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Filologia Germanica
Università della Calabria
71 pag.
Cos’è la Filologia?
La Filologia è lo studio della documentazione scritta della cultura di un popolo.
Filo – Logos (dal greco: amante della parola).
Venivano definiti “Filologoi” i dotti ateniesi, in contrapposizione ai guerrieri spartani, che erano invece definiti “Brachilogoi” cioè
coloro che erano di “poche parole”.
Inizialmente con il termine si indicava chi era amante della parola, del discorso, col tempo ci si riferì agli amanti dello studio
letterario, del testo scritto.
La Filologia è una disciplina che deve basarsi, quando riguarda ambiti legati a lingue antiche/morte (non parlate), su regole e
fondamenti comparatistici perché solo attraverso il mettere insieme le notizie che ci provengono dall’archeologia, da fonti
letterarie (laddove ce ne siano) o da altri elementi che ci consentono di ricostruire la cultura di un popolo, noi riusciamo a
interpretare meglio un Testo, che è sempre frutto di un contesto storico-culturale molto più ampio del testo stesso; e quando
parliamo di “testo” non parliamo solo di quello letterario, ma di qualsiasi documenti scritto.
La Filologia Germanica studia e interpreta quelle che sono le testimonianze scritte di una civiltà che noi chiamiamo “la civiltà
Germanica antica” attraverso l’evoluzione che questa civiltà ha avuto nei secoli successivi.
Quando parliamo di “Germanico” noi attribuiamo a questo termine un valore etnico-geografico e anche un valore fonologico,
perché noi oggi parliamo di “Inglesi” / “Tedeschi” /” Olandesi” /” Norvegesi” ecc. invece quando parliamo di “germani” ci
riferiamo ad un’epoca arcaica.
Sostanzialmente parliamo di quelle popolazioni che erano stanziate, nel II sec. D.C, in quella che viene chiamata Cerchia Nordica
e che è un’area che possiamo circoscrivere alla Scandinavia meridionale, quindi Svezia e Norvegia meridionale, Danimarca e le
coste dell’attuale Germania, cioè la parte settentrionale.
In queste zone si suppone vivessero queste popolazioni unite da elementi culturali, condivisioni di carattere religioso, usi,
costumi e anche uniti dalle lingue che avevano un insieme di tratti in comune.
I primi ad allontanarsi furono i Goti, che si spostarono verso oriente, poi verso l’attuale Bulgaria, e poi tornarono in Europa
Occidentale, anche in Italia, con il Regno di Teodorico a Ravenna.
In Calabria abbiamo avuto anche Alarico, quindi anche in Italia ci sono stati anni di dominazione gotica.
Anche altre popolazioni scendono e si assestano nel territorio dell’Europa centro-settentrionale, arrivando ai confini con quello
che all’epoca era ancora l’Impero Romano; altre popolazioni, invece, restarono sostanzialmente nell’area scandinava.
L’Inghilterra (area per eccellenza in cui la lingua germanica era più diffusa) divenne “Terra degli Angli” tardi, dal V secolo in poi,
quando le popolazioni di origine germanica che si sono stanziate sulle coste del mare del Nord in particolare, si trasferiscono in
Inghilterra che all’epoca era la Britannia. Queste popolazioni sono quelle degli Angli, dei Sassoni e degli Juti.
Quando parliamo di lingue germaniche antiche, ci riferiamo al Gotico, che è una lingua ormai estinta, a causa degli spostamenti
degli stessi Goti, anche se sono stati dominatori di alcuni regni in Italia, Francia e Spagna; ma, di fatto, l’impatto con la cultura
latina ch’era molto più articolata e avanzata in qualche modo ha fatto si che i Goti fossero dominatori politici ma non culturali
infatti durante il regno di Teodorico (in Italia), sovrano Gotico, la lingua ufficiale era il Latino.
Le LINGUE SCANDINAVE (nordiche) il Norvegese antico, il Danese antico, lo Svedese antico e l’Islandese (tutta la penisola
scandinava perciò, eccetto la Finlandia, dato che i Finlandesi non parlavano una lingua germanica ma appartengono al
gruppo Finnounnico, quindi si tratta si un’altra cultura).
Nella zona continentale centrale abbiamo l’Alto tedesco antico (a.t.a.), e il Basso tedesco Antico (b.t.a.), da cui deriva
l’attuale tedesco moderno.
Dal Basso Tedesco antico deriva l’Olandese, perché il b.t.a. è collocato nella zona settentrionale tra l’attuale Germania e
l’Olanda; poi abbiamo l’Inglese antico da cui deriva l’Inglese moderno.
Altra lingua germanica è il Frisone (lingua minore già presente nella fase antica), parlato dalle popolazioni che abitavano
le regioni Frisoni (divise tra Germania e Olanda) sempre sul Mar del Nord ed è tuttora utilizzata/parlata, solo che non ha
un’identità nazionale.
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- Lingue Nordiche/Scandinave
- Gruppo Orientale (dei Goti)
- Gruppo Germanico Occidentale LINGUE GERMANICHE ANTICHE
(Inglese antico, dialetti dell’a.t.a + b.t.a.,
Frisone antico)
- Frisone
- Olandese
- Inglese
- Tedesco
- Norvegese LINGUE GERMANICHE MODERNE
- Danese
- Svedese
- Islandese
+ Feringio (Di derivazione Svedese/Danese, che si parla nelle isole Fær øer (Faroe)
Piccole isole parte del territorio della Danimarca.)
- Yiddish (dopo la II guerra mondiale si è perso, anche se si dice che ci sia stato un ripristino oggi) lingua parlata dagli ebrei
dell’est, che non ha un’identità nazionale.
- Afrikaans Lingua parlata dai Boeri olandesi che colonizzarono l’Africa meridionale.
Nell’attuale Sud Africa, l’Afrikaans è stata per molti anni lingua nazionale parlata dai dominatori bianchi dei Boeri, scalzata
poi dall’inglese (perché gli Inglesi sostituirono i Boeri), ma è una lingua che ha tuttora una sua pregnanza.
La Filologia Romanza Lingue romanze, derivanti dal latino (Italiano, Spagnolo, Catalano…), i volgari romanzi sono attestati,
ma per le popolazioni germaniche la situazione è più complicata perché:
Non hanno una cultura scritta, l’unica forma di attestazione scritta pervenutaci sono le RUNE, che avevano anche valenza
magica legata al fatto che in una cultura/società orale la possibilità di comunicare a distanza aveva qualcosa di prodigioso.
Le RUNE erano delle incisioni su materiale duro (pietra, ferro, metallo…) veniva richiesta quindi anche una particolare abilità e le
competenze di scrittura e lettura erano abilità separate nelle culture arcaiche (oggi invece si impara sia a scrivere che a leggere).
“Scrivere” in inglese “write” anglosassone “writan” significava originariamente “incidere” (scrittura quindi intesa
essenzialmente come incisione)
Queste popolazioni germaniche iniziano a scrivere quando si incontrano con il mondo latino, attraverso la Cristianizzazione. Le
popolazioni germaniche originariamente pagane, paradossalmente, ci hanno lasciato una documentazione ch’è tutta frutto della
cristianizzazione. La maggior parte dei testi sono stati redatti all’interno dei monasteri, copiati e tramandati dalla mano degli
amanuensi (scriba/copisti). Si tratta di una documentazione Cristiana: come la produzione dei Goti i cui frammenti pervenutici
sono traduzione di una Bibbia.
Dall’area Tedesca ci sono pervenute traduzioni di formule battesimali in cui vengono nominate alcune divinità (Odino, Thor…).
Questi testi furono scritti in un periodo in cui queste popolazioni non credevano più all’esistenza delle divinità., perché prende il
sopravvento la cultura cristiana.
Noi non abbiamo una lingua unitaria da cui far derivare le lingue germaniche dalle documentazioni scritte dalle popolazioni
germaniche noi abbiamo il Frisone antico, l’inglese antico, l’a.t.t., il b.t.a., il gotico ma non abbiamo una corrispondente di quello
che può essere il latino per le lingue romanze.
Come si procede allora? Attraverso un confronto serrato tra queste lingue attestate nella loro fase più antica.
Questo confronto consente di ricostruire quello che viene chiamato “Germanico comune”. Le lingue germaniche sono di
derivazione indoeuropea. Il concetto di “indoeuropeo” è astratto, non è mai esistita un passato (remoto) una popolazione che
parlasse una unica lingua (l’indoeuropeo) ma dobbiamo intendere l’indoeuropeo come una “lega linguistica”, cioè popolazioni
che condividevano una serie di cose di carattere culturale e linguistico.
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La parola “padre” è una ISOGLOSSA SEMANTICA dell’indoeuropeo: nel senso che le lingue indoeuropee condividono la
definizione per “padre/madre/sorella”.
Il fonema prevalente è /p/ (greco e latino) in irlandese antico, sappiamo che la /p/ in posizione iniziale seguita da una vocale
velare (a) cade. Sappiamo anche che nelle lingue germaniche la P diventa F (gob. FAVIR)
1° MUTAZIONE CONSONANTICA: la /p/ dell’indoeuropeo, quindi l’occlusiva sorda labiale, diventa fricativa sorda in germanico
comune /f/
Quando i linguisti dell’800 fanno questo confronto rivelano delle regole, quindi noi possiamo in qualche modo risalire alla lingua
madre, perché troviamo un’identità tra significante e significato e la riusciamo a spiegare, dove c’è un cambiamento fonologico
rispetto a dei fonemi, attraverso delle regole, perché in contesti analoghi accadono le stesse cose per cui possiamo riscrivere la
radice dell’indoeuropeo.
Tra la /i/ che è la vocale palatale per eccellenza e la /a/, vocale velare per eccellenza, i glottologi si inventano la cosiddetta
SCHWA (ə) come segno intermedio tra le due vocali.
Si tratta di una ricostruzione e non di una lingua veramente parlata, che ci serve come ipotesi di lavoro per individuare i tratti
comuni. Confrontando anche gli altri fonemi la radice comune sarà “Patér”.
Questo tipo di operazioni fatte per l’indoeuropeo sono studi che iniziano soprattutto nell’800 (periodo delle scoperte
Darwiniane con cui si crede che ci sia un rapporto sistematico dell’evoluzione della lingua) e si tende anche a sistematizzare gli
studi linguistici e iniziano ad essere prodotte le prime grammatiche comparate: cioè gli studiosi si rendono conto della presenza
di alcuni elementi che accomunano determinare lingue (in maniera empirica attraverso la loro stessa conoscenza delle lingue).
Le grammatiche comparate possono riguardare anche lingue geograficamente lontane.
Rasmus Rask linguista danese che nel 1818 fece un confronto sistematico tra l’islandese e altre lingue germaniche e
indoeuropee, notando attraverso questo confronto linguistico parole sia affini di significato che per significante.
Rask fu il fondatore dell’INDOEUROPEISTICA (detta linguistica o filologia indoeuropea): branca della linguistica storica e della
comparativa che si occupa della ricostruzione della lingua indoeuropea.
Rask e altri studiosi rivelano che questo metodo comparativo-ricostruttivo deve procedere attraverso la scomposizione dei vari
livelli linguistici (fonologico, morfologico, lessicale) nella fase più arcaica delle lingue comparate.
Si fa un confronto tra parole che hanno lo stesso significato e le si scompone dal punto di vista fonologico, morfologico e
lessicale. Questo era il metodo utilizzato da Rask, considerato anche fondatore (insieme ad altri) della linguistica comparata e
della filologia germanica in particolare.
Ebbe un ruolo importante anche JACOB GRIMM*(uno dei fratelli Grimm, entrambi studiosi del Folklore e della cultura
germanica arcaica). Grimm è autore anche di uno studio sulla mitologia germanica, di una grammatica germanica che egli
chiama “Deutsche Gramatik” in cui compara le singole lingue germaniche, un dizionario dal tedesco in cui va a rivedere
l’etimologia delle singole parole nel confronto con le altre lingue germaniche. Questi studi sono stati fatti nell’800.
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1861 (siamo nel pieno delle teorie positivistiche: il principio di evoluzione della specie viene adottato per l’evoluzione delle
lingue) August Schleicher ideatore della teoria del cosiddetto Albero Genealogico. Egli propone di considerare l’evoluzione delle
lingue attraverso l’immagine di un albero, dal cui tronco (che rappresenta la lingua di derivazione) crescono poi i vari rami (le
altre lingue).
Tronco centrale: l’INDOEUROPEO da cui cresce il ramo del LATINO e da questo altri rami (francese ecc.)
Altro ramo è quello dello SLAVO ANTICO da cui derivano RUSSO, SLOVACCO, SERBO, CROATO, BULGARO, ecc.…
Ramo CELTICO irlandese ecc.
Ramo GERMANICO comune.
N.B. Le lingue continuano ad avere contatti tra loro, perché sono organismi vivi in quanto si evolvono continuamente e non sono
statiche.
Perciò, la teoria di Schleicher è buona per avere una “fotografia” della distribuzione geografica delle lingue, ma non tiene conto
della reale evoluzione delle lingue.
Anche all’interno del ramo germanico in particolare ci sono stati cambiamenti, per cui determinate isoglosse sono condivise da
determinate lingue e non da altre che presentano a loro volta isoglosse comuni tra loro.
1872 un allievo di Schleicher, Schmidt propone la cosiddetta “Teoria delle onde”: essa tiene conto del fatto che le lingue
possono condividere delle innovazioni con lo stesso principio fisico per il quale le onde in uno stagno si propagano quando ci
cade dentro un sasso, le quali perdono forza/intensità man mano che “si allargano” /che si allontanano dal ceppo.
Schmidt immagina che le lingue nella loro evoluzione subiscano delle innovazioni, che si attestano in un determinato territorio e
che da questo si espandono perdendo consistenza progressivamente (allontanandosi dal ceppo).
La teoria delle onde valuta l’evoluzione delle lingue da un punto di vista linguistico (e non solo geografico a differenza di
Schleicher).
Che c’è stato, da questo famoso tronco, un primo tronco goto-nordico e un altro germanico occidentale OPPURE un primo
tronco gotico da un lato e dall’altro uno germanico occidentale-settentrionale.
Dal punto di vista linguistico, le due possibilità sono sullo stesso piano, se guardiamo alla storia di questi popoli notiamo che i
Goti sono i primi a staccarsi dalla cerchia nordica, spostandosi verso oriente e sono i primi ad incontrare la Cristianizzazione
(attraverso il greco, lingua dominante in Oriente); invece il gruppo del germanico occidentale e del nordico (germanico
settentrionale) restano più a lungo in contatto e continuano a condividere legami anche in fasi successive.
È possibile quindi supporre che le isoglosse tra gotico e nordico appartengano ad una fase più arcaica invece quelle
condivise da germanico occidentale e settentrionale sono probabilmente frutto di una evoluzione durante la quale i due
rami erano ancora a stretto contatto, perché i tratti comuni sono presenti anche in fasi successive a quella arcaica.
(Anche se spesso le documentazioni che abbiamo a disposizione sono appartenenti ad una fase arcaica, e mai
contemporaneamente, durante il metodo comparatico-ricostruttivo.)
08 Marzo
Noi prendiamo la radice dal germanico comune (lingua non attestata, serve per ricostruire in senso diacronico l’evoluzione di
queste lingue):
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Ipotizziamo che queste lingue germaniche derivino da una lingua comune (germanico comune g.c.)
Th (fonema tipico delle lingue germaniche antiche) fricativa interdentale (grafema þ) è una convenzione assimilata da noi
moderni, che viene introdotta per la prima volta dagli Scriba anglosassoni, scrivono prima in latino e utilizzano l’alfabeto latino
(l’aspirante interdentale il latino non ce l’ha) quindi loro traslitteravano un grafema che corrisponde ai propri grafemi e
utilizzavano questo segno runico.
Ogni runa ha un nome (thorn che significa spina- corrisponde al teta θ greco).
In alto tedesco antico la troviamo nella forma: “thiot” oppure “diot” (il fonema diventa una occlusiva sonora)
A.t.a. * þiot
* diot
LA PAROLA “TEDESCO”
Tedesco=popolo. Noi abbiamo una documentazione latina dalla quale possiamo vedere come questa parola assume il significato
che poi ha nella lingua moderna.
Nel resoconto di un sinodo ecclesiastico tenuto in Inghilterra nel 786, le decisioni prese erano state prese tanto in latino quanto
in theotisce (“tam latinae quam theotisce”) l’intero testo scritto in latino vuole dire che il sinodo si era tenuto sia in latino che
nella lingua volgare (la lingua del popolo, in opposizione a latino). Il volgare che si parla in Inghilterra in quegli anni è
l’anglosassone.
Nell’813 l’editto di Carlo Magno (sovrano di etnia franca) ordina al clero che le predicazioni dovevano essere fatte “tam in
rustica romanam linguam, tam in theodiscam” = tanto nella lingua rustica romanza che in theodiscam (questa parola che
compare nei testi latini è un prestito dalle lingue germaniche parlate).
Carlo Magno quindi sa che si parla più di una lingua nel suo regno.
Questo bilinguismo si accentua quando, nell’842, ci sono i Giuramenti di Strasburgo (gli eredi degli eredi di Carlo Magno si
dividono i territori, quello che era il Sacro Romano Impero di Carlo Magno si divide in due regni, il regno tedesco e quello
“romanzo”, da un lato abbiamo Ludovico il Germanico (attuale Germania) e dall’altro Carlo il Calvo (Francia)).
Lo storico che riporta gli avvenimenti di quel periodo dice che questi giuramenti vengono fatti in lingue diverse: Ludovico li tiene
in Romana Lingua (lingua romanza perché possa essere compreso dagli altri) e Carlo il Calvo in lingua Theodisca. Il giuramento
viene ripetuto anche dalle truppe e ciascuno nella lingua dell’altro. Quindi questi territori sono abitati da parlanti di lingue
diverse.
Uno degli autori più noti che abbiamo della letteratura tedesca, un certo Otfrid, un monaco che scrive “Libere Evangelorium” (un
adattamento dei vangeli in versi) lo scrive in volgare e fa delle prefazioni in latino e in volgare in cui spiega che è importante
scrivere in volgare. Ma quando fa riferimento alla sua lingua in latino usa l’aggettivo Theodiske quando invece parla della lingua
volgare la chiama Franziske (la lingua dei Franchi).
Le lingue attualmente definite GERMANICHE sono: inglese, tedesco, olandese, islandese, svedese, danese, norvegese, dialetti
vari e Frisone.
Le storie di queste lingue sono diverse, perché queste popolazioni abitavano nella cerchia nordica (un’area che comprende
Scandinavia meridionale e la penisola della Danimarca e l’attuale Germania settentrionale e le coste del mar del nord) e si
spostano da lì verso l’area centrale.
Abbiamo il cosiddetto Germanico Orientale (dei Goti), il Germanico Settentrionale (delle popolazioni che restano stanziate nella
Scandinavia) e il Germanico Occidentale che è quello che ci riguarda.
I Goti, ad esempio, iniziano a scrivere nel IV secolo, noi abbiamo manoscritti del V secolo.
Le popolazioni scandinave sono del XV secolo.
L’area del Germanico occidentale ha documenti che iniziano nell’IIX secolo.
Per quanto riguarda il Nordico antico abbiamo le cosiddette saghe che Borges (autore argentino) definiva la prima tipologia di
romanzo occidentale.
Anche l’area anglosassone ha una documentazione poetica vasta (di carattere religioso) e anche in prosa.
L’area tedesca è più ridotta, non c’è una grossa produzione poetica.
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1° ESEMPIO: “Campo”
Got. * Akrs ( sibilante in posizione finale – che le altre lingue hanno perso).
Nord. Ant. *Akr Germanico Orientale
Ags. Æcer
Sass. Ant. Akkar Germanico Occidentale
A.t.a. Ackar
2° ESEMPIO: “Braccia”
Ags. Larm
Sass. Ant. Arm nel germanico occidentale cade la desinenza (-az)
a.t.a. Arm
G.c. Armaz
3° ESEMPIO: “Ospite”
Got. Gasts
Nord. Ant. Gests
Ags. Gæst/Giest
Sass. Ant/ata Gast
G.c. Gastiz (formante in -i, METAFONIA PALATALE - assimilazione della vocale precedente)
Molta della documentazione del germ. Ant. proviene dall’Islanda, che viene colonizzata nella seconda metà dell’800 da
norvegesi che rompono la madre patria, molti che non erano d’accordo con la politica del sovrano decisero di andarsene in
Islanda e crearono un altro stato, un’altra realtà poltica nella quale riportano i loro usi e costumi, l’Islanda quindi nasce da coloni
conservatori, che si oppongono al cambiamento e vogliono mantenerei propri usi e costumi e quindi anche la lingua.
Quindi l’islandese è una lingua conservativa di partenza e poi questa conservatività continua anche durante la collocazione
nell’isola.
TACITO (dispensa) storico romano del I secolo D.C., dedica un piccolo opuscolo alle popolazioni che erano venute a contatto con
l’impero romano. È interessato a queste popolazioni perché ritiene opportuno fare un confronto tra usi e costumi della Roma
imperiale che sono ormai in piena decadenza e le popolazioni barbare che stanno entrando in contatto con l’impero romano.
Opuscolo politico in cui condanna alcuni usi e costumi dei romani e magnifica quelli dei barbari, esaltanto la loro genuinità e
ibtegrità culturale che l’impero romano ha perso.
Nel primo capito Tacito ci daà anche delle indicazioni sulla provenienza di queste popolazioni, dice che sono autoctoni.
Nel I e II millennio dell’era Volgare iniziano a scendere man mano verso oriente.
GRUPPO ORIENTALE
Individuiamo una sola lingua, il Gotico, ma appartengono anche una serie di popoli che dalla cerchia nordica si staccano e vanno
verso oriente:
Burgundi: etnia protagonista di una vicenda epica importante che troviamo nel “cantare dei Nibelunghi” nelle loro
peregrinazioni si fermano nella zona del Reno centrale, territorio dell’attuale Germania, nel 436 vengono sconfitti dagli Unni (di
Attila, popolazione non germanica) e sono costretti a spostarsi verso sud e dopo un secolo (nel 534) sono inglobati dai Franchi.
Vandali: appartenenti all’area orientale, ma le loro attestazioni finiscono per andare in Spagna, in Africa settentrionale (africa
romana, l’attuale Magreb) ma anche le Baleari (Palma di Mallorca), ma anche la Sardegna e la Corsica.
Arrivano anche a Roma nel 455 con un sovrano che si chiama Genserico (nome germanico -rico=ricco).
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Di tutte queste popolazioni non abbiamo documentazione scritta, abbiamo una legge dei vandali in latino (Lex Vandalorum), uno
storico scrive un’opera sui vandali e sulle guerre in latino, ma non abbiamo documentazione scritta nella loro lingua. Abbiamo
solo il gotico (la lingua dei goti). Queste etnie consideravano il gotico come la lingua della cultura, la lingua scritta. Il volgare di
queste popolazioni poteva essere il gotico.
Goti: hanno una storia abbastanza articolata, noi parliamo di Ostrogoti (est) e Visigoti (ovest) questi ultimi sis postano in quella
che è l’attuale Bulgaria, siamo nel IV sec. E si convertono al cristianesimo e lo fanno attraverso il tramite della lingua greca
(lingua ecclesiastica) e lo fanno anche accettando la dottrina di Ario (arianesimo) che si distingue dalla dottrina ufficiale perché
nega la trinità. Troviamo la figura di Wulfila: vescovo visigoto che traduce la Bibbia. (-ila, piccolo=piccolo lupo)
- I Visigoti si spostano da questi territori orientali e li ritroviamo nel 410 a Roma con Alarico, una delle tante invasioni di Roma
dalle popolazioni barbariche. Creano il regno di Tolosa nella Francia meridionale, vanno in Spagna e finiscono per essere
assimilati in parte dall’impero dei Franchi e in parte si scontreranno con gli Arabi e verranno assimilati da loro.
- Gli Ostrogoti, i Goti nell’est, vengono sopraffatti dagli Unni e finiscono per unirsi a loro (non una popolazione di origine
germanica) ed entrano in alleanza. (nel 451 in una battaglia Catalana- in cui gli Unni e gli Ostrogoti si scontrano con i Visigoti)
Pensiamo al sovrano degli Unni, ATTILA (=piccolo padre, “Atta uns” padre nostro) viene percepito dai Goti come una figura
paterna. Appartiene all’area degli Ostrogoti anche TEODORICO, arriva in Italia e sconfigge Odoacre (sempre di origine germanica
- Erulo), lo uccide e subentra e poi queste vicende storiche verranno riprese nelle letterature germaniche medievali e si
ribalteranno le sorti: sarà Odoacre il cattivo e Teodorico sarà il sovrano giusto che vuole riconquistare il suo regno ecc… (che poi
non sono neanche contemporanei quindi ci fu anche una ricostruzione anomala)
Queste popolazioni del ramo orientale si spostano prima verso oriente, poi tornano in occidente, arrivano anche in Italia,
persino combattendosi tra di loro, e poi continuano a spostarsi verso la Francia meridionale, la Spagna ecc e i Goti non
acquisiscono una loro identità nazionale stanziale.
311-382, IV secolo, WULFILA arriva nell’Amesia inferiore (la attuale Bulgaria) e traduce la Bibbia, atto per promuovere la
dottrina cristiana in un volgare che potesse essere comprensibile a gran parte del popolo. L’operazione è estremamente
importante e complessa perché Wulfila doveva trovare dei caratteri, un alfabeto con cui scrivere, inventa un alfabeto, chiamato
ALFABETO GOTICO. Creato mettendo insieme alfabeto greco, alfabeto latino e runico. Ma è anche una traduzione di carattere
culturale (l’anima, il perdono, la grazia, la trinità, sono concetti specifici della cultura cristiana, non c’erano corrispettivi in
quell’altra cultura, quindi doveva inventare procedendo con dei calchi (più che prestiti)).
Sono stati redatti prevalentemente in Italia nel periodo di Teodorico, (che era ostrogoto) Wulfila era visigoto, significa che la
bibbia tradotta da Wulfila nel IV secolo è un testo recepito come testo appartenente alle etnie che compongono l’area della
Germania orientale che si convertono al cristianesimo e quindi anche se nel regno di Teodorico in Italia la lingua ufficiale è il
latino, evidentemente Teodorico ha a cuore la lingua della Bibbia di Wulfila, che assume quindi anche una valenza identitaria.
Abbiamo alcuni manoscritti copiati in questo periodo e che sono il segno dell’importanza dell’operazione di Wulfila (uno è stato
trovato nell’Africa settent). Abbiamo anche questa Skeireins che è un frammento di commento al vangelo di Giovanni che ci dice
che i goti credevano e studiavano la Bibbia.
Manoscritti più tardivi nei quali sono riportati alfabeti runici più antichi, alfabeto gotico ecc. vengono messe insieme diverse
tipologie di alfabeto che appartengono alla popolazione germanica. Di recente sono state ritrovati a Bologna altri frammenti
della bibbia gotica.
1560 un diplomatico fiammingo (ramo olandese) parlante una lingua germanica va in Crimea e parla con esponenti di una
comunità ristretta che parla una lingua che presenta delle somiglianze con la propria. Lascia un resoconto di questo suo viaggio e
qualche parola: Broe – Panis (pane) Stul – (sedia) Plut – Sanguis (sangue) Reghen- (pioggia)
GERMANICO SETTENTRIONALE
Il primo gruppo che si stacca dalla cerchia nordica. L’area che noi dobbiamo considerare è quella della Scandinavia meridionale
(Svezia, Norvegia, Danimarca e poi anche Islanda - colonizzata soprattutto dai norvegesi). Dal punto di vista linguistico parliamo
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Nordico antico: è una documentazione tarda, i manoscritti gotici sono del XII/XIII secolo. La documentazione che proviene
dall’Islanda proviene dal XIV secolo, erano parlate anche in una fase precedente alla documentazione scritta visti anche alcuni
testi runici. In questa area (quella originaria, in cui questa scrittura viene creata) queste documentazioni rappresentano un
patrimonio consistente. Sulla base anche della documentazione runica, possiamo suddividere il nordico antico in 3 periodi
cronologici:
- 1) II-IX SECOLO “PERIODO RUNICO”: in questa fase abbiamo una serie di iscrizioni, di testimonianze runiche che sono
redatte da un alfabeto composto da 24 segni. L’alfabeto runico prende il nome di FUTHARK che è la sequenza cronologica
dei primi 6 segni.
- 2) IX-XI SECOLO “PERIODO VICHINGO”: (danesi, norvegesi, svedesi) Vichingo non è un nome di un’etnia, ma è una
connotazione di coloro che andavano da baia in baia (-viene dalla parola Vik=baia e -ing=appartenenza). Erano in una
situazione sociale nella quale la ricchezza era legata al possesso della terra che veniva trasmessa da padre a figlio (al primo
genito). Gli altri figli dovevano acquisirle, andando quindi alla ricerca di qualche terra, organizzando dei gruppi, distruggendo
le coste che incontravano (le prime sono delle isole, coste dell’Inghilterra, Europa centrale in Francia ecc…). Dal punto di
vista linguistico hanno ancora una cultura prevalentemente orale ed incidono ancora le rune che decantano le gesta di
alcuni vichinghi, le quali sono delle iscrizioni mortuarie, ovvero celebrano quello che nel corso della vita è stato fatto dal
defunto. Le iscrizioni runiche di questo periodo si rifanno ad un alfabeto di 16 segni (viene semplificata la scrittura
dell’alfabeto).
- 3) XI-XVI SECOLO “PERIODO DEL NORDICO CLASSICO O NORRENO”: documentazione scritta su pergamena.
Le scorrerie dei vichinghi che si hanno essenzialmente per mare, spingono queste popolazioni anche nell’aria dell’Europa,
precisamente nel mediterraneo. Queste popolazioni si spingono anche verso est (testi slavi parlando degli spostamenti verso est
navigando i fiumi). I vichinghi arrivano a Parigi attaccando questa città dalla Senna che è già una città di impronta classica-latina.
Arrivano anche sulle coste della Spagna fino ad arrivare anche in Sicilia. Durante queste scorrerie alcune volte ritornano in
patria, altre si stanziano nei territori conquistati. Questo è quello che accade in Normandia, vediamo infatti che i normanni che si
stanziano nella Francia settentrionale nel giro di pochi anni finiscono per abbandonare la propria cultura, ma anche la loro
lingua. Vengono assorbiti dalla lingua autoctona, l’antico francese di origine romanza. Il confronto con una realtà così strutturata
e ben articolata finisce per prendere il sopravvento.
Le relazioni e scontri che i vichinghi avranno con gli inglesi sono molto importanti. (“The last kingdom” film da vedere)
Il regno d’Inghilterra viene assalito continuamente dai vichinghi tanto che un sovrano Alfredo il Grande cederà loro dei territori
al fine di avere un po’ di pace nella parte restante del territorio. È sia uno scontro fisico/militare ma anche culturale. Nonostante
questa barbarie, queste popolazioni hanno concepito in questi anni una letteratura pregiata, dal grande valore estetico. Gran
parte della documentazione del mondo nordico ci proviene dall’Islanda (viene colonizzata dai norvegesi nel IX secolo dai
signorotti norvegesi che decidono di non sottostare alle volontà accentratrici del loro sovrano, chiamato Haraldr Hàrfagr (Araldo
bella chioma– aveva fatto un voto di non tagliarsi i capelli) siamo attorno all’870. L’organizzazione statale di questi territori è una
sorta di confederazione (sono tanti territori su cui i singoli proprietari hanno un potere amministrativo. C’è la figura riconosciuta
del sovrano e ci sono poi delle riunioni o assemblee annuali più o meno intertribali). Harald invece decide di incentrare il potere
sul modello dei regni dell’Europa centromeridionale, compie una sorta di confisca dei territori, crea una sorta di esercito
nazionale e anche dal punto di vista religioso tende ad accentrare il potere. Impone l’autonomia religiosa, singoli templi in cui
venivano celebrati i culti e invece lui tende ad accentrare il potere. Di fronte al dilagare delle sue vittorie, oltre a delle
opposizioni immediate, alcuni nobili chiamati “Jarl-ar (plur)” decidono di trasferirsi in Islanda, nei territori che erano
sostanzialmente incolti, in quanto vi erano delle condizioni climatiche avverse. In questi territori però si trasferiscono i norvegesi
i quali occupano liberamente degli appezzamenti terreni e iniziano a coltivare, ad avere degli allevamenti di bovini e a navigare
riproponendo la stessa struttura politica che avevano prima dell’accentramento di Araldo bella chioma.
Quando nel 1000 l’Islanda accetta il cristianesimo, lo fa grazie ad un’assemblea chiamata “alÞing” (Þ=th) che indica l’insieme
delle decisioni giuridiche da parte dell’assemblea da prendere. Così in questo anno si decide di accogliere il cristianesimo, ma in
modo politico perchè i contatti che continuavano ad avere con la Scandinavia e altre regioni europee, aveva portato il
cristianesimo anche in questo territorio. Tutto ciò portava a delle dispute che andavano ad intaccare il bene comune: c’era chi
imponeva di adorare le antiche divinità e viceversa. Si decide a questo punto di consentire la libertà di culto e accogliere i
predicatori cristiani senza però rinnegare le proprie divinità. (Nelle saghe spesso si vedono personaggi che sostengono Thor o
Odino ma poi vanno in chiesa…)
Nei territori continentali (Svezia, Danimarca, Norvegia) la libertà di culto è arrivata un po’ prima tra il 900 e il 1000.
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1. POESIA EDDICA: ci viene tramandata in un manoscritto (codex regius) conteso tra Danimarca e Islanda. È una raccolta di
carmi poetici che sono conosciti come EDDA POETICA (di cui abbiamo anche traduzioni in italiano) un insieme di 30 carmi:
11 di argomento mitologico che hanno come protagonisti le divinità (Odino, Thor, divinità germaniche e nomi di divinità
circoscritte all’area nordica) e 18 di argomento eroico-leggendario (in cui vediamo agire alcuni personaggi che possiamo
ritrovare anche in altri contesti delle letterature germaniche medievali (Sigfrido). Troviamo dei carmi con cui possiamo
recuperare e ricostruire le antiche credenze delle popolazioni nordiche. Questo manoscritto è fatto con intento antiquario
(qualcuno ha deciso di mettere insieme questi carmi tramandati oralmente e trascriverli su pergamena). In qualcuno dei
Carmi mitologici, si parla di divinità sempre molto vicini agli uomini, si comportano mossi dalle stesse pulsioni umane. Volpa
(?) veggente, proposizione dell’origine dei tempi. Avamal (massime che spiegano come comportarsi) Carmi che raccontano
vicende delle divinità, lotta tra il mondo degli Dei e dei Giganti (che si oppongono a loro) es. la necessità di dover
riconquistare un grosso recipiente nel quale bisogna cuocere l’idromele. Oppure un gigante che ha rubato il martello di
Thor e per ridarlo in dietro vuole sposare una dea che si rifiuta. Thor si traveste da donna (da dea femminile) viene invitato
al banchetto…svela poi la sua identità ecc… Storie di intrattenimento. Loki…
Viene detta Edda poetica perchè ne abbiamo anche una in prosa che è stata fatta da Snorri Sturluson. Egli vive da XI e XII secolo.
Siamo in epoca cristianizzata e ovviamente Egli sa leggere e scrive e non solo è un politico ma anche uno storico. Scrive una
“l’Edda di Snorri” che è un manuale di poetica (l’origine del nome Edda potrebbe avere origine dal luogo in cui si formò lui
oppure dalla parola Odr che indica la poesia). Abbiamo quindi dei testi teorici sulla poesia e ciò significa che questi barbari
avevano prodotto una letteratura di un certo valore avendo anche degli intellettuali che riflettono sulla scrittura, sugli stili, sulle
convenzioni (la sua opera è un testo metaletterario ovvero un manuale di letteratura). Egli documenta le convinzioni, fa una
riflessione, una critica. Propone un lavoro sulla poesia, le tematiche della poesia nordica in generale. In una prima parte racconta
le storie che sono trattate dai poeti, di carattere mitologico e eroico-leggendario. (Storie in cui sono protagonisti degli eroi
letterari), nella seconda e nella terza parte parla di quelle che sono le più da vicino le tematiche stilistiche di questi testi. L’opera
di Snorri ha un nome e così quando fu scoperto il manoscritto con tutti questi carmi poetici, si vide che le tematiche dei carmi
erano già state trattate da Snorri stesso, perciò facciamo questa distinzione tra Edda poetica e Edda di Snorri.
2. POESIA SCALDICA: è un aggettivo che si rifà alla parola “skaldr” = “poeta di corte”. Questi Signori di corte tenevano delle
riunioni, dei convivi in cui prendevano determinate decisioni e in cui si veniva allietati dal cantore di corte, come in tante
corti medievali. Le notizie che abbiamo sugli Scaldi definiscono la sua figura in modo più preciso di un generico poeta di
corte, deve certo celebrare il proprio signore ma la lode non deve essere eccessiva. Si celebra una vittoria e
contemporaneamente il fatto storico. Mentre la poesia epica che ci arriva in questo codice è anonima, la poesia scaldica è
firmata, le ritroviamo in testi teorici o all’interno delle saghe. Ed è poesia che noi possiamo datarne la composizione in
modo preciso perché si riferisce a personaggi storici. Questo tipo di poesia è estremamente complessa poiché, nel nordico
antico, tedesco antico, anglosassone ecc., si ha questo verso lungo che è diviso in due parti, tenuti insieme
dall’allitterazione. Lo scaldo oltre all’allitterazione utilizza un’altra serie di elementi retorici tipo il “chiasmo” strutture
complesse che presuppongono una grossa capacità compositiva ma anche un pubblico colto, in grado di cogliere il valore
estetico di questi testi. Altra figura retorica che troviamo spesso in molti testi è quella del “KENNING-AR” (kennings sing.) è
una sorta di metafora (per riferirci al cielo si dice “elmo dell’aria”, “tenda degli dei”, “tavola del sole o cammino della luna”.
La nave viene della “anguilla delle onde”. Battaglia= “festa di aquile” o “festa dei vichinghi”, “tempesta di spade”. Il sangue è
detto “sudore della battaglia o mare delle ferite”. Si fa riferimento ad un’immagine per descrivere qualcosa. Attitudine
mentale per creare immagini contorte per descrivere alcune cose. Serve ad una valenza estetica, ma serve anche variare il
lessico. Questa attitudine mentale nel creare le kenningar può essere spostata alle divinità e quindi anche al Dio cristiano, in
poesia più tarda troviamo Cristo come “signore degli angeli” o “intimo amico dell’uomo”, Odino come “incitatore di
battaglia”, “carico della forca” (legato alla battaglia). La Kenning è uno strumento poetico che troveremo anche nella poesia
anglosassone viene ampiamente usato anche nella poesia cristiana.
3. SAGHE che sono testi in prosa: sono state considerata da Borges e Moravia l’inizio del romanzo europeo. Nella parola saga
troviamo il verbo “sagen=dire/raccontare”. È dunque il racconto che deve rafforzare un particolare avvenimento. È un
racconto che ha una valenza di veridicità. Molto spesso nelle saghe si ci rifà ad altre saghe, “come si dice in altre saghe”
(saghe che raccontano la colonizzazione dell’Islanda). Le saghe possono essere varie, ma nell’insieme ci danno un’idea di
quella che poteva essere la vita in quegli anni, ovvero quando ci fu la conquista o la colonizzazione dell’Islanda. Gli usi, i
costumi e le tradizioni le conosciamo anche grazie alle saghe, le quali ci consento di costruire proprio la vita quotidiana
dell’epoca. Ci sono saghe dedicate ai sovrani e sono le cosiddette “saghe dei re” e poi abbiamo anche saghe in cui ci si
allontana dal tema costante e trattano temi storico-leggendari (ad esempio la saga di TEODORICO DA VERONA. Questo
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GERMANICO OCCIDENTALE
Nei germani occidentali ricordiamo Tacito (storico imperiale del primo secolo d.c.) con il suo opuscolo sulla Germania. Egli ci dà
una serie di indicazioni su usi e costumi dei germani, anche se questa visione deve essere filtrata in qualche modo dalla visione
di Tacito che voleva stigmatizzare il malcostume della Roma imperiale, imponendovi la genuinità delle popolazioni ancora legate
ad una società arcaica. Egli ci dà anche una distribuzione delle singole etnie germaniche e le divide in 3 gruppi:
(tacito ci dice che queste popolazioni sono sicuramente autoctone, ma egli riporta anche un mito di queste popolazioni che è il
MITO DI MANNO (tedesco “mann = uomo”) il quale aveva avuto 3 figli e questi tre figli avevano dato luogo a questi 3 gruppi).
1) INGEVONI: sono collocati da Tacito “proximi oceano” sono quelli collocati sulle coste dell’oceano e dunque sull’aria
settentrionale. Gli Engevoni ovvero gli Angli, i Sassoni, gli Unni e i Frisoni sono coloro i quali andranno a colonizzare qualle
che diventerà l’Inghilterra.
2) ERMINONI: troviamo gli Allamanni, il cui nome significa “tutti gli uomini” ed è una di quelle etnie che si stanziano
nell’attuale svizzera tedesca. Abbiamo sempre in questo gruppo quelli che saranno i Bavaresi, i Longobardi (si stanzieranno
anche in italia).
3) ISTEVONI: tutte le etnie che appartengono a questo gruppo finiscono per confluire nei Franchi, occupano le regioni centrali
intorno al Reno.
Tacito in realtà non era mai stato in Germania, dunque è un intellettuale che mette insieme delle notizie che riprende da coloro i
quali erano stati testimoni oculari, ovvero erano stati direttamente in Germania, che avevano contatti militari o commerciali con
queste popolazioni e poi si rifà ad un’opera di Plinio il Vecchio (che li divide in 5 gruppi) il quale invece era stato in Germania. Da
Tacito però ci arriva la prima scrittura significativa su queste popolazioni e ci racconta come erano posizionati sul territorio
dell’Europa centrale.
ALTO TEDESCO ANTICO (a.ta): non è una lingua unitaria, ma intendiamo una serie di dialetti che venivano parlati
nell’attuale Germania centro-meridionale includendo anche l’attuale Austria e l’attuale Svizzera tedesca.
Cenni storici: queste popolazioni vediamo che si affacciano alla storia europea soprattutto con la figura di Clodoveo e dei
Franchi. Con Clodoveo siamo tra il V e il VI secolo (481-511). Egli inizia a inglobare nel suo regno, territori sempre più vasti
ed inizia ad assimilare all’etnia dei Franchi anche altre etnie germaniche. Si impone sui Burgundi, sui Visigoti e su gli
Alamanni. Riesce ad ottenere questo grazie a grandi capacità militari, ma anche grazie alla conversione al Cristianesimo. È
una conversione che accetta in toto la dottrina della chiesa di Roma (a differenza della conversione dei Goti che avevano
spostato la dottrina di Ario (che negava la trinità ed è per questo che è una dottrina che viene giudicata eretica).
Innanzitutto, possiamo ricordare che il primo passo verso la cristianizzazione di questi sovrani è legato alle mogli, ovvero
erano sposati con regine già cristianizzate. La moglie di Clodoveo era una principessa Burgunda già cristianizzata. Gli storici
raccontano che nel 496 Clodoveo, dovendo affrontare gli Alamanni, promette che se questo Dio cristiano è così potente da
fargli vincere questa battaglia si convertirà al cristianesimo. E così accadde. La conversione avviene dal punto di vista
politico, per ragioni di comodo, affidarsi a un Dio più potente. Negli anni successivi a Clodoveo il Regno dei Franchi continua
con questo tipo di politica che lo porta alla solidificazione ed espansione. La cristianizzazione è un collante fortissimo tanto
che nel VII secolo i successori di Clodoveo (lui regnò nel V e VI sec) ritengono che sia importante che agisca sui propri
territori una vera e propria azione missionaria/evangelizzatrice chiedono dunque aiuto ai missionari anglosassoni, in
particolare tra questi missionari, ricordiamo la figura di Bonifacio. Egli andrà nei territori abitati dai Sassoni, cercherà di
rimettere in sesto la struttura della chiesa Franca e proporrà la costruzione dei monasteri, centri culturali di espansione
della religione scritta e morirà nel tentativo di convertire i Frisoni.
Poi finalmente arriviamo al Regno di Carlomagno (incoronato imperatore il giorno di Natale nell’800). Rafforza ed espande
ulteriormente quella che era stata la politica del suo predecessore. Egli crea il Sacro Romano Impero Germanico ed estende il
proprio dominio su un territorio che comprende parlanti di lingua romanza e tedesca, si sposta nei territori settentrionali abitati
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L'alfabeto inventato da Wulfila per i Goti pagani riprende la struttura dell'alfabeto greco, perchè per i Goti la lingua sacra/colta
di riferimento, e da cui si traduce, è il greco + alfabeto latino (dato che Wulfila conosceva anche il latino) + le rune.
-CODEX ARGENTEUS, il più importante codice perchè è estremamente pregiato: la pergamena è colorata di porpora ed è scritto
con inchiostro argentato). Viene presumibilmente concepito alla corte di Teodorico e si suppone che fosse il codice destinato al
sovrano o alla sua corta. è conservato in Svezia.
-CODICE DISSENSIS, meno pregiato e ritrovato in Egitto: nella parte dell'Africa settentrionale dove ci furono gli stanziamenti dei
Vandali (popolazione appartenenti al gruppoo orientale). Che il codice sia stato trovato in Africa è un dato importante, perchè è
verosimile pensare che i Vandali, come anche i Goti, (etnie che si muovevano con estrema facilità) pur spostandosi moltissimo e
in luoghi lontani continuavano a portare con sè la Bibbia di Wulfila. Questo Codice fu portato poi in Germania e distrutto nella II
Guerra mondiale.
-CODICI PALINSESTI (codex Ambrosianus), diverso rispetto agli altri codici anche nella grafia, che sembra coprire il testo
originario. Probabilmente i testi che riportavano la dottrina di Ario, vengono considerati eretici e vengono cancellati; poichè la
pergamena è preziosa, perchè si trasforma la pelle di animale in pergamena attraverso procedimenti di lavorazione faticosi, si
decide quindi di riutilizzarla. Lo scritto è stato quindi raschiato per poter scrivere nuovamente (anche grazie ad alcuni strumenti
ottici è possibile leggere il testo originario attraverso i calchi rimasti sulla pagina successiva).
Un articolo del 2016 trattò di un ritrovamento in Crimea, () riguardo una colonna che risale al IX secolo circa su cui sono incise
delle frasi in gotico di carattere religioso (delle invocazioni ad esempio). Ci sono anche una parte di un salmo, o le abbreviazioni
di alcuni nomi sacri. Ciò significa che nel nono sec, in queste regioni, esisteva ancora qualcuno che incideva con i caratteri
dell'alfabeto gotico.
Sempre in Crimea nel 1500 un diplomatico fiammingo trova una comunità che ha delle somiglianze con il fiammingo (cioè
l'olandese, che è una lingua germanica) e trascrive una serie di nomi per testimoniare la somiglianza.
Per quanto riguarda i Vichinghi siamo a conoscenza dei loro stanziamenti: Normandia, Danimarca, Islanda (le coste), e anche in
Inghilterra (la parte che Alfredo il Grande cederà ai danesi per quieto vivere).
Grazie alla loro abilità nella navigazione, circumnavigano le coste della Scandinavia raggiungendo la Russia e, nelle regioni oltre
la Grecia, verso Bisanzio arrivano circumnavigando tutto il Mediterraneo. Navigano lungo il Reno, raggiungono Parigi, si
stanziano anche in Normandia e in alcune isole (Shetland, Faroe); ma, soprattutto, proprio a loro viene attribuita la prima
scoperta dell’America: circumnavigando la Greonlandia arrivano nel territorio che corrisponde all'attuale America
settentrionale. Questo percorso ci viene testimoniato dalle saghe, ad esempio 'La saga di Erik il Rosso' che ci racconta di come il
capo vichingo di una spedizione sia arrivato, oltre l'Islanda e la Groenlandia, in America settentrionale. Ci parla di popoli e donne
incontrate. Questa saga trova poi riscontro in alcuni fonti storiche, dunque è verosimile che riporti un fatto realmente accaduto.
Questi spostamenti si verificano grossomodo tra l'IIX e il IX secolo, ma i Vichinghi si stanzieranno più tardi anche in Sicilia, verso il
1000.
Nel germanico occidentale abbiamo l’alto e il basso tedesco antico, il Frisone e l’anglosassone.
Clodoveo è il primo sovrano germanico che si converte al cristianesimo (quello non ariano).
Le missioni anglosassoni sul continente (Clodoveo fine 400 inizio 500) siamo tra la fine del 600 e l’inizio del 700.
Carlo Magno sempre utilizzando la religione cristiana come collante per il suo regno, propone un regno unitario che parla il
latino ma che usa il volgare come lingua ecclesiastica.
Tra i monasteri c’erano degli scambi di lettere, si crea una rete culturale importante. Sono proprio i monastreri benedettini che
creano una sorta di unità in Europa, in quanto sostenuti dalla chiesa cattolica e dalla lingua latina che consentiva la condivisione
e la visione d’insieme. Il latino nel medioevo è una lingua universale.
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Poi i due fratelli eliminano Lotario e si dividono il territorio, si arriva ad un territorio completamente tedesco, si inizia ad avere
una sorta di autonomia anche linguistica.
- Longobardo (anche se non è attestato, li troviamo in editti, i longobardi hanno vissuto in Italia per un certo periodo di
tempo ma determinate istituzioni e procedure giuridiche inserite in questi testi latini, ma non sono attestate.)
- Alemanno e Bavarese (Baviera e Austria) dove sono presenti una serie di monasteri, questi dialetti sono legati infatti ai
monasteri.
- Area del Francone.
((A.T.A Alto perché le regioni meridionali sono quelle montuose))
La documentazione dell'a.t.a. è assolutamente frammentaria, rispetto a quella del nordico antico e dell'anglosassone, e gli
argomenti trattati sono sostanzialmente legati ad un contesto specificatamente cristiano ed è una documentazione rispetto ad
altre abbastanza ristretta. I testi riguardano formule battesimali, preghiere, o la regola benedettina che indicava il
comportamento da tenere all'interno dei monasteri. Era stata inizialmente promulgata dal fondatore Benedetto da Norcia, ma
venne ampliata e cambiata nel corso degli anni fin quando Carlo Magno decise di fissarla per iscritto in modo che possa essere
adottata in tutti i monasteri. Questa regola è in latino, ma esiste anche la traduzione in a.t.a. a Fuda quando era abate Prabano
Mauro.
Ricordiamo altri testi religiosi come un'Armonia dei Vangeli, scritta nel II sec d.C. da un monaco dell'area siriana di nome
TAZIANO IL SIRO (Taziano Siriaco). Cosa c'entra con l'area dell'a.t.a? Quest'Armonia ci dà un'idea della diffusione del
cristianesimo nell'Europa e anche nelle regioni orientali. Fa una specie di sunto dei 4 vangeli sinottici, probabilmente scritto in
aramaico, e fu tradotto in molte lingue, tra cui greco, latino e volgari medievali, ma vi è anche una traduzione in alto tedesco
antico che viene tradotta a Fulda nell’area settentrionale da ROBONO MAURO. È un testo a fronte e dunque da un lato abbiamo
la colonna in latino e dall’altro lato abbiamo la colonna in alto tedesco antico. Questa produzione è conservata nel monastero di
S.Gallo in Alemannia.
Un altro tedesco importante è OTFRID, un monaco che decise di utilizzare come fonte il Taziano per mettere in versi la vita di
Cristo e i Vangeli, utilizzando come fonte questa sinossi proposta da Taziano.
Egli scrive utilizzando la rima, dichiara di voler scrivere in volgare e nelle prefazioni manifesta la percezione della difficoltà di
adattare una lingua rozza, incolta, alle dottrine complesse del cristianesimo, ma sostiene anche la necessità del passaggio dal
latino al volgare/tedesco, dice che è arrivato il momento in cui i Franchi possano avere in volgare anche i testi sacri.
A San Gallo invece abbiamo un altro monaco, NOTKER III, maestro della scuola conventuale, nella quale si insegnava il latino. Lui
però si rende conto che gli studenti hanno bisogno della mediazione del volgare per comprendere a fondo i testi latini, perciò
spiega e traduce. Le sue traduzioni sono delle traduzioni in cui confluiscono anche delle spiegazioni del testo. È importante
secondo lui spiegare l’entità di queste divinità. Ad es. chiama Plutone “Hellegot” (got=dio, Helle=inferi) Nettuno lo chiama
“Maregot” ecc. Traduce i Saslmi e anche la Consolatio Philosophae di Boezio (di cui abbiamo anche una traduzione in inglese
antico), uno dei testi fondamentali studiati nelle scuole conventuali, nell'area tedesca, italiana e francese.
Questi sono i nomi della letteratura tedesca. Ci sono pervenuti anche testi poetici più brevi, tramandati sui margini dei
manoscritti di altre opere, si tratta sempre di frammenti di carattere religioso, un frammento straordinario è il Carme di
Ildebrando, cioè l’HILDEBRANDSLIED; è l'unico frammento, che possediamo di tutta la documentazione dell'a.t.a., ad essere di
carattere eroico-leggendario. Tramandatoci sulla prima e sull'ultima pagina, strappati dal manoscritto durante la seconda guerra
mondiale e ritrovati, successivamente, negli Stati Uniti.
Tratta uno scontro tra un padre (Ildebrando) e il figlio (Adubrando), che si trovano a combattere in eserciti nemici. La vicenda si
inserisce nel ciclo Teodoriciano, e ne troviamo anche riscontri storici reali in altre letterature o di periodi successivi. Teodorico è
stato cacciato da Odoacre e Ildebrando, fido guerriero di Teodorico, è dovuto scappare da casa lasciando il figlio piccolo e la
moglie, per seguire il suo sovrano (secondo le convenzioni etiche del guerriero germanico di fedeltà). Il figlio cresce durante il
regno di Odoacre e a distanza di anni Teodorico si ripresenta con un esercito per riconquistare ciò che Odoacre gli aveva
sottratto. Padre e figlio si incontrano sul campo di battaglia, in uno scontro a due: come consuetudine si presentano l’uno
all’altro, da un lato c’è il giovane guerriero Adubrando e dall’altro l’anziano Ildebrando, l’anziano chiede al giovane a quale stirpe
appartenga, e lui dice che è cresciuto senza padre perché ha dovuto seguire il suo sovrano parlandone con orgoglio, però gli dice
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BASSO TEDESCO ANTICO: per quanto riguarda il basso tedesco antico, rilevante è soprattutto il Sassone antico. L'area di
interesse è quindi la Sassonia, perchè i Sassoni furono conquistati da Carlo Magno. C'è anche l'area del basso Franco, da cui
deriverà l'olandese, e che confina tra l'attuale Germania e l'Olanda. La documentazione che noi possediamo è anche qui
abbastanza ridotta e circoscritta, ed è essenzialmente quella in sassone antico: ci sono formule battesimali, frammenti di
traduzione di salmi, molte glosse (parole che traducono il latino).
Tra i testi più importanti ci sono i poemi:
Il Poema “HELIAND” > che significa 'il salvatore', dedicato alla vita di Cristo, e che, come il Liberae evangelorium si rifà
anch’esso al Taziano. È stato verosimilmente redatto tra l'820 e l'840, anche questo a Fulda nel monastero in cui era abate
Mauro. L'Heliand [è il manoscritto più lungo a noi pervenuto scritto in antico sassone] deve essere un testo che in qualche
modo possa evangelizzare i Sassoni con la convinzione della dottrina cristiana, ch'è d'amore e condivisione, mentre i Sassoni
erano stati cristianizzati con la violenza di Carlo Magno attraverso un trentennio di guerre ferocissime. A differenza delle
altre popolazioni, che accettavano la religione di Ario e il cristianesimo, i Sassoni si rifiutavano: si trattava di popolazione
organizzate in piccole comunità, prive di un potere centrale di riferimento e per questo continuavano ad essere distrutti
dall'esercito di Carlo Magno.
Lo stesso Alcuino, intellettuale e collaboratore di Carlo Magno, affermerà che con queste popolazioni neoconvertite non
bisogna imporre la dottrina dall'altro ma predicarla (“non bisogna essere predatores ma predicatores”). Nell'Heliand, è presente
una prefazione in cui si dice che un sovrano di nome Lodovico (un successore di C.M.> si potrebbe trattare o di Ludovico il Pio
oppure di Ludovico il Germanico) dà l'incarico ad un poeta famoso (quello che ha scritto l'Heliand) di mettere in versi il Nuovo
Testamento. Questo poema di più di 6000 versi, tramandatoci in più manoscritti, è importante perchè c'è la figura di Cristo che
viene rappresentato nella figura di un capo, per il quale i discepoli devono combattere e verso il quale devono mostrare fedeltà
(proprio secondo l'etica del comitatus tra guerriero e sovrano: Cristo viene descritto come un principe, i cui vassalli sono i
discepoli). In cambio Cristo darà una ricompensa celeste. Il lessico utilizzato è ricco, si utilizzano termini come ''Medon-gebo''
(cioè Cristo), cioè ''colui che dà il tesoro'' (gebo=dare). Questo termine è utilizzato da Cristo in un passo dell'Heliand in cui si
narra di Matteo (esattore di tasse) che diventa discepolo. Durante un banchetto in cui riscuote le tasse per il suo sovrano lascia
le sue ricchezze, monete d'oro e d'argento, per seguire Cristo che gli darà un tesoro ancora più importante. L'etica della
ricchezza della popolazione germanica (dei guerrieri che combattono per acquisire la ricchezza, intesa anche come potere) viene
trasportata sulla base della ricompensa celeste. Questo composto 'medongebon' (detto hapax legomenon, in quanto è una
forma linguistica che compare una sola volta nell'ambito di un testo) compare solo una volta nell'intero poema, però lo troviamo
in un testo dell'anglosassone in cui il riferimento è ad un capo di un comitatus. Si tratta di un poema che ebbe grande diffusione:
infatti abbiamo due manoscritti completi di cui uno è stato redatto in Inghilterra: questo ci rimanda al legame tra i Sassoni
rimasti in patria e quelli trasferitosi in Inghilterra.
Un altro testo molto breve che possediamo è il frammento di una Genesi, c'è una riproposizione di tematiche che si trovano
nella Bibbia. Nella Biblioteca vaticana, abbiamo un frammento dell'Heliand e di questa Genesi. Questi due frammenti sono gli
unici che possediamo in Sassone antico.
L'Inghilterra diventa 'Inghilterra', cioè Terra degli Angli, quando le popolazioni di Angli, Sassoni e Iuti (quindi le popolazioni
Ingevoni, cioè 'prossimi all'Oceano') si trasferiscono dalle coste continentali verso quella che era chiamata Britannia. Nell'Isola
abitavano popolazioni di origine celtica. Molti di questi celti dinnanzi all'avanzata elle tribù germaniche avevano lasciato la
Gallia, e oltrepassando la Manica si trasferirono in Britannia. Si tratta di un territorio in cui ci fu per molti anni la dominazione
dell'Impero Romano. Non ci fu mai una colonizzazione stanziale, come in altre regioni, ma si trattò più che altro di
un'occupazione militare che diede a questi territori la costruzione di strade, ponti, villaggi che assumono quasi la dimensione di
città. Nel 400 Roma subisce attacchi da parte di popolazioni barbare con lo scopo di indebolire e dissolvere l'Impero romano,
tanto che le truppe latine vengono richiamate in Italia lasciando il territorio sguarnito. Per cui iniziano una serie di contese tra
vari signorotti locali di origine celtica e vengono chiamate in soccorso queste popolazioni germaniche che erano sul continente.
Nel V secolo quindi Angli, Sassoni, Iuti e probabilmente anche i Frisoni arrivano in questi territori abitati da Celti e si stanziano
sostanzialmente nei territori centro-meridionali: gli angli si distribuiscono nella zona settentrionale, gli iuti nella penisola del
Kennt e i Sassoni nell'area centro-meridionale. La Scozia viene lasciata abitata da altre popolazioni: perchè le popolazioni
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Altro momento importantissimo è l'arrivo della cristianizzazione, attraverso il latino, grazie ai missionari provenienti da Roma
che vogliono diffondere un nuovo credo. È chiaro che dietro c'è un disegno da parte di Roma di espandere la propria area di
influenza, però la cristianizzazione non arriva in Inghilterra come dominazione militare, perchè essa aveva una propria
autonomia politica. I singoli sovrani finiscono progressivamente per accettare la nuova dottrina, e le direttive con cui viene
proposta la cristianizzazione sono improntate non ad una violenta estirpazione delle antiche credenze ma Gregorio Magno (papa
promotore di questa azione missionaria) dirà ai missionari che non dovranno distruggere le antiche credenze ma costruire delle
chiese. La cristianizzazione diventa un'acquisizione progressiva, si pone come cambiamento in continuità con il passato, con
l'idea di rispettare la cultura autoctona e di avvicinarla progressivamente alla cultura cristiana. Grazie a quest'azione presto in
Inghilterra verranno costruiti dei monasteri, considerati come centri di produzione culturale.
Storia dell'Inghilterra medievale: iniziamo a parlare di Inghilterra quando Angli, Sassoni e Juti si trasferiscono nel V secolo dallo
Jutland (cioè dall’attuale Danimarca), dalle coste del Mare del Nord (le pop. chiamate da Tacito Ingevoni), nell’isola abitata dai
Celti che viene progressivamente colonizzata da queste popolazioni.
Presumibilmente presero parte a questa colonizzazione anche i Frisoni (le fonti ci parlano essenzialmente di Angli, Sassoni e Iuti,
ma possiamo immaginare che, data l'unità geografica e l'uniformità culturale-linguistica dei Frisoni, anche questi ultimi abbiano
partecipato alla colonizzazione). Le notizie che abbiamo e i dati storici sulla storia dell’Inghilterra ci vengono da varie fonti, ma
quella primaria è quella di BEDA (detto il Venerabile). Siamo orientativamente negli anni 673-735. Alla fine del 400 c'è la
colonizzazione di Angli, Sassoni e Iuti e a distanza di due secoli abbiamo monasteri in cui troviamo intellettuali come Beta che
scrive la prima opera storica nazionale dell'Inghilterra, intitolata Historia Ecclesiastica Gentis Anglorum, scritta in latino (ch'è la
lingua della cultura).
Nel 597, alla fine del VI secolo, assistiamo alla Cristianizzazione di questi territori dell'Inghilterra (occupati da popolaz di stirpi
germaniche), promossa dal papa Gregorio Magno e affidata ad un certo Agostino (che diventerà poi santo) e sarà noto come
Agostino di Canterbury. Beda ci informa sulle modalità dalle quali parte Gregorio Magno per cristianizzare queste popolazioni.
Prima ancora di diventare Papa Gregorio Magno aveva visto delle persone dal colorito pallido, molto chiaro, alle quali chiese a
quale etnia appartenessero. La risposta fu che appartenevano agli Angli. Aveva desunto che la parola Angli derivasse dalla parola
Angelo. A quel punto ritenne opportuno portare la dottrina cristiana in questi territori. Agostino, ci dice Beda, è terrorizzato
dall’andare da queste popolazioni pagane di cui non conosce la lingua, è spaventato dall’ignoto, ma è sostenuto dalla fede, e
porta con sé degli interpreti Franchi (cristianizzati, perchè Clodoveo si converte al Cristianesimo nella metà del 500) che parlano
una lingua simile alla loro. La prima tappa di Agostino è presso Aethelbert (sovrano anglosassone del Kent, che sposa una
principessa di origine franca già cristianizzata).
Nel momento in cui arriva la cristianizzazione in inghilterra, il territorio è diviso in 7 regni, la cosiddetta EPTARCHIA:
Agostino e i suoi missionari si muovono regno per regno: riuscendo facilmente a convertire Aethelbert. Le direttive di Gregorio
furono proprio quelle di procedere progressivamente dimostrando che il Dio Cristiano è un Dio creatore e onnipotente, che
protegge i cristiani in ogni momento della loro vita quotidiana. C’è l’indicazione di non distruggere i templi pagani, ma di
trasformarli in chiese. Quando, secoli dopo, Carlo Magno si imporrà sui Sassoni distrugge l’Irminsul (etimologicamente Irmin
rimanda agli Erminoni), un albero/colonna sacra. Egli estirpa questi alberi sacri, venerati dai Sassoni: atto simbolicamente molto
forte, che significa sradicare in modo estremamente violento la dottrina precedente. Ciò non avviene in Inghilterra, perchè non
diventa un'occupazione militare/politica da parte della chiesa di Roma, ma la cristianizzazione viene accolta con più facilità
(anche se ancora c'erano residui di tendenza ad utilizzare le rune, o a pratiche pagane).
Si tratta di un processo importantissimo perché con la cristianizzazione queste popolazioni assumono una cultura scritta, in
latino, entrando in questo più ampio contesto culturale medievale. Beda scrive anche dei testi esegetici, un commento al
vangelo di Marco, di Luca, e altri testi che fanno di lui un intellettuale estremamente importante. In questo contesto si formerà
Alcuino di York (collaboratore culturale di Carlo magno, il quale si rivolse agli intellettuali anglosassoni per avere dei
collaboratori). Ancora prima ricordiamo Bonifacio.
Con la cristianizzazione e la formazione di monasteri abbiamo una ricchissima produzione di testi latini, sia in latino classico che
di opere di carattere esegetico, tipo studi sulla Bibbia, studi medievali, normalmente utilizzati nella formazione della classe
ecclesiastica. Di questa fase non abbiamo documentazione scritta in volgare. Questo può essere imputato al fatto che i centri
culturali sono posizionati nelle regioni settentrionali, che furono tartassate dai Vichinghi. Nel 793 il monastero di Lindisfarne
viene depredato dai Vichinghi: questa piccola comunità di monaci viene invasa, e i Vichinghi rubano tutti i paramenti ecclesiastici
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Beda ci parla della consuetudine delle comunità ecclesiastiche di accompagnarsi con uno strumento musicale a corde, ad es.
lira/arpa, nella declamazione dei testi(orali) poetici. Possiamo presupporre che questi testi avessero sia argomenti eroico-
leggendario sia cristiano.
Beda ci racconta anche di Caedmon: uno stalliere che viveva in un monastero dell’area settentrionale tenuto da una Badessa,
che nel momento in cui c’era il momento del canto comunitario tendeva a ritirarsi perché non era capace è di poetare né di
suonare. Ritirandosi nella sua stalla sente una voce divina che gli dice di mettere in versi storie dell’Antico Testamento. Lui
risponde di non esserne in grado, però improvvisamente -per ispirazione divina- riesce a poetare. Questo episodio, raccontato
da Beda, è importante perchè ci rimanda al nome del poeta Caedmon, di cui a noi non è stato tramandato quasi nulla, forse solo
un inno alla creazione ritrovato in alcuni manoscritti.
Con le invasioni dei Vichinghi, dal 793 a circa 100 anni dopo, (di cui non abbiamo notizie grazie a Beda, ma da altre fonti dei
monasteri, ad es. dagli Annali) inizia per i regni anglosassoni un periodo di instabilità politica particolarmente forte che trova un
momento di calma alla fine del IX secolo, con Alfredo Il Grande (re del Wessex). Con Alfredo il dominio si sposta nelle regioni
meridionali, occupate originariamente dai Sassoni. Alfredo si rende conto che è necessario porre un freno alle continue invasioni
dei Vichinghi e decide di donare loro un territorio: il Danelaw (dove vige la legge dei danesi). Fatto questo Alfredo pensa ad un
programma culturale che possa risollevare i territori a lui affidati, perché si rende conto che rispetto al periodo di Beda il latino
non è più così conosciuto, e che il volgare è diventato una realtà sempre più significativa. Propone e porta avanti un programma
di traduzioni di testi in volgare che possano essere utilizzati nelle scuole conventuali. Nell’area tedesca questo lo fa Nortker
(monaco alemanno, che traduce i testi latini per i suoi allievi). Il programma di Alfredo è più articolato, perché queste traduzioni
dovevano essere copiate e diffuse nei vari monasteri, mentre l’attività di Nortker era circoscritta al suo monastero.
Alfredo fa tradurre la Consolatio di Boezio (che scrisse quando cadde in disgrazia presso Teodorico, che lo condannerà a morte.
Nella sua opera Boezio immagina la Filosofia che lo consola, suggerendogli di liberarsi dai vincoli terreni. Il testo fu fondamentale
nel periodo medievale), dei salmi, la Cura Pastoralis di Gregorio Magno (testi redatti per l’evangelizzazione da quel papa che
aveva promosso la Cristianizzazione dell’Inghilterra). Alfredo traduce Historia Ecclesiastica Gentis Anglorum, che rappresenta un
monumento significativo della storia dell’Inghilterra, nella quale queste popolazioni vessate dai vichinghi possano identificarsi
con le loro origini e ritrovare un orgoglio nazionale.
Alfredo promuove un programma di traduzione che coinvolge i testi più importanti della tradizione ecclesiastica (alcuni li
traduce lui stesso) e promuove la cosiddetta Cronaca Anglosassone, testo storiografico. L’idea di Alfredo è di scrivere una
cronaca che ripercorra le tappe della storia dell'Inghilterra come repertorio a cui attingere per creare, fondare e rafforzare
l’identità nazionale, che poi debba essere copiata e mandata in più monasteri. A loro volta, in ciascun monastero la cronaca può
essere continuata annotando di anno in anno gli avvenimenti di quella singola area. E' quindi un'operazione che tiene conto di
una visione di insieme del proprio territorio (a differenza di ciò che successe nell’area tedesca, in cui ogni monastero è a sé
stante). Il territorio di Alfredo era più ristretto e la popolazione era più omogenea rispetto al dominio di Carlo Magno. I
manoscritti che ci tramandano la storia anglosassone ci mostrano un blocco di anni più o meno uguale e poi gli anni che seguono
sono diversi grazie agli avvenimenti annotati da ogni singolo monastero. Con la morte di Alfredo riprendono le invasioni
vichinghe, e i sovrani Anglosassoni si alleano con svedesi, danesi, contro altri sovrani anglosassoni: le situazioni si complicano.
ma l'opera culturale di Alfredo (considerato fondatore della prosa anglosassone) continua. Si iniziano a introdurre testi poetici
nella cronaca anglosassone, in cui si celebra l’ascesa al trono dei sovrani, le battaglie vinte, ecc.
Ultima fase del periodo anglosassone: il periodo della cronaca dell’Inghilterra va dall’VIII secolo fino al 1066 (anno in cui i
Normanni (vichinghi ormai romanizzati, perchè non parlano più una lingua germanica), arrivano in Inghilterra e la colonizzano. Si
svolge la battaglia di Hastings: il sovrano viene sconfitto perchè pochi giorni prima era riuscito a sconfiggere una coalizione di
svedesi e danesi al nord ed erano corsi al sud, ad Hastings, indeboliti e distrutti dagli anglosassoni).
Poco prima della battaglia di Hastings ci fu il regno di Canuto il danese (Unione del Regno di Inghilterra e di Danimarca tenuto da
lui. Alla sua morte gli anglosassoni vollero riprendere l'autonomia e ci fu la battaglia).
In questa ultima fase abbiamo la Rinascenza Carolina, in cui possiamo collocare la compilazione di 4 codici che ci tramandano la
poesia anglosassone. Poesia estremamente variegata, con testi di vari argomenti, da Beowolf (eroe mitico-leggendario) a testi
come il Deor (in cui parla in prima persona un cantore, il cosiddetto -scop in area anglosassone (si legge /shop/), cioè un poeta di
corte. Scop è un corrispondente dello Scaldo). Questi 4 codici furono redatti tutti tra il 980 e il 1020 in scriptoria dell’area
sassone. La dicitura 'Anglosassone' comprende una divisione dialettale che corrisponde a quella che era l’originaria divisione
etnica di queste popolazioni:
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• Sassone occidentale (parlato in Essex e Sassex. È un dialetto anglosassone parlato da quei sassoni che dal continente si
trasferiscono in Inghilterra. VS Gli altri Sassoni sono quelli che restano sul continente, martirizzati da Carlo magno, che
parlano il sassone antico: esso appartiene all'area del basso tedesco antico, ed è la lingua dell'Heliand).
• Kentico (dialetto prevalente nella penisola del Kent, zona abitata dagli Juti)
La maggior parte dei manoscritti pervenutoci sono in sassone occidentale, perchè sono stati scritti nel periodo in cui questo era
la lingua culturalmente predominante. Possiamo immaginare che nell’area della Northumbria e della Mercia, in cui sorsero i
primi componimenti poetici, la lingua dei testi fu sempre il sassone occidentale. Probabilmente venne considerata una sorta di
lingua standard/fauvé letteraria, che prevale tra i dialetti.
Il primo manoscritto è lo Junius XI (eleven), nome di un antiquario olandese che fu il primo a pubblicare i testi contenuti in
questo codice. La collezione era conservata nei monasteri, che vennero chiusi quando in Inghilterra la chiesa cattolica
divenne anglicana con Enrico VIII. Molti testi furono perduti, altri acquisiti e conservati dalle biblioteche aperte in quel
periodo. Oggi il manoscritto è conservato ad Oxford nella biblioteca Bludeiana (?). Nello Junius vengono tramandati solo 4
poemi, tra cui: il Daniele, La Genesi e L’Esodo (che riprendono tematiche di libri della Bibbia), che lui attribuisce a Caedmon,
dato che Beda disse che quest'ultimo mise in versi i testi dell'antico testamento. Questa attribuzione però è impropria,
perché non abbiamo altre attestazioni che possano garantire che sia lui l’autore, quindi l'attribuzione di Junius non viene
tenuta in considerazione dalla critica successiva. Un altro poema fu il Cristo e Satana.
VERCELLI BOOK, si chiama così perché è tenuto in una biblioteca di Vercelli. Contiene testi che alternano poesia e prosa
anglosassoni: omelie e preghiere anglosassoni e poesie. Sono preseti un poema agiografico sul Santo Andrea, un poemetto
più breve chiamato Anima e Corpo, il Sogno della Croce e un altro poema dedicato alla figura di Sant’Elena (tutti titoli
editoriali, attribuiti dagli editori dopo aver letto il contenuto) e l'ultimo che viene tradotto chiamato Atti degli Apostoli (che
riporta notizie sugli apostoli). Tutti Agiografici, parlano della vita dei santi. |Il Sogno della Croce tratta della croce sulla quale
Cristo venne crocifisso: è una prosopopea, la croce parla in prima persona e racconta di come sia stata presa, ch'era un
albero, che fu scolpita e adornata di gemme preziose. Sant’Elena è la storia della madre dell’imperatore Costantino che
parte alla ricerca dei frammenti della vera croce| Il Vercelli Book ha un formato piccolo, trasportabile. Si dice sia stato un
formato d’uso di qualche pellegrino che si spostava dall’Inghilterra verso Roma e che si fermò a Vercelli dimenticando il
codice o lasciandolo in cambio dell'ospitalità. L’altra ipotesi è che fu un dono fatto alla biblioteca Capitolare di Vercelli. *Ne
“Il Sogno della Croce” troviamo alcuni versi che sono incisi in rune su una vera croce in pietra che è la croce di Ruthwell. Vi
sono incise anche scene di vangelo. Sui lati della croce ci sono delle rune che ripropongono dei versi che corrispondono al
poema, anche se con differenze dialettali, perchè nella croce di Ruthwell (ch'è antecedente cronologicamente alla
trascrizione del manoscritto) i caratteri dominanti sono quelli del northumbrico. **Questo è importante perchè significa che
il testo poetico sia stato concepito prima del X/XI secolo, che alcuni versi furono successivamente incisi sulla croce e che
continuò a essere tramandato e copiato da altri fino ad arrivare alla forma in sassone occidentale che noi possediamo. Altro
dato importante da ricordare riguarda il Sant'Elena e gli Atti degli Apostoli, perchè presentano alla fine un’invocazione in
prima persona/dell'autore, in cui chiede di pregare per la propria anima, e firma i propri testi in caratteri runici. Questo
autore si chiama Cunewulf (germ.com. Kunja=stirpe. Da questa forma troviamo la forma anglosassone cun-ing = re, cioè
colui che appartiene alla propria stirpe),(u metafonizzata che produce la geminazione/raddoppiamento della consonante
cunn). Interessante quest’uso dotto delle rune, perchè è una indicazione di quella che doveva essere l’interesse che gli
anglosassoni avevano per l’enigmistica, i rompicapi, mettere insieme più parole e arrivare ad una soluzione.
EXETER BOOK, infatti, abbiamo una serie di indovinelli che ci confermano questo interesse per l’enigmistica. Testo
conservato tuttora nella biblioteca di Exeter (regioni meridionali) e compare presumibilmente anche in un elenco di doni
che un vescovo, giunto ad Exeter come neonominato, porta con sé. Si tratta di un grande libro in volgare, con testi poetici di
varia estensione e di vari argomenti in inglese. C’è un lungo poema dedicato alla figura di Cristo, ma anche episodi che non
ricalcano necessariamente i vangeli. È stato poi diviso in tre parti: Cristo I, II e III. Il redattore del manoscritto ha fatto una
scelta di poemi dedicati a Cristo e li ha fatti copiare in successione. Il Cristo II è firmato da Cunewulf, che nella parte finale
chiede ancora di pregare per la propria anima e inserisce la propria firma in caratteri runici. Altri poemi di carattere
agiografico: come quello dedicato ad un santo anglosassone di nome Guth-lac (Guth=battaglia, lac=un’arma). Era un santo
particolarmente venerato nell'area anglosassone. Poi abbiamo un gruppo di Riddles (testi brevi in cui si parla di una
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COTTON VITELLIUS A XV: Sir Robert Cotton era un antiquario che acquisì una serie di codici e la sua collezione venne donata
alla British Library, anche se attualmente sta al British museum. Il manoscritto fu collocato evidentemente nella sezione in
cui c’era il busto di Vitellius, imperatore romano, sullo scaffale A con numero 15. Ci fu un incendio nel luogo in cui era
conservato e quindi alcuni manoscritti vennero bruciati, altri buttati dalla finestra e innaffiati con l’acqua percercare di
preservarli. Anche qui, c'è un’alternanza di prosa e di poesia. Ci sono due poemi: uno è non completo, la Judith, dedicato
alla figura di santa Giuditta, un'eroina Cristiana che uccide Oloferne tagliandogli la gola, re pagano che vuole dominare il suo
popolo. E il secondo è il Beowulf: è il testo più importante, perchè è uno dei pochi testi di tutta la vasta produzione
anglosassone che ci riporta ad un contesto pre-cristiano. (sono tutti trascritti tra il 580 e il 1020 in monasteri benedettini,
nel periodo della rinascenza, anche se concepiti precedentemente). Uno dei mostri contro cui Beowul combatte si dice
appartenga alla stirpe di Caino, quindi si associa la cattiveria di Grendel all'ira del traditore per eccellenza della cultura
biblica, cristiana. Nonostante queste inserzioni di tipo cristiano, il Boewulf resta un poema radicato in una cultura pre-
pagana. All'interno del Beowulf infatti troviamo una serie di informazioni, descrizioni di armi, di vita comunitaria all’interno
della corte che trovano riscontro anche in altre attestazioni letterarie e storiche, ad es: il concetto del comitatus, cioè il
legame del capo con la propria schiera; vediamo la scena della distribuzione del tesoro, in cui Beowulf ha ammazzato il
mostro Grendel e il re Hrothgar lo ricompensa donandogli una collana preziosa. C'è anche un riferimento all’intrattenimento
dello Scop (shop), il poeta di corte che si accompagna con uno strumento e intona canti eroici-leggendari che devono
celebrare l’eroe del momento. Beowulf che affronta il drago viene anche paragonato a Sigfrido: non viene raccontata la sua
storia, ma è l'unico riferimento a Sigfrido (dell'area tedesca e scandinava) che troviamo nell'area anglosassone; è
un'indicazione importantissima perchè significa che il pubblico del Beowulf conosceva il personaggio di Sigfrido. Nei reperti
archeologici furono ritrovati delle armi che corrispondono perfettamente alla tipologia descritta nel Beowulf. L'eroe affronta
3 combattimenti principali: Combatte contro Grendel a mani nude, contro la madre di Grendel con una spada e contro un
drago con un’armatura per proteggere il suo popolo. Riesce ad ammazzare il drago, quando è ormai sovrano e nonchè
sovrano, vince anche l'ultimo combattimento ma muore nel combattimento. (*Il Beowulf è importante proprio per i
riferimenti che vi si trovano)
I FRISONI
Il Frisone è una lingua minoritaria, in quanto i Frisoni sono una popolazione che continua a conservare una propria identità
nazionale, ma non una autonomia statale. Sono citati da Plinio il Vecchio (sono tra le etnie più arcaiche, conosciute dagli antichi
romani) e da tacito. Essi arrivano a colonizzare insieme ad Angli, Sassoni e Iuti quella che sarà l’Inghilterra. Non sono citati nelle
fonti contemporanee, forse perchè la storiografia medievale preferiva semplificare la situazione culturale, ma è possibile
pensare che popolazioni contigue parteciparono alla colonizzazione. Notizie che riguardano i frisoni, li vedevano come mercanti,
come esportatori di stoffe e navigatori, infatti che appartengono a quel gruppo definiti egemoni, che stavano vicino al mare.
Anche i frisi subiscono delle invasioni da parte dei Vichinghi, soprattutto dei Danesi e contemporaneamente invece dai territori
interni cercano di contrastare la pressione dei Franchi. Tra il VII-VIII secolo i frisoni finiscono per rientrare in quello che poi
diventerà” l’impero tedesco di Carlo magno”. La resistenza al cristianesimo è abbastanza significativa (furono i frisoni ad uccide
Bonifacio). Finiscono per perdere la loro autonomia politica con Carlomagno e la storia successiva li vede sempre un po’ divisi tra
Germania e Olanda (tutt’ora il Frisone è parlato in queste regioni). Come documentazione linguistica che ci hanno lasciato si
tratta di testi piuttosto tardi tra il XIII-XIV secolo e sono testi di carattere giuridico (sono delle disposizioni, dei manuali che
raccolgono norme di comportamento). Altra documentazione interessante nell’aria frisone è quella runica perchè in qualche
modo le rune costituiscono un forte carattere identitario di queste nazioni.
Le fonti storiche sono delle fonti o di latini o scritte in latino dai cristiani. Le prime notizie di queste popolazioni ancora intese
come un’unità DI GERMANI, ci vengono dal:
- De bello gallico di cesare (le guerre di cesare contro i galli, nelle quali vinse). I germani sono citati in quanto popolo che
affianca i galli.
- Plinio prende parte direttamente alle lotte che l’impero romano intraprende contro queste etnie che premono ai confini
dell’impero. Il suo testo è dedicato alle invasioni dei germani ma non ci viene tramandato. ma viene in qualche modo riassorbito
da Tacito nella “Germania” egli qui si dedica esclusivamente ai germani, ai loro usi e ai loro costumi per fare i anche una
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-Dal IV secolo in poi questa immagine delle popolazioni come un tutt’uno finisce per frantumarsi e noi assistiamo alla creazione
di storie singole e quindi all’attenzione per delle aree singole: AMMIANO MARCELLINO (nella sua opera ripercorre il rapporto
che Roma ha avuto con queste popolazioni. Egli infatti diventa un testimone oculare perchè partecipa attivamente alle lotte che
riguardano i romani e gli Alemanni).
-Con la cristianizzazione abbiamo le “storie etniche” (scritte in latino perchè il latino è la lingua della cultura).
-Gregorio di Tour “HISTORIA FRANCORIM” 591. Egli racconta della conversione di Clodoveo ad esempio.
Il Frisone è una lingua germanica. I frisoni sono distribuiti in tre aree: quella occidentale, orientale e settentrionale. È
sostanzialmente una minoranza linguistica, anzi si parla di tre minoranze linguistiche all'interno di tre stati diversi: nei Paesi
Bassi, in Germania e in Danimarca (''Frisia'').
Non è un dialetto, ma una vera e propria lingua. Nell'area dei Paesi Bassi, essa rappresenta la lingua madre della popolazione: la
maggior parte della gente è bilingue. I bambini iniziano a parlarla sin da subito, mentre cominciano a parlare l'olandese a scuola
e diventano a quel punto bilingui. La lingua ufficiale in realtà è l'olandese, ma il frisone è considerato come se fosse un'altra
lingua ufficiale: ad esempio anche nelle aule dei tribunali viene utilizzato il frisone, e se qualcuno non lo capisce c'è comunque la
possibilità di tradurre. Una situazione come quella dell'Alto Adige.
Per quanto riguarda la bandiera della Frisia, quelli che vediamo non sono cuori ma gigli d'acqua.
Oggi la Frisia è una vera e propria regione dell'Olanda, chiamata Friesland. Abbiamo la Frisia occidentale, con capitale
Leeuwarden (in frisone Ljouwert). Essa è attualmente capitale europea della cultura.
Dei Frisi/frisoni si comincia già a parlare in epoca classica: tra le primissime fonti storiche che ci parlano di questa popolazione
del gruppo germanico occidentale ricordiamo PLINIO con le sue Naturalis Historia, in cui parla delle popolazioni che si
affacciavano sull'Oceano.
Territorio abitato da queste popolazioni: un territorio in cui non ci sono montagne, nè pietre (dovevano trasportarsele per
costruirsi le case), ma un'enorme distesa di paludi, acquitrini. Il livello del suolo è più basso rispetto al livello del mare, quindi
sono zone soggette a continue inondazioni. Plinio si recò in queste zone personalmente, essendo stato ufficiale dell'esercito
imperiale, e vide queste immense paludi in cui era difficile distinguere la linea di orizzonte che separa la terra dal mare. Le
caratteristiche di queste aree acquitrinose, descritte da Plinio, sono tipiche di tutti i Paesi Bassi che si affacciano sul mare del
Nord. Plinio fu il primo a prendere in considerazione queste caratteristiche ambientali, che influenzeranno la storia di questa
popolazione con inondazioni, ecc.
Successivamente altre fonti classiche ci parlano di queste genti: nella Germania di TACITO, quando parla di tutte le popolazioni
germaniche, tra cui anche i frisi. Ne parla anche negli Annales, nelle Historiae. I frisi presero parte ad una insurrezione, con altre
popolazioni, contro i romani; avevano quindi un ruolo preponderante. Dei frisi abbiamo notizie anche in Britannia, ricordiamo la
famosa iscrizione (Mars thingus?) con riferimento al dio dei germani Tywas, identificato con il Marte classico. Questa iscrizione,
che associa la divinità della guerra al all thing (l'assemblea dei germani), fu rinvenuta su un ceppo presso il ballo di Adriano, alla
fine del XIX secolo e che risale grossomodo al II-III secolo d.C. Essa sembra sia stata incisa per mano di legionari frisoni che si
trovavano lì.
Fino al sesto secolo (con Plinio, Tacito, Procopio) si continuerà a parlare di questi frisoni localizzati in quest'area che si affacciava
sulle coste del mare del nord; poi, ad un certo punto, per varie ragioni non si parla più di Frisi nelle fonti storiche per un paio di
secoli e sembra che questa zona si fosse in buona parte spopolata. È anche vero che a partire dal V sec inizia la fase delle
migrazioni degli Ingevoni (di queste popolazioni del mare del nord) cioè, dice Beda, Angli, Sassoni e Iuti che cominciano ad
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Si comincia a riparlare di queste popolazioni nel periodo medievale, quando si avranno nelle fonti più tarde le biografie dei vari
missionari di origine anglosassone che giungono in continente per diffondere il cristianesimo presso le popolazioni germaniche
ancora pagane. Abbiamo diversi personaggi: tra cui Wolfram, Willibrolg e il famoso Bonifacio. I frisi, quindi, ritorneranno alla
ribalta della storia, per restarci definitivamente, e li troviamo soprattutto citati in queste biografie di missionari. In effetti, nello
sviluppo della storia e della cultura frisone saranno due i fenomeni fondamentali di cui tenere conto: da un lato il contatto con
l'impero carolingio, che non sarà sempre pacifico, anzi conflittuale; dall'altro lato la conversione di queste genti al cristianesimo.
Questi due fenomeni sono fortemente collegati, un po' come avviene per i Sassoni. La dinastia carolingia aveva cominciato ad
offrire il suo supporto, anche militarizzato, a questi missionari che provenivano dall'Inghilterra per incoraggiare la diffusione del
cristianesimo tra queste genti: in modo particolare tra i Sassoni e i Frisoni che erano localizzati al Nord. In realtà tutto ciò aveva
un fine politico, perché la diffusione del cristianesimo presso queste popolazioni avrebbe di fatto significato la perdita della loro
autonomia. Lo scopo fondamentale per l'impero (prima quello Franco e poi carolingio) era, in realtà, conquistare queste
popolazioni e imporre loro la religione cristiana, la quale avrebbe dovuto rappresentare anche il collante per tenere unite e
assoggettate queste popolazioni. Questo riguardò soprattutto le genti del Nord: i Sassoni continentali (che non emigrarono in
Britannia) e i Frisoni. Queste popolazioni non volevano saperne di convertirsi al cristianesimo, non perchè fossero troppo devoti
alla propria religione, ma perché erano consapevoli che la perdita dell'antica religione avrebbe significato la perdita della loro
autonomia e indipendenza politica. Si opposero in tutti i modi. I Sassoni furono sterminati, deportati, a causa di una lunga guerra
trentennale con Carlo Magno. Lo stesso riguardò i Frisoni, che furono poi convertiti al cristianesimo. Uno dei protagonisti più
importanti di questa opera di evangelizzazione è Bonifacio che, dopo alcune opere missionarie trovò, per mano di un gruppo di
frisi, presso Dokkum (in una cittadina del nord dell'Olanda) il martirio. Lì, dove presumibilmente Bonifacio trovò la morte, fu
eretta una statua in suo onore: essa rappresenta Bonifacio stesso che probabilmente cercò di ripararsi con un libro
(probabilmente la copia della Bibbia, dato che i missionari si spostavano con i libri). Nell'epoca di Carlo Magno, nel VIII sec e fino
al IX, si parlava di Magna Frisia (che corrisponde all'attuale frisia orientale e occidentale). La Frisia di quel periodo era un
territorio assai più esteso, i frisi erano dei navigatori sostanzialmente (come i Vichinghi). Il mare del Nord, infatti, era detto anche
'Mare Frisicum' e i frisi oltre a navigare, erano anche commercianti. Carlo Magno capiva che assoggettare queste aree, che
facevano da ponte con il nord Europa, con l'Inghilterra e la Scandinavia avrebbe avuto delle ricadute notevoli sul piano
economico. Assoggettare i Frisoni avrebbe significato, quindi, conquistare lo sbocco sul mare.
La Magna Frisia quindi era un'area molto estesa e non frammentata come oggi, e non c'era ancora la parte settentrionale.
Successivamente, col passare dei secoli, a partire dal X/XI secolo e gradualmente, per motivazione varie, tra cui di ordine politico
(che vede anche la perdita del prestigio culturale) e fisico/morfologico, il territorio dei Frisoni finisce per assottigliarsi in seguito
alle numerose inondazioni. Fino a che non furono inventate le dighe, furono utilizzate delle modalità più 'artigianali' per
difendersi dalle inondazioni: venivano costruite delle piccole colline artificiali, chiamate in lingua frisone 'terp', al plurale 'terpen'.
Nell'area che confina al nord dell'Olanda, abbiamo dalla parte occidentale la Friesland con capitale Ljouwert, mentre dalla
orientale abbiamo la zona con capitale Groninga (che all'epoca faceva parte della Frisia Magna).
I frisoni costruiscono le loro case sulle alture artificiali fatti di detriti, sabbia e materiale di vario genere in modo da poter
sopraelevarsi e difendersi dalle inondazioni. Queste terpen inizialmente ospitavano singole case, e col tempo poi si allargavano
fino a diventare piccoli villaggi o delle intere città. Molte città, tra cui Leeuwarden, si trovano costruite su delle vere e proprio
terpen o wert. I due termini li ritroviamo spesso all'interno di toponimi, perchè possono essere utilizzati come secondo membro di
un composto (è il caso della stessa Leeuwarden). Le terpen sono quindi caratteristiche del paesaggio olandese/frisone di
quest'area.
Le primissime attestazioni scritte di questa lingua si ritrovano nell'ambito delle iscrizioni runiche. In ambito frisone esiste una
tradizione runica che non è molto ampia, circa una ventina di iscrizioni quasi tutte incise su oggetti mobili (quindi lì non si
troveranno mai reperti come ad es. la croce di Ruthwell), ad esempio, pezzi di armi, pettini, monete, pugnali, talismani, orecchini,
o oggetti di legno di tasso o osso. Molti di questi oggetti sono stati rinvenuti proprio nelle terpen, che si caratterizzano per un
forte tasso di umidità che ha facilitato la conservazione di questi reperti, che sono conservati al Fries Museum e al Groning
Museum. Questo corpus di reperti, si data dal V fino al IX sec all'incirca, si caratterizza per una lingua che alcuni definiscono
proto-frisone o old frison: vi sono quindi diverse denominazioni per questa fase molto arcaica del frisone, il quale condivide una
serie di isoglosse con l'anglosassone e l'antico sassone.
Dei tratti Ingevoni li ritroviamo già in questo corpus runico frisone, tra cui la nasalizzazione (cioè l'arrotondamento della vocale a
davanti alla nasale) che ritroviamo nell'antico frisone; altro esempio è la caduta della nasale davanti alla fricativa sorda, con
conseguente allungamento della vocale precedente o eventuale nasalizzazione.
Per quanto riguarda i tratti tipici del frisone, che ritroviamo nelle iscrizioni runiche, abbiamo la monottongazione del germanico
au in a lunga che non troviamo nemmeno nell'ags.
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Tutti questi testi sono assai più recenti e la cosa particolare, che riguarda sostanzialmente la produzione frisone, è che si tratta di
testi giuridici di varia natura: abbiamo ad esempio la raccolta '17 statuti', le '24 leggi della regione', 'diritto dei magistrati', ecc. Vi
sono poi altri testi che sono di tipo cronachistico, di narrazione quasi storica mista a leggenda. L'attenzione all'aspetto giuridico è
dovuta al fatto che i Frisoni anche dopo essere stati conquistati da Carlo Magno e dai Carolingi, rispetto alle altre popolazioni era
come se riuscissero a mantenere in qualche modo una loro fisionomia e autonomia amministrativa (Leggi frisoni di derivazione
germanica). Il primo manoscritto frisone, il più antico, viene definito Asegabuch, cioè 'la legge è colui il quale dice la legge'> la
legge è il giudice. Si trattava di un'isola che aveva la possibilità e il privilegio di amministrarsi autonomamente all'interno
dell'impero carolingio. La coscienza di appartenere a questa etnia è tuttora molto forte, con conseguente conservazione della
cultura e della lingua. La stessa Accademia Frisone organizza, più volte nel corso di un anno, convegni di linguistica e cultura
frisone.
Nella maggior parte dei manoscritti abbiamo quindi non codici runici, ma diverse versioni dei testi giuridici. Spesso le raccolte
delle leggi erano anche introdotte da dei prologhi, che avevano la funzione di enfatizzare l'appartenenza all'etnia e l'orgoglio di
essere frisoni. Si è sentita anche la necessità di creare dei fondamenti storici e ideologici a questo orgoglio e privilegio dei frisoni,
come a dire che la loro libertà di governarsi autonomamente era stato conferito da Dio e poi in seconda battuta da Carlo Magno
(il quale in realtà ha distrutto l'autonomia di questa popolazione). Dal punto di vista storico c'era infatti un antagonismo tra
Carlo Magno e Redbad, un re frisone che si oppose ai Franchi. Nella finzione letteraria e nei prologhi i piani sono ribaltati: Redbad
diventa re dei danesi, identificati con i Vichinghi che assalgono il territorio dei frisoni, e Carlo Magno (simbolo dell'imperatore per
eccellenza) diventa colui che concede ai frisoni il diritto di esercitare la propria autonomia e conferisce loro il corpus di leggi (Lex
Frisionum).
In quasi tutte le raccolte abbiamo un prologo in cui i frisoni vogliono sempre legittimare la libertà che Dio stesso gli ha conferito.
In altri casi, abbiamo sempre: il popolo dei frisoni che anela questa libertà, Carlo Magno che gliela conferisce, e alcuni campioni
tra cui Mag-nus: un eroe leggendario che si fa portavoce della libertà dei frisoni. Questo testo narrativo, sempre con impronta
giuridica, è finalizzato a legittimare la libertà giuridica dei frisoni. Si narra di una guerra tra Carlo Magno e i romani: lui si reca a
Roma per combattere contro i romani, liberare il papa e ristabilire l'ordine.
Carlo Magno era accompagnato dai frisoni, punto di forza del suo esercito. Essi affrontano i romani, senza armatura e senza
scudi e vincono la battaglia. Il loro campione Mag-nus porta avanti il vessillo in segno di vittoria. Carlo Magno promette ai Frisoni
qualsiasi cosa, ma Magnus facendosi portavoce della popolazione afferma che loro non vogliono ricchezze, ma la libertà.
Il collare di legno era il simbolo della schiavitù, e l'uomo libero si riconosceva dal fatto che non aveva questo collare e non aveva i
capelli raccolti, ma sciolti. Richiedono anche il diritto di fare il servizio militare in Frisia e il diritto di girare armati, in caso di
invasione vichinga. Il testo poi continua con introduzione di un vescovo, una sorta di notai, che redige una sorta di contratto in cui
tutti questi privilegi vengono accordati ai Frisoni. Si tratta quindi di un testo cronachistico, focalizzando però sempre l'attenzione
su questo aspetto giuridico. Tutti testi molto tardi, non prima del XIV secolo (con la tradiz frisone ci si muove in una fase basso-
medievale). Un testo altrettanto interessante è quello in cui vediamo contrapposti Carlo Magno e Redbad (che in realtà era il
campione dei frisoni mentre qui diventa il re dei danesi): arrivano in Frisia rivendicando la loro terra. I saggi in realtà volevano la
riconciliazione, ma i re volevano la battaglia. Per stabilire chi dei due aveva diritto sul territorio, decisero di stare fermi uno di
fronte l'altro. Chi riusciva a stare fermo per più tempo si aggiudicava il territorio.
1) ISTITUTO DEL COMITATO (è un istituto guerriero) istituzione dal carattere militare. Uomini che scelgono liberamente di
far parte di un gruppo di guerrieri i quali si affidano ad un capo che li comanda e che procura loro il sostentamento. Ma
contemporaneamente i guerrieri sono disposi a dare al proprio capo una fedeltà assoluta.
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Tacito ci spiega dettagliatamente questo tipo di relazioni (ad es. la regola di risarcimento, I matrimoni, o il legame del capo con
la schiera), attestate anche in fonti, sia di tipo giuridico che letterario, successive. I comportamenti dei protagonisti sono sempre
improntati su queste due istituzioni.
Quando Tacito parla di SIPPE, cioè la Stirpe, dice che i bambini crescono in casa nudi e sudici e tutti allattati dalle proprie madri
(diversamente dalle pratiche romane). Importante è la figura dello zio materno, il quale partecipa all'educazione dei nipoti e che
ha la stessa importanza del padre. Nelle lingue germaniche antiche abbiamo parole differenziate per indicare materno dallo zio
paterno, che corrisponde evidentemente ad una funzione/importanza diversa tra i due. II nipote però non eredita dallo zio
materno, ma dal padre. È obbligo far proprie sia le amicizie che inimicizie dei parenti. Il legame della Sippe è molto forte. Nel
caso di un'uccisione di un parente i familiari si vendicano o con T'uccisione di un membro della comunità alla quale appartiene
chi ha commesso il torto oppure grazie ad un giudice mediatore si decide di pagare un risarcimento (in bestiame ecc.) per porre
fine al conflitto. E l'intera casata che deve accettare il compenso, non solo il padre del figlio ucciso (esempio). L'etica della Sippe
spesso, nei testi poetici porta a delle aporie.
Per quanto riguarda il COMITATUS, Tacito afferma che un nobile acquisisce la funzione di capo a cui altri si aggregano. Sul
campo di battaglia è disonorante per il capo essere superato, mentre la schiera deve seguirlo. Tutti devono dare prova di
coraggio. Il capo ricompensa con cavalli (tra l'altro si dice che la parola 'tesoro' derivi da quella per 'cavallo' perché era la
ricompensa più grande), armi e armature. Questo tipo di informazioni riguardo i germani le ritroviamo confermate da altre fonti
successive.
FONTI LETTERARIE: Per quanto riguarda le fonti letterarie dobbiamo tenere presente, in primo luogo, che queste popolazioni
avevano l'attitudine a comporre dei carmi e a poetare accompagnati da uno strumento. Lo stesso Tacito, nel secondo capitolo
de La Germanio, ci parla di un tipo di poesia cosmogonica tramandata dai germani relativa alla loro origine. Tacito racconta
anche che i germani intonavano dei canti di combattimento, per darsi coraggio prima di una battaglia. È un'altra informazione
che ci testimonia l'esistenza di più tipologie di composizioni poetiche.
- Ammiano Marcellino (IV sec), storico romano che combatte contro gli Alemanni e che scrive una storia sul rapporto travagliato
tra i romani e le popolazioni barbariche, ci conferma in quanto testimone oculare le notizie di Tacito (riguardo i canti di
combattimento, in onore dei loro antenati).
- Anche Giordane, di etnia gotica, storico che scrive in latino dei testi sulle vicende dei Goti: ci dice che alla morte di Attila (IV
sec) i Goti, appartenenti alla corte di quest'ultimo, intonano dei canti funebri per la sua morte attorno alla sua salma, inoltre,
celebrano col canto e la cedra le gesta degli antenati. La scena che ci descrive sui Goti a cavallo attorno al cadavere, la ritroviamo
nel Beowulf quando i suoi sudditi girano a cavallo attorno alla sua salma. Stessa scena tra germani orientali e occidentali. Le
vicende storiche vengono messe per iscritto e diventano poi vicende eroico-leggendarie;
- Come anche nel caso di Eginardo, biografo di Carlo Magno, il quale in “Vita Karoli” afferma che il sovrano aveva fatto mettere
per iscritto i Carmina Antiqua. Non si ha testimonianza di questa volontà, forse Eginardo voleva far apparire il suo sovrano molto
attento alla trasmissione del patrimonio culturale.
Altro elemento che ci fa pensare ad un'esistenza di un patrimonio comune poetico nella fase più arcaica di queste popolazioni ci
viene dal fatto che i testi poetici tramandatici presentano determinate caratteristiche stilistiche condivise:
1. Il verso poetico, ad esempio, delle letterature germaniche è il verso lungo (formato da due distichi/semiversi tenuti insieme
dal principio dell'ALLITTERAZIONE, cioè la ripetizione dei suoni iniziali di parole con sillabe accentate. Le consonanti
allitterano sempre con il loro omofono, invece le vocali possono allitterare tra loro). [es. di allitterazione, nel primo verso
dell'Hildebrandslied. Brant=spada, Ildebrando, Adubrando, ecc. sempre termini legati alla battaglia. Adubrando prima della
battaglia chiama il padre “vecchio unno”.
La documentazione dell'anglosassone: The Wonderer, è un errante che vaga sul mare solitario, perchè è l’unico guerriero
sopravvissuto del proprio comitatus. II solitario è colui ch'è escluso e non appartiene alla comunità, in cui c'è invece
un'atmosfera accogliente. Il solitario patisce la sofferenza dell'esule. Il mare=contesto naturale che gli è ostile. [allitterazione
anche nel primo verso dell'opera.]
Beowulf: arriva alla corte di Hrothgar e si racconta della sua impresa giovanile, gara di nuoto contro un altro. Presenta anche
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Ne deduciamo, quindi, che il principio di allitterazione è il principio che forma le lingue germaniche arcaiche Abbiamo detto
che esistono testi scandinavi/del nordico antico che sono metatestuali, cioè di riflessioni sulle tecniche poetiche, come il
testo di Snorri. Abbiamo un altro trattato grammaticale di Olaph (uno scaldo bianco), in cui scrive che l'allitterazione è il
principio di quella consonanza che tiene insieme la poesia norrena e in generale la poesia germanica, come i chiodi tengono
insieme la nave fabbricata dal carpentiere.
2. Le linee di discendenza sono sempre caratterizzate da nomi che iniziano con lo STESSO FONEMA.
3. Altra peculiarità delle lingue germaniche antiche nelle poesie è la VARIAZIONE, la ripetizione di uno stesso concetto con
parole diverse, che serve per la memorizzazione e per dilatare il racconto e tenere alta l'attenzione durante trasmissione
orale, consentendo anche di connotare meglio la persona o l'oggetto di cui si parla. Questa tecnica è stata utilizzata per
spiegare la dottrina cristiana ai neoconvertiti proprio perchè consente di ribadire con forza un concetto e di rispiegarlo
anche meglio; ed è utilizzata moltissimo come tecnica, soprattutto nei testi didattici (Heliand).
4. Un'altra particolarità sono le KENNING-AR: la parola deriva, come desumiamo dagli scritti dell'area norrena tra cui quel di
Snorri, kenna in nordico antico significa 'denominare' (si tratta della stessa radice di 'conoscere/potere' in inglese). È
costituita da un determinante e un determinato. Il referente è esterno. Le kenning-ar possono essere anche delle creazioni
estemporanee del poeta, cioè noi possiamo avere delle parole che ritroviamo anche in altri contesti. Si può trattare anche di
composti, di hapax che compaiono solo una volta nel testo e che presumibilmente sono invenzioni del poeta, il quale ha
libertà di creare anche dei neologismi sia per esprimere un determinato concetto, ma soprattutto per sottostare alle regole
dell'allitterazione, a patto che questi neologismi siano chiaramente comprensibili. Le modalità con cui si esprime la lingua
poetica sono articolate.
Nella poesia anglosassone questa possibilità di non comprendere il significato non si verifica, perchè si tratta di poesie di
carattere religioso e quindi sono sempre delle kenning-ar trasparenti;
Nella poesia del nordico antico, invece, spesso abbiamo delle kenningar di cui non comprendiamo il significato, perchè fanno
riferimento a miti, persone e atteggiamenti i cui riferimenti culturali purtroppo ci sfuggono.
Snorri, in una sua opera, riporta un dialogo tra due divinità per spiegare quali sono le caratteristiche dell'arte poetica. I due
elementi della poesia sono il linguaggio e il metro.
- Il primo tipo è semplice, per cui ogni cosa viene chiamata col proprio nome,
- il secondo è quello della sostituzione per nome,
- il terzo tipo è il più articolato ed è la kenning (cioè la metafora).
L'uso delle kenningar nell'area scandinava è particolarmente complesso. Altra formula che, in qualche modo, sembrerebbe
origine orale del racconto è: "io ho udito dire/raccontare" che ricorre in diverse opere, anche se non sempre nella stessa
sequenza, come ad es. nel Beowulf. Tutti questi elementi, che ricorrono in più opere, ci fanno pensare che esistesse una poesia
germanica arcaica comune
Il fatto che alcune strutture poetiche e alcuni temi ritornino in più testi ci fa ipotizzare che questi temi siano stati ascritti in un
periodo arcaico in cui le popolazioni ancora condividevano il territorio e probabilmente anche una lega linguistica comune.
Troviamo poi una serie di tematiche che sono state trattate solo dalla cultura arcaica dalle popolazioni antiche. Si tratta di miti
che spesso partono dalla cultura celtica e arrivano poi alla cultura medievale europea.
Nella letteratura germanica alcuni filoni narrativi partono spesso da avvenimenti storici (del IV/V secolo, periodo in cui queste
popolazioni si erano già allontanate un po' dalla cerchia nordica), che vengono rielaborati e travisati e diventano storie
letterarie. Si continua però, evidentemente, a percepire una sorta di unità culturale per cui determinate tematiche sono
trasmesse con facilità all'interno di quelle che sono le popolazioni germaniche, e non travalicano i confini occupati da queste
popolazioni.
La leggenda dei Nibelunghi: SIGFRIDO, è un eroe che uccide un drago durante una prova di coraggio. L'uccisione gli
consente di entrare in possesso del tesoro custodito dal drago, acquisendo anche una sorta di invulnerabilità, grazie ad un
bagno nel sangue del drago, tranne che in un punto: la spalla, sulla quale cade una foglia di un albero. Si tratta di un eroe
invincibile, ma pur sempre umano (come Achille). Durante le sue peregrinazioni, arriva alla corte dei Burgundi dove si
innamora di Crimilde, sorella di Gunthar il quale acconsente a lasciarla in sposa a Sigfrido a patto che egli lo aiuti a sposare
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Nella versione tedesca è molto sottolineato l'aspetto del tradimento, perchè Sigfrido partecipa ad una battuta di caccia con i
suoi cognati. C’è anche la figura di Hagen che, in questa versione, non è fratello di Gunther (come nella versione
settentrionale) ma il consigliere, nonchè la mente dell'uccisione; Hagen propone una gara di corsa per arrivare alla fonte.
Sigfrido arriva per primo ma si ritrae, perchè conosce i doveri dell'ospitalità, concedendo la possibilità di bere per primo a
Gunthar, ch'è il sovrano del territorio. Nel suo atto di lealtà viene lui stesso tradito (si conclude cosi la prima parte del
nucleo narrativo). Crimilde cede il tesoro dei Nibelunghi ai fratelli. Nella seconda parte: Crimilde sposa Attila, che vive
lontano dalla corte dei Burgundi, perchè si rende conto che cosi può acquisire un nuovo status di regina. Decide di invitare i
fratelli alla corte di Attila, per vendicarsi della morte di Sigfrido (nella versione tedesca c'è quindi l'intento di distruggere i
Burgundi) all'insaputa di Attila, ch'è un sovrano buono. La moglie fa in modo di creare delle provocazioni tali da indurlo allo
scontro, tra Unni e Burgundi, in cui muoiono tutti. Alla corte di Attila troviamo Teodorico e Ildebrando, esuli accolti da
Attila, che cercheranno di contenere la furia di Crimilde, anche se alla fine sono costretti a schierarsi a favore suo. Saranno
proprio loro ad uccidere Crimilde, la quale pur di impossessarsi del tesoro chiede ad Hagen dove sia nascosto. Hagen in
cambio della risposta le chiede di uccidere Gunthar. Crimilde Io fa uccidere, ma Hagen (ormai sicuro di essere l'unico che sa
dove si trovi il tesoro) si fa uccidere. Crimilde viene poi uccida da Teodorico e Ildebrando.
Nella variante scandinava c'è una diversa rappresentazione di Attila, in cui il legame di sangue è più forte ed è lui stesso ad
attirare i Burgundi per impossessarsi del tesoro dei Nibelunghi. Crimilde si schiera qui invece a favore dei fratelli.
Solo nella versione nordica troviamo una terza parte, in cui la figlia di Crimilde sposa Ermanarico, altro personaggio storico e
sovrano appartenente all'etnia dei germani orientali, che fa uccidere la moglie crudele (legata a dei cavalli che la
trascinano). Questa storia viene raccontata solo in alcuni carmi dell'Edda poetica.
Anche se la leggenda presenta delle variazioni in base all'area in cui viene tramandata vi sono comunque dei nuclei storici alla
base della leggenda:
Giordane ci dà una versione più vicina a quella letteraria: dice che questo sovrano fece uccidere una giovane donna, a causa
della sua infedeltà, con l'uso dei cavalli. I fratelli tentarno di vendicare la sua morte ferendo gravemente Ermanerico, il quale
divenne incapace di affrontare gli Unni.
Si tratta di riferimenti che troviamo nelle fonti riguardanti esclusivamente i testi della letteratura germanica: in un gruppo dei
Carmi dell'Edda (XIII sec), l'Edda di Snorri, la Saga dei Volsunghi (XIII), il Nibelungenlied tedesco (poema eroico, in cui non c'è il
verso allitterativo, ma è in rima diversamente dall'Edda poetica) (XIII sec), Saga di Teodorico (inizio XIV sec).
La produzione anglosassone non ci parla di questi personaggi, ma vi si fanno riferimenti: come nel caso del BEOWULF che
affronta il drago, si rimanda a Sigfrido. Anche il DEOR ad esempio cita Ermanarico e Teodorico. Cita personaggi che ci rimandano
a questi nuclei leggendari.
Altro nucleo che troviamo nelle prime due strofe del Deor è quello di un fabbro di nome Welund (in area anglosassone) o Volodr
(in area scandinava), come protagonista. Si parla della sua vicenda (siamo tra tema mitologico e quello eroico-leggendario) in un
carme dell'Edda: un sovrano vuole che Welund lavori solo per lui, e lo isola in un'officina dove crea armi e gioielli solo per lui. Il
sovrano per non farlo scappare gli taglia i tendini. Welund decide di vendicarsi: uccide i figli del sovrano e con i loro teschi fa
delle coppe incastonandovi dell'oro, che regala al sovrano, e violenta la figlia ingravidandola, la quale soffre sia per la violenza,
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Mentre il mito di Sigfrido ha un nucleo storico, che troviamo declinato in maniera diversa in varie letterature, qui il legame è tra
il mondo scandinavo e quello anglosassone: tra un testo dell'Edda, tramandato nel 12 secolo, e Il Deor.
Secondo alcuni il Deor potrebbe essere stato importato dalla Scandinavia in Inghilterra durante il periodo delle invasioni
vichinghe, però di fatto la tipologia del Deor in riferimento a vari personaggi è tale da far supporre anche in questo caso
un'origine arcaica. Sono tutte speculazioni. Il dato che resta è che dalle letterature germaniche e dalla poesia siamo sicuramente
in grado di individuare dei legami forti che ancora sussistono tra le popolazioni germaniche.
Altro elemento che ci fa pensare all'unità culturale germanica ci viene da ciò che riusciamo a ricostruire riguardo le DIVINITÀ
CONDIVISE, attraverso i NOMI DELLA SETTIMANA che sono strutturati sul calco della struttura latina (perché le popolazioni
germaniche entrano in contatto col mondo Iatino) o quantomeno la denominazione dei nomi della settimana ci fa credere
questo. II Iatino aveva la divisione dei giorni della settimana in base alla luna, il sole e alle divinità, e questa struttura viene
ripresa nelle lingue germaniche.
I testi che ci parlano di Odino, Thor ecc. sono appartenenti esclusivamente all'area scandinava. Per il resto ci è pervenuta una
essenzialmente cristianizzata. Il culto della luna e del sole è attribuito a questi germani da Cesare (l sec a.C.).
Martedi: il giorno di Marte che diventa Tuesday, il giorno di Tyr (/Tiur/) divinità molto antica, il cui nome che deriva
dall’indoeuropeo.
Wednesday: il giorno di Wodan, cioè Odino.
Nell'area tedesca abbiamo Mittwoch, cioè "in mezzo alla settimana".
Friday/Freitag è il venerdì, cioè il giorno di Venere che viene assimilata a Freya (moglie di Odino).
Giovedì/Thursday: il giorno di Giove/Thor.
Il Sabato invece cambia di area in area, probabilmente perché si conclude il nucleo delle divinità condivise. Saturday, in
inglese giorno di Saturno.
Tra le immagini di Odino abbiamo quella del Codice dell'area del 1700: in cui Odino ha un solo occhio (tipico dei veggenti che
potenziano un solo occhio), ha un corvo sulla spana, ha una spada, il suo cavallo ha otto zampe. Questa è la tipica immagine di
Odino che ci fornisce l'area scandinava.
Il nome di ODINO:
ie. *Wat, che indica lo 'stato di alterazione per ira o estasi', dalla cui radice deriva la parola italiana/latina 'vate';
nord.Ant.: Odr, cioè 'arte poetica, eccitazione';
ags: Wod, cioè 'canto';
a.t.a.: Wuot, cioè 'furia, ira'.
Le fonti che abbiamo riguardano l'area del germanico occidentale (che ci propone diverse idee di Odino?) e quella del germanico
settentrionale (che umanizzano Odino?).
Paolo Diacono, ecclesiastico, ci fornisce l'etimologia del nome Longobardi, 'coloro dalle lunghe barbe': precedentemente
chiamati Vinnili, che dovevano intraprendere una battaglia contro i Vandali.
Questi pregano Odino per la vittoria e i Vinnili si rivolgono a Freya. Odino dice a Freya che avrebbe concesso la vittoria a coloro i
quali avesse visto per primi sul campo di battaglia. Cosi Freya consiglia ai Vinnili di mettersi in una determinata posizione per
essere subito visibili al sorgere del sole e per far sembrare il loro esercito più numeroso suggerisce di far venire anche le donne,
le quali per non farsi riconoscere si coprono il volto con i capelli. Odino crede che siano delle lunghe barbe, e da qui il nome della
popolazione.
Abbiamo poi un'altra testimonianza più tarda, di un'opera storiografica di Adamo di Brema, che fu tra coloro che cercarono di
portare il cristianesimo nell'area scandinava. L'opera si riferisce alla missione che intraprese nella Svezia meridionale. Adamo di
Brema ci parla di un tempio in cui erano venerate queste divinità, tra cui quella di Odino, scrivendo "Wodan: id est furor".
Riprende quindi il nome etimologico di Odino. Le altre testimonianze sono tutte sparse: abbiamo una formula magica ricopiata
da un monaco e accanto a due incantesimi copia una preghiera latina, su una pagina finale bianca di un messale. Siamo ad un
confine labile tra preghiera e incantesimo. In questa formula magica Odino guarisce la slogatura di un cavallo: “allora cantò la
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Odino viene anche associato alla poesia, perché possiede l'Idromele poetico, che in alcuni testi è descritta come bevanda
alcolica che altera l'individuo e lo ispira per la poesia.
GIORNI DELLA SETTIMANA: Quando parliamo di divinità germaniche noi ci riferiamo alle indicazioni varie forniteci prima da
Cesare e poi a quelle più particolari di Tacito che, nella sua opera, ci dice che queste popolazioni onorano più di tutti: Mercurio,
al quale chiedono il suo permesso per sacrificare anche vittime umane, Ercole e Marte ai quali dedicano offerte di animali, e
infine le divinità femminili. I nomi delle divinità germaniche sono legati al contesto romano, cioè c'è un processo di
assimilazione tra le divinità germaniche e quelle romane, perchè Tacito definisce con nomi noti divinità che appartengono a un
altro contesto culturale. Questo processo viene fatto dalle stesse popolazioni germaniche, nel momento in cui creano i giorni
della settimana, riprendendo dal mondo latino anche la divisione temporale: Tacito ci dice che i germani dividevano i giorni
contando le notti - ore di buio più numerose di quelle di luce Possiamo ascrivere i nomi di queste divinità al mondo germanico
nel loro insieme, perchè sono nomi che si collegano, secondo il calco semantico, ad una fase molto arcaica (quando, cioè, la
cultura latina era ancora espressione di un processo pre-cristiano, in un periodo della cultura germanica predocumentato, cioè
prima che acquisissero la scrittura).
Le informazioni sulle divinità germaniche ci sono pervenute soprattutto dall'area del germanico settentrionale, mentre dal
germanico occidentale ci sono pervenute solo formule battesimale, una magica e niente di più.
Tra le divinità, oltre a Odino, possiamo ricordare anche THOR, dio del tuono, viene identificato dai romani o con Ercole (semidio
della mitologia romana dotato di estrema forza ed estremo coraggio) o con Giove (estremamente importante nel pantheon
latino in greco Zeus). Il nome Thor è legato etimologicamente alla parola 'tuono', come nel tedesco moderno.
1) Nelle fonti del germanico settentrionale (nell'Edda poetica, in prosa, di Snorri, saghe) Thor è una divinità molto presente, a cui
si rivolgono anche i contadini per i momenti più importanti della vita quotidiana: quando devono coltivare il campo o scegliere
dove costruire la casa, o anche per matrimoni o nascite. Ancora in Scandinavia si vendono come amuleti un ciondolo con il
martello di Thor, considerato anche simbolo di fertilità. Con il suo martello Thor difende gli Asi dai giganti che insidiano
continuamente la loro tranquillità; questi Dei si differenziano dai Vani, perchè: gli Asi sono gli Dei guerrieri, i Vani sono quelli
legati alla coltivazione della terra, alla pastorizia. (Questa differenza tra le due tipologie di divinità la troviamo solo nell'area
nordica, cioè nel germanico settentrionale).
- In uno dei Carmi dell'Edda poetica, Thor (accompagnato da Tyr) parte per un'impresa, supera una serie di prove (uccide ad es.
un mostro marino), per recuperare la pentola (oggetto abitudinario delle popolazioni germaniche, in cui gli Dei preparavano
l'idromele) sottratta da un gigante.
- In un altro poema il martello di Thor, Mjollnir, viene rubato da un gigante, che in cambio del rilascio chiede di sposare Freya, la
quale si rifiuta. Thor decide di travestirsi da Freya, si sposa, si riprende il martello e svela lo stratagemma. Queste storie ci
ripropongono un'immagine di un panthèon che è abbastanza vicina a quelle che sono le pulsioni degli uomini.
2) L'altra divinità della triade è TYR (Thiur): che però è considerato una divinità meno importante delle prime due, nella
documentazione dell'area settentrionale. TYR (collegato al giorno di Martedì e all'assimilazione con Marte) lo troviamo citato
nella documentazione del germanico occidentale, in alcune iscrizioni, dedicate a Mars, di soldati che partecipano e prendono
parte alle battaglie romane e qui noi troviamo delle iscrizioni dedicate a questo “thinksus” (think sta per assemblea. C’è una
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- In uno dei carmi dell'Edda, si dice che affinchè una spada diventi un'arma potente bisogna incidere le rune di Tyr sulla lancia
della spada e invocarlo.
- Nell'Edda di SNORRI ci viene narrato che Tyr ammazza un lupo, che sta insidiando il mondo degli Dei. Tyr gli porge la mano, il
lupo l'addenta, perde la mano, e con l'altra diventa eroe che si sacrifica ma salva la comunità. Sono sempre storie nelle quali c'è
una minaccia dall'esterno, con eroe che risolve la situazione.
3) Tra le altre divinità ricordiamo FREYA: moglie molto infedele di Odino, ch'è spesso assente. È citata più volte ma non
rappresentata molto con immagini. La figura della donna, quando è presente, non è mai eticamente corretta.
ETIMOLOGIA DIO: Gheu (versare) o Ghu (invocare), nell'inglese moderno (God) e tedesco moderno (Gott), si può risalire a due
parole dell'indoeuropeo, che ''traducono'' il termine 'Dio' rispettivamente in 'colui che viene invocato' e 'colui al quale si fanno
delle offerte'.
Nell'area nordica il termine Goda (plur. di God) viene usato per indicare divinità pagane.
Nell'area occidentale e nella bibbia di Wulfila (quindi germ orient) questa parola viene utilizzata esclusivamente per indicare il
Dio cristiano.
Irmingot = Irmin (la troviamo nell’etnonimo di Erminoni che viene da Tacito, nomi che derivano da tre divinità che sono figli di
__) Irminsul (albero sacro per i Sassoni).
LE RUNE
Nei caratteri della germanicità, un posto di tutto rilievo è occupato anche dalle RUNE un tipo di scrittura utilizzata dalle
popolazioni germaniche in un'epoca molto arcaica, cioè prima della cristianizzazione e prima che iniziassero a scrivere attraverso
l'uso dell'alfabeto latino.
Le prime attestazioni comuni tra le più antiche le abbiamo a partire dal II/III sec d.C.
Abbiamo poche attestazioni runiche che partono dalla cerchia nordiva, fino all’area orientale.
L'alfabeto runico originario si deve essere formato, verosimilmente, nell'area della Danimarca, nei primi secoli d.C. e,
presumibilmente, la creazione dell'alfabeto avviene su modello degli alfabeti norditalici.
Era l'alfabeto segnico usato dalle antiche popolazioni germaniche come ad esempio Vichinghi, Angli, Juti e Goti.
Possiamo immaginare che in Danimarca ci fosse una classe di mercanti che, attraverso degli spostamenti, avesse conoscenza di
altre scritture alfabetiche epigrafiche e che in questo contesto culturale si crea l'alfabeto runico (fuþark) FUTHARK (dove il
segno þ corrisponde al suono th dell'inglese think) e sembra mostrare caratteri comuni agli alfabeti italici settentrionali.
L’alfabeto è formato da 3 serie, diviso in sequenze di 8 per un totale di 24 segni. Lo chiamano FUTHARK perchè riprende i primi
6 segni (come la tastiera qwerty).
ETIMOLOGIA RUNA Ovviamente, le teorie sulla nascita delle rune sono varie e questa è quella più attestata: il
sostantivo norreno rún, indica i singoli segni del fuþark ed è conservato nelle altre lingue germaniche antiche con il significato di
“mistero”/“segreto” (infatti in tedesco il verbo raunen significa bisbigliare/sussurrare), oltre chiaramente ad indicare il segno di
scrittura. Questo legame tra il segno di scrittura e il contesto di mistero non ci deve stupire se consideriamo che, in un contesto
di cultura arcaica, la capacità di comunicare a distanza attraverso qualcosa di scritto era percepita come qualcosa di
straordinario. Una classe di mercanti, attraverso degli spostamenti, aveva conoscenza di altre scritture epigrafiche e in questo
contesto culturale si crea l’alfabeto runico. Endarr> figura del maestro di incisione delle rune. In una saga settentrionale, una
innamorata scrive un messaggio in rune al suo amato, il quale lo mette sotto il cuscino, e si ammala, finchè arriva una persona
che si rende conto che il messaggio era scritto male e perciò l'effetto magico era negativo.
È una storia per sottolineare come queste rune non potevano essere diffuse e utilizzate da tutti, perchè era necessaria una certa
competenza.
Ogni runa ha un nome e ad ogni grafema corrisponde un fonema, e c'è anche un principio acrofonico > cioè l'iniziale
corrisponde anche ad una parola, secondo la ricostruzione dei nomi delle rune del futhark antico, cioè dell'area scandinava:
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1) quello che è rappresentato sopra che è il più antico. Ed è quello che noi immaginiamo si sia formato originariamente, ovvero
in una fase in cui queste popolazioni vivevano a stretto contatto e quindi ancora potevano identificarsi in una cultura germanica
unitaria e che poi viene influenzato dalla diaspora di queste stesse popolazioni. Ovviemente la documentazione più ricca resta
nell’area scandinava.
2) Successivamente abbiamo delle iscrizioni che utilizzano un altro tipo di futhark, ch'è quello di 16 segni e ch'è detto 'Futhark
danese'.
3) E poi abbiamo un alfabeto runico ch'è specifico dell’area anglosassone e che si compone di 28 segni.
Ci sono quindi più testimonianze runiche, e l'importanza della documentazione runica pervenutaci è legata sia alla
rappresentazione di una capacità di scrivere in un'epoca predocumentaria di queste popolazioni, sia al fatto che anche le rune
sono uno dei caratteri che ci permettono di parlare di una identità culturale germanica, perchè in qualche modo nella
rivisitazione che verrà fatta, dell'alfabeto runico anglosassone e anche per queste iscrizioni sparse nell'europa continentale, noi
vediamo popolazioni che subivano l'utilizzo della scrittura.
In Inghilterra e nell'area scandinava con la cristianizzazione le rune assumono un altro significato ma continuano ad essere usate,
per iscrizioni funerarie ad es. mentre nell'area del germanico occidentale questo non avviene.
Le iscrizioni possono essere incise in tutti i versi, dal basso verso l’alto, da sinistra a destra e viceversa, in orizzontale o in
vericale.
In Norvegia, sulla punta di una lancia c’è scritto raunijar (colui che corre, nome ben augurante)
In Ukraina viene trovata un’altra lancia con inciso tilarids (altro nome ben augurante)
Nell’area tedesca, Brandeburgo, ranja.
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Sono dati importanti perchè si tratta di testimonianze parallele, in contesti diversi, ma nella stessa modalità e manifattura che
legano le lance delle diverse aree, che ci consentono di ricostruire una concezione della battaglia che era comune a queste
popolazioni.
Importanti sono anche i medaglioni, con incisioni che hanno funzioni beneauguranti. Abbiamo poi una sequenza di caratteri
runici, che vengono traslitterati e che hanno evidentemente una valenza magica, un es. di evocazione è la A come invocazione
per gli Asi, e così via le altre (c'è una valenza quindi acrofonica). Più che gioielli da indossare, probabilmente avevano valenza
sacrale. Anche nel Beowulf ad es. nell'elenco dei doni che lui riceve c'è una collana che viene indossata al momento della
battaglia, perchè protegge il guerriero. La lingua di queste iscrizioni non è quella del germanico comune, perchè quest'ultimo è
una lingua ricostruita e di cui non abbiamo delle attestazioni. Quello che possiamo riconoscere è che ci sono delle caratteristiche
tipiche delle lingue germaniche antiche. Le iscrizioni sono tutte molto brevi.
ie *ego (italiano 'io') --> gc *ek> perchè la g dell'ie diventa k in gc. (II comma della 1a
mutaz consonantica che porta alla desonorizzazione delle occlusive sonore).
lat cornus (corna) --> gc *horn > la c del latino sarebbe la l'occlusiva velare sorda /k/
dell'ie, in germanico comune si verifica la spirantizzazione delle occlusive sorde.
Anche per quanto riguarda i VERBI, si fa una distinzione tra verbi deboli e forti.
Il preterito dei verbi deboli si forma con il suffisso in dentale (che nelle lingue germ
moderne sarebbero i verbi regolari).
I verbi forti sarebbero quei verbi irregolari che formano il paradigma del preterito
cambiando la vocale radicale (sia in ingl che in ted moderni).
Altra caratteristica che ritroviamo è l'uso dell'allitterazione, una modalità di strutturare le frasi, molto legata alle lingue germ
antiche.
Altro elemento è l'ordine delle parole nella frase, perchè troviamo la tendenza a mettere il soggetto al primo posto e il verbo
alla fine. Quindi l'importanza del testo _____ (titolo?) è di essere una testimonianza significativa di una lingua germanica che
non può essere ascrivibile a nessuna lingua attestata e che però presenta già le varie lingue.
In un manoscritto relativamente posteriore troviamo una lista dei nomi delle rune, che manifesta un interesse antiquario per il
nome delle rune. Abbiamo poi delle iscrizioni molto più articolate, come ad esempio delle incisioni di strofa scaldica. Le rune in
alcuni casi venivano utilizzate anche in contesti cristiani.
PIETRA DI JELLING: pietra triangolare> fatta da un sovrano chiamato Harold Dente Blu, (>bluetooth, il cui segno è stato creato
sulla base dell'alfabeto runico). Vi sono diverse ipotesi per il dente blu (l’idea dei denti blu si dice fosse legata al fatto che
mangiasse molti mirtilli). Harold dente blu era un sovrano che accoglie e propone la cristianizzazione in Danimarca, e presenta su
questa pietra un disegno in cui c'è un'incisione con il trionfo del bene sul male con l’uccisione di un mostro e c’è anche la scena
della crocifissione. Nell'iscrizione runica c’è una parte in onore dei suoi genitori, il padre era stato definito come un feroce
persecutore dei cristiani, ed è importante perchè è l'inizio della storia della Danimarca che era stata già unificata sotto Gorm
(che fa un monumento funebre in onore della moglie tessendone le lodi in runico e si firma come sovrano della Danimarca)
viene nominata come uno stato indipendente. Si tratta quindi di una informazione anche storica sulla nascita della Danimarca
come stato autonomo.
Delle rune nell’aria scandinava, cioè del Futhark più recente, è importante leggere alcune strofe dell'Edda poetica, attraverso
cui vediamo quale poteva essere la valenza delle rune.
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Ci sono una serie di elementi che ci permettono di capire come queste lingue indoeuropee procedono per processi di
conservazione di tratti indoeuropei, ma anche innovazione. L’applicazione delle teorie genetiche viene applicata anche agli studi
linguistici. Quando parliamo di studio delle lingue, abbiamo 4 LIVELLI (fonologico- morfologico-lessicale e sintattico). Le
condivisioni di tipo morfologico e fonologico riconducono ad un’origine comune ed arcaica a differenza di quella lessicale che è
fatta di condivisioni lessicali che si evolvono nel tempo. Per quanto riguarda la sintassi vediamo che molte volte la struttura
sintattica si muove su un terreno un po’ più disagevole.
-LESSICO: esistono delle isoglosse lessicali che sono delle isoglosse indoeuropee
1) le isoglosse parentali, vengono tutte dall’indoeuropeo comune (PADRE, MADRE, SORELLA, FRATELLO quello che ci
interessa è la radice della parola perchè è una radice dell’indoeuropeo comune, mentre il resto è fatto di suffissi - se facciamo la
traduzione in inglese e tedesco possono essere diverse ma la radice indoeuropea è la stessa. (fratello = *bh labiale aspirata, che
diventa una f). Allo stesso tempo però c’è da dire che ogni lingua ha la sua specificità. Basta vedere che ad esempio le lingue
germaniche antiche e moderne presentano una differenziazione nell’indicare i parenti del ramo paterno e materno. Questa
distinzione di nomi di parentele viene fatta anche perchè abbiamo visto che ogni componente familiare ha delle diverse funzioni
che sono allo stesso tempo delle funzioni specifiche.
Ci sono quindi tutta una serie di ambiti lessicali che sono strattamente condivisi dalle lingue indoeuropea. E in questo ambito le
lingue germaniche occupano un posto accanto a quelle indoeuropee. Allo stesso tempo però quelle germaniche hanno delle
peculiarità (ci sono proprio delle coppie lessicali, dal punto di vista semantico, che derivano da ambiti differenti)
Nella coppia “PIEDE / MANO” vediamo che la parola piede nelle lingue germaniche ha una radice indoeuropea, la parola
mano è una parola che nelle lingue germaniche deriva da una radice esclusivamente germanica. Handus (gotico). Vediamo
che anche nel lessico si procede per conservazione ed innoazione.
Abbiamo prima preso in considerazione il verbo per “MANGIARE”. Se adesso prendiamo il verbo per “BERE (drink/ trinken)
anche qui c’è una radice che è esclusivamente germanica. “Trincare” in italiano (registro arcaico colloquiale) deriva dalle
popolazioni germaniche che sono state in italia. “Drincan” anglosassone antico, deriva dalle lingue germaniche antiche.
La parola per “NEVE” deriva dall’anglosassone “snaw” che però è riconducibile alla stessa radice a cui si rifà la parola
italiana. Mentre se pensiamo alla parola per “PIOGGIA” vediamo che è specifica delle lingue germaniche.
Questa commistione profonda tra il patrimonio comune di una lingua e le altre lingue deriva dall’idea di alcuni studiosi, i quali ci
dicono che le popolazioni germaniche sono nate dall’incontro di popolazioni indoeuropee che si sono insediate in territori di
popolazioni non indoeuropee (fenomeno di “sostrato” che previene l’insediamento di un’altra lingua). Questa idea di
commistione tra due culture diverse è stata estesa anche all’idea delle divinità (divinità legate alla vita rupestre e dall’altra gli asi
che sono divinità guerriere). Anche se queste teorie corrispondono ad una visione che tende a far tornare tutte le caselle al
posto giusto, in maniera riduttiva possiamo definirla “semplicistica”.
-Ci sono anche degli ambiti in cui le lingue germaniche sviluppano un lessico specifico, come per esempio quello del “MARE”.
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-Altro gruppo sul quale troviamo delle peculiarità del lessico germanico è la denominazione del “capo” ags: cyuning, ata:
chuning (colui che appartine alla stirpe). Per “stirpe” ci rifacciamo al gc: kunja (che deriva dal “generare” dell’indoeuropeo -
derivazione arcaica) – ags: cynn. vediamo quindi che la parola per “capo” deriva dalla parola per “stirpe”.
I nomi dei giorni della settimana sono una rappresentazione compatta che rimanda ad un contesto arcaico in cui i primi
contatti avuti tra queste popolazioni con il mondo latino (età pre-cristiana) è stata recepita dal mondo germanico e poi
conservata ed elaborata fino alle attestazioni scritte. Possiamo immaginare che ci sia stato un fenomeno di calco in fase
arcaica.
Indoeuropeo *reg- (radice per regalità)
Germanico comune *rik- (la e diventa i, questa forma si trova nelle lingue celtiche) indica la “regalità”. Questo ci fa
supporre che in un’epoca arcaica il concetto di re -concetto estraneo alla cultura germanica più arcaica- sia stato preso in
prestito dai celti, con cui i germani sono a contatto.
Troviamo anche una serie di prestiti dal LATINO soprattutto nelle lingue del germanico occidentale. Se noi troviamo delle
parole che appartengono ad un lessico di base (ambito della cucina) e sono anche parole che hanno subito dei
cambiamentifonologici specifici delle lingue germaniche atteste, possiamo presuporre che questi prestiti sono stati accolti
in una fase arcaica, ovvero prima che questa lingua subisse determinati cambiamenti.
ES Lat: “Caseus” (formaggio), abbiamo una forma dell’anglosassone che è “cēse” e una forma dell’altro ted. Antico che
è “kase”. (parola per “cacio”). Vediamo grazie all’esempio che questa parola è entrate prima che l’anglosassone subisse
determinate variazioni, ma possiamo anche immaginare che questo sostantivo denomina un cibo che non era noto alle
popolazioni germaniche. Altro esempio è “Ciliegie” rispetto al latino volgare che è “ceresia” abbiamo la forma
dell’anglosassone “cyrs” o “ciris” e dell’alto ted. Antico “Kirsia”. C’è un abbreviamento delle sillabe tipico delle
lingue germaniche. Presumibilmente queste parole sono entrate a far parte della lingua in una fase molto antica.
Dobbiamo anche datare questi cambiamenti che le lingue germaniche assumono, ma per farlo non abbiamo molti elementi
anche perchè abbiamo delle lingue ricostuite che sono sia l’idoeuropee sia il germanico comune. Tutte queste innovazioni però
sono delle attestazioni che avvengono in una fase in cui ancora non si ha una documentazione. Questo perchè prima che le
lingue germaniche diventassero anche lingue scritte, avevano davvero poche attestazioni (possiamo trovarle nelle leggi, in alcuni
autori latini che avevano avuto contatti con queste popolazioni). Anche per lo stesso Tacito che ha da sempre mostrato interesse
per queste popolazioni, ha avuto un interesse quasi nullo per quanto riguarda la lingua.
- Cesare parla di un animale, evidentemente tipico di quelle zone che chiama “alces”, questa parola è una parola latinizzata,
ovvero che viene adattata da Cesare.
- Tacito ci parla di un materiale trasparente chiamandolo “glaesum” che viene commercializzato (diventerà vetro nelle lingue
germaniche moderne, ma faceva riferimento anche all’ambra)
- Cesare ci parla di un certo combattimento che si tiene in un luogo che egli chiama “silva” (il bosco) e lo chiama “Silva Bācenis”
vediamo che in questo toponimo possiamo trovare la parola per il “faggio” (l’albero) perchè la parola per questo tipo di albero in
indoeuropeo è “Bhāgos” (la bh diventa una b semplice, la ā diventa una ō, le occlusive sonore diventano sorde, per cui nelle
lingue germaniche dalla parola per faggio deriva un’altra parola di uso comune che con il faggio ha a che fare molto alla lontana
bōk (libro, il legame è che si scriveva inizialmente su tavolette di faggio).
CONSONANTISMO
Sistema delle occlusive indoeuropee:
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ESEMPI: II COMMA
bh ƀ ie *bhrātēr got. brōþar “fratello”
dh đ ie *bhendh- got. bindan “legare”
gh ǥ ie *steigh- got. steigan “salire” / ie. *ghostis got. gasts “ospite”
N.B. Non subiscono la mutazione i nessi SP, ST, SK (occlusiva sorda preceduta da spirante).
Esempio: ie. *STER- germ. *STERNŌN ingl. Star ted. Stern
Sistema delle occlusive e fricative germaniche derivate dalla prima rotazione consonantica
Esistono quindi delle ECCEZIONI al primo atto, cioè quello che riguarda le occlusive sorde indoeuropee: queste non mutano se
sono precedute dalla sibilante s:
Inoltre, nei nessi consonantici (cioè quando si hanno due occlusive sorde contigue), muta solo la prima consonante:
cfr. ie *kaptos “preso” che diventa in got. hafts, dove è mutato solo il primo fonema del nesso -pt- (p f), mentre il secondo (t)
è rimasto invariato.
B. LEGGE DI VERNER l’eccezione più importante è comunque costituita dalla LEGGE DI VERNER: secondo questo studioso
danese, le occlusive sorde possono mutare in occlusive o fricative sonore secondo tre condizioni, ovvero se si trovano in:
1) posizione interna;
2) protosillabica (sulla prima sillaba);
3) ambiente sonoro (preceduta e seguita da vocale o da consonante sonora).
In tedesco la spirante bilabiale sonora esito della legge di Verner (che si conserva nell’ingl. seven), già in fase precedente la II
rotazione si occlusivizza ([β] > b, ted. sieben).
lat. septem > germ. sibun; in questo caso l’occlusiva sorda muta direttamente in sonora e non in fricativa proprio perchè
risponde alle tre condizioni rigorosamente applicate dal Verner.
Si prenda la parola ie. *pəter “padre”. In tale parola -t- si trova in ambiente sonoro (in quanto è tra due vocali) e non è
preceduta dall’accento (questo infatti cade sulla e che segue). Avremo quindi:
ie *pəter
germ.*faðar Inglese moderno: father
G.c.: *fadēr
Got.: fadar (dove d indica in realtà la fricativa sonora đ)
Ags.: fæder
A.t.a.: fatar
Sass.Ant.: fadar
Nord.Ant.: fađir
In germanico occidentale ð > d. Successivamente in tedesco, per la II rotazione consonantica, d > t (ted. Vater).
da ie. *dekṃ deriva un sostantivo astratto, con accentazione originaria sul suffisso
germ. *tiγus
Got.: tigus
Nord.Ant.: tigr
Ags.: –tig (ingl. -ty)
A.t.a.: -zug (ted. -zig), (usati come suffissi nella formazione dei cardinali per le decine=ing. twen-ty, ted. zwan-zig)
Sass.Ant.: –tig
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Nella forma del ted. Ohr, l’h è indicatore grafico della lunghezza della voc. rad., normale esito tedesco del dittongo germ. au
davanti a r.
Possiamo immaginare che si sia verificata prima la legge di Grimm (le occlusive sorde siano diventate fricative sorde) e poi la
legge di Vener (ulteriore passaggio nella sonorizzazione dei fonemi) e infine poi l’accento si fissa sulla prima sillaba.
In ie. era mobile e musicale mentre nella fase del ‘germanico comune’ diventa intensivo (pronunciato con maggiore espirazione)
e protosillabico (fisso sulla sillaba radicale). Si parla quindi di LINGUA RIZOTONICA. Il fissarsi dell’accento sulla sillaba radicale
causerà l’indebolimento delle sillabe finali, favorendo in tal modo la progressiva trasformazione della lingua da sintetica (lingua
flessiva con desinenze che danno informazioni sulla parola alla fine: sing, plur, nom, gen, dat…) ad analitica (le indicazioni sono
date da altri elementi, come es la posizione della parola nella frase, articolo, preposizioni ecc.) -stessa cosa per i sostantivi-
questo comporta una graduale semplificazione della morfologia.
Questo specialmente per quanto riguarda l’inglese, che ha avuto anche una dominazione straniera, è stata a stretto contatto
con altre lingue, è più duttile. Il sistema flessivo si conserva invece nel tedesco moderno.
Bisogna però specificare che quando parliamo dell’accento germanico (intensivo e protosillabico) normalmente la prima sillaba
coincide con la radice quindi possiamo dire che è intensivo e rizotonico (cioè cade sulla radice) nelle parole semplici, ma con
parole formate da un prefisso distinguiamo composti nominali e composti verbali.
Anglosassone: verbo for-béodan (vietare- forbidden) sostantivo fórbed (l’accento cade sulla prima sillaba)
I composti nominali sono più antichi, si sono formati prima che l’accento fosse protosillabico.
I composti verbali sono successivi quindi l’accento che era fisso sulla prima sillaba del verbo resta fisso li.
L’accento germanico è intensivo e protosillabico. Non sempre, dipende se si tratta di composti nominali o verbali.
L’indoeuropeo aveva sei vocali brevi (ă, ĕ, ĭ, ŏ, ŭ, ə), cinque vocali lunghe (ā, ē, ī, ō, ū) e sei dittonghi (ei, oi, ai, eu, ou, au). Nel
passaggio dall’ie al germ. si verifica un sincretismo in seguito ai seguenti cambiamenti:
ie. *ŏ > germ.*ă
ie. *ə > germ.*ă
ie. *ā > germ.*ō
ie. *oi > germ.*ai
ie. *ou > germ.*au
ie. *ei > germ.*ī
1) sviluppo di una vocale d’appoggio per le antiche sonanti indoeuropee (*esempio sotto)
2) confluenza dei timbri vocalici
3) passaggio della “e” che diventa “i” se è seguita da nasale + consonante (*e > * i + n k)
4) se abbiamo in indoeuropeo una sequenza data da vocale breve seguita da nasale + spirante velare, in germanico comune
noi avremo una vocale lunga perchè la nasale cade provocando un allungamento di compenso della vocale stessa. (la
nasale cade davanti a spirante velare in tutte le lingue germaniche).
5) ē 2: è un fonema di cui non possiamo individuare la radice, è un fonema di origine oscura. Vediamo anche che questo
fonema infatti non compare in gotico.
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ALTERNANZA GRAMMATICALE
Il dato più importante di Verner è il “coefficiente di sonorità”. Questa alternanza, all’interno di uno stesso paradigma verbale o
paradigma lessicale, tra fonema sordo e fonema sonoro, dà luogo al fenomeno di: “ALTERNANZA GRAMMATICALE” o
“polimorfia lessematica” cioè quando all’interno di uno stesso paradigma verbale o flessione nominale troviamo un
cambiamento fonologico che ha funzione morfologica.
ES: nell’anglosassone la parola per “giorno” è nominativo sing: “daeg” (day) / nominativo plr: “dagas”. C’è una diversa fonologia
che corrisponde anche a una diversa morfologia.
L’alternanza all’interno anche di uno stesso paradigma verbale o di una serie lessicale tra fonema sordo e fonema sonoro dà
luogo a questo fenomeno.
ESEMPI:
Ags. Fōt (nom. Sing)
la differenza fonologica corrisponde alla differenza morfologica.
Ags. Fēt (nom. Plur.)
Altra ALTERNANZA GRAMMATICALE può essere quella tra verbi forti e verbi deboli perchè:
1) verbi forti: presentano all’infinito l’accento sulla sillaba radicale (verbi primari);.
2) verbi deboli: presentano all’infinito l’accento sul formante
Es:
G.c. *naz-ja-an
Ags. Generian (salvare) Verbo DEBOLE (derivano da agg./sost./verbi forti)
[Neriand = il Salvatore]
Verbo: DIVENTARE
INFINITO PRETERITO PRETERITO PLURALE PARTICIPIO PRETERITO
i.e. *Wért- *Wórta *Wṛtamé la ṛ sviluppa la vocale d’appoggio u *Wṛtomós
g.c. *WerÞ *WarÞ *Wurð ð grafema dell’aspirante Sonora *Wurðamaz
ags. *WeorÞan WearÞ Wurdon Geworden
fenomeno di frattura
Anche l’ALTERNANZA tra fricativa sorda (th) e fricativa Sonora (ð) che in ags. diventa un’occlusiva Sonora (d).
Un’altra forma di ALTERNANZA GRAMMATICALE è il fenomeno del ROTACISMO:
La sibilante Sonora e la sibilante sorda (s/z) si rotacizzano e diventano r.
Il rotacismo lo troviamo anche nel paradigma del verbo essere dell’inglese modern (pret. Sing.= was – pret. Plur= were)
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SINCRETISMO DEI CASI: In indoeuropeo si avevano 8 CASI per individuare le diverse funzioni che la parola assumeva
all’interno della frase, mentre in germanico comune si hanno 4 CASI:
1. NOMINATIVO: caso del soggetto, nel quale confluiscono anche le funzioni del VOCATIVO dell’indoeuropeo.
2. ACCUSATIVO: forma del complemento oggetto.
3. VOCATIVO: invocazione
4. GENITIVO: si rifà al complemento di specificazione - appartenenza
5. DATIVO: scopo
6. ABLATIVO: origine
7. STRUMENTALE: compagnia, mezzo, causa
8. LOCATIVO: posizione nello spazio e nel tempo.
Il DATIVO finisce poi per prendere in sé anche le forme dell’ABLATIVO, LOCATIVO e STUMENTALE, mentre il VOCATIVO
confluisce nel NOMINATIVO.
FLESSIONE DEL VERBO troviamo solo la distinzione tra presente e passato che chiamiamo “präteritum” (preterito). Non
c’è il futuro (vediamo infatti che nelle lingue germaniche moderne le forme per formare il futuro sono sempre forme
perifrastiche, ovvero forme che si sono create in una fase successiva della lingua). Nelle lingue germaniche antiche il
futuro viene espresso o con il presente, magari connotato con un’indicazione temporale (domani vado…), o iniziamo a
vedere delle forme perifrastiche perchè c’è l’idea del verbo servile (dovrò fare questa cosa).
DOPPIA FLESSIONE DEGLI AGGETTIVI Caratteristica delle lingue germaniche antiche, abbiamo un medesimo aggettivo che
può essere flesso alla maniera forte e debole (dicitura che ci deriva da Grimm) ovvero segue due diverse flessioni
morfologiche. Ha diverse desinenze. Questo perché l’aggettivo può avere due versioni sintattiche diverse, l’aggettivo che
flette alla maniera debole non ha bisogno di connotare in maniera forte il sostantivo perché c’è qualcos’altro che può farlo
(articolo dimostrativo per esempio):
Quella forte viene utilizzata quando l’aggettivo non è preceduto da alcun elemento dimostrativo.
Quella debole si adatta a tutti gli altri casi.
-FLESSIONE DEBOLE E FORTE DEL VERBO: anche questa è una distinzione che tutt’ora troviamo nelle lingue germaniche
moderne.
VERBI GERMANICI
Nel passaggio dall’indoeuropoeo al germanico comune l’aspetto della coniugazione verbale, quella che prevede modo, tempo,
persone... si semplifica moltissimo.
Il verbo ha:
1) aspetto: definisce la qualità dell’azione, ovvero se l’azione è duratura, è ripetuta... (l’imperfetto in italiano per esempio)
2) diatesi: se l’azione è attiva o passiva. Nelle lingue indoeuropee la differenza si fa tra azione attiva e azione medio-passiva.
Nel germanico invece abbiamo solo la diatesi attiva.
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Nelle lingue germaniche antiche questa struttura così articolata in realtà è molto semplificata, in quanto:
1) Aspetto: viene assolutamente messo da parte, possiamo trovare dei prefissi che indicano la diversa qualità dell’azione.
2) Diatesi: abbiamo detto che esiste solo la diatesi attiva.
3) Modo: abbiamo l’indicativo, l’imperativo, mentre congiuntivo e ottativo finiscono per cofluire in un unico modo.
4) Tempo: c’è una sola opposizione tra presente e passato. Non esiste il future vediamo infatti che anche ora nelle lingue
moderne il futuro è affidato a forme perifrastiche oppure l’uso del presente avvalora un’azione futira in quanto è
sottolineato da una mutazione temporanea (domani vado).
5) Numero: abbiamo solo la categoria del singolare e del plurale, mentre la categoria del duale è molto circoscritta a casi
molto specifici.
SINGOLARE E PLURALE: desinenze dell’anglosassone sono uniche.
TEMPO: presente e preterito
MODO: indicativo, imperativo, congiuntivo
DIATESI: attiva
A livello di morfologia invece, i verbi germanici procedono per un fenomeno di CONSERVAZIONE E INNOVAZIONE rispetto
all’indoeuropeo. Si conservano i cosi detti:
1) VERBI FORTI: formano ilparadigma, cambiando la vocale radicale. Questo cambiamento si basa sul fenomeno che viene
chiamato “FENOMENO DI ALTERNANZA APOFONICA”
2) VERBI DEBOLI: sono quelli che non cambiano la vocale radicale, ma formano il preterito, apponendo un suffisso in dentale.
APOFONIA: L’apofonia è il mutamento regolare di certe vocali in parti di parole etimologicamente connesse. In una stessa radice
la vocale si può presentare con un timbro o una lunghezza differente, distinguendo così voci semanticamente connesse.
Esempio:
lat. fīdus foedus fĭdēs ingl. song, sing, sang, sung
ī < *ei oe < *oi ĭ < *i
Qui l’alternanza vocalica risulta: *e / *o / ‐‐
I due tipi di apofonia possono coesistere nello stesso gruppo vocalico o serie apofonica.
In base all’alternanza quantitativa, entro una serie si distinguono i seguenti possibili gradi apofonici:
Il grado normale di una serie apofonica può essere rappresentato da una vocale breve o lunga.
Si parlerà allora di:
1) serie apofonica a vocale breve
(gradi possibili: normale – zero – allungato);
2) serie apofonica a vocale lunga
(gradi possibili: normale – ridotto).
Il germanico utilizza l’apofonia in ambito lessicale e morfologico, soprattutto nel sistema verbale.
VERBI FORTI
Abbiamo 6 classi di verbi forti che sono verbi primari: derivati, cioè, direttamente da radici verbali, formano il paradigma
(infinito/presente, preterito singolare, preterito plurale e participio preferito) in base a variazioni apofoniche della vocale
radicale. Sono effettivamenti dei verbi cosiddetti PRIMARI, cioè verbi che individuano le azioni primarie nella vita dell’uomo
(bere, mangiare, andare). Costutuiscono una classe chiusa, ovvero non accettano voci di prestito. L’unica voce di prestito che
entra nelle lingue germaniche antiche è la voce “scrīban” (verbo dell’alto tedesco antico che deriva dal latino “scrivere” e che
viene associato ai verbi forti di prima classe). Questo “scrīban” viene associato alla stessa classe dell’anglosassone “wrītan”
(incidere) perchè l’azione dello scrivere è considerata comunque un’azione primaria. È una classe che progressivamente tende
ad indebolirsi sempre di più, alcune voci finiscono per passare nei verbi deboli.
Sono considerati irregolari perchè cambiano appunto la vocale radicale, sono dei verbi apofonici.
In base alle serie apofoniche presenti, si distinguono convenzionalmente sette classi, l’ultima delle quali, però, raggruppa
alternanze apofoniche differenti e non omogeneamente rappresentate in tutti gli ambiti linguistici del germanico.
1) PRIMA CLASSE
La vocale in apofonia è unita alla semivocale palatale e si registra un’alternanza tra grado normale
(e) all’infinito/presente, grado forte (o) al preterito singolare e grado zero al preterito plurale e al
participio preterito.
inf. pres. pret. sg. pret. pl. part. pret.
g.c. *ī *ai *-i *-i
2) SECONDA CLASSE
La vocale in apofonia è unita alla semivocale velare e si registrano le medesime alternanze della prima classe.
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Esempi
a) (ingl. nim †, ted. nehmen) «prendere»
Se questa alternanza la spieghiamo a livello di germanico comune dobbiamo dire che la:
1) E = resta immutata
2) La O > A
3) Abbiamo sempre il grado 0.
La 4-5-6 CLASSE sono caratterizzate anche da un’alternanza qualitativa e non solo quantitativa.
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Nei verbi deboli l’innovazione è l’uso di un suffisso in dentale per formare il preterito. I verbi deboli costituiscono una classe
aperta, derivano da radici nominali (aggettivi e sostantivi) o da verbi ‘forti’. Nel paradigma del verbo debole la vocale radicale
rimane invariata. Per la formazione del preterito e del participio preterito viene aggiunto al tema (radice + suffisso tematico) un
suffisso in dentale (caratteristica che possiamo trovare anche nella lingua moderna) e sono derivati attraverso dei FORMANTI.
-Sulla base dei formanti, quindi in base al suffisso tematico, individuiamo 4 CLASSI di verbi deboli:
I classe: -ja- germ. *full-ja-n(an) got. fulljan ags. fyllan ata. Fullan
II classe: -ō- germ. *fisk-ō-n(an) got. fiskōn ags. fiscian ata. Fiskōn
III classe: -ē- germ. *habē(ja)n got. haban ags. habban ata. Habēn
(IV classe: -na-/-nō- attestata solo in gotico)
Esempi di paradigmi:
1) TEORIA ANALOGICA: dice che si tratta di un’estensione analogica dalla forma del suffisso per il participio preterito. (lat:
participio preterito del verbo “amare” = AMA-TUS).
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-Piccolo gruppo di verbi deboli di prima classe che formano il preterito senza che il formante si attacchi alla radice. E questo
provoca dei cambiamenti a livello consonantico. Questi verbi presentano un cambiamento tra l’assetto del presente e quello del
preterito che ancora oggi è presente nelle lingue germaniche moderne. Sono quei verbi come il verbo per “pensare – comprare
– cercare”. Hanno il suffisso in dentale ed è per questo che vengono classificati in verbi deboli.
i.e. tang
g.c. Pank-ja-n *Pank-t ht=*panhto *pahto
Ags. Pencan Pōhte (preterito)
-VERBI ATEMATICI*: sono quegli antichi verbi indoeuropei che si conservano nelle lingue germaniche antiche e anche in quelle
moderne che formavano il paradigma unendo direttamente alla radice le desinenze senza alcun elemento formante. Sono verbi
senza tema, proprio come ci dice la dicitura. Nelle lingue germaniche antiche questi verbi sono pochi, ma descrivono degli ambiti
fondamentali (verbi: essere, volere, andare, fare)
ESSERE
Abbiamo parlato del verbo essere che forma in modo atematico l’accezione del presente con queste due radici:
i.e. *es-/s-
*bheu-
Dobbiamo ricordare anche che in inglese la forma del plurale non deriva dall’anglosassone che aveva “Sindon” ma deriva dalla
forma del Nordico antico “ero”:
Ags. Sindon
Nordico ant. Ero
Questo fa capire come due lingue affini che condividono una radice comune possano avere dei fenomeni di prestito anche in
ambiti che non sono legati al lessico (?), come il verbo essere, il pronome personale e quant’altro.
Questo verbo l’abbiamo visto nelle lingue del germanico moderno, nell’inglese moderno ad esempio (to do).
Indicativo:
Questa modalità di formare il Preterito attraverso il raddoppiamento è specifica del verbo FARE che noi troviamo nelle lingue del
Germ. Occid.
Perciò il suffisso in dentale che noi poniamo nei verbi deboli, potrebbe derivare da una forma di assimilazione di un’antica forma
perifrastica secondo la quale il Preterito è formato da una forma lessicale e il preterito della forma per “fare”. Quindi questo
raddoppiamento della dentale ha portato, negli anni, ad una considerazione: che il suffisso in dentale potrebbe derivare da
questa forma.
ANDARE
Un altro verbo che ha questa peculiarità, perché ha un’azione atematica è il verbo dell’ags per “andare”:
Gangan = andare (un’altra forma del verbo che ha un raddoppiamento della radice, è considerato il verbo dell’indicativo)
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L’anglosassone però presenta anche una peculiarità perché il Preterito, in questo caso, ha la forma Eode che potrebbe essere
assimilata alla forma del gotico Iddja. Possiamo immaginare che queste due lingue abbiano un patrimonio in comune e che
abbiano scelto delle strade parallele.
La cosa interessante è che anche nella lingua moderna il passato del verbo per “andare” è formato da una forma di un altro
verbo (dal verbo Welcan (?) che vuol dire girare, volgersi)
VOLERE
Anche il verbo per volere si forma attraverso una unione della radice direttamente con la desinenza.
Da queste radici noi abbiamo tutte le derivazioni che cambiano a seconda delle lingue germaniche:
got. Wiljan
nord ant. Wilja (suffisso -ja dell’antico ottativo)
ags. Willan *weljan
ata. Wellen *waljan
-VERBI MODALI-
Imitano un’azione che è avvenuta nel passato e ha effetto nel presente.
In germanico i verbi perfetto presente e preterito presente, formano comunque un preterito perché sviluppano la necessità di
formarlo. E per formare il passato hanno il suffisso in dentale.
In alto tedesco antico abbiamo una vocalizzazione e una mutazione consonantica (in inglese moderno esiste come forma
arcaica).
Verbo che deriva dalla radice dell’indoeuropeo (quella che troviamo dal verbo latino „cognosco“ -conoscere) il significato quindi
è “accorgersi con l’intelletto”.
Se pensiamo al passato della lingua moderna “Could” abbiamo una liquida che non pronunciamo (l), la liquida è etimologica. In
inglese moderno presenta un aspetto grafico che è stato manipolato per analogia con le altre forme.
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Anche qui troviamo il vocalismo dell’anglosassone che si palatalizza, al preterito la a diventa ea.
Questi due verbi (Mæg e Mōt) nella forma dell’ags hanno una progressiva evoluzione semantica, cioè il primo cambia dal
significato da “avere la capacità di” a, progressivamente (nel 1500/1700), assumere anche la forma di qualcosa che
eventualmente può accadere e quindi il significato di “avere il permesso di”. Mentre il secondo verbo passa da “avere il
permesso di fare qualcosa” a scontrarsi con la valenza semantica di obbligo, cioè “devo fare questa cosa”.
-VERBI PRETERITO PRESENTE: sono dei verbi che avevano un antico aspetto di preterito nell’indoeuropeo perchè indicano
un’azione che, compiuta nel passato, ha effetto sul presente (verbo vedere dal greco “io ho visto quindi so”). Utilizzano il
suffisso in dentale e nella lingua moderna questi sono i verbi modali o verbi servili.
-VERBO ESSERE: in realtà in tutte le lingue indoeuropee forma il paradigma utilizzando più radici. Ha una flessione che viene
detta eterotica (utilizza più flessioni) o flessione suppletiva (ha bisogno sempre di più radici).
Originariamente queste radici hanno dei significati diversi, anche se si stratta di sfumature di significato.
(Questo plurale viene sostituito dalla forma del Nord. Ant. “ero”)
Questo prestito è possibile perché infondo entrambe queste lingue appartengono ad una radice comune, la quale consente l’uso
di prestiti che normalmente non sono consentiti.
Il verbo ESSERE al preterito sviluppa dalla radice “wes” e dà luogo ad un VERBO FORTE DI 5 CLASSE (alternanza vocalica sia
qualitativa che quantitativa, e si combinano con tutte le consonanti che non sono né liquide né nasali.)
Abbiamo detto che dal passaggio dall’indoeuropeo al germanico comune c’è una semplificazione significativa della lingua che è
nella struttura morfologica, si indeboliscono le sillabe finali.
Se in indoeuropeo avevamo il Nominativo e il Vocativo, in germanico comune abbiamo soltanto il Nominativo, l’accezione del
vocativo viene assorbita dal nominativo.
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Nella forma del Dativo del germanico comune confluiscono anche le funzioni che nell’indoeuropeo erano affidate all’Ablativo, al
Locativo e allo Strumentale.
Vediamo per esempio la parola del g.c. Gastiz: abbiamo la radice Gast (che deriva dall’ie Ghost)
G.c. Gast-i-z (-i= suffisso tematico che indica l’appartenenza ad una classe e -z=desinenza che ci sindica genere, numero e caso)
ie. Ghost-
Ata. Gast (spariscono il suffisso e la desinenza)
Ags. Giest
Se guardiamo le lingue germaniche moderne notiamo che c’è un progressivo passaggio da una lingua flessiva (in cui le
informazioni morfologiche sono attaccate alla parola) ad una lingua analitica (in cui l’informazione morfologica e sintattica è
data da altri elementi come un articolo, la posizione della parola all’interno della frase ecc.).
Ie. *Wḷp- ŏ -s Lat. Lup-u-s Ie. Uṛdh-ŏ-m Lat. Verbum Ie. *Wḷn-ā Lat. Lana
G.c. *Wulf-ǎ-z g.c. Wurđ-ǎ-n G.c. Wullō
Got. Wulfs Ags. Word Ags. Wull
Ata. Wort Ata. Wolla
Le lingue germaniche antiche riprendono la struttura morfologica dell‘indoeuropeo ma presentano dei cambiamenti fonologici,
per cui abbiamo una flessione vocalica (detta flessione forte – Grimm) in ǎ (a breve) per il maschile e neutro e ō (o lunga) per il
femminile.
Questa discrepanza con il vocalismo anche del latino e delle lingue romanze è determinata da quel cambiamento delle vocali
(anche per noi la vocale o spesso caratterizza i nomi maschili e la vocale a quelli femminili), il sincretismo delle vocali lunghe e
brevi nel passaggio dall’ ie al germ com.
Grimm parla di flessione forte dei SOSTANTIVI ma anche di una flessione debole che è da individuare nella flessione in nasale. A
livello di ie le lingue formano i sostantivi attraverso dei suffissi vocalici e suffissi consonantici (tra cui quello in nasale).
SUFFISSI CONSONANTICI:
1. ESEMPIO: “Uomo”
Troviamo un sostantivo che significa uomo (uno dei tanti sostantivi che utilizzano per indicare l’uomo), attestato in tutte le
lingue germaniche che però poi si perde nelle lingue moderne. Anche qui abbiamo una flessione che si forma con desinenze
diverse e con il formante in nasale, le lingue germaniche creano una flessione che può essere detta debole (nasale) che
possiamo considerare una innovazione delle lingue moderne, difatti, esiste anche in indoeuropeo ma nelle lingue germaniche
antiche si espande...
2. ESEMPIO: “Cuore”
Ricapitolando: abbiamo una flessione forte e una debole distinte da Grimm, la flessione forte è quella vocalica, quella debole è la
flessione in nasale, considerata una innovazione.
Anche in questo caso le lingue germaniche operano una semplificazione.
-SOSTANTIVI ATEMATICI-
Anche qui le varie informazioni si attaccano direttaqmente alla radice, non c’è il formante.
Parliamo dei Plurali Irregolari:
Man (uomo) pl. Men
Foot (piede) pl. Feet
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Questi tipi di plurali non sempre si conservano, per esempio noi abbiamo anche la forma: *Bōk Bōk-iz
Mentre nell’inglese moderno abbiamo un plurale regolare per Book. In tedesco invece abbiamo l’umlaut.
Questa dinstinzione tra flessioni forti e deboli la troviamo anche nella Flessione dell‘aggettivo.
Le lingue germaniche antiche presentano una doppia flessione dell’aggettivo a seconda che debba connotare direttamente il
sostantivo e quindi non è preceduto da alcun elemento determinativo oppure se non abbia il compito di connotare il sostantivo.
1. „Dieser gute Wein“ (qui abbiamo un elemento determinativo, il pronome dimostrativo „questo“, la desinenza forte è
quella del pronome, perciò abbiamo una desinenza debole per l‘aggettivo)
2. „Ein guter Wein“ (qui dobbiamo avere una desinenza forte perchè c’è un articolo indeterminativo)
Ricapitolando: dal punto di vista morfologico la flessione forte segue in parte la flessione del sostantivo forte e in parte la
flessione del pronome, mentre la flessione debole regge la flessione del sostantivo.
Le lingue germaniche antiche si rinnovano anche nella morfologia del nome e le innovazioni riguardano la struttura della
flessione (da 8 casi dell’ie arriviamo a 4 casi) poi, per quanto riguarda il sostantivo, l’innovazione riguarda soprattutto la flessione
debole in nasale che si sviluppa in modo autonomo rispetto all’ie, per quanto riguarda l’aggettivo, abbiamo questa doppia
flessione forte/debole che è un elemento tipico delle lingue germaniche antiche.
In tedesco ancora abbiamo la distinzione tra una flessione forte e una debole, a livello di Germ. Com. e di Ags, abbiamo la stessa
cosa: lo stesso aggettivo viene flesso alla maniera forte se non è preceduto da un elemento determinativo, oppure alla maniera
debole se è preceduto da art determinativo, pronome o agg dimostrativo ecc. e anche quando l’agg è al grado comparativo.
Se noi pensiamo all’inglese moderno, vediamo come forma il comparativo ed il superlativo, noi possiamo fare una distinzione tra
una Modalità Sintetica (prevede un suffisso all’aggettivo) e una Modalità Analitica (prevede un elemento avverbiale prima
dell’aggettivo).
Nell’inglese moderno si differenziano per tipo monosillabico (può accogliere una desinenza e un suffisso) e polisillabico (prevede
una modalità analitica).
Troviamo anche forme come: “Most beautifullest” in cui le troviamo entrambe. Questo perché c’è una coesistenza delle due
forme che finisce per sistematizzarsi nella lingua moderna.
Nella fase iniziale della lingua la modalità era quella Sintetica. Questo perché parliamo delle lingue germaniche antiche che
derivano dall’indoeuropeo, si passò quindi da una lingua sostanzialmente sintetica a una sostanzialmente analitica.
Suffissi con cui l’aggettivo forma il comparativo e superlativo: Gc. *-isan (comparativo) / *-ista (superlativo)
g. occ. Ir- (questo suffisso presenta una vocale palatale che provocano una metafonia palatale – che si ha con modalità diverse
nelle varie lingue germaniche antiche.)
Accanto a questo suffisso che deriva dall’indoeuropeo, noi troviamo nelle singole lingue germaniche un altro suffisso:
Gc. *osan / *osta (La vocale o non provoca cambiamenti così prorompenti come quelli della vocale palatale)
G occ. *oran
La distribuzione di questi aggettivi cambia di lingua in lingua, se ci limitiamo all’area del Germ. Occ., abbiamo ad esempio:
Aggettivo “Arm” (Povero)
In inglese abbiamo “elder” (il più anziano) quindi questa forma, percepita come anomala, resta come variante semantica.
Le lingue germaniche antiche quindi presentano una doppia modalità sintetica per formare comparativo e superlativo,
attraverso il suffisso e la vocale palatale che può provocare metafonia e attraverso una modalità in “o” che non porta metafonia.
Gruppo di aggettivi che hanno comparazione “SUPPLETIVA”: possiamo considerarla, dal punto di vista semantico, una isoglossa
dell’indoeuropeo che si mantiene ancora anche nelle lingue germaniche moderne: (la comparazione il superlativo si formano da
un’altra radice)
In tedesco il concetto di “Piccolo” è dato dall’aggettivo “Klein” “Clean” (in inglese indica il “puro”)
Nell’inglese moderno ci sono dei plurali che presentano la nasale, che in origine derivano dalla flessione nasale. In questa fase in
cui l’inglese non è più la lingua delle corti ma è il francese, è come se si mescolassero le carte e vediamo che nei dialetti
dell’inglese medio, questa distinzione tra plurale in sibilante e plurale in nasale non è più morfologica ma diventa una distinzione
dialettale (in determinate aree prevale una in altre prevale l’altra).
FLESSIONE PRONOMINALE
Quando parliamo di pronomi parliamo di:
Il pronome delle lingue germaniche antiche è sostanzialmente conservativo, rispetto all’indoeuropeo. L’unica innovazione è la
formazione di un nuovo pronome dimostrativo (che finisce per diventare un articolo determinativo).
PRONOMI PERSONALI
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*È dalla forma obliqua che abbiamo la forma del nostro inglese moderno (You)
C’è anche una distinzione di genere tra Maschile, Femminile e Neutro. Ci sono delle peculiarità che riscontriamo nel passaggio
dall’Ags all’inglese moderno.
Normalmente prendiamo la radice del G.c. e vediamo come questa radice cambia nelle altre lingue, per quanto riguarda questa
parte pronominale, ci sono più radici rispetto alle quali le lingue germaniche scelgono in maniera diversa.
PRONOME MASCHILE
PLURALE
Nelle lingue del germanico occidentale, già rispetto al nordico e al gotico, il plurale ha un’unica forma. (gotico e nordico
presentano 3 forme diverse per M, F e N di plurale).
Ags. Hie A.t.a. Siu Sass. Ant. Siu Nord. Ant. Ϸeir
Ϸeira
Ϸeim
Ϸa
I prestiti del Nordico antico, cioè quel contatto stretto che le popolazioni Anglosassoni hanno avuto con il mondo nordico, inizia
a dare dei riscontri.
- I testi del periodo medio, nei dialetti settentrionali, cioè di quelle regioni nelle quali il contatto con il mondo nordico era stato
più intenso, iniziano a dominare le forme pronominali della III per plurale con l’aspirante dentale.
- Nelle zone meridionali, zona che sarebbe diventata poi quella del sassone occidentale, continuano a esserci le forme con la
aspirante velare.
In un autore come Chaucer (quindi siamo già in una fase abbastanza avanzata) c’è una sorta di sistematizzazione di questa
situazione, per le forme oblique tende ad utilizzare delle forme con l’aspirante dentale, e invece per le forme del nominativo e
accusativo utilizza le forme con l’aspirante velare. Quindi noi siamo in grado di vedere come, nella documentazione di questi
anni, progressivamente il prestito del pronome personale di III persona si espande e prova la sua espressione nell’inglese
moderno.
Possiamo dire quindi che l’inglese accoglie dei prestiti anche in aree semantiche non soggette a prestiti, ma lo accoglie da quella
che è comunque una lingua germanica, quindi in qualche modo individua un’identità comune.
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La forma dell’inglese moderno That era l’antico pronome dimostrativo (che diviene articolo determinativo) del neutro singolare
Ϸæt.
PRONOME INTERROGATIVO
PRONOMI NUMERALI
1 ie. *Oen gc. Ainar ags. Ān A.t.a. Ein ( si usa anche per indicare l’articolo indeterminativo)
2 Duo Twa Twegen Zwene
Per formare i numerali composti abbiamo un suffisso che si aggiunge al numero 1 al 2…
11 Ein- lif 12 Twe-lif … … (-lif vuol dire “lascio”) (es. In Ags abbiamo Ān-leowan)
Dal 13 al 19 sono i cosiddetti “composti copulativi”, il nemero 3,4,5, seguito dalla decina:
NUMERALI CARDINALI
PRIMO ie. Pr g.c. fur (al quale si aggiunge un suffisso fisso per indicare il primo in assoluto) ags fyust
LA LINGUA INGLESE
Il lessico dell’inglese: partendo dall’inglese moderno siamo in grado di individuare i contatti culturali che Angli, Sassoni e Iuti
hanno intrecciato sia nel periodo dell’antico inglese che in quello dell’inglese medio.
Nel 700/800 con il colonialismo inglese si è diffusa la lingua anche in aree lontane dall’Europa, nell’area orientale, in India, Asia,
Pakistan ecc. E anche negli Stati uniti, l’inglese americano è diverso da quello parlato in Inghilterra ma è arrivato ovviamente
anche li.
Per quanto riguarda il sostrato celtico che Angli, Sassoni e Iuti trovano sull’isola, vista la supremazia culturale dei Germani, di
celtico resta ben poco. La parte più conservativa di una lingua sono i TOPONIMI (i nomi dei luoghi) il nome del Tamigi per
esempio è di origine celtica, London, Dover, sono tutti di origine celtica.
Abbiamo anche degli IBRIDI, ad esempio rispetto al Castra latino (un accampamento) troviamo riscontri nei nomi moderni, molti
toponimi inglesi hanno la finale “-cester” che deriva proprio dal castrum latino.
Questi ibridi si possono avere anche tra l’anglosassone e il celtico, ad esempio: Canterbury burg (y) in anglosassone indicava
la rocca, il luogo fortificato posto in alto.
In Inghilterra abbiamo un toponimo come Chet-wood (sia Chet -in celtico- che Wood – in anglosassone- indicano il bosco) si
finisce per ripetere la stessa parola nelle due lingue che si incrociano.
Rice, il sovrano, deriva dal celtico, così come la parola anglosassone “iserm” per “ferro” ma sono prestiti che arrivano ancora
prima, non sono legate al contatto di Angli, Sassoni e Juti con i Celti dell’isola.
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Anche per il latino dobbiamo distinguere più livelli, ci sono dei prestiti che penetrano nelle lingue germaniche già dai primi
contatti tra il mondo latino e quello germanico, ad esempio la parola per “vino”, per “formaggio” (caseus), l’antichità di questi
prestiti ci viene sottolineata anche dal fatto che queste parole finiscono per seguire l’evoluzione fonologica della lingua d’arrivo.
Abbiamo per esempio in latino la parola per “Strata” in anglosassone è “Stræt” (la a si palatalizza esattamente come si
palatalizza quella del germanico). Muro Muras
Parole legate alle costruzioni o al cibo in cui i latini erano più avanti rispetto ai germanici, sono tutte parole che derivano da
parole latine.
Parole legate al contesto religioso invece, dobbiamo immaginare che siano parole che entrano in anglosassone quando si ha la
Cristianizzazione, si tratta di parole che definiscono non i concetti del cristianesimo (per i quali gli anglosassoni tendono a creare
dei calchi o a fare delle trasposizioni semantiche, tendono a utilizzare un vocabolario autoctono cambiandogli significato:
ESEMPIO la figura di Cristo viene desunta dal lessico eroico:
Hlaford Lord deriva dalla forma *Hleaf-weard colui che distribuisce il pane.
Dio “Drohtin” è il capo della schiera, ci riferiamo al Comitatus.
I discepoli sono chiamati “Ϸegn” i componenti guerrieri che appartengono al Comitatus.
Nella poesia anglosassone ci sono una serie di figure retoriche che vengono utilizzate, troviamo definizioni tipo:
Questa annotazione la troviamo nel Beowulf, ma anche in contesti cristiani in cui diventa appellativo di Cristo ma si riferisce al
tesoro celeste, la salvezza dell’anima.
I termini di riferimento hanno dei punti di contatto: il legame che si instaura tra il capo del Comitatus e la sua schiera è basato
anche sulla ricompensa attraverso doni e il sostentamento nella vita quotidiana.
Anche tra Cristo e i suoi discepoli c’è un rapporto di fedeltà, di devozione.
Huldi che è la ricompensa che il capo del Comitatus dà alla sua schiera, può essere inteso anche come la grazia che
Dio dà ai suoi fedeli.
Anche Satana è rappresentato come un capo, ma un capo cattivo, che utilizza i valori del Comitatus in modo negativo.
I prestiti che noi troviamo attualmente definiscono oggetti del culto o luoghi in cui avviene il culto:
- Lucifero viene definito in ags. Leoht berend (colui che porta la luce)
- Misericordia la parola per misero e per cuore: Milde-heort (cuore misericordioso) oppure Eorm-heort
- Eal-weoldond dominare, amministrare, comandare (colui che può tutto)
- Pagano “pagus” è la regione di campagna, i Pagani sono gli abitanti delle regioni di campagna, in ags abbiamo la
parola HæϷen.
Per quanto riguarda i contatti con il mondo Scandinavo (che sono i primi che arrivano, si stanziano, combattono contro singoli
stati ecc.), questi contatti avvengono per tutto il periodo anglosassone. In questo caso c’è la dominazione culturale degli
Anglosassoni (che praticavano la scrittura, erano Cristiani, avevano un’organizzazione culturale diversa dai Pagani Scandinavi).
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Questi prestiti agiscono nella lingua parlata, in quello strato di popolazione che non ha la lingua scritta, ci sono degli scambi,
riferimenti Onomastici: ci sono anche nomi scandinavi tra famiglie germaniche.
Ci troviamo in contesti di parole che non sostituiscono concetti, c’è un tipo di lessico diverso. Solitamente si hanno dei prestiti
quando in una lingua non abbiamo parole adatte a denominare un determinato concetto.
Se noi vediamo però i prestiti che vengono dalle lingue Scandinave, sono prestiti diversi.
Ad esempio: Sister nella lingua moderna abbiamo in ags. Sweostor; in nord. Ant. Syster (letto /siuster/); g.c. Swester
Possiamo trovare sia forme come “Suster” che forme come “Swrister” che consideriamo varianti dialettali, poi però prevale la
forma derivata dall’anglosassone.
Parole come Uovo e Occhio che in inglese moderno sono “Egg” e “Eye”, la forma dell’anglosassone per Occhio era “æge”
(abbiamo quindi una velare che si palatalizza, quindi Eye deriva dall’ags) mentre per Uovo in ags era “ǣg” (se oggi non si
conserva la velare è perché deriva dalla forma non palatalizzata che era la forma Scandinava).
C’era spesso confusione tra queste due parole, nel periodo medio in Inghilterra le parole potevano essere pronunciate o
seguendo le regole fonologiche scandinave o seguendo quelle anglosassoni, esiste un aneddoto che racconta di alcune vicende
avvenute in un’osteria in un luogo del Tamigi in cui dei marinai e chiedono delle uova ma non venivano capiti dall’oste, che li
considera addirittura francesi.
Anche tutte le parole come Get - Gift - Give dove non abbiamo la palatalizzazione della velare, sono tutte parole che derivano
dalla forma scandinava.
Esempio: in Ags. Giefan / inglese medio. Ievan
Parola originaria anglosassone “Evil” finisce per essere circoscritta in un ambito più generico Nordico antico: Illr (cattivo
generico, ha una valenza morale più circoscritta)
In anglosassone Dream (letto /dream/) non indica il sogno ma la gioia, una sensazione di benessere, quell’armonia sociale che si
instaura all’interno della corte, la condivisione di valori, di intenzioni (in Beowulf è dream leaf, cioè privo di questa gioia).
In nord. Ant. Draum significa invece sogno.
In inglese quindi si conserva la forma fonologica dell’ags. ma si prende la valenza semantica dal nordico antico.
Nor. Ant. Vindauga (vind: vento; auga: occhio) ags. EagϷyral (letto /eagdiurel/, anche qui c’è la parola per occhio però è
riferito più all’apertura dell’occhio) in inglese diventa Window.
Nel 1066 c’è la battaglia di Hastings. Viene fatto questo “Arazzo di Bayeux” prodotto dai Normanni (i vincitori della battaglia),
che rappresenta tutta la spedizione dei Normanni in Inghilterra, dove c’è un vuoto di potere, perché è sempre più vessata dalle
invasioni Vichinghe, chiede aiuto anche ai vicini normanni con cui ci sono rapporti di parentela, finché Guglielmo il
Conquistatore, alla morte del sovrano di Inghilterra, ritiene di essere il suo legittimo erede, questa richiesta non viene accolta e
si va allo scontro armato.
(L'arazzo di Bayeux è un documento storico unico: narra i principali episodi che hanno permesso al duca di Normandia,
Guglielmo detto il Bastardo (in quanto figlio naturale del duca Roberto e della figlia di un conciatore di pelli) di conquistare il
trono d'Inghilterra e di diventare Guglielmo il Conquistatore.)
Il sovrano anglosassone si era trovato a dover combattere a nord con una popolazione svedese di origine scandinava e ad
Hastings fece questa battaglia, Guglielmo riesce a ottenere il dominio dell’Inghilterra e questo porta poi ad una situazione di
caos, perché la classe dirigente non ha più potere, è stata anche decimata sul campo di battaglia, quindi in poco tempo
Guglielmo il conquistatore riesce a mettere a capo delle più alte cariche ecclesiastiche tutte le persone appartenenti al proprio
entourage, quindi tutti parlanti lingua di origine romanza e questo comporta una imposizione in Inghilterra del Francese
Normanno.
La lingua ufficiale quindi diventa il Normanno, la parte dirigente parla soprattutto Francese, c’è una condivisione di un
bilinguismo che riguarda soprattutto le classi medie (le classi popolari continuano a parlare inglese, quella dominante è
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Nel 1204 Giovanni Senzaterra che è sovrano di Inghilterra ed è duca di Normandia, quindi vassallo del re di Francia, sposa una
donna della nobiltà francese e c’è quindi una battaglia rovinosa che è però l’inizio di una fase complicata perché politicamente
l’Inghilterra si divide dalla Francia.
L’Inghilterra, nel 1204 riacquista la sua autonomia, non quella culturale però, la corte continua ad essere legata alla Francia, la
classe nobiliare conosce il Francese, non ha più pratica con l’inglese, si vuole però rientrare in possesso dell’Inglese e nel farlo
entrano in scena una serie di prestiti come forse non è mai successo nelle storie delle lingue.
La gente che non conosce più l’inglese parla un inglese infarcito di francesismi.
(Le date che riguardano questi prestiti sono tutte successive al 1204.)
Il lessico continua a prendere dei prestiti dal latino e si crea questa stratificazione di registri, abbiamo un concetto che può
essere espresso con una parola che deriva dall’ags di origine germanica che è di un registro più colloquiale, una parola che
deriva dal Francese/Normanno ed è di registro medio e poi abbiamo quelle parole che derivano dal latino e sono di registro alto.
-L’ANGLOSASSONE-
Ricordiamo che i dialetti dell’Anglosassone (o inglese antico) sono:
-Dialetti Anglici (che sono Northumbrico e Merciano),
-Sassone occidentale (che è quello dalla quale risale la maggior parte della documentazione che possediamo),
-Kentico
Principali caratteristiche:
Abbiamo detto che in germ. Occ. la ā deriva dalla ǣ indoeuropea che si conserva in germ. Com. e diventa una ā, in anglosassone
si palatalizza.
Ad esempio nel sassone antico, che come l’anglosassone è una lingua ingevone:
dobbiamo ricordare che, se nella sillaba successiva c’è una a (la a della desinenza) la palatalizzazione non avviene, perché c’è
sempre questa influenza delle vocali perciò il pl è dagas, anche questa (dæg -dagas) possiamo ascrivere alle cosiddette
polimorfie lessematiche.
Esempi: a.sass. dag ags dæg “giorno” (ma il pl. è dagas) (polimorfie lessematiche)
a.sass. dād ags dǣd “fatto, azione”
a.sass. sād ags sǣd “seme”
Il vocalismo dell’anglosassone è soggetto a cambiamenti a seconda del contesto fonologico in cui il fonema si trova.
Anche dal punto di vista cronologico, il primo fenomeno che noi troviamo è quello della Frattura, poi abbiamo la Palatalizzazione
e poi la Metafonia.
1) FRATTURA (BREAKING)
È un fenomeno comune all’ags. e all’aisl. con esiti diversi. In ags. le vocali palatali brevi /i, e, æ/ della sillaba radicale si ‘frangono’
quando sono seguite dalla fricativa velare sorda <h> /x/ oppure dal nesso liquida + cons. (/l, r/ + C)
Gli esiti della frattura in ags. non sono dittonghi (in cui vengono pronunciate entrambe le vocali), ma ‘pseudo-dittonghi’: viene
pronunciata la vocale anteriore (/e, i/), seguita da un suono vocalico intermedio di timbro velare (/ə/).
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Esempi:
*a (> ags æ) > ags ea: germ. occ. *hard ags *hærd heard “duro”;
germ. occ. *nāh ags *nǣh nēah “vicino”;
Le vocali in ags mutano per influsso delle consonanti palatali iniziali g /ğ/, c /č/ (solo le vocali anteriori) e del nesso sc /š/
(tutte le vocali):
È un mutamento di timbro della vocale radicale per influsso di suoni presenti nella sillaba successiva.
A seconda del suono che provoca il mutamento avremo:
1. metafonia palatale: causata dalla presenza di /i/ o /j/ nella sillaba atona.
2. metafonia labiale: causata dalla presenza di /u/ o /w/ nella sillaba atona.
La metafonia palatale è attestata ampiamente in ags. e in aisl; in aat. e in as. interessa solo /a/ (“metafonia primaria”); non è
attestata in gotico. Provoca un innalzamento o una anteriorizzazione della vocale tonica (breve o lunga). Es: ags man(n)
“uomo”, D *manni > *menni > men(n).
Produce una vera e propria alterazione della qualità vocalica (timbro).
Esempi:
/a/ > /e/ germ. *SATJAN got. satjan aisl. setia ags. settan as. settian aat. Sezzan
/u:/ > /y:/ > /i / germ. *MŪSIZ ags. mӯs ingl. mice
N.B. /i/ e /y/ hanno lo stesso luogo di articolazione: /i/si pronuncia con le labbra distese; /y/ con le labbra arrotondate. Lo stesso
valer per le vocali /e/ - /ö/.
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Subisce la palatalizzazione anche il nesso germ. /sk/ che diventa / ʃ / (non solo in presenza di vocali palatali).
Avviene per:
*k, g in posizione iniziale davanti a vocali palatali originarie i, e: cild “bambino”, ge “voi”;
*k, g in posizione interna davanti a i, j originarie: bēc “libri” (< *bōkiz), sēc(e)an “cercare” (cfr. got. sōkjan);
*k, g in posizione interna fra vocale palat. e consonante: sægde “egli disse”, regn “pioggia”;
*k in posizione finale solo dopo i: ic “io”, lic “corpo”;
*g in posizione finale dopo vocale palatale: dæg “giorno”; weg “via”; hālig “santo”;
*sk in tutte le posizioni (spesso scritta sce, sci): scip “barca”, sceal “io devo”, scield “scudo”, bisc(e)op “vescovo”,
englisc “inglese”, fisc “pesce”.
*k, g in posizione iniziale davanti ad altra consonante (liquida, nasale, w): cræft “mestiere”, cnapa “ragazzo”, grund
“terreno”, cweðan “dire”;
*k, g davanti a vocali velari (a, å, o, u): cåmp “lotta”, gold “oro”, cuman “venire”;
*k, g davanti a vocali palatali secondarie (æ, e, y, come esiti di metafonia da i, j): cempa “soldato” (< *kamp- ja), cyning
“re” (< *kun-ing-az);
*k, g in posizione interna e finale dopo consonante o vocale velare: nacod “nudo”, drincan “bere”, finger “dito”, bōc
“libro”, lång “lungo”.
La fricativa sonora dentale /ð/ dà esito di occlusiva sonora /d/. In ata. la /d/ si trasforma in occlusiva sorda /t/ per effetto della
mutazione consonantica altotedesca.
Esempio: germ. * BIÐJAN ags. biddan aat. bitten (con /d/ > /t/)
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Nel nesso formato da vocale breve + nasale (n, m) + fricativa (θ, f, x, s) la nasale cade e la vocale breve si allunga per compenso.
Le fricative sorde germ. /f/ e /θ/ tendono a sonorizzarsi all’interno di parola in ambito sonoro.
Esempi: ags. ofer /v/ brōþer /ð/
La fricativa sorda germ. /x/ tende a scomparire se tra vocali. Es.: aat. zehan ags. Tīen
Dal XVI sec. in posizione finale /x/ è sostituita dal suono /f/; in tutte le altre posizioni sparisce.
Esempi: ted. Lachen ingl. Laugh
ted. acht ingl. Eight
Fenomeni del tedesco Seconda rotazione consonantica o rotazione altotedesca (V-VIII sec. d.C.)
Le occlusive germaniche si trasformano in aat. mutando il modo di articolazione, ma mantenendo il luogo di articolazione.
1) germ. occlusive sorde aat. affricate sorde: all’inizio di parola o dopo consonante
aat. fricative sorde doppie: dopo vocale (si semplificano dopo vocale lunga o
dittongo, o in posizione finale)
2) germ. occlusive sonore aat. occlusive sorde (labiale e velare: solo nel ted. sup)
3) germ. /θ/ > /ð/ > /d/ ingl. that ted. Das
SITUAZIONE POLITICA: Nel V secolo Angli, Sassoni e Juti si stanziano in inghilterra e più o meno si distribuiscono:
In maniera più specifica, quando noi parliamo di EPITARCHIA ci riferiamo ai 7 REGNI ANGLOSASSONI ovvero allo
staccamento e alla distibuzione di queste popolazioni in territori diversi. Abbiamo i regni di:
Consideriamo anche quelli che sono i monasteri e dunque come procede la cristianizzazione. Dal momento in cui la cultura
anglosassone diventa una cultura scritta è attraverso la cristianizzazione quindi i centri culturali sono distribuiti nella zona
NORTHUBRICA e soprattutto dopo nella zona del SASSONE. Dicismo che la prima ha un predominio politico e culturale nella
prima fase, mentre dopo Alfredo il grande, mentre poi è la regione centro-meridionale abitata appunto dai sassoni ad avere una
supremazia sia politica che culturale. Quindi ad esempio il monastero di LINDSFARNE viene attaccato dai Vichinghi con i quali
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SITUAZIONE DIALETTALE: noi parliamo di ANGLOSASSONE O INGLESE ANTICO (sono due diciture che si equivalgono), il sassone
pone l’attenzione su un aspetto etnico, cioè cita quelle che sono le due popolazioni dominanti e quindi gli Angli e i Sassoni,
mentre quello dell’inglese antico è una “prospettiva diacronica” perchè noi parliamo di ingle antico, inglese medio e inglese
moderno... siamo in una fase in cui queste lingue non hanno una codificazione di lingua standard e quindi si tratta di diciture che
comprendono un insieme di DIALETTI.
- Gran parte della documentazione che abbiamo è in SASSONE OCCIDENTALE anche se presentano tracce di altri dialetti.
- Poi abbiamo i due dialetti anglici: NORTHUMBRICO e MERCICO.
- E il KENTICO.
Vediamo che un conto è l’EPTARCHIA che è una situazione politica, mentre dall’altra bisogna considerare anche questa
situazione linguistica.
STABILIZZAZIONE DELL’ORTOGRAFIA SULLO STANDARD SASSONE OCCIDENTALE FRA 950 E 1050 CA.
1) La base è l’alfabeto latino, sostanzialmente con le corrispondenze grafico‐fonologiche del latino medievale;
2) j, v, w non erano compresi nell’alfabeto latino;
3) q, z erano invece pressoché inutilizzati dagli Ags;
4) inoltre gli Ags usavano quattro lettere nuove:
a) æ (chiamata ash), grafema di derivazione latina;
b) ð (chiamata eth), grafema di origine irlandese;
c) þ (chiamata þorn), runa;
d) ƿ (chiamata wynn), runa.
Non esiste una lingua codificata, però possiamo vedere che la lingua che troviamo nella maggior parte dei manoscritti
soprattutto nell’ultima fase dell’anglosassone, sono tutti codici in sassone occidentale e sembrerebbe che proprio il sassone
occidentale diventa una sorta di lingua letteraria. In qualche misura se volessimo pensare ad uno standard dell’anglosassone è
proprio il sassone occidentale.
Il manoscritto in cui troviamo il nostro “DEOR” è un testo che è conservato nell’ EXTER BOOK.
Exeter Book o “Codex Exoniensis”: Grande codice miscellaneo di poesia anglosassone. Copiato alla fine del sec. X, fu donato alla
Cattedrale di Exeter dal vescovo Leofric.
-Contiene materiale molto vario, da lunghi e complessi poemi religiosi (cristologici, agiografici, allegorici) a poemetti più brevi su
temi religiosi o secolari (omiletici, lirico‐elegiaci, gnomici, eroico‐narrativi), insieme ad una cospicua collezione di Indovinelli
(Riddles).
In generale l’aspetto fisico di questo codice ci da la misura di un codice che era stato molto molto usato. Questo perchè ci sono
dei segni che ci inducono a pensare ciò. Ci sono anche dei disegni che però non sono quasi visibili ad occhio nudo. Sono dei
disegni molto semplici che probabilmente sono stati aggiunti in un secondo momento. Possiamo immaginare che durante la
lettura del testo qualcuno abbia potuto fare dei disegni al lato della pagina.
Possiamo notare che ogni volta che un testo finisce c’è una sorta di segno che ne indica per l’appunto la chiusura e subito dopo
vi è l’inizio di un testo nuovo.
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L’EXTER BOOK ha una grande quantità di testi, ma in particolare le uniche firme che abbiamo sono appunto quelle di CYNEWULF
per “IL CRISTO SECONDO” e “LA JULIANA”.
I testi all’interno dell’Exeter book sono tutti testi poetici, ma tutti molto diversi tra loro per argomento ed anche per ampiezza.
- Inizia con i POEMI DEDICATI A CRISTO (sono tre poemi diversi, dedicati a tre momenti diversi della storia di cristo).
- Il DEOR occupa ad esempio due pagine e neanche totalemnte.
- Altri invece sono poemi più brevi
- Il GUTHLAC è un santo ags molto celebrato, eremita.
- L’AZARIAS riprende la vicenda del libro di Daniel (materia dell’antico testamento)
- La JULIANA è per esempio un testo AGEOGRAFICO
- La FENICE (The Phoenix) è un poema su questo uccello mitologico e sembra essere una sorta di traduzione elaborata,
rientra nei cosiddetti bestiari, in cui troviamo animali che assumono valenza allegorica.
Il DEOR viene considerato tra le cosiddette ELEGIE e i poemi elegiaci tramandati nell EXETER BOOK sono:
- Il WONDERER
- Il SEAFARER
- IL DEOR stesso
- IL WULF
- IL MESSAGGIO DEL MARITO (The Husband’s Message)
Come si può vedere anche dalla distribuzione nell’Exter Book non sono stati pubblicati nello stesso momento, si tratta di un
genere sparso, non è un genere comune che può essere raggruppato come altri (i RIDDLES ad esempio sono trasmessi in gruppi
forse perchè c’è nella mente dell’editore l’idea che appartengono ad un genere comune e che quindi possono essere
raggruppati).
Allo stesso tempo possiamo affermare che l’esistenza di questo genere ELEGICO è una sorta di forzatura di modernità, perchè
vediamo che c’è una tendenza nella poesia anglosassone di rappresentare determinate figure che posso essere ascritte al
genere elegiaco, ma da critici moderni individuiamo elementi comuni in questi testi e come ipotesi di lavoro possiamo
considerarli elegiaci per raggrupparli assieme. Noi moderni in questi testi invece, individuiamo degli elementi comuni e quindi
come ipotesi di lavore, per poterli raggruppare insieme li consideriamo come elegiaci. C’è un narratore che in prima persona
parla delle proprie esperienze individuali e sono quasi sempre delle esperienze dolorose. E si tratta sempre di fare una sorta di
confronto con un passato in cui viveva in una situazione di felicità e il presente in cui si vive una condizione di malessere
(condizione di dolore, di sofferenza, solitudine e di allontanamento da questo contesto sociale).
The Wanderer tratta di un errante che al gelo, alla tempesta, affronta il mare.
Contrasto temporale tra il prima e il dopo e contrasto spaziale tra l’essere fuori dal contesto sociale ed esserci dentro.
L’individuo che si trova in un contesto ostile, isolato dalla sua comunità, che ha perso gli elementi che gli consentivano di
condividere il quotidiano con la sua comunità, li troviamo anche in altri testi dell’anglosassone: il Guthlac, il Beowulf…
Il DEOR si inserisce in questo contesto di “benessere/sofferenza” perchè Deor è un poeta il quale è stato cacciato dalla corte,
nella quale per molti anni invece aveva lavorato ed era stato ben voluto, fino a quando poi un altro poeta ha preso il suo posto.
All’inizio Deor cita una serie di episodi e personaggi che hanno vissuto una condizione di esilio e di sofferenza. Cita personaggi la
cui sorte è stata completamente ribaltata e quindi come abbiamo detto prima da una condizione di benessere e felicità ad una di
malessere, sofferenza e solitudine. Nel citarli però egli non racconta la storia nei minimi particolari perchè evidentemente sono
riferimenti a storie note e dunque a storie che il suo pubblico doveva conoscere bene.
- Nella “GERMANIA” di Tacito c’è un riferimento a dei poeti che celebrano l’origine dell’etnia.
- Se ci rifacciamo alla testimonianza di Prisco di Panion, storico alla corte di Attila nella quale sono presenti dei Goti che sono
particolarmente attivi nella produzione di testi cantati. Sono dei carmi encomiastici e celebrativi dedicati al sovrano. E c’è
anche una reazione psicologica della comunità rispetto al canto. (alcuni anziani che difronte al canto si commuovevano per i
ricordi che questo gli suscitava, altri che erano fomentati...). non c’è soltanto una connotazione di una consuetidine, ma c’è
anche un’annotazione di una rappresentazione psicologica. (Il canto unisce, è un momento di condivisione della comunità e
quindi la poesia viene condivisa all’interno della corte). Molte notizie di Prisco ci vengono riportate direttamente da
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(Questo per quanto riguarda le notizie che ci vengono dagli storici che scrivono in latino).
Se invece guardiamo la parte relativa alla documentazione appartenente più specificamente alle nostre aree, ad esempio:
- AREA SCANDINAVA: SNORRI STURLUSON ci parla di quello che è una sorta di manuale per gli SCALDI (i poeti di corte). qui
però l’origine della poesia ha una duplice origine. Snorri, che è un intellettuale, scrive un testo metaletterario in cui ci dà la
spiegazione di tutta una serie di kenningar, di espressioni che indicano la poesia e ci spiega il perchè. (ci spiega perchè la
poesia è detta bevanda degli Asi, dono di Odino, perchè la poesia fu proprio donata ad Odino attraverso questo
pocedimento dell’idromele).
- AREA ANGLOSASSONE: BEDA ci dà l’immagine della poesia che riguarda invece argomenti di carattere cristiano e quindi la
poesia che è rappresentazione della parola divina. Beda opera una trasposizione che viene attribuita a questo poeta di cui
noi non abbiamo nulla se non una sorta di inno alla creazione (“Historia ecclesiastica gentis anglorum”) che è Cædemon. Per
Beda è Dio che ispira il poeta.
Abbiamo però anche una serie di notizie indirette che ci danno la misura di come in realtà la produzione di testi poetici dovesse
essere una produzione abbastanza proficua. Abbiamo effettivamente una documentazione abbastanza vasta, ma dobbiamo
ricordare che una parte è andata anche perduta.
- Noi abbiamo uno storico, William of Malmesbury che ci parla in particolare di Aldemo, che fa parte di quel gruppo di
intellettuali anglosassoni di cui fa poarte anche Beda, a cui sono attribuiti alcuni enigmi tradotti in parte nell’Exeter Book.
Sono attribuiti anche una serie di testi teologici, ma tutta la documentazione che abbiamo è in LATINO ma, ci dice William
che egli avesse scritto anche testi in volgare.
- Anche per quanto riguarda Alfredo il grande, ci dice Asser che era importante che il sovrano avesse un’attitudine alla poesia
in volgare.
- Ma la rappresentazione del poeta noi la vediamo principalmente nel BEOWULF, in quanto all’interno di questo testo ci sono
molti passaggi in cui si parla dello SCOP (da leggere “shop” - poeta che con il suono dell’arpa accompagna un testo poetico).
C’è la figura di GRENDEL, il mostro che ascolta ogni giorno la musica della sala ma ne è escluso, viene esiliato e non
partecipa agli eventi condivisi dalla comunità. All’interno di questa sala c’è la figura del poeta che intona un canto
sull’origine degli uomini.
Lo SCOP è un uomo carico di frasi superbe. È un uomo che possiede il dono della frase articolata, di canzoni a memoria, che
inventa parole se ha bisogno di una parola che possa avere la giusta allitterazione per la sua struttura poetica, regole della
struttura poetica che lo Scop deve seguire. Abbiamo il momento in cui il poeta mette in versi la storia.
Uso della tecnica della “variazione” in cui una stessa immagine può essere ripetuta con parole diverse aggiungendo delle
sfumature di significato.
Lo SCOP in questo testo fece anche una cosa emblematica, ovvero cantare tutto quello che aveva sentito su Sigmund, che è in
realtà Sigfrido, l’eroe dei Nibelunghi (abbiamo un riferimento alla vicenda di Sigfrido. Nell’aria anglosassone non abbiamo
nessuna storia dedicata a lui, ma che fosse patrimonio comune delle popolazioni germaniche ci viene proprio indicato da questa
citazione). L’autore del Beowulf fa riferimento a Sigmund che è un personaggio noto.
L’ultimo accenno al CANTO lo troviamo quando Beowulf ritorna in patria e anche qui viene accolto con canti e musiche, si
raccontano storie, si rievoca il passato: singoli passi che ci ripropongono un contesto che è la consuetudine della comunità che si
riunisce attorno al poeta.
Anche Deor è un personaggio fittizio che evidentamente però fa riferimento ad un contesto che ha degli elemnti storici. (è il
contesto del cantore che conosce una serie di storie e che le narra a corte, dove viene sostenuto, ma allo stesso tempo perde il
favoritismo da parte del suo signore e viene esiliato).
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Ritornello consolatorio grazie al quale ci si rifà ad una vicenda di sofferenza e di esilio e proprio grazie al ritornello vi si trova
consolazione. (Deor in realtà rivolge anche a sé stesso queste parole).
Nel DEOR la strofa è data dal singolo episodio. E il ritornello invece è importante perchè scandisce la divisione in strofe. E poi c’è
l’ultima parte che risulta essere quella più lunga in cui ci sono delle riflessioni del poeta in generale sulle sorti dell’individuo. È la
considerazione di una persona avviliti e afflitta dalla sofferenza e poi appunto Deor spiega chi è (si svela qual è il suo personale
dramma, dopo aver narrato il dramma degli altri).
1) Nella prima strofa si parla della sofferenza di questo personaggio dal nome Welund e si parla di un personaggio che ha
causato questa sofferenza di nome Nidad. Quest’ultimo è colui che impone a Welund dei vincoli e lo tiene imprigionato.
Però il poeta ci dice che quello è stato superato e così può essere anche questo.
2) Nella strofa successiva si parla di Beadonid e si dice che ella non è così angosciata per la morte dei fratelli quanto per il
proprio stato. Si parla di una donna che si capisce abbia perso i fratelli tragicamente, ma questa perdita dei fratelli non è
così preoccupante come l’avere scoperto di essere incinta. Da questo si capisce che questa gravidnza non è il frutto di un
matrimonio stabile, bensì di violenza.
Questi nomi noi li ritroviamo anche in altri contesti. Nell’aria anglosassone spesso in più testi, noi troviamo un riferimento a
WELUND che fa delle armi, armature. (Nel Beowulf quando si deve parlare delle armature si dice che appunto era fatta da
Welund). Questo legame tra le armature e Welund è presente in più testi della letteratura anglosassone. Vediamo che è
presente nel “WALDERE” (Poema frammentario e di carattere eroico) in cui quando si descrivono delle armi si dicono che sono
le armi di Welland. In entrambi i casi siamo in un contesto eroico.
Dato interessante è il testo di BOEZIO (autore che scrive in latino medievale e collaboratore di Teodorico, re dei goti in Italia).
Boezio scrive la Consolatio Philosophae, in prosa, in latino che viene poi tradotto nel programma di traduzioni di re Alfredo, che
vuole volgarizzare determinati testi fondamentali per la formazione culturale della sua classe dirigente e in questo testo ci sono
anche delle classi poetiche, il dialogo tra Boezio e la Filosofia -la quale lo consola sulle sue sorti- è intervallato da alcuni passi in
versi. Alcune di queste parti in versi, sono tradotte e in una traduzione libera in cui si fa riferimento a delle armature, viene fatto
riferimento a Welund.
Il sincretismo della cultura anglosassone che fonda la cultura germanica a quella latina consente di usare questa immagine e
inserisce un riferimento di tipo eroico che rientra nel lessico poetico.
Altra informazione su Welund è di tipo Iconografico: “THE FRANKS CASKET” un lato è conservato al “British museum”, mentre
l’altro è conservato al “museo del bargello” a Firenze. Questo cofanetto fu trovato da un antiquario, Franks, che disse di averlo
trovato in Francia in quando apparteneva ad una famiglia francese e che però era stato smembrato (in effetti sopra doveva
esserci un sigillo d’argento, ma uno dei proprietari l’aveva venduto). Quindi dopo lo smembramento, questo cofanetto viene
venduto e un altro pezzo finì nelle mani di un altro antiquario inglese che poi ha donato la sua metà al museo di Firenze.
È un oggetto estremamente pregiato, che sicuramente doveva contenere delle reliquie, venne costruito nel VI-VII secolo in
Northumbria. Fatto in osso di balena e inciso, le incisioni sono anche sottolineate da rune che portano il nome di Egill un arciere
che sta combattendo contro dei nemici (c’è proprio una didascalia del nome). È anche un riferimento a Egill che vuole
proteggere (oltre che la sua cittadella) anche il contenuto del cofanetto. La parte anteriore è divisa in due disegni:
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Della fama di Welund come fabbro ne viene a conoscenza il sovrano di Svezia, chiamato Midur, il quale vuole che Welund lavori
per lui, ma chiaramente questo desiderio si trasforma immediatamente in un’imposizione. Il re manda alcuni uomini a verificare
il lavoro di Welund, lui non c’è e gli emissari del re rubano uno di questi anelli e una spada, Welund se ne accorge e pensa che la
moglie sia tornata e in questa felicità si addormenta (questo è un dato importante nel racconto perchè in qualche modo la
violenza che egli svilupperà sarà giustificata dalla sua sofferenza e dalla delusione).
Si risveglia però imprigionato dagli uomini del re che lo obbligano a lavorare per lui, una volta a corte si accorge che l’anello è
stato dato alla principessa, figlia del sovrano che si chiama Beadonid, mentre la sua spada al re. Welund quindi si ritrova deriso e
privato dei propri oggetti ai quali è legato anche da un valore affettivo e significativo. È per questo che ha una reazione di rabbia
e per impedirgli di scappare gli vengono tagliati i tendini e così viene relegato in un’officina di fabbro che hanno predisposto per
lui su un’isola.
Vive in questa fucina che hanno predisposto per lui sull’isola, quindi isolato dalla comunità, vive una condizione di esilio e di
cattività.
Intanto medita un’atroce vendetta che riuscirà poi a portare a termine: i figli del re andavano spesso a trovarlo sull’isola, curiosi
nel vedere i suoi tesori contenuti nello scrigno. Ma un giorno mentre i bambini guardavano lo scrigno egli lo chiude staccandogli
la testa. Così dal cranio fa delle coppe rivestite d’argento e dagli occhi e dai denti fa dei gioielli che poi vengono donati al sovrano
e alla regina. Ma non contenta la figlia del sovrano Beadonid va da lui chiedendogli di riparare l’anello che aveva ricevuto. Così
Welund la accoglie, la fa bere e la seduce. Mentre poi attraverso delle ali fabbricate da uccelli riesce a scappare. Dichiarando
tutta la sua vendetta.
Un altro accenno alla storia di Welund la troviamo in quella storia di Teodorico, tramandata in nordico antico ma presa da una
fonte tedesca quindi abbiamo la prova che questa saga si era diffusa anche in area tedesca. Welund viene accompagnato da
alcune ancelle, il fratello lo fa scappare con una camicia alata.
Da singoli dati che abbiamo sparsi nella documentazione anglosassone possiamo ricostruire le vicende a cui il poeta del Deor ha
accennato.
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0001 Welund him be wurman wræces cunnade, Weland tra le serpi conobbe sventura,
0003 hæfde him to gesiþþe sorge ond longaþ, ebbe a compagni dolore e desiderio,
0004 wintercealde wræce; wean oft onfond, desolazione invernale; trovò spesso affanno,
0005 siþþan hine Niðhad on nede legde, dopo che Nithhad a lui impose vincoli,
0007 Þæs ofereode, þisses swa mæg. Quello è passato, passerà anche questo.
0008 Beadohilde ne wæs hyre broþra deaþ Beadohild non fu per la morte dei suoi fratelli
0009 on sefan swa sar swa hyre sylfre þing – così affranta in cuore come per il suo proprio stato –
0010 þæt heo gearolice ongieten hæfde s’era con certezza accorta
0011 þæt heo eacen wæs; æfre ne meahte d’esser gravida; mai seppe
0012 þriste geþencan, hu ymb þæt sceolde. pensare fiduciosa cosa ne sarebbe stato.
0013 Þæs ofereode, þisses swa mæg. Quello è passato, passerà anche questo.
0014 We þæt Mæðhilde monge frugnon – Di Mæthhild molti di noi hanno sentito –
0015 wurdon grundlease Geatas frige, divenne sconfinata la passione del Geata,
0016 þæt him seo sorglufu slæp ealle binom. così che il tormentoso amore gli tolse del tutto il sonno.
0017 Þæs ofereode, þisses swa mæg. Quello è passato, passerà anche questo.
0018 Ðeodric ahte þritig wintra Theodric tenne per trenta inverni
0019 Mæringa burg – þæt wæs monegum cuþ. la fortezza dei Mæring – questo fu noto a molti.
0020 Þæs ofereode, þisses swa mæg. Quello è passato, passerà anche questo.
STROFE 1
DEOR DEOR
0001 Welund him be wurman wræces cunnade, Weland tra le serpi conobbe sventura1,
0002 anhydig eorl earfoþa dreag, l’uomo risoluto patì sofferenze 2,
0003 hæfde him to gesiþþe sorge ond longaþ, ebbe a compagni dolore e desiderio3,
0004 wintercealde wræce; wean oft onfond, desolazione invernale4; trovò spesso affanno,
0005 siþþan hine Niðhad on nede legde, dopo che Nithhad a lui impose vincoli,
0006 swoncre seonobende on syllan monn. flessuosi lacci a miglior uomo.
0007 Þæs ofereode, þisses swa mæg. Quello è passato, passerà anche questo.
1
La forma del serpente viene paragonata alla spada, una sorta di metafora.
Può essere interpretato come “sta tra i suoi oggetti” oppure è un rimando al fatto che sta in cattività. Altra interpretazione è che sia un riferimento ad un
contesto realistico letterario cioè che nella sua punizione ci siano anche i serpenti (ma questa cosa non è presente in nessu n altro riferimento a questa scena).
2 Siamo di fronte ad una variazione, figura retorica delle lingue germa nt. E serve a ribadire lo stesso concetto ma inserendo elementi diversi.
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Wurman= wyrm-um è un sostantivo (dat. Plur) è la parola per “serpenti”. L’interpretazione tra i serpenti è un’interpretazione
legata ad una somiglianza della parola. Mentre l’altra interpretazione che è stata data è che invece derivi da WURNAN che è la
parola per “tra le sofferenze”. È un’interpretazione più adeguata in quanto i primi 4 versi ci descrivono la sofferenza di Welund
in tutte le sue forme mentre gli ltri versi ci danno le motivazioni. Possiamo immaginare che ci sia stato un errore nella
trascrizione, ovvero ci sia stata messa una “m” anzichè una “n”. Oppure possiamo immaginare che qui siamo di fronte ad un
sostantivo o ad un verbo in “a” che significa appunto serpente.
Il legame con i serpenti può essere determinato dal fatto che Weland è un fabbro e la fabbriazione delle armi molte volte è
rappresentata dall’immagine dei serpenti. (nelle Kenningar per spada molte volte si usa la parola per serpente perchè la spada
ad esempio è pericolosa come il serpente). Un’altra interpretazione è quella che rimanda ad un contesto realistico e letterale,
cioè che nella condizione in cui Welund si ritrova egli sia effettivamente tra i serpenti. È vero però che quest’ultima
interpretazione non è presente in nessuna delle altre vicende che ci sono state tramandate su Welund.
Possiamo immaginare che sia un adeguamento dialettale e questi sarebbero degli errori. A volte questi errori possono portare
dei cambi di significato, in caso di adeguamenti morfologici. Quindi questa immagini “tra le serpi” è stata diversamente
interpretata perchè possiamo immaginare un contesto che è un contesto letterale e quindi immaginiamo che Welund è posto
tra le serpi, ma nessuno degli elementi a cui noi possiamo fare riferimento per ricostruire la sua storia ci rimanda a questa
immagine.
Wræces viene da Wræc (gen. Sing) = sofferenza, tormento. Ma la dobbiamo riportare all’origine dell’indoeuropeo:
i.e. * Uerg- g.c. *Wrekan (verbo per spingere ma anche perseguitare, inseguire il nemico, ha un’accezione negativa. (Vediamo
che in questo passaggio c’è l’inversione della consonante = metatesi dell’inversione della consonante. “g” che si desonorizza per
il 2° COMMA della MUTAZIONE CONSONANTICA)) questo invece significa “spingere o perseguitare” e dunque ha un’accezione
negativa.
Mentre il sostantivo Wrecca indica l’esiliato, colui che vaga in una terra straniera, che non appartiene alla comunità. Nella
concezione dell’esiliato vediamo che questo viene inteso come persona che soffre proprio perchè ormai è privo della sua
appartenenza ad una comunità.
Questa parola sostanzialmente indica la condizione di sofferenza che a sua volta nasce dalla condizione dell’esilio.
Cunnade verbo preterito che, indicando una conoscenza, regge il genitivo, ma in questo caso funge da complemento oggetto.
“io conosco di”. Tradotto come un passato, quindi siamo in grado di dire che si tratta di un verbo debole, c’è un suffisso in
dentale (preterito debole) l’infinito è Cunnian la stessa radice che noi troviamo nel verbo per “potere”/ “conoscere” (io ho
appreso quindi adeso posso) è un verbo debole (tutti verbi derivati da verbi forti, sostantivi ecc.) TRAD: egli conobbe e fece esperienza
della sofferenza.
2° VERSO:
Anhydig eorl: siamo di fronte all’aggettivo con un suo sostantivo “l’eroe dall’animo fiero/l’uomo risoluto”
Anhydig: che significa apputo “fiero o risoluto”. (ig è uno dei formati nelle lingue germaniche antiche).
Eorl sostantivo maschile in -a, c’è un fenomeno di frattura perché abbiamo una liquida + consonante e abbiamo uno pseudo
dittongo, è la parola che noi troviamo anche nel nordico antico Jarl, è una classe di nobili locali.
Anhydig aggettivo in -ig palatalizzazione (in tedesco abbiamo la forma “ich”) significa “fiero”/”risoluto”
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Earfoþ- a sostantivo neutro in genitivo pl. del verbo in -a. Indica la sofferenza ma intesa come privazione di qualcosa. In
realtà se vediamo la radice di questo sostantivo in ie *orbho che ci rimanda a “orfano” in italiano. Colui che è orfano è colui
che non ha una famiglia e deve adattarsi alla vita che oconducono coloro che appartengono ai ranghi più bassi della società e
quindi è anche “servo”. In gc *arben. Da questo verbo deriva la parola “abeit” nel tedesco moderno.
Nelle lingue germaniche la o diventa a, la liquida si conserva, l’occlusiva sonora aspirata diventa semplice e abbiamo:
g.c. * arben arbeolosa (aggettivo che troviamo nell’HILDEBRANDSLIED quando Adubrando dice al padre “io sono rimasto
privo di eredità”)
Dreag tradotto con un preterito “sopportò”, lo collochiamo tra i verbi forti perché in questo caso anche se è un preterito non
è un verbo debole perchè non ha un suffisso in dentale. Viene considerato un verbo forte di 2° classe (ha un dittongo). Questo
verbo “DREODAN” ha una connotazione che si rifà al lessico della sofferenza. Anche se in ha il significato del verbo attivo
“seguire”. Quindi dreodan è anche l’atto che compiono i membri di un comitato che seguono il proprio capo, è dunque anche
legato al lessico militare. Ma nella forma passiva “essere seguito”, significa anche “essere perseguitato”. Quindi vediamo che
questo verbo può essere utilizzato con questa doppia valenza semantica.
3° VERSO:
L’immagine dell’avere a compagni sia la pena che il desiderio è un’immagine che noi troviamo in un altro poema/ elegia ovvero il
“WONDERER” figura di un uomo che vaga alla ricerca di un nuovo comitatus. Abbiamo delle immagini che sono comuni a più
contesti della poesia anglosassone. Siamo di fronte a “formulare” che significa esprimere il medesimo concetto, ma con frasi
diverse.
Frattura dal punto di vista fonologico in cui la a si frange in ea perché seguita da liquida + consonante.
Hæfde (hæbben infinito) preterito del verbo per “avere” (verbo debole) Siamo di fronte ad un esempio di falsi amici perchè le
etimologie sono diverse. Perchè laddove abbiamo una fricativa velare dobbiamo ricostruire un’occlusiva sorda (k) che è la
radice del latino “capio” =prendere:
In Ags questi verbi vengono assorbiti dalla flessione della I classe, c’è il formante -ja che provoca geminazione e metafonia della
vocale. Questo non è presente in ttte le forme della flessione.
In anglosassone e nel frisone restano soltanto forme residuali della 3 classe. Nell’anglosassone abbiamo il verbo per avere,
parlare (seggian), viviere (libban) e per pensare (uggian), già dalla pronuncia di questi verbi vediamo che in anglosassone
tendono ad essere assorbiti dalla flessione della 1 classe. (il formante in “an” provoca geminazione e metafonia della vocale),
anche se uesto formante in “an” non è presente in tutte le forme della flessione, proprio come nella 1-2 pers. Sing. E nel
preterito.
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longaþ il desiderio per qualcosa che è lontano, per esempio tutte le parole legate a questa sono utilizzate in un’altra elegia in
cui c’è questa donna che ricorda la vita felice con il proprio compagno che ora non c’è più.
Ags. Long (o lang) da l’idea di una distanza spaziale o temporale si passa a qualcosa che manche perché lontano nello spazio e
nel tempo.
4° VERSO:
Wintercealde: aggetivo che nel WONDERER è un “apax legomena” ovvero compare solo nel wonderer. È una di quelle famose
parole inventate dal poeta per indicare la desolazione dell’inverno. Nel nostro testo invece abbiamo:
Wintercealde wræce *caratterizza l’Elegia. Indica la condizione dell’esiliato, “fredda come l’inverno” (riferimento al
Wonderer 19-29°) wintercealde è un aggettivo che nel WONDERER è un “apax legomena” ovvero compare solo nel Wonderer. È
una di quelle famose parole inventate dal poeta per indicare la desolazione dell’inverno.
Significa che abbiamo una trasposizione da un contesto sensoriale/pratico a un contesto nel quale la sofferenza diventa una
modalità di rappresentazione emotiva, può essere appunto definita “fredda come l’inverno” infatti altre traduzioni lo traducono
come “crudelissimo” non facendo quindi uso della metafora.
Nell’anglossassone abbiamo delle parole che indicano le stagioni, ma sembrerebbe che le stagioni originarie degli anglosassoni
siano due: estate e inverno, le stagioni di mezzo sono un’importazione dal mondo classico, latino. Ma nelle popolazioni arcaiche
c’era l’inverno, in cui le condizioni climatiche erano piuttosto fredde quindi si stava all’interno delle case.
Dal punto di vista etimologico questa parola per Inverno sembra derivare da *wed- che sta per “bagnato” Wend- e in g.c. finisce
per diventare Wind.
Questo termine lo troviamo anche nell’“ANDREAS”, poema agiografico in cui viene narrata la vita di Sant’Andrea,
raccontato nel Vercelli Book.
Agiografia di quelle popolari, le fonti sono varie, greche e latine e la versione che ci viene narrata nel nostro testo ags sembra
avere anche tratti originali quindi non siamo riusciti ad identificare bene la fonte. L’opera missionaria di Sant’Andrea è quella di
convertire questi popoli lontani, San Matteo si è già trasferito li ed è stato imprigionato da questi pagani e quindi viene mandato
Sant’Andrea il quale deve liberare Matteo e proseguire quello che quest’ultimo aveva iniziato, ovvero un’opera missionaria. Così
egli dopo un primo momento di titubanza, arriva li e viene imprigionato anche lui dai mermidoni, (viene posto in una cella
mentre fuori c’è una tempesta invernale) anche se poi ci sarà un lieto fine. (Vediamo che anche qui c’è la volontà da parte degli
autori di mettere in risalto la progressiva acquisizione della fede).
Nella parte in cui egli è in prigione e guarda dalla finestra egli descrive il freddo, il gelo, l’acqua e dunque l’inverno. Anche se
questa è una rielaborazione specifica del nostro testo anglosassone. Tutto ciò serve per mettere in luce quello che è il coraggio
di andrea, in quanto si vedono sovrapposte due situazioni: una situazione ostile e il coraggio che viene trovato nella fede da
parte di andrea nell’affrontarla.
Sembrerebbe un aggettivo letterale “la notte fredda come l’inverno” ma assistiamo ad un utilizzo dell’inverno con una
connotazione sensoriale, emotiva, molto forte che rimanda a una condizione di disagio.
Anche nel SEAFARER troviamo questo navigante che vuole attraversare il mare, la figura del Seafarer adombra la figura del
pellegrino credente, che, attraverso un proprio percorso cerca di avvicinarsi ad una dimensione ultraterrena (viaggio
metaforico ma nella rappresentazione troviamo questo tipo di immagini) “rimasi d’inverno con orme d’esule…”
Nel WONDERER, al contrario del Seafarer in cui si capisce subito che si tratta di un pellegrino che cerca la fede, c’è un contesto
eroico ovvero superstite di una schiera che cerca un’altra schiera e capisce che in realtà la dimensione a cui deve affidarsi non è
più quella del mondo eroico ma spirituale. Vediamo infatti che nei primi versi egli si presenta, descrivendosi come un essere
infelice, incatenato) catene che hanno sia una valenza fisica che metaforica, in quanto il senso di costrizione lo fa sentire
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Wean sostanivo, accusativo, sing. maschile. che appartiene alla flessione nasale - flessione debole dei sostantivi.
Onfond: siamo di fronte ad un preterito del verbo “on findan” - verbo forte di 3 classe. In anglosassone abbiamo questa “o”
perchè sappiamo che c’è un’oscillazione tra “a/o” se è seguita da nasale.
In questi primi 4 versi abbiamo assistito ad un fenomeno di VARIAZIONE: figura retorica che troviamo in ags, nord ant, sass,
ant ecc., che consente di ripetere lo stesso concetto con parole diverse, con sinonimi che aggiungono sfumature di significato in
più all’immagine o attraverso una ripetizione che risulta essere rindondante e quindi efficace.
5° VERSO
Siþþan siþ preposizione che si completa con la forma þan che è una strumentale che è una forma di uno stumentale del
pronome dimostrativo neutro. Diciamo quindi che è una preposizione composta da un elemento che rafforza la preposizione
stessa. La traduciamo con “da quando”.
Niðhad nome proprio del sovrano (ovvero il nome di colui che lo tiene imprigionato) ed è il soggetto della frase.
on preposizione che dobbiamo legare a hine che è il pronome pers. maschile all’acc. La costruzione è quindi “su lui”.
Nede qui la vediamo come complemento oggetto, ma in realtà la parola dovrebbe essere la parola che indica il
“bisogno/necessità”. Noi qui abbiamo una radice: Naubiz. In aglossassone il dittogo “au > ea”. Ma essendo che questo
sostantivo è un sostantivo in “i” (femminile) che ci porta ad una forma di metafonia palatale e diventa “ied” che è la forma
dominante ed è la forma del così detto sassone occidentale. Mentre la forma “ned” che troviamo in questo testo, sembrerebbe
essere la forma del merciano.
nord ant. Naubr (=legami – si usa proprio questa parola per descrivere la condizione di Weland)
Questa parola per “bisogno/necessità”, viene poi traslata nel contesto di “legami”. Nell’area anglosassone prevale il significato di
necessità, infatti questa truduzione in “legami” viene fatta con la forma del nordico antico “nao” che significa proprio legami.
Nel nordico antico infatti si usa proprio questa espressione per indicare la condizione di Welund che viene posto in cattività. Così
vediamo che la traduzione si adatta al contesto specifico.
Legde preterito di un verbo debole. Questo verbo debole però è un verbo che noi troviamo anche nelle lingue moderne nei così
detti verbi di posizione (giacere, oppure porre qualcosa in posizione verticale =sedersi).
g.c. * leg- ja - n (leg verbo forte di V classe che presenta una peculiarità, un ampliamento in -ja che crea geminazione e
metafonia)
Ags. Licgan (all’infinito vediamo che dovremmo avere una “e” ma abbiamo una “i” per effetto di metafonia palatale e poi
abbiamo il raddoppiamento della consonate.
prt. Læg prt. Pl. Lāgon (ā spesso palatalizzata) part pret. Gelegen
Da questo verbo al preterito abbiamo la forma dal g.c. che è debole, parte dalla vocale a quindi lag- + il formante in -ja (verbo
debole di I classe)
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settan (verbo debole) Sono dei verbi paralleli che hanno sei significati semantici accoppiati e presentano la stessa struttura
morfologica.
6° VERSO
TRAD: “pose questi flessuosi legami su un uomo migliore” abbiamo di nuovo una connotazione positiva di Welund.
Anche qui il verbo a cui ci si rifà è “legde” e il soggetto sottoninteso è sempre “Niðhad”.
Swoncre aggettivo che significa “flessuoso”, la desinenza -re è aggettivale (connota il femm dell’agg forte- in questo caso noi
parliamo di un acc sing femm o acc pl femm) solitamente è in -ra ma possiamo trovare anche una forma indebolita in -re.
Seonobende: che è legato alla desinenza “-re” dell’aggettivo. Siamo di fronte infatti ad una flessione che è indubbiamente forte.
On: preposizione.
Syllan forma di un agg che significa “migliore”, è un po’ particolare perché è posto direttamente al superlativo, la forma base
sarebbe “sell”.
monn sostantivo maschile dei cosiddetti “temi radice” cioè un piccolo gruppo di sostantivi che formano la flessione apponendo
la desinenza direttamente alla radice. La radice del pl. è in i quindi iz. Trasormazione da “a o” in quanto la “a” viene
nasalizzata.
7° VERSO: RITORNELLO
Þæs / þisses (questo/quest’altro) rispettivamente articolo dimostrativo al genitivo e pronome dimostrativo – si ritiene che siano
genitivi che indicano “riguardo a”, possiamo tradurre il ritornello con una certa libertà, con una locuzione idiomatica. “questo è
passato, passerà anche quello”
M F N
g.c. * Sa *Sō *Þat
i.e. *Þes
*Þes – Si (M gen. Neut.) Per formare il nuovo pronome dimostrativo si aggiunge questo suffisso in sibilante.
Ofereode verbo suppletivo per “andare” “ofer-” preposizione che significa “su”, “oltre”, -eode è il verbo atematico preterito
suppletivo di gān (forma dell’infinito “andare”) gangan (iddja)
Le forme del preterito del verbo andare fanno capo a questa radice “eode” che è una radice oscura, nel senso che troviamo la
forma del gotico che è “iddia”, però poi non abbiamo altre testimonianze in altre lingue germaniche.
mæg (Si legge may come all’ing moderno) preterito presente del verbo magan preterito meathe
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0008 Beadohilde ne wæs hyre broþra deaþ Beadohild non fu per la morte dei suoi fratelli
0009 on sefan swa sar swa hyre sylfre þing – così affranta in cuore come per il suo proprio stato
0010 þæt heo gearolice ongieten hæfde s’era con certezza accorta
0011 þæt heo eacen wæs; æfre ne meahte d’esser gravida; mai seppe
0012 þriste geþencan, hu ymb þæt sceolde. pensare fiduciosa cosa ne sarebbe stato.
0013 Þæs ofereode, þisses swa mæg. Quello è passato, passerà anche questo.
Sostantivi legati al lessico della battaglia:
Miđ = assume il significato negativo della battaglia/l’odio del nemico verso il guerriero. Nel Beowulf si usa la parola “Miđ-hus” la
casa dell’odio.
8° VERSO
Beodo-hilde (Beodo=fa sempre parte del lessico della battaglia) anche qui pensiamo a Hildebrand.
- Ðeod-ric questo nome lo troviamo scritto con varie grafie, deriva dal sostantivo la cui radice è Ϸeuta che significa “popolo”.
(Teodorico) -ric si suppone derivi dal celtico (la e che diventa i) e si suppone sia legato al concetto di regalità, di regno.
- Eorman-ric (Ermanarico) la prima parte del nome la riconduciamo a quelli che sono gli Erminoni derivano dai nomi dei figli
di Manno, divinità. (viene utilizzata anche dell’ildebrand ld in cui abbiamo il sostantivo “irmindeot” che è una sorta di
accrescitivo) o quando egli invoca “Irmin-got” = “oddio”
Nell’area dei Sassoni, si veneravano degli alberi primitivi chiamati Irmin-sul una sorta di totem, colonne-sacre (Irmin-sul) una
sorta di concetto di regalità.
Da notare l’allitterazione nel primo verso di questa seconda strofa con l’occlusiva sonora labiale
broþra verbo forte che si lega a Beadohilde (soggetto, nome proprio femminile) se guardiamo nei versi precedenti si vede che
nella maggior parte l’allitterazione coincide con il primo fonema del secondo verso, in realtà possiamo avere l’allitterazione
preceduta da alcune sillabe atone:
Wæs verbo essere nelle lingue germaniche antiche è un verbo suppletivo, forma la flessione utilizzando più radici che derivano
dall’i.e., originariamente potevano avere sfumature di significato (essere come esistere, abitare ecc.) utilizzate con la valenza
generica di “essere”.
Radici per il verbo essere: g.c. -es/-s *beu- presente eom o beom, dalla sibilante abbiamo il plurale sindon che viene sostituito
nella fase successiva alla fine del periodo medio dalla forma che abbiamo attualmente nella lingua moderna che deriva dal
nordico antico beom.
(wæsan verbo "essere". Per le forme del preterito, verbo forte di V classe perché dobbiamo le prime 5 classi hanno questa
alternanza delle prime due voci paradigmatiche e – a che si combina nella I classe con la i, nella II con la u, nella III con
liquida+consonante o nasale+consonante, nella IV liquida o nasale+consonante. V classe perché non è né nasale, né liquida ma
sono altre consonanti.)
Oltre ad esserci alternanza vocalica c’è anche alt consonantica, tutti i verbi forti hanno alternanza vocalica, alcuni verbi forti
hanno ANCHE quella consonantica, secondo la legge di Werner possiamo avere un’alternanza tra sibilante sorda e sonora o tra
fricativa sorda e sonora che poi diventa anche occlusiva sonora dentale (ad esempio) quando il fonema si trova in un contesto
sonoro in posizione interna, qui dobbiamo immaginare un accento sull’ultima sillaba originariamente.
Hyre genitivo del pronome personale di III persona plurale. Le forme del pron pers vengono utilizzate come aggettivi
possessivi hiere /hire (agg possessivo)
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deaþ sostantivo per “morte” (sostantivo maschile in "a") possiamo considerarlo come una diversa evoluzione della forma
aggettivale dead sia sostantivo che aggettivo derivano da forme accentate diversamente. (legge di Werner di alternanza
grammaticale).
In ags il verbo morire non appartiene a questa radice, ovvero non si sviluppa da questa radice infatti il verbo per morire in
anglosassone è: Steoban (verbo forte di III classe).
*ā
*ō diventano ō
9° VERSO
On congiunzione che regge sia l’acc. che il dat. In questo caso regge l’acc.
Sefan sostantivo maschile debole (nom. Sefa=animo, interiorità.) le lingue germ antiche e la lingua poetica anglosassone
tende a definire l’interiorità dell’individuo.
Mod / Huge = mente / Feorh sostantivi utilizzati quasi come sinonimi, siamo in un contesto in cui la distinzione tra prodotti della
mente e prodotti del cuore, dell’anima non è così netta. Breost / Heort (petto/cuore)
Troviamo anche composti come Feorh-hus (la casa dell’animo - l’idea del corpo, della mente come un contenitore)
sar torniamo al lessico del dolore, deriva da una radice che indica il dolore, la malattia. L’aggettivo è “sofferente, addolorato”.
Sylfre (riconosciamo la forma del riflessivo “Self” che troviamo anche in a.t.a. Selb. In Ags Seolf)
--si tratta di pseudo-dittonghi abbastanza instabili che tendono a cambiare nella lingua--
Þing (valenza giuridica, l’assemblea, ma è anche la cosa che viene giudicata, la causa. Assume anche una valenza generica, in
questo caso possiamo tradurla con “condizione”) la radice dell’i.e. è *tenk- (Þ diventa una fricativa sorda) mentre K prima si
aspirantizza e poi si desonorizza.
10° VERSO
Þæt deriva dall’i.e. *tŏd può avere tanto valore pronominale quanto di congiunzione. (lo traduciamo con un’accezione
temporale: “Quando” - “Allorché”)
Heo pron. Fem. rispetto all’ing. mod. (She) c’è un cambiamento sostanziale. Pronomi che si rifanno ad una radice in fricativa
velare.
Gearo-lice forma avverbiale, siamo di fronte ad una velare che finisce per palatalizzarsi.
Abbiamo il verbo Georwien (che significa indossare/prepararsi) -lice suffisso che troviamo ancora nell’ing.mod. ma anche nel
ted.mod. (-ly / -lic)
Ad esempio abbiamo anche il sostantivo: Ags dōm (A.t.a. tuom) che indica il giudizio, usato come suffisso anche adesso (es
Freedom).
ongieten part. Pret. di un verbo composto on- (“to get”, in ing mod. resta il verbo ma cambia la pronuncia che deriva
dall’influsso delle lingue scandinave) verbo forte di V classe
hæfde (verbo per “avere” con funzione di ausiliare) verbo debole di III classe
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Secgan dire
Libban vivere
Hycgan pensare
(Il verbo per “avere” deriva dal latino, non ha la stessa radice delle lingue romanze.)
11° VERSO
eacen sostantivo legato ad un verbo che significa “crescere/incrementare” indica lo stato della gravidanza. La radice dal G.c.
auk Ags Ea
Æfre ever (forma specifica dell’ags) “mai” sembra essere una forma specifica dell’Ags.
12° VERSO
Þriste avverbio che indica “in modo risoluto” (senza terrore) “con fermezza”.
Geþencan verbo debole di I classe. Presenta un preterito particolare, c’è un cambiamento di tutto l’assetto fonologico.
g.c. * þank-jan
Ags. Þenkan
Quando andiamo a formare il preterito, la dentale si attacca direttamente alla radice
*þankto þanhto (aspirantizzazione)
Hu forma avverbiale per “cosa”, nelle lingue germaniche ant. lo strumentale non viene più utilizzato ma ci sono forme residuali
di strumentale che possono diventare degli avverbi.
Ymb preposizione che regge l’acc. (about) deriva dall’i.e. *ambhi G.c. *amѢi *umbi ymb
About lo consideriamo come in Ags. Abutan (formato da a prefissale + preposizione be /intorno a, circa/ + utan /out “fuori”/)
possiamo avere anche forme come Ymbutan
Sceolde (preterito) Sculan Sceal ( presente, deriva dalla radice del germanico “Skul” essere debitore/essere in
obbligo/dovere – A.t.a. Skal – lo consideriamo come una forma del verbo all’“ottativo”. Lo traduciamo come una forma al
condizionale “cosa sarebbe accaduto”.
Le prime due strofe del DEOR rimandano quindi a due personaggi, i quali hanno vissuto la stessa situazione. Sono passati da una
condizione di benessere a una di dolore. Sono per questo assimilabili a degli eroi elegiaci. Questi due personaggi appartengono
asd un unico ciclo narrativo che è quello di “WELAND” lo ricostruiamo attraverso più tasselli che ci pervengono e attraverso
una documentazione frammentaria dell’aria anglosassone, in cui vediamo che questa vicenda era talmente nota che non c’era
bisogno che venisse raccontata (DEOR e FRANKS CASKET).
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La saga di Teodorico appartiene al nordico antico ma dichiara di derivare da una fonte meridionale, ci sono delle divergenze
delle quali gli stessi contemporanei erano a conoscenza. Lo stesso pubblico che era il fruitore di queste vicende sapeva che la
medesima vicenda poteva essere narrata con parole diverse o anche con nomi di personaggi diversi e allo stesso tempo in
contesti diversi perchè erano lasciate alla trasmissione orale.
In uno dei carmi dell’Edda c’è un’introduzione in prosa in cui si parla della morte di Sigur (Sigfrido) e dice che fosse stato ucciso
all’aperto, altri però dicono che sia stato ucciso mentre dormiva, nel suo letto, uomini di origine tedesca dicono invece di averlo
ucciso nella foresta. Quindi il personaggio è quello ma il mito cambia di regione in regione.
Deor viene imprigionato da questo sovrano, costretto a lavorare per lui, gli vengono tagliati i tendini e uccisi i figli ecc… In tutto il
verso siamo di fonte d un fenomeno di allitterazione.
In un utilizzo della situazione invernale che è rappresentato come un contesto negativo e caratteristico nelle elegie e connota IL
LESSICO DEL DOLORE.
L’immagine tra le serpi è stata diversamente interpretata, immaginiamo un contesto letterale, però nessuno degli elementi a cui
possiamo far riferimento per ricostruire la sua storia ci rimanda a questa immagine, quindi l’interpretazione può essere che: o ci
sia un errore e quindi sia “burnan” quindi non le serpi ma il dolore, oppure che sia una condizione metaforica, si trova tra le serpi
che in realtà sarebbero un rimando al dolore, alla sofferenza. Oppure possono indicare le decorazioni presenti sulle spade e sugli
oggetti pregevoli che Weland forgiava, quindi sarebbe collocato nella sua officina.
STROFE 3
0014 We þæt Mæðhilde monge frugnon – Di Mæthhild molti di noi hanno sentito –
0015 wurdon grundlease Geatas frige, divenne sconfinata la passione del Geata,
0016 þæt him seo sorglufu slæp ealle binom. così che il tormentoso amore gli tolse del tutto il sonno.
0017 Þæs ofereode, þisses swa mæg. Quello è passato, passerà anche questo.
14° VERSO
MATILDE nome germanico, Mæð-hilde potrebbe essere un altro nome per Beadohilde, abbiamo visto come i nomi possono
cambiare nel corso della storia e i personaggi possono avere più appellativi. Possiamo considerare anche Mæð come un hapax
legomenon, qualcosa legato al nordico antico Meiðan (che significa combattere -oltraggio/violazione) non torna però il fatto che
nella struttura del Deor ogni strofa ha un personaggio, quindi il fatto che torni sullo stesso personaggio non è coerente con la
struttura del testo.
Possibile traduzione è “L’oltraggio di Hilde”.
In area anglosassone e scandinava si parla di una certa Hilde che potrebbe essere la figlia di un sovrano: lei è Hilldr, una
valchiria, figlia di Högni. Viene rapita al padre che insegue i due fuggiaschi (Hedhim), inizia un combattimento molto feroce in cui
muoiono sia i sostenitori di uno che dell’altro, la valchiria poi li risveglia perché possano combattere in eterno. (Tema dell’amore
infelice e la mancanza di sonno.)
Nell’area anglosassone questa vicenda perde queste connotazioni psicologiche, questa Hilldr viene citata anche nel Beouwlf,
in cui Hilldr ha sposato un sovrano e i suoi fratelli iniziano una guerra contro il cognato, finché si arriva allo scontro finale e a una
carneficina definitiva. Questo episodio viene rappresentato in quello che è chiamato il “Frammento di Finnsburg”, ch’è una vera
e propria battaglia tra le due popolazioni.
Altra possibilità è che ci troviamo di fronte a due personaggi, Goute e Magnhild, che compaiono in alcune ballate (una nordica e
una islandese) si tratta di storie che vengono ancora tramandate ma è arduo fare salti così indietro nel passato.
Anche nella versione norvegese si parla di un amore infelice Goute e Magnhild sono una coppia di sposi, Magnhild all’inizio
della cerimonia piange perché sente che troverà la morte nel fiume che devono attraversare. Il marito la rassicura dicendole che
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[Questa idea dell’amata che risorge attraverso il canto richiama un po’ il mito di Orfeo (la donna -Euridice- che viene riportata in
vita dal canto di lui).]
Tutte queste restano comunque delle ipotesi, anche se verosimili. Il nome Magnhild (Matilde) viene usato per la prima volta in
Inghilterra dopo la conquista normanna, si chiama così la moglie di Guglielmo il conquistatore, a sua volta figlia di Baldovino V di
Fiandra.
Ma nel periodo anglosassone questo non è un nome che troviamo normalmente nei testi.
Monge (la g è posta tra una nasale e una e, quindi leggiamo /Monghie/) nom. pl. dell’aggettivo Manig (molti-many) nom sing se
aggiungiamo la desinenza -e abbiamo Manig-e (/manie/) monige la a viene nasalizzata dalla nasale successiva, in ags la a è un
suono intermedio tra a/o che viene nasalizzato per effetto della nasale successiva (esempio troviamo la congiunzione scritta
and/ond) la i viene contratta e si perde perché nell’indebolimento della sillaba finale arriviamo a perderle nel plurale.
La forma nella lingua moderna è la rappresentazione grafica dell’occlusiva velare che si palatalizza (Many).
Frugnon verbo “sentire”, (l’ho sentito dire, raccontare, letto nei libri) c’è una necessità di rifarsi alle fonti (fonti in generale).
Queste frasi le ritroviamo anche nel Beowolf, c’è l’uso di questo verbo per introdurre la narrazione.
Anche in un testo dell’area tedesca che parla dell’origine del mondo, troviamo la locuzione:
“Dat gefregin ih” (io ho saputo questo) e poi il poeta racconta la sua storia.
Possiamo considerarla una locuzione „formulare“.
Dal punto di vista morfologico, questo verbo è un verbo forte, quindi siamo in quella che è la 3 classe del verbo forte, che sono
quelli che hanno l’alternanza e/a
Qui il verbo all’infinito è:
Frignan (la nasale è postposta alla consonante-c’è un’inversione tra le due consonanti)
pres. Fraegn (la a si palatalizza)
part. Pre. Frugnon / preterito pl. ge-frugnen
15° VERSO
Grundlease siamo di fronte ad una forma aggettivale. -lease suffisso di privazione (legato anche al verbo lose ted. less ing.)
=senza fine/senza fondo
Geatas i Geati è anche la stirpe a cui apparteneva Beowulf. Il nome si avvicina a “Goti”- Potrebbe essere anche una
anticipazione di Teodorico, oppure Odino che è anche detto “Goutr”, quindi Mæðhilde potrebbe essere un riferimento alle
valchirie di Odino.
Frige ci sono state interpretazioni diverse, Malone (uno degli interpreti di questi testi) dice che sta per “donna” (tipo Freu)
indicherebbe quindi la moglie del Geata, ma questa interpretazione non è molto condivisa, si pensa si tratti invece del pl. del
sostantivo Frige (amori) Weres-frige = l’amore dell’uomo.
16° VERSO
He Il pronome personale he si presenta in questa edizione, che è quella del manoscritto, sia al nominativo che all'accusativo
nella medesima forma (him).
slæp sostantivo maschile in a, legato al verbo slæpan (che nelle lingue germaniche antiche è un verbo reduplicativo, che
consideriamo parte della I classe dei verbi forti e che formano il preterito con la ē2. Originariamente formavano il preterito con il
raddoppiamento della sillaba radicale.)
Ealle tutti (all), aggettivo, nella forma del plurale, nella forma dell'ags che presenta il fenomeno di frattura (la a che si frange
davanti alla geminata). > che diventa poi forma avverbiale 'del tutto'.
Binom verbo forte di IV classe, che presenta l'alternanza apofonica, sia qualitativa che quantitativa, a livello di germanico
comune.
G.c. * e a ē un/l
In ags abbiamo, come in tutte le lingue germaniche, niman perchè la e seguita da nasale+ cons. diventa i. Solo in ags e nelle lingue
ingevoni il cambiamento avviene anche solamente in presenza di nasale semplice. La forma della seconda voce verbale è una a
che si palatalizza, però siccome si tratta di una nasale potremmo avere anche la forma nom (a seconda delle varianti dialettali dei
testi che ci vengono tramandati). La terza voce paradigmatica è una i lunga che diventa una a palatalizzata lunga, oppure una o
lunga perchè c'è un suono intermedio tra la a e la o.
STROFE 4
0018 Ðeodric ahte þritig wintra Theodric tenne per trenta inverni
0019 Mæringa burg – þæt wæs monegum cuþ. La fortezza dei Mæring – questo fu noto a molti.
0020 Þæs ofereode, þisses swa mæg. Quello è passato, passerà anche questo.
18° VERSO
Ðeodric Teodorico.
ahte preterito presente, l’infinito è agan. Il suffisso in dentale, che ci fa pensare ai verbi deboli, viene utilizzato anche dai verbi
in preterito presente. Questo verbo presenta āg e āgon, come singolare e plurale. Da notare la spirantizzazione in ahte, che significa
possedere/avere.
þritig numerale per 30 þri (3), a cui si aggiunge ‐tig per la decina, che noi leggiamo /ty/ (palatalizzata).
wintra Gen pl. Inverni (noi li consideriamo come “anni”): si utilizza la connotazione dell’inverno per indicare l’anno. Questa
parola la si trova anche nel Beowulf con la stessa connotazione. Nell'intero mondo germanico la parola inverno viene utilizzata per
indicare l'intero anno.
19° VERSO
Mæringa il suffisso -ing indica l'appartenenza (riferimento alla città dei Goti)
Il termine cuþ (noto) deriva dalla radice dell'ie *kann jan, una forma che dovrebbe essere originariamente *kunϷ. Nella forma che
abbiamo però in anglosassone, nel testo, la nasale non c'è: perchè, come abbiamo già detto, in ags e nelle lingue ingevoni la nasale
cade davanti a qualsiasi fricativa.
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LA FIGURA DI TEODORICO
Sappiamo che Teodorico è un personaggio storico, che governa il Regno di Ravenna e di Roma, tra il 493 e il 526. è re degli ostrogoti
e viene mandato in Italia sostenuto da Zenone, che è l’imperatore romano d'Oriente. In Italia, Teodorico scaccia Odoacre. Lo
ritroviamo poi in una serie di testi nei quali Teodorico è definito esule (questa annotazione dei 30 anni lo troviamo anche nel
Hildebrandslied, carme dell'ata). Come nasce la leggenda di Teodorico che, da vincitore (per aver sconfitto Odoacre), diventa
vittima (cioè l’eroe che deve vendicare un torto subito)? possiamo immaginare che i Goti iniziano ad arrivare in Italia anche prima
di Teodorico; una delle interpretazioni date dalle cronache è che Teodorico venne mandato in Italia per liberare il suo popolo da
Odoacre.
Abbiamo altre fonti in cui ci sono diverse descrizioni di Teodorico: alcune in cui viene descritto più come personaggio storico, quindi
con una visione più legata a quella reale. Egli era goto e ariano. Abbiamo alcune documentazioni in cui viene considerato eretico
e gli vengono attribuite una serie di nefandezze, che non ha fatto nella storia reale. A lui si attribuisce poi, e questi sono dati storici,
l’uccisione in carcere di Boezio (Consolatio philosophae) e dei suoi consiglieri che vengono allontanati nell'ultima fase del suo regno
quando non si fida più di questi collaboratori. Teodorico diventa quindi un sovrano malvagio.
In area Anglosassone: Teodorico ci viene citato oltre che in testi poetici, come il Deor, anche nel Widsith in cui un cantore parla di
eroi/sovrani e popoli, in cui viene citato solo il nome; in un altro poema, il Wanderer in cui viene citata un’arma di Teodorico. Un
testo che si dedichi alla figura di Teodorico non lo abbiamo. Abbiamo però la traduzione fatta nel periodo di Re Alfredo della
Consolatio di Boezio, in cui Teodorico viene rappresentato come personaggio negativo, un sovrano eretico.
D'altra parte, la poesia anglosassone si lega alla tradizione cosiddetta germanica in cui abbiamo la rappresentazione di Teodorico
come esule.
Non sappiamo quale Teodorico sia rappresentato nel Deor: si può pensare che sia il Teodorico che per 30 anni è stato lontano in
una città dell'esilio, oppure potrebbero essere le città di Ravenna o Verona in cui Teodorico è stato sovrano, e si fa quindi
riferimento ad un governo crudele, che ha portato sofferenza.
Nella strofa successiva (che non dobbiamo memorizzare) si parla di Ermanarico, un altro sovrano storico‐mitologico. Si tratta di un
sovrano crudele.
Il riferimento a Teodorico legato alla stirpe dei Meringhi lo troviamo nel Deor e anche in una iscrizione runica sulla Pietra di Rök,
che si trova nell’area Scandinava > si fa riferimento a Teodorico, signore dei Meringhi. Si tratta di un elogio funebere, in cui un padre
commemora il proprio figlio con queste iscrizioni.
In area tedesca, nella traduzione latina della Consolatio Philosophae anche qui viene nominato sempre come signore dei meringhi,
anche se se ne parla come un sovrano cattivo. Si pensa che Mær significhi famoso/illustre, e indica anche qualcosa che si racconta.
La parola tedesca moderna Meherchen (favola) è legata a questa radice, e indica qualcosa che viene raccontata perchè degna di
essere famosa.
Meringhi potrebbe essere uno dei tanti appellativi con cui potevano essere chiamati i goti.
La strofa di Ermanarico: Ermanarico governò su molti popoli, e viene appellato anche come sovrano dei goti. Ermanarico è un
sovrano ancora più antico di Teodorico; la storia ci dice che si suicida davanti alle truppe nemiche, azione interpretata come atto
di codardia. In altre fonti viene descritto come un sovrano crudele, che addirittura fa uccidere la moglie e la fa trascinare dai
cavalli, ecc.
Inizia poi la parte in cui si chiudono le singole vicende raccontate da Deor, il poeta che parla, e che fa una disquisizione sulla vita
(Siede l'affranto privo di gioie [...]) e sul fatto che bisogna accettare pene e gioie che vengono distribuite in egual misura anche se
noi non lo percepiamo. In conclusione, parla in prima persona e della propria esperienza: questo voglio dire di me stesso […]
[Ognuno dei personaggi raccontati va incontro ad una fine sfortunata e immeritata, ma in ogni caso il poeta ripete il ritornello. Solo
nell'ultima strofa, però, veniamo a sapere a cosa si riferisce Deor: egli infatti ci racconta di essere stato poeta/ menestrello di corte
presso gli Eodeninghi (presumibilmente una stirpe o famiglia germanica) fino a che il suo posto non è stato attribuito ad un artista
più dotato, di nome Heorrenda, costringendo Deor ad un destino errante. Dire 'il mio nome era Deor' implica quasi la perdita della
personalità, che però non viene imputata né a colui che ha preso il suo posto e né al Signore degli Heodeninghi (il protettore dei
guerrieri).
Pag. 71 a 71