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FRANCESCA GRASSI

Il pluralismo culturale è divenuto una realtà delle società


contemporanee.

Il modo tradizionale di pensare la cultura, ossia delimitata


geograficamente e appartenente a specifici gruppi che occupano
determinati territori, appare superato.

L'insieme dei fenomeni definiti come ''globalizzazione'' impone di


acquisire consapevolezza del fatto che le culture sono miste,
intrecciate tra di loro e sottoposte a reciproca influenza.

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Non significa che il mondo sia diventato tutto uguale ed omogeneo, anzi, vi
sono disuguaglianze che tendono ad aumentare e culture locali che, per
paura di una omogeneizzazione, tendono a chiudersi in loro stesse o in
nuovi fondamentalismi.

L'intercultura ha indotto a scoprire e mettere in rapporto le differenze


etniche, ma il rischio è di limitarsi ad esaltare e fissare queste diversità,
senza metterle in dialogo tra di loro o, addirittura, ostacolare la
comprensione reciproca.
CONTESTO

In un tale contesto,
il ''compito'' della comunicazione interculturale
è, infatti, quello di
favorire il confronto
tra persone di culture diverse e la coesione sociale.

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TRE FASI

La capacità di comunicare tra culture deriva:

1. dalla consapevolezza,
2. dalla conoscenza
3. unite ad una forte esperienza personale.

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Consapevolezza significa il riconoscere che ciascuno porta
con sé una particolare cultura mentale, che deriva dal
modo in cui è cresciuto.

E che coloro che sono cresciuti in altre condizioni, per le


stesse ottime ragioni ne possiedono una diversa.

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Conoscenza dell’altro significa, dovendo interagire con
altre culture, imparare come sono, quindi quali sono i loro
simboli, i loro eroi, i loro riti , la loro storia.

Conoscenza è soprattutto conoscere la nostra cultura, i


nostri simboli, la nostra storia.

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La comunicazione interculturale è un insieme integrato di abilità e facoltà
generali e non di competenze specifiche; questo non esclude, tuttavia, che si
possano acquisire conoscenze particolari che arricchiscano la relazione
comunicativa.

In particolare, la conoscenza della lingua costituisce un modo per ''accorciare


le distanze'' e per dimostrare interesse verso l'altro.

Il linguaggio, oltre ad essere uno strumento di comunicazione, è anche un


sistema di rappresentazione della percezione e del pensiero.

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Fondamentale elemento di conoscenza specifica è la conoscenza non
stereotipata di valori e tradizioni.

Il riferimento è alla essenziale conoscenza degli stili di comunicazione


e delle regole di interazione.

La competenza specifica risiede quindi nella capacità di interpretare i


modi particolari con cui stili e regole vengono espressi attraverso la
comunicazione dalle singole persone.

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LA COMUNICAZIONE NASCOSTA
Una comunicazione interculturale corretta si focalizzerà sulla modalità
soggettiva con cui le altre culture vengono vissute:
• la lingua parlata,
• la comunicazione non verbale,
• gli stili di comunicazione,
• la comprensione dei vari caratteri nazionali.

Un'attenzione particolare in questo ambito è fornita al linguaggio non


verbale, quella che E. Hall chiama la dimensione nascosta.

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Secondo Hall, gli esseri umani sono guidati da due forme di informazioni
alle quali si può accedere in due modi diversi:

1. quello della cultura esplicita, manifesta che viene appresa tramite la


parola e la socializzazione (può essere riconosciuta da un osservatore
esterno).

2. e quello della cultura implicita, tacita. È non verbale, ma fortemente


situazionale, secondo regole che non vengono insegante e apprese, ma
acquisite nelle diverse circostanze e nei diversi ambiti dell’esperienza
della vita quotidiana.

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GLI ASSIOMI DELLA COMUNICAZIONE
PAUL WATZLAWICK

1. Intenzionalità (non si può non comunicare)

2. Informazione (metacomunicazione)

3. Interpretazione (punteggiatura)

4. Interazione (numerico e analogico)

5. Interdipendenza (simmetria e complementarietà)


SILLOGISMO DELLA COMUNICAZIONE

 Ogni comportamento è comunicazione

 Noi siamo i nostri comportamenti

 Quindi noi siamo comunicazione


LA COMUNICAZIONE CORPOREA

1. Il sistema paralinguistico

2. Il sistema cinesico

3. L’aptica

4. La prossemica
IL SISTEMA PARALINGUISTICO
Il sistema paralinguistico: detto anche sistema vocale non verbale, indica l'insieme dei suoni emessi
nella comunicazione verbale, indipendentemente dal significato delle parole.
Il sistema paralinguistico è caratterizzato da diversi aspetti: tono, frequenza, ritmo e silenzio.

 Tono: viene influenzato da fattori fisiologici (età, costituzione fisica), e dal contesto.

 Frequenza: anche in questo caso l'aspetto sociale ha una forte influenza.

 Ritmo: conferisce maggiore o minore autorevolezza alle parole pronunciate. Nell'analisi del ritmo
nel sistema paralinguistico va considerata l'importanza delle pause, che vengono distinte in pause
vuote e pause piene. Le pause vuote rappresentano il silenzio tra una frase e l'altra, quelle piene le
tipiche interiezioni (come mmm, beh) prive di significato verbale, inserite tra una frase e l'altra.

 Silenzio rappresenta una forma di comunicazione nel sistema paralinguistico, e le sue


caratteristiche possono essere fortemente ambivalenti. Anche in questo caso gli aspetti sociali e
gerarchici hanno una parte fondamentale.
IL SISTEMA CINESICO
Il sistema cinesico comprende tutti gli atti comunicativi espressi dai movimenti del corpo.

 Il contatto visivo tra due persone ha una pluralità di significati, dal comunicare interesse al gesto di sfida.
L'aspetto sociale ed il contesto influenzano anche questo aspetto.

 Altra componente del sistema cinestesico è la mimica facciale. Riguardo a questo aspetto va considerato
che non tutto ciò che viene comunicato tramite le espressioni del volto è sotto il nostro controllo (ad
esempio l'arrossire o l'impallidire). La gran parte delle espressioni facciali volontarie.

 Altro elemento fondamentale del sistema cinestesico sono i gesti, soprattutto delle mani (ma anche
piedi, gambe, tronco). La gestualità manuale può essere una utile sottolineatura delle parole, e quindi
rafforzarne il significato, ma anche fornire una chiave di lettura difforme dal significato del messaggio
espresso verbalmente.

 Altro elemento del sistema cinestesico è la postura. Anche in questo caso gli elementi sociali e di contesto
hanno grande importanza, talvolta identificando con precisione la posizione corretta da mantenere in una
data circostanza, talvolta in maniera meno codificata ma comunque necessaria.
L’APTICA

L'aptica è costituita dai messaggi comunicativi espressi tramite contatto fisico.


Anche in questo caso si passa da forme comunicative codificate (la stretta di mano,
il bacio sulle guance come saluto ad amici e parenti), ad altre di natura più
spontanea (un abbraccio, una pacca sulla spalla).

L'aptica è un campo nel quale le differenze culturali rivestono un ruolo cruciale: ad


esempio la quantità di contatto fisico presente nei rapporti interpersonali fra le
persone di cultura sud-europea verrebbe considerata come una violenta forma di
invadenza dai popoli nord-europe
L’atto di stringersi la mano è spesso il primo contatto fisico nel percorso
conoscitivo fra due persone, un gesto sociale che ci mostra disarmati così da
creare un clima favorevole all’incontro, la prima informazione attiva che diamo
di noi stessi.
Stretta di mano dominante: il proprio palmo è rivolto verso il basso così come il
polso in modo che il dorso della mano del dominante sia visibile ad entrambi
gli attori sociali.
Stretta di mano sottomessa: il proprio palmo è rivolto verso l’alto così come il
polso in modo che la mano sia nascosta sotto quella del dominante. Può
essere utile se si vuol lasciare volontariamente il controllo all’altro attore
sociale.
Stretta di mano di uguaglianza: le mani si stringono simmetricamente ed
eseguono un’oscillazione verticale ripetuta. Trasmette stima e rispetto
reciproco tra i due attori sociali.
Stretta di mano confidenziale: entrambe le mani afferrano quella dell’altro
attore sociale con il quale si ha già una certa confidenza.
LA PROSSEMICA
Nella prossemica
l’uso dello spazio e della distanza
implica un equilibrio instabile
tra
processi affiliativi (di avvicinamento)
e processi di riservatezza (di distanziamento):

abbiamo bisogno di mantenere contatti con gli altri e la vicinanza spaziale costituisce
una premessa in questa direzione,
ma allo stesso tempo
abbiamo bisogno di definire e di proteggere la nostra privatezza e
la distanza fisica rappresenta una condizione importante a questo riguardo.

La regia di queste oscillazioni tra affiliazione/vicinanza e riservatezza/distanza


è mediata attraverso la gestione della propria territorialità.
“In una fredda giornata d’inverno,
una compagnia di porcospini si strinsero vicini,
per proteggersi, col calore reciproco, dal rimanere assiderati.
Ben presto, però, sentirono le spine reciproche;
il dolore li costrinse ad allontanarsi di nuovo l’uno dall’altro.
Quando poi il bisogno di scaldarsi li portò nuovamente
a stare insieme, si ripeté quell’altro malanno;
di modo che venivano sballottati avanti e indietro tra i due mali,
finché non ebbero trovato una moderata distanza reciproca,
che rappresentava per loro la migliore posizione”.
L’antropologo Edward Hall definisce la prossemica
« lo studio di come l’uomo struttura inconsciamente i microspazi – le distanze
tra gli uomini mentre conducono le transizioni quotidiane,
l’organizzazione dello spazio nella propria casa e negli altri edifici
e infine la struttura della città»
Per la prossemica il territorio è un’area geografica
che assume risvolti e significati psicologici
nel corso degli scambi comunicativi.

Esistono un territorio pubblico e territorio domestico.


Il primo è dove gli individui hanno libertà di accesso,
ma è regolato da norme e vincoli ufficiali e la loro trasgressione è sanzionata.
Il secondo invece è quello in cui l’individuo sente di avere libertà di movimento,
nel quale prova un senso di agio e del quale possiede il controllo
(per esempio la propria casa, l’ufficio, ecc. …).
Lo spazio che ci separa dagli altri è uno spazio propriocettivo
che esiste nella nostra mappa del mondo
ed è chiamato spazio prossemico o bolla prossemica,
perché si sviluppa tutta intorno a noi.

Se ad esempio chiamiamo una persona e questa per risponderci si avvicina,


la distanza alla quale essa si fermerà da noi
rappresenterà il suo spazio prossemico,
ossia quella particolare distanza mentale e relazionale
che desidera avere da noi.

La prossemica si occupa dei


messaggi che il nostro corpo trasmette
collocandosi nello spazio intorno a sé rispetto alle cose o alle persone.
«Lo studio delle relazioni di vicinanza nella comunicazione»
Distanza INTIMA Distanza PERSONALE
(<45 cm) (45 -120 cm)
Facilità di contatto Possibilità di contatto
Percezione dell’odore Non si percepisce l’odore
Tono basso della voce Tono medio della voce

Distanza SOCIALE
(1,20 - 3,50 m)
Assenza di contatto Distanza PUBBLICA
Non si percepisce l’odore (> 3.50 m)
Tono della voce sostenuto Apparizioni in pubblico
«differenti mondi culturali corrispondono a differenti mondi percettivi»
Lo studente straniero adulto con cui lavoriamo può avere una padronanza base
dell’italiano, per cui la comunicazione elementare è garantita, ma è necessario sempre
tener conto che:

• sul piano concettuale, continua a pensare secondo le proprie regole e categorie


culturali;
• sul piano comunicativo, assume la grammatica e il lessico della lingua italiana, ma
conserva i propri codi extra-linguistici: gestualità, distanza, simboli id status e di
gerarchia.
COMUNICAZIONE INTERCULTURALE
Scegliere consapevolmente quali modelli comunicativi e culturali accettare,
tollerare, rifiutare nelle varie situazioni in cui ci si trova ad operare.

Evitare i conflitti involontari dovuti alle differenze culturali.

Rendersi protagonisti di un mondo che punti alla curiosità, al rispetto,


all’interesse per soluzioni diverse dalle proprie.

Percepire lo scarto, anche se con difficoltà definibile, fra codici per la


comunicazione verbale e non-verbale, atteggiamenti, comportamenti, sistemi di
valori e credenze ( religiosi e non ) dei quali sono portatori sia i singoli individui
che gruppi sociali.
PROBLEMI
L’interculturalità ha inizialmente coinciso con la necessità di risolvere problemi anche
gravi di tipo teorico pratico. Questo è dovuto soprattutto al fatto che l’immigrazione, da
permanenza temporanea si è trasformata in coabitazione di lunga durata, per motivi di
lavoro o di studio, e anche permanente.
Secondo l’atteggiamento assimilazionistico l’altro, in quanto ospite sul nostro territorio deve
adeguarsi non solo alle nostre leggi, ma anche al nostro insieme di comportamenti
condivisi.
Anche se ad oggi costituisce la strategia cui si ricorre più frequentemente, si va sempre
più facendo largo la convinzione che essa non sia sufficiente a prevenire il maggior
numero di conflitti. L’atteggiamento assimilazionistico non considera il fatto che
l’immigrato è portatore di una cultura interiorizzata che può modificarsi, ma non essere
cancellata o sostituita.
Tale atteggiamento è stato causa di una reazione di autodifesa forte, da spingere in taluni
casi, soprattutto la seconda generazione, ad una evidente forma di autodifesa, detta
autoghettizzazione, cioè al recupero intransigente delle proprie origini come reazione al
mancato riconoscimento della propria differenza.
INTEGRAZIONE

Sottolinea maggiormente la necessità di un reale dialogo fondato sul confronto, con le


differenze intese non come qualcosa da superare, ma come un elemento di
arricchimento reciproco.
L’integrazione punta sul confronto costruttivo, con il presupposto di una accettazione da
parte dell’ospite della nostra cultura e delle nostre leggi.
E’ opportuno sottolineare come l’alternativa fra le due forme non è radicale né netta, è
piuttosto vero che le strategie messe concretamente in atto a livello istituzionale, si
trovano sempre e, forse, inevitabilmente, collocate in un punto situato fra i due
estremi.
FINE

Il fine della comunicazione interculturale


non è principalmente la tolleranza per l’altro,
quanto la disponibilità ad integrare
nei propri schemi mentali di riferimento
alcuni aspetti delle diversità percepite
e a modificare quegli schemi
in virtù delle nuove informazioni che riceve dall’interlocutore.
LA MAPPA DELLA COMUNICAZIONE INTERCULTURALE

WWW.MAPPAINTERCULTURALE.IT

P. E. Balboni e F. Caon

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