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studi e analisi finanziarie

LE BOLLE SPECULATIVE
Le bolle speculative nei mercati, non solo finanziari, sono caratterizzate da una
fase di forte aumento dei prezzi (almeno il 100%) senza che i fondamentali
economico-finanziari sottostanti abbiano avuto un tale miglioramento.
Successivamente si assiste, in genere, ad una brusca correzione al ribasso che
può nei casi sfavorevoli riportare i prezzi al valore di partenza, se non
addirittura su valori inferiori.
Gli esempi nella storia sono moltissimi, e possiamo ricordarne alcuni:
la mania dei tulipani in Olanda nel XVII secolo, il crack borsistico del 1929,
l’uscita della lira dal sistema monetario nel 1992, il crollo dei mercati azionari
asiatici nel 1998 e tanti altri…
Si rimanda al bellissimo libro di Kindleberger, Storia delle crisi finanziarie,
Laterza (1991) per un’analisi dettagliata sia dei modelli, ma soprattutto dei
fenomeni speculativi più conosciuti negli ultimi secoli. I testi a disposizione
sulle manie speculative degli ultimi secoli sono ormai molto numerosi ad
evidenziare che il fenomeno è oggetto di attenzione da parte dei lettori e degli
investitori.
In questa sede ci interessa evidenziare quali siano i fattori comuni che
caratterizzano le bolle speculative, per cercare di capire se i mercati nei quali
operiamo siano oggetto di acquisti e/o vendite basate su fattori irrazionali e,
quindi, estremamente rischiosi. Infatti, con le bolle speculative, si possono sia
guadagnare sia perdere molti soldi.
Di solito le bolle speculative iniziano per un valido motivo economico che fa sì
che i prezzi aumentino in modo graduale; con il passare del tempo si aggiunge
una componente speculativa basata sul fatto che gli investitori acquistano
esclusivamente basandosi sull’aspettativa che il prezzo aumenterà, senza
preoccuparsi di quali siano i fondamentali economici.
Nella fase dell’euforia, spesso gli intermediari facilitano l’accesso al credito
rendendo possibili speculazioni per importi superiori al capitale a disposizione
(ad esempio è possibile assumere posizioni per una valore di 100, anche se il
nostro capitale è solo 30). Così facendo si utilizza la leva finanziaria (si veda la
scheda al riguardo), che amplifica l’effetto delle oscillazioni dei prezzi sul
capitale investito: quando i corsi sono favorevoli si guadagna molto, quando i
prezzi calano le perdite sono consistenti.
Ad un determinato istante, gli operatori percepiscono che la situazione è
insostenibile e che i prezzi non potranno continuare a crescere all’infinito con
questa forza; il cambiamento di direzione è spesso molto intenso anche se
prima di assistere al crollo si verificano un po’ di rimbalzi (tecnici) al rialzo,
dovuti a coloro che entrano all’ultimo momento oppure agenti che

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intervengono per mediare le posizioni al ribasso oppure perché credono che si


tratti solo di una fase di assestamento nella tendenza al rialzo.
Il punto centrale da osservare e da comprendere è:
“le ragioni economiche che hanno fatto iniziare il ciclo non esistono più!”
L’analisi spetta, comunque, al singolo investitore, e ciascuno può avere
aspettative diverse rispetto alla durata della crescita del mercato azionario,
immobiliare, obbligazionario…
Bisogna essere consci del fatto che sarà difficile capire quando si verificherà il
punto di svolta in quanto i prezzi nei mercati sono generati dalla combinazione
di motivazioni economiche e di comportamenti irrazionali. Queste due
componenti assumono, nel tempo, un’importanza relativa più o meno elevata,
facendo prevalere in modo alterno le forze economiche a quelle irrazionali.
Infatti questo comporta delle oscillazioni dei prezzi nel lungo periodo che
possono risultare inspiegabili per chi effettua le valutazioni della congruità dei
prezzi dei titoli basandosi sui modelli economico-finanziari classici.
Tuttavia una cosa è certa: quando i prezzi iniziano a scendere sembra che la
caduta sia inarrestabile!
La domanda da porsi, sia per chi ha investito sia per chi è, per sua abilità o
fortuna, fuori dal mercato è la seguente:
“Quando finirà la discesa dei prezzi?”
Kindleberger evidenzia tre fattispecie che si sono verificate nel passato:
1. la chiusura del mercato (soluzione irrealistica in un mercato finanziario
perfettamente integrato come quello mondiale)
2. l’intervento del cosiddetto prestatore di ultima istanza (la Banca centrale,
il Fondo Monetario…) che dia un segnale autorevole ai mercati e fornendo
liquidità ai mercati.
3. la caduta dei prezzi si arresta, in quanto gli stessi sono diminuiti
talmente tanto, che sono tornati ad essere convenienti dal punto di vista
economico, ponendo i presupposti per un eventuale crescita.
La terza ipotesi, che appare molto banale, in realtà si verifica nella maggior
parte dei casi (a volte associata alla seconda opzione): il terrore dei
risparmiatori è talmente forte che vendono anche se non vi è più una valida
ragione economica. Inizialmente la speculazione aveva spinto i prezzi oltre ogni
valutazione ragionevole, successivamente la stessa deprime le quotazioni ben
oltre il valore reale dei titoli, creando delle ottime opportunità di acquisto.
Questo è il punto centrale della teoria value investing (si veda scheda):
acquistare i titoli, basandosi sulla forza economica della società, anche se il
prezzo di Borsa può essere molto depresso, rinunciando così ad acquistare i
titoli “sulla bocca di tutti”, che hanno fatto registrare nel periodo precedente un
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andamento estremamente favorevole, spesso non giustificato dai dati di


bilancio.
L’orizzonte temporale da adottare per queste strategie, di solito, è comunque
superiore al triennio per poter ottenere i migliori risultati.
Nei casi recenti (esempio la Crisi Russa del 1998), alcuni titoli hanno perso
oltre il 90% del loro valore: indubbiamente all’inizio erano sopravvalutati, ma
la sottovalutazione alla fine della crisi era altrettanto palese.

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