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SOMMARIO

Relazione finale 5
Direttore Responsabile
C.V. Pietro VATTERONI
I quesiti 6

Considerazioni preliminari 7

Sulla natura giuridica delle decorazioni


(in senso lato) dell’Ordine Militare d’Italia 7

Le norme che reggono l’Ordine Militare d’Italia:


in particolare, lo Statuto 9

L’Ordine Militare d’Italia come ordine cavalleresco


e le sue decorazioni come onorificenze cavalleresche 12

Le norme sulle benemerenze cui corrisponde


il beneficio 14
Croce dell’Ordine Militare d’Italia
Il procedimento per il conferimento dell’onorificenza
e il ruolo effettivo dei suoi soggetti, in relazione
alla storia dell’Ordine e alla forma di governo 17

Sul parere del Consiglio dell’Ordine 23

L’avvio del procedimento: la proposta del Supplemento al


comandante e il ruolo preliminare del Ministro 24 N. 3/2003

Le benemerenze cui va riferita la concessione


in relazione all’attuale momento storico 26

La rivitalizzazione dell’Ordine 27

La condizione soggettiva dell’insignito 30

Conclusioni 31
Periodico dello
Stato Maggiore della Difesa
fondato nel 1981

Direttore responsabile
C.V. Piero Vatteroni

Redazione
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MINISTERO DELLA DIFESA

Commissione ministeriale per lo studio dei problemi interpretativi della legge 9


gennaio 1956, n. 25 e del d.P.R. 12 febbraio 1960 di approvazione dello Statuto
dell’Ordine Militare d’Italia

Relazione finale
della Commissione ministeriale per lo studio dei problemi interpretativi della legge 9
gennaio 1956, n. 25 e del d.P.R. 12 febbraio 1960 di approvazione dello Statuto
dell’Ordine Militare d’Italia, istituita con decreto del Ministro della difesa 16 aprile
2003 e composta dai Signori:

Avv. Alfonso QUARANTA, Presidente di Sezione del Consiglio di Stato, PRESIDENTE


Sen. Gen. Umberto CAPPUZZO, COMPONENTE
Gen. Dott. Ciro DI MARTINO, COMPONENTE
Gen. Stelio NARDINI, COMPONENTE
Amm. Filippo RUGGIERO, COMPONENTE
Dott. Giuseppe SEVERINI, Consigliere di Stato, consigliere giuridico del Ministro della
difesa, COMPONENTE.

Roma, 21 maggio 2003

La Commissione ministeriale per lo studio dei problemi interpretativi della legge


9 gennaio 1956, n. 25 e del d.P.R. 12 febbraio 1960 di approvazione dello Statuto
dell’Ordine Militare d’Italia, istituita con decreto del Ministro della difesa 16 aprile
2003, si è riunita per affrontare l’esame delle questioni che le sono state sottoposte e,
dopo avere approfondito gli aspetti storici e giuridici dei temi, è addivenuta alle con-
clusioni che vengono qui esposte.

5
I quesiti

Alla Commissione viene richiesto, a seguito di dubbi recentemente insorti circa la


legge 9 gennaio 1956, n. 25 e il d.P.R. 12 febbraio 1960 di approvazione dello Statuto
dell’Ordine Militare d’Italia, quale debba essere, nel presente momento storico, la
corretta interpretazione da darsi alla normativa sugli speciali segni di distinzione ono-
rifica dell’Ordine Militare d’Italia, con particolare riguardo agli aspetti seguenti:

a) se l’insignire dell’Ordine Militare d’Italia sia da intendere come attribuire una


onorificenza, ovvero come attribuire una ricompensa (al valore o al merito); quale
sia cioè la natura giuridica dei segni di distinzione in esame e quale il rapporto
con le ricompense al valore o al merito militare.
b) a quale tipo di servizi, meriti o benemerenze, per natura e riferimento, in con-
siderazione degli attuali compiti, impieghi e missioni e realtà delle Forze arma-
te (1), debba corrispondere l’attribuzione dell’Ordine. In particolare, cosa si
debba oggi intendere, a proposito di tali meriti, per “perizia, di senso di respon-
sabilità e di valore” (art. 1 della legge n. 25 del 1956) e per “coraggio” e “valor
militare” (art. 6 dello Statuto).
c) ancora in particolare, se i meriti in questione debbano consistere in meriti sin-
golari acquisiti attraverso singoli fatti, ovvero in meriti complessivi acquisiti
attraverso il comportamento continuativo dell’individuo nel grado, nella fun-
zione, o nel complesso della sua attività militare.
d) quale debba essere il criterio cui riferire l’attribuzione nell’ambito delle cinque
classi dell’Ordine (Gran croce, Grande ufficiale, Commendatore, Cavaliere
ufficiale, Cavaliere).
e) quale debba essere la condizione soggettiva del militare italiano insignito di tali
distinzioni: se in servizio o anche non, se ufficiale o anche non.
f ) quale debba essere la funzione svolta dal militare insignito nell’acquisire la
benemerenza: se soltanto in funzioni di comando, o anche di mera esecuzione;
g) quale sia, nel procedimento per il conferimento (artt. 4 e 5 dello Statuto), la
funzione sostanziale spettante rispettivamente al Presidente della Repubblica, al

________
(1) Si consideri a questo proposito l’art. 1 della legge 14 novembre 2000, n. 331 (Norme per l’istituzione del servizio
militare professionale):
“Art. 1- Compiti delle Forze armate.
1. Le Forze armate sono al servizio della Repubblica.
2. L’ordinamento e l’attività delle Forze armate sono conformi agli articoli 11 e 52 della Costituzione e alla legge.
3. Compito prioritario delle Forze armate è la difesa dello Stato.
4. Le Forze armate hanno altresì il compito di operare al fine della realizzazione della pace e della sicurezza, in confor-
mità alle regole del diritto internazionale ed alle determinazioni delle organizzazioni internazionali delle quali
l’Italia fa parte.
5. Le Forze armate concorrono alla salvaguardia delle libere istituzioni e svolgono compiti specifici in circostanze di
pubblica calamità e in altri casi di straordinaria necessità ed urgenza.
6. Le Forze armate sono organizzate su base obbligatoria e su base professionale secondo quanto previsto dalla presente
legge.
7. L’articolo 1 della legge 11 luglio 1978, n. 382, e l’articolo 1, commi 1 e 2, della legge 24 dicembre 1986, n. 958,
sono abrogati”.

6
Ministro della difesa e al Consiglio dell’Ordine, in relazione alla presente forma
di governo e alla storia dell’Ordine.
h) quale sia il termine massimo entro cui promuovere l’attribuzione.

Considerazioni preliminari

Con la legge 9 gennaio 1956, n. 25 - Riordinamento dell’Ordine Militare d’Italia (poi


modificata dalla legge 11 febbraio 1980, n. 22) fu ridefinito l’Ordine che continuava,
trasformandolo, l’Ordine Militare di Savoia, istituito con Regie Patenti il 14 agosto
1815, poi ricostituito con r.d. 28 settembre 1855, n. 1114, modificato successivamen-
te da altri regi decreti fino al r.d. 4 gennaio 1937, n. 44, e che, con d. lgs. C.p.S. 2 gen-
naio 1947, n. 4, aveva mutato la denominazione in Ordine Militare d’Italia.

Con d.P.R. 12 febbraio 1960, emanato ai sensi dell’art. 12 della predetta legge n.
25 del 1956, fu approvato lo Statuto dell’Ordine.

L’art. 1 della legge n. 25 del 1956 dispone:


“L’ordine militare d’Italia ha lo scopo di ricompensare mediante il conferimento di
decorazioni le azioni distinte compiute in guerra da unità delle Forze armate nazionali
di terra, di mare e dell’aria o da singoli militari ad esse appartenenti, che abbiano dato
sicure prove di perizia, di senso di responsabilità e di valore.
Le decorazioni dell’Ordine Militare d’Italia possono essere conferite anche per opera-
zioni di carattere militare compiute in tempo di pace, quando siano strettamente con-
nesse alle finalità per le quali le Forze militari dello Stato sono costituite.
Le decorazioni dell’Ordine Militare d’Italia possono essere conferite anche alla memo-
ria”.

Al fine di rispondere ai quesiti, sembra necessario compiere le considerazioni che


seguono.

Sulla natura giuridica delle decorazioni (in senso lato)


dell’Ordine Militare d’Italia

La manifesta correlazione, posta dall’art. 1 della legge 9 gennaio 1956, n. 25, tra
la concessione della decorazione e le “sicure prove di perizia, di senso di responsabilità
e di valore” date da un’unità militare o da un militare, rende indubbio che l’attribu-
zione delle decorazioni (espressione intesa in senso lato) dell’Ordine Militare d’Italia
sia intuitu personae, cioè faccia fronte a, e riconosca il valore di particolari servizi,

7
meriti o benemerenze manifestati da un’unità delle Forze armate o da un singolo
militare(2).

Non si tratta dunque di una ricompensa che è attribuita indistintamente a tutti


quanti si trovano in particolari condizioni previste dalla legge, ritenute meritevoli di
una particolare segnalazione (com’è per i distintivi e i diplomi onorifici, o per le meda-
glie commemorative, quale, ad esempio, quella riconosciuta dall’art. 1 della legge 18
marzo 1968, n. 263 per coloro che prestarono servizio militare per almeno sei mesi
nelle Forze armate italiane durante la guerra 1914-18 o durante le guerre precedenti).

Non v’è perciò un diritto soggettivo ad ottenere la decorazione e la sua concessio-


ne è rimessa ad un apprezzamento di assoluta discrezionalità circa la sua meritevolez-
za da parte della singola unità o del singolo individuo che va ad esserne costituito tito-
lare. Apprezzamento, e concessione, che la dottrina ha definito come praticamente
sottratti a sindacato giurisdizionale in quanto non incidenti né costitutivi di situazio-
ni soggettive tutelate (3).

Fermo dunque il carattere di riconoscimento di merito individuale, si tratta di


verificare, più in particolare, se i segni di distinzione in esame siano da ascrivere alla
specie della onorificenza in senso stretto (4), ovvero a quella della ricompensa o deco-
razione in senso stretto (e rispettivamente, al valore ovvero al merito); e, nel primo
caso, quale ne sia il rapporto con le ricompense al valore o al merito militare o, più pre-
cisamente, con i fatti o le qualità che fanno fronte a queste.

La questione si collega a quella se i meriti in questione debbano consistere in meri-


ti singolari acquisiti attraverso singoli fatti, ovvero in meriti complessivi acquisiti attra-
verso il comportamento continuativo della unità o dell’individuo; e, in particolare, se
nel solo grado, o nella sola funzione, o nel complesso della sua attività militare.
________
(2) Dal punto di vista comparativo, l’Ordine Militare d’Italia non costituisce un unicum nel panorama europeo della
ricompensa di benemerenze militari. Esistono, infatti, decorazioni analoghe all’Ordine Militare d’Italia, tra cui:
- l’Ordine Reale della Spada, istituito nel 1748 dal Re di Svezia Federico I;
- l’Ordine “Virtuti Militari”, istituito nel 1792 dal Re di Polonia Stanislao II;
- l’Ordine della Croce di Ferro, istituito nel 1813 dal Re di Prussia Federico Guglielmo III;
- l’Ordine Militare di Guglielmo, istituito nel 1815 dal Re di Olanda Guglielmo I (è la più alta decorazione militare
olandese e viene concessa raramente);
- l’Ordine al Merito Militare, costituito nel 1864 nel Regno di Spagna;
- l’Ordine della Croce della Libertà, istituito nel 1918 dal Presidente della Repubblica di Finlandia;
- l’Ordine Militare del Leone Bianco, istituito nel 1945 nella Repubblica Cecoslovacca.
Giova anche ricordare che l’Ordine del Bagno, fondato nel 1725 dal Re Giorgio I di Inghilterra, nella classe più eleva-
ta (Cavaliere di Gran Croce) costituisce la più alta decorazione militare ottenibile nel Regno Unito.
(cfr. P. HIERONYMUSSEN, Orders, Medals and Decorations, London 1975).
(3) M.S. GIANNINI, Diritto amministrativo, Milano 1970, 1141. A. FRANCO, voce Onorificenze, cit., 220. Cons. Stato, IV,
26 aprile 1967, n. 141, in Foro amm., !967, I, 2, 484, in riferimento alle onorificenze dell’Ordine Militare d’Italia
esclude che sia rilevabile il vizio di eccesso di potere per disparità di trattamento, dato che, essendo “impossibile deter-
minare l’identità delle condizioni oggettive e dei fatti che stanno alla base della concessione della decorazione ad un ufficia-
le e del diniego nei confronti di un altro”, non è neppure possibile un confronto delle diverse posizioni.
(4) Le onorificenze in senso ampio comprendono anche le decorazioni, mentre in senso proprio se ne distinguono: A.
FRANCO, voce Onorificenze, cit., 210.

8
Le norme che reggono l’Ordine Militare d’Italia:
in particolare, lo Statuto

Il tema va affrontato con il mezzo di un’analisi sistematica, basata sulle norme, del-
l’intrinseca funzione della decorazione (in senso lato), giacché non soccorrono enun-
ciazioni o classificazioni espresse poste dalla legge. A questo proposito, nel rilevare le
norme cui riferire l’analisi, si deve considerare che oggi è alla legge (precisamente, alla
legge n. 25 del 1956) che si deve fare riferimento, perché nell’attuale ordinamento
repubblicano – dove l’attribuzione di decorazioni rappresenta un’autorottura costitu-
zionale del principio della pari dignità sociale, tanto che può avere solo un significa-
to morale(5) - solo il Parlamento è fons honorum (a differenza dell’ordinamento
monarchico, che riservava tale prerogativa al Re), sicché solo un atto tipico del
Parlamento, quale appunto è la legge, può definire i presupposti e la funzione di un
tale segno distintivo: ci si trova, in altri termini, di fronte ad un’implicita riserva di
legge(6). Conseguenza è che, per ciò che riguarda i fini identificativi che qui interes-
sano, non possono essere invocate fonti diverse dalla legge, quale lo Statuto
dell’Ordine (approvato con il d.P.R. 12 febbraio 1960).

Nell’ordinamento monarchico, la fons honorum era una prerogativa riservata del


Re, derivante dalla tradizione monarchica e ribadita dall’art. 78, secondo comma,
dello Statuto albertino(7): sicché a tutte indistintamente le norme sull’ordinamento
dell’Ordine, in quanto componenti un “regolamento di prerogativa” riservato al sovra-
no, doveva riconoscersi senz’altro, per comune opinione, forza di legge come espres-
sione di una potestà normativa primaria(8). In base al medesimo art. 78, del resto, lo
stesso Ordine era stato ricostituito non con legge, ma con regio decreto non precedu-
to da delibera governativa o proposta ministeriale (r.d. 28 settembre 1855, n. 1114).
Tale decreto, con le sue successive modificazioni, non distingueva tra norme fondan-
ti e statuto dell’Ordine.

La circostanza che oggi l’Ordine Militare d’Italia sia detto essere la continuazione
dell’Ordine Militare di Savoia non soccorre a contrastare l’inutilizzabilità come ele-
menti identificativi delle norme contenute nello Statuto che replicano alcune delle
norme contenute nel r.d. n. 1114 del 1855, perché, a ben vedere, il rapporto tra i due
Ordini è di continuazione solo simbolica. Dal punto di vista giuridico si deve, in
realtà, parlare – per la sostituzione completa delle disposizioni, oltre che del nome -

________
(5) ed essere dalla legge collegate a circostanze “esclusivamente dipendenti da meriti e capacità personali”: Corte Cost., 8
luglio 1967, n. 101, in Giur. cost., 1967, 1131.
(6) Cfr. C. MORTATI, Istituzioni di diritto pubblico 9, Padova 1976, II, 656; G. BALLADORE PALLIERI, Diritto costituziona-
le, Milano 1976, 448; A. FRANCO, voce Onorificenze, cit., 220.
(7) “Il Re può creare altri ordini, e prescriverne gli statuti”.
(8) Gli atti di regia prerogativa “hanno sempre l’efficacia giuridica e qualche volta il contenuto stesso normativo del potere legi-
slativo”: Cons. Stato, IV, 15 marzo 1939, n. 87, in Foro amm., 1939, I, 1, 110, con nota di F. PULVIRENTI FILOMUNI,
Atti di regia prerogativa e natura giuridica del decreto reale in materia di modificazione di nomi. Cfr. C. MORTATI,
Istituzioni, cit., 773.

9
di trasformazione, o meglio di sostituzione-successione tra enti. Sicché l’identificazione
del precedente Ordine è di utilità storica e simbolica, ma non giuridica.

È anche il caso di osservare, a conferma di tali considerazioni, che lo Statuto in


questione - solo con l’ordinamento repubblicano scisso dalle restanti norme
sull’Ordine - non è, come non lo sono in genere gli statuti degli enti pubblici non ter-
ritoriali, atto regolamentare: esso si basa sulla previsione dell’art. 12 della legge n. 25
del 1956 (“Lo statuto dell’Ordine è approvato con decreto del Presidente della Repubblica,
su proposta del Ministro per la difesa”), è pubblicato in Gazzetta Ufficiale(9) ma non
nella Raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti della Repubblica Italiana. Si tratta di un
atto amministrativo a forma presidenziale(10). Oggi, in virtù dell’art. 2 della legge 12
gennaio 1991, n. 13 (Determinazione degli atti amministrativi da adottarsi nella forma
del decreto del Presidente della Repubblica), dovrebbe essere approvato con decreto
ministeriale: coerentemente, con questa forma può essere modificato.

Dal punto di vista sostanziale, è comunque utile notare che – data la natura di ente
strumentale dell’Ordine e diversamente da quanto di solito è previsto nel procedi-
mento di formazione degli statuti degli enti pubblici autonomi – non è previsto, dal
detto art. 12, alcun elemento di autonomia statutaria: il solo organo autenticamente
interno e rappresentativo dell’elemento personale dei partecipanti (il Consiglio, pre-
visto dall’art. 3, terzo comma, della legge) non ha parte in tale procedimento. Poiché
quella che era l’approvazione presidenziale non comportava il potere di modificazio-
ne della proposta ministeriale di statuto, ma solo quello di respingere l’atto(11), ne
viene che vi è nella specie totale eteronomia statutaria, riservata ieri sostanzialmente o
oggi (dopo la legge n. 13 del 1991) anche formalmente al Ministro della difesa (per
quanto questi sia, per unione reale, anche organo interno dell’Ordine, come suo
Cancelliere e Tesoriere: art. 3, secondo comma, della legge).

Ove si guardi ai contenuti portati dal vigente Statuto, si consideri che questo sareb-
be abilitato a solo disciplinare le modalità di conferimento delle onorificenze(12),
perché è proprio della potestà statutaria, come espressione della potestà di organizza-
zione degli enti pubblici, disciplinare l’organizzazione e il modo di esercizio delle fun-
zioni, non già di fissare le funzioni, che spetta alla legge(13). In questo àmbito, cioè,
la posizione di norme sostanziali, come quelle che stabiliscono la natura delle bene-
merenza cui fa fronte la concessione, è – per la stessa ragione che è il Parlamento la
fons honorum - di competenza della legge, non dello Statuto(14). Il che impone l’e-

________
(9) G. U. 7 giugno 1960, n. 139.
(10) In quanto gli statuti degli enti, in cui prevalgono gli elementi di eteronomia, assumono nell’ordinamento statale l’ef-
ficacia normativa propria dell’atto col quale sono stati adottati o approvati, cui si affianca un’ulteriore efficacia nor-
mativa che ad essi spetta nell’ambito dell’ordinamento interno dell’ente: cfr. A. PIZZORUSSO, Fonti del diritto, in
Commentario del Codice civile a cura di A. Scialoja e G. Branca, Bologna-Roma 1977, 476.
(11) A. PIZZORUSSO, ibidem, n. 5.
(12) G. VIRGA, Diritto costituzionale, 240; G. BALLADORE PALLIERI, Diritto costituzionale, cit., 213.
(13) A. M. SANDULLI, Manuale di diritto amministrativo 15, Napoli, 1989, 65.
(14) Che invece ne tratta agli art. da 6 a 8.

10
sposta cautela nel riferirsi allo Statuto come elemento per identificare la natura delle
decorazioni dell’Ordine.

Le medesime considerazioni circa la delimitazione alla legge ad hoc della fonte cui
si deve fare riferimento, conducono anche ad escludere che, sempre ai fini identifica-
tivi, possa attribuirsi una qualche utilità alla circostanza che l’Allegato D al d.P.R. 18
luglio 1986, n. 545 (Approvazione del regolamento di disciplina militare, ai sensi del-
l’art. 5, primo comma, della legge 11 luglio 1978, n. 382) includa, tra le ricompense e le
distinzioni onorifiche militari, tra le ricompense al valor militare, l’Ordine Militare
d’Italia al pari delle medaglie al valor militare. Si tratta infatti di previsione che, come
essa testualmente indica, deve essere rapportata alla funzione del detto suo contesto
normativo e segnatamente all’art. 76 del Regolamento medesimo: disposizione que-
sta che, a proposito delle ricompense militari, stabilisce soltanto che “è obbligatorio
l’uso, disciplinato dai regolamenti sulle uniformi, delle insegne metalliche, dei relativi
nastrini e segni distintivi attinenti alle ricompense elencate nell’allegato D, nonché a quel-
le previste dal successivo art. 77 qualora ne siano dotate con provvedimento di Forza
armata o Corpo armato”. Si tratta di una classificazione che non può pretendere, con
fonte regolamentare e al di fuori della giusta sedes materiae, di definire, in integrazio-
ne della legge n. 25 del 1956, la natura della decorazione in questione (né comunque
lo potrebbe, essendo come detto riservato alla legge farlo); ma che solo è idonea a sta-
bilire, com’è suo espresso scopo, il modo uniforme dell’esposizione dei segni della
decorazione sulla divisa per evitare improprie personalizzazioni.

Le considerazioni che precedono sono utili anche per considerare sin da ora la que-
stione dell’utilità di un’eventuale revisione generale dello Statuto dell’Ordine o la sua
sostituzione con uno nuovo. Una siffatta eventualità non potrebbe che portare a limi-
tare, anche formalmente, la materia trattata dallo statuto a quella che gli è propria,
vale a dire alle sole modalità procedimentali di conferimento delle onorificenze, rime-
diando all’eccesso nella disciplina sostanziale compiuto nel 1960. Di fronte ad una
tale, inevitabile, restrizione formale del contenuto statutario, sorge però la questione
della sua utilità pratica e dunque della opportunità di darvi corso. Se infatti si ha
riguardo alle norme procedimentali, quelle del solo genere che potrebbe persistere, si
deve notare che le presenti non sono norme che abbisognano di una revisione for-
male, essendo sufficiente una loro lettura conforme alla Costituzione. Se invece si ha
riguardo alle norme sostanziali (artt. da 6 a 8), quelle che inevitabilmente dovrebbe-
ro essere abrogate senza essere sostituite, si può considerare, come meglio si vedrà, che
già ora esse debbono essere interpretate secondo un criterio di contestualità alla legge,
ai principi generali dell’ordinamento e allo scenario storico, che ne ponga in eviden-
za la non tassatività e tale da salvarle da una fatale, doverosa disapplicazione ove inve-
ce risultassero in contrasto, in tutto o in parte, con la legge medesima. A parità di
risultato pratico, dunque, la via di una loro interpretazione adeguatrice sembra prefe-
ribile a quella di una loro abrogazione espressa.

Tuttavia, in una prospettiva futura e de iure condendo, non sarebbe inopportuno


porre allo studio la formulazione di un nuovo Statuto, sostitutivo dell’attuale, che
meglio tenga in considerazione l’intervenuta evoluzione storica.

11
L’Ordine Militare d’Italia come ordine cavalleresco
e le sue decorazioni come onorificenze cavalleresche

La non facile distinzione tra onorificenze e ricompense, com’è noto, si basa sulla cir-
costanza che le onorificenze in senso stretto sono quelle c.d. cavalleresche (dal nome
della classe di base di cavaliere, evocativa della antica milizia cavalleresca medioevale
o della cavalleria onoraria moderna), vale a dire quelle che non solo premiano il meri-
to e convalidano l’onore che ne deriva, ma che conferiscono uno status personalissi-
mo, per quanto simbolico – ma il simbolismo è proprio di tutta la materia in esame
– caratterizzato da un titolo ad personam (cavaliere, appunto, o altro superiore), con
attributi onorifici (es. il diritto a ricevere gli onori militari per i decorati dell’Ordine
Militare d’Italia(15)) e patrimoniali (es. il diritto ad un assegno di pensione annuo
reversibile per i decorati dell’Ordine Militare d’Italia(16)); comportano anche – ad
immagine degli ordini cavallereschi storici – la partecipazione ad un ordine, cioè ad
un’associazione degli insigniti, e dunque l’iscrizione ad un apposito albo(17). Si trat-
ta di associazioni di diritto pubblico che hanno la natura di enti strumentali dello
Stato, perché dell’ente hanno, a tutto concedere, la sola forma esteriore, ma nella
sostanza sono meri uffici dello Stato(18). Queste associazioni, o ordini, hanno propri
organi, più o meno simbolici e rappresentativi (di rappresentatività esterna, interna o
mista a seconda dei casi), come ad es. Capo dell’Ordine, Consiglio, Cancelliere. Si
tratta di organi con funzioni essenzialmente di parziale autoamministrazione e,
soprattutto, di stretto raccordo strutturale, oltre che procedimentale, con l’ordina-
mento generale mediante l’unione reale delle figure di capo dell’ordine e, ad es., di
cancelliere con figure apicali dell’ordinamento generale. Raccordo che è tale da evi-
denziare il carattere essenzialmente verticale e concessorio della decorazione e che
lascia all’autoamministrazione solo attribuzioni gestorie e consultive.

La circostanza che, di fatto, una tale associazione non svolga una vera e propria
attività associativa è priva di un effettivo rilievo: è infatti conseguenza della sua fun-
zione essenzialmente simbolica di uno status onorifico, metaforicamente evocativo
degli antichi ordini cavallereschi, la semplice appartenenza al quale è già satisfativa
dell’effetto sociale di riconoscimento per cui è previsto e che non abbisogna di un’at-
tività comune degli associati.

Le ricompense (in senso stretto), invece, conferiscono la facoltà di fregiarsi di inse-


gne esteriori, ma non danno anche il diritto di fare uso di un titolo equestre(19).
Queste si distinguono a contrario dalle onorificenze cavalleresche e consistono in
________
(15) Art. 11 dello Statuto.
(16) artt. 8, 9 e 10 legge n. 25 del 1956.
(17) A. FRANCO, voce Onorificenze, cit., 210.
(18) Cfr. M.S. GIANNINI, Diritto amministrativo, cit., 193.
(19) A. FRANCO, ibidem; A. SABINI, voce Onorificenze, in Enc. it., vol. XXV, Roma 1935, 383; G. CANSACCHI e M. GORINO
CAUSA, voce Onorificenze, in Nov.ss.mo dig. it., vol. XI, Torino 1965, 943; G. CANSACCHI , voce Ricompense al valore
e decorazioni, in Nov.ss.mo dig. it., vol. XV, Torino 1968, 960.

12
distinzioni onorifiche con diritto ad un’insegna portabile, possono più propriamente
denominarsi “decorazioni” (in senso stretto) e, a differenza di quelle, non conferisco-
no anche un grado in un ordine cavalleresco e il diritto a fare uso di un titolo eque-
stre(20).

Si può insomma dire che con l’attribuzione della ricompensa si premia il gesto fine
a se stesso, mentre nell’attribuzione del cavalierato (o classe superiore) dell’Ordine si
premia e convalida la qualità personale che è dietro il gesto. E che la prime è solita-
mente concessa in retribuzione o in memoria di azioni o fatti specifici, e quindi assu-
me un significato diverso a seconda della benemerenza che premia e di cui individua
la natura, mentre l’onorificenza è ordinariamente data per una valutazione comples-
siva e generica delle qualità del soggetto e, quindi, a remunerazione di tutto un pas-
sato meritorio, senza altre precisazioni(21): l’onorificenza dunque si riferisce al com-
plesso dell’attività militare del soggetto - per quanto postuli almeno una “azione
distinta” che ne sia sintomo - e non è circoscritta all’attività svolta in un solo grado, o
in una sola funzione.

Tradizionalmente, infatti, nelle decorazioni (in senso stretto) l’insegna esteriore (in
genere rappresentata da una medaglia appesa ad un nastro) aveva in sé il valore di una
ricompensa, che non vincolava per il futuro il comportamento del beneficiato; men-
tre nella onorificenza cavalleresca l’insegna (nel mondo occidentale in genere rappre-
sentata da una croce) era solo un elemento secondario e accessorio, indicante un altro
genere di ricompensa, vale a dire l’ammissione in una speciale associazione, che per il
futuro comportava il rispetto di particolari regole di vita e la creazione di stretti lega-
mi con gli altri membri dell’ordine e il suo capo. Come ora detto, la decorazione (in
senso stretto) premia singole benemerenze, mentre l’onorificenza no n si riferisce a
determinate azioni, ma remunera tutto un passato meritorio(22): richiede cioè la pre-
senza dei due elementi della azione distinta e della qualità complessiva del militare.
Vero è che una distinzione che si basi sul riferimento all’“ordine cavalleresco” sarebbe
di suo formale perché da tempo questa è una caratterizzazione che tende ad atte-
nuarsi, con la laicizzazione e la democratizzazione degli ordini cavallereschi nobilia-
ri,(23), sostituiti dagli ordini “di merito”, con la scomparsa dunque degli ordini tra-
dizionali e la loro sostituzione con entità solo nominalmente così chiamate, con il
venir quasi del tutto meno ogni effettivo legame associativo tra i membri e la ridu-
zione dei doveri all’obbligo di non rendersene indegno(24). Nondimeno la distinzio-
ne continua ad essere utile perché alla configurazione dell’insieme degli insigniti come
“ordine” corrisponde ancora una diversa disciplina sostanziale e la circostanza che sol-
tanto le onorificenze in senso stretto conferiscono uno status con il diritto di fare uso
di un titolo cavalleresco.

________
(20) A. FRANCO, voce Ricompense, in Enc. dir., Milano, 1989, vol. XL, 545
(21) A. FRANCO, ivi, 546.
(22) A. FRANCO, voce Onorificenze, cit., 210.
(23) M. BON VALSASSINA, cit., 1.
(24) A. FRANCO, ibidem.

13
Tutto ciò riepilogato, si tratta ora di esaminare più in dettaglio gli elementi che
regolano l’Ordine Militare d’Italia.

Va anzitutto considerato che, a differenza delle ordinarie ricompense militari


(medaglie, croci, promozioni, avanzamenti, ecc.), l’Ordine Militare d’Italia si caratte-
rizza per l’essere incontestabilmente ascritto tra gli ordini cavallereschi della
Repubblica, al pari dell’Ordine al merito della Repubblica, dell’Ordine al merito del
lavoro, dell’Ordine della Stella della solidarietà italiana, dell’Ordine di Vittorio Veneto.

Come tale, è di dovere arrivare a sùbito dedurre che l’Ordine Militare d’Italia ha
collocazione e natura di onorificenza e non già, a contrario, di ricompensa. E in effet-
ti, alla sua concessione si accompagnano, per volontà della legge n. 25 del 1956, i
ricordati diritti e la ricordata partecipazione all’associazione, che non sono caratteri-
stici delle decorazioni in senso stretto. Sicché diversamente opinare significa preter-
mettere senza giustificazione siffatti elementi strutturali.

Vero è che sono nondimeno presenti elementi strutturali minori dai quali si
potrebbe ipotizzare che la presenza anche di tratti della ricompensa, precisamente:

- il fatto, previsto dall’ultimo comma dell’art. 1 della legge n. 25 del 1956, che “le
decorazioni dell’Ordine Militare d’Italia possono essere conferite anche alla memoria”:
mancando la effettiva partecipazione all’associazione, verrebbe meno un elemento
del ricevimento nell’ordine. Ma, si deve obiettare, non verrebbe meno un elemen-
to non meno importante connesso alla natura di onorificenza, e non prendete nella
mera ricompensa, vale a dire il diritto al titolo ad personam: titolo che, in ragione
del suo valore esclusivamente morale, ben può figurare anche a titolo commemo-
rativo, specie per una categoria, quella dei militari appunto, la cui professione
espone, nella sua espletazione, a rischi elevati.

- il fatto, previsto dal primo comma dell’art. 1 della legge n. 25 del 1956, che ne pos-
sono essere insignite “unità delle Forze armate”: mancando anche qui la partecipa-
zione all’associazione, che è individuale, verrebbe meno un elemento del ricevi-
mento nell’ordine. Ma si deve del pari obiettare che, nella tradizione e nell’uso mili-
tare, le unità tendono ad essere marcatamente personificate come entità collettive
e come sintesi di energie di singoli. Per modo che, anche qui, non verrebbe meno
l’elemento del diritto al titolo e ai connessi onori, seppure in capo alla unità stessa.
A riprova di ciò, alle Bandiere decorate “competono tutte le corrispondenti pensioni”.

Le norme sulle benemerenze cui corrisponde il beneficio

Tale collocazione merita di essere puntualizzata per ciò che attiene i fatti o le qua-
lità cui – secondo la volontà della legge n. 25 del 1956 - corrisponde la concessione
della decorazione. Il che consente di meglio rispondere ai quesiti seguenti:

14
a) a quale tipo di servizi, meriti o benemerenze, per natura e riferimento, in con-
siderazione degli attuali compiti istituzionali, impieghi e missioni e realtà delle
Forze armate(25), debba corrispondere l’attribuzione dell’Ordine. In particola-
re, cosa si debba oggi intendere, a proposito di tali meriti, per “perizia, di senso
di responsabilità e di valore” (art. 1 della legge n. 25 del 1956) e per “coraggio” e
“valor militare” (art. 6 dello Statuto).
b)ancora in particolare, se i meriti in questione debbano consistere in meriti sin-
golari acquisiti attraverso singoli fatti, ovvero in meriti complessivi acquisiti attra-
verso il comportamento continuativo dell’individuo nel grado, nella funzione, o
nel complesso della sua attività militare.

Come si è rammentato a proposito dell’implicita riserva di legge che governa la


materia, ai fini della qualificazione in esame è alla (sola) legge che si deve fare riferi-
mento, perché lo Statuto, approvato con decreto del Presidente della Repubblica, è
fonte oggi costituzionalmente inidonea, alla luce dell’art. 87 Cost., a definire “le ono-
rificenze della Repubblica”.

Orbene, a questo riguardo si deve ancora considerare che l’art. 1 della legge n. 25
del 1956 dispone che l’ordine “ha lo scopo di ricompensare […] le azioni distinte com-
piute in guerra […] da singoli militari […], che abbiano dato sicure prove di perizia, di
senso di responsabilità e di valore” e che le sue decorazioni “possono essere conferite anche
per operazioni di carattere militare compiute in tempo di pace, quando siano strettamen-
te connesse alle finalità per le quali le Forze militari dello Stato sono costituite”.

L’art. 6 dello Statuto fa letteralmente corrispondere le varie classi di onorificenza a


meriti che, per loro natura, sembrano riferirsi ad un contesto bellico e ad uno scena-
rio palesemente inattuale. Tuttavia, considerato che, per le ragioni dette, le riduttive
e anacronistiche previsioni dell’ art. 6 dello Statuto sono o da disapplicare o da ricon-
durre ad un’interpretazione conforme alla legge e all’attuale condizione, occorre con-
centrare l’attenzione sulla previsione della legge come solo, autentico riferimento per
affrontare il tema del tipo di benemerenze cui corrisponde il beneficio in questione.
Le previsioni sostanziali dello Statuto, in altri termini, solo possono essere intese che
come conferme di quello che la legge dice, non come sue riduzioni o spostamenti.
________
(25) Si consideri a questo proposito l’art. 1 della legge 14 novembre 2000, n. 331 (Norme per l’istituzione del servizio mili-
tare professionale):
“Art. 1- Compiti delle Forze armate.
1. Le Forze armate sono al servizio della Repubblica.
2. L’ordinamento e l’attività delle Forze armate sono conformi agli articoli 11 e 52 della Costituzione e alla legge.
3. Compito prioritario delle Forze armate è la difesa dello Stato.
4. Le Forze armate hanno altresì il compito di operare al fine della realizzazione della pace e della sicurezza, in conformità
alle regole del diritto internazionale ed alle determinazioni delle organizzazioni internazionali delle quali l’Italia fa
parte.
5. Le Forze armate concorrono alla salvaguardia delle libere istituzioni e svolgono compiti specifici in circostanze di pub-
blica calamità e in altri casi di straordinaria necessità ed urgenza.
6. Le Forze armate sono organizzate su base obbligatoria e su base professionale secondo quanto previsto dalla presente legge.
7. L’articolo 1 della legge 11 luglio 1978, n. 382, e l’articolo 1, commi 1 e 2, della legge 24 dicembre 1986, n. 958, sono
abrogati”.

15
Le espressioni in questione della legge sono, se letteralmente intese, ellittiche e non
risolutive. Si tratta dunque di indagare sul loro significato contestuale e di sistema. È
a questo proposito da considerare che l’elemento circoscrivente è lo scenario in cui la
benemerenza è acquisita, vale a dire la guerra: cioè la condizione in cui la professio-
nalità militare, secondo la sua tradizionale concezione, più si manifesta. Tanto che è
prevista anche la concessione per operazioni compiute in tempo di pace, ma solo se
militari e strettamente connesse ai compiti delle Forze armate.

La professionalità militare ha, nel ristretto tempo di guerra, modo eminente di


manifestarsi soltanto attraverso azioni di eccellenza. Queste dunque assumono il rilie-
vo di sintomo indicatore di quella professionalità: che la loro consistenza debba esse-
re tale da provare perizia, senso di responsabilità e valore, significa coerentemente che
deve testimoniare elementi identificativi, secondo la concessione tradizionale, dell’ec-
cellenza militare.

Non si tratta dunque di premiare un’emergenza episodica di eroismo o coraggio,


ma la presenza, dimostrata da singoli, di un costane profilo professionale di spicco, di
cui il valore è uno dei possibili segni, ma non il solo.
La dottrina, in effetti, si è decisamente espressa in questo senso, quando ha affer-
mato che con l’Ordine Militare d’Italia “più che il coraggio, viene premiata la professio-
nalità dell’insignito” (26).

Depone in questo senso un’altra e non meno importante considerazione, di ordi-


ne sistematico: la necessità di distinguere la decorazione (in senso lato) dell’Ordine
Militare d’Italia delle ordinarie ricompense militari e l’osservazione che queste ultime
vengono attribuite in ragione di singoli episodi, cioè per meriti singolari acquisiti
attraverso singoli fatti. La cumulabilità in capo alla stessa persona (o unità) dell’uno
e dell’altro porta a dover distinguere la causa retributiva dei due per evitare ingiusti-
ficabili bis in idem, vale a dire duplici riconoscimenti per una medesima benemeren-
za: questo conduce a dover riferire le decorazioni dell’Ordine Militare d’Italia ad una
benemerenza diversa, cioè a meriti complessivi acquisiti attraverso un comportamento
continuativo. In altri termini, ben può avvenire che un medesimo fatto da un lato sia
immediatamente dimostrativo di una virtù militare tale da meritare una ricompensa,
da un altro sia, insieme con altri sistematici fatti, sintomo di un’eccellenza nella pro-
fessionalità militare che meriti l’onorificenza: ma si tratta di rilievi diversi, per prov-
vedimenti diversi. Per conseguenza, la motivazione dei due atti non può essere la
medesima.

Sempre in tema di cumulabilità, è da rilevare altresì che, mentre è possibile l’attri-


buzione di due o più ricompense della stessa specie (ad es., due medaglie d’argento),
non è possibile essere insignito due volte della stessa classe dell’Ordine Militare
d’Italia. Non si può essere fatti due volte cavaliere, o gran croce: segno evidente che
la remunerazione è non del gesto, ma della qualità personale complessiva. Sarebbe
________
(26) A. FRANCO, voce Onorificenze, cit., 224.

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irragionevole riconoscere due volte la medesima qualità personale, mentre non è affat-
to irragionevole ricompensare due, o anche più, distinti gesti di valor militare. Vero è
che il già insignito può invece (cfr. art. 8 Statuto) ottenere il conferimento di una clas-
se superiore: ma questo significa che, a causa di nuove benemerenze, sarà stata dimo-
strata una sua qualità superiore a quella già riconosciuta.

Di sicuro rilievo, poi, è il fatto che mentre le decorazioni al valore sono concesse
in numero illimitato, perché non è dato a priori lo stabilirsi un quantum di atti eroi-
ci possano accadere in situazioni d’emergenza (in guerra o no), l’Ordine Militare
d’Italia ha un numero chiuso di decorazioni che è fissato dal disposto della legge 5
marzo 1961, n. 212, che stabilisce il numero massimo delle pensioni annesse alle
decorazioni dell’Ordine fissato in complessive 933 unità ripartite nelle cinque classi.

L’esame storico delle motivazioni delle concessioni mostra come i singoli fatti d’ar-
me siano solo raramente evocati, e comunque sempre non per il loro valore in sé, ma
come espressione e dimostrazione di una particolare qualità militare della persona.

Il procedimento per il conferimento dell’onorificenza


e il ruolo effettivo dei suoi soggetti, in relazione alla storia
dell’Ordine e alla forma di governo.

La scansione del procedimento per la concessione della decorazione ai singoli mili-


tari italiani, con la sua ripartizione di competenze, va esaminata alla luce dell’evolu-
zione storica per evidenziarne la stretta connessione con la giustificazione del potere
di concedere onori nella monarchia assoluta, nella monarchia costituzionale e nel-
l’ordinamento repubblicano.

Gli Statuti dell’Ordine Militare di Savoia approvati con le Regie Patenti del 14
agosto 1815 – momento in cui, va rammentato, non esistevano medaglie al valo-
re(27) - assegnavano al Re una discrezionalità in pratica illimitata, anche se prevede-
vano un “processo” a domanda dell’interessato. L’istanza del Ministro della guerra non
c’era perché in quella restaurata monarchia assoluta (ritornata, con il noto editto di
Vittorio Emanuele I del 21 maggio 1814, alle Costituzioni del 1770) non c’era anco-
ra un vero e proprio ministro(28), come non c’era un vero e proprio governo (la Regia
________
(27) Sicché era impossibile distinguere tra onorificenze e ricompense, come facciamo noi. Negli Stati sabaudi la medaglia al
valor militare fu infatti ripristinata dal Re Carlo Alberto con r. viglietto 26 marzo 1833. E, in effetti, gli Statuti del
1815 (§ VI) inducono a vedere simultaneamente presenti le due caratteristiche, anche perché (§ XIII) sopprimono la
distribuzione delle medaglie, dando a quanti prima se ne fregiavano una particolare opportunità di essere nominati
Cavalieri dell’Ordine. Era stato Vittorio Amedeo III, con reg. 21 maggio 1793, a creare una medaglia al valore d’oro
e d’argento per ufficiali inferiori e soldati.
(28) Il ministero della guerra, insieme ad altri, fu istituito nel 1816: M. MERIGGI, Gli stati italiani prima dell’Unità. Una
storia istituzionale, Bologna 2002, 125.

17
Segreteria di guerra era poco più che un ufficio della Corona e il “Consiglio di con-
ferenza” del Re e dei ministri fu istituzionalizzato solo nel 1818). Questa domanda
veniva inoltrata alla Regia Segreteria di guerra, che (immaginabilmente, su placito del
Re) le partecipava al Segretario dell’Ordine (nominato dal Re tra i cavalieri) e questi
(immaginabilmente, sempre su placito del Re) le sottometteva all’esame del
Consiglio. Il Consiglio – che era composto da membri dell’ordine che venivano
estratti a sorte, volta per volta, supplenti inclusi, tra gli insigniti presenti nella città o
nel luogo dove si trovava il sovrano - se riteneva che vi era luogo a prendere in consi-
derazione la domanda del candidato, la istruiva acquisendo gli avvisi di testimoni pre-
sunti tali; dopo di che, se lo giudicava, presentava al Re “la proposizione per l’ascrizio-
ne del Postulante” e questi, se credeva, lo ammetteva nell’ordine. Il Re comunque pote-
va conferire motu proprio la “divisa” a militari al servizio di Potenze alleate.

Per quanto riguarda il periodo successivo alla “ricostituzione” dell’Ordine disposta


con il r.d. 28 settembre 1855, n. 1114 - sette anni dopo la concessione dello Statuto
albertino e alla fine della guerra di Crimea -, Cancelliere e Tesoriere era il Ministro
della guerra, mentre il Consiglio era tutto nominato dal sovrano tra gli insigniti. Il
Ministro inoltrava la proposta al Consiglio, il Consiglio restituiva al Ministro il pare-
re e questi lo rassegnava al Re con la sua proposta. Il Re poteva concedere motu pro-
prio le insegne in alcuni particolari casi (ad es. sul campo di battaglia ove egli avesse
comandato di persona l’esercito, a principi del sangue o a sovrani, principi e militari
stranieri), in cui l’esigenza di speditezza era massima o la sottoposizione al parere era
– nel caso del sovrano o principe - degradante della dignità del destinatario o - nel
caso del militare straniero – senza ragione. In guerra, poi, la croce di cavaliere poteva
essere conferita nei tre giorni dal comandante, se a ciò autorizzato dal sovrano.

Dal punto di vista sostanziale, occorre considerare che, nell’ordinamento monar-


chico statutario antecedente al Fascismo, il Ministro della guerra era di solito un mili-
tare, sempre di stretta e personale fiducia del Re (il quale “comanda[va] tutte le forze
di terra e di mare”: art. 5 dello Statuto albertino) e il Consiglio dell’Ordine Militare
di Savoia era anch’esso di stretta fiducia del Re, che, come detto, lo nominava. Questo
faceva sì che in pratica tutti gli organi del procedimento di concessione si identificas-
sero, per stretta fiducia personale, con la suprema volontà regia, sottratta nella prero-
gativa a qualsiasi controllo parlamentare. La tradizione militare sabauda, in una con
queste caratteristiche statutarie, erano del resto la base per un’effettiva, diffusa e siste-
matica presenza della volontà sovrana in tutta la vita delle Forze armate(29). Dunque
in materia di onori, collegati alla dimensione simbolica propria della Corona e a ciò
che restava della prerogativa regia, il ruolo del Re non poteva che essere massimo. In
un tale contesto, il peso specifico sia della proposta del Ministro che del parere del
Consiglio (per quanto, questo, deliberasse, a norma di quell’art. 11, “a modo di giu-
rato”, vale a dire a votazione segreta) non potevano, per contro, che essere assai mode-
________
(29) Il Re ha “sempre potuto imporre i propri uomini nei ministeri della Guerra e della Marina”; i ministri degli Esteri, Difesa
(rectius: Guerra) e Marina “erano nominati su indicazione o con l’assenso del sovrano e, quindi, essi sentivano di essere prin-
cipalmente responsabili di fronte alla Corona”: S. MERLINI, Il governo costituzionale, in Storia dello Stato italiano
dall’Unità a oggi, a cura di R. Romanelli, Roma 1995, 10 e 12.

18
sti. Il Re, nei fatti, continuava ad esercitare, come titolare della prerogativa di conce-
dere gli onori, tutto il potere effettivo: era improbabile una proposta priva di previo
informale gradimento regio, come un parere del Consiglio che smentisse la proposta
del Ministro fiduciario del Re; e comunque, anche nella ipotesi di parere negativo, era
inimmaginabile che il Ministro proponesse al Re la concessione se non ne aveva la
previa informale indicazione o l’informale assenso. Tutto questo, è il caso di sottoli-
neare, era in linea con il c.d. principio monarchico - intatto nelle sfere rimaste di pre-
rogativa - per cui il potere scende dall’alto.

Nell’ordinamento repubblicano, il procedimento introdotto dalla legge n. 25 del


1956 e del d.P.R. 12 febbraio 1960 ricalca formalmente quello della monarchia costi-
tuzionale. In realtà la similitudine del procedimento è apparente, perché va rapporta-
ta, nella sua effettività, alla forma di governo oggi vigente, alla costituzione materiale
e al principio democratico, per cui il potere sale dal basso, e al ricordato conseguente
principio per cui la fons honorum è oggi il Parlamento.

Oggi infatti, per l’Ordine Militare d’Italia occorre anzitutto considerare che il
Ministro della difesa è componente di un Governo sostenuto dalla fiducia parlamen-
tare, non è mai, di fatto, un militare e non è legato da alcun particolare vincolo fidu-
ciario al Capo dello Stato. Il presidente, il segretario e gli altri componenti del
Consiglio sono (o meglio: erano, fino alla ricordata legge 12 gennaio 1991, n. 13)
nominati su proposta del Ministro della difesa con decreto del Presidente della
Repubblica (art. 2 dello Statuto dell’O.M.I.)(30).

Deve essere esaminata con particolare attenzione la funzione che spetta al


Presidente della Repubblica in questo procedimento. Questi è – come per altri Ordini
cavallereschi - Capo dell’Ordine e, in applicazione dello specifico potere di cui all’art.
87 Cost., conferisce con suo decreto le onorificenze (cfr. art. 1, lett. dd) della detta
legge n. 13 del 1991(31)), esternando l’attestazione di merito e benemerenza in nome
dell’intera comunità nazionale(32). La dottrina nondimeno, vista la complessa figura
costituzionale del Presidente della Repubblica – la cui posizione sostanziale di Capo
dello Stato è ben diversa da quella del Re - e considerato quanto detto circa la diver-
sa collocazione della fonte degli onori, valuta che l’emanazione di un tale decreto è
espressione di un potere limitato, ben diverso da quello che spettava al Re. Essa affer-
ma: “è comunque da ritenere che il Presidente della Repubblica non possa interferire nella
materia, se non effettuando un controllo di natura formale circa il rispetto della procedu-
ra ed il numero delle concessioni annualmente conferite” (33). Infatti “non si tratta di una
________
(30) È da ritenere che su tale proposta il Presidente della Repubblica non potesse esercitare un controllo che formale.
(31) A norma del quale il Presidente della Repubblica emana, tra l’altro, gli atti di “dd) conferimento di ricompense al valo-
re e al merito civile e militare e concessione di bandiere, stemmi, gonfaloni e insegne, nei casi in cui la forma del decreto del
Presidente della Repubblica sia prevista dalla legge”.
(32) S. GALEOTTI, Presidente della Repubblica nella Costituzione italiana, in Dig. pubbl., XI; Torino 1996, 417 ss., che dice
che è il ministro competente ad essere “titolare e responsabile della valutazione discrezionale dei meriti e delle beneme-
renze”.
(33) C. LAVAGNA, Istituzioni di diritto pubblico 6, Torino 1985, 644; A. FRANCO, voce Onorificenze, in Enc. dir., Milano
1980, vol. XXX, 220.

19
‘prerogativa’, ossia di un potere proprio ed autonomo – come soleva insegnarsi con riferi-
mento al Re - bensì di un’attribuzione prevalentemente formale, di regola esercitata […]
su (vincolante) proposta governativa”(34). L’attribuzione al Presidente della Repubblica
del conferimento delle singole onorificenze è costituzionalmente prescritta dall’art. 87
Cost., ma tale attribuzione “non ha più nulla a che vedere con quel concetto di ‘preroga-
tiva’, proprio dell’ordinamento monarchico, secondo il quale il sovrano agiva come titola-
re di un potere autonomo. Essa, in realtà, ha un carattere meramente formale, in quanto
sostanzialmente propria, sia per le concessioni sia per le revoche, del Presidente del
Consiglio dei ministri o dei diversi ministri. A parte infatti quelle limitate ipotesi di con-
ferimento che prescindono dalla proposta governativa, sembra che il Presidente della
Repubblica possa interferire nella materia soltanto mediante un controllo di natura for-
male in ordine al rispetto della procedura ed il numero delle decorazioni annualmente
conferite”(35). E ancora: “in definitiva il conferimento delle onorificenze costituisce oggi
un’attribuzione presidenziale del tutto formale, perché sia la loro concessione che revoca
avviene su proposta del ministro competente”(36). Tutto ciò significa che - come in
genere avviene nell’ordinamento repubblicano per gli atti di competenza del Capo
dello Stato emanati su “proposta” governativa o ministeriale - l’imputazione della
volontà di concedere l’onorificenza è circoscritta in capo al Ministro, che è politica-
mente responsabile, non in capo al Presidente della Repubblica, che è, nei noti ter-
mini, irresponsabile: tanto che si tratta atti amministrativi la cui concessione o dinie-
go è giustiziabile davanti al giudice amministrativo(37), dove legittimo contradditto-
re è il Ministro e non il Capo dello Stato(38).

In tale quadro procedimentale, in cui il ruolo effettivo del Capo dello Stato, incen-
trato sulla garanzia di legalità, è ben diverso che nell’ordinamento monarchico, può
accadere che, in caso di divergenza del parere (obbligatorio, ma non vincolante) del
Consiglio con la proposta del Ministro, il ruolo del Consiglio stesso - assai più auto-
nomo che nella monarchia - tenda ad ampliarsi, specie se l’organo è nominato all’in-
terno di un ristretto insieme di insigniti: così che da organo strettamente consultivo
divenga, nei fatti, organo decidente. Questo può avvenire se il parere, anziché espri-
mere il pur importante e motivato avviso di esponenti della platea degli insigniti sulla
meritevolezza del candidato ad esservi ascritto(39), si trasforma nei fatti, come se fosse
vincolante, in una condizione ostativa della proposta ministeriale, sostituendosi in
pratica alla volontà in essa insita. Può allora sorgere il dubbio se una tale enfatizza-
zione, che potrebbe penalizzare fino alla paralisi la proposta del Ministro, sia in linea
con l’ordinamento costituzionale democratico, che assegna la preferenza al potere
pubblico collegato alla responsabilità politica, e con la natura verticale e di concessio-
ne della decorazione, che a questa responsabilità politica si connette per il suo carat-
________
(34) Così M. BON VALSASSINA, voce Onorificenze. I) Diritto pubblico, in Enc. giur. Treccani, XXI, 3.
(35) A. FRANCO, voce Onorificenze, cit., 220.
(36) Così, da ultimo, M. FIORILLO, Il Capo dello Stato, Roma-Bari 2002, 93.
(37) Cons. Stato, IV, 26 aprile 1967, n. 141, cit..
(38) Il che, analogamente a quanto in tema di ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, esclude trattarsi di vera e
propria “proposta” nel senso endoprocedimentale: cfr. A. TRAVI, voce Proposta, in Dig. pubbl., XII; Torino 1997, 100 ss..
(39) A. TRAVI, voce Parere nel diritto amministrativo, in Dig. pubbl., Torino 1995, 601.

20
tere di eccezione, per quanto morale, al principio costituzionale di pari dignità socia-
le. In effetti, una sorta di effettiva chiamata da parte di un collegio certo autorevole
ma politicamente non responsabile, garantita dall’arresto del procedimento o dall’i-
nibizione della proposta ministeriale in caso di avviso negativo(40), causerebbe, nei
fatti, lo spostamento del procedimento verso una pratica, orizzontale e surrettizia, di
cooptazione da parte dell’organo esponenziale degli insigniti, senza più connessione
con la sovranità popolare(41). La natura concessoria e latamente discrezionale del-
l’attribuzione da parte di chi ha la responsabilità politica delle Forze armate è invero
collegata alla giustificazione popolare del potere insita nel principio democratico. La
cooptazione dei pari, invece, non rappresenta un elemento di democrazia se non in una
visione corporativa, che non è quella della Costituzione italiana; e può condurre,
anche oltre ogni intenzione, verso la configurazione del potere consultivo in questio-
ne come strumento di autoinvestitura. È il caso anche di notare che la sottrazione
della decisione circa gli onori individuali al Ministro concreterebbe un indebito
depauperamento della sua figura di responsabile politico dello strumento militare,
settore in cui si iscrive, anche come mezzo, il riconoscimento onorifico delle profes-
sionalità.

Il rimedio al rischio di una siffatta distorsione è comunque insito nel procedi-


mento, perché il parere è destinato, per le dette ragioni circa la limitazione del pote-
re presidenziale, essenzialmente ad illuminare il Ministro: infatti anche oggi segue una
richiesta del Ministro (art. 4) e precede la vera e propria “proposta” di decreto presi-
denziale da parte di questi, come vuole l’art. 4, secondo comma, dello Statuto, a
norma del quale “il parere del Consiglio è sottoposto al Presidente della Repubblica, Capo
dell’Ordine, per le sue determinazioni, su proposta del Ministro per la difesa, cancelliere e
tesoriere dell’Ordine”. Poiché, alla luce dell’ordinamento costituzionale, le “determina-
zioni” del Capo dello Stato oggi non possono che - per le considerazioni sopra espo-
ste - essere limitate, si deve ritenere che, nella divergenza tra la proposta del Ministro
e il parere (obbligatorio ma non vincolante) del Consiglio, la prima debba prevalere
quale proposta vincolante, a meno che dal “controllo di natura formale circa il rispetto
della procedura ed il numero delle concessioni annualmente conferite”, effettuato dal
Capo dello Stato, non risulti il contrario. La necessaria “sottoposizione” del parere del
Consiglio al Capo dello Stato ha dunque la funzione di garantire a questi la cono-
scenza dell’eventuale segnalazione, da parte del Consiglio, di violazioni di ordine for-
male, ma – a pena di alterare il ruolo costituzionale del Presidente della Repubblica -
non altro.

La circostanza che, a norma dello stesso art. 87 Cost., il Presidente della


Repubblica abbia anche il comando delle Forze armate, presieda il Consiglio supre-
mo di difesa e dichiari lo stato di guerra deliberato dalle Camere, delle Forze armate
non depone in contrario, trattandosi – come è noto(42) – di funzioni di garanzia

________
(40) Cons. Stato, IV, 26 aprile 1967, n. 141, cit..
(41) I componenti del Consiglio debbono essere infatti decorati dell’Ordine: art. 3, terzo comma, della legge n. 25 del 1956.
(42) Si veda, sul punto, la nota Relazione finale della c.d. Commissione Paladin.

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costituzionale dell’uso dello strumento militare, che nulla hanno a che vedere con l’o-
norificenza in esame.

La circostanza poi che il medesimo art. 87 Cost., nel dire che il Presidente della
Repubblica “conferisce le onorificenze della Repubblica”, non distingua tra onorificen-
ze, lascia intendere che la presente onorificenza non ha un regime costituzionale spe-
ciale, dove il ruolo del Capo dello Stato sia superiore. Anzi, il dato legislativo (che, si
ricorda, è oggi la sola fons honorum) depone semmai in senso opposto, perché il
Presidente della Repubblica può, motu proprio, conferire onorificenze dell’Ordine “Al
merito della Repubblica italiana” all’infuori della proposta governativa e del parere di
quel Consiglio dell’Ordine (cfr. art. 2 d.P.R. 31 ottobre 1952 - Approvazione dello sta-
tuto dell’Ordine “Al merito della Repubblica italiana”(43)), mentre un analogo potere
per l’Ordine Militare d’Italia non è, significativamente, previsto. Non è stato cioè
riprodotto l’analogo potere invece espressamente previsto a favore del Re per
l’Ordine Militare di Savoia dall’art. 20 del più volte ricordato r.d. 28 settembre 1855,
n. 1114.

Altra cosa è la veste che il Capo dello Stato ha di Capo dell’Ordine (art. 3 della
legge n. 25 del 1956), analogamente a quanto avviene per gli altri ordini cavallereschi.
Si tratta anche qui di unione reale, ratione officii, analogamente a quanto previsto per
il Ministro della difesa che ne è Cancelliere e Tesoriere, che ha valenza essenzialmen-
te simbolica e funzione di raccordo con l’ordinamento generale, ma che nulla aggiun-
ge, né può aggiungere, ai poteri come costituzionalmente definiti del Capo dello
Stato. In tale veste, il Capo dello Stato può, esercitando la sua autorevole moral sua-
sion, ad es. proporre iniziative, sollecitare riflessioni o prospettare obiettivi per l’atti-
vità complessiva dell’Ordine e delle sue decorazioni. In questo quadro certamente ben
si iscrive la sollecitazione di una più ampia “politica” di rivitalizzazione dell’Ordine e
di attribuzione delle concessioni: sia per innalzare il troppo basso rapporto attuale tra
onorificenze conferibili (n. 933) e onorificenze attualmente conferite (n. 27) (pari ad
appena il 2,89 % delle decorazioni conferibili)(44); sia l’indicazione della necessità di
collegare più incisivamente le concessioni alle attuali missioni di pace delle Forze
armate; sia la sollecitazione della concessione della massima classe (Cavaliere di Gran
Croce) a figure di straordinario spicco caratterizzatesi durante la Seconda Guerra
Mondiale e con l’attività successiva; sia infine la considerazione che l’elevazione attua-
le di già insigniti a classi superiori - possibile interpretando come non perentorio il
termine dell’art. 10 dello Statuto - ben consente l’opportuno ingresso di altri candi-
dati.

________
(43) Norma del quale “Per benemerenze di segnalato rilievo nel campo delle attività indicate nell’articolo precedente e per ragio-
ni di cortesia internazionale il Presidente della Repubblica può conferire onorificenze all’infuori della proposta e del parere
richiesti dal primo comma dell’art. 4 della legge 3 marzo 1951, n. 178.
Il decreto di concessione è controfirmato dal Presidente del Consiglio”.
(44) L’insufficienza di tale rapporto emerge non solo in assoluto, ma anche in comparazione, solo che si consideri che in
relazione alla Seconda Guerra Mondiale sono stati insigniti dell’Ordine n. 576 soggetti; e che nel complesso l’Ordine
Militare di Savoia ha avuto n. 3.628 decorazioni.

22
Sul parere del Consiglio dell’Ordine

Fermo quanto si è detto circa il ruolo effettivo che nel procedimento deve avere il
Consiglio dell’Ordine, si deve concentrare l’attenzione sul contenuto della sua fun-
zione consultiva; funzione che è obbligatoria, ma, nel silenzio della legge, non vinco-
lante.

Il Ministro della difesa, nel giungere alla sua determinazione sulla proposta, deve
certamente considerare con particolare attenzione le ragioni e gli elementi di rappre-
sentazione dei fatti manifestatigli da un organo esponenziale di insigniti, vale a dire
di soggetti le cui alte qualità professionali militari sono già state riconosciute e pre-
miate. Avviso che è di notevole significato, soprattutto se si considera la natura poli-
tica del Ministro e l’estrazione tecnica, dunque informata, del Consiglio dell’Ordine.
E’ perciò consigliabile che l’eventuale discostamento della determinazione del
Ministro dal parere di merito del Consiglio, per quanto legittimo, avvenga con
opportuna cautela.

Quanto più propriamente al contenuto del parere del Consiglio, si deve comun-
que considerare che deve essere motivato e che deve espressamente concludere in
senso favorevole o in senso contrario alla proposta. Il Consiglio non è dominus del
proprio potere, perché è la legge a configurarlo, ma solo del suo concreto esercizio:
sicché la sua valutazione, argomentata, deve concludersi con la espressione di un
dispositivo di giudizio, favorevole o contrario, circa la proposta.

L’eventuale mancata espressione del parere, sotto forma di parere sospeso o parere
non espresso, sembra rappresentare una dichiarazione di volontà di non esprimere il
richiesto parere. Questo legittima il Ministro a procedere prescindendo dal parere
stesso considerato che comunque il Consiglio è stato messo in condizione di espri-
mere il suo avviso e che il suo giudizio non è vincolante. Diversamente, si darebbe al
Consiglio quell’ingiustificato potere di arresto de facto del procedimento di cui si è
testé detto, contrastante non solo con la rammentata giustificazione costituzionale del
potere e con il suo ruolo nel procedimento, ma anche con i principi generali dell’a-
zione pubblica. Si rammenti al riguardo il principio codificato dall’art. 16 della legge
7 agosto 1990, n. 241 sulla prosecuzione del procedimento in caso di parere non
espresso: principio che, per quanto dettato per i procedimenti della Pubblica ammi-
nistrazione(45), è in realtà un principio generale di semplificazione e speditezza del-
l’azione pubblica nel suo complesso. Si rammenti ancora, a titolo di esempio, che l’i-
nutile decorso del termine previsto dall’art. 14 della legge 14 agosto 1988, n. 400 sui
pareri delle commissioni parlamentari sugli schemi di decreti legislativi delegati abili-
ta, secondo i principi generali sul silenzio, il governo a comunque procedere. Il pare-
________
(45) Ma la dottrina afferma che anche i procedimenti di concessione delle onorificenze sono oggi provvedimenti ammini-
strativi: A. M. SANDULLI, Manuale, cit., 623; M.S. GIANNINI, ibidem; A. FRANCO, voce Onorificenze, cit., 226 (che
sottolinea che non era così nel periodo monarchico). Tanto sono provvedimenti amministrativi, che sono sottoposti
al normale sindacato giurisdizionale: cfr. Cons. Stato, IV, 26 aprile 1967, n. 141, cit..

23
re in questione, del resto, è sì obbligatorio ma – nulla dicendo la legge – non è vin-
colante: sicché ciò che è dovuto è il mettere l’organo consultivo in condizioni di espri-
mere il suo avviso e di attendere poi un tempo ragionevole perché venga reso: ma non
nell’inibire la propria azione di fronte all’inerzia, o a una volontà di non esprimersi,
del Consiglio.

Se dunque il Consiglio, investito della richiesta di parere, tace o rifiuta di espri-


mere il suo avviso, il Ministro può senz’altro procedere - senza necessità di reiterazio-
ni della richiesta – alla sua decisione.

È il caso di aggiungere che, come può fare un organo consultivo che si ritenga non
sufficientemente informato, il Consiglio dell’Ordine ben può, con la necessaria tem-
pestività, chiedere al Cancelliere-Ministro integrazioni e chiarimenti sulla proposta: il
Consiglio deve infatti poter esprimere la sua valutazione in modo adeguatamente
informato sui fatti e sulla persona del militare candidato. Tale facoltà non deve però
essere di pregiudizio alla speditezza del procedimento e deve essere supportata da
un’effettiva insufficienza formale della documentazione, da valutare anche in compa-
razione con i precedenti: non deve cioè essere, in pratica, fine a se stessa, con l’effet-
to implicito di differire l’avviso e dunque la decisione del Ministro.

L’avvio del procedimento: la proposta del comandante


e il ruolo preliminare del Ministro

Sembra il caso di chiarire alcuni passaggi circa l’avvio del procedimento.

La legge – che, come detto, è la sola fonte oggi abilitata a definire le funzioni, cioè
i poteri, in questione – afferma all’art. 5:
“Le decorazioni dell’Ordine Militare d’Italia sono conferite con decreto del Presidente
della Repubblica, su proposta del Ministro per la difesa, sentito il Consiglio dell’Ordine,
salvo quanto stabilito dal successivo art. 6”.

Lo Statuto – che, come detto, dovrebbe limitarsi a regolare il modo di esercizio


delle funzioni, non definirle – afferma da un lato, all’art. 10, primo comma:
“Le croci dell’Ordine Militare d’Italia sono conferite ai militari delle Forze armate
nazionali in seguito a proposta formulata dal superiore immediato del militare o da altro
superiore più elevato.
La proposta deve essere formulata entro il termine di sei mesi e pervenire alla cancelle-
ria dell’Ordine entro …” ecc. .

Nel prevedere una siffatta proposta come atto d’avvio del procedimento, lo Statuto
certamente eccede dal suo àmbito, perché definisce una funzione sostanziale.
Nondimeno, si tratta di una previsione che a ben vedere sembra praeter legem, ma non

24
contra legem: è ragionevole infatti che il Ministro non proceda se non dopo avere,
anche a fini istruttori e di opinione, sentito il superiore del militare. Sicché che questo
avviso, attivato in via informale, si traduca in una proposta è coerente con il sistema.

Sta di fatto che lo Statuto sembra configurare questa proposta come obbligatoria,
cioè come esclusiva di un’iniziativa autonoma del Ministro. Questo può non essere in
linea con la legge, che non prevede un tale condizionamento del Ministro. Il conferi-
mento di onorificenze non rientra nell’attività amministrativa gestoria, che spetta –
secondo i noti principi – all’apparato amministrativo (qui: tecnico operativo), ma in
quella attinente alla responsabilità politica. Il Ministro è il solo soggetto che, solo, ha
la responsabilità politica di questa concreta rottura della pari dignità sociale sicché
non può essere limitato nelle sue scelte sull’an della concessione. Nondimeno, come
detto, egli non può ragionevolmente prescindere, ove intenda promuovere diretta-
mente il procedimento, dal parere del comandante militare. Si tratterà, nondimeno,
di un parere non vincolante.

La medesima ragione sull’imputazione al solo Ministro della responsabilità politi-


ca di un atto che prescinde dalla gestione amministrativa, impone di non considera-
re come atto dovuto, da parte del Ministro-Cancelliere dell’Ordine, la trasmissione
della proposta del superiore al Consiglio. Vero è che lo stesso Statuto, all’art. 4, primo
comma, afferma che il Consiglio esprime parere sulle proposte “trasmessegli dalla can-
celleria dell’Ordine”, oltre che “sulle questioni interessanti l’Ordine stesso”. Nondimeno
la cancelleria è l’ufficio del Cancelliere, la proposta del superiore è solo una proposta
di proposta ministeriale, e il Ministro non può essere privato della valutazione se
avviare o no il vero e proprio procedimento di concessione previsto dalla legge, che è
quello che inizia con la sua richiesta di parere al Consiglio: richiesta che non può – se
non degradando il ruolo del Ministro - essere formale e automatica, ma che deve
seguire una prima valutazione, da parte del Ministro stesso, sull’opportunità del con-
ferimento in concreto dell’onorificenza proposta dal superiore del militare.
Diversamente, si sostituirebbe alla valutazione del Ministro quella del comandante e
si enfatizzerebbe ulteriormente, con effetti distorsivi analoghi a quelli sopra esposti, il
ruolo assegnato dalla legge al Consiglio. Il Ministro infatti non potrebbe discostarsi
dal combinato disposto di siffatti, in ipotesi, proposta e parere se non motivando il
suo dissenso su un’iniziativa di fatto sottrattagli: il che rappresenterebbe una capitis
deminutio del suo ruolo costituzionale.

È appena il caso di notare che siffatta prima valutazione non è impegnativa per il
Ministro, che, una volta sentito il Consiglio, ben può maturare una diversa e negati-
va opinione sulla concessione.

Per conseguenza di quanto detto, ogniqualvolta la cancelleria dell’Ordine riceve da


un comandante militare una proposta di onorificenza, spetta al Ministro compierne
una delibazione e, solo se questa è favorevole, può essere richiesto il parere del
Consiglio.

25
Le benemerenze cui va riferita la concessione
in relazione all’attuale momento storico

Per diretto effetto della natura della decorazione e del suo riferimento alla persona
del militare, non al fatto se non come sintomo della personalità, i meriti in questio-
ne non debbono consistere in meriti singolari acquisiti attraverso singoli fatti, ma in
meriti complessivi acquisiti attraverso il comportamento continuativo dell’individuo
nel grado, nella funzione o nel complesso della sua attività militare, va esaminato a
quale tipo di servizi, meriti o benemerenze, per natura e riferimento, debba corri-
spondere l’attribuzione dell’Ordine.

Vengono in considerazione da un lato gli attuali compiti, impieghi e missioni e


realtà delle Forze armate, codificati dall’art. 1, commi 3, 4 e 5 della legge 14 novem-
bre 2000, n. 331 (Norme per l’istituzione del servizio militare professionale), secondo
cui tra i“compiti delle Forze armate”, “compito prioritario” è “la difesa dello Stato”, e,
oltre questo, esse “hanno altresì il compito di operare al fine della realizzazione della pace
e della sicurezza, in conformità alle regole del diritto internazionale ed alle determina-
zioni delle organizzazioni internazionali delle quali l’Italia fa parte”. Infine, “le Forze
armate concorrono alla salvaguardia delle libere istituzioni e svolgono compiti specifici in
circostanze di pubblica calamità e in altri casi di straordinaria necessità ed urgenza”.

Questo ampliamento e diversificazione di compiti corrisponde alla mutata realtà


dello scenario internazionale, dove le Forze armate italiane sempre più vengono
impiegate in attività di supporto della pace.

Tutto questo va rapportato al secondo comma dell’art. 1 della legge n. 25 del 1956,
a norma del quale “le decorazioni dell’Ordine Militare d’Italia possono essere conferite
anche per operazioni di carattere militare compiute in tempo di pace, quando siano stret-
tamente connesse alle finalità per le quali le Forze militari dello Stato sono costituite”.

Dal combinato disposto di queste due disposizioni emerge - senza interpretazione


estensiva, ma solo evolutiva in relazione alle mutate circostanze di fatto e di diritto -
quale debba essere la funzione delle decorazioni dell’Ordine Militare d’Italia, in rela-
zione a benemerenze acquisite al di fuori dell’attività bellica: dunque quale sia il tipo
di servizi, meriti o benemerenze cui, per natura e riferimento, debba corrispondere
l’attribuzione dell’Ordine. Le “operazioni di carattere militare compiute in tempo di
pace” sono oggi quelle che l’Italia esegue o cui partecipa, e che si caratterizzano per
un’ampia gamma di situazioni possibili di corrispondenti attività.

In tali attività, la dimensione del supporto tecnico e logistico assume un rilievo


particolare, senz’altro superiore, anche per ciò che riguarda la dimostrazione di pro-
fessionalità militare, all’attività bellica in senso stretto (che anzi, è in tali missioni per
lo più assente o ridotta a sporadiche manifestazioni).

26
La rivitalizzazione dell’Ordine

Questa è l’attuale realtà storica delle Forze armate italiane. L’apprezzamento delle
qualità professionali che rendano il militare degno di una particolare distinzione non
può prescinderne, per restare relegata ad un’attività – quella strettamente bellica – che
quasi non fa parte della recente storia nazionale e dunque della realtà professionale
dei militari. Diversamente opinare significherebbe porre l’Ordine Militare d’Italia in
contrasto con la storia e trasformarlo in un Ordine quasi senza insigniti. Così dun-
que, in relazione alle missioni di pace, vanno valutati “perizia”, “senso di responsabi-
lità” e “valore”.

Non può non considerarsi, a questo proposito, che il ricordato bassissimo (2,89
%) presente rapporto tra le concessioni dell’onorificenza effettuate e quelle effettua-
bili può essere ascritto ad un’accezione eccessivamente ancorata alla passata realtà:
limitare la concessione, per le missioni di pace, alle sole manifestazioni dirette o ana-
loghe a quella più tradizionale capacità militare, può cioè essere la causa di un tale non
ortodosso effetto. Diversamente, si dovrebbe opinare che i componenti delle Forze
armate italiane oggi assai raramente manifestano eccellenze professionali: ma così cer-
tamente non è.

Appare dunque necessario, ad avviso della Commissione, seguire senza esitazioni


la via additata dal Presidente della Repubblica, quale Capo dell’Ordine Militare
d’Italia, di rivitalizzare l’Ordine stesso aumentando il numero dei conferimenti e sop-
perendo così a questa sua inattualizzazione derivata, probabilmente, dalle cennate
cause.

Questa rivitalizzazione non può che avvenire sia, come già è stato fatto, elevando
di classe concessioni precedenti, sia estendendo ad altro personale non insignito la
concessione.

L’attualizzazione deve ovviamente riguardare – sempre che le eccellenze professio-


nali si manifestino - le missioni in atto, come ad esempio Enduring Freedom. Ma è
non meno importante considerare che la cesura storica che si è determinata e la neces-
sità di rimediare transitoriamente ad una prassi indebitamente restrittiva che ha reso
attuata solo in minima parte la previsione del secondo comma del ricordato art. 1
della legge n. 25 del 1956, consigliano di prendere oggi in esame, per colmare la lacu-
na, anche espressioni di professionalità manifestatesi nelle precedenti missioni di cui
le Forze armate italiane sono state protagoniste, dalla Libano 2 (1982) al Curdistan
(1991), dal Mozambico (1993) alla Bosnia – Erzegovina (1996), all’Albania (1997).

Non può infatti non essere considerato, nella prospettiva del rimedio alla indebita
anemizzazione realizzatasi, che le stesse missioni di pace italiane sono state, per nume-
ro e per partecipanti complessivi, di quantità circoscritta. Ma tale essendo la realtà
delle Forze armate italiane, è ad essa – e dunque a tutte le missioni svoltesi - che

27
occorre oggi rapportare l’indirizzo generale sulla concessione del beneficio, non ad
altro, oggi inesistente, scenario. Se si prescinde da questa situazione, fatalmente si
incorre nella indebita protrazione della descritta anemizzazione e si ritorna allo stra-
niamento dell’istituto rispetto alla realtà storica.
Non solo: occorre anche guardarsi dall’inopportunità e dalla manifesta ingiustizia
in cui si incorrerebbe se tale rivitalizzazione fosse applicata solo de futuro, cioè con
riguardo sole alle future manifestazioni di eccellenza, e non, come detto transitoria-
mente, alle predette missioni passate. Da un lato infatti, dal punto di vista generale,
lo iato si colmerebbe solo in un tempo assai lungo, perché solo dopo diverse altre
nuove missioni si potrebbe raggiungere, con una lenta curva ascendente, un numero
complessivo di investiture tale da far ritenere che l’anemizzazione è venuta meno.
Passerebbero cioè anni e anni prima di raggiungere questo risultato. Dall’altro, si cree-
rebbero patenti ed illegittime disparità di trattamento, date dalla circostanza che solo
d’ora in avanti si applica un’interpretazione delle norme conforme ai tempi, alla realtà
e ai compiti attuali delle Forze armate italiane: per cui, a parità di merito dimostrato,
il militare che ne ha dato prova ieri sarebbe penalizzato rispetto a quello che avrà dato
prova domani.

Appare dunque opportuno e corretto che, in via transitoria, si rimedi alla situa-
zione ingeneratasi attraverso una presa in considerazione di quanto manifestatosi in
occasione delle “operazioni di carattere militare compiute in tempo di pace” nei periodi
decorsi.

Non osta, a tali fini, il decorso del termine di cui all’art. 10, secondo comma, dello
Statuto, a norma del quale la proposta del superiore “deve essere formulata entro il ter-
mine di sei mesi e pervenire alla cancelleria dell’Ordine entro un anno dalla data del fatto
d’arme o dalla fine dell’operazione di carattere militare cui la proposta si riferisce, salvo
per la gran croce che di massima, non viene concessa se non a guerra conclusa o ad opera-
zione di carattere militare ultimata”.

Non si tratta infatti di termine rigido e perentorio, anche se il rispetto ne è, di


norma, opportuno. La recente prassi lo dimostra, giacché l’elevazione di classe di alcu-
ni insigniti, recentemente effettuata, così come l’attribuzione ad altri, è stata com-
piuta motivando genericamente all’attività successiva ai lontani fatti che erano stati
“sicura prova di perizia, di senso di responsabilità e di valore”. Questo ben consente l’op-
portuno ingresso nell’Ordine di altri candidati, nei sensi indicati. Diversamente, del
resto, non si potrebbe che in tempi assai lunghi rimediare all’incongrua anemizzazio-
ne dell’Ordine, di cui si è detto: con l’effetto di mantenere eccessivamente basso il
numero complessivo degli insigniti.

L’uscita da questa anemizzazione deve avvenire, nondimeno, guardano alla effetti-


vità delle benemerenze e senza provocare indesiderabili effetti “inflattivi” che abbas-
serebbero, altrettanto indebitamente, la carica simbolica della concessione e il suo pre-
gio intrinseco.

28
Si è detto che, specie nell’attuale fase storica, l’impiego delle Forze armate italia-
ne nelle missioni di pace impone di corrispondere le concessioni dell’Ordine a tale
configurazione reale dello strumento militare. Perciò particolare significato riveste
la previsione del secondo comma dell’art. 1 della legge n. 25 del 1956 sulle “opera-
zioni di carattere militare compiute in tempo di pace”, da leggere in combinato dispo-
sto con l’art. 1, commi 3, 4 r 5 della legge n. 331 del 2000 sui compiti delle Forze
armate.

Altrettanto in combinato disposto, sempre per quanto si è detto, deve oggi legger-
si – se applicati alle missioni di pace – l’intero art. 1 della legge n. 25 del 1956 per la
determinazione dei requisiti delle benemerenze come espressioni della spiccata pro-
fessionalità militare del candidato. Pertanto, in tale contesto, le espressioni “perizia”,
“senso di responsabilità” e “valore” assumono un significato giocoforza diverso che nella
situazione di conflitto in cui tradizionalmente si mostrava la capacità del militare. E
anche di questo si è detto.

Il criterio cui riferire l’attribuzione nell’ambito delle cinque classi dell’Ordine


(Gran croce, Grande ufficiale, Commendatore, Cavaliere ufficiale, Cavaliere) non
può discostarsi dalle considerazioni che precedono. Diversamente, si arriverebbe a
conclusioni rinneganti le premesse. Non solo: considerata la detta natura della deco-
razione e anche la detta limitata competenza dello Statuto, i requisiti delle beneme-
renze per le varie classi, esposti all’art. 6 dello Statuto e testualmente configurati su
sole situazioni belliche, vanno dall’interprete rapportati alle missioni di pace.
Espressioni come “coraggio”,“valor militare” e simili vanno evolutivamente intese
secondo la configurazione di queste missioni: debbono così, ragionevolmente, essere
attenuate se non, a seconda dei casi, elise nel loro significato letterale di manifesta-
zioni nel conflitto armato. Ne deve essere salvaguardata invece la ratio di manifesta-
zioni eminenti della qualità professionale del militare, considerate in senso mera-
mente indicativo e non tassativo: nelle missioni di pace, l’eccellente qualità professio-
nale del militare può altrettanto emergere anche da altre e non codificate manifesta-
zioni, consone alla missione e totalmente estranee al combattimento. La circostanza
che l’art. 6 dello Statuto, retrospettivamente modellato sulla sola attività bellica, non
ne parli nulla significa, perché altrimenti si giungerebbe a vanificare il portato del
secondo comma dell’art. 1 della legge.

È anche da aggiungere che l’attività in questione deve sì essere stata esercitata in


posizione di comando (come, senza controindicazioni, genericamente si evince dal
detto art. 6 dello Statuto), ma non necessariamente nell’esclusiva posizione di coman-
do dell’intera missione, giacché altrimenti si tradurrebbe, al di là e contro la previsio-
ne legislativa, in un’attribuzione riservata ai soli comandanti della missione stessa.
Non solo: i riferimenti al comando compiuti dall’art. 6 sono quelli del comando in
operazioni belliche, e dunque vanno, nelle missioni di pace, disattesi nel loro signifi-
cato letterale per essere ricondotti alla configurazione di cui ripetutamente si è detto:
ad esempio, per quanto riguarda la croce di cavaliere, l’assunzione di un comando
superiore (art. 6, penultimo comma) postula una situazione di urgenza propria del-

29
l’azione di guerra, causata dall’improvvisa mancanza del comandante titolare, sicché
non si adatta alle missioni di pace.

Resta ovviamente ferma, in detto quadro, la gradazione tra le cinque classi: spet-
terà all’interprete, facendo uso degli indicati criteri, rapportare alle missioni di pace le
fattispecie rispettivamente previste per la situazione di guerra. Di questo dovrà darsi
motivatamente conto nell’atto di concessione.

Quanto al passaggio di classe, esso deve – come si è detto – corrispondere a nuove


benemerenze, che avranno dimostrato nel militare una qualità superiore a quella già
riconosciuta. A questo riguardo bene soccorre l’art. 7 dello Statuto nella parte in cui
– senza nulla innovare dal punto di vista sostanziale – ribadisce un principio ricava-
bile dal sistema, per cui l’ufficiale di qualunque grado già fregiato di una classe
dell’Ordine può ottenere il conferimento di una classe superiore ove acquisisca nuove
benemerenze, a quella corrispondenti. Parrà il caso, a questo proposito, proprio per
evitare un rischio futuro di travisamento del beneficio in un mero omaggio alla car-
riera, di rimarcare l’onere di una motivazione ancora più attenta.

La condizione soggettiva dell’insignito

Quanto alla condizione soggettiva del militare italiano insignito di tali distinzioni
(se in servizio o anche non, se ufficiale o anche non) va osservato che la legge non
pone di siffatte distinzioni, e che il considerarle come latentemente presenti costitui-
rebbe un’ulteriore eccezione – non prevista dalla legge, e perciò illegittima – al prin-
cipio di eguaglianza. Correttamente, dunque, si è recentemente agito, innovando alla
tradizione e alle antiche previsioni dell’Ordine Militare di Savoia, nell’insignire
dell’Ordine anche sottufficiali.

Vero è che, storicamente, le ricompense potevano essere concesse ai sottufficiali,


mentre l’attribuzione del “cavalierato” dell’Ordine Militare di Savoia veniva ricondot-
to allo status di ufficiale, per una simmetria tra le due antiche condizioni (ufficiale e
cavaliere) che il nome evocava(46). Nondimeno oggi, in cui il principio di eguaglian-
za è dominante, una siffatta limitazione non ha ragion d’essere. Nulla ora impedisce,
giuridicamente, di attribuire il cavalierato, o altra classe, dell’Ordine Militare d’Italia
ad un sottufficiale, purché in relazione a fatti commessi in funzione di comando.

Che la funzione di comando, eventualmente anche di fatto e occasionale, sia tra i


requisiti è reso implicito nella manifestazione di “senso di responsabilità” che deve
accompagnare il fatto rivelatore dell’eccellenza professionale.
________
(46) La regola, nondimeno, soffriva eccezioni: l’art. 14, comma 37, del r.d. 28 settembre 1855, n. 1114,, che pure richie-
deva la condizione di ufficiale, prevedeva che alla croce di cavaliere poteva aspirare anche il “militare di qualsiasi grado”,
purché già decorato di due medaglie al valore.

30
Quanto ai militari in congedo, non vi è – come del resto è pacifico – ragione alcu-
na per non ammetterli a distinzioni di quella che è stata l’espressione eccellente della
loro capacità. Non si tratta, è da sottolineare, di un grado, ma di un’onorificenza.

Tutto questo si collega strettamente con l’esaminata natura della onorificenza e la sua
causa: essa non deve costituire un omaggio alla carriera del militare, tale da collegare,
quasi automaticamente e per presunzione, i meriti necessari per il raggiungimento di
un certo grado con quelli per il conferimento del beneficio in questione. In realtà per
essere insigniti di questa onorificenza si richiedono concreti meriti eccellenti, diversi
da quelli necessari e sufficienti per l’ordinario avanzamento ad un certo grado. Non
solo: si può aggiungere che, per la medesima ragione, tali meriti eccellenti vanno valu-
tati in relazione al grado rivestito, affinché non siano confusi con i comportamenti
che ordinariamente rientrano in questo e che perciò sono ordinariamente richiesti al
militare che rivesta quel grado. Questa è la ragione per cui “perizia, di senso di respon-
sabilità e di valore” debbono essere sicuramente provate attraverso “azioni distinte”, vale
a dire episodi circoscritti che di quelle eccellenti qualità, non ordinarie, siano indi-
scutibile segno.

Conclusioni

Richiamata l’opportunità di porre allo studio, in una prospettiva futura, una revisio-
ne dello Statuto, la Commissione, sulla base delle considerazioni che precedono, ritie-
ne di rispondere ai quesiti posti nei termini seguenti, da intendere in una con tutto
quanto sopra esposto:

a) l’insignire dell’Ordine Militare d’Italia è da intendere come attribuire una ono-


rificenza, perché tale è la natura giuridica dei segni di distinzione in esame. Il
rapporto con le ricompense al valore o al merito militare è di possibile cumulo e
di reciproca indifferenza giuridica.
b) l’attribuzione dell’Ordine corrisponde a servizi, meriti o benemerenze, anche
emergenti (soprattutto, viste le presenti circostanze storiche) in relazione agli
attuali compiti, impieghi e missioni e realtà delle Forze armate come indicati
dall’art. 1 della legge n. 331 del 2000: anche a questi va riferito il significato di
“perizia, di senso di responsabilità e di valore” di cui all’art. 1 della legge n. 25 del
1956. Le espressioni “coraggio” e “valor militare”, di cui all’art. 6 dello Statuto,
debbono intendersi come prive di un ulteriore o più restrittivo significato e
vanno a questi ricondotte.
c) i meriti in questione debbono consistere in particolari meriti complessivi acqui-
siti attraverso il comportamento dell’individuo nel grado, nella funzione, o nel
complesso della sua attività militare.
d) il criterio cui riferire l’attribuzione nell’ambito delle cinque classi dell’Ordine
(Gran croce, Grande ufficiale, Commendatore, Cavaliere ufficiale, Cavaliere) va
adattato alle missioni di pace, nei sensi che sono stati indicati.

31
e) il militare italiano che viene insignito di tali distinzioni può essere in servizio o
non, ufficiale o non.
f ) la funzione svolta dal militare che viene insignito nell’acquisire la benemerenza
deve essere di comando, anche occasionale, ma non necessariamente in capo.
g) la funzione sostanziale spettante rispettivamente al Presidente della Repubblica,
al Ministro della difesa e al Consiglio dell’Ordine va rapportata alla presente
forma di governo. La proposta del Ministro è vincolante e costituisce la deci-
sione, il parere del Consiglio non è vincolante, il controllo del Presidente della
Repubblica è di garanzia e la sua competenza è manifestazione della rappresen-
tanza della unità nazionale. Il Ministro non ha l’obbligo di trasmettere al
Consiglio dell’Ordine tutte le proposte di conferimento che provengono dai
superiori militari. Il Consiglio dell’Ordine ha l’onere di esprimere chiaramente
e tempestivamente la propria valutazione. Il tutto come più dettagliatamente è
sopra esposto.
h) il termine entro cui promuovere l’attribuzione previsto dall’art. 10 dello Statuto
non è perentorio. Il che consente di procedere ad una rivitalizzazione
dell’Ordine, ridotto oggi ad appena il 2,89% delle onorificenze conferibili. Per
procedere in tempo adeguato a tale risultato, è opportuno prendere in conside-
razione le manifestazioni di capacità militare manifestatesi durante tutte le ope-
razioni di pace cui l’Italia ha partecipato nei periodi decorsi.

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