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Ottant’anni fa venne firmato il Patto d’acciaio

Fu il culmine dell'alleanza tra Germania nazista e Italia fascista, e per l'Italia non fu un
gran successo diplomatico.
Il 22 maggio 1939 fu firmato un “patto di amicizia e di alleanza” tra Italia e Germania,
meglio noto come “Patto d’Acciaio”. Alla cerimonia, celebrata nel nuovo palazzo della
Cancelleria del Reich appena finito di costruire, assistette l’allora dittatore tedesco Adolf
Hitler: l’accordo fu firmato dai rispettivi ministri degli Esteri – Galeazzo Ciano e Joachim
von Ribbentrop – con grande solennità, alla presenza dell’alto comando dell’esercito
tedesco. Pochi mesi dopo sarebbe iniziata la Seconda guerra mondiale.
«Il patto di amicizia e di alleanza concluso oggi fissa e consacra in precisi impegni politici e
militari quella profonda comunione di spiriti e di opere che esiste tra Germania nazista e
Italia fascista», dichiarò Galeazzo Ciano subito dopo la firma, celebrata poi pubblicamente
con manifestazioni di piazza. In effetti il Patto d’Acciaio strinse ancora di più l’alleanza tra
l’Italia fascista e la Germania nazista, ma alcuni commentatori dell’epoca giudicarono la
mossa svantaggiosa per l’Italia dal punto di vista diplomatico. Per capire perché occorre
risalire alla nascita dell’alleanza tra i due paesi, di cui il Patto d’Acciaio fu il sigillo ufficiale
ma che si formò alcuni anni prima.

Le origini

Nel 1939 il regime fascista di Benito Mussolini era al potere da quasi vent’anni, mentre
Hitler era al potere in Germania da molto meno, dal 1933. Entrambi avevano instaurato un
regime dittatoriale – un sistema politico a partito unico – eliminando gli avversari politici,
comprimendo le libertà civili e accentrando tutti i poteri nelle loro mani. L’avvicinamento
tra Hitler e Mussolini, però, avvenne soprattutto dopo che l’Italia invase l’Etiopia, nel
1935, per provare a costruirsi un proprio impero coloniale. A causa di questa decisione,
infatti, la Società delle Nazioni (una specie di antenato dell’ONU) sanzionò l’Italia, che
rimase isolata dal punto di vista politico, dato che Francia e Inghilterra erano fortemente
contrarie alla nascita di una nuova potenza coloniale. C’era un altro sentimento che univa il
regime fascista e quello nazista: il risentimento per l’esito della Prima guerra mondiale e
per il trattato che ne aveva sancito la pace, quello di Versailles del 1919. Per l’Italia era stata
una “vittoria mutilata”, per la Germania una sconfitta totale.
Dopo l’invasione dell’Etiopia del 1935 ci fu un altro evento che avvicinò ulteriormente
Italia e Germania, cioè la guerra civile spagnola: entrambi i paesi infatti aiutarono con
ingenti mezzi bellici e risorse economiche il Fronte Nazionale del futuro dittatore
Francisco Franco, con lo scopo di guadagnare poi un alleato a guerra finita e trovarsi
quindi meno isolati. Dopodiché, nel 1936, l’avvicinamento tra Mussolini e Hitler culminò
negli accordi firmati il 25 ottobre con cui nacque l’Asse Roma-Berlino. Il nome deriva da
un discorso che Mussolini tenne a Milano, in piazza Duomo, il successivo primo novembre:
Questa verticale Berlino-Roma non è un diaframma, è piuttosto un asse attorno al quale
possono collaborare tutti gli Stati europei animati da volontà di collaborazione e di pace.

Verso il Patto

Anche se furono importanti, gli accordi di Berlino erano perlopiù formali. Nonostante le
parole di Mussolini, poi, le intenzioni di Hitler non erano pacifiche né lo erano quelle
italiane: entrambi nutrivano ostilità verso le altre potenze europee ed entrambi aspiravano
a espandere il proprio «spazio vitale» (Lebensraum in tedesco), in particolare la Germania
verso est. A partire dal 1938 cominciò quindi a emergere l’esigenza di concretizzare
l’alleanza e renderla più vincolante dal punto di vista militare.
In realtà per un certo periodo Hitler non fu del tutto convinto della validità dell’Italia come
alleato militare, anzi: nel 1937 aveva escluso questa possibilità. Secondo lo storico Renzo
De Felice sul giudizio di Hitler influivano la scarsa considerazione che avevano molti
ufficiali e uomini politici tedeschi dell’affidabilità italiana. L’anno seguente il quadro
cambiò: a marzo ci fu l’Anschluss, l’atto con cui Hitler riuscì infine ad annettere l’Austria
alla Germania e avvicinarsi così all’obiettivo di unificare i popoli germanici. Mussolini, che
era stato sempre contrario all’intrusione dei tedeschi nella vicina Austria, accettò con
difficoltà la mossa di Hitler, e la popolarità dell’Asse negli ambienti politici e militari
italiani si ridusse notevolmente: persino il re a quel punto era contrario a un’alleanza
militare con la Germania.
Pur non opponendosi all’Anschluss, Mussolini all’inizio del 1938 aveva avviato dei colloqui
con l’Inghilterra per appianare alcuni scontri diplomatici che c’erano stati fino a quel
momento, dovuti all’atteggiamento espansionistico italiano in Africa e in Spagna. Per
evitare di perdere un alleato, quindi, Hitler cambiò idea sull’affidabilità italiana e cercò in
tutti i modi di sigillare l’Asse tramutandolo in un accordo militare.
A maggio del 1938 ci fu la famosa visita di Hitler a Roma, accompagnato dal ministro degli
Esteri Ribbentrop, proprio per convincere gli italiani a stringere l’alleanza. Nonostante le
manifestazioni pubbliche solenni e spettacolari, in privato i colloqui tra italiani e tedeschi
furono tesi e difficoltosi: Ribbentrop e Hitler tentavano di portare i discorsi su un piano
concreto, mentre Mussolini e Ciano nicchiavano. Alla fine la visita non significò molto,
almeno nell’immediato, dal punto di vista militare e concreto.
Non c’era margine di trattativa, però, e i tedeschi furono irremovibili, soprattutto dopo la
conferenza di Monaco del settembre 1938, un incontro diplomatico tra tutte le
potenze europee per spartirsi la Cecoslovacchia: nel paese viveva una minoranza di lingua
tedesca, e Hitler minacciava di occuparlo. La conferenza era stata organizzata per cercare
di arginarlo facendogli delle concessioni, con Mussolini stesso a fare da ponte diplomatico
tra Francia, Inghilterra e Germania. Dopo la conferenza, che all’inizio fu giudicata da tutti
un successo, Mussolini si rese conto che il bellicismo di Hitler non era diminuito (nel
marzo del 1939 avrebbe comunque occupato la Cecoslovacchia) e che i suoi rapporti
diplomatici con la Francia e con l’Inghilterra non erano sufficientemente solidi. Non gli
rimaneva dunque scelta: cedere alle pressioni tedesche e stringere l’alleanza militare.

La natura del Patto

Il Patto d’Acciaio fu accettato quasi malgrado la volontà di Mussolini: era un’alleanza


militare estremamente vincolante, come la volevano i tedeschi. Il giornale svizzero
L’Express scrisse a giugno del 1939 che l’accordo faceva «dell’Italia, qualsiasi cosa succeda,
un vassallo per i tempi di pace, un campo di battaglia per i tempi di guerra». La natura
stringente del Patto d’Acciaio emerge soprattutto dall’articolo 3:

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