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Uno degli esercizi con cui torturo i miei allievi, ancora prima di esporli a
vocalizzi su scale complesse, è la messa di voce. Su note singole - e su tutte le
vocali - devono emettere un suono che, partendo dal pianissimo ed arrivando al
fortissimo - percorra tutto lo spettro dinamico disponibile allo strumento
individuale in questione. Non si tratta di certo di un esercizio che miri soltanto
allo sviluppo della dinamica; esso allena in primis la “sensibilità cordale”,
ovvero la percezione della massa vibrante e della conseguente pressione esercitata
dal flusso aereo sulla glottide (alcuni direbbero “i registri primari”), preparando
l’allievo alla gestione degli acuti. Uno dei “problemi” vocali più frequenti che
riscontro, infatti, è la tendenza a “rimanere bloccati” in un assetto cordale: ci
sono dunque individui che “tirano su” (ovvero portano in acuto) la cosiddetta “voce
di petto” (intesa qui come coordinazione usata generalmente - anche se non sempre -
nel parlato o comunque nelle note gravi), altri che “tirano giù” (ovvero portano al
grave) la cosiddetta “voce di testa” o il “falsetto”, altri ancora che si ritrovano
con quello che descrivono - con un’espressione alquanto buffa - come il “buco in
mezzo”. La messa di voce si rivela estremamente utile per innescare le
coordinazioni che permetteranno di gestire al meglio anche tutte le zone
dell’estensione. In particolare, la capacità di “assottigliare” il grave e
“irrobustire” l’acuto saranno un elemento chiave per quei cantanti che - sulla base
di ragioni stilistiche - necessitino di sviluppare quella voce “unica” che, senza
interruzioni o bruschi cambiamenti timbrici, permetta loro di cantare in tutta
l’estensione.
Il modello EVTS descrive la messa di voce come un progressivo cambio di qualità
vocale; essa, effettivamente, prevede la gestione raffinata di componenti aeree,
laringee e risonanziali, nonché di tutta la muscolatura ausiliaria di “appoggio”.
Ciò la rende un esercizio molto difficile, la cui esecuzione risulterà migliore
solo dopo anni di studio. Ma ciò che si impara, nell’eseguirlo, ha un valore
inestimabile in termini propriocettivi per il discente; per tale ragione, non è
(quasi) mai troppo presto per iniziare a praticarlo.

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