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— scelta tra le varie soluzioni tecnicamente possibili di quella più idonea per il
conseguimento dell’obiettivo prefissato.
Da un punto di vista organizzativo queste fasi si articolano a loro volta in una serie di
sottofasi che prendono in considerazione diversi aspetti.
In particolare, la prima e la seconda fase si propongono di individuare:
— principio del traffico: tutti gli impianti sono caratterizzati da flussi di materiali,
macchine, uomini, servizi, nonché da informazioni e ordini. Tali flussi devono essere
studiati tenendo presente i fenomeni di intasamento del traffico che possono
verificarsi durante l’esercizio, la variabilità e l’intersezione tra i flussi.
Questi periodi si sviluppano in modo diverso nel tempo in funzione del tipo di
impianto e della sua grandezza, del fatto che si tratti di progettare ex novo un intero
stabilimento oppure, come è molto più frequente, di progettare nuovi reparti
produttivi o di studiarne modifiche.
— economia.
Mentre la tecnologia dei processi può essere molto diversa a seconda del tipo di
sistema produttivo, i servizi richiesti dai processi medesimi possono presentare
caratteristiche comuni.
Uno studio di fattibilità inizia con una ricerca e un’analisi di mercato tali da
consentire lo studio tecnico-economico del prodotto, del processo, dei servizi, e
Figura 2.1. Schema degli elementi presi in esame per la progettazione degli impianti.
2. Analisi del mercato: con l’analisi di mercato si analizza l’evoluzione subita negli
ultimi anni dal mercato del bene che si vuole produrre, le sue prospettive future,
nonché la distribuzione geografica della domanda, al
— analizzare le origini storiche del settore, ovvero quando e come sono sorte le
prime imprese, nonché le loro caratteristiche e l’evoluzione nel tempo;
— valutare il grado di difficoltà che l’avvio di una tale attività produttiva comporta.
In questo senso individuare gli eventuali “ostacoli di ingresso” della nuova impresa
nel settore;
quanto producono;
— come producono;
— controlli di qualità;
— confezionamento e imballaggio;
— i fabbisogni energetici;
— la manodopera richiesta;
8. Edifici: scelta del tipo e della struttura degli edifici (costruzioni industriali, civili,
uffici, servizi ecc.).
10. Personale: individuazione, per ciascuno dei reparti, dei servizi e degli uffici dello
stabilimento, della qualifica e della consistenza del personale addetto.
— condizioni di pagamento;
12. Conto economico preventivo: per ciascun prodotto che si intende realizzare, è
necessario formulare un conto economico preventivo, che consente di esprimere
una prima valutazione circa la convenienza economica delle singole produzioni.
— assegnare i valori d’inventano per la determinazione dei costi e dei prezzi e, nello
stesso tempo, controllare le giacenze fisiche;
— fornire alla Direzione informazioni sui costi per la risoluzione di problemi di scelta
fra due o più alternative.
Alla luce delle precedenti considerazioni possiamo affermare che un’altra differenza
sostanziale tra contabilità generale e industriale risiede nel fatto che, mentre la
prima ha un’impostazione pressoché identica qualunque sia l’azienda presa in
considerazione, la seconda invece appare in genere differente a seconda
dell’azienda cui essa si riferisce e risulta quindi personalizzata in funzione delle
specifiche necessità dell’azienda che la sviluppa. Inoltre, a differenza della
contabilità generale, la contabilità industriale è concepita e sviluppata in maniera
tale da fornire informazioni dettagliate sia di tipo sia storico sia previsionale. In
definitiva la differenza fondamentale tra i due sistemi contabili consiste nella diversa
destinazione dei dati elaborati: la contabilità generale è basata sulle teorie
economiche tradizionali, mentre la contabilità industriale, è fondata sulle teorie
economiche di scuola nordamericana, le quali indicano come obiettivo di un sistema
contabile la rilevazione e il controllo dell’efficienza di impiego delle risorse aziendali.
Il budget è il piano di attività dell’azienda espresso in termini economici e finanziari.
Esso è uno strumento di gestione che può essere utilizzato sia come sistema di
pianificazione economico-finanziaria, sia come meccanismo di regolamentazione dei
rapporti tra le persone dell’azienda, con lo scopo di orientare i singoli
comportamenti verso obiettivi comuni.
Nella Tabella 2.3 sotto indicata, vengono invece riportate a confronto le principali
caratteristiche dei due sistemi di contabilità, generale e industriale.
Campo d’indagine Rileva tutti i fatti aziendali che Rileva i fatti di gestione connessi
comportano entrate o uscite al processo economico aziendale.
finanziarie. Non considera l’aspetto
finanziario della gestione.
Natura dei dati rilevati Rileva i costi e i ricavi secondo la Rileva i costi e i ricavi secondo la
loro natura. loro destinazione.
Rileva dati analitici, opera una
Rileva dati sintetici, non riclassificazione in costi e ricavi
scomposti nei loro compònenti rilevati dalla contabilità generale.
elementari.
— controllo e analisi dei dati: confronto tra i dati economici fissati a preventivo con i
dati di esercizio rilevati a consuntivo.
Affinché queste tre fasi possano essere proficuamente applicate, i costi devono
essere raggruppati o classificati in modo che:
— si possano eseguire analisi particolari sia sui costi passati sia su quelli futuri.
La maggior parte degli economisti concorda nel definire costo “il sacrifico
economico che l’azienda sopporta per lo svolgimento di un’attività, ovvero per
l’acquisizione di un determinato bene o di uno specifico servizio”. Questo concetto
non implica necessariamente un istantaneo esborso in termini di denaro: quando
un’azienda acquisisce una risorsa, dichiara la propria disponibilità a investire denaro
entro una certa data. La precedente definizione di costo è diversa da quella
attribuita alla spesa in sede di contabilità generale, che definisce appunto spesa
“l’esborso di denaro connessa con l’acquisizione di un bene o di un servizio”.
Pertanto il concetto di spesa è strettamente correlato con quello di flusso
monetario. Per chiarire meglio la differenza tra costo e spesa, si consideri l’attività
produttiva di un’azienda manifatturiera che trasforma una determinata materia
prima in un prodotto finito. All’atto del prelievo dal magazzino e dell’utilizzo della
materia prima nel ciclo produttivo, l’azienda sostiene un costo (costo della materia
prima) e non una spesa. Viceversa, all’atto del pagamento al fornitore dell’importo
inerente alle materie prime utilizzate, l’azienda sostiene una spesa e non un costo.
Sebbene esistano molte definizioni dì costo e di spesa, possiamo annoverare tra le
più significative quella di costo come “consumo di una risorsa a fini produttivi” e
quella di spesa come “erogazione monetaria”. In tal senso quindi la spesa è un’uscita
numerica, mentre il costo è un parametro derivato di significato strettamente
contabile. La definizione di costo e quella di spesa adottate nella contabilità
generale sono quindi nettamente diverse tra loro. Invece, ai fini dell’impostazione e
dello sviluppo della contabilità industriale, la distinzione tra i due termini non è così
netta e le due definizioni coincidono. Infatti in contabilità industriale non si fa
riferimento al fatto che una risorsa sia stata o meno pagata, ma solo al fatto che sia
stata o meno utilizzata. Ovviamente l’aspetto economico della gestione aziendale
non riguarda esclusivamente il sostenimento di costi per l’acquisto di fattori
produttivi, ma soprattutto il conseguimento di ricavi per la vendita di beni e la
prestazione di servizi. Tale aspetto è chiaramente preceduto da movimenti di natura
finanziaria: le uscite di denaro misurano costi, mentre le entrate di denaro misurano
ricavi.
Costi Ricavi
Costi fiscali
VA = R - CMP
Nella Tabella 2.4.1 è riportato uno schema di suddivisione dei costi in classi
fondamentali.
Salari operai
Mezzi di servizio
Ammortamenti
Spese generali
Royalty
Oneri tributari
In particolare si definisce:
— costo diretto, il costo per il quale esiste una correlazione univoca (legame diretto)
tra l’oggetto o obiettivo di costo e il costo stesso. Le materie prime e la manodopera
diretta costituiscono un esempio di costi diretti del prodotto fabbricato (obiettivo di
costo). L’attribuzione dei costi diretti al singolo obiettivo di costo avviene attraverso
l’impiego di opportuni coefficienti di impiego. Si definisce coefficiente di impiego di
una risorsa la quantità di tale risorsa necessaria per la fabbricazione di una unità di
prodotto. Per esempio, nel caso in cui si desideri determinare il costo della
commessa utilizzando un procedimento per addizione, il costo delle materie prime e
della manodopera diretta è univocamente desumibile dalla “bolla di prelievo dei
materiali”, nonché dalla “bolla di impegno della manodopera”.
— costo indiretto, il costo per il quale non esiste una correlazione univoca (legame
diretto) tra l’oggetto o obiettivo di costo e il costo stesso. Esempi di costi indiretti
sono la manutenzione dei macchinari, la manodopera indiretta, i costi commerciali, i
costi amministrativi e i costi di ammortamento. L’attribuzione dei costi indiretti
all’oggetto o obiettivo di costo avviene attraverso la definizione di opportuni
coefficienti di ripartizione. Per esempio, avendo scelto come obiettivo di costo le
commesse in lavorazione, un possibile criterio è quello di ripartire il costo totale
della manodopera indiretta in maniera proporzionale al numero di ore di
manodopera diretta impegnata per la lavorazione di ogni singola commessa.
Si definisce:
— costò variabile: il costo che varia al variare del volume di produzione o di vendita.
Esempi di costi variabili sono le materie prime e l’energia. Un costo variabile può
essere espresso mediante la seguente relazione:
Cv = bQ
dove:
Q è il volume di produzione;
Nel diagramma della Figura 2.4.3 si riporta l’andamento dei costi variabili in
funzione del volume di produzione.
Figura 2.4.3 Diagramma dei costi variabili.
— costo fisso: è il costo che non varia al variare del volume di produzione o di
vendita. Un immediato esempio di costi fissi è quello inerente al fitto o al leasing di
un fabbricato; tale costo rimane evidentemente invariato qualunque sia il volume di
vendite conseguito. I costi fissi divengono sempre più importanti nell’esercizio di
un’azienda al crescere del livello di sviluppo industriale, economico e sociale del
contesto in cui l’azienda opera (Fig 2.4.4). Infatti i progressi tecnologici favoriscono
la sostituzione del lavoro manuale con quello svolto dalle macchine. L’acquisizione
di una macchina determina un rateo di ammortamento annuo che rappresenta un
costo fisso per l’azienda. Tale costo sostituisce, anche se parzialmente, il costo
variabile di esercizio costituito dal costo della manodopera diretta.
Figura 2.4.4 . Diagramma dei costi fissi.
— costi fissi di capacità (capacity cost), che rappresentano i costi fissi che l’azienda
deve sostenere per mantenere un determinato livello di capacità produttiva.
I costi di capacità sono in definitiva quei costi che l’azienda sostiene per procurarsi
risorse produttive generalmente inerenti a lungo termine. Esempi di tali costi sono
le quote di ammortamento, le tasse, i premi assicurativi, la retribuzione dei
manager, dei tecnici e dei capi reparto. Sono costi che vanno comunque sostenuti
indipendentemente dal volume di produzione.
— costi fissi programmati (progammed cost), che sono i costi che l’azienda deve
sostenere per mantenere, se lo ritiene opportuno, alcune specifiche iniziative
aziendali. Esempi di tali costi sono i costi di ricerca e sviluppo, i costi della pubblicità
(televisione, radio, giornale, cartelloni) e i costi di addestramento del personale.
La Tabella 2.4.5 seguente riporta alcuni esempi di costi fissi e di costi variabili.
Tabella 2.4.5 Esempi di costi fissi e di costi variabili.
Voci di costo Variabile Fisso
Materie prime x
Lavorazioni est. x
Ammortamenti ind. x
Affitti x
Trasporti x
Energia x
Manodopera diretta x
x
Manodopera indiretta
Pubblicità x
Manutenzione ordinaria x
Manutenzione straordinaria x
Materiali ausiliari x
x
Costi generali
Riscaldamento x
Provvigioni x
Stipendi x
Vigilanza e pulizie x
Indicando con CT i costi totali, somma dei costi variabili (Cv) e dei costi fissi (CF), è
possibile scrivere:
CT=CF+Cv=CF+b.Q
Alla luce delle relazioni sin qui esposte, è possibile determinare analiticamente e
graficamente il costo totale unitario del prodotto.
ottiene:
Alcuni costi contengono componenti sia fisse sia variabili al variare dei volumi di
produzione. I costi di questo tipo sono appunto detti:
— costi semifissi: sono invece quei costi che si mantengono fissi entro intervalli
prestabiliti di produzione (Q). Esempi di tali costi sono la retribuzione dei dirigenti, la
retribuzione degli impiegati ecc. Il grafico di un costo semi- fisso assume il tipico
andamento a “gradino” (Fig. 2.9). Per volumi di produzione Q < Q1 il costo del
personale amministrativo sia per esempio pari a b1. Per Q1 < Q <Q l’incremento dei
costi fissi presenta un tipico andamento a gradino, assumendo un valore pari a b1.
L’altezza di ogni gradino può essere considerata proporzionale al costo per la
retribuzione di uno o più addetti amministrativi.
Osservando il grafico della Figura 2.10, si evince che l’andamento della funzione
costo-volume può anche essere curvilineo nell’intero insieme di definizione della
funzione; tuttavia all’interno dell’intervallo operativo può essere considerato
lineare. Analogamente un costo semifisso nell’intervallo analitico di definizione può
essere considerato fisso qualora si consideri il suo andamento all’interno
dell’intervallo operativo.
— il valore dell’ammortamento;
— la durata dell’ammortamento;
— il metodo di ammortamento.
Valore da ammortizzare
Esso è costituto dal valore iniziale del cespite da ammortizzare, aumentato delle
spese accessorie di installazione, collaudo ecc., nonché delle spese incrementali via
via sostenute. Non si tiene conto dell’IVA, né del contributo erogato dallo Stato o da
altro Ente (circ. 17/5/2000, n. 98/E).
Durata dell’ammortamento
Essa deve essere intesa come vita “utile”, ovvero come periodo di economica
partecipazione dei fattori considerati alle produzioni di impresa. A tale proposito si
consideri che per un determinato bene da ammortizzare è possibile distinguere tra:
vita fisica, tecnologica e commerciale.
Vita fisica
Si riferisce all’efficienza del bene che viene acquistato. La vita fisica è il periodo di
tempo durante il quale la macchina, in normali condizioni di utilizzo e
manutenzione, conserva l’efficienza originaria. Per efficienza si intende la capacità di
fornire con continuità le prestazioni qualitative e quantitative che caratterizzano il
bene al momento dell’acquisto e della messa in esercizio.
2 (C Vr )
n
m
avendo indicato con:
Se si osserva la Figura 2.11 si evince che il costo C decresce nel corso del tempo e
tende a un valore residuo del macchinario (Vr). La curva r rappresenta il valore del
macchinario nel tempo. I costi di manutenzione m crescono con grande rapidità
nella fase di avviamento e messa in regime del macchinario, mentre assumono un
valore costante nella fase di regime. Quando
Vita commerciale
Metodo di ammortamento
È il procedimento mediante il quale si perviene al calcolo delle quote, una volta che
siano determinati il valore da ammortizzare e la durata dell’ammortamento. Le
quote di ammortamento, una per ogni esercizio, costituiscono il fondo di
ammortamento, che rappresenta la somma degli ammortamenti effettuati fino a
quel determinato istante. Per la determinazione delle quote di ammortamento
esistono diversi procedimenti, anche se il criterio più diffuso è quello a quote
costanti. Tale criterio è quello ammesso in Italia dall’Amministrazione finanziaria che
indica, per ciascuna tipologia di impresa, i coefficienti che devono essere utilizzati ai
fini fiscali per l’ammortamento delle immobilizzazioni materiali. Questi coefficienti
sono stati approvati con decreto ministeriale del 31/12/88 e si applicano ai beni il
cui processo di ammortamento è cominciato a partire dal periodo di imposta in
corso all’1/1/1989 (ossia, per i soggetti con periodo di imposta coincidente con
l’anno solare, a decorrere dal 1989). Relativamente ai beni il cui processo di
ammortamento è iniziato prima di tale data, si applicano i coefficienti approvati con
decreto ministeriale del 29/10/74. Le quote di ammortamento sono deducibili “a
partire dal primo periodo di imposta in qualsiasi momento dal quale il bene è stato
utilizzato o avrebbe potuto essere utilizzato. Per le imprese di nuova costituzione
l’inizio dell’ammortamento può essere differito al primo periodo di imposta in cui
sono stati conseguiti i ricavi”. Le modalità di ammortamento fiscale comunemente
utilizzate sono le seguenti:
Il metodo a quote costanti è quello più utilizzato, ed è ammesso dal fisco in Italia.
Esso valuta le quote sulla base dei coefficienti fissati con decreto ministeriale del
31/12/88.
V0 Vk
Ai
n
Il relativo piano di ammortamento è il seguente:
k
V0 Vk Ai
i 1
I diversi tipi di costo possono essere raggruppati tra loro, dando origine a nuove
figure di costo particolarmente utilizzate in contabilità industriale. In particolare si
possono distinguere i seguenti tipi di costo:
• costo tecnico o costo primo, che comprende tutti gli elementi di costo speciali e,
talvolta, gli oneri accessori a essi strettamente relativi come:
• costo industriale o di fabbricazione, che aggiunge al costo primo le quote dei costi
comuni più strettamente connessi con la fabbricazione (spese generali di
fabbricazione). Tra questi tipi di costo vi sono i costi per energia, ammortamento,
manutenzione, sorveglianza, controllo delle lavorazioni e trasporto interno. Il costo
industriale si utilizza per la valutazione delle rimanenze dei prodotti finiti;
Costo complessivo
• costo economico tecnico, che aggiunge agli oneri effettivamente sopportati i costi
figurativi, ossia non corrispondenti a spese effettive, come gli interessi sul capitale
investito, i fitti per gli immobili. Questa figura di costo è la più idonea per problemi
di scelta di convenienza economica, poiché consente confronti tra soluzioni che
prevedono impiego di capitale proprio e da prestito, in immobili propri o presi in
fitto e ecc.
2. valutazione diretta;
3. cifre indice.
In altre parole, un aumento delle risorse impiegate nel processo produttivo provoca
un aumento più che proporzionale dei risultati. Pertanto, all’aumentare della
dimensione dell’impianto i costi unitari tendono a diminuire. Tale fenomeno appare
giustificato dal fatto che all’aumentare del volume di produzione i costi fissi si
distribuiscono su un maggior numero di unità fabbricate. Si osservi che a ciascuna
configurazione dimensionale di un impianto corrisponde un particolare livello di
marcia ottimale. Nella Figura 2.13 si può infatti osservare il diagramma qualitativo
costi-volumi di produzione per tre diverse dimensioni di un impianto, nonché i tre
corrispondenti livelli ottimali di marcia. In corrispondenza del punto in cui vengono
sfruttate completamente le economie di scala si individua la dimensione minima
efficiente d’impianto. Volendo invece considerare la variazione del costo unitario di
impianto CU (€ /Pezzi realizzati) per unità di capacità produttiva PU (Pezzi
Realizzati/Anno) si ottiene l’andamento rappresentato nella Figura 2.13 in alto a
destra. In questo caso si può osservare che l’andamento del costo unitario di
impianto diminuisce al crescere dell’unità di capacità produttiva. Concludendo,
possiamo osservare che il metodo per analogia presenta l’indubbio vantaggio di
consentire una stima del costo dell’impianto in modo semplice e veloce. Di contro,
risulta essere un metodo “miope”, in quanto confronta costi non attualizzati e
considera tecnologie di produzione che possono risultare obsolete.
Valutazione diretta
— impianti antinquinamento
— attrezzature e arredi per uffici e servizi: per esempio mobili e macchine per uffici,
arredi, attrezzature e macchine per la mensa, infermeria, spogliatoi;
Quando non si dispone di dati analitici, possono essere utilizzati parametri di tipo
pratico-empirico, che prendono il nome di cifre indice,
Il costo di esercizio è dato dalla somma dei costi che l’azienda deve sostenere in un
determinato periodo di tempo (generalmente un anno) per far funzionare e gestire
correttamente l’impianto produttivo. Esso è costituito dalla somma di:
Il costo di produzione o del servizio reso è dato dalla somma dei costi variabili C (per
esempio materie prime, energia e servizi tecnici come acqua, aria compressa ecc.) e
dei costi fissi CF (per esempio oneri di manutenzione, manodopera, spese di
amministrazione, commerciali ecc.).
Pertanto:
U = R - CTOT = R - Cv-CF
Avendo indicato con:
— R i ricavi
— CV i costi variabili
— CF i costi fissi
U = R - CF - CV - (ΔR - ΔCV)
dove (ΔR - ΔCV) è il costo dell’inefficienza del servizio.
Si deve inoltre considerare, in aggiunta alla riduzione dei ricavi per mancata
produzione, anche il costo della perdita di immagine aziendale. Il ritardo nella
consegna dei prodotti richiesti genererà clienti insoddisfatti, e ciò potrebbe
provocare la perdita di una fetta di mercato.
L’analisi CRQ (Costi, Ricavi, Quantità) è uno strumento molto utile e semplice per la
progettazione e la gestione di un generico impianto di produzione. Infatti la
conoscenza dell’interdipendenza fra costi, produzione e profitti è di fondamentale
importanza in tutte le decisioni strategiche di un’azienda.
Questo tipo di analisi, detta anche break even analysis, consente la determinazione
del punto di equilibrio (BEP, Break Even Point) tra costi totali e ricavi totali.
L’analisi CRQ può essere condotta sia sui dati storici sia sui dati previsionali,
fornendo così la possibilità di valutare diverse situazioni economiche in cui l’azienda
può trovarsi. Questo tipo di analisi fornisce utili informazioni in sede di valutazione e
di scelta di soluzioni tecniche alternative, in fase sia di progettazione sia di esercizio
di un sistema produttivo.
Rappresentando le rette dei costi e dei ricavi in un piano cartesiano CRQ il punto Q*,
intersezione delle rette dei costi totali C e dei ricavi totali R, è definito Break Even
Point (BEP) ovvero punto di pareggio. In esso i costi e i ricavi assumono lo stesso
valore.
Si osservi che la pendenza della retta dei ricavi R rappresenta il prezzo unitario di
vendita. Esso è fornito dalla seguente relazione:
Per U*= 0 ; Q* = Q
(p )
In termini grafici, in corrispondenza del valore di produzione Q1, il valore dell’utile U1
è pari alla differenza U1= (R1 — C1) , ovvero corrisponde al segmento compreso tra la
retta dei ricavi e quella dei costi. Si desume quindi che l’utile aumenta al crescere
della produzione, allontanandosi dal punto di pareggio. Il diagramma di redditività,
benché corrispondente a un’analisi statica in quanto relativa a un determinato anno
di funzionamento, può fornire utili informazioni anche in sede di progetto.
L’attendibilità di tali informazioni è dipendente dal grado di approssimazione
raggiunto nell’analisi dei costi e dei ricavi.
— p <b: le due rette R e C divergono, pertanto l’uguaglianza tra costi e ricavi non
può essere mai raggiunta. L’utile dell’azienda è negativo e aumenta al crescere della
produzione. Tale situazione è ovviamente da evitare;
— p = b: la retta dei costi è parallela a quella dei ricavi. In questo caso l’utile
dell’azienda è negativo e assume un valore costante pari a CF. Il punto di pareggio si
sposta all’infinito;
Qt Q*
k 100
Qt
dove
Q* = 70-50% di Qt
Se, per esempio, risulta k = 50%, significa che l’impianto può funzionare con un
coefficiente di utilizzazione fino a 0,5 senza che si manifestino perdite. In altre
parole se per ragioni di mercato o per altre condizioni esterne, la produzione
dovesse risultare inferiore alla potenzialità, l’impresa non avrà perdite purché risulti
Q 0,5 La Figura 2.16 mostra il diagramma redditività-margine di sicurezza.
Alla luce delle relazioni fin qui esaminate, è possibile considerare il diagramma di
redditività in termini di costo totale unitario e ricavo totale unitario. In particolare,
dividendo il costo totale Ct e il ricavo totale Rt per il volume di produzione Qt si
ottiene:
RT p Q
Ru p
Q Q
CT CF CV CF Q CF
CTu
Q Q Q Q Q Q
Il diagramma della Figura 2.21, riporta l’andamento del costo totale unitario e del
ricavo unitario R in funzione del volume di produzione Q. Il costo totale unitario
varia secondo una legge iperbolica.
Nella figura è riportato l’andamento dei costi unitari (Cu), ricavi unitari (Ru) funzione
delle quantità di prodotto o volume di produzione (Q).
Per Q > Qt il costo unitario aumenta fino a intersecare nuovamente la retta del
prezzo p. Le ascisse dei due punti di intersezione della retta del prezzo p con la curva
del costo unitario Ctu, sono i punti Q*1 e Q*2.
(U<O).
La curva del costo unitario può assumere andamenti diversi rispetto a quello visibile
nella figura.
MAC = R - Cv
Nella Figura 2.25 è rappresentato l’andamento dei costi totali Ct, dei ricavi R e
dei costi variabili Cv. L’area tratteggiata contenuta fra la retta dei ricavi R e
Si vuole precisare che con il termine “margine” si indica in genere una differenza, in
questo caso la differenza tra i ricavi e i costi variabili relativi al singolo prodotto; il
termine “contribuzione” indica invece il contributo che il singolo prodotto dà per la
copertura dei costi fissi aziendali; il termine “unitario” sta a significare che è riferito
all’unità di prodotto. Il margine unitario di contribuzione non rappresenta un utile
per l’azienda. Esso diventa un utile unitario dopo che sono stati recuperati i costi
variabili, ovvero dopo il punto di pareggio Q*. Nella determinazione del MAC non si
tiene conto della natura dei costi (spese amministrative, costi di fabbricazione, spese
commerciali ecc.), ma solo della dipendenza (fissa o variabile) di questi dalla
produzione realizzata. Il MAC varia linearmente con i ricavi conseguiti.
Considerando gli utili U di un’azienda, è possibile rappresentare graficamente
l’andamento della retta degli utili in un piano (U,Q). Ricordando che l’espressione
dell’utile è:
esplicitando i ricavi e i costi variabili in funzione dei prezzi di vendita nonché dei
costi variabili unitari si ottiene:
Tale espressione è l’equazione di una retta con coefficiente angolare pari a MACU, e
il cui valore interseca con l’asse delle y è pari a —CF. La rappresentazione di tale
retta è visibile nella Figura 2.26.
I costi di fabbricazione sono tutti quei costi legati alla trasformazione della materia
prima in prodotto finito. Un esempio di prospetto sul MAL è visibile nella Tabella
2.12.
Ove
quindi:
Tale espressione non è altro che la somma dei margini di contribuzione di ogni
prodotto al netto dei costi fissi.
Pertanto:
CFtotali p 2
Q1 Q2 2
p1 1 p1 1
Tale espressione rappresenta l’equazione di una retta da isoprofitto nullo. In
particolare (Fig. 2.27):
CFtotali
Q1
( p1 b1 )
CFtotali
Q2
( p2 b2 )
A parità di prezzi e costi variabili unitari, le rette con isoprofitto positivo avranno la
stessa pendenza ma si troveranno a destra della retta con isoprofitto nullo.
Analogamente, le rette con isoprofitto negativo si troveranno a sinistra.
Nel caso in cui l’azienda realizza più di due prodotti, risulta impossibile ripetere
l’analisi precedente. In tal caso sono valide le seguenti ipotesi:
b1,b2,b3,……………………….bn
p1,p2,p3,…………………pn
Volendo esprimere l’utile in funzione del ricavo totale dell’azienda, occorrerà fare
altrettanto per i costi variabili. Pertanto, dividendo il valore del costovariabile totale
per il ricavo totale, si ottiene il valore del costo variabile totale per unità di ricavo
totale ovvero per euro di fatturato. Quindi:
b Q i i n n
btotale i 1
n b Q i i btotale pi Qi
p Q
i 1
i i i 1 i 1
n
U (1 btotale) pi Qi CFtotale
i 1
Nel punto di pareggio l’utile risulta essere pari a zero. Pertanto è possibile scrivere:
n
U (1 btotale) pi Qi CFtotale 0
i 1
n
R *
totale pi Qi
i 1
Si desume che:
CFtotale
*
Rtotale
(1 btotale)
Pertanto, nel caso di più prodotti, il ricavo di pareggio R*totale è pari al rapporto tra i
costi fissi totali e il margine di contribuzione per unità di fatturato (1 — btotale)
Pertanto:
Da cui si desume