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La relazione in psicoanalisi:

significati e ricadute cliniche*

Francesca Piazzalunga
Psicologa, Psicoanalista SIPRe

*Presentazione per l'evento webinar dell'Ordine degli Psicologi della Lombardia


Casa della Psicologia Milano
Giugno 2016
La relazione in psicoanalisi: significati e
ricadute cliniche

Alcune domande che ci guideranno:

1. Quale è la scena su cui ci inserisce la


svolta relazionale?

2. In che cosa consistono gli


orientamenti relazionali?

3. Il contributo della Psicoanalisi della


Relazione?
La relazione in psicoanalisi: significati e
ricadute cliniche

L'accostamento tra relazione e psicoanalisi si fa strada:

• in America verso la fine degli anni '80 con Stephen Mitchell e


altri autori (Relational Track)

• contemporaneamente e in modo autonomo verso la fine degli


anni '70 in Italia con quello che sarà il pensiero della
Psicoanalisi della Relazione;

• in Germania (con T. Bauriedl).


Quale è la scena su cui si inserisce la "svolta"
relazionale?

• Negli anni '50 e '60 la scena psicoanalitica americana é segnata


dalla psicologia dell'Io (es. Anna Freud; Hartmann;
Rapaport). Pone come focus della propria ricerca le
vicissitudini pulsionali e l'adattamento.

• Nel corso degli anni ’70 il paradigma dominante inizia a


frammentarsi.

• Gli anni ’80 confermano il declino della psicologia dell’Io


come paradigma di riferimento per il pensiero psicoanalitico.
Quale è la scena su cui si inserisce la "svolta"
relazionale?

• Un'alternativa ricca e ampia alla visione psicoanalitica classica


é la corrente della psicoanalisi interpersonale culturalista che
fa capo al William Alanson White Institute.

Ps. interpersonale
Relational
Psicologia dell’Io Psicologia del Sé
1988
Anni ’50 Anni ’70 Anni ’80

AMERICA
In questo panorama fa la
sua comparsa quella che
sarebbe stata la
psicoanalisi relazionale

Quale è la svolta relazione?


In contrasto con i modelli strutturali in
cui le pulsioni occupano una posizione
centrale a spiegazione della vita
psicologica, la teoria relazionale
stabilisce che "le relazioni con gli altri
costituiscono gli elementi strutturanti
fondamentali per la costruzione della
vita mentale (Greenberg e Mitchell,
1983)
Da dove nascono gli orientamenti
relazionali?
Il "modello relazionale" nasce dall'integrazione di prospettive diverse,
in particolare:

A. dalla tradizione interpersonale

B. dalla scuola inglese delle relazioni oggettuali

Queste due influenze sono così importanti da far dire a Mitchell che la stessa parola
relazionale è stata espressamente scelta per mettere in evidenza il collegamento tra le relazioni
interpersonali e le relazioni oggettuali interne.

C. dalla psicologia del Sé

COSA HANNO IN COMUNE QUESTI ORIENTAMENTI?


Quale è il vantaggio di mettere
insieme queste prospettive?

• Il movimento relazionale coglie il tema trasversale a queste


prospettive: la relazione reale, immaginaria, interna o
esterna, si pone come una valida alternativa alla psicoanalisi
classica e alla centralità della pulsione.

• Ha permesso ad analisti di scuole diverse di rintracciare le


comunanze.

COSA SOSTENGONO QUESTI ORIENTAMENTI?


1. La psicoanalisi interpersonale

• Si richiama alla psichiatria interpersonale di Sullivan e alla


psicoanalisi europea di Fromm (importanza della cultura e
della società).

• Respinge il modello freudiano di sviluppo libidico: il modello


di sviluppo é basato sull'evoluzione della capacità relazionale.

• Sullivan: fenomeno dell'angoscia (non come vicissitudine


pulsionale, ma come aspetto relazionale).

• Osservatore partecipe
2. Le relazioni oggettuali britanniche

• Introducono in psicoanalisi il concetto di relazione (le pulsioni


emergono nel contesto di una relazione e non possono essere
separate da questa).

• Hanno spostato il pendolo sull’inter-psichico (ma l’inter-psichico


ridiventa intra-psichico ad es. il bambino che interiorizza quello
che si rappresenta dell’oggetto).

• L’altro in questa prospettiva è l’oggetto e diviene fattore


eziopatogenetico (teoria del deficit evolutivo)

• Molteplici contributi (es. Middle Group): l'importanza di Fairbairn


3. La psicologia del Sé

• Fondata negli anni ’70 da H. Kohut, occupa un posto di


rilievo nel pensiero di Mitchell.

• Secondo Kohut il Sè si sviluppa a partire da alcune relazioni


chiave (che definisce di oggetto-sé). Nel corso dello sviluppo
le relazioni esterne aiutano a mantenere la coesione del Sé.
Prospettiva dell'arresto evolutivo.
E le differenze?

• L’analista chi è? Sia l’approccio interpersonale, sia le


relazioni oggettuali, sia la psicologia del Sé privano l’analista
della sua soggettività relegandolo al ruolo di madre non
intrusiva (Winnicott, 1945) oppure oggetto che soddisfa un
bisogno (Kohut, 1977).

In altre parole si corre


il rischio di sostituire
la metafora dello
schermo bianco con
quella del
contenitore vuoto
La soggettività dell'analista

Per la psicoanalisi Per l'approccio delle


interpersonale l'analista è relazioni oggettuali
un investigatore alla ricerca l'analista ha un ruolo
della veridicità delle ma sempre in termini
comunicazione del paziente di “oggetto” del
paziente
La psicologia del Sè
minimizza il contributo
soggettivo dell'analista: il Negli orientamenti
relazionali l'analista
focus é sul paziente e
esiste come soggetto
l'analista deve cercare di
all’interno della relazione
fornire interpretazioni corrette
analitica!
sulla base dell'empatia
La prospettiva relazionale

• Gli orientamenti relazionali nascono come movimento


integrativo per diventare una realtà ombrello che ospita
diverse correnti psicoanalitiche che sviluppano una
sensibilità clinica orientata alla descrizione e alla
valorizzazione della relazione terapeutica.

• Questo ha portato a ridefinire e coniare concetti capaci di


descrivere gli scambi tra paziente e terapeuta: es. mutualità,
self-disclosure, enactment, soggettività dell'analista.
La prospettiva relazionale

Da ricordare l'influenza dei principali movimenti culturali e


sociali che si sono sviluppati a partire dagli anni '70.

• Femminismo

• Post-modernismo

• Costruttivismo
Monopersonale vs. Bipersonale

Psicologia monopersonale: Psicologia bipersonale:

• la teoria classica (Freud) • la teoria relazionale

• la psicologia dell’Io

• la psicologia del Sè

Cosa si intende per monopersonale e bipersonale?


In che senso la teoria relazionale è bipersonale e la
teoria classica è monopersonale?
Monopersonale vs. Bipersonale

Nella teoria classica è esplicita una visione che considera l’essere umano un sistema
biologico chiuso (apparato) che cerca di scaricare l’energia per mantenere l’omeostasi.

Oggetto di studio è l’individuo e tutto ciò che è interpersonale deve essere riportato alle
vicissitudine delle pulsioni e della difesa (all’intrapsichico).

La metapsicologia freudiana istituisce la mente individuale come oggetto


dell’indagine psicoanalitica e questo la configura come una psicologia monopersonale.

Le nozioni cliniche fondamentali sono concettualizzate come eventi


intrapsichici:

es. transfert: non nasce dalla relazione tra due persone, ma è un processo che
avviene nella mente del solo paziente e ha per oggetto la figura dell’analista.
Monopersonale vs. Bipersonale

La psicologia del Sè rappresenta l’esempio di una teoria “relazionale”


che è nata come psicologia monopersonale e che per alcuni teorici
rimane una psicologia monopersonale:

• da un lato pone l’accento sul bisogno che l’analista dia risposte adeguate e
sia empatico, ma dall'altro pone il Sè in una posizione sovraordinata

• la specificità dell’analista è irrilevante al processo di analisi: l’analista si


limita ad essere un oggetto-Sè che si concentra su ciò di cui il paziente - come
soggetto - ha bisogno (analista come oggetto).
Monopersonale vs. Bipersonale

I presupposti delle psicologie


monopersonali richiedono che nella
stanza di analisi l’unica psicologia
davvero importante sia quella del
paziente.

E la soggettività dell’analista?

deve essere tenuta fuori!


Monopersonale vs. Bipersonale

Nella teoria relazionale troviamo un modello di mente come sistema


aperto, sempre in interazione con gli altri.

Questo modello si riflette nel modo di leggere la relazione analitica.

• Nel modello relazionale o bipersonale la relaziona analitica riceve sempre


i contributi mutui di ambedue i soggetti: l’analista non è immune alla
relazione!

es. associazioni: non nascono solo all’interno del paziente, sono anche dei modi di
rispondere all’interazione analitica.

Non stiamo dicendo - scrive Aron (1996) - che gli analisti classici siano ignari del fattore
interpersonale, stiamo affermando che la loro teoria minimizza il fattore interpersonale per poter
mettere in luce il fattore intrapsichico.
Tre periodi nello sviluppo
della svolta relazionale:
1. Tra le fine degli anni ’70 e l’inizio degli anni ’90:

Il termine relazionale sta a indicare quel radicale


cambiamento avvenuto nel campo della psicoanalisi e che
rappresenta la messa in discussione del modello pulsionale
classico.

Sono le relazioni ad essere centrali (relazioni interpersonali;


relazioni oggettuali interne).
Quali eventi hanno rappresentato un punto di svolta?
Tre periodi nella diffusione della svolta
relazionale:
2. Dagli inizi degli anni ’90 agli inizi del 2000:

1991 nasce Psychoanalytic Dialogues, rivista fortemente voluta


da Mitchell per dare voce alle neonate prospettive relazionali

Il termine relazionale viene usato in senso più stretto. Diverse


voci teoriche: Mitchell, Aron, Benjamin, Ghent, Bromberg etc...
Tre periodi nella diffusione della svolta
relazionale:
3. Dal 2000 in poi:

A New York nasce l'International Association for Relational


Psychoanalysis and Psychotherapy (IARPP)

L’istituzionalizzazione dei movimenti relazionali crea un


contenitore più ampio per gli analisti relazionali e definisce una
identità teorica e culturale della psicoanalisi relazionale.
La Psicoanalisi della Relazione

"Trent'anni fa, in psicoanalisi,


interazione era parola sporca;
intersoggettività parola assente.
Soggettività aveva senso oscuro e
teoria della soggettività senso
improbabile [...]. Sapevamo che il
connubio tra psicoanalisi e relazione
era come l'acqua con l'olio".

Minolli (2009) Psicoanalisi della


Relazione
Le prime tappe della Psicoanalisi della
Relazione
1976
Un gruppo di psicoanalisti inizia un lavoro di ricerca sul tema della relazione in
psicoanalisi in un periodo in cui associare relazione a psicoanalisi era scandaloso.

1978
Inizia a Roma la sua attività l’Istituto di formazione in Psicoanalisi della Relazione.

1985

SIPRe (Società italiana di Psicoanalisi della Relazione).

1988
Inizia la sua attività l’Istituto di Milano.
La Psicoanalisi della Relazione

Mette al centro la relazione come interazione cioè relazione


è sempre e solo questione di inter-azione tra i soggetti
coinvolti

cerca di mettere a fuoco una visione dell’essere umano


come soggetto unitario
La Psicoanalisi della Relazione:
il soggetto
Le caratteristiche del Soggetto:

1) il soggetto è uno
Io ho mal di stomaco. "Mal di stomaco" non è separato da io, mal di stomaco è io (é un esempio per riflettere
sull’unitarietà). Non c’è corpo e mente. Il soggetto è uno e non lo è perché ci riflettiamo o lo facciamo diventare
uno.

2) il soggetto è uno con più parti


Il soggetto è la sua organizzazione. Le parti non sono separate. Sono espressione dell’organizzazione che il
soggetto si è dato e come tali vanno lette (es. la lettura del trauma impatta sull’organizzazione e può influire
sull’organizzazione, come impatta è a carico dell’organizzazione. Non è l’evento che deve essere oggetto di studio,
è l’organizzazione).

3) il soggetto è in rapporto con l’esterno

E’ il modo che abbiamo per dire che il soggetto è auto ed eco organizzato e lo fa all’occasione del rapporto con
l’esterno (abbiamo bisogno di due parole, ma è la stessa cosa) vd. Oyama L’occhio dell’evoluzione
La Psicoanalisi della Relazione

Nodo teorico che differenzia la relational americana dalla


psicoanalisi della relazione:

L'unitarietà del soggetto vs.


la visione pluralista del soggetto

Il rischio è che la relational americana non si sia liberata


completamente dell’eredità dei teorici delle relazioni oggettuali
(questa influenza si vede ad esempio nella visione dello
sviluppo come dipendente dal contesto) e dell’eredità della
prospettiva interpersonale (l’ambiente è primario).
La Psicoanalisi della Relazione

Il soggetto è uno pur sapendosi esprimere in modi diversi in virtù della


sua auto-eco organizzazione.

Esiste una molteplicità

Non è il Sé ad essere molteplice

Quello che ci accade non può dipendere dal contesto (non può essere
spiegato con i dati esterni) altrimenti il soggetto non sarebbe attivo e
sarebbe definito dalle sue relazioni.
La Psicoanalisi della Relazione

Che cos’è la patologia? Che cos’è la sofferenza?

Il paziente attraverso il sintomo (depressione, ansia, delirio) esprime se stesso e


attraverso il sintomo traduce per come può ed è in grado di fare la propria sofferenza.

• cogliere il senso del sintomo: diagnosi funzionale (ipotesi sulla


funzionalità dell’insieme dei principi organizzativi del soggetto sia sul
versante della personalità sia su quello dello sintomatologia)

es. quale significato può avere la comparsa di una determinata


sintomatologia in un determinato momento della vita del paziente? Che
funzionalità può avere un insieme di specifiche caratteristiche di
personalità (es. paranoide, ossessivo) nell’equilibrio soggettivo del
paziente?
Bibliografia

• Aron L. (1966), Menti che si incontrano trad. it. Raffaello Cortina, Milano,
2004.
• Greenberg J., Mitchell J. (1983),  Le relazioni oggettuali nella teoria
psicoanalitica trad. it., Il Mulino, Bologna, 1986.
• Kohut H. (1977), La guarigione del Sé trad. it. Bollati Boringhieri, Torino,
1976.
• Lingiardi V., Dazzi N. (2011), Il movimento relazionale: ascendenze
teoriche e fecondazioni culturali in La svolta relazionale, Raffaello Cortina,
Milano.
• Minolli M. (2009), Psicoanalisi della relazione, Franco Angeli, Milano.
• Mitchell J. (1988), Gli orientamenti relazionali in psicoanalisi trad. it. Bollati
Boringhieri, Torino, 1993.
• Oyama S. (1998), L'occhio dell'evoluzione trad. it. Giovanni Fioriti, Roma,
2004.
• Winnicott D. (1945), Lo sviluppo emozionale primario trad. it. in Dalla
pediatria alla psicoanalisi, Martinelli, Firenze, 1975.

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