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Trattamenti di Ozonolisi per la Riduzione della

Produzione dei Fanghi

Enrico Rolle, Agostina Chiavola, Geneve Farabegoli


Sapienza, Università degli Studi di Roma, Dipartimento di Idraulica, Trasporti e Strade

1. Introduzione

La normativa nazionale e comunitaria in materia di scarichi considera la combinazione dei


trattamenti meccanico e biologico delle acque reflue urbane, come minimale ai fini della
protezione dei corpi idrici. In particolare, nell’ambito dei trattamenti biologici, i processi a
fanghi attivi risultano fra i più diffusi ai fini della depurazione di reflui di origine sia
industriale che civile. Attraverso tali processi i contaminanti organici solubili o particolati,
inizialmente presenti, vengono convertiti in prodotti finali rappresentati da sostanze gassose
(come CO2, NH3, N2, ecc.), solubili (come sottoprodotti di degradazione) e sospese, ovvero la
biomassa o fango biologico. Ne consegue, quindi, che la produzione dei fanghi non risulta
casuale o motivata da una esigenza specifica, ma piuttosto è parte integrante della gestione
delle acque.
Negli ultimi 20 anni, sono stati fatti numerosi progressi nell’ambito della depurazione delle
acque reflue, ed in particolare nella gestione dei fanghi biologici. Tuttavia, attualmente i costi
per il trattamento dei fanghi rappresentano ancora una voce economica particolarmente
rilevante nell’ambito della gestione delle acque reflue, raggiungendo in taluni casi il 50%, e
talvolta anche il 60%, dei costi totali di trattamento delle acque. Relativamente allo
smaltimento finale dei fanghi, le soluzioni attualmente praticate (principalmente
confinamento in discarica controllata, ma anche incenerimento in impianti di
termodistruzione per rifiuti o cementifici, ed impiego in agricoltura) devono rispettare limiti
molto restrittivi imposti dalla normativa vigente in materia, o richiedono costi elevati.
Pertanto, la gestione dei fanghi di depurazione può essere considerata a ragione un problema
tutt’altro che risolto.
Un utile contributo alla risoluzione di tale problema è dato sicuramente dallo studio di
tecnologie di trattamento alternative che risultano più efficienti e meno costose, ma al
contempo anche dall’applicazione di quelle strategie che consentono la riduzione della
produzione di fango, ed in particolare di quello biologico, alcune delle quali già utilizzate con
successo in applicazioni impiantistiche reali.
Tali strategie possono essere raggruppate in due classi principali: quelle che operano per
disintegrazione e quelle finalizzate alla diminuzione del rendimento di crescita batterico.
Nell’ambito della prima classe, diverse esperienze sono state effettuate, principalmente in
scala pilota o di laboratorio, sull’impiego dell’ozono per la parziale ossidazione del fango
biologico prelevato dalla corrente di ricircolo dal sedimentatore secondario o direttamente
dalla vasca di ossidazione della linea acque o anche della linea fanghi. L’applicazione di tale
tecnologia ha consentito di ridurre la produzione di fango biologico in percentuali
significative (dal 30 al 70% in media), variabili in relazione alla condizioni operative
dell’impianto ed al dosaggio di ozono. Al contempo, sono stati riscontrati apprezzabili
miglioramenti nelle caratteristiche di sedimentabilità del fango, con particolare riferimento
alla riduzione del problema del bulking filamentoso e delle schiume biologiche. L’impiego
dell’ozonizzazione ha determinato, inoltre, un incremento della quantità di COD solubile
disponibile per la denitrificazione, se il fango trattato viene ricircolato alla vasca anossica.

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Alcuni problemi possono tuttavia verificarsi nel processo di nitrificazione, a seguito della
diminuzione del valore effettivo dell’età del fango. Inoltre si può avere un aumento della
concentrazione di sostanze organiche biorefrattarie e quindi del valore del COD nell’effluente
dall’impianto, come anche dell’azoto, a seguito del rilascio di questi elementi nel processo di
lisi cellulare.
Di seguito viene riportata una sintetica descrizione dei meccanismi alla base del
funzionamento dell’ozonizzazione nella riduzione dei fanghi biologici, ed illustrate alcune
esperienze condotte sul tema, evidenziando i principali parametri di interesse ed i risultati
ottenuti.

2. Descrizione del processo

La lisi della biomassa porta al rilascio dei costituenti intracellulari nel mezzo liquido
circostante, determinando la formazione del cosiddetto substrato autoctono, con conseguente
incremento del carico organico complessivo in ingresso all’impianto. Nel reattore biologico,
quindi, la crescita della biomassa avviene a spese di entrambi i substrati, influente ed
autoctono, ed è in tal caso definita criptica in quanto non è possibile distinguere i contributi
relativi a queste due tipologie di substrato.
Nel reattore biologico, insieme alla crescita, si ha l’ossidazione di una porzione della sostanza
organica carboniosa: se, in particolare, viene rimosso anche il substrato generato dalla lisi
delle cellule batteriche, allora si avrà una riduzione netta della produzione di fango biologico
rispetto alla configurazione tradizionale di un impianto a fanghi attivi (Wei et al., 2003).
Infatti, se si considera che la lisi di 1 kg di biomassa, come Solidi Sospesi Volatili (SSV),
porta al rilascio di circa 1.2 kg di COD, assumendo un rendimento di crescita nel sistema pari
a 0.3 kg SSV/kg COD rimosso, ne consegue che il COD proveniente dalla lisi determinerà
una produzione di biomassa pari a circa 0.36 kg SSV, ovvero ad una riduzione di circa il 64%
del fango in eccesso (Fabiyi et al., 2007).
Nel processo di lisi-crescita criptica, lo stadio cineticamente limitante è rappresentato dalla
lisi cellulare; pertanto, un incremento della velocità di tale stadio consente di aumentare
l’efficienza del processo nel suo complesso, e quindi di conseguire una maggiore percentuale
di riduzione della produzione di fango. Diversi metodi sono stati proposti per ottenere la lisi o
disintegrazione del fango biologico.
In particolare, alla fine degli anni 1990 alcuni studiosi (Yasui e Shibata, 1994; Yasui et al.,
1996; Sakai et al., 1997) proposero un processo innovativo per favorire la riduzione della
produzione di fango biologico di supero negli impianti a fanghi attivi. Tale processo consiste
nell’ozonizzazione di una aliquota della corrente di fango di ricircolo, seguita dal
trasferimento del fango ozonizzato al reattore biologico dell’impianto di depurazione.
L’ozono viene in contatto in un reattore esterno con le cellule batteriche, penetra al loro
interno ed ossida i costituenti cellulari determinandone il rilascio verso l’esterno.
L’applicazione dell’ozono ha come effetto sia la solubilizzazione (per disintegrazione dei
solidi sospesi) che la mineralizzazione (per ossidazione della sostanza organica solubile); il
successivo ricircolo del fango trattato alla vasca di aerazione induce in tale comparto la
crescita criptica, e quindi una riduzione complessiva della produzione di fango biologico. I
ricercatori applicarono il processo di ozonizzazione in continuo ad impianti in scala reale
alimentati con reflui di origine civile ed industriale. Al dosaggio ottimale di ozono, fu
possibile evitare lo spurgo dei fanghi, senza osservare alcun accumulo di solidi inorganici nel
reattore. I costi operativi risultarono, inoltre, inferiori a quelli del processo convenzionale,
comprensivo delle fasi di disidratazione e smaltimento finale del fango. In uno studio

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successivo (Kamiya e Hirotsuji, 1998), il processo di ozonizzazione fu applicato con modalità
discontinue in scala di laboratorio su un refluo sintetico (ovvero ricostruito in modo da
simulare la composizione di un refluo reale). Il trattamento consentì di ridurre la produzione
di fango del 50%, con un consumo di ozono pari al 30% rispetto a quello necessario per
un’applicazione in continuo. Al contempo, furono osservati miglioramenti apprezzabili nelle
caratteristiche di disidratabilità del fango. Esperienze successive dimostrarono le migliori
prestazioni conseguenti l’applicazione intermittente dell’ozonizzazione.
I diversi studi condotti hanno confermato l’efficacia dell’ozono ai fini della riduzione della
produzione di fango biologico, sebbene per dosaggi ottimali piuttosto diversificati. Tale
variabilità è da correlare alle caratteristiche specifiche dell’impianto di depurazione e del
fango trattato, ed alle condizioni operative adottate. Ad esempio, nella ricerca condotta da
Boyler e Siegriest (2004), l’efficienza di riduzione conseguita era pari al 46%, mentre
Dytczak et al. (2007) riportarono che la produzione di fango di supero diminuiva solo del
6,3% nel processo aerobico, e del 14,7% nel processo combinato anossico/aerobico.
E’ evidente quindi come nella valutazione complessiva dell’applicabilità di ozonizzazione ad
un impianto di depurazione vadano considerati i costi del trattamento in corrispondenza del
dosaggio ottimale di ossidante; questi vanno poi confrontati con i costi sostenuti per la
gestione e lo smaltimento dei fanghi così da determinare l’eventuale convenienza rispetto ad
una configurazione tradizionale, priva di ozonizzazione. Parimenti, devono essere considerati
attentamente gli effetti, non sempre positivi, che il processo di ossidazione può avere sulle
prestazioni più generali dell’impianto di depurazione ed in particolare sulla qualità finale
dell’effluente, come anche sulle caratteristiche del fango trattato in termini di digeribilità e
disidratabilità.
Di seguito tali aspetti vengono descritti con maggiore dettaglio, unitamente alla valutazione
dei principali parametri operativi.

3. Effetto dei principali parametri operativi

Wang et al. (2006) studiarono le variazioni di composizione della miscela aerata durante
l’ozonizzazione. Dai risultati conseguiti emerge che l’incremento della concentrazione
iniziale di fango accelera la velocità di lisi cellulare, e quindi migliora l’efficienza di
utilizzazione dell’ozono, consentendo un risparmio dei costi relativi all’impianto di
ozonizzazione. Inoltre, l’effetto di riduzione della quantità di fango nel tempo diminuisce
progressivamente all’aumentare della durata del trattamento, ad indicare una selettività
dell’azione ossidativa dell’ozono, che mostra maggiore affinità verso le frazioni più
facilmente decomponibili. La variazione del rapporto fra Solidi Sospesi Totali e Volatili nella
miscela aerata (rispettivamente MLSS e MLSSV) diminuisce nel tempo a seguito soprattutto
della riduzione di concentrazione degli MLSSV, sebbene si osservi un parziale effetto
dell’ozono anche sulla frazione inorganica.
Per quanto riguarda la sostanza carboniosa, la variazione di concentrazione di COD nella
miscela aerata dipende dalla combinazione degli effetti di solubilizzazione (che comporta la
disintegrazione delle cellule batteriche ed il rilascio di COD in fase liquida) e di
mineralizzazione (che determina il consumo di COD) dovuti all’ozonizzazione. In generale, i
risultati mostrano un aumento continuo del COD durante l’ozonizzazione fino a condizioni di
stabilità, con velocità di rilascio comunque maggiore all’inizio del processo. Questo indica
che l’ozono viene consumato per la solubilizzazione prevalentemente nella fase iniziale del
processo, mentre nella successiva prevale l’impiego per la mineralizzazione. Tale
osservazione può essere utilmente applicata ai fini della valutazione delle condizioni ottimali

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di utilizzo dell’ozono: maggiore è il contenuto di sostanza organica rilasciata, più elevato sarà
il consumo di ozono per la sua ossidazione. In alcuni casi è stato osservato un modesto
incremento del contenuto di Sostanza Organica Totale (TOC) e di SST nell’effluente finale
dell’impianto.
Insieme al rilascio di sostanza carboniosa in fase liquida, l’ozonizzazione determina al
contempo anche la modifica del contenuto di azoto e fosforo, così come la distribuzione
relativa dei nutrienti nelle diverse forme in cui essi possono essere presenti (azoto organico,
ammoniacale, nitrico, nitroso, fosforo organico, fosforo inorganico, ecc.). E’ necessario,
quindi, valutare attentamente la variazione di concentrazione di tali macronutrienti durante il
processo di ozonizzazione, per evitare il deterioramento della qualità dell’effluente finale
della depurazione.
In generale, durante l’applicazione dell’ozono il contenuto di azoto ammoniacale nella fase
liquida mostra un aumento iniziale, per poi diminuire successivamente. Infatti, nella fase
iniziale della reazione parte del materiale azotato intracellulare viene solubilizzato, passando
nella fase liquida. Sebbene l’ozonizzazione sia in grado di ossidare l’ammoniaca rilasciata in
nitrati, tuttavia inizialmente la velocità di ossidazione risulta inferiore a quella di rilascio e,
pertanto, l’ammoniaca si accumula nel sistema. Successivamente, la velocità di questi due
processi si inverte e diviene prevalente il processo di trasformazione in nitrati, e di
conseguenza la concentrazione di ammoniaca si riduce progressivamente. Maggiore è la
concentrazione iniziale di MLSS, più elevata sarà la quantità di ammoniaca rilasciata durante
l’ozonizzazione come anche la permanenza del suo picco di concentrazione in fase liquida. Il
comportamento del fosforo solubilizzato nella lisi cellulare è molto simile a quello osservato
per l’azoto.
Il ricircolo del fango ozonizzato nel reattore principale può modificare l’efficienza dei
processi di rimozione biologica del carbonio, azoto e fosforo. In particolare, è stato osservato
un miglioramento delle cinetiche di denitrificazione, in quanto il ricircolo del fango
ozonizzato nel reattore anossico rende disponibile una fonte supplementare di carbonio
organico biodegradabile. Per quanto riguarda la nitrificazione, si possono invece riscontrare
effetti negativi nei reattori aerobici in quanto l’ozonizzazione può portare alla eliminazione
diretta dei batteri autotrofi nitrificanti, inoltre, si può instaurare una competizione fra questi e
gli eterotrofi che vengono favoriti dal rifornimento supplementare di COD attraverso il
ricircolo del fango ozonizzato. Negli impianti anossici/aerobici, tali impatti negativi sono
comunque attenuati: in particolare, la diminuzione del fango a seguito dell’ozonizzazione
porta ad un incremento apparente del valore dell’età del fango (sludge retention time, SRT)
dell’impianto, se la concentrazione di MLSS nel reattore si mantien pressoché costante.
Pertanto, sembra che la perdita di nitrificanti venga in parte compensata da questo apparente
aumento dell’SRT. Inoltre, gli eterotrofi, la cui crescita viene favorita dalla maggiore
disponibilità di COD, schermano in parte le cellule dei nitrificanti nei confronti dell’effetto
dell’ozono.
Insieme agli effetti sopra esposti, l’ozonizzazione può influenzare anche le caratteristiche di
sedimentabilità e di disidratabilità del fango. In particolare, in condizioni ottimali, la
disintegrazione delle cellule porta alla formazione di fiocchi di dimensioni inferiori, alla
scomparsa dei filamenti ed alla stabilizzazione delle cariche superficiali. Inoltre, il rilascio del
materiale polimerico in soluzione determina un aumento del contenuto dei polimeri
esocellulari (extracellular polymer substances, EPS) sia solubili che totali. L’incremento
apparente del valore del fattore di carico organico o rapporto F/M, favorisce la produzione di
EPS, ed in particolare degli EPS legati nel successivo reattore biologico, con un
miglioramento delle caratteristiche di stabilità strutturale e resistenza dei fiocchi e quindi della
capacità di flocculazione e di sedimentabilità dei fanghi, confermate anche dalla diminuzione
del valore dello Sludge Volume Index (SVI). Se, però, l’effetto di disintegrazione risulta

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eccessivo, allora si formano fiocchi dispersi, non sedimentabili, e si ha un deterioramento
della qualità dell’effluente finale come anche delle caratteristiche di disidratabilità del fango.
Dytczak et al. (2005 e 2006) nei loro studi condotti su reattori sequenziali discontinui aerobici
ed anossici/aerobici (dosaggi di 0.016-0.080 mg O3/mg SST di fango iniziale), osservarono
una riduzione della quantità di fango biologico direttamente proporzionale al dosaggio di
ozono applicato, con un effetto più pronunciato nei reattori operati in condizioni alternate
anossiche/aerobiche. Conseguentemente, in tali reattori risultava anche maggiore la quantità
di COD solubilizzato, ed il relativo incremento apparente del valore del fattore di carico
organico (F/M). Tali risultati furono correlati alla composizione microscopica del fango:
infatti, nel reattore aerobico il contenuto iniziale di EPS legati rispetto al totale risultava
maggiore che nel reattore anossico/aerobico, indicando quindi una struttura più resistente dei
fiocchi presenti nel primo reattore. L’applicazione dell’ozonizzazione determinava un
miglioramento delle caratteristiche di sedimentabilità dei fanghi, che risultava più evidente
nel reattore operato in condizioni alternate anossiche/aerobiche; anche per quanto riguarda la
disidratabilità, tale configurazione mostrava caratteristiche superiori.
Di particolare importanza ai fini della verifica dell’applicabilità del processo di ozonizzazione
risulta la definizione delle condizioni operative ottimali, in termini di: dosaggio di ozono,
frequenza di ozonizzazione, portata di fango da ozonizzare giornalmente. La selezione dei
valori ottimali di tali parametri va condotta in relazione all’efficienza del processo. Allo scopo
sono state proposte diverse grandezze. Ad esempio, Wang et al. (2006) applicarono il tasso di
utilizzazione dell’ozono, U, pari al rapporto: (concentrazione di O3 in ingresso –
concentrazione di O3 in uscita)/(concentrazione di O3 in ingresso).
Un altro parametro impiegato da diversi autori è il tasso di ozonizzazione, SO (kg SS
ozonizzati al giorno), che fornisce un’indicazione sulla portata di fango da ricircolare nel
reattore di ozonizzazione. Secondo Yasui e Shibata (1994), SO dovrebbe essere almeno pari a
3 volte quella del reattore di controllo, privo dell’ozonizzazione, al fine di giungere ad una
produzione nulla di fango di spurgo. In realtà, non sembra conveniente adottare un valore
unico e costante di tale parametro, ma piuttosto sarebbe preferibile adattarlo in relazione al
valore del carico organico in ingresso all’impianto come anche della temperatura. Infatti, se è
vero che un dosaggio elevato di ozono induce una maggiore riduzione della produzione di
fango, in taluni casi eventuali sovradosaggi potrebbero determinare concentrazioni residue di
ozono inibenti l’attività batterica nel reattore biologico, oltre che comportare costi operativi
molto elevati. Pertanto, è necessario determinare il valore di SO in relazione alla produzione
teorica di fango che si avrebbe nel reattore di controllo in assenza di ozonizzazione, SP, che
dipende a sua volta dal carico organico influente all’impianto. In particolare, secondo Lee et
al. (2005), ponendo SP pari a:
SP = Q in × ( S 0 − S e ) × Y obs
ove Qin rappresenta la portata influente, S0 e Se le concentrazioni di COD rispettivamente
nell’influente e nell’effluente, e Yobs il rendimento di crescita osservato della biomassa, è
possibile determinare il valore di SO a mezzo della seguente relazione:
SO = SP × n
ove n indica la frequenza di ozonizzazione. Pertanto, fissando SO oppure n, è possibile
determinare corrispondentemente il valore dell’altro parametro, e quindi le condizioni di
ozonizzazione necessarie per conseguire una prefissata riduzione percentuale della produzione
di fango di supero. Nel caso specifico, i valori ottimali di n determinati sperimentalmente
erano compresi fra 2.5 e 2.7 per una temperatura operativa di circa 15 °C, ma raddoppiavano
a 10 °C a causa della ridotta biodegradabilità del substrato alle temperature inferiori.
L’efficienza dell’ozonizzazione è anche direttamente correlata alla quantità di fango che è
necessario sottoporre a disintegrazione per ottenere apprezzabili riduzioni della produzione di

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fango. Tale fattore è stato rappresentato a mezzo del numero di disintegrazione del fango
(sludge disintegration number, SDN) che indica il rapporto la quantità di fango sottoposta a
trattamento e la quantità di fango effettivamente ridotta. In letteratura si riportano valori di
SDN variabili in un ampio intervallo: da 3 fino a circa 10 o anche maggiori, in relazione al
contenuto di solidi sospesi presenti nel reattore biologico. Vengono poi indicati con α
l’efficienza di solubilizzazione dei SST nel reattore di disintegrazione, ovvero il rapporto
(concentrazione iniziale di SST - concentrazione finale di SST)/(concentrazione iniziale di
SST), e con β l’efficienza di conversione della sostanza particolata non biodegradabile in
substrato biodegradabile nel reattore di disintegrazione. Tali parametri sono stati applicati
con successo da Yoon e Lee (2005) nella modellazione matematica di un processo biologico
anossico/aerobico combinato con la disintegrazione del fango, per valutare le relazioni
intercorrenti fra i diversi fattori di controllo del sistema complessivo.

4. Conclusioni generali
Uno studio del 2007 dell’International Water Association (IWA) (Ginestet, 2007) analizza e
pone a confronto le diverse alternative disponibili per la riduzione della produzione dei fanghi
biologici, ed in particolare le tecnologie di tipo: fisico (termiche, meccaniche ed elettriche),
chimico (metabolismo disaccoppiato ed utilizzo di ossidanti), e biologico (metabolismo
disaccoppiato, predazione e digestione anaerobica). Lo studio considera i fenomeni alla base
di tali tecnologie, ed i relativi costi di investimento ed operativi.
Dopo un’attenta ed approfondita indagine su tali aspetti, nella parte conclusiva dello studio si
afferma che, fra le diverse alternative considerate, sebbene tutte risultino più vantaggiose dal
punto di vista economico rispetto al tradizionale sistema di trattamento e smaltimento diretto
del fango biologico, comunque non si può ritenere che esista una tecnologia “ideale” e quindi
preferibile rispetto alle altre in termini di efficienza di riduzione e di costi associati.
L’ozonizzazione ed il trattamento anaerobico sembrano, però, offrire maggiori potenzialità
applicative, la prima consentendo di raggiungere una elevata riduzione dei fanghi a costi più
contenuti, mentre la seconda risultando più interessante qualora sia richiesta una diminuzione
modesta della produzione (< 25%).
Allo stato attuale delle conoscenze, stante il fatto accertato che attraverso l’ozonizzazione è
possibile conseguire la riduzione dei fanghi biologici, rimane la necessità di definire le
condizioni ottimali del processo al fine di massimizzare il risultato conseguito, a fronte di
costi complessivi contenuti.
In particolare, è indispensabile effettuare ulteriori studi e ricerche soprattutto alla scala reale,
per valutare l’applicabilità di tale tecnologia nel caso di alimentazione con refluo reale (e non
come fatto spesso sino ad ora con refluo sintetico), e di diversa provenienza (civile ed
industriale) e quindi composizione, per determinare gli effetti del trattamento di ossidazione
sia ai fini della riduzione della produzione di fango biologico che delle prestazioni più
generali dell’impianto di depurazione, nonché dei relativi costi di investimento ed operativi.
E’, inoltre, necessario comprendere meglio le variazioni indotte sulle caratteristiche del fango
durante il processo di ozonizzazione, per definire i meccanismi che sono alla base del
processo di riduzione.
L’obiettivo finale dovrebbe essere quello di individuare una serie di parametri chiave sulla
base dei quali valutare le potenzialità tecnico-economiche dell’ozonizzazione in relazione alle
caratteristiche specifiche dell’impianto nel quale si intende adottare tale tecnologia,
valutandone le prestazioni anche in confronto a tecnologie alternative di minimizzazione dei
fanghi.

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