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Modelli operativi per la didattica:

l'organizzazione di unità di
apprendimento
(PRO015)

Laura Berrettini
Università per Stranieri di Perugia

Pisa, 2009
ISBN: 978-88-6725-018-9
Ultima revisione 26 febbraio 2015
ICoN – Italian Culture on the Net L. Berrettini – Modelli operativi per la didattica…

Presentazione del modulo

Insegnare una lingua straniera e/o seconda è un'attività impegnativa che richiede, oltre alle
conoscenze per operare consapevolmente, l'organizzazione puntuale degli strumenti idonei a
raggiungere gli scopi e gli obiettivi dell'insegnamento linguistico.

Il modulo affronta i principali temi della didattica dell'italiano come L2, illustrando i momenti
operativi fondamentali per la didassi (azione dell'insegnamento) quotidiana.

Dapprima vengono presentati gli elementi comuni a tutte le realtà di insegnamento (non solo
linguistico) e si discute di programma, di curricolo e di sillabo, mettendo in evidenza le
caratteristiche di un curricolo centrato sull'apprendente e sul soddisfacimento di bisogni
comunicativi reali.

Dopo aver presentato i modelli teorici di unità didattica proposti da Giovanni Freddi e Renzo
Titone, si passa all'analisi dei momenti costitutivi del modello operativo, mostrando la validità della
scansione in sei momenti della "molecola matetica" nel processo di apprendimento.

Si discute poi delle tecniche didattiche da usare in classe per lo sviluppo delle abilità e per
l'acquisizione delle regole, mettendo in evidenza che nella pratica didattica è importante integrare le
singole tecniche al fine di offrire un ventaglio ampio e diversificato di attività, sempre rispettando la
coerenza con il proprio quadro epistemologico di riferimento e con il relativo piano di
programmazione del corso.

Affrontando i problemi del language testing, si analizzano i due momenti distinti della verifica e
della valutazione e si indicano le diverse tipologie di test che accertano il raggiungimento degli
obiettivi didattici facenti parte di un programma prestabilito; infine si danno brevi suggerimenti per
l'elaborazione di un test.

Alla comunicazione in classe e ai diversi stili comunicativi presenti nel contesto di


apprendimento/insegnamento è dedicata la penultima unità, nella quale, partendo dalla concezione
secondo cui la lezione di L2 è un'attività sociale, si considerano i contenuti dell'insegnamento
linguistico come "autentici" se basati sul parlato euristico e su scambi comunicativi genuini e
naturali.

Infine una breve panoramica sulle glottotecnologie utilizzate nel contesto didattico permette di
mostrare i vantaggi di questi mezzi multimediali, che, implicando una gestione integrata di codici e
sistemi simbolici diversi, richiedono non solo competenze materiali di padronanza degli strumenti,
ma anche conoscenze delle procedure culturali incorporate in una data tecnologia.

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Guida al modulo

Scopo del modulo

Scopo generale del modulo è far comprendere che cosa significa insegnare/apprendere una L2 in
contesti educativi sempre più complessi. Nel presentare le varie fasi dell'azione didattica – dalla
programmazione dei contenuti alla valutazione degli apprendimenti – si forniscono gli strumenti
metodologico-operativi per strutturare un percorso didattico in cui, grazie all'interazione tra gli
studenti, il docente e la lingua e cultura straniera, si realizzi un progetto integrato che migliori il
sapere e il saper fare in una (o più) L2.

Contenuti del modulo

Il modulo è composto da:

1. il testo delle unità didattiche;


2. alcuni materiali di approfondimento su modulo, unità di lavoro, sillabo e curricolo:

- Un esempio di sillabo analitico


- Un esempio di sillabo basato su dei compiti
- Un esempio di sillabo processuale
- Due esempi di sillabi tratti da corsi di lingua e cultura italiana per stranieri
- Sillabo di italiano L2: Adulti immigrati per motivi di lavoro
- Il modulo e l’unità di lavoro
- A. Benucci, Problemi di definizione, in Sillabo di italiano per stranieri, Perugia, Guerra, 2008, pp.
19-22

3. alcune schede di approfondimento:


- Foreigner talk e teacher talk: tra elaborazione e semplificazione
- Le interazioni asimmetriche e la figura del regista

4. un glossario di linguistica (utile per definire alcuni dei termini utilizzati nel corso del modulo).

Attività richieste

Lettura e studio del modulo.

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Indice delle unità didattiche

UD 1 - L'organizzazione di un corso per l'apprendimento di una L2

L'unità affronta il tema dell'organizzazione e programmazione dei contenuti di un corso di lingua.


Dopo aver definito cosa si intende per programmazione, programma e curricolo, si presentano i
criteri che vanno tenuti presenti per la scelta del curricolo e i fattori che influenzano tale scelta.
Viene poi presentato un modello di curricolo centrato sull'apprendente. Infine si prendono in esame
le modalità di valutazione di un curricolo, da parte sia dell'insegnante che degli allievi.

1.1 - La programmazione didattica

1.2 - Il programma

1.3 - Il curricolo

1.4 - Indicazioni per programmare corsi di lingua

1.5 - Modello di curricolo centrato sull'apprendente

1.6 - La valutazione del curricolo

UD 2 - Il sillabo nella didattica di una L2

In questa unità si analizza il concetto di sillabo e le sue applicazioni nella didattica linguistica, dopo
aver presentato una breve panoramica dei principali modelli di sillabo che sono stati proposti dagli
studi di area glottodidattica. Sarà spiegata la differenza tra i sillabi proposizionali (formali e
funzionali) e quelli processuali (basati su compiti e processuali veri e propri), secondo una
categorizzazione ampiamente condivisa da chi si occupa di insegnamento linguistico.

2.1 - Il sillabo

2.2 - I sillabi analitici e sintetici

2.3 - I sillabi orientati sul prodotto

2.4 - I sillabi processuali (o procedurali)

2.5 - I sillabi processuali veri e propri

2.6 - Il multisillabo

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UD 3 - L'unità didattica

Si illustra il modello operativo più diffuso nella didattica linguistica, l'unità didattica,
evidenziandone la struttura, le funzioni e i modelli più significativi proposti dalla glottodidattica
italiana. Nell'ultima sezione si analizza la prospettiva della rete di unità, in cui la struttura diviene
più flessibile, espandendosi a strumenti tecnologici, come internet e video.

3.1 - Modelli operativi in didattica

3.2 - L'unità didattica

3.3 - Modelli teorici di unità didattica

3.4 - Modello glottomatetico

3.5 - Modello di Giovanni Freddi

3.6 - Dall'unità didattica alla rete di unità di apprendimento

UD 4 - Le tecniche didattiche nell'apprendimento linguistico

Dopo aver chiarito i concetti di approccio, metodo e tecnica, in questa unità si affronta il tema delle
tecniche didattiche, intendendo con questo termine le procedure da usare in classe per lo sviluppo
delle abilità e per l'acquisizione delle regole linguistiche. Nell'ampio repertorio di tecniche
didattiche disponibili, saranno presentate quelle che si ritengono più utili ed efficaci sia per lavorare
sulle abilità linguistiche da esercitare sia per focalizzare l'attenzione sugli aspetti morfosintattici di
una lingua.

4.1 - Teoria, approccio, metodo e tecnica

4.2 - Ruolo e funzioni delle tecniche nel contesto glottodidattico

4.3 - Le tecniche didattiche per lo sviluppo delle abilità linguistiche

4.4 - Tecniche per lo sviluppo delle abilità ricettive

4.5 - Tecniche per lo sviluppo delle abilità produttive

4.6 - Tecniche per lo sviluppo della competenza linguistica

4.7 - Tecniche nel contesto dell'unità didattica

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UD 5 - La verifica e la valutazione nell'apprendimento della L2

Obiettivo di questa unità è analizzare le tematiche relative alla verifica, valutazione e misurazione
in L2; in altre parole si discute di language testing sia per gli aspetti che riguardano la definizione
dell'oggetto di verifica (la competenza in L2), sia per i criteri da tener presenti nel momento in cui si
operazionalizzano gli scopi e i modi per effettuare la verifica e per validare i dati ottenuti.

5.1 - Verifica e valutazione

5.2 - Misurazione e valutazione

5.3 - I requisiti di un test

5.4 - Scopi della valutazione

5.5 - Tipologia delle prove

5.6 - Elaborazione e costruzione di un test

5.7 - La valutazione

UD 6 - L'interazione in classe

Partendo da una concezione della lezione di L2 come specifica attività sociale, in questa unità si
considera con attenzione la natura dell'interazione in classe: le sue caratteristiche generali e quelle
più specifiche riferibili all'insegnamento della L2. Si analizza poi il carattere particolare
dell'interazione insegnante/alunni e si danno indicazioni sulle attività più idonee a costruire una
comunicazione didattica efficace fin dai primi momenti della lezione.

6.1 - La comunicazione nel sistema classe

6.2 - Aspetti relazionali della comunicazione e stile di insegnamento

6.3 - Contesti comunicativi ed eventi linguistici nella classe di L2

6.4 - L'interazione verbale in classe

6.5 - Verso nuovi orientamenti metodologici

6.6 - Le strategie per favorire la comunicazione in classe

6.7 - Tecniche per lo sviluppo delle abilità di interazione

UD 7 - Le tecnologie per l'apprendimento linguistico

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Le tecnologie educative applicate all'apprendimento linguistico possono considerarsi la nuova


frontiera della didattica linguistica: i nuovi media, affiancati a quelli tradizionali, sono mezzi e
insieme oggetti di apprendimento e insegnamento. Saranno, quindi, presi in esame gli strumenti più
diffusi nell'attuale panorama d'insegnamento e verranno delineati i criteri per scegliere i materiali
elettronici multimediali più adatti ad uno specifico tipo di studente. Infine si accenna alle
straordinarie potenzialità offerte da internet per apprendere una lingua straniera e utilizzare la rete in
modo intelligente.

7.1 - Tecnologie didattiche

7.2 - Ruolo delle tecnologie nella didattica linguistica

7.3 - La multimedialità

7.4 - L'ipertesto

7.5 - Il software didattico

7.6 - Valutazione del software didattico

7.7 - Software multimediale per l'apprendimento dell'italiano

7.8 - Internet e l'apprendimento delle lingue

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UD 1 - L'organizzazione di un corso per l'apprendimento di una L2

L'unità affronta il tema dell'organizzazione e programmazione dei contenuti di un corso di lingua.


Dopo aver definito cosa si intende per programmazione, programma e curricolo, si presentano i
criteri che vanno tenuti presenti per la scelta del curricolo e i fattori che influenzano tale scelta.
Viene poi presentato un modello di curricolo centrato sull'apprendente. Infine si prendono in esame
le modalità di valutazione di un curricolo, da parte sia dell'insegnante che degli allievi.

1.1 - La programmazione didattica

1.2 - Il programma

1.3 - Il curricolo

1.4 - Indicazioni per programmare corsi di lingua

1.5 - Modello di curricolo centrato sull'apprendente

1.6 - La valutazione del curricolo

1.1 - La programmazione didattica

Nel processo di insegnamento/apprendimento, la programmazione di un corso rappresenta una fase


fondamentale a cui tutti i docenti dovrebbero dedicare un'attenzione particolare, in quanto
costituisce il progetto didattico in cui si affrontano due elementi importanti: cosa insegnare (i
contenuti) e come insegnare (i metodi). In altre parole, con l'azione programmatica è necessario
specificare le conoscenze e le capacità che ci si propone di far acquisire tramite il processo di
insegnamento.

La programmazione consiste nella elaborazione di un percorso flessibile che, in vista del


raggiungimento di determinati obiettivi di competenza, espressi in termini di abilità e di conoscenze
verificabili, individua i contenuti, i metodi, le strategie didattiche e i materiali più adeguati al
raggiungimento delle mete prefissate.

Tuttavia, nella fase di programmazione, i contenuti non sono lo scopo prioritario, ma i mezzi per
potenziare le capacità. Insieme ai contenuti, i metodi, le tecniche e le verifiche dei risultati, e anche
i tempi di attuazione dovranno essere strettamente funzionali agli obiettivi e quindi coordinati con
essi e tra di loro. Si può, comunque, prevedere la durata delle varie tappe e delle attività collegate
che, in un processo armonico di crescita delle abilità e delle conoscenze degli allievi, si ritengono
utili al conseguimento degli obiettivi finali.

Nel progetto programmatico, ciascuna di tali tappe può essere indirizzata alla realizzazione di
ognuno dei sotto-obiettivi nei quali gli obiettivi finali e più generali possono essere suddivisi.

In una programmazione curricolare corretta si parte dalla identificazione dei bisogni degli allievi
per poi approntare il programma (o sillabo), le strategie (metodi/approcci), i materiali e i mezzi che
meglio rispondono al soddisfacimento di tali bisogni (Porcelli 1994: 130).

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Questi elementi, incrociandosi, determinano un ampio ventaglio di situazioni di


insegnamento/apprendimento, che, se sviluppate coerentemente, consentono di perseguire le mete
educative.

I modelli operativi più utilizzati nella didattica linguistica sono il programma (vedi 1.2), il curricolo
(vedi 1.3) e il sillabo (vedi UD2).

1.2 - Il programma

Per programma si intende l'elenco degli argomenti che specificano i contenuti di un corso.

Esso è la base di riferimento per l'insegnante a cui offre un modello di conduzione della disciplina
da insegnare, fondato su una scansione logica e temporale degli argomenti. Con questo piano di
lavoro si organizzano i contenuti, in vista del conseguimento di determinati obiettivi, basandosi sul
criterio fondamentale della organicità intrinseca della disciplina. La scelta cade sui contenuti
ritenuti più importanti.

Di solito il programma è stabilito dall'Istituzione di riferimento (Ministero, Università, Distretto


scolastico ecc.) al fine di assicurare a tutti gli studenti mete formative e competenze culturali, se non
omogenee, almeno di pari valore. Dato il suo carattere istituzionale è considerato uno strumento
prescrittivo e statico, che di solito non è accompagnato da una dichiarazione esplicita relativa ai
metodi che il docente intende seguire e ai fini da perseguire.

1.3 - Il curricolo

Il curricolo (dal latino curriculum) è un modello operativo che delinea un profilo formativo in
maniera articolata e complessa, indicando le mete, gli obiettivi e i contenuti che sono oggetto del
corso.

Si può dire che "un curricolo fonde le nozioni di programma e di sillabo" (Balboni 1999: 25), in
quanto si riferisce a tutti gli aspetti della pianificazione e dell'implementazione metodologica e della
valutazione di un programma di insegnamento, definendo le mete e gli obiettivi da raggiungere in
rapporto al contesto sociale e alle caratteristiche degli apprendenti, indicando i materiali, i sussidi e
le tecniche di lavoro da mettere in campo e descrivendo le forme di accertamento e di valutazione
da adottare in quello specifico contesto.

Più precisamente con curricolo ci si riferisce alle seguenti operazioni:

- una pianificazione iniziale basata sull'analisi dei bisogni dei discenti;

- l'individuazione e la definizione degli obiettivi specifici da raggiungere;

- la selezione e sequenziazione dei contenuti di insegnamento;

- le decisioni metodologiche riguardanti la scelta dei materiali didattici e delle attività da svolgere in
classe;

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- indicazioni riguardanti i tempi, le risorse, le modalità di gestione della classe e la tipologia delle
prove per verificare il raggiungimento delle finalità prefissate;

- una valutazione globale del percorso di insegnamento/apprendimento.

Trattandosi di un piano di lungo periodo – che spesso copre un intero ciclo di insegnamento –
nell'elaborare un curricolo è opportuno tener conto di alcuni fattori primari che sono: il contesto,
l'apprendente, l'insegnante e la metodologia.

Il contesto (dove) si riferisce sia alla più ampia realtà nazionale e alla sua politica educativa, sia alla
realtà locale, specifica, in cui si svolge l'attività di insegnamento (scuola, istituto, gruppo docente
ecc.). Come sostiene Freddi,

lo Stato, soprattutto lo stato nazionale, ha una sua filosofia della lingua – e delle lingue – che si esprime
nell'imposizione di una lingua nazionale sull'intero territorio, in atteggiamenti più o meno protezionistici nei riguardi
della stessa, in forme di repressione o di tutela verso le lingue minoritarie, in apertura più o meno grande verso le lingue
straniere e il loro studio. [...] In tutti i casi si tratta di scelte riconducibili alle vicende vissute dalla comunità nazionale e
anche al prestigio – per quanto riguarda l'insegnamento delle lingue – che viene riconosciuto o negato ai popoli – stati
stranieri che le parlano. Tutto dipende dal fatto che questi ultimi vengano percepiti come modelli positivi o negativi. Il
contesto locale è quello in cui si svolge l'attività di insegnamento ed è costituito dalla scuola, dalle famiglie, dagli
insegnanti, nonché dalla composizione socio-economica e socio-culturale delle classi (Freddi 1994: 94-95).

L'apprendente (chi), con le sue caratteristiche psico-fisiche ed esistenziali, è il centro dell'attività di


pianificazione curricolare: per costruire un percorso adeguato, è fondamentale conoscere le sue
caratteristiche psicologiche, i suoi interessi, i bisogni linguistici, le aspirazioni e le condizioni socio-
esistenziali che incidono sul suo impegno e sul profitto. Questi elementi influenzano l'impianto
curricolare nel senso che a livello di scuola dell'obbligo si devono progettare curricoli con esplicite
finalità pratico-formative, mentre a livello di istruzione superiore e universitaria si privilegiano di
solito finalità pratico-strumentali.

L'insegnante (chi), in qualità di educatore ed esperto dell'insegnamento, ma anche come guida e


consigliere, è responsabile dell'andamento della classe e della sua organizzazione; sceglie e propone
l'approccio metodologico più idoneo al raggiungimento delle mete di apprendimento individuate.

Per quanto riguarda l'insegnamento delle lingue (come), poi, non si deve trascurare che una lingua
va insegnata secondo metodologie, sequenze, tecniche, glottotecnologie, operazioni e verifiche che
sono di area glottodidattica; ma anche la pedogogia (che studia i problemi dell'educazione:
autorealizzazione, acculturazione, socializzazione) e la psicologia dell'apprendimento (che studia la
personalità e le modalità di apprendimento) forniscono preziose indicazioni per ben operare nella
gamma di attività del contesto classe.

In particolare, tra le mete glottodidattiche proprie delle lingue straniere, due sono ritenute
indispensabili:

- lo sviluppo della competenza comunicativa nella lingua e cultura straniera;

- lo sviluppo della competenza glottomatetica, cioè della capacità di apprendimento linguistico,


riferito anche a tutte le altre lingue che l'allievo studia o studierà in futuro (Balboni 2002: 93).

Sulla base di queste finalità e quindi degli obiettivi funzionali, grammaticali, sintattici, culturali ecc.
si individuano i mezzi, che variano da situazione a situazione; così, ad esempio, insegnando una
lingua come lingua seconda agli immigrati, non si ha bisogno di un'aula di civiltà, che invece è

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molto utile se si insegna quella lingua come lingua straniera all'estero; se si tratta di un corso per
bambini o per principianti, si avrà un periodo iniziale di approccio esclusivamente orale (capire e
parlare) e successivamente si passa alla lettura e poi alla scrittura.

I materiali didattici e i mezzi tecnologici dipendono dai fini e dagli obiettivi, non sono variabili
indipendenti: si usa un certo tipo di testo o di supporto tecnologico perché si vuole fare una certa
attività, non solo perché è disponibile.

Della valutazione del curricolo si parlerà in 1.6.

1.4 - Indicazioni per programmare corsi di lingua

L'organizzazione di un programma di studi per l'apprendimento di una L2 presenta una serie di


variabili che devono essere tenute presenti al fine di svolgere nel migliore dei modi l'attività di
insegnamento.

Condizione preliminare e indispensabile è la conoscenza del livello di partenza degli allievi. Sapere
quali sono le loro abilità e/o conoscenze pregresse relative alla L2 permette di pianificare i
contenuti nuovi da innestare su quelli già acquisiti. Per avere questi dati, di solito si utilizzano
questionari e test d'ingresso, che informano sulla situazione di partenza dei singoli e delle classi e
sull'esistenza dei prerequisiti per un corso di lingua: cultura generale, padronanza della L1,
sensibilità linguistica, capacità logiche e ideative, atteggiamenti e motivazioni riguardo alla LS ecc.
Per chi ha già studiato una seconda lingua, il test d'ingresso rivela quali livelli di
padronanza/competenza sono stati raggiunti, in modo da collocare lo studente all'interno di un
gruppo classe adeguato. L'efficacia del test dipende dalla chiarezza con cui sono stati definiti i
livelli di competenza per ciascun gruppo classe.

Contemporaneamente è opportuno tener conto:

a. dell'età, sia per le diverse modalità di apprendimento riscontrabili tra il bambino, l'adolescente e
l'adulto, sia per i differenti contesti di apprendimento che essi frequentano. Nella pratica
dell'insegnamento si deve tener conto anche dei ritmi di apprendimento degli allievi e delle loro
precedenti esperienze scolastiche e linguistiche;

b. del tempo a disposizione e della sua distribuzione e concentrazione in un periodo di durata più o
meno ampio;

c. delle risorse utilizzabili: strumenti tecnici disponibili (lavagne luminose, registratori, video,
computer ecc.), biblioteche e loro dotazione, possibilità di usare la fotocopiatrice, libri in adozione,
laboratori ecc.;

d. degli obiettivi del corso: generali, nel caso di un insegnamento scolastico delle lingue straniere;
specifici, se è importante sviluppare competenze e abilità da utilizzare in particolari ambiti
professionali o accademici e lavorativi.

Per quanto riguarda i contenuti, l'operazione di specificazione può essere effettuata a due livelli:

1. definizione dei contenuti linguistici "oggettivi" (Freddi 1994: 100), vale a dire quali strutture,
lessico e testi selezionare e utilizzare, ma anche la sequenza secondo cui presentarli;

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2. individuazione delle operazioni linguistiche da richiedere per lo sviluppo delle abilità che si
intende far apprendere e della loro organizzazione graduale.

A tale proposito, però, è opportuno far osservare che è difficile stabilire una scansione lineare dei
contenuti. L'apprendimento linguistico e lo sviluppo delle abilità linguistiche di base, così come lo
sviluppo delle conoscenze metalinguistiche relative alla lingua studiata, sono difficili da segmentare
in un prima e un poi da trattare isolatamente (Lavinio 2000: 119).

Lo sviluppo di abilità e conoscenze su una lingua non può che attuarsi entro un percorso a spirale,
che, con gradi di approfondimento successivi e mai esaustivi, torni più volte, nel tempo, su temi e
attività tipologicamente affini o sui medesimi contenuti, per riprenderli a livelli di complessità
sempre maggiori.

1.5 - Modello di curricolo centrato sull'apprendente

Come accennato sopra, tradizionalmente, nella preparazione di un curricolo linguistico, la


specificazione dei contenuti viene predisposta con una scansione fissa e decisa all'inizio del corso,
secondo i criteri scelti dall'insegnante e coerenti con i materiali didattici adottati.

In anni recenti l'attenzione accordata ai processi di apprendimento dalla pedagogia linguistica che
ha messo al centro del processo educativo l'apprendente e i suoi bisogni comunicativi, sociali e
psicologici, ha favorito l'adozione di un modello di curricolo più "personalizzato" e meno legato ai
criteri generalisti dei programmi ufficiali.

Al centro del processo didattico c'è lo studente; perciò le azioni del docente devono partire da
questo assunto che sicuramente modifica il rapporto privilegiato tra programma e insegnante ("...c'è
il programma da finire" – questo il frequente ritornello che si sente a scuola) che ha dominato – e
ancora domina – la didassi, non solo linguistica.

Lo studente ha le sue motivazioni, le sue aspettative, i "suoi" bisogni, il suo stile di apprendimento e
le sue strategie: affettive, sociali, cognitive, metacognitive, mnemoniche, compensative (Mariani,
Pozzo 2002).

L'attenzione particolare con cui analizzare ogni singolo aspetto di ogni studente comporta
l'individuazione delle diversità di natura motivazionale, cognitiva, esperienziale che esiste tra i
discenti, ma costituisce anche un prerequisito importante per la diversificazione del processo
didattico, per operare un raccordo tra i bisogni individuali e gli obiettivi di insegnamento prefissati.

In altre parole, "un raccordo tra ciò che si attendono gli allievi e ciò che gli insegnanti e
l'istituzione ritengono che sia una risposta corretta alle loro necessità sul piano del metodo e dei
contenuti" (Ciliberti 1994: 118).

Partendo da questa prospettiva si può ipotizzare una individualizzazione (anche se solo parziale)
della specificazione degli obiettivi di insegnamento, una selezione personalizzata dei materiali
didattici e la scelta di strategie psico-pedagogiche congruenti con il percorso glottodidattico scelto.

Del resto è noto a tutti gli insegnanti che le classi sono da sempre composte da studenti con
caratteristiche particolari che determinano differenze negli stili e nei ritmi di apprendimento. Questo
vale soprattutto oggi, in particolare all'estero (ma anche in Italia, con la presenza di allievi non

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italofoni in classe), dove si lavora spesso con pluriclassi, estremamente differenti per competenze
linguistiche e per stili cognitivi.

Strumenti utili per conoscere gli allievi e rilevare le loro caratteristiche, i bisogni e le motivazioni
sono il questionario sociolinguistico e/o l'intervista.

1.6 - La valutazione del curricolo

Per verificare se il curricolo pianificato ha realizzato gli scopi che si proponeva, è necessario poterlo
valutare. Secondo Nunan (1988: 118), la valutazione, oltre a dare delle informazioni precise,
costituisce anche un processo decisionale, in quanto rappresenta l'indispensabile feedback
dell'operare didattico, il riscontro che consente di ritarare gli obiettivi, di integrare i materiali, di
modificare sequenze e tecniche di lavoro: si inserisce, quindi, nel circolo virtuoso di "insegnamento
→ sperimentazione → valutazione → aggiustamenti che è l'unica condizione di un operare vitale e
produttivo" (Freddi 1994: 131).

Ogni aspetto del curricolo può essere valutato, a cominciare dalla fase di pianificazione che include
l'analisi dei bisogni e la selezione dei contenuti; nella fase di attuazione si valutano la metodologia,
le risorse e la conduzione della classe, ma anche le strategie di apprendimento messe in campo dagli
allievi. Infine nel momento dell'assessment – cioè il controllo dell'apprendimento degli studenti – si
verifica se i procedimenti di controllo sono appropriati per gli obiettivi, se ci sono occasioni di
autovalutazione per gli allievi e per l'insegnante e se le scelte fatte nell'ambito di materiali didattici
e metodologia sono state efficaci.

Gli strumenti per fare queste rilevazioni sono:

- la descrizione di ciò che gli apprendenti hanno effettivamente imparato nel corso di studi,
attraverso l'osservazione del comportamento degli allievi: gli obiettivi, tradotti in attività o abilità
osservabili nella produzione orale, nel lavoro di gruppo, nei test finali ecc. rappresentano il
controllo dei risultati raggiunti dalla classe;

- un corretto rapporto docente/studenti, grazie al quale è possibile conciliare le necessità degli


allievi con quelle del programma e dell'istituzione di riferimento (scuola, Università ecc.),
discutendo e, se necessario, rivedendo parti della pianificazione curricolare; attraverso una scheda,
più o meno articolata, anche lo studente deve poter esprimere le sue riflessioni sul corso svolto, in
modo da fornire feedback a chi ha progettato e realizzato il curricolo;

- l'accertamento degli obiettivi didattici raggiunti dagli studenti nelle prove di verifica che si
svolgono durante tutto l'iter del processo di apprendimento (test d'ingresso, in itinere e finali). Gli
esiti - positivi o negativi - possono essere una spia che indica l'adeguatezza di un curricolo alla
situazione didattica per la quale è stato pensato. Se, infatti, lo stesso curricolo proposto dallo stesso
insegnante a due gruppi dà risultati significativamente diversi vuol dire che per una delle due
situazioni il curricolo (non l'insegnante o il gruppo) è sovradimensionato nei contenuti o
sottodimensionato nei tempi (Balboni 2002: 95).

Tradizionalmente, l’attività curricolare è stata intesa come un percorso lineare che si sviluppa dalla
pianificazione all’attuazione e alla valutazione dei risultati. Questo modello lineare è, oggi,
sostituito da un modello ciclico in cui la verifica e la valutazione non costituiscono uno stadio

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finale, ma un importante momento di presa di coscienza dei risultati ottenuti in ciascuna tappa del
processo curricolare, al fine di apportare eventuali modifiche ed aggiustamenti in corso d’opera.

Una distinzione collegata alle tappe dell’attività curricolare è quella tra

- curricolo pianificato;
- curricolo attuato;
- curricolo valutato.

Il curricolo pianificato costituisce un piano d’azione di ciò che si vuole raggiungere in un corso di
studi e di come si intende farlo; il curricolo attuato si riferisce a quanto è stato effettivamente fatto
durante il percorso di insegnamento; il curricolo valutato, infine, consiste in una descrizione di ciò
che gli apprendenti hanno imparato durante il corso.

Si tratta di tre punti di vista dell’attività curricolare che non si identificano quasi mai: ciò che viene
pianificato non è infatti normalmente quello che viene attuato né ciò che viene imparato. La
distinzione è però utile in quanto indica la funzione di base e di guida che il curricolo svolge per la
valutazione del corso e dei risultati ottenuti.

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UD 2 - Il sillabo nella didattica di una L2

In questa unità si analizza il concetto di sillabo e le sue applicazioni nella didattica linguistica, dopo
aver presentato una breve panoramica dei principali modelli di sillabo che sono stati proposti dagli
studi di area glottodidattica. Sarà spiegata la differenza tra i sillabi proposizionali (formali e
funzionali) e quelli processuali (basati su compiti e processuali veri e propri), secondo una
categorizzazione ampiamente condivisa da chi si occupa di insegnamento linguistico.

2.1 - Il sillabo

2.2 - I sillabi analitici e sintetici

2.3 - I sillabi orientati sul prodotto

2.4 - I sillabi processuali (o procedurali)

2.5 - I sillabi processuali veri e propri

2.6 - Il multisillabo

2.1 - Il sillabo

Il sillabo è quella parte dell'attività curricolare in cui si specificano e ordinano in sequenza i


contenuti dell'insegnamento, in termini di conoscenze, competenze e abilità da far acquisire.

È il piano dettagliato con l'elenco dei contenuti (il corpus del corso), che l'insegnante traduce in
azioni e comportamenti all'interno della classe, senza tuttavia contenere il riferimento metodologico
prescelto e le mete educative espresse nel curricolo (leggi il testo di A. Benucci, Problemi di
definizione).

Nella sua elaborazione è bene tener conto delle diverse componenti che possono influenzare sia il
processo di apprendimento che quello di insegnamento, come, ad esempio, l'input linguistico a cui
sono esposti gli allievi, le conoscenze precedenti, l'ambiente di insegnamento/apprendimento.

Le fasi necessarie alla sua elaborazione sono quattro: focalizzazione, selezione, suddivisione e
graduazione delle conoscenze e capacità che costituiranno l'esito dell'apprendimento linguistico.

La focalizzazione e la selezione considerano gli obiettivi che gli allievi dovranno raggiungere e i
contenuti a cui saranno esposti.

La suddivisione indica la ripartizione di obiettivi e contenuti in unità di apprendimento.

La graduazione e sequenziazione stabiliscono il percorso attraverso il quale sviluppare sia obiettivi


che contenuti.

Il sillabo è lo strumento attraverso il quale l'insegnante, o l'autore del sillabo, può raggiungere un
livello di corrispondenza tra i bisogni, gli scopi dell'allievo come individuo e come essere sociale e

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le attività che si svolgono in classe. C'è chi considera il sillabo un quadro di riferimento entro cui si
situano le attività didattiche, e chi lo vede come un meccanismo di insegnamento per facilitare
l'apprendimento. L'importante è che esso non diventi una gabbia che determina ciò che deve essere
appreso. Esso deve restare, piuttosto, un punto di riferimento per procedere in una data direzione.

La varietà di posizioni e di concezioni relative al sillabo riflette naturalmente le concezioni diverse


della lingua, del suo apprendimento e del suo insegnamento. Ogni sillabo esprime - sia pure
indirettamente - alcune concezioni o punti di vista sulla lingua, sul processo psicologico di
apprendimento e sui processi pedagogici e sociali all'interno della classe.

2.2 - I sillabi analitici e sintetici

I vari sillabi possono essere classificati in modo diverso: una prima distinzione è quella tra sillabi
analitici e sillabi sintetici. Wilkins è stato il primo ad introdurre tale distinzione: "una strategia
sintetica di insegnamento delle lingue è quella in cui le diverse parti della lingua sono insegnate
separatamente e passo dopo passo, così che l'acquisizione risulta essere un processo di
accumulazione graduale di parti, fino alla costruzione completa dell'intera struttura della lingua",
mentre un approccio analitico è quello in cui "non si cerca di ottenere un preciso controllo
linguistico dei materiali dell'apprendimento: le componenti della lingua non sono viste come cubi
da costruzione che devono essere accumulati progressivamente. Sin dall'inizio si permette una
varietà molto più ampia di strutture linguistiche e compito dell'allievo è di avvicinare sempre più il
proprio comportamento linguistico alla lingua globale" (Wilkins 1976: 2).

Nella suddivisione di Wilkins i sillabi nozionali-funzionali (vedi 2.3) rientrano tra i sillabi analitici.

Inizialmente si tendeva ad identificare gli approcci sintetici con i sillabi grammaticali. Tuttavia
alcuni linguisti applicati osservano che il termine sintetico non doveva necessariamente essere
ristretto ai sillabi grammaticali, ma poteva (e può) essere applicato a qualsiasi sillabo in cui il
contenuto è orientato sul prodotto; vale a dire, sillabi che vengono specificati come liste di elementi
discreti e in cui l'attenzione della classe è rivolta, in fase di insegnamento, su elementi separati e
isolabili.

I sillabi analitici "sono organizzati in termini di scopi per i quali la gente impara una lingua, e
secondo i tipi di comportamento linguistico necessario per conseguire quegli scopi" (Wilkins 1976:
14). Nel sillabo analitico agli allievi vengono presentate porzioni di lingua che possono includere
gradi di difficoltà diversi. Il punto di partenza per la progettazione del sillabo non è il sistema
grammaticale della lingua, ma gli scopi comunicativi per cui la lingua è usata.

Anche se concettualmente si possono pensare corsi di lingua solo analitici o soli sintetici, nella
pratica i corsi si caratterizzano per essere o più o meno analitici o più o meno sintetici, a seconda
della prevalenza di elementi discreti nella selezione e graduazione dell'input (vedi la scheda Un
esempio di sillabo analitico).

2.3 - I sillabi orientati sul prodotto

Un'altra distinzione è quella tra sillabi orientati sul prodotto e sillabi basati sul processo di
apprendimento o sillabi processuali (vedi 2.4).

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I sillabi orientati sul prodotto sono quelli in cui il focus è sulle conoscenze e sulle abilità che gli
allievi dovrebbero conseguire come risultato dell'istruzione, mentre i sillabi processuali sono quelli
che focalizzano le esperienze dell'apprendimento. Ai primi vengono ricondotti i sillabi formali e i
sillabi nozionali-funzionali.

Il sillabo formale è inteso come un sillabo strutturale o grammaticale, in cui cioè l'input è
selezionato e graduato in rapporto alle nozioni grammaticali. Esso enfatizza gli aspetti di regolarità
e di sistematicità della lingua. Il modello, in fondo, è l'insegnamento delle lingue classiche.

Se prendiamo in considerazione la distinzione introdotta da Halliday (1983: 211) delle funzioni


linguistiche in tre macro-funzioni - ideativa, interpersonale e testuale - possiamo dire che il sillabo
formale dà priorità alla funzione testuale. In altri termini, si concentra sull'organizzazione del testo
linguistico, dando poca importanza ai significati e ai contenuti veicolati dalla lingua (componente
ideativa) e ai modi in cui la lingua si realizza negli scambi comunicativi (componente
interpersonale). In termini di capacità, questo sillabo si concentra sull'uso corretto delle abilità
linguistiche che vengono presentate secondo una sequenza che va da quelle ricettive - ascolto e
lettura - a quelle produttive - parlare e scrivere -. Obiettivo fondamentale del sillabo formale è
l'accuratezza grammaticale e la correttezza della produzione linguistica.

Il principio di fondo dei sillabi formali sembra essere quello secondo cui la lingua consiste di una
serie finita di regole che possono essere combinate insieme in vario modo per produrre significati.
Le regole possono essere apprese una alla volta, per accumulo: ogni elemento viene appreso
singolarmente prima di essere incorporato nel bagaglio cognitivo precedente. Lo scopo principale
dell'insegnamento linguistico è quello di aiutare gli allievi a capire le regole del codice linguistico.

Il sillabo nozionale-funzionale, sviluppato nella seconda metà degli anni Settanta, si oppone in una
certa misura ai sillabi formali. È stato sviluppato allo scopo di dare agli allievi strumenti per usare la
lingua non solo in modo accurato, ma anche in modo appropriato al contesto.

Questo sillabo - come il precedente - è orientato sulle capacità degli apprendenti, ma, a differenza
dei sillabi formali, seleziona una particolare serie di funzioni ritenute indispensabili per rafforzare
l'abilità comunicativa degli allievi nei vari contesti sociali. Riferendoci ancora alle macrofunzioni di
Halliday possiamo dire che l'enfasi è su una conoscenza ideativa e interpersonale della lingua.

Un sillabo nozionale-funzionale ha il vantaggio di:

1. fissare dei compiti di apprendimento realistici;

2. offrire all'insegnamento quotidiano una lingua autentica;

3. portare l'enfasi sulle attività ricettive prima che gli allievi si impegnino in una esecuzione
prematura;

4. riconoscere che il parlante deve avere uno scopo reale per parlare e qualcosa da dire;

5. rendere la comunicazione intrinsecamente motivante perché esprime funzioni comunicative;

6. rendere possibile all'insegnante di sfruttare le sue competenze linguistiche, psicolinguistiche,


sociolinguistiche e pedagogiche;

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7. rendere possibile un percorso a spirale che ripropone il materiale linguistico e culturale a livelli di
profondità e accuratezza sempre maggiori;

8. consentire lo sviluppo di corsi flessibili e modulari.

Tuttavia, nonostante la particolare attenzione al contesto sociale, il sillabo funzionale non è riuscito
a estendere la sua attenzione oltre gli enunciati individuali e i singoli scambi conversazionali. In
altre parole, questo tipo di sillabo presenta la lingua in termini di funzioni come correlate ad atti di
parola, ma non riesce a presentare la lingua a livello di discorso e, in particolare, non ha, come
proprio obiettivo finale, quello di rendere l'allievo capace di partecipare effettivamente al discorso.
Sarà allora necessario riconsiderare alcuni dei princìpi di questo sillabo per integrare ciò che è stato
trascurato - la lingua a livello di discorso - o che è stato dimenticato - accuratezza versus fluenza -
che significa un passo indietro in termini di enfasi ancora sulla grammatica.

2.4 - I sillabi processuali (o procedurali)

In opposizione ai sillabi formali e nozionali-funzionali sono stati proposti in tempi più recenti sillabi
alternativi tesi a integrare quegli aspetti rilevanti trascurati dai precedenti approcci. Se nei primi
l'attenzione era rivolta al prodotto - conoscenze e abilità che l'allievo doveva acquisire -, con questi
sillabi, l'attenzione si sposta sul processo che porta all'acquisizione di conoscenze e abilità. In altri
termini, se il sillabo formale prevede la competenza linguistica come esito finale e il sillabo
funzionale-comunicativo prevede la capacità di eseguire una serie di funzioni linguistiche, questi
sillabi basati su dei compiti e i sillabi processuali vedono la competenza comunicativa e le abilità di
studio come obiettivi finali che devono essere conseguiti e padroneggiati dagli allievi attraverso le
attività in classe. Questo spostamento di enfasi dal prodotto al processo ha portato alcuni a
distinguere i due tipi di sillabo, a vederli come inconciliabili, mentre altri, come Widdowson,
Candlin e Breen, tendono ad assumere una posizione mediana. Scrive Widdowson:

Non è che un sillabo strutturale neghi l'eventuale scopo comunicativo dell'apprendimento, ma prevede solo modalità
diverse per il suo raggiungimento. Si è più volte sottolineato che i promotori di un tale sillabo supponevano che la
lingua fosse riducibile ad elementi di natura grammaticale e non riuscivano a vedere la realtà dell'uso linguistico. Ma
questa è una presentazione distorta e parziale. Questi sillabi erano proposti come strumenti per acquisire una esecuzione
linguistica attraverso le quattro abilità: ascoltare, parlare, leggere e scrivere. Vale a dire, erano indirizzati verso uno
scopo comunicativo, ed erano visti, non meno dei sillabi nozionali/funzionali, come una preparazione all'uso. La
differenza sta nella concezione dei mezzi per questo fine (Widdowson 1987: 68).

I sillabi processuali e i sillabi basati su dei compiti differiscono pochissimo fra loro: si tratta di
differenze più a livello pratico che nei princìpi che li informano. Si tratta, infatti, di sillabi che sono
organizzati intorno a delle attività, piuttosto che in termini di grammatica o di lessico. Ad esempio,
il sillabo può suggerire modi diversi in cui un allievo può eseguire un compito, come ad esempio
telefonare per avere una certa informazione. Entrambi i sillabi condividono la concezione sulle
procedure che in classe stimolano l'apprendimento e sono costituiti non da liste di item scelti
attraverso un'analisi delle forme linguistiche o attraverso la descrizione di ciò che l'allievo è capace
di fare al termine del corso, ma dalla specificazione dei compiti e delle attività che l'allievo deve
svolgere in classe. Questo approccio ha portato, in fase di pianificazione del sillabo, a pensare ad
attività che chiedono agli allievi di compiere compiti realistici e significativi. Ciò si consegue per
mezzo di gap informativi (information gaps) creati allo scopo di spingere gli studenti, coinvolti
nella ricerca di informazioni, ad usare la lingua in maniera spontanea e significativamente rilevante
per i loro interessi.

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Lo scopo principale di questi sillabi è aiutare gli allievi a produrre enunciati accurati, appropriati ed
efficaci negli eventi comunicativi e renderli capaci di interpretare, esprimere e negoziare significati
sia parlando che scrivendo (vedi la scheda Un esempio di sillabo basato su dei compiti).

2.5 - I sillabi processuali veri e propri

Le ricerche basate sull'analisi delle interazioni in classe e, più in generale le ricerche sulla
acquisizione di una seconda lingua, hanno portato dei cambiamenti nella metodologia didattica e
soprattutto hanno portato ad interessarsi sempre più ai processi di apprendimento linguistico.
Questo interesse è all'origine dei vari tipi di sillabo discussi sopra, ma anche e soprattutto del sillabo
"basato su procedure". La "ricerca azione" (Losito e Pozzo 2005) e l'insegnamento basato
sull'esplorazione dei contesti e degli aspetti decisionali da prendere in ogni momento dell'attività di
classe hanno evidenziato quanto importanti ed utili siano l'osservazione diretta degli studenti da
parte dell'insegnante e le opinioni degli allievi su come procedere in classe. Un sillabo orientato sul
processo guadagna molto dall'osservazione ravvicinata che l'insegnante può compiere in classe e,
viceversa, un'osservazione da vicino dei processi degli studenti può portare l'insegnante ad adottare
quasi naturalmente un sillabo di tipo processuale.

Questo tipo di sillabo va oltre quello basato su compiti dal momento che stabilisce un ponte tra
contenuto (il che cosa) e metodologia (il come) e, soprattutto, tra contenuto, metodologia e
apprendente (chi); in altre parole, tutte le peculiarità individuali degli allievi che continuamente si
osservano nella classe e con le quali l'insegnante si confronta con fatica diventano i punti di
partenza di un sillabo dinamico e sempre rinnovato. Questo progetto di sillabo enfatizza, più che la
preparazione di un piano di conoscenze che l'allievo deve acquisire, ciò che viene presentato in
classe e la misura in cui questo "qualcosa" è effettivamente acquisito dagli allievi. L'apprendimento
effettivo e le strategie di apprendimento giocano il ruolo più importante e, come ovvia conseguenza,
il contenuto da presentare e la metodologia da seguire non si baseranno su una preselezione di
elementi, quali che siano - grammatica, lessico, funzioni, argomenti, testi ecc. - ma su quanto
emerge dalle richieste degli allievi e dalle interazioni che si sviluppano nel contesto della classe.

Per realizzare un compito non semplice come un sillabo processuale, dobbiamo riferirci alla
nozione precedentemente ricordata di sillabo come un "processo dinamico" di progettazione,
attraverso il quale ogni insegnante è libero di modellare il contenuto e la metodologia sulla base dei
progressi, degli interessi e delle opinioni degli allievi. Questo punto finale, in particolare, dà un più
forte valore ai princìpi di questo sillabo, dal momento che esso evidenzia il collegamento con uno
stile umanistico di insegnamento che porta a considerare l'allievo come parte attiva della realtà di
classe.

I principali obiettivi di tale sillabo sono, allora:

- la focalizzazione dei processi di apprendimento linguistico e di produzione del discorso;

- la comprensione delle strategie che gli allievi mettono in atto quando affrontano le attività
linguistiche;

- la comprensione delle procedure e delle strategie adottate dagli allievi per trasmettere i messaggi
quando partecipano ad un discorso;

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- il cambiamento degli obiettivi, dei contenuti o dei compiti secondo i problemi e le difficoltà
incontrate dagli allievi.

Tale sillabo enfatizza tre processi: la comunicazione, l'apprendimento e l'attività sociale


dell'insegnamento e apprendimento nella classe. Il terzo processo, in particolare, è quello che
distingue questo dagli altri sillabi sopra descritti.

Per concludere, le novità di tale sillabo sono:

- la pianificazione del lavoro in classe sulla base di decisioni prese sia dall'insegnante che dagli
allievi;

- la disponibilità per l'insegnante di una banca di attività basate su compiti e su abilità, da utilizzare
da parte degli studenti sia in gruppo che individualmente;

- la disponibilità di una serie di attività alternative che vadano bene per le diverse e imprevedibili
abilità e processi di apprendimento degli allievi.

Da questi punti emerge che un sillabo processuale è un'estensione del sillabo basato su abilità, ma,
in qualche modo, esso dà più rilievo al ruolo degli studenti, dal momento che essi sono protagonisti
attivi del processo di insegnamento e delle decisioni sui compiti da svolgere (vedi la scheda Un
esempio di sillabo processuale).

Una valutazione continua dei risultati ottenuti, condotta da tutta la classe, determina il ritmo e il tipo
di lavoro che ne consegue, mentre la discussione collettiva relativa alla pianificazione futura del
lavoro costituisce un’opportunità di comunicazione autentica in quanto motivata e motivante.

2.6 - Il multisillabo

Le innovazioni introdotte dal Quadro comune europeo di riferimento per le lingue (1996 e 2002)
hanno influito positivamente sulle proposte di rinnovamento di sillabi per l'insegnamento di una L2.
In particolare i riferimenti contenuti nel documento europeo, nel promuovere il plurilinguismo
come risorsa europea, sollecitano sia gli estensori dei sillabi linguistici, sia gli esaminatori e gli enti
certificatori, nonché gli autori dei materiali e gli insegnanti di lingue a predisporre percorsi didattici
che vadano oltre la scansione prevalentemente testuale di un sillabo basato su una successione
lineare di unità didattiche, in modo da favorire un'organizzazione articolata su piani diversi delle
conoscenze linguistico-comunicative da far apprendere agli studenti. Come osserva Mezzadri,

insegnare con un approccio basato su un multisillabo significa prendere in considerazione svariati aspetti
dell'educazione linguistica e tradurli in progetti separati, ma nello stesso tempo collegati ed integrati: si insegna e si
apprende ad ascoltare e a parlare, a leggere e a scrivere, a interagire; si impara la grammatica unitamente al lessico, alle
funzioni, alle nozioni, alle situazioni, agli aspetti culturali e di civiltà, alla pronuncia e all'intonazione, alle abilità di
studio e alle strategie di apprendimento" (Mezzadri 2003: 4).

Per la specifica natura delle lingue, il sillabo multidimensionale si caratterizza per la sua adesione al
mondo reale, in quanto si propone di affrontare ambiti comunicativi complessi che rispecchiano la
complessità della comunicazione umana, in cui più codici concorrono a determinare il senso dello
scambio fra i parlanti.

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Il multisillabo, inoltre, offre infinite possibilità di selezionare i contenuti linguistici, extralinguistici


e culturali adatti a 'quel corso', a 'quegli studenti', basandosi sul profilo atteso in uscita: il tutto in
modo integrato e simultaneo, senza un programma che risulti dominante, almeno per quanto
riguarda un contesto di insegnamento di lingua generale o comune.

Infine, nella discussione recente, apertasi tra gli studiosi di didattica delle lingue sui parametri di
costruzione dei curricoli, è risultato importante il concetto di “competenza”, un concetto che
riprende l’idea di abilità direttamente osservabili da porre come obiettivo del processo di
insegnamento/apprendimento, ma la unisce con aspetti di atteggiamento personale del soggetto (il
saper essere; Quadro Comune Europeo per le Lingue, 2002, § 2.1.1, p. 13, 14, 15).

Ebbene, nella scelta del multisillabo, le competenze da far apprendere possono essere selezionate,
contestualizzate e sviluppate interdisciplinarmente e trasversalmente, in relazione ai bisogni
evidenziati da singoli soggetti e/o dalla classe nel suo insieme (vedi la scheda Sillabo di italiano L2:
Adulti immigrati per motivi di lavoro).

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UD 3 - L'unità didattica

Si illustra il modello operativo più diffuso nella didattica linguistica, l'unità didattica,
evidenziandone la struttura, le funzioni e i modelli più significativi proposti dalla glottodidattica
italiana. Nell'ultima sezione si analizza la prospettiva della rete di unità, in cui la struttura diviene
più flessibile, espandendosi a strumenti tecnologici, come internet e video.

3.1 - Modelli operativi in didattica

3.2 - L'unità didattica

3.3 - Modelli teorici di unità didattica

3.4 - Modello glottomatetico

3.5 - Modello di Giovanni Freddi

3.6 - Dall'unità didattica alla rete di unità di apprendimento

3.1 - Modelli operativi in didattica

In qualsiasi attività di insegnamento si ricorre a termini e espressioni come lezione, unità didattica,
modulo, capitolo ecc. Si tratta di espressioni alle quali vengono attribuiti significati anche
profondamente diversi tra loro.

Per chiarire i princìpi organizzatori della diversa terminologia adottata, è utile, innanzitutto,
ricordare che con "modello" si intende una struttura di base che include tutti e solo i fattori rilevanti
di un'idea, di un'azione o di un oggetto; un modello didattico è una struttura che può essere
applicata a tutte le situazioni di didattica linguistica, operativizzando le indicazioni teoriche
dell'approccio didattico scelto. In altre parole, un modello operativo è l'esplicitazione e
l'applicazione di un metodo che, a sua volta, contenendo un insieme di princìpi metodologici e
didattici, traduce un approccio in operazioni, in materiali didattici, in modalità di utilizzazione delle
tecnologie didattiche e nelle diverse espressioni delle interazioni in classe tra docente e studenti, tra
studenti, tra il singolo e il gruppo ecc. (Balboni 2002: 27).

Secondo uno schema presente nella letteratura di area glottodidattica, l'insegnamento di una lingua,
sia essa straniera o seconda, è costituito da una sequenza di "atti didattici" (Freddi 1994: 104) che
devono essere strutturati in base a dei criteri logici e cronologici: i primi soddisfano la necessità di
assicurare un percorso di apprendimento che rispetti la successione dei contenuti i cui momenti
assolvono alle diverse funzioni richieste dal metodo o dal modello pedagogico; i secondi, oltre al
principio di gradualità, rispecchiano i diversi stadi del processo di apprendimento, che si configura
globalmente come formazione di una interlingua progressivamente orientata verso le caratteristiche
della L2.

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3.2 - L'unità didattica

Con unità didattica si intende una porzione (o segmento) di programma, che presenta caratteristiche
tali da renderla un tutto a sé stante, appunto un'unità. È un blocco autosufficiente di
insegnamento/apprendimento, in cui è possibile proporre una serie di attività per presentare la
lingua nella sua pienezza comunicativa, non escludendo nessuno degli elementi basilari
dell'insegnamento linguistico: elementi della competenza linguistica e comunicativa, abilità
linguistiche, elementi pragmatici, aspetti culturali ecc. (vedi la scheda Il modulo e l’unità di lavoro).

L'aggettivo "didattica" che accompagna il nome enfatizza il processo di insegnamento, mettendo in


evidenza il ruolo del docente. Ma se si vuole evidenziare il punto di vista dell'allievo dobbiamo più
propriamente parlare di unità di apprendimento o unità di lavoro. L'unità di apprendimento è quella
parte che viene percepita come un blocco unitario che si sviluppa in una sessione di lavoro e che
viene condensata nell'espressione: "oggi abbiamo studiato..." (il nome, il passato, le formule di
saluto ecc.), o "ho imparato a..." (salutare, chiedere informazioni, rispondere a una lettera ecc.).

Nell'uno e nell'altro caso, si tratta sempre di una sequenza organicamente coesa di operazioni e
funzioni finalizzate a sviluppare la competenza comunicativa nei suoi diversi aspetti: sapere la
lingua, saper fare lingua, saper fare con la lingua e sapere integrare la lingua con i linguaggi non
verbali.

L'elaborazione di una unità didattica implica:

1. la definizione di un obiettivo generale e di obiettivi specifici;

2. l'individuazione del tema socioculturale (topic) che verrà variamente sviluppato (esempio: il
tempo, la salute, la famiglia, i mezzi di trasporto ecc.);

3. la definizione dei contenuti nozionali-funzionali,dei contenuti linguistici, delle aree lessicali,


degli aspetti fonetici e ortografici, degli aspetti socioculturali, della tipologia e quantità delle
tecniche per le attività:

- di ascolto, di lettura, di dialogo, di role-play, di drammatizzazione ecc.;

- scritte ed orali;

- esercitative orali e scritte (di ripetizione, trasformazione, espansione, contrazione ecc.);

4. la definizione delle procedure per la valutazione dell'apprendimento e dell'insegnamento;

5. la scelta di materiali (foto, testi, libri, biglietti, registrazioni audio e/o video) che offrano esempi
di aspetti della vita socio-culturale del paese in cui si parla la lingua in apprendimento.

L'organizzazione dell'unità didattica deve essere in grado di far svolgere in parallelo la formazione
degli apprendimenti linguistici e culturali nelle loro dimensioni costitutive: usi e strutture, azioni
comunicative e riflessioni metalinguistiche e metaculturali.

L'unità didattica è come un tassello di un frutto, che contiene in sé tutte le caratteristiche del frutto
stesso.

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Ogni unità didattica presenta oltre ad una o più strutture linguistiche, funzioni comunicative,
nozioni, esponenti lessicali e modelli culturali (vedi Fig.1).

Fig.1: La struttura dell'unità didattica.

3.3 - Modelli teorici di unità didattica

L'unità didattica nasce negli anni Trenta in America come attività di problem solving (comunicare
in reali contesti situazionali diversi); solo a metà degli anni Sessanta viene applicata in
glottodidattica (Freddi 1966) come modello operativo per l'insegnamento/apprendimento delle
lingue.

A livello teorico il modello deriva dall'interazione tra due componenti scientifiche:

1. una riflessione neurolinguistica che si basa su due princìpi funzionali:

a. la bimodalità, secondo cui i due emisferi cerebrali, pur lavorando in modo differente (analitico
l'emisfero sinistro e globale il destro), sono tutti e due coinvolti nella comunicazione linguistica; per
questo entrambe le modalità devono essere integrate (Balboni 2002: 32) nel processo di
acquisizione linguistica;

b. la direzionalità, secondo cui l'uso bimodale del cervello avviene seguendo una direzione precisa:
dall'emisfero destro (modalità globalistiche) all'emisfero sinistro (modalità analitiche). Pur
cooperando continuativamente, le modalità emotive e globali precedono quelle razionali e analitiche
(Danesi 1988);

2. una riflessione psicolinguistica, in particolare gli studi psicologici che portano alla teoria della
Gestalt: essa propone una visione della percezione umana e dell'esplorazione sensoriale del mondo
e della conoscenza scandite da momenti distinti e caratterizzati da risposte diverse del cervello che
danno vita alla sequenza globalità > analisi > sintesi.

È su queste basi, soprattutto quelle di stampo psicologico, che si sono innestate le riflessioni
glottodidattiche di studiosi quali Renzo Titone (vedi 3.4) e Giovanni Freddi (vedi 3.5) che hanno
elaborato i primi modelli di unità didattica applicati all'educazione linguistica.

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3.4 - Modello glottomatetico

Il modello di unità didattica proposto da Titone è indicato come "modello glottomatetico". È


definito "matetico" perché del processo di insegnamento/apprendimento si mette in primo piano
l'apprendimento; in altre parole, la prospettiva glottodidattica muove dal discente e tiene conto dei
suoi processi psicologici di apprendimento. In tale ottica l'unità didattica è il "ciclo minimo di
apprendimento".

Le fasi essenziali dell'unità didattica, dette anche "micromatemi", sono tre e sono caratterizzate da
specifiche attività significative di apprendimento:

- cognizione;

- esercitazione;

- controllo.

Infatti, preliminare allo svolgimento di un compito è la comprensione della natura del compito
stesso (fase iniziale o incoativa); il rinforzo dell'esecuzione del compito tramite un'esercitazione
sistematica è una fase che conduce ad un'assimilazione subconscia; infine un feedback (controllo
retroattivo) di ogni operazione porta all'assimilazione consapevole delle abilità e quindi alla
competenza finale.

1. La prima fase, chiamata 'micromatema incoativo', prevede la percezione e la concettualizzazione


di unità di discorso nei loro aspetti fonologici, morfologici e semantici. Questa fase può essere
distinta in tre momenti:

a. l'orientamento globale: in questa fase viene proposto un testo, che costituisce la base di partenza
delle diverse operazioni e attività dell'intera unità didattica;

b. l'analisi operativa: fase che prevede operazioni di segmentazione del testo di base in unità
informative sulle quali verrà indirizzata l'attenzione degli allievi per verificare o rinforzare
l'avvenuta comprensione degli elementi essenziali;

c. la sintesi operativa: mira alla ricostruzione dell'unità di discorso in base al modello iniziale. Si
tratta di un'attività operazionale che stimola l'allievo ad usare in modo comunicativo la lingua, sia
pure in modo guidato e indotto.

2. La seconda fase, o micromatema di rinforzo ha lo scopo di rafforzare l'apprendimento iniziale in


modo da produrre una reale assimilazione. Il rinforzo è inteso nel senso più ampio del termine come
un insieme strutturato di operazioni tendenti a favorire l'assimilazione di ciò che è stato appreso
solo a livello cognitivo. L'esercitazione è l'attività specifica di questa fase. Ciò non significa
semplice ripetizione degli elementi presentati, bensì manipolazione intensiva ed estensiva sia di
singoli elementi linguistici che di strutture sufficientemente significative inserite in contesti
didatticamente autentici e realistici.

3. Il micromatema di controllo rappresenta l'ultima fase, in ordine logico, dell'unità didattica. In


ogni processo didattico è necessaria una verifica esplicita e sistematica e questa prevede due
momenti, il controllo e la correzione. In un primo momento il controllo, che deve essere

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consapevole, si può esercitare o attraverso la valutazione condotta dall'insegnante o mediante un


dispositivo didattico anche elettronico o, in fasi avanzate, dallo stesso studente (etero- e auto-
valutazione), e in un secondo momento attraverso la correzione. La valutazione e la correzione
possono essere occasionali, presentarsi ogni qualvolta ne viene avvertita la necessità, oppure
programmate, vale a dire essere esercitate in una fase determinata del processo didattico.

Tuttavia, il controllo o feedback non può essere visto esclusivamente come attività finale; anche
nella fase incoativa e in quella di rinforzo viene esercitato costantemente un controllo linguistico da
parte dell'insegnante e dello studente, in quanto l'apprendimento umano è per sua natura
autoregolativo.

3.5 - Modello di Giovanni Freddi

Carattere più marcatamente operativo ha il modello proposto da Freddi fin dagli anni Settanta, un
modello che poi ha conosciuto aggiustamenti e adattamenti nei lavori successivi. Per Freddi l'unità
didattica ripete in scala minore la struttura del curricolo (vedi 1.3). Il modello è naturalmente una
proposta volta ad aiutare l'insegnante nel suo lavoro quotidiano, senza la pretesa di essere unico e
definitivo.

Lo schema proposto si articola in sei momenti di natura psicologico-operativa che si susseguono su


un asse sintagmatico: motivazione, globalità, analisi, sintesi, riflessione econtrollo. A questo asse fa
da contraltare un asse paradigmatico che si sviluppa verticalmente attraverso l'indicazione dei dati
linguistici, delle operazioni didattiche e delle tecniche da impiegare (vedi Fig.1).

Le operazioni didattiche nella loro sequenziazione rispondono ad alcuni princìpi derivati dalla
psicologia generale e dell'apprendimento. Innanzitutto la centralità in ogni apprendimento della
motivazione, o "interesse dinamico del soggetto che lo spinge ad apprendere" (Freddi 1994: 115).

La motivazione è posta all'inizio del processo di apprendimento come all'inizio di ogni unità
didattica, ma in pratica si estende a tutta l'unità in quanto va mantenuta viva e continuamente
rinforzata. La motivazione è la molla che assicura la messa in moto di tutto il procedimento di
apprendimento, è l'interesse che spinge l'allievo ad apprendere e che se si mantiene costante
assicura il proseguimento nell'apprendimento. In concreto questa fase si caratterizza per attività di
presentazione ed illustrazione di tratti, aspetti della cultura e della vita straniera collegati al tema
presentato nel testo pivot (con testo pivot, Freddi 1994: 111-129, si intende il testo - dialogo,
canzone, video, fotografia, testo pubblicitario ecc. - selezionato per la presentazione dei contenuti
linguistici e culturali da sviluppare. Attorno ad esso ruota l’attività di insegnamento/apprendimento.
Può essere chiamato anche testo ‘guida’ dell’unita didattica. Il termine, ampiamente usato in area
glottodidattica, è preso dal linguaggio sportivo; in particolare dal gioco della pallacanestro, dove il
pivot è il giocatore che ha il compito di andare a canestro).

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Fig.1: I momenti dell'unità didattica. Modello di G. Freddi.

La globalità, come le successive attività di analisi e sintesi, rimanda alla psicologia della Gestalt
(vedi 3.3). In ogni esperienza conoscitiva, secondo la Gestalttheorie, si ha una percezione globale
dell'oggetto cui segue l'analisi degli elementi che lo costituiscono per ricomporli poi in unità nella
sintesi. Questo procedimento caratterizza ogni nuova esperienza e conoscenza, sia essa una lingua o
una canzone o una disciplina.

Questa sequenza è specifica anche dell'apprendimento induttivo: attraverso l'analisi dei dati di un
fenomeno si scoprono le regole interne di funzionamento di quel meccanismo.

Nella prassi operativa dell’insegnamento linguistico gli aspetti rilevanti dell’unità didattica - che
Giovanni Freddi associa alla Gestalttheorie (Freddi 1994: 113) – sono tre, in questa sequenza:

- Globalità: approccio globale al testo. Attraverso l’ascolto, la lettura o la visione di un testo – a


secondo del genere scelto – lo studente percepisce globalmente la situazione comunicativa.

Con specifiche attività da compiere prima, durante e dopo l’avvicinamento al testo, l’allievo si
avvia ad una comprensione più dettagliata dei contenuti dello stesso.

- Analisi: il passaggio dalla percezione globale a quella analitica, vale a dire dalla comprensione
superficiale a quella profonda, avviene con la guida e il sostegno di attività che sviluppano le
diverse abilità ricettive e produttive (vedi 4.4, 4. 5, 4. 6 e 4.7).

L’analisi vera e propria si effettua per mezzo di una successione di approfondimenti relativi a:

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- l’atto comunicativo (o gli atti comunicativi) che si vuole fare acquisire alla classe: dopo averlo
individuato nel testo, lo si drammatizza, lo si fissa e lo si riutilizza, guidando gli studenti nella
riflessione sull’aspetto funzionale che hanno acquisito;

- gli aspetti grammaticali, cioè fonologici, morfosintattici, lessicali, testuali, secondo tecniche
diversificate in base allo sviluppo delle diverse abilità (abilità di comprensione orale e scritta; abilità
di interazione; abilità d’uso della lingua; riflessione e reimpiego delle regole, ecc.);

- i temi culturali espliciti o impliciti nel testo;

- i linguaggi non verbali, se il testo di partenza è un video.

I meccanismi linguistico-comunicativi, le strutture grammaticali, i vocaboli, le locuzioni e gli altri


elementi messi in luce dal testo selezionato devono essere fissati dall’apprendente, al fine di
renderli poi disponibili per ogni sua attività comunicativa.

- Sintesi: questa fase introduce procedure esercitative e manipolative a diversi livelli: possono
essere drills caratterizzati dal fatto che ciascun item conduce ad un’unica uscita prestabilita e aventi
lo scopo primario di fissare le forme e le strutture mediante ripetizioni, sostituzioni o
trasformazioni; o exercices, più aperti e realistici, che ammettono più uscite e impegnano l’allievo a
tenere conto di dati personali e situazionali; o possono essere attività di "reimpiego creativo"
(Porcelli 1994: 148) della lingua come i dialoghi aperti e i roleplays.

La rielaborazione dei materiali linguistici analizzati, il loro reimpiego prima guidato e poi libero in
varianti della situazione di partenza, la trascrizione del testo in altro genere o codice sono tutte
attività che permettono "all’apprendimento di evolvere in acquisizione, in modo tale che le nuove
informazioni si accomodino nella mente insieme al patrimonio pre-esistente" (Balboni 2002: 102).

La riflessione linguistica ha anch'essa una forte rilevanza psicologica, in quanto è all'origine di quel
sistema dinamico e provvisorio che è l'interlingua che determina i processi di decodificazione dei
dati linguistici in entrata e di pianificazione dei dati in uscita. Con questo termine si intende "il
processo che conduce alla conoscenza riflessa dei meccanismi linguistici" (Freddi 1994: 122).

Si passa dalla grammatica implicita, intuita nelle fasi di globalità, analisi e sintesi alla grammatica
esplicita, individuando e riflettendo sui meccanismi linguistico-comunicativi.

Studi ed esperienze dirette anche di chi apprende una lingua straniera in modo spontaneo
confermano la necessità di una sistematizzazione dei dati linguistici appresi. Si è riscontrata un'alta
correlazione tra esistenza di una competenza metalinguistica e persistenza nel tempo della seconda
lingua appresa. Il che significa che l'istanza di grammaticalità è insopprimibile e, a livello didattico,
ci si deve interrogare su come introdurre la grammatica.

Il momento conclusivo è quello del controllo, e anche questo risponde ad esigenze di


razionalizzazione e ottimizzazione del processo didattico. Verificare o comunque sapere quanto di
ciò che è stato presentato, analizzato ed impiegato sia stato effettivamente assimilato dai discenti,
diventa un'operazione quasi naturale. Chi non vuole non rendersi conto dei risultati di un lavoro
fatto? La verifica va condotta, anche in maniera informale e indiretta, in rapporto alle mete e agli
obiettivi fissati per il corso e per quella specifica unità didattica, oltre che allo specifico approccio
adottato.

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3.6 - Dall'unità didattica alla rete di unità di apprendimento

Nel presentare i contenuti del percorso d'insegnamento/apprendimento è importante seguire una


progressione nel lavoro richiesto agli studenti, in modo tale da assicurare la comprensione, da
favorire la direzionalità e da seguire il naturale processo di apprendimento degli allievi. Tale
gerarchia costituisce l'unità di acquisizione, la quale consiste nel trattare uno dei contenuti inseriti
nel curricolo seguendo i passaggi già evidenziati di globalità > analisi > sintesi.

Criteri indispensabili per la progettazione del lavoro in classe sono quelli della gradualità e della
varietà, per l'importanza che rivestono per l'apprendimento gli aspetti motivazionali, non solo nella
fase iniziale del lavoro. Può apparire scontato suggerire la dovuta attenzione al fatto che, nel
programmare le attività, alcune unità didattiche debbano considerarsi come prerequisiti per altre.

L'unità di apprendimento descritta sopra è considerata come momento indipendente in cui viene
presentato un elemento che dovrà essere acquisito nel periodo ad esso dedicato, cioè una lezione o
parte di essa. Ma contemporaneamente l'unità di apprendimento entra a far parte della più ampia
unità didattica in cui vengono presentati più elementi in un arco di tempo più esteso della lezione
tradizionale.

Una sequenza coerente e coesa di unità didattiche dà luogo ad una rete di unità di apprendimento
(Balboni 2002: 106), che si caratterizza in un insieme di atti, di espressioni, di strutture linguistiche
e comunicative più complesso e collegato ad un dato contesto situazionale.

La rete, nella sua flessibilità organizzativa, ha una struttura meno vincolante dell'unità didattica ed è
scandita in tre momenti:

1. introduzione: si presentano i contenuti ampi del percorso, si stimola la motivazione valida sul
lungo periodo e si cercano i testi, i documenti su cui lavorare;

2. attivazione della rete con eventuali espansioni in internet, in forum, in materiali aggiuntivi;
analisi del materiale raccolto e selezione di quello utile allo sviluppo dell'ambito assegnato;

3. verifica dei risultati ottenuti e di quelli attesi; discussione in plenaria e progettazione di altre
attività.

Non essendo previsto un ordine prestabilito, l'insegnante può gestire con maggiore autonomia il
percorso reticolare, proponendo via via i collegamenti che emergono come rilevanti dal lavoro fatto
con gli studenti. Nella fase finale si possono proporre attività di controllo con un recupero che
preveda, ad esempio, momenti ludici o l'uso di strumenti motivanti, come film, internet ed altro.

Se, ad esempio, il tema dell’unità è quello dei trasporti pubblici, le varie unità di apprendimento
riguarderanno la prenotazione di un viaggio aereo, l’acquisto dei biglietti in stazione, la richiesta di
informazioni sui percorsi di autobus o metropolitana, la chiamata ad un taxi, con i relativi atti
comunicativi e le espressioni linguistiche che li realizzano, alcuni elementi grammaticali e lessicali,
la riflessione culturale sul ruolo dei trasporti pubblici in quella cultura, sulla visione che i mass
media offrono dei vari mezzi di trasporto e così via.

Per le tecniche didattiche più adatte alle diverse fasi dell'unità, vedi l'UD4.

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UD 4 - Le tecniche didattiche nell'apprendimento linguistico

Dopo aver chiarito i concetti di approccio, metodo e tecnica, in questa unità si affronta il tema delle
tecniche didattiche, intendendo con questo termine le procedure da usare in classe per lo sviluppo
delle abilità e per l'acquisizione delle regole linguistiche. Nell'ampio repertorio di tecniche
didattiche disponibili, saranno presentate quelle che si ritengono più utili ed efficaci sia per lavorare
sulle abilità linguistiche da esercitare sia per focalizzare l'attenzione sugli aspetti morfosintattici di
una lingua.

4.1 - Teoria, approccio, metodo e tecnica

4.2 - Ruolo e funzioni delle tecniche nel contesto glottodidattico

4.3 - Le tecniche didattiche per lo sviluppo delle abilità linguistiche

4.4 - Tecniche per lo sviluppo delle abilità ricettive

4.5 - Tecniche per lo sviluppo delle abilità produttive

4.6 - Tecniche per lo sviluppo della competenza linguistica

4.7 - Tecniche nel contesto dell'unità didattica

4.1 - Teoria, approccio, metodo e tecnica

In ogni ambito scientifico, la teoria è un sistema che raccoglie i fondamenti, le leggi e i princìpi
generali di una determinata scienza.

In glottodidattica, scienza teorico-pratica, con teoria si intende la riflessione sulla natura


epistemologica e sui fini dell'educazione linguistica e sul rapporto tra questa e il complesso delle
scienze dell'educazione, delle scienze del linguaggio e di quelle psicologiche, ma anche della
cultura e della società. Trattandosi di una scienza interdisciplinare, essa integra le diverse aree di
conoscenza, le organizza in sistemi complessi e dà informazioni utili per renderle operative.

Sulle tracce dello schema proposto da Balboni (2002: 26) in fig.1 chiamiamo approccio una teoria
che descrive le modalità di avvicinamento ad una particolare dimensione dell'educazione linguistica
(lingua materna, seconda, straniera, etnica, classica), individuando le finalità dell'educazione
linguistica, gli obiettivi glottodidattici e proponendo i metodi per raggiungere gli scopi fissati. Un
approccio va valutato in termini di coerenza tra premesse teoriche e proposte avanzate e di capacità
di generare metodi idonei alla realizzazione dell'approccio stesso.

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Fig.1: L'universo epistemologico della glottodidattica (l'immagine è tratta da Balboni 2002: 26).

Il metodo è il complesso delle procedure e attività che permettono la realizzazione operativa di un


approccio. È un piano generale che include criteri di selezione del corpus, opzioni a favore di alcuni
modelli operativi, indicazioni sull'uso delle tecniche didattiche e delle glottotecnologie.

Il metodo, in altre parole, è il livello che permette il passaggio dalla glottodidattica alla
glottodidassi: così, nell'insegnamento linguistico, il metodo situazionale e quello nozional-
funzionale sono due metodi che intendono realizzare un unico approccio, quello comunicativo.

Un metodo non è giusto o sbagliato, buono o cattivo, ma è adeguato/inadeguato all'approccio che


vuole realizzare e coerente/incoerente al proprio interno.

Le tecniche sono delle procedure operative (attività, esercizi, modi d'uso della lingua ecc.),
attraverso cui le indicazioni del metodo si traducono in atti didattici, sia che questi avvengano in
classe, sia che si realizzino come compiti individuali o di gruppo.

Le tecniche hanno caratteristiche proprie, coinvolgono alcuni processi cognitivi e alcuni particolari
processi linguistici anziché altri, implicano un certo modo di gestire la classe e di interagire nelle
varie dimensioni della lezione. Come afferma Balboni (1998: 3), esse "non sono buone/cattive o
moderne/antiquate", ma devono essere coerenti con il metodo e l'approccio adottati ed efficaci nel
raggiungere l'obiettivo didattico che si propongono.

4.2 - Ruolo e funzioni delle tecniche nel contesto glottodidattico

In quanto strumenti utili di cui l'insegnante si serve sia nella fase di costruzione dell'apprendimento
sia in quella di reimpiego e di fissazione delle abilità acquisite, le tecniche devono essere
strettamente correlate al modello di apprendimento seguito (l'approccio) ed orientate verso gli
aspetti cognitivi e metacognitivi, ma anche affettivi e socio-pragmatici dell'apprendente (tecniche
ludiche, umoristiche e visive) (Danesi 1988: 48).

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Per questo è necessario che l'insegnante, prima di scegliere una tecnica (o un insieme di tecniche) si
chieda: "A cosa serve? È utile questa attività in questo contesto didattico?"

Le stesse attività, infatti, possono essere variamente applicate (e interpretate) a seconda che ci si
trovi in una fase di apertura alla conoscenza o in una fase di riepilogo e valutazione finale.

A seconda della realtà "specifica", in cui il docente si trova ad operare, una tecnica varia in funzione
dell'ambito di utilizzo della stessa; per questo il termine tecnica include sia quelle operazioni
destinate a guidare l'apprendimento (le spiegazioni, gli esercizi), sia le attività finalizzate a
sostenere l'apprendimento (test di verifica).

Allo stesso tempo, però, la dimensione "profonda" delle tecniche – al di là delle varianti superficiali
– le rende utili per interi gruppi di attività, realizzando forme di sinergia in cui si mira allo sviluppo
di alcune abilità linguistiche anche attraverso il lavoro su altre, sviluppando e rafforzando alcuni
processi attraverso altri (Balboni 1998: 5).

L'insegnante, che ha a sua disposizione una tipologia di tecniche multidimensionali (Danesi 1988:
197) è in grado di usare e/o preparare strategie di istruzione e/o di esercitazione che gli
permetteranno di sviluppare le abilità ritenute fondamentali, in modo sincronizzato e
contestualizzato con i parametri della classe, del corso e della realtà socio-culturale in cui opera.

Balboni (1998: 5,6,7) individua tre ambiti in cui inserire opportunamente determinate tecniche:

1. le abilità linguistiche: quali tecniche servono per acquisire, sviluppare, rafforzare e verificare le
abilità linguistiche (sia primarie che integrate)?

2. le regole: per individuare, fissare, definire e collocare le regole di un sistema linguistico è


necessario ricorrere a specifiche tecniche. Quali?

3. l'unità didattica: come selezionare e collocare le tecniche all'interno delle varie fasi dell'attività
didattica?

4.3 - Le tecniche didattiche per lo sviluppo delle abilità linguistiche

Il modello tradizionale per analizzare le abilità linguistiche è basato sulla suddivisione in

- abilità primarie: ascoltare e parlare / leggere e scrivere

- abilità integrate: dialogare, parafrasare, riassumere, prendere appunti ecc. (Balboni 1998: 12)

RICEZIONE PRODUZIONE

ORALE Ascoltare Parlare


SCRITTO Leggere Scrivere

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Nella suddivisione delle quattro abilità linguistiche primarie, il criterio seguito è il seguente: la
lingua è prima di tutto un evento orale e la prima coppia è formata dalle due abilità orali. Inoltre,
nell'apprendimento linguistico la ricezione precede la produzione e, quindi, nella didattica è
importante accordare maggior attenzione prima agli aspetti ricettivi. Questa prevalenza, soprattutto
all'inizio del percorso di apprendimento, implica il cosiddetto "periodo del silenzio" (Dulay, Burt,
Krashen 1985: 55) in cui l'apprendente non produce, ma raccoglie informazioni ed elabora
comportamenti formulando ipotesi e creando un suo bagaglio personale che utilizzerà
successivamente nella fase di produzione.

Come è evidente – e come sostengono Freddi, Balboni, Danesi ed altri – questo modello è
chiaramente inadeguato e "basta una riflessione intuitiva sulla realtà della comunicazione per
rendersene conto: l'abilità di dialogare non può essere intesa come una semplice somma di
ascoltare e parlare, né quella di riassumere risulta da una semplice giustapposizione di una fase di
lettura ed una di scrittura" (Balboni 1998: 12).

Ma, trattandosi di un modello, presenta in maniera chiara e sintetica i quattro poli essenziali su cui
innestare le attività per lo sviluppo delle abilità, sia primarie che integrate.

4.4 - Tecniche per lo sviluppo delle abilità ricettive

Il processo di comprensione (ascoltare e leggere) è strettamente connesso alle diverse modalità di


elaborare le informazioni. Due sono i percorsi attraverso cui questo può avvenire: uno è un processo
di tipo bottom-up, in base al quale l'input auditivo viene suddiviso in segmenti più o meno ampi che
vengono poi ricostruiti per intero. L'altro è un processo top-down, che permette di cogliere la
globalità del messaggio, sfruttando la propria conoscenza del mondo (o enciclopedia), la expectancy
grammar (o grammatica dell'attesa), che consente di prevedere cosa può essere detto o ascoltato in
un dato contesto (argomento, luogo, momento, ruolo e scopo del testo) e in un dato cotesto (il
genere comunicativo del testo: articolo di giornale, relazione, racconto) e le conoscenze linguistico-
comunicative già possedute.

In entrambi i casi, chi ascolta o legge opera una selezione delle informazioni, con inevitabile perdita
di una parte dei significati contenuti nel messaggio.

Un processo complesso come la comprensione richiede un costante lavoro di sviluppo delle abilità
coinvolte, con applicazioni puntuali e ripetute durante tutto il percorso di apprendimento di una L2:
è indispensabile aiutare sempre il discente a sviluppare l'uso dell'expectancy grammar e delle
tecniche di ricezione attraverso un approccio di tipo task-based (basato sui compiti) che permetta di
guidare e accrescere la comprensione della lingua orale e scritta.

Le tecniche più idonee per intervenire sul processo di comprensione sono:

1. la procedura cloze: consiste nell'eliminazione di una parola ogni x (di solito una ogni 7), che lo
studente deve individuare e reinserire per dare senso al testo. Per facilitare l'approccio al testo, le
prime righe vengono date per intero, senza buchi; la parola da inserire deve risultare accettabile nel
contesto, anche se non si tratta di quella effettivamente cancellata. Di questa tecnica esistono
diverse varianti: il cloze a crescere (all'inizio una parola ogni 7, poi ogni 6, ogni 5, soglia sotto la
quale il testo non è più ricostruibile); il cloze facilitato, che dà le parole da reinserire (più alcuni
distrattori) prima o dopo il testo;

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2. attività di abbinamento e di incastro: si tratta di attività che chiedono all'allievo di restaurare


l'ordine in una sequenza che è stata messa in disordine. Si possono fare incastri di parole, di parole e
immagini, di frammenti di frasi, di frasi intere e di paragrafi di un testo; ma anche di battute di un
dialogo, di una (o più) vignetta del fumetto e di testi interi da mettere in un certo ordine.

Per verificare se la comprensione è avvenuta (prestando maggior attenzione al prodotto, non al


processo), le tecniche tradizionali sono:

1. la domanda (aperta o chiusa);

2. la griglia, la tabella e lo schema da completare inserendo nelle relative colonne o celle le


informazioni richieste;

3. la scelta multipla: presentata in diversi formati, con più risposte o frasi da scegliere;

4. la transcodificazione: prevede la trasformazione di un messaggio in un codice diverso da quello


originale. Ad esempio dall'ascolto al disegno, dalla lettura alla grafia, dal visto al mimato ecc.

4.5 - Tecniche per lo sviluppo delle abilità produttive

Il saper parlare e saper scrivere in una L2 sono abilità che richiedono grande impegno per essere
possedute dagli allievi e grande cura da parte dell'insegnante nella scelta delle tecniche per il loro
sviluppo.

Ai livelli elementari il parlare in monologo è un'attività piuttosto limitata, in quanto lo studente non
possiede ancora quegli strumenti linguistici indispensabili allo scopo; la scrittura è di solito legata
alle attività di ascolto e lettura che l'hanno preceduta. Ai livelli avanzati, invece, queste attività sono
diffuse e praticate.

Le abilità produttive primarie (parlare e scrivere) sono importanti in quanto "abituano l'allievo a
considerare la lingua come sistema" (Balboni 1998: 40), cioè un reticolo di rapporti concatenati in
un testo (e non solo frasi), dove ogni anello della catena influisce su tutti gli altri elementi e richiede
scelte linguistiche adeguate a tutti i livelli (fonologico, morfosintattico, lessicale, sociopragmatico
ecc.); ma soprattutto aiutano a organizzare e progettare le idee secondo le regole del genere
comunicativo richiesto.

Per sviluppare tali abilità le tecniche didattiche più usuali sono:

- la progettazione di testi: partendo dall'analisi della struttura di testi diversi, si costruisce un testo
"nuovo". Questa attività prevede un lavoro preliminare sui generi comunicativo-testuali più utili al
contesto classe (esempio: scrivere il curriculum vitae, una lettera ufficiale ad una personalità della
vita pubblica, un articolo di cronaca; presentare un progetto a una ditta ecc.);

- la creazione di testi per destinatari specifici: scelto un contesto di un evento comunicativo, si


individuano i ruoli dei partecipanti, gli scopi del testo e la "chiave" o atteggiamento psicologico di
chi produce il testo;

- la creazione di una storia: scelto un argomento, si progetta una storia, lavorando in gruppo e poi si
presenta alla classe.

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Per verificare le abilità produttive, gli strumenti più utilizzati a disposizione dell'insegnante sono le
griglie, più o meno dettagliate, in cui si elencano le voci di rilievo da valutare in "quel" testo:
coerenza, coesione, correttezza formale e sintattica, appropriatezza semantica e stilistica ecc.

4.6 - Tecniche per lo sviluppo della competenza linguistica

La competenza fonologica, lessicale, morfosintattica e testuale è costituita da complessi di regole di


funzionamento della lingua oggetto di studio.

Le regole costituiscono la grammatica e la sintassi di una lingua: "esse prima si posseggono e poi,
eventualmente, si conoscono" (Balboni 1998: 88).

In altre parole, la competenza linguistica (cioè la capacità di usare le regole) è diversa dalla
metacompetenza linguistica (capacità di analizzare la competenza) e dalla competenza
metalinguistica (capacità di descrivere le regole).

Nell'insegnamento di una L2, di solito, la competenza d'uso precede quella sull'uso: le regole di una
lingua devono aiutare chi la studia all'acquisizione, cioè a raggiungere una competenza linguistica
in grado di generare comprensione e produzione linguistica; ma non si può negare che la
conoscenza esplicita svolge un importante ruolo di monitor (Dulay, Burt, Krashen 1985: 99-116), di
controllo formale, che interviene come supporto per analizzare e interiorizzare il nuovo input.

Questo significa che l'obiettivo dell'insegnamento delle regole deve mirare sia alla competenza
d'uso che a quella sull'uso della lingua, fornendo conoscenze dichiarative (esempio: in italiano il
genere dei nomi è maschile o femminile), che acquistano senso se inserite in procedure (esempio :
Oggi il cielo è proprio azzurr...).

Tra le tecniche per lo sviluppo della competenza linguistica segnaliamo, oltre a quelle specifiche
per la scoperta delle regole e la formulazione delle ipotesi, quali l'osservazione della lingua guidata
dall'insegnante e quelle di fissazione di determinate regole:

- tecniche di inclusione/esclusione di gruppi omogenei di parole in base ad un criterio scelto


(fonologico, grafologico, grammaticale ecc.);

- tecniche di manipolazione ("volgere al...") per l'applicazione di regole morfologiche, lessicali ecc.;

- tecniche di incastro: di parole in frasi, di frasi in periodi, di periodi in un testo ecc.;

- tecniche di combinazione: in due o più colonne si danno porzioni di frasi o testo da combinare per
costruire un testo compiuto;

- esercizi strutturali (o pattern drills): molto usati nel passato, oggi vengono riproposti in chiave
comunicativa e si concentrano su singoli atti comunicativi (esempio: Domanda: "Dove vivi?"
Risposta: "Vivo a...");

- tecniche di reimpiego delle regole: completamento di frasi su base strutturale (esempio: Se vivessi
in questa città...);

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- attività ludiche: per giocare con la grammatica si possono usare cruciverba, il gioco dell'impiccato,
il tris ecc.

4.7 - Tecniche nel contesto dell'unità didattica

In contesto scolastico, durante la lezione di L2, è l'insegnante che guida gli allievi ad analizzare ed
esercitare gli elementi linguistici e culturali che costituiscono gli obiettivi specifici dell'unità. Come
sostiene Balboni, è importante sottolineare che "essendo la motivazione un pre-requisito per
l'apprendimento, ogni tecnica che verrà usata nelle varie fasi dell'unità didattica deve essere
impostata in modo da sostenere la motivazione o, se ciò non è possibile, da ridurla il meno
possibile" (Balboni 1998: 123).

In altre parole, nel contesto operativo della didattica in classe, le caratteristiche delle diverse
tecniche assumono un ruolo primario nel mantenere alta e costante la motivazione. Perciò la
selezione delle tecniche più idonee, a partire dalla fase di motivazione per arrivare a quella di
controllo e di rinforzo, dovrebbe avvenire tenendo presenti le tipologie già presentate nei paragrafi
precedenti, con un'attenzione particolare a quelle che sembrano più stimolanti per suscitare negli
studenti curiosità, interesse e desiderio di mettersi alla prova, misurandosi con quello che è stato
presentato e analizzato nello svolgimento della lezione.

Brevemente, nella fase di globalità, per la guida alla comprensione, possono essere utilizzate
tecniche come la scelta multipla, la griglia, l'incastro e l'accoppiamento; nella fase di analisi,
riflessione e sintesi sono adeguate tecniche come il cloze, le attività di incastro (delle battute di un
dialogo, di paragrafi di un testo, di parole e di spezzoni di frasi ecc.), ma anche esercizi strutturali,
purché non siano proposti in maniera meccanica e pedante; nella fase di controllo, per ottenere un
feedback immediato, le tecniche possono essere le stesse che abbiamo visto sopra, eventualmente
con l'aggiunta dell'attribuzione di un punteggio, secondo parametri stabiliti.

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UD 5 - La verifica e la valutazione nell'apprendimento della L2

Obiettivo di questa unità è analizzare le tematiche relative alla verifica, valutazione e misurazione
in L2; in altre parole si discute di language testing sia per gli aspetti che riguardano la definizione
dell'oggetto di verifica (la competenza in L2), sia per i criteri da tener presenti nel momento in cui si
operazionalizzano gli scopi e i modi per effettuare la verifica e per validare i dati ottenuti.

5.1 - Verifica e valutazione

5.2 - Misurazione e valutazione

5.3 - I requisiti di un test

5.4 - Scopi della valutazione

5.5 - Tipologia delle prove

5.6 - Elaborazione e costruzione di un test

5.7 - La valutazione

5.1 - Verifica e valutazione

Erroneamente usati come sinonimi, i due termini di verifica e valutazione sono, invece, due
momenti distinti del processo di insegnamento/apprendimento e costituiscono due livelli diversi di
intervento didattico e di esito pedagogico.

La verifica indica quell'attività che permette all'insegnante di accertare che siano stati raggiunti gli
obiettivi didattici prefissati. In altre parole, la verifica consiste nella raccolta di dati relativi
all'acquisizione di conoscenze, competenze e abilità presenti (o meno) nel soggetto da valutare e
poste come obiettivi di una singola unità didattica, di un insieme di unità, di un anno di studi (o
frazione di esso) o di un corso pluriennale.

Essa si caratterizza come processo conoscitivo (non interpretativo), in quanto accerta il profitto
nella maniera più oggettiva possibile, rilevando aspetti sia qualitativi che quantitativi
dell'apprendimento, in rapporto agli obiettivi dell'insegnamento, all'intera classe e al singolo
studente.

Con la verifica l'insegnante conosce i prodotti linguistici, le esecuzioni comunicative, ma "non può
penetrare nella mente dell'allievo e individuare i lineamenti autentici della sua competenza
comunicativa, nonché i processi che sottostanno alla realizzazione delle abilità linguistiche"
(Balboni 1994: 95). Nonostante questi limiti, dalla verifica si ottengono i dati, che permettono
all'insegnante di valutare formalmente gli studenti nelle varie fasi di un programma di studi.

Per valutazione si intende, invece, un processo più ampio e complesso, "che assume i dati raccolti
mediante le verifiche e li interpreta tenendo conto di tutto quanto concorra alla formulazione di un
giudizio, tra cui la storia personale dell'allievo, la sua personalità, l'estrazione sociale, le

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condizioni psico-fisiche dello studente nel momento della verifica, il suo impegno, in termini di
partecipazione e rispondenza al progetto educativo della scuola e i condizionamenti ai quali è
soggetto" (Porcelli 1994: 239). Durante la valutazione si passa, così, da un piano oggettivo, quale
quello della misurazione della performance, a uno soggettivo in cui molti elementi vengono presi in
considerazione e riportati al singolo individuo, in un rapporto talvolta difficile di equilibrio con gli
obiettivi educativi dell'istituzione, con i risultati generali della classe, con le aspettative
dell'insegnante.

Come affermava l'illustre studioso Calonghi già nel 1976, "valutare è un confrontare l'evidenza
raccolta con un progetto, gli eventi osservati e quelli aspettati, le possibilità alla partenza con i
risultati finali" (Calonghi 1976: 19). La valutazione implica allora l'esistenza di un progetto, di mete
e obiettivi che costituiscono il criterio di giudizio quando operiamo il confronto tra le attese e le
prestazioni.

Per questa ragione la valutazione è parte integrante di un qualsiasi percorso didattico e permette al
docente di ricevere il necessario feedback sia sul percorso del singolo studente, sia sull'andamento
generale del progetto educativo.

Volendo riassumere le fasi della valutazione, potremmo dire che esse consistono nel:

- raccogliere le informazioni sulla qualità e quantità dell'acquisizione di un allievo (attraverso lo


strumento del test);

- definire i parametri da applicare ai dati del test per ottenere un punteggio;

- elaborare una serie di giudizi parziali:

a) di tipo statistico sul rapporto tra allievo e gruppo classe;

b) di merito sull'acquisizione avvenuta;

c) di tipo analitico su personalità e capacità;

- esprimere un giudizio, che può essere un voto in numeri o lettere o in altra modalità.

La valutazione si distingue in formativa e sommativa: la prima si attua nel corso del processo di
insegnamento/apprendimento per indirizzare le tappe successive di studio e svolge funzione di
monitoraggio dei risultati ottenuti e di autovalutazione da parte dello studente.

La seconda ha il compito di verificare e certificare il raggiungimento degli obiettivi ed è finalizzata


al superamento di un modulo di studio o al conseguimento di un titolo, quale ad esempio quello
finale di un corso o la certificazione linguistica. È ovvio, però, che la valutazione sommativa non ha
solo uno scopo selettivo, ma anche di feedback, in quanto è possibile modificare il percorso di
insegnamento e gli obiettivi formativi.

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5.2 - Misurazione e valutazione

Misurazione e valutazione sono due momenti distinti, ma correlati, in quanto la prima serve alla
seconda e viceversa: la misurazione, infatti, è fondamentale per valutare, ma si può valutare solo
quanto è stato misurato con modalità affidabili.

Il test "costituisce un campione misurabile di comportamento" (Pichiassi 2000: 11), nel momento in
cui, sulla base di procedimenti validi e affidabili, riesce a dare una misura delle prestazioni di un
allievo in un dato momento.

La misurazione consiste nella raccolta, lettura e registrazione dei dati da valutare e nel confronto di
tali dati con una unità di misura convenzionalmente accettata (nella scuola italiana è in uso il
sistema numerico per dare i voti a scuola).

La valutazione, come si è visto in 5.1, si identifica con una serie di operazioni che correlano i dati
raccolti con gli altri elementi che intervengono nel processo didattico, come il metodo
dell'insegnante, le caratteristiche individuali dello studente, i materiali didattici e l'organizzazione
scolastica nel suo complesso.

Le misurazioni scolastiche, a differenza di quelle che si usano per altri settori (la distanza, i pesi, la
statura ecc.), non possono essere precise, perché non si avvalgono di misure uguali e costanti: un
test o un esame

ha senso per quello che ci fa conoscere dell'allievo in rapporto ad altri elementi dell'insieme didattico e per ciò che si
può dedurre circa le sue future prestazioni o comportamenti. [...] Sapere che uno studente possiede una certa quantità di
nozioni o conoscenze non serve a nulla se non conosciamo quale era il suo livello cognitivo di partenza, in quale stadio
o fase del corso si trova, quali sono i metodi e i materiali adottati, qual è la sua lingua madre, ecc.... Solo rapportando le
conoscenze evidenziate attraverso il test agli altri elementi e fattori possiamo avere un'idea più precisa delle conoscenze
dell'allievo e fare una valutazione (Pichiassi 2000: 12).

Per misurare, allora, è necessario:

a) definire, preliminarmente e univocamente, le caratteristiche o qualità dell'oggetto che si


vuole misurare;

b) determinare le regole di associazione e di relazione di queste qualità con dei numeri;

c) definire i procedimenti da seguire per classificare eventi, oggetti, qualità, al fine di rendere
riproducibile l'operazione e i suoi esiti.

La misurazione va considerata come un "procedimento di facilitazione della conoscenza e


dell'interpretazione anche di fenomeni complessi come può essere quello di apprendimento di una
seconda lingua" (Pichiassi 2000: 14). Per questo è importante saper scegliere e usare strumenti,
criteri, scale congruenti con la qualità scelta, con lo scopo della misurazione e con il contesto in cui
la misurazione ha luogo: saper fare delle misurazioni valide, attendibili e precise, saper costruire e
usare strumenti adeguati alla misurazione e il saper trattare i dati rilevati costituiscono la condizione
necessaria per guidare con piena consapevolezza i processi formativi e rappresentano momenti
decisivi di qualsiasi valutazione.

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5.3 - I requisiti di un test

Il modo più frequente e tradizionale per accertare i progressi e/o gli esiti dello studente è la
somministrazione di test o esami.

Criteri definitori dei test sono la validità e l'affidabilità (o attendibilità).

La validità è la capacità di un test di misurare accuratamente quello che vuole misurare. Ad


esempio, un test di ascolto che voglia misurare la capacità di capire un testo parlato e che invece
misura solo le abilità di memoria di uno studente non è un test valido.

Il concetto di validità di un test è molto complesso e controverso, ma per essere valido un test deve
soddisfare i seguenti requisiti, che sono riuniti nell'acronimo PACE (Porcelli 1992: 51):

- pertinenza: si riferisce alla coerenza intrinseca tra test e il programma svolto e oggetto di verifica,
tra modalità di presentazione ed esercitazione dei contenuti e verifica degli stessi; come afferma
Porcelli è opportuno chiedersi "in che misura gli aspetti della lingua su cui verte la verifica
costituiscano un campione rappresentativo di ciò che è stato oggetto di apprendimento" (Porcelli
1992: 51);

- accettabilità: gli studenti sottoposti al test devono accettarne i contenuti e la tipologia;

- comparabilità: un test è comparabile se fornisce risultati affidabili e non suscettibili di influenze


esterne. I dati ottenuti possono essere confermati da più di un esaminatore e comparati in momenti
diversi;

- economia: questo parametro rimanda alla necessità di realizzare prove che non siano dispendiose
rispetto ai fini che si vogliono conseguire, né per il docente né per lo studente, soprattutto in termini
di tempi necessari per la preparazione, la somministrazione e la correzione.

Nessuno dei quattro parametri ha in sé valore assoluto ed esclusivo e ciascuno di essi ammette una
serie di livelli lungo un continuum. La validità complessiva è data da un ragionevole equilibrio tra i
diversi requisiti.

L'affidabilità è l'altra caratteristica di un test: un test è affidabile se e quando fornisce misure


costanti delle abilità o delle conoscenze che vuole misurare. In caso contrario non è affidabile.

Questo criterio ci dà la misura della coerenza di un test con se stesso, in quanto dà gli stessi risultati
ogni volta che viene somministrato agli stessi soggetti, indipendentemente da chi attribuisce i
punteggi e dal momento in cui il test viene eseguito.

L'analisi dell'attendibilità dipende dall'abilità di distinguere, nei punteggi assegnati ad un test, gli
effetti delle abilità che si vogliono misurare dagli effetti di altri fattori: se si vuole stabilire quanto i
punteggi del test siano attendibili, si deve cominciare con una serie di definizioni delle abilità da
misurare e di altri fattori che possono influenzare i punteggi. Occorre descrivere i fattori che
determinano le variazioni di punteggio da uno studente all'altro e definire le caratteristiche
permanenti generali e specifiche, sia quelle temporanee sia quelle sistematiche, relative alla
somministrazione del test e all'assegnazione del punteggio. Dalla costruzione di queste "cornici
generali di riferimento" si possono poi definire i fattori che influenzano l'esecuzione di un test su
specifiche abilità; ad esempio, in un test che intende valutare la sensibilità ai registri linguistici
comunicativi, ci si aspetta che gli studenti che conseguono punteggi più alti siano quelli che hanno

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un più alto livello di competenza sociolinguistica. In altri termini, noi potremmo inferire che un
punteggio alto in un siffatto test è determinato da una buona abilità linguistica e comunicativa e un
quadro teorico che definisca tale abilità diventa necessario se si vogliono fare inferenze sulla abilità
a partire dai punteggi del test (Pichiassi 2000).

È evidente che l'esecuzione di un test può essere influenzata da fattori diversi dalle abilità
linguistiche vere e proprie (modalità note o meno note di svolgimento della prova, caratteristiche
individuali dello studente, fattori casuali e temporanei ecc.) e questi fattori incidono
sull'attribuzione del punteggio; per questo è un atteggiamento corretto quello di colui (insegnante,
correttore di test, valutatore di prove ecc.) che si propone di individuare e, se possibile, quantificare
l'incidenza di fattori estranei al test per avvicinarsi il più possibile al punteggio reale.

Compito di chi costruisce test linguistici è quello di cercare di realizzare prove il più possibile
valide e affidabili. Entrambe le caratteristiche sono fondamentali e non devono essere considerate
l'una indipendente dall'altra, ma vanno ritenute complementari, soprattutto nel momento della
misurazione. Quindi, da una parte, nel tentativo di rendere un test affidabile, si deve prestare
attenzione a non ridurne la validità. Dall'altra, invece, bisogna sempre ricordare che l'affidabilità è
una condizione necessaria per la validità. Ci sarà sempre un certo grado di tensione fra questi due
parametri; importante è bilanciare i due aspetti in modo da minimizzare le eventuali conseguenze di
inaffidabilità di un test.

5.4 - Scopi della valutazione

I test forniscono informazioni sulla competenza linguistica e comunicativa di chi si sottopone al


test; ma le informazioni che si possono avere da un test sono di diversa natura, a seconda delle
situazioni e del motivo per cui viene utilizzato.

In base agli scopi della valutazione si distinguono varie tipologie di test, che si possono ricondurre a
tre tipi fondamentali:

1. i test di livello (placement tests): rilevano il livello di competenza posseduto dagli studenti prima
di iniziare un corso di lingua o di individuare il programma di insegnamento più adatto alle loro
conoscenze. Utilizzati dalle istituzioni (scuole, Università) per formare le classi, questi test hanno
una funzione predittiva e dovrebbero permettere l’elicitazione dei dati caratterizzanti i livelli di
competenza linguistica previsti dalla specifica istituzione, ma anche dare indicazioni che
permettano di verificare la capacità degli studenti di imparare facendo riferimento alle proprie
intuizioni, strategie, risorse. Essendo test di padronanza, essi hanno la funzione di verificare da un
lato alcuni processi profondi sottostanti la competenza comunicativa; dall'altro la padronanza di
nozioni, funzioni, abilità e competenze specifiche;

2. i test di profitto (achievement tests): strettamente collegati agli obiettivi e ai contenuti di un corso
di insegnamento, sono costruiti allo scopo di verificare se ciò che è stato imparato corrisponde a ciò
che è stato insegnato e/o è contenuto nel programma, nell'unità didattica o in altro materiale
selezionato. Di solito sono somministrati in un determinato momento del corso (test periodici o in
itinere; test finali, a conclusione di un corso o programma) e vengono preparati dall'insegnante (o
gruppo di insegnanti), che sceglie come oggetto di verifica i contenuti (intermedi o finali) del
programma e misura i progressi che gli studenti stanno facendo. I test di profitto possono essere
utilizzati dagli insegnanti anche a scopo diagnostico, per individuare i punti di forza o di crisi del
processo di apprendimento, per evidenziare cosa è necessario rinforzare con attività di recupero.

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Rientra in questa tipologia di test anche il "test diffuso" (Balboni 1994: 97), quello condotto
quotidianamente, durante l'attività didattica, senza che si abbia una verifica formale e dichiarata.
Esso serve a trasformare la lezione in una fonte di informazioni sul processo di acquisizione di ogni
allievo rispetto al gruppo-classe e sul prodotto del lavoro svolto;

3. i test di competenza (proficiency tests): misurano la competenza linguistico-comunicativa


indipendentemente dal tipo di corso seguito o dal tipo di programma svolto. Perciò il contenuto del
test non può riferirsi a particolari sezioni o conoscenze specifiche. Scopo di questi test è verificare
se un soggetto sa usare la lingua straniera in una data situazione comunicativa. Oggetto di verifica è
la competenza intesa come capacità d'uso della L2 in contesti socioculturali e sociolinguistici
diversi. Rientra in questa tipologia di test la certificazione della conoscenza di una L2, realizzata da
centri o istituzioni nazionali che predispongono batterie di test per ogni livello in cui è stata
suddivisa la competenza. Ciascuna batteria di test verifica un grado di competenza in riferimento ai
contesti d'uso pertinenti a quel livello.

5.5 - Tipologia delle prove

Il test o la batteria di test da svolgere può focalizzarsi su di un elemento, o un livello linguistico


specifico, oppure sul possesso di abilità e competenze più globali che mirano a valutare le capacità
di usare la lingua in maniera pratica nei contesti più vari, a seconda delle caratteristiche linguistiche
e culturali delle situazioni presentate. Per fare un esempio, un insegnante può voler verificare se i
suoi allievi hanno capito le spiegazioni sull'uso dell'ausiliare avere o essere al passato prossimo; o,
invece, può voler testare se sanno chiedere informazioni per organizzare una gita in un'altra città. In
ognuno di questi casi l'aspetto sottoposto a verifica cambia:

a) in base al cosa testare, le prove sono classificabili in:

1. prove fattoriali o a punti discreti: verificano un solo fattore o un solo elemento alla volta,
anche item per item. Si possono verificare aspetti fonologici, morfologici, sintattici, lessicali,
testuali. In ambito comunicativo potranno vertere sulla verifica di singoli atti (salutare, ringraziare)
o su aspetti di formalità/informalità, modalità e affettività. Sono test di facile preparazione,
somministrazione e correzione.

Le tecniche più comuni sono la scelta multipla, in cui si chiede allo studente di scegliere una e una
sola delle alternative proposte, fra tre o più opzioni; il vero/falso, con due alternative; riempire gli
spazi vuoti, che si presta a molte varianti determinate dal tipo di parola o espressione da dare e dalla
sua posizione nella frase; trasformazione di frasi (da affermativa a interrogativa); costruzione o
riordino di frasi partendo da parole date (a/quando/?/tornare/pensi/di/casa → Quando pensi di
tornare a casa?);

2. prove integrate: come suggerisce la parola, sono prove che richiedono allo studente di
utilizzare molti elementi o fattori per svolgere un determinato compito. Sono integrate le prove in
cui si chiede di prendere appunti mentre si ascolta un testo, oppure scrivere sotto dettatura o
riempire gli spazi vuoti in un testo (cloze). Altri tipi di prove integrate sono i riassunti, le interviste,
gli elaborati su argomenti dati, la lettura di testi con verifica scritta della comprensione.

Le prove integrate sono dette anche pragmatiche, quando si vuole verificare la capacità di uso della
lingua in situazioni comunicative. È pragmatica una prova di produzione orale in cui si richiede ad

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uno studente di assumere un determinato ruolo in una particolare situazione comunicativa, attivando
l'abilità di saper interagire con un interlocutore (role-play).

b) In base alla loro costruzione, le prove possono essere definite dirette o indirette.

Le prove dirette sono quelle che permettono di verificare direttamente l'abilità dello studente
nell'eseguirla: ad esempio una prova di produzione orale in cui si chiede a due studenti di
conversare su un determinato argomento. L'insegnante ascolta e può subito valutare le produzioni in
base a criteri predefiniti. Prove di questo tipo si usano, di solito, per verificare le abilità produttive,
cioè la scrittura e il parlato, le cui esecuzioni sono direttamente osservabili.

Le prove indirette sono quelle che richiedono di inferire da una esecuzione o prestazione di
un'abilità o capacità sottostante non osservabile direttamente. Ad esempio, per verificare se lo
studente ha capito un testo, ascoltato o letto, gli si chiede di rispondere per iscritto a delle domande
o di fare un riassunto di ciò che ha letto o ascoltato.

c) In base ai criteri di assegnazione del punteggio, le prove si suddividono in oggettive e soggettive:

- è oggettiva una prova che è costruita in modo tale da richiedere una risposta univoca ad ogni item
o quesito, che è quella predeterminata dall'autore del test. Tale caratteristica fa sì che un test
oggettivo può esser corretto da chiunque, anche da un non esperto o da una macchina, in quanto le
risposte dell'allievo vengono semplicemente confrontate con le soluzioni previste;

- è soggettiva una prova che al momento dell'assegnazione dei punteggi richiede un giudizio da
parte dell'insegnante o del valutatore ed è lui/lei che decide il punteggio da assegnare, in maniera
soggettiva. Per decidere, può utilizzare scale o griglie preparate in precedenza. Le prove soggettive
vengono utilizzate soprattutto per verificare le abilità produttive, come il tema o la scrittura di un
testo specifico.

I termini oggettivo e soggettivo, usati per distinguere questi due differenti tipi di prove, si
riferiscono solo al modo in cui vengono corretti o valutati. In entrambi i tipi di test la costruzione è
soggettiva: l'argomento o gli aspetti linguistici presi in esame nel test riflettono scelte personali,
come personale e soggettiva è la forma in cui i singoli quesiti o il tema di un saggio sono proposti.

Ci sono, infine, prove che richiedono la realizzazione di un compito preciso e strutturato, ma con la
possibilità di eseguirlo in maniera abbastanza libera, pur con i vincoli dati dal compito. Si tratta di
prove semistrutturate, come la ricostruzione guidata di un testo che contiene solo una parte (iniziale,
intermedia, finale) del testo originale, la costruzione di frasi a partire da parole date, i riassunti e le
risposte brevi. La valutazione di queste prove è meno soggettiva, perché vincolata dalle consegne
date.

5.6 - Elaborazione e costruzione di un test

Rientra nelle competenze professionali di tipo didattico-operative dell'insegnante la elaborazione e


costruzione di test (o batteria di test) che soddisfino particolari esigenze o rispondano a necessità
specifiche del processo di insegnamento.

Per elaborare un test ad hoc l'insegnante deve tener presenti queste fasi:

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- Progettazione

- Elaborazione

- Sperimentazione

- Analisi dei risultati

- Somministrazione

Le prime quattro sono indispensabili all'ultima, che è quella della stesura finale, ma non definitiva,
in quanto potrebbe essere necessario rivedere parti del test che sono risultate non valide e
inattendibili (per validità e attendibilità vedi 5.3) e, conseguentemente, ritarare il test.

Vediamo brevemente le operazioni da compiere all'interno di ciascuna di esse:

1. progettazione: le domande a cui rispondere sono: A chi (tipo di studente) e a che cosa (obiettivi)
serve questo test? Cosa (cioè abilità, competenze, conoscenze) testare? Con quali mezzi (tipologia
di test)? Quali punteggi attribuire?

2. elaborazione: dalle risposte date al punto 1, si passa alla fase operativa, che comprende la
definizione del contenuto del test, in termini di costrutto, cioè di approccio teorico-metodologico e
di contenuti nel senso di scelta degli elementi linguistici; si definiscono le tecniche di verifica, le
procedure di correzione, la lunghezza del test. In termini tecnici si opera la specificazione del test
sia considerando gli aspetti interni (uso del test, contenuti, profilo di competenza delineato, scelta
dei formati del test e delle tecniche per le verifiche), sia quelli esterni, vale a dire i contesti (aula,
laboratorio informatico, tempi ecc.) in cui viene somministrato;

3. sperimentazione: chiamata anche fase di pre-testing, consiste nella somministrazione del test ad
un campione che deve essere rappresentativo di quel tipo di studente per il quale il test è stato
elaborato;

4. analisi dei risultati: in questa fase si raccolgono e si analizzano i risultati raggiunti dal campione,
si rivedono le istruzioni, si interviene sugli item troppo difficili o troppo facili, sui criteri di
attribuzione del punteggio, sui tempi dati per la prova;

5. somministrazione: il test diventa operativo.

Le procedure di elaborazione di un test costituiscono una guida per l'insegnante, che deve essere
consapevole della complessità insita nello sviluppo di un test, in quanto prevede una serie di
momenti collegati l'uno all'altro, ciclicamente. Il processo che va dalla progettazione alla
somministrazione effettiva permette di ricavare utili suggerimenti che consentono di realizzare test
sempre validi e affidabili.

5.7 - La valutazione

Ottenuti dei dati, per quanto possibile oggettivi, attraverso la verifica, bisogna valutarli, secondo
parametri che devono essere ben chiari allo studente. La valutazione viene di solito condotta
dall’insegnante, ma può essere anche affidata agli studenti stessi, una volta che si sia insegnato loro

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come applicare i metri di valutazione e gli eventuali “pesi” attribuiti alle diverse prove.
Per esempio, si può decidere di dare un peso maggiore alla capacità di comprensione orale o alle
abilità pragmatiche, rispetto all’accuratezza formale; oppure, alle attività di produzione scritta
rispetto a quelle di produzione orale o viceversa. Questa operazione di scoring, cioè di definizione
del punteggio, è la base per poter definire, per ogni studente:

a. quanto ha ottenuto rispetto al massimo ottenibile (ad esempio, 6 su 10, 25 su 30, o 60 su 100);

b. la posizione dello studente nei vari test, rispetto al complesso del gruppo (ad esempio Mario è
stato per mesi tra i primi 3 della classe, ora è decimo: sta peggiorando lui o è restato fermo, mentre i
suoi compagni crescevano? E, in entrambi i casi, perché?);

c. il miglioramento o peggioramento rispetto alle verifiche precedenti (ad esempio Mario ha


realizzato 40/100, 48/100 e poi 53/100, mentre Giovanni ha totalizzato 70/100, 65/100 e poi 60/100:
la verifica dà Giovanni superiore a Mario, la valutazione premia Mario e fa preoccupare per
Giovanni; Balboni, 2012: 225).

La valutazione si realizza a pieno quando (e se) l’insegnante e lo studente – individualmente o


insieme – riflettono sulle ragioni per cui sono stati ottenuti quei risultati, sul modo in cui sono stati
risolti i punti difficoltosi, sulla natura degli errori (sbaglio vero e proprio, disattenzione,
interferenza, mancanza di competenza, errata interpretazione delle consegne o del testo, stress ecc.).
Infine la valutazione non riguarda solo lo studente: sulla base dei risultati ottenuti dalla classe,
l’insegnante può anche valutare l’efficacia del materiale didattico usato, l’adeguatezza del ritmo che
viene richiesto alla classe, l’aderenza tra il metodo adottato e le finalità, le motivazioni e le
caratteristiche socioculturali degli studenti e così via.

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UD 6 - L'interazione in classe

Partendo da una concezione della lezione di L2 come specifica attività sociale, in questa unità si
considera con attenzione la natura dell'interazione in classe: le sue caratteristiche generali e quelle
più specifiche riferibili all'insegnamento della L2. Si analizza poi il carattere particolare
dell'interazione insegnante/alunni e si danno indicazioni sulle attività più idonee a costruire una
comunicazione didattica efficace fin dai primi momenti della lezione.

6.1 - La comunicazione nel sistema classe

6.2 - Aspetti relazionali della comunicazione e stile di insegnamento

6.3 - Contesti comunicativi ed eventi linguistici nella classe di L2

6.4 - L'interazione verbale in classe

6.5 - Verso nuovi orientamenti metodologici

6.6 - Le strategie per favorire la comunicazione in classe

6.7 - Tecniche per lo sviluppo delle abilità di interazione

6.1 - La comunicazione nel sistema classe

La classe è un sistema comunicativo in cui interagiscono diverse componenti: uno o più emittenti
(chi produce il messaggio) e uno o più riceventi (chi riceve e interpreta il messaggio) che attraverso
un determinato codice, si scambiano messaggi, che passano attraverso un canalefisico; il tutto
all'interno di un determinato contesto.

L'insegnamento è un processo comunicativo finalizzato al raggiungimento di determinati scopi


didattici (sviluppo di conoscenze, capacità e atteggiamenti nello studente), ma è anche rete di
rapporti sociali, che si stabiliscono fra i soggetti coinvolti, in una duplice dimensione:

- l'interazione sociale, che è caratterizzata dai ruoli sociali, dagli atteggiamenti, dalle motivazioni,
dalle identità culturali degli attori della comunicazione;

- lo scambio comunicativo che si sviluppa interagendo e che è costituito dai flussi di comunicazione
- sociale e didattica - che si producono entro quel contesto di socialità che è la classe di L2.

I flussi di comunicazione didattica sono "condizione di possibilità dell'apprendimento, dal momento


che forniscono input e rendono possibile lo scambio comunicativo e l'interazione didattica"
(Vedovelli 2002: 117).

Nella comunicazione didattica, come del resto anche in altri tipi di comunicazione, assume grande
importanza il feedback, cioè la reazione o risposta del ricevente, verbale o non verbale, più o meno
intenzionale, per cui l'emittente regola la sua comunicazione sulla base della risposta.

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Ancora, nella comunicazione didattica, in particolare in L2, spesso si usano contemporaneamente


più codici (quello verbale nelle due diverse lingue, quello iconico delle immagini, quello mimico e
gestuale), uno in supporto all'altro, in quanto non c'è completa condivisione di codici tra emittente e
ricevente.

L'analisi della comunicazione in classe richiede che si tenga conto in modo esplicito:

- dell'intenzionalità di chi partecipa alla comunicazione;

- delle caratteristiche dell'interazione e della relazione tra i partecipanti;

- della circolarità della comunicazione determinata dal feedback;

- del fatto che le componenti dell'atto comunicativo costituiscono un sistema e interagiscono le une
con le altre e che al mutamento di una di esse corrisponde una diversa dinamica comunicativa.

6.2 - Aspetti relazionali della comunicazione e stile di insegnamento

Nella situazione didattica l'insegnante non solo opera in modo alternato, come ricevente e come
emittente, ma soprattutto agisce come "regista" della comunicazione, nel senso che pianifica,
organizza e tiene sotto controllo i diversi elementi della comunicazione in classe.

Più specificamente, l'insegnante pianifica e controlla sia gli aspetti propriamente didattici della
comunicazione, sia quelli interpersonali e relazionali. Dunque controlla la comunicazione come
insieme di atti verbali, ma anche non verbali finalizzati ad uno scopo; contemporaneamente
controlla anche l'interazione comunicativa stessa, definendo i tempi e le modalità d'intervento degli
studenti, accogliendo e/o rifiutando il loro feedback, scegliendo il codice della comunicazione,
individuando i tempi complessivi della situazione comunicativa.

Per questo ruolo di "guida" svolto dall'insegnante, che prende decisioni e controlla la situazione in
classe, la comunicazione didattica è definita una "comunicazione asimmetrica complementare":
essa si basa sulla differenza, percepita e accettata tanto dall'insegnante quanto dagli allievi, di
contenuti e di ruoli.

L'interazione è asimmetrica in quanto i soggetti si percepiscono come diversi: l'uno in posizione


superiore (one-up), l'altro in posizione subordinata (one-down). Quella didattica è un tipico caso di
comunicazione asimmetrica complementare: gli interlocutori fanno cose diverse nello scambio
comunicativo (uno dà e l'altro riceve, uno suggerisce e l'altro accoglie o rifiuta il suggerimento) e
entrambi i soggetti in relazione accettano le fondamentali differenze di contenuti (l'insegnante ha
più informazioni dell'allievo), di relazione (l'insegnante si trova in posizione di potere) e di
interazione (vedi la scheda Le interazioni asimmetriche e la figura del regista).

Infatti, mentre nella comunicazione "ordinaria", tutti i partecipanti all'interazione possono


indirizzare l'orientamento e l'andamento della conversazione, applicando le regole verbali e non
verbali di alternanza dei turni, nelle comunicazioni asimmetriche esistono una predeterminazione e
un controllo nell'attribuzione dei turni, nella durata di essi e anche nell'orientamento dei temi del
discorso.

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In classe la struttura partecipativa degli interagenti allo scambio comunicativo e il "potere"


interazionale sono in mano all'insegnante che:

a) apre e chiude l'interazione;

b) attribuisce il diritto a parlare;

c) esercita un controllo sui temi in discussione e sul loro sviluppo;

d) definisce la situazione (il contesto) a cui adeguarsi (tempi e modalità di intervento, feedback
ecc.).

Tuttavia questa disuguaglianza nella gestione dell'interazione in classe, accettata dai soggetti in
relazione, non è sinonimo di stile di insegnamento direttivo, in cui l'insegnante persegue i propri
scopi educativi e didattici tenendo in poco o nessun conto i bisogni formativi degli allievi, le loro
proposte e reazioni.

Lo stile educativo di un buon insegnante potrebbe essere definito come "attento alla relazione", in
quanto manifesta costante attenzione alle espressioni degli studenti, promuove processi di feedback,
valorizzando le risposte e integrandole con osservazioni appropriate, ma anche stimolando gli
apprendenti ad ampliare il proprio discorso attraverso forme di collaborazione con i compagni.
Quando egli deve correggere o rifiutare un intervento, si dovrebbe preoccupare di chiarire che la
valutazione riguarda esclusivamente il prodotto e non la persona; non mette, cioè, in discussione la
relazione con l'altro, ma solo un esito che può essere migliorato.

6.3 - Contesti comunicativi ed eventi linguistici nella classe di L2

Nella classe di L2 il veicolo primario di comunicazione è la lingua orale: nel rapporto insegnante-
allievi il parlato riveste un ruolo centrale. Non a caso l'attività didattica spesso coincide con il "fare
lezione", vale a dire con una modalità interattiva in cui l'insegnante, attraverso il canale orale della
lingua, si rivolge agli studenti destinando loro spiegazioni, commenti, istruzioni.

Gli interventi dell'insegnante che seleziona porzioni di lingua, di testi, di tecniche didattiche per
rendere comprensibili forme e usi linguistici, facilitano l'apprendimento, in quanto tutte le attività
vengono proposte e svolte per favorire il processo di decodifica dell'input linguistico al quale gli
studenti sono esposti. È l'insegnante che "sostiene" il processo, facendo ricorso a scambi interattivi
che permettono di far parlare gli apprendenti.

L'insieme delle variabili sulle quali si organizza la lezione costituisce il contesto comunicativo:
l'atteggiamento dell'insegnante nei confronti degli studenti (incoraggiante, fiducioso, prevenuto
ecc.), il contenuto della sua comunicazione, le scelte linguistiche operate, le strategie di
comunicazione attuate, sia verbali che non verbali, incidono fortemente sulla comprensione del suo
messaggio e sulla natura degli eventi linguistici prodotti o producibili dagli studenti.

La comunicazione unidirezionale ed asimmetrica, non prevedendo scambi di ruoli tra i partecipanti


all'interazione verbale, determina forme rigidamente prefigurate di parlato e di ascolto. Il parlato è
quello dell'insegnante, in prevalenza espositivo e spesso metalinguistico; l'ascolto è senza
interazione, in quanto focalizzato sul riconoscimento delle unità significative della lingua e
sull'interpretazione del significato.

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Ben diversamente significativi sono gli eventi linguistici che si realizzano in una interazione
comunicativa bidirezionale che preveda l'alternarsi dei ruoli di emittente e ricevente tra gli
interlocutori. La possibilità di contribuire all'organizzazione del contenuto della comunicazione
dell'insegnante stimola attenzione e interesse negli studenti nelle fasi di ascolto e consente loro di
intervenire nella costruzione del discorso esercitando forme di parlato "euristico" allo scopo di
chiarire le reti di significato, alla luce di elementi di conoscenza ed esperienza già posseduti.
Soprattutto in un contesto di apprendimento di una L2, è importante che l'introduzione di nuove
forme, nuove strutture e nuovo lessico possa radicarsi nel già noto di ogni apprendente per mezzo di
una "contrattazione conoscitiva" che consenta la formulazione di ipotesi su significati e regole di
funzionamento dei nuovi elementi linguistici e la sperimentazione diretta di essi in situazione di
comunicazione reale con l'insegnante e tra i compagni.

Risulta confermato dagli studi di area glottodidattica lo squilibrio quantitativo tra "lingua passiva"
(ricevuta e compresa) e "lingua attiva", cioè utilizzata per la produzione orale dagli studenti. Ma
non è più sostenibile l'idea che gli studenti debbano prima ascoltare per poi parlare, né la
presupposizione che essi possano e debbano utilizzare attivamente tutta o gran parte della lingua
ascoltata dall'insegnante. Perciò le scelte linguistiche dell'insegnante devono da un lato funzionare
come input per la riorganizzazione della lingua già conosciuta dall'allievo fornendo nuovi elementi
in ingresso nel repertorio personale di ciascuno, dall'altro devono evitare il disorientamento causato
dalla mancata comprensione, recuperando per via extraverbale ed inferenziale i significati necessari
per la decodifica del messaggio.

L'efficienza comunicativa è un obiettivo strategico per l'insegnante, che ridimensiona l'asimmetria


dell'interazione verbale in classe e favorisce un contesto più aperto e interattivo.

6.4 - L'interazione verbale in classe

Gli studi condotti a partire dagli anni Sessanta del secolo scorso sull'interazione in classe hanno
messo in evidenza che non c'è bidirezionalità effettiva negli scambi comunicativi tra insegnante e
allievi, in quanto il ruolo di "orchestratore delle attività" svolto dal docente si manifesta in modalità
discorsive con caratteristiche precise.

Prima di tutto il formato conversazionale utilizzato più frequentemente nelle classi (non solo di
lingua!) è quello triadico, a struttura fissa, che in sequenza si presenta così:

Domanda / Avvio (dell'insegnante) Insegnante: Mounir, che giorno è oggi?


Risposta (dello studente) Studente: Venerdì
Commento (dell'insegnante) Insegnante: Bravo

(da Pallotti 1998: 277)

Lo scambio didattico, come si evince dall'esempio, di solito è iniziato dalla domanda formulata
dall'insegnante, seguito dalla risposta dello studente e, infine, dal commento o valutazione
dell'insegnante. Questi, inoltre, fa una domanda di cui conosce già la risposta e che ha l'unico scopo
di permettere allo studente di esibire le proprie conoscenze nella L2.

Tali domande vengono chiamate "di esibizione" (display questions) e il commento dell'insegnante
riguarda questa "esibizione" che viene commentata con un "Bene", "Bravo" o "No, non è così".

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È evidente che con questo formato il meccanismo di gestione dei turni è saldamente in mano
all'insegnante, che ha la facoltà di aprire e chiudere gli scambi conversazionali. È sempre lui a
scegliere chi deve parlare, se la classe non risponde coralmente o se più di uno studente si propone
per la risposta. Inoltre, "nelle interazioni triadiche a scuola ci sono poche opportunità di avviare
attività di negoziazione del significato, perché gli insegnanti di lingue di rado hanno dubbi su ciò
che uno studente sta per dire, dato che gli studenti generalmente rispondono a domande di
esibizione di cui l'insegnante conosce già la risposta" (Pallotti 1998: 278).

Inoltre il discorso dell'insegnante è caratterizzato da due diversi usi della lingua: la struttura esterna
corrispondente alla struttura della lezione con la lingua usata per socializzare, controllare, dirigere,
dare istruzioni ecc. e la lingua interna del Target Language. Il suo parlato quindi trasmette agli
studenti non solo abitudini di superficie come caratteristiche idiosincratiche di pronuncia,
intonazione, lessico e fraseologia, ma anche modi di interazione e strategie comunicative che
stimolano l'attivazione di certi atti linguistici e usi della lingua, ma ne cancellano altri magari più
importanti per lo sviluppo della competenza comunicativa di un "parlante in formazione".

Infine la quantità di lingua prodotta dagli insegnanti è di gran lunga superiore a quella prodotta
dagli studenti (70% del tempo contro il 30% a disposizione degli studenti) e non è raro che il parlato
degli insegnanti (il teacher talk) presenti delle caratteristiche simili a quelle usate dai parlanti nativi
con gli stranieri: ritmo rallentato, pause più lunghe, pronuncia eccessivamente scandita, scelta di un
lessico ripetitivo ed elementare, sintassi molto semplificata (vedi la scheda Foreigner talk e teacher
talk: tra elaborazione e semplificazione).

Gli studenti non solo parlano poco, ma anche quando riescono a farlo, i loro interventi sono brevi o
della lunghezza minima a soddisfare le richieste dell'insegnante.

6.5 - Verso nuovi orientamenti metodologici

La discussione, avviata da chi si occupa di apprendimento/insegnamento linguistico, sulla


mancanza di autenticità nell'interazione in classe ha avuto conseguenze nella didattica delle lingue
straniere. Soprattutto dopo la diffusione dei metodi comunicativi e la riconosciuta centralità della
lingua parlata nell'insegnamento, la riflessione sulla natura dell'interazione in classe ha avuto grande
enfasi sia nelle ricerche svolte sia nella prassi didattica quotidiana.

Grazie agli studi che hanno posto l'accento sugli aspetti pragmatici del linguaggio e sulla stretta
relazione tra lingua, parlanti, usi, contesti e scopi, sono state introdotte numerose proposte
metodologiche per l'insegnamento della L2 che danno ampio spazio all'ingresso di aspetti di
autenticità nella pratica didattica e nelle attività linguistiche proposte agli apprendenti.

In particolare gli approcci naturali (Natural Approach di Krashen) e olistici (la suggestopedia, il
silent way e il Total Physical Response), ponendo come centrali la motivazione e le caratteristiche
del discente, ma anche gli scopi per i quali una lingua viene studiata, cercano di ricreare nella classe
situazioni nelle quali gli studenti comunicano realmente: soprattutto le modalità con cui vengono
svolte le attività, pur nella loro diversa tipologia, sono finalizzate a far interagire gli studenti che
lavorando in coppia, a piccoli gruppi, in squadra, usano la L2 che stanno apprendendo.

Per esempio, in una lezione in cui gli scambi tra insegnante e studenti avvengono nella L2, quando
l'insegnante dà le istruzioni per i compiti da svolgere o organizza il lavoro su un testo, i partecipanti
interagiscono per svolgere le loro occupazioni di studenti e insegnanti nel contesto della classe.

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Così comportamenti verbali e non verbali riflettono le condizioni strutturali nelle quali si trovano i
partecipanti che agiscono nel contesto classe.

Nelle attività specificamente didattiche, soprattutto in quelle orientate alla produzione orale,
l'autenticità dell'interazione viene definita in relazione agli scopi degli studenti che partecipano alla
comunicazione: capire e usare le parole, imparare una struttura linguistica, saper fare domande,
intervenire in una discussione ecc. Quello che si vive nella classe, in una lezione interattiva (e non
frontale), è autenticamente comunicativo, in quanto i partecipanti condividono gli assunti riguardo
al carattere istituzionale dell'interazione, alle regole di comportamento verbale e non verbale
ammesse, agli scopi didattici dell'interazione.

La classe di L2 si caratterizza per avere come oggetto di apprendimento la capacità di interagire in


quella lingua. Inoltre lo strumento (far parlare gli studenti) coincide con l'oggetto (saper parlare in
L2). Questo duplice scopo, usare la lingua per imparare a usare la lingua, costituisce il carattere
specifico della classe di L2, che la differenzia da altre modalità di comunicazione che si svolgono in
altri contesti, permettendo lo sviluppo di una stretta relazione tra la dimensione cognitiva e quella
interazionale, tra l'acquisizione e il funzionamento delle interazioni.

6.6 - Le strategie per favorire la comunicazione in classe

Saper parlare, saper comunicare e interagire sono obiettivi raggiungibili anche con l'apprendimento
formale di una L2, se si organizzano momenti e attività di produzione orale che abbiano queste
caratteristiche:

- gli scambi avvengono in un clima sereno e incoraggiante;

- la partecipazione è assicurata a tutti gli studenti, secondo dinamiche di coppia e/o di gruppo;

- la lingua usata è quella di studio (e non la L1);

- l'interesse e la motivazione rimangono alti per tutta l'attività.

In base al livello di conoscenza degli studenti, tra le attività da svolgere in classe e finalizzate allo
sviluppo delle abilità di parlato, ricordiamo: la descrizione di persone, luoghi, oggetti e immagini; il
dialogo aperto (secondo un copione dato); la drammatizzazione (versione più complessa e
autonoma del dialogo); il role- play (assegnazione di un ruolo ed esecuzione del compito su una
situazione data); la discussione; il racconto; tutti i giochi comunicativi.

Inoltre, è importante per l'insegnante creare occasioni di interazioni reali con gli studenti, vale a dire
saper gestire schemi di azioni verbali più o meno complessi che possano essere riutilizzati in
contesti diversi ed esterni alla classe.

L'uso di materiali autentici (registrazioni di lingua parlata) espone gli apprendenti ad occasioni di
ascolto di interazioni reali e la scelta di diversi modelli di interazione permette di far loro osservare
le regolarità presenti nell'organizzazione delle conversazioni (saluto/risposta al saluto; apertura e
chiusura di un evento comunicativo; strategie per la presa di turno ecc.).

Nelle attività specificamente didattiche (compiti da svolgere, istruzioni da dare, regole da ripetere),
l'uso della L2 e l'osservazione del comportamento degli studenti contribuisce ad evidenziare le

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pratiche che i partecipanti mettono in campo per svolgere i compiti assegnati e per negoziare il
passaggio tra il discorso didattico e quello con altre finalità.

Come già detto sopra, la classe di L2 si caratterizza per avere come oggetto di apprendimento la
capacità di interagire in quella lingua: lo strumento (far parlare gli studenti) coincide con l'oggetto
(saper parlare in L2). Pur nella "finzione comunicativa" del contesto classe, ciascuna attività è
"autentica", in quanto i partecipanti sono consapevoli delle finalità didattiche di queste pratiche.

6.7 - Tecniche per lo sviluppo delle abilità di interazione

L'abilità di interagire e di dialogare è centrale nell'apprendimento di una L2, soprattutto nell'attuale


scenario glottodidattico, dopo che la didattica dell'approccio comunicativo ha promosso e diffuso
formati di attività caratterizzati da reali scambi di informazioni, dove vi è un information gap (vedi
2.4) che il lavoro degli studenti deve riempire. È grazie a queste dinamiche che si arriva
all'acquisizione di una lingua. In base al livello di conoscenze degli studenti, le attività proposte
avranno caratteristiche diverse, ma è fondamentale la presenza di un vuoto informativo.

Se oggi il saper "usare un'altra lingua" (Bettoni 2006) interagendo è una priorità, l'insegnante
dispone di una vasta gamma di tecniche che mirano a sviluppare le abilità di interazione. Tra le più
utilizzate ricordiamo le seguenti, in ordine crescente di autonomia e di difficoltà:

- drammatizzazione: consiste nella recita di un testo preparato (o preso dal manuale), assumendo i
ruoli previsti dal testo scelto. È utile per fissare le espressioni che realizzano gli atti comunicativi e
per lavorare sugli aspetti fonologici e paralinguistici; se è videoregistrata, la drammatizzazione è un
importante feedback per la competenza comunicativa;

- dialogo a catena: l'insegnante (o uno studente) inizia un dialogo a cui risponde un allievo che poi
rilancia la domanda a qualcun altro. Questa tecnica è utile per esercitare gli atti comunicativi e le
strutture linguistiche con cui essi si realizzano;

- dialogo aperto: si danno le battute di un personaggio e l'allievo deve dire quelle dell'altro
personaggio, tenendo conto della coerenza globale del testo e della coesione con le battute
precedenti e seguenti. Questa tecnica opera sia a livello di processi testuali, sia nello sviluppo della
competenza socio-pragmatica;

- role-taking, role-making, role-play: sono attività progressivamente autonome (la più vincolante è
la prima, in cui lo studente simula una situazione data), in cui si costruisce un dialogo sulla base di
una situazione. Sono attività complesse all'inizio nella fase di organizzazione, sia per la classe che
per l'insegnante, ma se le dinamiche di gruppo sono positive, risultano molto stimolanti e divertenti,
eccezion fatta per gli adolescenti;

- telefonata: è un role-play senza contatto visivo tra gli allievi, per cui non si può ricorrere a
suggerimenti, espressioni del viso ed altri segnali extralinguistici. Per questo risulta un'attività
piuttosto difficile per studenti poco autonomi linguisticamente;

- dialogo su chatline: è la versione scritta di una telefonata, con l'aggiunta della difficoltà della
scrittura. Ma salvando il testo e stampandolo, può essere un utile strumento per la correzione degli
errori formali e degli atti comunicativi non riusciti.

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Per la complessità di organizzazione, esecuzione e conclusione di queste attività, è piuttosto


difficile stabilire dei criteri di valutazione oggettivi. Si preferisce esprimere un giudizio
sull'efficacia, sull'appropriatezza e correttezza del testo prodotto, ma soprattutto si dà importanza
alla fluency e all'autonomia dell'esecuzione da parte degli studenti (Balboni 1998: 63).

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UD 7 - Le tecnologie per l'apprendimento linguistico

Le tecnologie educative applicate all'apprendimento linguistico possono considerarsi la nuova


frontiera della didattica linguistica: i nuovi media, affiancati a quelli tradizionali, sono mezzi e
insieme oggetti di apprendimento e insegnamento. Saranno, quindi, presi in esame gli strumenti più
diffusi nell'attuale panorama d'insegnamento e verranno delineati i criteri per scegliere i materiali
elettronici multimediali più adatti ad uno specifico tipo di studente. Infine si accenna alle
straordinarie potenzialità offerte da internet per apprendere una lingua straniera e utilizzare la rete in
modo intelligente.

7.1 - Tecnologie didattiche

7.2 - Ruolo delle tecnologie nella didattica linguistica

7.3 - La multimedialità

7.4 - L'ipertesto

7.5 - Il software didattico

7.6 - Valutazione del software didattico

7.7 - Software multimediale per l'apprendimento dell'italiano

7.8 - Internet e l'apprendimento delle lingue

7.1 - Tecnologie didattiche

Con tecnologie dell'educazione o tecnologie didattiche, si fa riferimento a tutti quegli strumenti


hardware e software che, pur pensati inizialmente per scopi non didattici, possono essere utilizzati
per facilitare l'apprendimento e l'insegnamento di qualsiasi disciplina. A sussidi tecnici, semplici o
complessi, si è sempre ricorso nell'attività didattica. Sono strumenti didattici la penna e il gesso, il
libro, la lavagna nera di ardesia e quella luminosa, i proiettori di immagini fisse e di immagini in
movimento, il televisore, il computer multimediale e qualsiasi strumento tecnico o tecnologico che
un insegnante può ritenere utile alla esemplificazione, spiegazione o mediazione di contenuti di
conoscenza. Anche se da sempre nelle aule scolastiche e universitarie si è fatto ricorso a strumenti
diversi che riflettevano le tecnologie fino quel momento presenti, solo in tempi più recenti e, in
particolare, solo con l'avvento delle tecnologie informatiche e multimediali è cominciata una
riflessione più ampia e approfondita sul senso e sul ruolo degli strumenti tecnologici. Oggi il
discorso sulle tecnologie educative sembra focalizzarsi esclusivamente sugli strumenti multimediali
che lo sviluppo tecnologico mette a disposizione in forme sempre più ampie e innovative.

Le tecnologie educative possono includere strumenti tipici del mondo delle comunicazioni (come i
computer, i sistemi multimediali, le telecomunicazioni, la radio, il cinema, la stampa ecc.) ma non si
identificano con essi, e possono, altresì, richiedere l'applicazione delle tecnologie della
comunicazione a situazioni didattiche, ma non si esauriscono nello studio di queste applicazioni.

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Fra i media utilizzati in ambito didattico, vecchi o nuovi, non esistono necessariamente delle
gerarchie. Non è detto, a priori, che l'apprendimento sia inevitabilmente più efficace se supportato
da un software didattico piuttosto che dal capitolo di un libro. Così come l'impiego di una
presentazione multimediale non modifica di per sé la relazione pedagogico-didattica con la classe.

Le tecnologie educative comprendono, in un rapporto di stretta interconnessione, tutti gli elementi,


di processo e di prodotto, che sono oggi efficacemente impiegabili nell'azione educativa.
L'approccio alle tecnologie didattiche è caratterizzato infatti dalla sistematicità e interdisciplinarità
che integra in un sistema complesso le varie conoscenze. Le tecnologie educative non sostituiscono
integralmente i vecchi metodi di insegnamento, ma li affiancano semplicemente, cercando di creare
nuove opportunità al sistema d'insegnamento odierno.

Le tecnologie informatiche offrono nuove opportunità e potenzialità, aprono nuovi orizzonti, ma


ogni insegnante comprende che questo non significa di per sé innovazione didattica. Le innovazioni
tecnologiche ottimizzano le tecniche e le procedure didattiche, velocizzano i percorsi, rendono più
facile la realizzazione di progetti, forniscono molte risorse su cui lavorare, accorciano le distanze,
favoriscono il lavoro collaborativo dentro e fuori la classe. Ma il punto fondamentale è sempre lo
stesso: l'insegnante fa innovazione non perché decide di sfruttare le potenzialità degli strumenti
tecnologici, producendo magari un insegnamento più coinvolgente ed efficace, ma perché ha già
fatto in precedenza la scelta di individuare come finalità ultima del suo lavoro la comunicazione in
lingua straniera, e fa della tecnologia "semplicemente" lo strumento ideale per realizzarla.

È sempre una questione di scelta metodologica, quasi filosofica; la scelta degli strumenti è solo una
conseguenza.

7.2 - Ruolo delle tecnologie nella didattica linguistica

Per descrivere il ruolo delle nuove tecnologie nella didattica linguistica ci rifacciamo al modello che
Gianfranco Porcelli individua per il computer, vale a dire i cinque paradigmi di base che descrivono
in un certo senso l'evoluzione che le tecnologie hanno avuto nella didattica, ma suggeriscono anche
cinque modalità di impiego.

Le tecnologie sono state viste inizialmente come macchine per insegnare (teaching machine), poi
hanno assunto un ruolo analogo a quello del docente (magister), sono diventate in seguito dei tutor
(paedagogus), poi ampie banche dati, quindi semplici sussidi (glotto) didattici integrati (Porcelli,
Dolci 1999: 25).

Macchine per insegnare erano, ad esempio, i primi computer impiegati non solo per l'insegnamento
delle discipline scientifiche, ma anche per la didattica linguistica. Il fine era l'acquisizione sicura
delle strutture linguistiche, secondo il modello comportamentista del metodo strutturale
predominante negli anni Sessanta e Settanta del secolo scorso.

Il computer, come espressione più avanzata delle nuove tecnologie, è un magister o meglio "un
sistema esperto [che] può incorporare la conoscenza non solo della disciplina ma anche dei
processi didattici, ed essere un valido sostituto dell'insegnante" (Porcelli, Dolci 1999: 26). Il
sistema gestisce il processo di insegnamento, controlla le risposte dell'allievo, valuta gli errori, fa
diagnosi ecc., insomma si comporta come sostituto dell'insegnante. Svolge, per la verità, i compiti
didattici per certi versi più onerosi e ripetitivi, lasciando libero l'insegnante di curare gli aspetti

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pedagogicamente più significativi, quelli relativi alla formazione umana, affettiva e culturale
dell'allievo.

Il paradigma del paedagogus include tutte le attività di apprendimento cui gli allievi accedono sotto
la guida dell'insegnante. Gli strumenti tecnologici accompagnano, sostengono, guidano l'allievo
verso il maestro che rimane la vera guida formativa. Il computer pedagogo mette a disposizione
programmi che consentono l'acquisizione o lo sviluppo di specifiche abilità con esercizi e attività
che sono tuttavia suggerite e controllate dall'insegnante: drills, esercizi, giochi didattici, ascolto e
ripetizione, test di valutazione e autovalutazione ecc.

Una importate funzione, avvertita comunemente come tipica del computer, è quella
dell'archiviazione di enormi quantità di informazioni e del recupero in tempo reale. Gli esempi di
tale funzione in ambito linguistico sono tantissimi: testi letterari digitalizzati presenti su supporto
magnetico o su internet, i moltissimi dizionari, lessici specialistici ed enciclopedie su supporto
elettronico. Lo studente e lo studioso possono accedere in modo facile e con tempi di ricerca ridotti
al minimo a qualsiasi informazione contenuta in una enciclopedia o al significato di qualsiasi
parola, in una qualsiasi lingua, contenuta in un dizionario elettronico.

Ma l'aspetto più significativo di queste banche "linguistiche" non è dato tanto dalla facilità ed
immediatezza della ricerca, quanto dalla possibilità di organizzare e correlare più ricerche per
dedurre nuove informazioni che sono possibili solo se si consultano e si confrontano più fonti.
Nell'ambito della didattica linguistica, la possibilità di accedere a informazioni e a testi in lingua
straniera disponibili in internet consente di accostarsi a testi autentici scritti ed orali, permettendo
così quel contatto diretto con la cultura e la realtà straniere che in passato era possibile solo
recandosi nel paese straniero.

L'ultimo paradigma è quello che vede nel computer un potente sussidio didattico integrato. È
sicuramente il ruolo più gradito agli insegnanti, quello che in fondo riafferma il ruolo centrale del
docente rispetto alle macchine, per quanto sofisticate ed efficaci siano. E questa funzione, se vale
per l'insegnamento di qualsiasi disciplina, lo è ancor più per gli insegnamenti linguistici che sono
finalizzati all'acquisizione di una competenza comunicativa, vale a dire di una capacità di interagire
linguisticamente con altre persone che usano quella stessa lingua (Pichiassi 2007).

7.3 - La multimedialità

La nozione di multimedialità rinvia ad una molteplicità di media i quali, convergendo in un unico


apparato, favoriscono una comunicazione a più canali. La multimedialità è, quindi, un ambiente che
offre la possibilità di impiegare più sistemi simbolici ricorrendo ad una tecnologia che vede
l'integrazione di linguaggi o codici di comunicazione diversi: suono, scrittura, animazione,
immagine. Ogni medium propone un proprio sistema simbolico di codificazione dell'informazione,
è dotato di potenzialità rappresentative, semantiche ed espressive particolari e il messaggio che
veicola si presenta con un suo specifico linguaggio. L'utilizzo integrato di media diversi implica la
compresenza di più linguaggi e quindi di diverse strategie di comunicazione.

Tutto questo è reso possibile dalla codificazione digitale che permette la trasformazione dei diversi
codici in uno solo. In questa ottica, allora, la multimedialità significa integrazione elettronica su
base digitale di più media, anche se oggi, per la verità, c'è sempre più la tendenza a restringere
l'accezione di tale termine alla comunicazione mediata da uno schermo, sia esso quello di un
televisore o di un computer.

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Televisione e computer sono i due media multimediali per eccellenza o se vogliamo le due forme
principali di multimedialità: l'una primaria e l'altra secondaria. La multimedialità primaria è
rappresentata dal televisore o dal cinema: si impiegano più codici ma non si ha interattività. La
multimedialità secondaria è rappresentata dal computer, che oltre a ricorrere a più codici permette
all'utente di interagire. La multimedialità secondaria si divide in due settori fondamentali: off-line e
on-line. La prima è quella che si diffonde attraverso i cd-rom, i DVD e i vari supporti magnetici su
cui sono memorizzate le informazioni, la seconda è quella che si realizza mediante la grande rete di
internet.

Nella multimedialità confluiscono due culture che un tempo erano ritenute separate: da una parte
quella del video (cinema e televisione) e dall'altra quella della elaborazione dei dati propria del
computer e della programmazione informatica. Da una parte movimento, ritmo e suono e dall'altra
disegno, interfacce e programmazione guidate degli eventi.

In entrambe la culture, quella della televisione e quella del computer, il contesto di produzione e di
uso sono un tutt'uno con il messaggio: quando si guarda la televisione o si opera al computer "il
livello di saturazione sensoriale è relativamente più basso, e la partecipazione dell'utente tende ad
essere assai più alta. L'immersione è appunto il riflesso dell'impossibilità di distinguere nettamente
messaggio e contesto, ed anche di separare pregiudizialmente il ruolo dell'oggetto rispetto a quello
del soggetto che entra in rapporto con esso" (Maragliano 2000: 52-53).

L'immergersi è quasi sempre uno sprofondare, un inabissarsi, un isolarsi e confondersi, ma anche un


partecipare, un agire, un rispondere a varie sollecitazioni, un provare ed un interrogare. Apprendere
per immersione significa apprendere anche attraverso la ridondanza, la ripetizione, l'interattività.

La multimedialità porta a valorizzare molteplici forme comunicative che includono testi scritti e
orali, immagini fisse e in movimento, musica e gesti e ogni forma non verbale di comunicazione. Le
tecniche di digitalizzazione dei diversi materiali (audio, video e grafici) riuniti in un solo medium
rendono possibile la navigazione non sequenziale tra mezzi di comunicazione diversi per cui la
multimedialità assume una forma ipertestuale.

7.4 - L'ipertesto

La multimedialità rimanda all'ipertestualità e quella ipertestuale è la modalità tipica delle nuove


tecnologie applicate all'apprendimento e all'insegnamento. Chi naviga in internet come chi esplora
un qualsiasi cd-rom, sia esso un corso di lingua o una enciclopedia multimediale o un dizionario, ha
un'idea intuitiva di che cosa significhi ipertestualità. Con ipertestualità si intende una tecnologia che
consente un'associazione strutturata di più testi collegati (ipertesti), in modo da permettere ad un
lettore percorsi diversi e liberi da un testo all'altro.

La caratteristica fondamentale dell'ipertesto è che esso annulla la separatezza fra un testo e l'altro,
altera il senso dell'unicità testuale. Un ipertesto fisicamente non può esistere su carta stampata, in
quanto ha una "natura virtuale", trova la sua ragione d'essere nei molteplici raccordi tra le diverse
parti. Un ipertesto è, quindi, un testo registrato su memoria magnetica, in cui le singole unità (che
possono essere indifferentemente pagine, capitoli, paragrafi, frasi, brani ecc.) non sono disposte, e
quindi leggibili, secondo un ordine sequenziale (come le pagine e i paragrafi o i capitoli di un libro),
bensì secondo un ordinamento reticolare; in questo modo da ogni sotto-unità dell'ipertesto si può
accedere direttamente a qualsiasi altra sotto-unità ad essa collegata.

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I blocchi o segmenti in cui vengono organizzate le sotto-unità vengono detti comunemente nodi o
lessie, cioè unità d'informazione autonome e autosufficienti, relativamente piccole rispetto all'intero
documento ipertestuale. Il nodo (o pagina) è, all'interno di un ipertesto, l'unità minimale. Ogni nodo,
come ogni paragrafo, dovrebbe, almeno in teoria, trasmettere una sola idea. Malgrado questa
somiglianza occorre sottolineare che, mentre in un testo le informazioni sono disposte linearmente e
quindi i vari paragrafi si pongono come anelli di una catena, in un ipertesto la disposizione delle
informazioni è reticolare. Ogni nodo deve, perciò, essere il più possibile autonomo, dal momento
che non è possibile prevedere attraverso quali altri nodi sia passato il lettore, né quali siano quelli
che egli vedrà successivamente.

L'accesso ai vari nodi è reso possibile dal link, strumento che permette il salto da un nodo all'altro. I
link possono essere di diversi tipi: possono collegare un concetto a un esempio, un rinvio a una
citazione; oppure possono agire a livello dizionariale, collegando termini semanticamente affini
(sinonimi, iperonimi ecc.); ma soprattutto consentono di connettere in maniera rapida le parti
tematicamente correlate di uno stesso documento.

Sulla pagina o videata di un ipertesto il link è segnalato e attivabile attraverso un dispositivo,


testuale e tecnico al tempo stesso, una parola attiva o "parola calda" (hotword), cliccando sulla
quale è possibile saltare al nodo ad essa collegato o ad una serie di opzioni tra le quali scegliere.

Le parole attive possono assumere, fisicamente, forme diverse: possono cioè essere parole
appartenenti al testo ed evidenziate rispetto alle altre, parole che accompagnano il testo o
rappresentazioni grafiche di vario tipo (pulsanti virtuali, disegni, fotografie).

Tratti propri dell'ipertesto sono la mancanza di linearità sequenziale, la possibilità di molteplici


letture, la labilità della distinzione autore/lettore, la manipolabilità o possibilità di espansione del
testo, e soprattutto l'interattività. L'interattività è intesa come la possibilità di scegliere il percorso e
di decidere a ogni nodo quale o quali link attivare, o le capacità di un dispositivo di reagire a stimoli
provenienti dal suo esterno, producendo fenomeni percepibili da chi ha generato gli stimoli stessi.

Interattività significa anche possibilità di collaborazione con altri: un ipertesto può essere realizzato
in tempi diversi da persone diverse che agiscono insieme alla sua realizzazione. Il gruppo di lavoro
che realizza l'ipertesto può essere costituito anche da persone che sono fra loro lontane nello spazio,
ma collegate grazie alle reti telematiche.

7.5 - Il software didattico

Con la crescente diffusione dei computer e con l'avvento di una multimedialità disponibile in un
solo strumento, la realizzazione di programmi didattici computerizzati ha conosciuto nel giro di
pochi anni una crescita esponenziale. Tale crescita, che forse agli inizi poteva essere riconducibile
ad una moda, risponde ad una necessità sempre più diffusa di un insegnamento che tenga conto del
fatto che la comunicazione e l'interazione non avvengono più solo faccia a faccia o attraverso la
scrittura di lettere, ma anche tramite gli strumenti informatici.
Senza addentrarci nell'analisi di specifici prodotti multimediali per l'apprendimento della lingua
materna o delle lingue straniere, vogliamo indicare sommariamente le tipologie più diffuse di
software linguistico ed alcuni aspetti e problemi connessi al suo uso.

Ci sono programmi che implicano una cultura ancora legata alla tecnologia del libro e che per le
modalità di impiego possono essere definiti dei semplici "voltapagine" elettronici; ce ne sono altri

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che hanno una rigida struttura sequenziale ed altri ancora che prevedono percorsi ramificati; ci sono
infine programmi didattici specifici e programmi per scopi generali che possono offrire occasioni di
impiego anche nella didattica linguistica. La tipologia di software per la didattica varia per la
dimensione, la configurazione complessiva, gli scopi, il tipo di destinatari e la tecnologia che
presuppone.

Lo sviluppo dell'editoria elettronica è stato negli ultimi anni così intenso che diventa quanto mai
difficile per un insegnante e anche per un apprendente di lingua districarsi nella miriade di proposte
e scegliere quello che effettivamente soddisfa le specifiche esigenze di apprendimento. Ci sono
programmi brevi ed isolati (stand-alone) finalizzati allo sviluppo di singole abilità o aspetti della
lingua; ci sono corsi multimediali isolati o integrativi di un libro di testo (courseware), e ci sono
sistemi e programmi d'autore che consentono ad un insegnante di realizzare lezioni multimediali o
interi corsi. A questi si possono aggiungere i dizionari bilingui e monolingui su cd-rom, le
enciclopedie letterarie e generali e quegli applicativi per scopi generali a cui abbiamo già fatto
cenno (vedi 7.3), come i programmi di scrittura elettronica (word processor) e di data base.

7.6 - Valutazione del software didattico

La scelta dei materiali multimediali più adatti al raggiungimento di obiettivi di apprendimento


linguistico richiede all'insegnante nuove competenze. Oltre a quelle di natura pedagogica e
linguistica, quali erano necessarie per valutare i materiali didattici basati sul libro, si richiedono
competenze, sia pure sommarie, relative all'informatica e ai diversi codici con cui, in un prodotto
multimediale, le diverse conoscenze sono veicolate e le varie attività vengono eseguite. Non è più
sufficiente decidere semplicemente se il contenuto linguistico è adeguato al livello dichiarato, se le
attività esercitative sono congruenti con le abilità da sviluppare, ma occorre prefigurare l'impatto a
livello cognitivo e psicologico dei suoni, delle immagini e dei filmati attraverso i quali i contenuti
sono fruiti (Pichiassi 2007: 118).

Occorre allora valutare in quale misura l'uso di uno strumento tanto potente e sofisticato sia
adeguato agli obiettivi di apprendimento. È importante che il software didattico non presenti
difficoltà aggiuntive, collegate all'impiego dello strumento informatico, che ostacolino o rallentino
l'apprendimento linguistico. Per questo il software deve avere un'interfaccia semplice ed intuibile,
in modo da non costringere l'utente ad una fase più o meno lunga di training per imparare ad "usare
il programma".

Il software ideale è quello che riesce a coniugare gli aspetti linguistici con i tratti della ipertestualità
e della multimedialità; quello che è immediatamente comprensibile, quello che ha una struttura allo
stesso tempo semplice e flessibile, che consente percorsi e navigazioni in tutte le direzioni ma che
altresì guida l'utente a scegliere il percorso a lui più congeniale, un percorso che tenendo conto delle
risposte date e dei tempi impiegati sa anche suggerire il passo successivo. Un corso di lingua al
computer che costringa, ad esempio, un apprendente principiante o di giovane età a lunghe sedute
alla tastiera per digitare frasi e testi, diventa, alla lunga, snervante e quindi, pedagogicamente,
inutile. Allo stesso modo andrà preferito un software che privilegia le abilità orali della lingua,
permettendo l'ascolto, la ripetizione e il riascolto di frasi e dialoghi, in modo che l'allievo possa
ascoltare e riascoltarsi e valutare così la propria pronuncia confrontandola con il modello offerto dal
programma.

I tratti informatici e gli aspetti linguistici di un software didattico devono essere presi in
considerazione congiuntamente per evitare che si possa avere un prodotto eccellente sul piano

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informatico (interfaccia utente amichevole, grafica accattivante, soluzioni multimediali fantasiose e


piacevoli ecc.), ma scadente nei contenuti pedagogici e linguistici, oppure un prodotto buono sul
piano linguistico ma ostico per la complessità d'uso del programma.

Anche se c'è ancora molto da imparare sui processi di apprendimento di una L2, tuttavia una serie
di ricerche e di riflessioni portano a sottolineare il ruolo decisivo dell'interazione
nell'apprendimento. Di conseguenza particolare attenzione va rivolta a quei software didattici che
privilegiano l'interattività, quelli cioè che vedono l'allievo interagire con il programma e
determinare il proprio percorso e ritmo di apprendimento in modo naturale ed autonomo.

E da ultimo, ma non meno importante, occorre valutare in che misura un determinato software è
adeguato all'orientamento metodologico e didattico scelto. Se l'orientamento oggi prevalente della
didattica linguistica vede il discente al centro del processo e la sua autonomia fondamentale ai fini
di una crescita non solo cognitiva, allora diventa importante che il software renda possibile ai
diversi utenti la scelta di percorsi individualizzati, secondo ritmi e modalità adeguati al ritmo e allo
stile di apprendimento degli allievi.

In sintesi, nel valutare un software multimediale per l'apprendimento di una seconda lingua occorre
tener conto di aspetti metodologico-didattici come:

- l'adeguatezza dei contenuti al livello linguistico degli allievi;

- la chiarezza e correttezza dei contenuti;

- l'organizzazione dei contenuti;

- lo spazio adeguatamente assegnato a tutte le abilità linguistiche;

- la varietà e ampiezza dei compiti e delle attività;

- il sistema di valutazione previsto dal programma.

Occorre inoltre tener conto degli aspetti più spiccatamente tecnici come:

- la facilità d'uso;

- la struttura ipertestuale;

- la struttura ipermediale;

- l'interattività;

- l'adeguatezza del software all'hardware;

- la flessibilità ad attività del software.

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7.7 - Software multimediale per l'apprendimento dell'italiano

Nell'ambito della didattica linguistica con il termine multimedialità un tempo si faceva riferimento a
quei pacchetti di materiali di apprendimento costituiti da un libro, da una o più cassette audio e/o
cassette video. Simili pacchetti sono ancora presenti sul mercato e sono ancora indicati come corsi
multimediali; in realtà sarebbe più corretto definirli media multipli o media misti. Oggi con
multimedialità si indicano materiali per computer che sono stati realizzati con il computer e
consentono di visualizzare e stampare testi e grafici di alta qualità, ascoltare brani e testi audio,
vedere immagini e filmati video e creare nuove registrazioni audio e video. Per questa sua
caratteristica di integrare le quattro abilità di base il computer multimediale diventa il miglior
alleato dell'insegnante di lingue.

Anche la didattica dell'italiano come lingua straniera non poteva non avvalersi dei nuovi strumenti
multimediali. Sia pure faticosamente e lentamente, l'ultimo decennio ha visto la realizzazione di
alcuni prodotti che obbediscono all'esigenza di offrire una più variegata gamma di strumenti e di
opportunità di apprendimento linguistico. Abbiamo già evidenziato come l'integrazione di diversi
media (testi, immagini fisse e in movimento, suoni ecc.) su un unico supporto offre input e stimoli
che non possono non avere che una ricaduta positiva sull'apprendimento/insegnamento linguistico.

Perciò anche nella didattica dell'italiano L2 si sta verificando una lenta metamorfosi dei prodotti o
se vogliamo, dei corsi, che, dallo stringato ed unico formato cartaceo, si sono andati arricchendo di
supporti e di sussidi più diversi: prima audio, poi video ed ultimamente multimediali.

La produzione di materiale multimediale per la didattica delle lingue straniere sta diventando uno
dei settori più vivaci dell'editoria scolastica: non c'è casa editrice operante nel settore scolastico che
non presenti nel proprio catalogo titoli multimediali o anche una sezione specifica per la
multimedialità. All'origine c'è ovviamente un accresciuto interesse per questo tipo di prodotti, oltre
al maggiore impiego delle tecnologie avanzate in tutti i settori della vita produttiva e del tempo
libero. A questi motivi vanno aggiunte come concause di questo cresciuto interesse da una parte la
riduzione dei costi per la realizzazione di prodotti multimediali e dall'altra la maggiore familiarità di
molti insegnanti, anche di lingua, con le tecnologie avanzate, che li ha portati a realizzare e
sperimentare prodotti multimediali semplici nelle soluzioni tecniche, ma didatticamente efficaci.

I software oggi disponibili per l'apprendimento/insegnamento della lingua italiana, lingua materna
e lingua straniera, sono vari per tipologia, contenuti, soluzioni multimediali e target dei destinatari.
Comprendono sia corsi di lingua completi sia materiali di supporto e integrativi, grammatiche e
dizionari su cd-rom, esercizi e giochi didattici, programmi per bambini e per adulti ecc.

7.8 - Internet e l'apprendimento delle lingue

È ormai evidente a tutti che internet è uno strumento straordinario per l'insegnamento e
l'apprendimento delle lingue sia perché consente di accedere a materiali autentici in lingua straniera
che si possono scaricare, stampare e usare in classe, sia perché mette in contatto allievi di lingue e
paesi diversi. In particolare il web offre strumenti e possibilità rilevanti per insegnanti e studenti di
lingua, come:

- campioni di lingua autentica;

- informazioni attuali e aggiornatissime (notizie dell'ultim'ora);

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- ricerca di informazioni su un argomento specifico;

- comunicazione reale con alunni e insegnanti di altri paesi;

- uso di esercizi interattivi;

- scaricare sul proprio computer testi e pagine.

Certo, come qualsiasi altra lezione, anche una lezione che utilizza materiale tratto dalla rete ha
bisogno di essere ben programmata.

Perché le finalità didattiche legate alla navigazione sul web si raggiungano, è necessario che gli
studenti abbiano chiaro il compito da eseguire e le modalità di svolgimento. La gran mole di
materiale disponibile in rete non garantisce la crescita culturale in modo automatico. Diventa
necessaria l'indicazione dei compiti per evitare che l'allievo vaghi senza meta o che, non sapendo
cosa fare e perché farlo, finisca per girare a vuoto fra siti inutili. Per questo prima di usare internet
in diretta con gli studenti, è bene guardare il materiale in precedenza e valutarlo attentamente.
Inoltre è opportuno che un'intera lezione non sia programmata intorno a un unico sito, ma è bene
disporre di attività alternative nel caso in cui la connessione salti. Se ciò dovesse accadere
potrebbero rivelarsi utili le navigazioni off-line, vale a dire navigare in siti che sono stati
precedentemente riversati nella memoria del computer o su una memoria di massa esterna.

Il web offre materiale autentico e attuale (testi, immagini, frammenti audio e video) che può essere
utilizzato per esercitare le abilità di lettura e di ascolto, o per attività integrate (per esempio, si può
chiedere di riempire un modulo on-line, o di fare un riassunto di quel che si è letto, e in questo
modo esercitare anche l'abilità di scrittura). In rete si possono consultare delle banche dati (per
cercare risorse bibliografiche, traduzioni, prezzi e descrizioni di prodotti, orari dei treni ecc.),
scrivere e inviare cartoline virtuali, fare giochi enigmistici, test psicologici e anche esercizi di
grammatica.

È possibile utilizzare il web per costruire delle attività didattiche. Il docente può attingere dal web
per realizzare del materiale, stamparlo e distribuirlo agli studenti; ad esempio, scaricare il testo di
un articolo di un quotidiano italiano in rete, rielaborarlo aggiungendo attività linguistiche e proporlo
ai propri studenti. Se vuole può rispettare la grafica dell'originale per conservare il carattere di
autenticità del testo, ricorrendo ad un editor html che consente di creare pagine web. In più, il
docente può creare nel proprio computer un archivio di tutte le attività e dei testi scaricati per
proporli alla classe nei momenti e nei tempi ritenuti più opportuni. Queste soluzioni tecniche
permettono anche di ovviare a un altro inconveniente: la scomparsa o la modifica di pagine web.
Per questo quando si prepara un'attività basata sulle pagine web, è bene copiare queste pagine sul
proprio computer: così anche se in futuro un certo sito viene modificato l'attività rimane utilizzabile.

Un altro vantaggio dato dal web è la disponibilità di quotidiani e riviste. Questa presenza significa
attualità, ricchezza e completezza delle informazioni disponibili a costi irrisori Inoltre molti giornali
e riviste hanno degli archivi consultabili on-line, sicché è rapidissimo trovare un articolo su un
determinato argomento, ed è anche possibile fare dei confronti tra articoli sullo stesso argomento
provenienti da giornali diversi.

Nel web si trovano siti che sono delle vere scuole virtuali di lingua, con interi corsi articolati su più
livelli e per destinatari diversi. L'offerta si è ampliata e diversificata in modo esponenziale negli
ultimi tempi, soprattutto da quando è migliorata la qualità dell'audio e dei video sulla rete. Corsi
multimediali di lingua straniera sono sempre più frequenti: alcuni sono "riversamenti" in rete di

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corsi precedentemente distribuiti su cd-rom, altri sono corsi nati specificamente per la rete. Alcuni
di questi vengono gestiti per profitto e fanno pagare per i servizi forniti; altri sono stati costruiti da
persone entusiaste, desiderose di trasmettere la loro lingua e cultura.

Un altro modo per utilizzare il web è mettere in rete il proprio materiale, creando una propria pagina
web, su cui per esempio anche gli studenti possono pubblicare i propri elaborati. A questo scopo si
può usare un editor html, ma è anche possibile creare una semplice pagina web usando solo un
programma di elaborazione testi come Word, salvando il documento come pagina web.

Gli esperti di internet e computer possono poi arricchire le proprie pagine web con degli esercizi di
grammatica e lessico. Esistono vari programmi con cui è possibile creare esercizi di lingua per il
web.

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