperatura media di esercizio. Queste
scelte influenzano il campo di temperatura reale negli ambienti riscaldati, determinando un
aumento localizzato delle dispersioni (si pensi ad esempio alla temperatura sul retro di un
radiatore, che genera una differenza di temperatura localizzata molto elevata rispetto al resto
del locale).
Nel caso di sistemi ad aria il rendimento di emissione è determinato dal posizionamento delle
bocchette di immissione e di estrazione, nonché dalla diffusione dell’aria negli ambienti.

Norme di riferimento per la determinazione della potenza termica nominale e della potenza termica
nelle diverse condizioni di impiego, per alcuni dei terminali di emissione:
- UNI EN 442 per i radiatori e termoconvettori;
- UNI EN 14037 per le strisce radianti prefabbricate montate a soffitto;
- UNI EN 1264 per i sistemi ed i componenti di riscaldamento a pavimento;
- UNI EN 1397 per i ventilconvettori ad acqua.
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Terminali di erogazione

Il carico termico medio annuo, espresso in W/m3 è ottenuto dividendo il fabbisogno annuo di energia termica utile Qh espresso in Wh, per il tempo
convenzionale di esercizio dei terminali di emissione, espresso in ore, e per il volume lordo riscaldato del locale o della zona espresso in metri cubi.

 Wh 
Qh  2  S m 2
 
 m anno W 
u
 3
 h 
hr   V m 3
 
m 
 anno
r
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Terminali di erogazione

(*) Il rendimento indicato è riferito ad una temperatura di mandata dell'acqua di 85 °C. Per parete
riflettente, si incrementa il rendimento di 0,01. In presenza di parete esterna non isolata (U > 0,8
W/m2 K) si riduce il rendimento di 0,04. Per temperatura di mandata dell'acqua ≤65 °C si incrementa
il rendimento di 0,03.
(**) I consumi elettrici non sono considerati e devono essere calcolati separatamente.
(****) I dati forniti non tengono conto delle perdite di calore non recuperate dal pavimento verso il terreno;
queste perdite devono essere calcolate separatamente
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Terminali di erogazione

Tipologie di sistemi di emissione per locali con altezza


principalmenteMINORE di 4 m principalmente
convettivi radiativi
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Terminali di erogazione
Per ambienti riscaldati di altezza maggiore di 4 m, i rendimenti di emissione dipendono non
solo dal carico termico medio annuale, ma sono fortemente influenzati dalla tipologia e dalle
caratteristiche dei componenti, dalle modalità di installazione e dalle caratteristiche stesse
dell'edificio.
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Terminali di erogazione

Tipologie di sistemi di emissione per locali con altezza MAGGIORE di 4 m


principalmente radiativi
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Terminali di erogazione
Nel caso dell’aerotermo il ventilatore costituisce l’ausiliario del sistema di emissione, mentre la pompa di
circolazione del fluido termovettore è l’ausiliario del sistema di distribuzione.
Nel caso del generatore d’aria calda è opportuno assegnare la potenza elettrica ausiliaria del ventilatore al
sistema di emissione, mentre la potenza elettrica del bruciatore al sistema di generazione.

Per quanto riguarda il riscaldatore ad infrarosso,


la potenza elettrica dello stesso va assegnata al
sistema di emissione.

I nastri radianti infine, alimentati esternamente


con acqua o vapore caldo ottenuto da altro
sistema, vedono assegnare al sistema di
distribuzione l’eventuale presenza di un
circolatore.

Se si tratta invece di strisce radianti, che montano


un bruciatore e quindi riscaldano le tubazioni
direttamente con i fumi di combustione del gas,
la potenza elettrica necessaria al
funzionamento del bruciatore si associa al
sistema di generazione, se possibile.
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Sottosistema di distribuzione
Nel caso di impianti autonomi e impianti centralizzati con tipologie comuni di reti di
distribuzione, i valori del rendimento di distribuzione può essere ricavato da prospetti
semplificativi
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Sottosistema di distribuzione
Nel caso di impianti autonomi e impianti centralizzati con tipologie comuni di reti di
distribuzione, i valori del rendimento di distribuzione può essere ricavato da prospetti
semplificativi
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Sottosistema di distribuzione
Nel caso di impianti autonomi e impianti centralizzati con tipologie comuni di reti di
distribuzione, i valori del rendimento di distribuzione può essere ricavato da prospetti
semplificativi
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Sottosistema di distribuzione
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Sottosistema di distribuzione
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Sottosistema di distribuzione
I valori dei prospetti si riferiscono a distribuzione con temperatura variabile, con
temperature di mandata e ritorno di progetto di 80 °C/60 °C.

Per temperature di progetto differenti si applicano i coefficienti di correzione dei rendimenti


del prospetto seguente.

d corretto

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