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DEFINIZIONI PARTE ISTITUZIONALE

Impresa Capitalistica: Il modello capitalistico si basa sullo scambio; intendiamo quell’impresa


ideata e promossa per il conseguimento di un profitto. Il rischio ricade sul capitale proprio, rischio
legato all’eventualità che il valore di ciò che si è prodotto sia inferiore a quello utilizzato per
produrre. Ogni impresa ha un imprenditore.
Azienda No-Profit: Chiamiamo comunemente aziende non profit tutte quelle aziende costruite sul
modello filantropico-erogativo. Sono non profit le aziende nelle quali è fisiologicamente escluso il
conseguimento di profitto; lo rendono impossibile la loro struttura economica e il tipo di relazione
che intercorre tra i costi e le risorse destinate alla loro copertura, inoltre la produzione non è
oggetto di scambio di mercato e in assenza di scambio non può esistere un profitto.

Soggetto Giuridico: Con l’espressione soggetto giuridico si designa quella persona fisica o altro
soggetto di diritto (ente, associazioni, fondazione, ecc..) nel cui nome si svolge l’attività
dell’azienda e su cui ricadono tutti gli obblighi e i diritti discendenti dalla gestione aziendale. Ogni
soggetto giuridico ha un nome, una sede, uno scopo e un patrimonio. Il soggetto giuridico può
essere privato o pubblico. I soggetti giuridici pubblici sono messi a disposizione di ogni cittadino da
parte dell’Ordinamento; l’Ordinamento italiano prevede la Fondazione, l’Associazione e le Società
Commerciali; tra queste ultime abbiamo SPA, SRL, SAS e la Società Cooperativa.
La SPA è divisa in azioni, ha una assemblea, un organo amministrativo e un organo di controllo. La
titolarità di azioni conferisce all’azionista il diritto di voto in assemblea e una parte degli utili
conseguiti. Il dividendo quindi ha le caratteristiche di una remunerazione eventuale e aleatoria, ciò
a causa del rischio d’impresa, ed è uguale per tutti i soci, salvo la presenza di azioni speciali. Fin
quando la società è in vita il socio non può chiedere il rimborso delle sue azioni, ma può venderle
liberamente.

Soggetto Economico: Con l’espressione soggetto economico si indica quella persona o quel gruppo
compatto di persone che ha potere decisionale nella gestione aziendale. Nelle imprese individuali
soggetto economico e soggetto giuridico coincidono.
Nella SPA il soggetto economico è colui che detiene la maggioranza del capitale sociale. In assenza
di tale maggioranza, i soci devono riunirsi al di fuori dell’assemblea per decidere una linea comune
da seguire successivamente.
Nei Gruppi d’Imprese la figura più importante è quella della capogruppo, che ingloba anche la
figura del soggetto economico. Quando la capogruppo svolge la sola attività di gestione e
coordinamento assume il nome di Holding, mentre quando affianca a questa attività una normale
attività di produzione di beni e servizi assume il nome di Holding Mista.
Fabbisogno Finanziario: Il fabbisogno finanziario è la capacità dell’azienda di assolvere i propri
obblighi nei tempi stabiliti. L’insieme di tutti gli investimenti a breve, medio e lungo termine per
formare una nuova azienda è chiamato fabbisogno iniziale.
Per il calcolo del fabbisogno finanziario ci sono due possibili procedimenti:
1. Procedimento Diretto, che guarda ai flussi di incassi e pagamenti, da qui la prospettazione
di incassi e pagamenti futuri. Se i pagamenti risulteranno maggiori degli incassi avremo un
fabbisogno finanziario, al contrario se i pagamenti saranno minori degli incassi avremo una
liquidità.
2. Procedimento Indiretto, che guarda agli investimenti e li classifica in investimenti in
Capitale Fisso e in Capitale Circolante. Il Capitale Fisso è composto dalle immobilizzazioni
tecniche e può essere Materiale o Immateriale con durata Limitata o Illimitata. Il suo
calcolo è: +Investimenti Iniziali -Ammortamento +Nuovi Investimenti.
Il Capitale Circolante, invece, è rappresentato da tutti quegli investimenti che si
esauriscono in un unico ciclo produttivo. Possiamo calcolare il Capitale Circolante Lordo:
+Valore Rimanenze +Crediti Commerciali; e il Capitale Circolante Netto: +Valore Rimanenze
-Debiti Commerciali +Crediti Commerciali.

Profitto: Il profitto è la remunerazione dell’imprenditore per essersi accollato la gestione


dell’impresa e tutti i rischi che discendono da essa. Il profitto è la differenza tra i Ricavi e i Costi, e
rappresenta una remunerazione eventuale a causa del rischio generico d’impresa. Tre sono le
teorie del profitto:
1. L’intero reddito, quindi l’intera eccedenza dei ricavi sui costi;
2. La remunerazione base dei fattori in posizione residuale, quindi c’è profitto solo quando si
è in grado di assicurare la remunerazione base dei fattori in posizione residuale;
3. La congrua remunerazione dei fattori in posizione residuale, quindi c’è profitto solo
quando si è in grado di assicurare la congrua remunerazione dei fattori in posizione
residuale.

Economicità: L’economicità aziendale esprime la capacità dell’azienda di perdurare nel tempo


ottemperando adeguatamente ai propri fini.

Equilibrio Economico: L’impresa si trova in equilibrio economico quando riesce ad ottenere


entrate capaci di remunerare congruamente sia i fattori in posizione contrattuale che quelli in
posizione residuale.

Margine di Contribuzione: Il margine di contribuzione è il contributo che il prodotto in esame


fornisce all’impresa per la copertura dei costi fissi, pertanto un prodotto che realizza un buon
margine di contribuzione alleggerisce gli altri prodotti da questo onere. Il Margine di Contribuzione
di ottiene sottraendo al Ricavo del singolo prodotto i costi di Manodopera e Materie Prime.
Plusvalenze e Minusvalenze da Cessione: Plusvalenze e Minusvalenze sono componenti
straordinari di reddito realizzati in seguito alla cessione di beni strumentali. Al momento della
vendita occorre determinare il valore netto contabile di quel bene, ottenuto dalla differenza tra il
suo costo storico e il valore ammortizzato. Se il prezzo di vendita sarà maggiore del valore netto
contabile rileveremo una plusvalenza, al contrario, se il prezzo di vendita sarà minore del valore
netto contabile rileveremo una minusvalenza.

Riserve: Le riserve sono parti ideali del Capitale netto e rappresentano una sorta di cuscino
ammortizzante, evitando la perdita rilevata in dati esercizi. Abbiamo tre tipi di riserva:
1. Riserva Legale: l’ art. 2430 del C.C. prescrive che il 5% degli utili conseguiti dall’impresa
deve essere accantonato in riserva legale e il suddetto articolo precisa che tale obbligo
persiste fino al raggiungimento del 20% del Capitale Sociale;
2. Riserva Statutaria: lo statuto di ogni società può prevedere, ad integrazione degli
accantonamenti obbligatori, ulteriori accantonamenti;
3. Riserva Volontaria: tali accantonamenti non sono istituzionalizzati ma decisi in base alle
esigenze della società.

Lavoro Dipendente: Costo dell’impresa per la remunerazione del lavoratore= Remunerazione


Lorda + Oneri Sociali + TFR
Somma percepita dal lavoratore= Remunerazione Lorda + Assegni Familiari – Oneri sociali –
Imposte sul reddito o ritenute fiscali (IRPEF).

Struttura Finanziaria: E’ il mix delle fonti di finanziamento che l’impresa utilizza per la copertura
del fabbisogno finanziario. Abbiamo fonti interne e fonti esterne. Le fonti interne sono il fondo
rischi, il fondo svalutazione crediti, il fondo manutenzioni e riparazioni, denominati
Autofinanziamento in senso Improprio , e l’utile d’esercizio non distribuito, denominato
Autofinanziamento in senso Proprio; Le fonti esterne sono rappresentate dal Capitale Proprio,
formato Capitale Sociale, le Riserve da Utili e le Riserve da Capitale, e dal Capitale di Credito che
rappresenta un debito dell’impresa nei confronti di chi ha conferito tale credito. Il Capitale Proprio
assorbe il rischio, è una fonte durevole e non presenta costi fissi; il Capitale di Credito è anch’essa
durevole, va rimborsato e genera dei costi fissi. Per decidere la percentuale di capitale proprio e di
credito bisogna tener conto di:
1. Andamento del fabbisogno finanziario;
a) Con un fabbisogno decrescente si può spingere all’indebitamento con un
finanziamento a Medio/Lungo termine per poi passare a uno a breve termine;
b) Con un fabbisogno crescente è preferibile utilizzare maggiormente il capitale
proprio;
c) Con un andamento tendenzialmente costante del fabbisogno finanziario le
percentuali saranno all’incirca di 50 e 50.
2. Rischio limite;
Se la gestione dell’impresa va male per evitare il fallimento si può decidere di sciogliere e liquidare
l’impresa. Il rischio limite è misurato attraverso la perdita patrimoniale che l’impresa subirebbe se
fosse costretta allo scioglimento a causa di uno squilibrio della gestione non risanabile.

3. Rischio d’impresa;
Per quanto riguarda il rischio d’impresa va tenuto in considerazione che l’indebitamento
genera interessi passivi che sono costi fissi che aumentano il rischio d’impresa.
4. Costo dell’indebitamento;
Bisogna tener conto del costo generato dall’indebitamento e se l’impresa è in grado di
restituirlo senza subire ulteriori danni.
5. Posizione e intenti del soggetto economico.
Dopo aver raggiunto un buon equilibrio tra capitale proprio e di credito, se il soggetto
economico non sarà in grado di conferire capitale proprio si spingerà il ricorso
all’indebitamento, pur non essendo una logica scelta.

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