^ H I SOCIETÀ EDITRICE
m = E s c u L A P ia
S. L onghi, M. N isoli,
R. O sellame, 8. Stagira
f is ic a g e n e r a l e
P roblemi di M eccanica, T ermodinamica
E lettricità e Magnetismo
SOCIETÀ EDITRICE
E S C U L A P ia
ISBN 978-88-9385-045-2
Le fotocopie per uso personale (cioè privato e individuale, con esclusione quindi
di strumenti di uso collettivo) possono essere effettuate, nei limiti del 15% di
ciascun volume, dietro pagamento alla S.I.A.E del compenso previsto dall’art.
68, commi 4 e 5, della legge 22 aprile 1941 n. 633. Tali fotocopie possono essere
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Indice
4 Lavoro ed energia 95
4.1 Problem i................................................................................................................ 95
4.2 Soluzioni...................................................................................................................101
4.3 Esercizi di autovalutazione....................................................................................122
4.4 Soluzioni sintetiche degli esercizi.......................................................................... 125
12 Magnetostatica 371
12.1 Problem i...................................................................................................................371
12.2 Soluzioni...................................................................................................................377
12.3 Esercizi di autovalutazione....................................................................................401
12.4 Soluzioni sintetiche degli esercizi.......................................................................... 404
Questo volume contiene una raccolta di oltre 450 problemi risolti di Meccanica, Termo-
dinamica, Elettricità e Magnetismo, nata dall’esperienza didattica maturata dagli autori
nell’insegnamento dei corsi di Fisica presso le Facoltà di Ingegneria del Politecnico di Mi
lano. L’opera, che fa parte di una collana di eserciziari scritti dagli stessi autori, è rivolta
in particolare a studenti impegnati ad affrontare un corso di Fisica Generale nelle Facoltà
di Ingegneria o di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali.
Lo scopo principale di questo volume è di fornire allo studente un nuovo e valido contribu
to didattico mediante lo svolgimento accurato, metodico e lineare, di numerosi problemi.
Gli esercizi sono raggruppati in capitoli organizzati per argomenti ed aree tematiche: cal
colo vettoriale; cinematica e dinamica del punto materiale; lavoro ed energia; dinamica
dei sistemi, gravitazione e dinamica del corpo rigido; primo e secondo principio della ter
modinamica; elettrostatica nel vuoto, nei conduttori e nei mezzi dielettrici; correnti in
regime stazionario; campi magnetici stazionari.
II volume è corredato da numerosi temi risolti, recentemente assegnati nelle prove d’esame
di corsi di Fisica del Politecnico di Milano. Tali temi sono raccolti in tre capitoli; i primi
due riguardano Meccanica e Termodinamica ed Elettricità e Magnetismo, mentre il terzo
contiene temi riepilogativi relativi ad entrambi gli argomenti.
1.1 Problemi
p.i.i.
Una particella si sposta da A(l,2,3) a B (l,3,l). Si determinino i vettori posizione iniziale
e finale rispetto all’origine e l’espressione del vettore spostamento.
P.1.2.
Dati due punti in un piano cartesiano:
,4(1,1,1), £ ( 2 ,- 1 ,3 )
si determini l’espressione del versore u che individua la direzione ed il verso del vettore
(B-A) che congiunge i suddetti punti.
R 1.3.
Dati i due vettori
VZ i /—
vi = — ux - - u y , v 2 - - V 2ux + 2uy
si calcolino:
(i) il vettore somma V 1 + v 2;
(ii) il prodotto scalare Vi •v 2;
(iii) il prodotto vettoriale V 1 x v 2;
(iv) la componente del vettore w = 3ux — 2uy nella direzione e verso del vettore somma
determinato al punto (i).
R 1.4.
Si determini l’angolo compreso tra i due vettori:
P.1.5.
Si calcoli il prodotto vettoriale tra gli stessi due vettori dell’esercizio precedente.
P.1.6.
Si determini il modulo quadro del vettore somma Iv1 + v 2|2 dei due vettori del problema
P. 1.4 e si verifichi la seguente relazione:
R 1.7.
Si determini l’espressione di un vettore v 3 di modulo pari a 5 e con direzione ortogonale
ai seguenti due vettori:
V1 = 2ux + uy - 3u 2
v 2 = ux - 2uy + uz
P.1.8.
Dati due vettori:
v 3 = 2ux - uy + zuz ,
P.1.9.
Si calcoli la derivata dei seguenti vettori rispetto al parametro t:
(i) V 1 = t ux + y/3t U y ;
(ii) v 2 = cos t ux + sin t U y .
Si determini inoltre la quantità:
P.1.10.
Si consideri il campo vettoriale definito in coordinate cartesiane dalla relazione:
v = ir u X + 1/Uy .
+ ’
1.1 Problemi 3
si disegni il vettore v nei punti di coordinate A (I5I )5B(-1,1), C (-1,-1) e D (I5-I). Sulla base
del disegno stabilire qual è in generale la direzione ed il verso di v in un punto generico
del piano. Si ripeta l’esercizio per il campo vettoriale
w - y** z xuy
\[x? + Vi
p .i.ii .
Sia assegnato il campo vettoriale definito in un punto P dall’espressione
E(P) = ^ ur
P.1.12.
In un sistema di coordinate cartesiane siano definiti due campi vettoriali
a = x2ux — 2yuy
e
b = (2x + l)u x + ^2Uy
Sia c = a + b la loro somma. Si calcolino:
(i) Il modulo di c;
(ii) I punti in cui |c| = 0 (se esistono).
P.1.13.
In un sistema di coordinate cartesiane un campo scalare è definito dalla relazione:
f { x , y ,z ) = - A —£
X2 + y2
P.1.14.
Assegnato in un sistema di coordinate cartesiane un campo scalare / = /( x , y , z), si defi
nisce gradiente del campo scalare f la quantità:
, , dS «/ ài
f (x , y, z) = 3-\/x2 + y2 + 22
4 Calcolo vettoriale ed analisi dimensionale
P.1.15.
Assegnato in un sistema di coordinate cartesiane il campo vettoriale v = UrUx + vyuy +
X2Uz, si definisce divergenza del vettore v la quantità:
dvx dvy_ (hh
div v —
dx dy dz
In base a tale definizione si calcoli la divergenza del vettore w = 2xyux—z2uy+5 sin(zy)uz.
P.1.16.
Assegnato in un sistema di coordinate cartesiane il campo vettoriale v = xxux + vyuy +
X2Uz, si definisce rotore del vettore v la quantità:
Ux % Uz
d_ d_ d_ / dvz dvy\ (d v x dvz\
dx dy dz Uy +
V dy ~ dz ) Ux + V dz ~ dx )
Vx Vy Vz
In base a tale definizione si calcoli il rotore del vettore w = 4z2yux — 3(x /y)u y + 2xzuz.
P.1.17.
Si calcoli il valore dell’integrale di linea
L/7, A-^B
w •di
y = ax2\
A(0,0) e B(2,4a) due punti di 7; w un campo vettoriale di espressione
W = Xlly - ^ ux (1)
e di il vettore spostamento infinitesimo orientato lungo 7 nella direzione che va da A a B.
P.1.18.
Sfruttando il principio di omogeneità, si determini l’espressione del periodo delle piccole
oscillazioni di un pendolo semplice sapendo che può dipendere, mediante una costante
adimensionale, solo dalla massa m del pendolo, dalla lunghezza l del filo e dall’accelera
zione di gravità g.
P.1.19.
Si determinino le dimensioni della costante di gravitazione universale 7 presente nella
legge di gravitazione universale:
Ui1Tn2
f = i — —
rz
1.2 Soluzioni 5
1.2 Soluzioni
S .l .l .
Il vettore posizione in coordinate cartesiane di una particella che si trova in un qualsiasi
punto dello spazio ha come componenti le stesse coordinate del punto. Da ciò consegue
che il vettore posizione iniziale della particella corrispondente al punto A (1,2,3), è espresso
da
yb = ux + 3uy + uz . (2)
Il vettore spostamento, definito come la differenza tra il vettore posizione finale ed il vet
tore posizione iniziale, è quindi pari a
Ar = yb - ya = uy - 2uz . (3)
|Ar| = + rI + rI = , (4)
cos a =
Ary _ J _
cos/3 — (5)
|Ar| “ V5
Ar, ____ 2_
cos 7 =
|Ar| ” V5
Osservazione:
E5 utile ricordare che i coseni direttori sono i coseni degli angoli individuati dal vettore
in esame con i tre assi cartesiani e sono quindi dati dal rapporto tra le proiezioni del
vettore sui tre assi (le sue componenti) ed il suo modulo. I coseni direttori permettono
di individuare univocamente direzione e verso di un vettore. Si può inoltre verificare una
proprietà generale dei coseni direttori:
S.1.2.
Il vettore (B-A) che congiunge i due punti può essere calcolato come la differenza dei due
vettori posizione che individuano i suddetti punti:
ya = ux + Uy + uz
yb = 2ux - U y + 3uz
e quindi
Il versore è un vettore di modulo unitario che viene utilizzato per indicare una direzione
ed un verso. Per ricavare un versore a partire da un vettore in modo che ne mantenga la
direzione ed il verso basta dividere il vettore stesso per il suo modulo.
Il modulo del vettore (B-A) è dato da:
\ B -A \ = V l + 4 + 4 = 3, (3)
(B -A )
\B -A \
— U 7. ------ U 11 H—
3 3 y 3
. (4)
Lasciamo al lettore la verifica che il modulo del versore trovato sia effettivamente unitario
e che i coseni direttori del vettore (B-A) siano uguali a quelli del versore u.
S.1.3.
(i) Il vettore somma è dato da
y/2 3
Vl + V2 = Ux + (1)
“ ^ - U* + 2 Uy;
v/2
V i • V 2 = V i x V2X + V l y V 2y + V i z V2z = — (-A) + (2)
Ux Uy Uz +2 1
- i2 O ^2 O 2 2
Vi X V2 = Vlx V1y Vlz = Ux + Uy + Uz
2 0 -y/2 O - v /2 2
Vor V0.1, Vo7.
= + + +
1.2 Soluzioni 7
(iv) La componente del vettore w nella direzione e verso del vettore somma ricavato al
punto (i) può essere ottenuta mediante prodotto scalare tra il vettore w ed il versore u
che individua direzione e verso del vettore somma. Si ricavi quindi il versore u con lo
stesso procedimento visto nell’esercizio R 1.2:
Vi + V 2
(4)
Iv I + V 2I’
dove
yn
|vi + V 2 (5)
2
1
e quindi
(6)
Wu - - + = ( ^ 2 + 2) = 3.09. (7)
Osservazioni:
E’ importante ricordare che il prodotto scalare è commutativo, mentre il prodotto vetto
riale è anticommutativo. Questo significa che se anche si inverte l’ordine dei due vettori
moltiplicati scalarmente il risultato non cambia, mentre nel prodotto vettoriale un’inver
sione dell’ordine dei vettori produce un risultato di segno opposto. Si lascia al lettore di
verificare le proprietà appena ricordate a partire dalle definizioni applicate nei punti (ii)
e (iii).
S.1.4.
Per determinare l’angolo tra i due vettori è possibile utilizzare la definizione di prodotto
scalare, infatti:
V l •V2
vi •v 2 = |vi||v2|cosi? cos d = (1)
Iv I11V21’
dove d è l’angolo compreso tra i due vettori. Si calcoli il prodotto scalare tra i due vettori
mediante la formula fornita nella soluzione del problema R 1.3:
vi •v 2 = - 3 + 8 - 30 = -2 5 . (2)
|vi| = V9 + 16 + 25 = VEo
jv2j = V l + 4 + 36 = V
(3)
8 Calcolo vettoriale ed analisi dimensionale
si ricava
S.1.5.
Come già visto nella soluzione del problema R 1.3, il prodotto vettoriale tra due vettori si
calcola mediante il seguente determinante:
ux uV U2
Vi X V2 3 4 -5 = ux(2 4 + 1 0 )-u y(1 8 -5 )+ u ,(6 + 4 ) = 34ux-1 3 u y + 10u, (1)
-1 2 6
S.1.6.
Si ricavi innanzitutto la relazione fornita nel testo del problema. Sapendo che il modulo
quadro di un vettore può essere visto anche come il prodotto scalare del vettore con se
stesso, si può scrivere:
Si calcoli ora il modulo quadro del vettore somma dei due vettori del problema P .l.4:
I moduli dei due vettori ed il coseno dell’angolo tra di essi compreso sono già stati calcolati
nella soluzione del problema R 1.4 e quindi, calcolando il secondo membro della relazione,
si ottiene:
S.1.7.
Un’importante proprietà del prodotto vettoriale tra due vettori è che il vettore risultante
è sempre ortogonale al piano individuato dai due vettori iniziali. Quindi, un qualsiasi
vettore ortogonale a vi e v 2 sarà esprimibile come il prodotto tra uno scalare k ed il
1.2 Soluzioni 9
Ux Uy Uz
v 3 = kw = k(vi x v 2) = k 2 1 -3 —bk(ux + Uy + uz) (1 )
1 -2 1
V3 = T^=(U x + U y + U 2) . (3)
S.1.8.
Come visto nella soluzione dell’esercizio precedente, il vettore risultante dal prodotto vet
toriale tra due vettori è ortogonale al piano individuato dai vettori stessi. La condizione
che si può imporre al terzo vettore affinché sia complanare ai primi due è che il prodotto
scalare tra il terzo vettore ed il risultante dal prodotto vettoriale tra i primi due sia pari
a zero. Infatti, il prodotto scalare tra due vettori non nulli è pari a zero solo quando i
due vettori sono tra loro ortogonali e l’ortogonalità tra il terzo vettore ed il risultante del
prodotto vettoriale implica la complanarità ai due vettori iniziali.
Si inizi quindi calcolando il prodotto vettoriale tra i primi due vettori:
Ux UV Uz
W = (vi X V2) = 4
3
2
-3
-7
1
—19ux — 25uy — 18uz a)
Il vettore v 3, per essere complanare ai primi due, deve quindi fornire un prodotto scalare
nullo con il vettore w:
S.1.9.
Incominciamo col calcolare le derivate dei due vettori. La derivata di un vettore rispetto
ad una variabile, è un vettore che ha come componenti le derivate delle componenti del
vettore iniziale; analizziamo ora i due casi:
(i) Il vettore Vi = t ux+\/3t uy è un vettore che varia solo in modulo, mentre la sua direzio
ne e verso rimangono costanti. Infatti la sua inclinazione rispetto all’asse delle x è data da
ciò non implica tuttavia che la derivata sia nulla, infatti il vettore v 2 cambia direzione al
variare di t. La pendenza del vettore rispetto all’asse x è in questo caso pari a
m = — — tan t . (4)
V2x
dw2
= —sin t ux 4- cos t Uy . (5)
dt
_ _ Vy _ 1 3_
vx tant m 5
Si noti che l’integrale (definito od indefinito che sia) di un vettore rispetto ad una variabile,
è ancora un vettore. Si osservi che i versori degli assi non dipendono dalla variabile t , per
cui possiamo riscrivere la precedente espressione nella forma:
I= Ux
Jo
(t — cos t) dt + Uy J (^/3t — sin ^ dt, (8)
da cui si ottiene:
1.2 Soluzioni 11
a
. 1 V à i2 ,
Ux - - S 'n t — --------- h COS t
+ Uy (9)
0
ed infine
(1 0 )
Si noti che I è un integrale definito, calcolato tra estremi costanti; pertanto il risultato è
un vettore costante.
S.1.10.
Nei punti considerati dal problema il campo vettoriale v vale: v(A) = (ux + uy)/>/2;
v(B) = ( - u x + uy)/\/2; v(C) = ( - u x - uy)/\/2; v(D) = (ux - uy)/V2. Si noti che
in qualunque punto del piano (ad eccezione dell’origine, in cui il campo non è definito) il
modulo di v è sempre pari ad 1. Come si evince dalla figura successiva, il campo ha in
genere un andamento radiale; ciò significa che, considerato un punto P del piano, il campo
risulta diretto lungo la retta congiungente P con l’origine delle coordinate. Un campo di
questo tipo è detto "centrale” , in quanto diretto verso il centro del sistema.
Il campo vettoriale w, nei punti assegnati dal problema, è invece pari a: w (A) = (ux —
uy) / A ; w (B) = (ux + uy) / ;w(C) = ( - u x + uy) / A ; w
2
/
\ =
12 Calcolo vettoriale ed analisi dimensionale
Anche in questo caso il modulo di w è pari ad 1 in qualunque punto del piano, ad eccezione
dell’origine in cui il vettore non è definito. Il disegno del campo nei punti assegnati rivela
che il vettore descrive un vortice diretto in verso orario attorno all’origine delle coordinate.
S .l.ll.
Per calcolare il campo E in funzione delle coordinate x ed y e dei corrispondenti versori
degli assi, dobbiamo anzitutto riesprimere il versore radiale ur. Come si evince dal disegno
in figura , il triangolo PDC formato dal versore ur e dalle sue proiezioni lungo le direzioni
orizzontale e verticale, é simile al triangolo OHP (infatti hanno gli stessi angoli interni).
Dunque possiamo scrivere una proporzione fra i lati corrispondenti dei due triangoli, nella
utilizzando le precedenti proporzioni tra i lati dei due triangoli, si arriva all’espressione:
Ur Ux + (2)
= ( - u x - uy)/\/2. \ A 2 + y2 x \A2+ y
Ricordando poi che la distanza radiale può essere riscritta come r = y j x 2 + y2, otteniamo
finalmente l’espressione del campo E:
S.1.12.
La somma dei campi vettoriali a e b è pari a
S.1.13.
La superficie di livello
k
x 2 + y2
— costante a)
equivale ad una superficie di equazione (x2+ y 2) =
costante. Si consideri ora un piano II perpendi
colare all’asse z del sistema di coordinate. Per il
teorema di Pitagora, la quantità rxy = y/x2 + y2
rappresenta la distanza rxy dall’asse z di un pun
to P di coordinate (x, y, z) giacente su II. Dun
que la nostra superficie di livello può anche essere
rappresentata dall’equazione
rxy = costante.
Si osservi che tale espressione non dipende da z\ con riferimento alla figura, possiamo
pertanto concludere che essa rappresenta un cilindro indefinito il cui asse coincide con z.
S.1.14.
Si applichi la definizione di gradiente al campo scalare fornito nel testo
2x 2y 2z
grad / : =Xlx + Uy + '
2y/x2 -Vy2 + . 2 y jx 2 + y2 + z2 2 y jx 2 + y2 +
( 1)
0 x\ix + yuy + ZUz
y/X2 + y2 + Z2
14 Calcolo vettoriale ed analisi dimensionale
dove il numeratore può anche essere visto come il generico vettore posizione rispetto al
l’origine ed il denominatore è il suo modulo, quindi
+ l ) 4 + y2(y - 2)2. (2)
e rappresentano delle superfici sferiche di raggio k. Si può quindi concludere che il gra
diente, essendo diretto come il raggio, è ortogonale in ogni punto alle superfici di livello,
proprietà questa di carattere generale.
S.1.15.
Per determinare l’espressione della divergenza del campo vettoriale w = 2xyux — z2uy +
5sin(zy)uz, calcoliamo dapprima le derivate parziali delle sue componenti rispetto agli
assi corrispondenti:
dwx d (2 x y )o
dx dx ~ V' (l)
dwv d [- Z 2)
(2)
dy dy
S.1.16.
Per determinare l’espressione del rotore del campo vettoriale w = 4z2yux — 3(x/y)uy +
2xzuz procediamo calcolando le derivate parziali delle sue componenti rispetto a tutti gli
assi:
Ow1 _ d(4z2y)
dx dx (1)
dwx __ d (4z2y) _
(2)
dy dy
dwx _ d (4 z2
dz
(3)
dz
dwy d [—3(x/y)] 3x
(5)
dy y2 ’
dwy [-3 (g /y )]
(6)
dz
(2 n
(7)
= = 2Z’
dwz _ d (2xz)
(8)
~ ~ d i ~ ~ U;
dwz d (2
(9)
Ih = = '
A tal punto, tenendo a mente la definizione di rotore:
Ux uy Uz
( dwz dwv \ ( dwx
d_ d_ d_
Uy +
( dwv
dx dy dz
[ ~ W ~ ~ d 7 ) U x + \~d7 \ dx
Wy Wz
(10)
e sostituendo quanto trovato in precedenza, si ottiene:
da cui
3 „ 2
rot w = z4( — I) uy —
2 - + 4 (1 2 )
y
Si noti che la derivata di ciascuna componente rispetto al proprio asse, non compare nel
l’espressione del rotore; tali quantità sono invece impiegate per il calcolo della divergenza.
S.1.17.
Faremo riferimento alla figura, in cui è mostrata la linea 7
tra i punti A e B ed i vettori w e di in un punto generico della
linea; si noti che lo spostamento infinitesimo di è diretto da
A a B . Procediamo ora col calcolare l’integrale di linea
f w •di. (1)
J 7, A —>B
di = dx ux 4- dy uy;
si noti tuttavia che dx e dy sono tra loro legati, in quanto lo spostamento non è di tipo
generico, ma avviene lungo la linea 7. Mediante l’equazione che definisce la linea:
16 Calcolo vettoriale ed analisi dimensionale
y — dx2 (3)
dy .
dy — dx = 2ax dx. (4)
dx
Sostituendo nella (1) la (4) e ricordando che il vettore è dato dall’espressione w = xuy —
2/ux, si ottiene:
L A —>B
w •di — 2/ux] •[dxux + 2ax dxuy] , (5)
che diviene
L w - di =
rJxA
[2ax2 — y(x)\ dx; (6)
nella precedente equazione si è fatto uso dell’espressione del prodotto scalare di due vet
tori in funzione delle loro componenti. Si noti inoltre che l’integrale di linea diviene un
normale integrale definito nella variabile x esteso tra le ascisse dei punti A(0,0) e B(0,4a).
Sostituendo nella (6) ancora la (3), si giunge infine a:
L 7, A->B
w - di =
L
2 ax 2 dx
, ——
8 a.
o
(7)
S.1.18.
Indichiamo con r il periodo di oscillazione del pendolo, e supponiamo che esso dipenda
dalla massa m del corpo, dall’accelerazione di gravità g e dalla lunghezza l del pendolo
secondo una legge della forma:
t = kmxgylz, (1)
Uguagliando gli esponenti di [T], [L\ ed [M] nei due membri della precedente equazione,
si ottiene —2y = 1, y + z = 0, x = 0, e cioè:
Sostituendo tali valori di x, y e z nella equazione (1) si ottiene infine per il periodo r del
pendolo la seguente espressione:
E’ chiaro che il valore numerico della costante k non può essere determinato in base a sole
considerazioni dimensionali, ma si dovrà ricorrere ad uno studio dettagliato della legge di
moto del pendolo. Per piccole oscillazioni, la teoria mostrerà che k - cI rK.
S.1.19.
Le dimensioni della costante di gravitazione universale 7 che compare nella legge di
gravitazione universale,
Tn1TTl2
si determinano mediante una analisi dimensionale della equazione (1), e cioè imponendo
per il principio di omogeneità che le grandezze a sinistra e a destra dell’equazione abbiamo
le stesse dimensioni. Per questo osserviamo che, poiché vale la relazione fondamentale
forza = massa x accelerazione, le dimensioni di una forza sono [F] = [M][L][T]-2 , e
quindi deve aversi:
[F] = [M][L][T]-2 = [7][M]2[L]-2, (2)
che è una equazione dimensionale nella incognita [7]. Poiché per le equazioni dimensio
nali vale un’ algebra analoga a quella per le equazioni numeriche, possiamo risolvere la
equazione (2) rispetto a [7]:
[7] = [M]-1 [L]3[T]-2 (3)
18 Calcolo vettoriale ed analisi dimensionale
AV.1.2.
Siano a e b due vettori non collineari. Si determini per quali valori di x i due vettori
c = 2xa + (3x + 4)b e d = 2a + xb sono collineari.
AV.1.3.
Un corpo di massa m viene lasciato cadere da un’altezza h. Assumendo che il tempo di
caduta sia una funzione della massa m, dell’altezza h e della accelerazione di gravità g,
sulla base della sola analisi dimensionale si mostri che il tempo di caduta è indipendente
dalla massa m e proporzionale a yjh/g.
AV.1.4.
Si determini il versore u diretto come il vettore (P-O ), dove O rappresenta l’origine di un
sistema di assi cartesiani ortogonali e P è un punto di coordinate (1, —2 ,2).
AV.1.5.
Una particella è sottoposta a due spostamenti. Il primo ha modulo 12 m. Lo spostamento
risultante ha un modulo pari a 10 m e forma un angolo di 35° con il primo spostamento.
Si determini il modulo del secondo spostamento e l’angolo compreso fra i due.
AV.1.6.
Si considerino i vettori a= (A-O) e b= (B-O) dove O rappresenta l’origine di un sistema
di assi cartesiani ortogonali, A =(l,4,3) e B=(2,l,4). Si calcoli:
(a) il prodotto scalare a *b;
(b) i moduli dei vettori a e b;
(c) l’angolo compreso fra a e b;
(d) il componente di a lungo b.
AV.1.7.
In un sistema di coordinate cartesiane ortogonali si consideri la funzione:
sin(xy)
/ = cI xyz +
T T zt '
AV.1.8.
In un sistema di coordinate cartesiane ortogonali si consideri il vettore funzione del tempo
w = at2ux + UyV c2 — a2t4, con a e c costanti opportune.
1.3 Esercizi di autovalutazione 19
AV.1.9.
Si consideri un sistema di coordinate cartesiane oblique do
tato di versori u^ ed U77, in cui l’angolo tra gli assi cartesiani sia
a. In esso viene assegnato un vettore v = + VriMri con le
AV.1.10.
Si determini se i due vettori a = 3ux + 2uy — 7uz e b = 2ux + 4uy + 2uz siano tra loro
ortogonali.
A V .l .l l -
Si consideri il principio di omogeneità e si determini quale delle seguenti espressioni è
corretta:
F •t3
(i)c
m
y/a •è •V i
Hi) t =
v2 5
a •t
AV.1.12.
Dalla sola analisi dimensionale si determini quale grandezza debba essere messa al posto
di x nella seguente espressione:
FH
Qj 9 ’
mzx
dove il significato dei simboli è quello dettagliato nell’esercizio precedente.
20 Calcolo vettoriale ed analisi dimensionale
S A .1.2.
x = —l oppure x = 4.
S A .1.3.
'l v
Se t oc m^h^g1 con a , /3,7 G M allora [T] = [M]a [L]^ 7^2 da cui a = 0, /3 = —7 e
7 = —|, quindi t oc
S A .1.4.
1 2 2
u - 3¾
- 3U'+3U*
S A .1.5.
Modulo: 6.87 m, angolo: 123.5°.
S A .1.6.
(a) a •b = 18;
a •b
(c) cos 9 = TTTTT = 39,6°;
|a||b|
(d) ab = ^ b = | (2,1,4)
SA.1.7.
ycos(xy) T/ _ , a: cos (xy)
(i) V = VxUx + VyUy 1 + Z2 + VzUz, con
, V yVx
- ^=x z2yz
+ i + z2 ,
2z sin (xy
Vz = 2xy -
(1 + Z2)2 5
1.4 Soluzioni sintetiche degli esercizi 21
S A .1.8.
(i) [a] = [L)[T}-\ [c] =
/ .. \ dw ^ I" at2\iv
(ni —— = Zat ux ----- . .
( 7 dt L V c2 - a?t*J
(in) w •
dw = 0; questa proprietà può essere dimostrata facilmente tenendo conto che
Iwl = c costante.
S A .1.9.
(i) = v •U^ = + Vri cos ce; Vri = v •U77 = Vri + cos a;
S A .1.10.
I vettori sono tra loro ortogonali, in quanto il loro prodotto scalare è nullo.
S A .1.11.
L’espressione corretta è la (%%).
S A .1.12.
X = Va.
Capitolo 2
2.1 Problemi
P.2.1.
La posizione di una particella che si muove lungo Tasse x dipende dal tempo secondo
Tequazione x(t) = A t2 — B t3, dove x è espresso in metri e t in secondi.
(i) Quali devono essere le dimensioni delle costanti positive A e B ?
(ii) Quanto valgono la velocità istantanea e Taccelerazione istantanea?
(iii) In quale istante la particella raggiunge la massima ascissa?
P.2.2.
Un sasso viene lanciato verticalmente verso l’alto, con velocità iniziale v0 = 10 m/s, da
una piattaforma ad altezza h = 3 m da terra. Sapendo che, in prossimità della superfi
cie terrestre, il sasso si muove, per effetto del peso, con accelerazione verticale costante,
diretta verso il basso e di modulo g = 9.8 m /s2, si calcoli dopo quanto tempo il sasso
raggiunge il suolo.
P.2.3.
Si sta progettando una nuova tratta di metropolitana sotterranea. Schematicamente la
tratta è la seguente:
A : treno fermo;
A - B : tratto di 500 m percorso ad accelerazione costante ai;
B - C : tratto di 4 km percorso a velocità costante i;2 = 72 km/h;
C - D : tratto di 250 m percorso con decelerazione costante
(i) si rappresenti su un grafico l’accelerazione, la velocità e la posizione in funzione del
tempo in modo qualitativo;
(ii) si calcoli il valore dell’accelerazione ai in m/s2 necessaria per raggiungere in B la
velocità prevista sul tratto BC;
(iii) si calcoli il valore della decelerazione a3 in m /5 2 necessaria al treno per arrestarsi nel
punto D, cominciando a frenare in C;
(iv) si determini il tempo di percorrenza del tratto AD;
24 Cinematica del punto materiale
P.2.4.
Si calcoli la velocità a cui deve muoversi di moto rettilineo
uniforme un corpo A su un piano orizzontale per raccogliere un
t
corpo B che viene lasciato cadere verticalmente da un’ altezza
h = 120 m. Il corpo B cade con accelerazione verticale costante,
diretta verso il basso e di modulo ^ = 9.8 m /s2. AlTinizio della
il______
caduta il corpo B si trova ad una distanza d = 7 m dalla d x
verticale di caduta.
P.2.5.
Si determini la profondità di un pozzo sapendo che tra l’istante in cui si lascia cadere un
sasso (con velocità iniziale nulla) e quello in cui si ode il rumore, in conseguenza dell’urto
del sasso con il fondo del pozzo, trascorre un tempo T = 4.8 s . Si trascuri la resistenza
dell’aria e si assuma la velocità del suono pari a vs = 340 m/s. Il sasso cade con accele
razione verticale costante, diretta verso il basso e di modulo g = 9.8 m /s2.
P.2.6.
Un’automobile deve percorrere un tratto di strada rettilinea, di lunghezza L - cI km, nel
minor tempo possibile partendo ed arrivando con velocità nulla. Se la massima accele
razione dell’automobile è pari ad a\ — 2 m /s2, mentre la sua massima decelerazione è
a2 = —3 m /s2, si determinino la percentuale di strada che deve essere percorsa acceleran
do ed il minimo tempo totale impiegato.
P.2.7.
Un’automobile A , inizialmente ferma, viene superata da un’altra automobile B in moto
con velocità costante Vb = 100 km/h. Al momento del sorpasso l’automobile A si mette
in moto con accelerazione costante pari ad aa = 5 m /s2. Determinare il tempo impiegato
dall’automobile A per raggiungere l’automobile B e la distanza dal punto di partenza a
cui ciò avviene.
P.2.8.
Due automobili A e B viaggiano nella stessa direzione con velocità va = 130 km/h e
Vb = 70 km/h. Quando la macchina A si trova alla distanza d dietro B , comincia a frena
re con decelerazione a = —4 m /s2. Si calcoli il minimo valore di d affinché sia evitato l’urto.
P.2.9.
Un punto materiale si muove di moto rettilineo partendo dalla posizione x = 0. La ve
locità iniziale è nulla e l’accelerazione varia nel tempo secondo la legge a = aocoscot. Si
calcolino:
(i) la legge oraria del moto;
(ii) gli istanti temporali nei quali il punto materiale ripassa per l’origine;
(iii) il modulo della velocità del punto in tali istanti.
2.1 Problemi 25
P.2.10.
Un corpo si muove di moto armonico con frequenza v = 3 Hz. All’istante t = 0 il corpo
è ad una distanza d = 10 cm dalla posizione di equilibrio e la sua velocità è v0 = 1 m/s.
Si determini il minimo intervallo di tempo per cui il corpo raggiunge il massimo modulo
della velocità e si calcoli quanto vale quest’ultimo.
P.2.11.
Un gioco al Luna Park consiste nel colpire un ber
saglio mobile con un disco, libero di scorrere su un
piano liscio orizzontale, inizialmente a distanza d dal
bersaglio. Se il bersaglio si muove con legge oraria
x = L cosoJt ed il disco viene scagliato con velocità
v0 lungo la linea tratteggiata, diretta come l’asse y in
dicato in figura (x = 0), si determini in quale istante
bisogna lanciare il disco per colpire il bersaglio. Si
discuta inoltre se la probabilità di colpire il bersaglio
è maggiore lanciando il disco lungo x = 0 o lungo
x = L.
P.2.12.
Due particelle soggette al proprio peso sono, una dopo l’altra, lanciate in alto, vertical
mente, da uno stesso punto e con la stessa velocità iniziale v. Tra i due lanci intercorre un
intervallo di tempo T. Le due particelle si muovono con accelerazione verticale costante,
diretta verso il basso, di modulo g. Quando si incontreranno ? Qual è la condizione perché
si possano effettivamente incontrare in volo?
P.2.13.
Una biglia A viene lasciata cadere da un’altezza h con velocità iniziale nulla. Contempo
raneamente, una seconda biglia B viene lanciata dal suolo verso l’alto con velocità iniziale
v0. Se il moto delle due biglie avviene sulla stessa verticale, si determini il valore di v0
affinché:
(i) le due biglie si scontrino esattamente a metà altezza;
(ii) le due biglie si scontrino quando hanno velocità uguali ed opposte.
P.2.14.
Un motociclista sale una rampa inclinata di a = 30°
per saltare un fossato lungo d = 10 m.
(i) Si determini la minima velocità con cui deve spic
care il salto per riuscirci.
(ii) Si determini la massima altezza raggiunta duran
te il salto rispetto al punto di arrivo, con la velocità
iniziale trovata nel punto (i).
26 Cinematica del punto materiale
P.2.15.
Nello sport olimpico del lancio del martello, una sfera di accia
io legata ad un cavo di lunghezza L = 1.25 m viene lanciata
dall’atleta dopo essere stata posta in rotazione. y A
(i) Sapendo che il record mondiale in questa specialità è d =
84.8 m, si determini la velocità angolare che deve avere il mar- V0
te Ilo al momento del lancio per ottenere tale prestazione. Si /? ol= 4 5 °
supponga che l’angolo formato dalla direzione di lancio con Po- O d X
rizzontale sia di 45° e si trascuri l’altezza dell’atleta.
(ii) Si determini inoltre l’accelerazione centripeta della sfera
d’acciaio appena prima di essere lanciata.
P.2.16.
Il terzino di una squadra di calcio vuole passare
la palla al centravanti, che si trova ad una distan
za d = 50 m, con una traiettoria parabolica che
termini sui piedi del compagno. Sapendo che l’an
golo di partenza rispetto all’orizzontale è a = 45°
e trascurando ogni attrito:
(i) Si determini la velocità iniziale che deve im- jjzz
primere al pallone per riuscirci.
(ii) Si verifichi che l’avversario, distante L = 3 m
dal terzino, non possa intercettare la palla pur
saltando fino a raggiungere un’altezza A = 2m.
P.2.17.
Un bambino, con una fionda capace di scagliare un sasso alla
velocità v0, vuole colpire una mela su un albero distante l ad ó
un’altezza h. Il bambino mira esattamente alla mela che però h
casualmente cade proprio nell’istante in cui il sasso viene sca [Avo„_ --->
gliato. Si analizzi in quali condizioni il sasso riuscirà comunque
a colpire la mela.
P.2.18.
La massima accelerazione alla quale possono essere sottoposti i piloti degli aerei militari è
6#, dove g rappresenta l’accelerazione di gravità. Si calcoli il minimo raggio di curvatura
con cui un aereo, che vola alla velocità di 2000 km/h, può effettuare una virata in un
piano orizzontale.
P.2.19.
Un ciclista percorre un giro completo in una pista circolare di raggio i?, partendo da fermo
e con un’accelerazione angolare costante pari ad a. Si calcolino:
(i) La velocità vettoriale all’inizio ed alla fine del giro.
(ii) L’accelerazione vettoriale all’inizio ed alla fine del giro.
P.2.20.
Un punto materiale si muove lungo una traiettoria circolare di raggio R = I m con velo
cità scalare v = A + B t2, con A = 4 m/s, B = 1 m /s3.
2.1 Problemi 27
P.2.21.
Un giradischi è in grado di portare un disco da fermo alla velocità angolare uj = 33 gi-
ri/minuto in un intervallo di tempo A t = 0.6 s, con accelerazione angolare a costante. Si
determinino:
(i) il valore dell’accelerazione angolare a in rad/s2;
(ii) la velocità al bordo del disco durante il transitorio (raggio R = 15 cm);
(iii) la frazione di giro compiuta dal disco prima di raggiungere la velocità di regime.
P.2.22.
Le coordinate di un corpo in moto sono:
P.2.23.
Un motoscafo, che può raggiungere una velocità pari a Vrn = 50 km/h rispetto all’acqua
in cui naviga, cerca di attraversare un fiume largo L = 2 km, in cui la corrente dell’acqua
ha una velocità vc = 20 km/h. Si discuta quale rotta deve seguire il motoscafo per at
traversare il fiume in direzione esattamente perpendicolare. Si discuta invece la rotta da
seguire per attraversare il fiume nel minor tempo possibile.
P.2.24.
In una serata nebbiosa un ragazzo accompagna la fidanzata alla partenza del treno. Quan
do il treno parte, con accelerazione CLtreno — 3600 km/h2, il ragazzo comincia a correre
lungo la banchina con accelerazione a ragazzo — 1440 km/h2. Se la visibilità è pari a 50 m,
si determini dopo quanto tempo il ragazzo non riesce più a vedere la fidanzata.
2.2 Soluzioni 29
2.2 Soluzioni
S.2.1.
(i) Per il principio di omogeneità si possono sommare algebricamente e uguagliare soltan
to grandezze con le stesse dimensioni. Le dimensioni del termine a sinistra della legge
oraria sono quelle di una lunghezza, quindi anche i prodotti At2 e Bt3 dovranno avere le
dimensioni di una lunghezza:
y _ dx _ 2 ^ _ 3 B f2 (2)
dt v'
dv
a = ^ - = 2 A -6 B t (3)
(iii) Le relazioni (2) e (3) rendono evidente che il moto rettilineo della particella non è nè
uniforme nè uniformemente accelerato, infatti al tempo t — 0 l’accelerazione è positiva e
pari a 2A mentre all’aumentare del tempo diminuisce fino a diventare sempre più negativa.
La particella, che parte da x = 0 e con velocità nulla (come è possibile dedurre dalla
legge oraria e dall’equazione (2) per t = 0), si muoverà inizialmente verso x positivi
fino a fermarsi per poi tornare indietro con accelerazione sempre maggiore. La massima
ascissa viene perciò raggiunta dalla particella nell’istante ?, in corrispondenza del punto
di inversione di moto. In tale punto la velocità della particella si deve annullare, quindi:
v = 2 A t-3 B ? = 0 (4)
4A3
XMAX = (6)
S.2.2.
Il sasso, durante il suo moto prima verso l’alto e poi verso terra, si muove di moto unifor
memente accelerato con accelerazione sempre diretta verso il basso e pari all’accelerazione
30 Cinematica del punto materiale
di gravità g. Introduciamo un asse y verticale, diretto verso l’alto, con origine sulla su
perficie della terra e un asse x perpendicolare a y , come mostrato in figura. La posizione
iniziale del sasso è data da
Ov
O
II
II
(i) ' vo
<>----
o"
II
II
La velocità iniziale è h
V0 = V0 U y (2)
O X
L’accelerazione costante del sasso durante il suo moto è:
a = -Q % (3)
Il segno meno che compare nella (3) è dovuto al fatto che l’accelerazione è diretta in
verso opposto rispetto al verso positivo dell’asse y. Dal momento che la velocità iniziale
è verticale e che l’accelerazione lungo l’asse x è nulla, il moto sarà puramente verticale.
Determiniamo dapprima la velocità del sasso:
dUy
(4)
dt
da cui si ricava:
vy{t) = vo (6)
Determiniamo ora la legge oraria. Ricordando che
(7)
(5)
utilizzando la condizione iniziale (1), si ha:
rvd) Pt
/ dy=o - gt)dt (8)
Jh Jo
y= h + v0t ^
- gt2 (9)
Per calcolare il tempo necessario, t, affinché il sasso raggiunga terra è sufficiente imporre
y = 0 nella legge oraria (9)
- 1 -2
y = h + v0t - - g t = 0 , (10)
2.2 Soluzioni 31
La soluzione con il segno meno la scartiamo in quanto Targomento della radice è palese
mente maggiore di v%e quindi si ottiene t\ < 0. Il tempo impiegato dal sasso per toccare
terra è quindi pari a
Osservazione:
Si consiglia di risolvere gli esercizi, anche quelli numerici, in modo simbolico fino alTultimo
passaggio e quindi sostituire i numeri. In questo modo è possibile, prima di fare i calcoli
numerici, verificare rapidamente la consistenza del risultato con un’analisi dimensionale.
Ad esempio, nel presente esercizio è possibile verificare la congruenza della formula finale
(12). Il termine a sinistra dell’equazione ha le dimensioni di un tempo, quindi anche il
termine a destra deve avere le stesse dimensioni. Sapendo che
possiamo dedurre che l’argomento della radice ha le dimensioni di una velocità al quadrato
e quindi che il numeratore della frazione ha le dimensioni di una velocità. A questo punto
M = IBH l l = m (14)
[ff] [ j
M T ]-2
e quindi l’equazione che fornisce il risultato finale è dimensionalmente corretta, ora biso
gna solo fare attenzione a non sbagliare i conti!
S.2.3.
(i) Nel primo tratto l’accelerazione è costante e positiva, nel
secondo tratto l’accelerazione è nulla perché la velocità è
costante, nel terzo tratto l’accelerazione è costante e negati
va. La velocità aumenta linearmente nel primo tratto perché
l’accelerazione è costante, rimane costante nel secondo tratto
e decresce linearmente nel terzo tratto perché la decelerazio
ne è costante.
La posizione aumenta parabolicamente nel primo tratto per
ché il treno si muove di moto uniformemente accelerato, nel
secondo tratto la posizione aumenta linearmente perchè il
moto è rettilineo uniforme, infine nel terzo tratto la posizio
ne diminuisce parabolicamente con concavità verso il basso
perché l’accelerazione è negativa.
32 Cinematica del punto materiale
(ii) Siccome l’accelerazione nel primo tratto è costante, l’accelerazione istantanea e quella
media coincidono. Posso quindi calcolare a\ come
_ V2 ~ _ _»2_
(1)
fll - A t1~ A t1
Si = ^a1A t2
1, (2)
2si
A t1 = (3)
V2
(4)
Sapendo che
si trova
(iii) Per calcolare la decelerazione a3 si procede analogamente a quanto fatto nel punto
precedente:
Vf ~ V2 _ V2
(7)
At3 ~~ _ At^ ’
S3 = -^a3A t2
3+ ViAt3 = - - V 2A t3 + V2A t3 = -V 2A t3 , (8)
da cui si ottiene
2.2 Soluzioni 33
e quindi
a3 = - ^ - = -0 .8 m /s2 . (10)
ZS3
dove Ati e A t3 sono già stati calcolati nei punti precedenti, mentre
A t2 = - = 200 s (12)
V2
S.2.4.
Il corpo B si muove di moto uniformemente accelerato con i.
accelerazione g verso il basso, con velocità iniziale nulla. In
troduciamo un asse y verticale diretto verso l’alto e un asse
T5
x, perpendicolare a y, disposto sulla superficie della terra,
V
con origine nella posizione occupata inizialmente dal corpo A i
A e passante per il punto in cui cade il corpo B (vedi figura). d x
La posizione iniziale del corpo B è data da:
'-¾
O o)
I I
(1)
Procedendo come spiegato nell’esercizio 2 di questo capitolo, si ottiene che la legge oraria
del corpo B è data da
V= h - (2)
Il tempo impiegato per toccare terra si calcola facilmente dalla (2) ponendo y — 0
h- ^ g t= 0 => I= y /^ (3)
Nel tempo impiegato dal corpo B per raggiungere terra il corpo A, che si muove in direzione
x con velocità uniforme V 0 = Vq u x deve coprire la distanza che lo separa dalla verticale
34 Cinematica del punto materiale
di caduta, quindi
d = v0t = v0 V0 = = 1A m/ s - (4)
S.2.5.
Il tempo trascorso tra l’istante in cui si lascia cadere il sasso e l’istante in cui si sente il
rumore è composto dal tempo impiegato dal sasso per raggiungere il fondo del pozzo, tc,
e dal tempo impiegato dal suono per risalire ed arrivare alle nostre orecchie, ts, quindi
T = tc + ts . (1)
Introduciamo un asse y verticale, con origine sul fondo del pozzo, ed indichiamo con h la
profondità del pozzo. Procedendo come indicato negli esercizi precedenti, la legge oraria
del sasso è data da:
y(t) = h ~ \ y t 2 (2 )
Il tempo di caduta si ricava dalla (2) imponendo che l’ordinata del sasso sia pari a zero
(il sasso ha raggiunto il fondo del pozzo):
(3)
(4)
(5)
T - - = =► I (6)
VV
s gv S v S 9 ’
hi,2 = ~ ( 9 T + ¾ ! ZgTvs)(8)
2.2 Soluzioni 35
tc — 4.5 s
(10)
ts — 0.3 s
mentre h2 fornisce
tc — 73.8 s
ts — 78.6 s (1 1 )
la cui somma non è evidentemente pari a T bensì lo è la loro differenza, che però non ha
alcun significato fìsico.
Osservazioni:
(i) Il motivo per cui si trova anche la soluzione h2, pur senza significato fìsico, è dovuto
al fatto che elevando al quadrato l’equazione (5) si perde l’informazione relativa ai segni
con cui le grandezze compaiono e quindi la soluzione h2 soddisfa ad un’equazione in cui
il tempo totale è pari alla differenza dei tempi parziali piuttosto che alla loro somma.
(ii) La soluzione (10) permette di osservare che il tempo impiegato dal suono per risalire
il pozzo è di molto inferiore al tempo impiegato dal sasso per cadere. Si potrebbe quindi
pensare, a posteriori, che l’errore relativo commesso trascurando il ritardo dovuto alla
propagazione del suono sia molto piccolo. In realtà, assumendo tc ~ T = 4.8 s si ottiene
una profondità del pozzo pari a h = 113 m con un errore relativo del 13%.
S.2.6.
Per percorrere un tratto di strada nel minor tempo possibile, partendo ed arrivando con
velocità nulla, è opportuno accelerare il più possibile nel primo tratto e repentinamente
decelerare il più possibile fino al traguardo, evitando di percorrere tratti di strada a
velocità costante o, ancor peggio alternare più accelerazioni e decelerazioni. Il modo più
semplice per dimostrare la precedente affermazione è quello di utilizzare il piano t —v.
In questo piano, infatti, un moto accelerato o decelerato cor
risponde a rette con pendenza positiva o negativa rispettiva
mente. I limiti di accelerazione e decelerazione si tramutano
quindi in limiti sulle pendenze massime delle rette nel sud
detto piano. In questo piano è quindi possibile rappresentare
una qualsiasi combinazione di moto accelerato, decelerato ed
uniforme. Le uniche condizioni cui devono sottostare le cur
ve sono di iniziare e finire con velocità nulla e di sottendere un ben preciso valore di area.
L’area in questo piano rappresenta, infatti, lo spazio percorso che alla fine deve essere ne
cessariamente pari ad L. Lasciando al lettore di discutere tutte le possibili scelte di legge
oraria, ci siamo limitati a rappresentarne in figura solo due: (a) massima accelerazione
36 Cinematica del punto materiale
iniziale e massima decelerazione finale; (b) massima accelerazione iniziale, moto uniforme
e massima decelerazione finale. Come risulta evidente dalla figura, la stessa area viene
sottesa dal trapezio con una base maggiore più lunga della base del triangolo, il che signi
fica che con la soluzione (a) la macchina arriva prima. Scelta la soluzione (a), indichiamo
con T il tempo totale impiegato e con b la percentuale di tempo T in cui si è accelerato.
La velocità nella fase di accelerazione è data da:
Vmax = Ai ( b T ) (2)
T = s. (7)
La legge oraria nella fase di accelerazione (0 < t < bT) si calcola facilmente:
dx = ai (8)
dove si è tenuto conto della (6). Si osservi che la strada percorsa accelerando può essere
calcolata anche come l’area del triangolo rettangolo di base bT e di altezza ^max.
2.2 Soluzioni 37
S.2.7.
All’istante iniziale le due macchine si trovano nella stessa posizione, la macchina A ha
velocità nulla e accelerazione aa , mentre la macchina B ha velocità % e accelerazione
nulla. Negli istanti successivi si muoveranno rispettivamente di moto uniformemente
accelerato e di moto rettilineo uniforme, con le seguenti leggi orarie
xA = 2 s
XB - VB t (1)
Se si rappresentano le due leggi orarie nello stesso grafico, si può osservare come tra le
due curve esista una seconda intersezione, oltre all’origine, corrispondente all’istante in
cui la macchina A raggiunge la macchina B .
e dalla legge oraria della macchina B si determina che la posizione in cui questa viene
raggiunta dalla macchina A è pari a
Osservazione:
È utile osservare che l’istante in cui le due macchine si ri
congiungono non corrisponde all’istante in cui le due mac
chine raggiungono la stessa velocità. Come si può notare
dal grafico delle due velocità in funzione del tempo, le due
macchine raggiungono la stessa velocità in un tempo che è
pari alla metà del tempo necessario per ricongiungersi. Se
inoltre si rappresenta, in un altro grafico, la distanza tra
le due macchine A x = Xb — in funzione del tempo, si
ottiene una parabola che evidenzia come nell’istante in cui
le due macchine hanno la stessa velocità sono anche alla
massima distanza relativa.
S.2.8.
All’istante iniziale t = 0 le due macchine hanno velocità va e Vb e si trovano a distanza
d. Si prenda un sistema di riferimento con origine nella posizione iniziale della macchina
A in modo che la macchina B si trovi inizialmente nella posizione x = d. Negli istanti
successivi la macchina A si muoverà di moto uniformemente decelerato mentre la macchina
38 Cinematica del punto materiale
B proseguirà con moto rettilineo uniforme. Le leggi orarie delle due macchine possono
quindi essere espresse come:
xA = vAt -
xb = vBt + d ^
dove, per chiarezza, si è preferito evidenziare il segno dell’accelerazione a prendendone il
modulo. L’urto tra le due macchine avviene quando x A = %b e quindi
Una delle due soluzioni dell’equazione precedente fornisce l’istante di tempo in cui le due
macchine si urteranno. Affinché ciò non avvenga l’equazione non deve avere soluzioni reali
e quindi il suo A deve essere negativo
da cui si ottiene la minima distanza a cui la macchina A deve iniziare a frenare se vuole
evitare l’impatto con la macchina B
(v b ~ v a )2
d> 34.7 m . (5)
2|a|
S.2.9.
(i) Nota l’accelerazione di un punto materiale è possibile ricavarne la legge oraria mediante
integrazione. Infatti,
M t) rt
/ dv = ao cos(a;t) dt =4> v(t) = — sin(a;t) (1)
Jo Jo UJ
(iii) La velocità assunta dalla particella quando ripassa nell’origine si ottiene dalla (1)
ponendo t = t0:
v(t0) = — Sin(CcJt0) — 0 (4)
C
cJ
Osservazione:
Se assumiamo un nuovo sistema di riferimento X , definito come segue
£toI\§
0
I
II
(5)
*
la legge oraria (2) si scrive nel modo seguente
S.2.10.
La legge oraria e la velocità di un corpo che si muove di moto armonico possono essere
espresse dalle seguenti relazioni:
x = Acos(ujt + tp)
v = - A u sin(cL?t + tp) (i)
d
x(0) = Acostp = d cos tp ■
(2)
u(0) = - A lJsin tp = vo => sin <p = —
A lJ
da cui si ottiene
per determinare la fase tp si può utilizzare la prima equazione del sistema (2) che, con il
40 Cinematica del punto materiale
Per determinare il segno della fase iniziale considero che la velocità iniziale ha segno positi
vo e quindi, dalla seconda equazione del sistema (2), deduco che sin Lp < 0 e di conseguenza
_ 0.488+ tt/2 _
67vt — 0.488 = — t = ------ ------ — = 0.11 s, (9)
67r
che corrisponde al primo passaggio del corpo per la posizione di equilibrio x = 0.
S.2.11.
Le leggi orarie dei due corpi, bersaglio e disco rispettivamente,
possono essere espresse nel seguente modo rispetto al sistema di -L O L x
riferimento rappresentato in figura
TT kir d d_
ò— I------= to~\------ (6)
2uj uj Vq
Esistono infiniti istanti in cui si può lanciare il disco con la sicurezza di colpire il bersaglio,
uno per ogni valore di k, intero e positivo. Il primo istante di tempo t0 utile per colpire
il bersaglio lo si trova imponendo > 0, e quindi calcolando il primo valore di fc, intero
e positivo, che soddisfa la seguente disuguaglianza
7T 2d u j — TTV0
k> (7)
UJ 2 ttvq
S.2.12.
Le leggi orarie delle due particelle sono espresse dalle seguenti relazioni
IJ1 = V t - I g t 2
2/2 = v (t — (1)
dove il moto rappresentato dalla seconda equazione è ritardato rispetto a quello della
prima di un intervallo di tempo T.
Affinché si abbia l’urto tra le due particelle è necessario che allo stesso istante t si abbia
da cui si ottiene
(3)
Affinché l’urto avvenga quando le particelle sono ancora in volo, è necessario che il tempo
t sia inferiore al tempo t\ impiegato dalla prima particella per toccare terra
2v
Vi = 0 = Vt1 (4)
9
e quindi
42 Cinematica del punto materiale
v T 2v m ^V
t <t\ ------h — < — => T < — (5)
S 2 g g
Questo risultato può essere altresì facilmente interpretato dicendo che affinché le due
particelle si urtino in volo è sufficiente che il lancio della seconda particella avvenga ante
riormente alla caduta della prima.
S.2.13.
Si assuma un sistema di riferimento come in figura. L’accelerazione y
costante delle due biglie è a = —guy . Calcoliamo le velocità delle due h
biglie:
rvA(t) rt
/ dv = - g J d t => vA(t) = - g t (1) fV0
Jo Jo
£ X
rvB(t)
Cv Bit) rt
I dv = —g dt => vs(t) = V0 — gt (2)
Jvo Jo
Le leggi orarie si calcolano facilmente utilizzando le relazioni precedenti e le condizioni
iniziali:
/
VA{t) rt y
dy = - g J t dt => = h - -g t2 (3)
/
y B {t) rt I
dy = - g J (v0 - gt) dt => = v0t - 2 (4)
(i) Inserendo l’espressione di t nella (3), è possibile trovare il valore di Vo per cui all’istante
dell’urto la prima biglia (e quindi anche la seconda) si trovi ad un’altezza pari ad h/2
1 h
(6)
T2 + gtT , (2) VA h 29 vv 2o2 2 ’
da cui si ottiene
V 0 =Vgh- (7)
(ii) Se invece si vuole che le due biglie si urtino quando le loro velocità sono uguali ed
opposte, è necessario scrivere
gh gh
vb (t)= - v A(t) V0 ---------- = — , (8)
V0 V0
da cui si ricava
V0 = y/2 (9)
2.2 Soluzioni 43
S.2.14.
Si prenda un sistema di riferimento come in figura. Durante il salto, il motociclista è
soggetto ad una accelerazione verticale costante a = — g u y . Le condizioni iniziali (t=0)
sono le seguenti:
x(0) =2/(0) =0 (1)
nvy {t) rt
/ dvy = - g dt Vy(t) — v0sina — gì (4)
Jvn sin a J0
JCx (J)
dx = Vqcos a I dt
f x(t) = V ot cosa (5)
r y (t) pt i
/ d y= (v0sina —gt)dt => y(t) = v0t sina — - gt2 (6)
Jo Jo 2
(i) Per avere la certezza che il motociclista superi il fossato si deve imporre che quando
x = d si abbia y > 0:
d
x = v0t cos a = d t = (7)
Vo cos a
e quindi
1 d2
y(t) = Vo sina
v0cosa
- n 9 ~
2 v0 cos2 a
> 0, ( 8)
da cui si ottiene
gd
Vn >
0 sin 2a (9)
Considerando i soli valori positivi di v0, si trova
gd
> sin2a
(10)
V0 = . = 10.64 m /s . (H)
sm 60° '
44 Cinematica del punto materiale
(ii) Per determinare la massima altezza raggiunta durante il salto possiamo osservare che
in tale situazione si ha inversione di moto in direzione verticale, quindi il componente
verticale della velocità si annulla:
V0 sm a
V y (tm ) = Vo sin a gtm = 0 => tm, (12)
S.2.15.
(i) Per determinare la velocità angolare del martello al mo- ^
mento del lancio, è necessario conoscerne la velocità tangen
ziale. Quest’ultima può essere determinata dalle equazioni
del moto parabolico del martello dopo essere stato scaglia- d X
L&
to dall’atleta, conoscendo la gittata d e l’angolo di lancio a.
Infatti, come ricavato nell’esercizio precedente, le equazioni parametriche del moto del
martello durante il lancio sono le seguenti:
x= cos a
V ot
y — v0tsin a — ^gt2 a)
E’ possibile ricavare l’equazione della traiettoria eliminando il parametro t:
y = x tan a —
gxJ2 (2)
2v0 cos2 a
vi = gd, (3)
Nota la velocità tangenziale v0 appena prima del lancio, si può calcolare la velocità an
golare uo nello stesso istante dividendo la prima per il raggio del moto circolare compiuto
dal martello prima di essere lasciato; raggio che coincide con la lunghezza L del cavo:
v2
ac = -j- = UO2L = 665.51 m /s2 . (6)
Jj
2.2 Soluzioni 45
S.2.16.
(i) Il moto del pallone lanciato dal terzino è un moto parabolico, dove Tequazione della
traiettoria è data da (vedi esercizio precedente):
y = x tan a —
2v$ cos2 a
a)
Ponendo a = 45° e y = O quando x = d, si ottiene il va
lore della velocità con cui deve essere lanciato il pallone
affinchè questo raggiunga il centravanti:
V0 — yfgd — 22.15 m /s .
(ii) Per verificare che l’avversario non riesca ad intercettare il pallone si deve calcolare
l’altezza raggiunta dal pallone per x = L, inserendo questo valore nelTequazione della
traiettoria (1):
y= L- = 2.82 m . (3)
vO
Siccome, per x = L, y > h l’avversario non riuscirà ad intercettare il pallone.
S.2.17.
Si prenda un sistema di riferimento con l’origine nel punto in cui il bambino scaglia il
sasso. Il moto del sasso è parabolico e soddisfa le seguenti equazioni:
Xs = Votcosa ,v
tana = — . (2)
La mela, cadendo dall’albero nello stesso istante in cui il bambino scaglia il sasso, segue
un moto rettilineo uniformemente accelerato con lo stesso istante iniziale to — 0:
Xm = l
Vm = h - 2
Affinché il sasso colpisca la mela si deve verificare che nell’istante t in cui Xs = x m , anche
ys = yM , e quindi
Xs = vot cos a = l => t= (4)
V0 cos a
46 Cinematica del punto materiale
che inserito nella seconda equazione delle leggi orarie (1) e (3) fornisce
Vs(t) = l tana —
2vq cos2 a
(5)
yM(t) = h - gl2
2vl cos2 a
Le due espressioni sono identiche, considerando anche l’equazione (2), e quindi si può
concludere che il sasso colpirà la mela qualunque sia la velocità iniziale con cui il sasso viene
scagliato. L’unica condizione che bisogna porre sulla velocità iniziale è che quest’ultima
sia sufficientemente grande da portare il sasso sulla verticale Xs = l prima che ys diventi
uguale a zero, e cioè che la gittata del lancio sia superiore alla distanza l. La gittata di
un moto parabolico si ottiene semplicemente dall’equazione della traiettoria calcolando il
valore di x per cui la y torna ad essere pari a zero. Scartando la soluzione banale x = 0,
si ottiene:
_ 2uosinacosa UQSÌn2a
~ (o)
Xgittata
9 9
e quindi
g(i2 + fr2)
V0 > (8)
2h
Osservazione:
Si è quindi dimostrato che, purché la disequazione (8) venga soddisfatta, l’urto tra sasso
e mela avverrà indipendentemente dalla velocità con cui il sasso viene scagliato. E’ però
interessante notare che la suddetta velocità Vo determinerà la quota a cui l’urto avviene.
Infatti, come deducibile dalle equazioni (5), più la velocità iniziale del sasso è elevata e
più l’urto avverrà ad una quota vicina ad h e viceversa.
S.2.18.
In una virata circolare con raggio R nel piano orizzontale il pilota dell’aereo subisce un’ac
celerazione centripeta pari a
a„ = — < 6 g , (1)
S.2.19.
Per esprimere la velocità e l’accelerazione vettoriali si prendano
i due versori, tangente e normale rispetto alla traiettoria, rap
presentati in figura. La velocità, in quanto derivata nel tempo
dello spostamento, è sempre tangente alla traiettoria e quindi
avrà solo la componente parallela al versore tangente. La ve
locità tangenziale è legata alla velocità angolare u mediante la
relazione:
v — coR ,
e quindi
v — OiRt ut . (3)
All’istante iniziale, cioè per t = 0, la velocità vale quindi
Vi = 0 . (4)
Per determinare la velocità al termine del primo giro, è necessario determinare il tempo
impiegato per compiere un giro. L’accelerazione tangenziale del ciclista è data da
dv
at = -T- = OtR, (5)
ed è costante durante tutto il moto. La legge oraria, s = s(t), si ricava come segue:
p s(t) nt ^
/ ds= v(t) dt => s(t) = -aRt2 (6)
Jo Jo 2
Vf — aR t ut = VAttoÌ R ut . (8)
Siccome il ciclista si muove su una traiettoria circolare, la sua accelerazione avrà com
ponenti sia tangenziali che normali. L’accelerazione tangenziale ha modulo costante ed è
espressa dall’equazione (5), mentre l’accelerazione normale ha modulo pari a
v2
an
=¾ . (9)
a i = OcRut , (10)
af = aR ut + 47rai?un . (11)
S.2.20.
(i) L’ascissa curvilinea lungo la traiettoria è data dall’integrale nel tempo della velocità
tangenziale. L’arco di circonferenza percorso nell’intervallo di tempo indicato è pari alla
variazione dell’ascissa curvilinea e quindi al seguente integrale:
rt2 A Bt3
s(t2) - s(t\) = / v(t)dt ^ + — 10.7 m. ( 1)
Jt1
dove
at ^ = 2 B i, (3)
dt
mentre
_ v2 _ {A + B t2)2
(4)
~ ~R R
Calcolando quindi l’accelerazione nei due istanti indicati, si ottiene
a(ti) = — u„ = 16 u„ m /s2
(5)
a(£2) = (4 ut + 64u„) m /s2
2.2 Soluzioni 49
S.2.21.
(i) Dal momento che l’accelerazione angolare a è costante e il disco parte da fermo, si ha:
f uf ni
/
Jo
duj = a I dt
Jo At a)
Dovendo esprimere il valore dell’accelerazione angolare in rad/s2 trasformiamo il valore
di velocità angolare finale in rad/s
33 x 27r f /
ujf — — —— rad/s = 3.46 rad/s (2)
e quindi si ottiene
a = 5.76 rad/s2 . (3)
(ii) L’accelerazione tangenziale è data da
at = aR (4)
ed è quindi costante come l’accelerazione angolare. La velocità, inizialmente nulla, è
esprimibile come
-0 .1 7 . (7)
S.2.22.
(i) Per trovare l’equazione della traiettoria bisogna eliminare il tempo dalle equazioni
parametriche del moto. In questo caso, un modo semplice per ottenere questo effetto è
quello di sommare i quadrati della due coordinate
mv = —tan u t . ( 8)
S.2.23.
Il dato di velocità del motoscafo fornito dal problema è relativo ad un sistema di riferi
mento che è in moto rispetto alla riva e cioè l’acqua del fiume. Per determinare quindi
la velocità del motoscafo rispetto alla riva bisogna utilizzare il teorema delle velocità
relative:
V0 = V t + V0/, (1)
dove v o e Vo' sono le velocità del corpo rispetto ai due sistemi di riferimento e è la
velocità di trascinamento, cioè la velocità con cui il sistema O’ si muove rispetto al sistema
O. Nel nostro caso il sistema O è fisso a riva mentre il sistema O’ è solidale all’acqua che
scorre nel fiume. Di conseguenza la velocità di trascinamento è la velocità con cui scorre
l’acqua v c = v^, mentre la velocità del motoscafo rispetto all’acqua è pari alla velocità
nel sistema O’, vm = v q >. La velocità rispetto alla riva v r è quindi data da
Vr = Vc + Vm . (2)
2.2 Soluzioni 51
Essendo vc parallela al fiume, l’unica possibilità affinché vr sia ortogonale al fiume è che
la direzione di vm sia tale da dare una componente parallela al fiume ma opposta alla
corrente
vm sini? = vc => $ = asin— = 23.6° . (3)
Vm
Quindi, per procedere con direzione ortogonale al fiume, la rotta del motoscafo dovrà
essere controcorrente con un angolo pari a 90° + $ = 113.6° rispetto alla velocità della
corrente.
E’ importante osservare che attraversando il fiume
in questo modo si percorre la minima strada ma ciò
d riva
non implica che si impieghi anche il minimo tem
po. Infatti, la velocità assoluta con cui il motoscafo
attraversa il fiume in direzione ortogonale è data
da
vr = vm cosa? — 45.8 km/h (4)
ed il tempo impiegato è pari a
S.2.24.
Per determinare il tempo necessario affinchè la fidanzata scompaia dalla vista del ragazzo,
si deve calcolare il tempo necessario affinché tra i due si crei una distanza pari alla visibili
tà. E’ quindi importante determinare l’accelerazione del treno relativa al ragazzo. Siamo
infatti in presenza di due sistemi di riferimento, uno solidale alla stazione ed uno mobile
insieme al ragazzo. L’accelerazione assoluta del treno rispetto alla stazione è pari al dato
del problema atreno e può essere messa in relazione all’accelerazione del treno rispetto al
ragazzo mediante il teorema delle accelerazioni relative:
a o — a O' + a T 5 (1 )
dove a0 e a0/ sono rispettivamente le accelerazioni del treno nel sistema di riferimento
assoluto (stazione) e nel sistema di riferimento relativo (ragazzo), mentre a^ è l’accele
razione di trascinamento. L’accelerazione di trascinamento è l’accelerazione assoluta che
52 Cinematica del punto materiale
il corpo in esame avrebbe se rimanesse fermo rispetto all’osservatore mobile. Nel no
stro caso, se il treno fosse fermo rispetto al ragazzo, avrebbe un’accelerazione assoluta
esattamente pari all’accelerazione con cui il ragazzo corre sulla banchina e quindi
dove o!treno è l’accelerazione del treno rispetto al ragazzo che si vuole trovare. Esplicitando
la precedente equazione si ottiene
Il moto del treno relativo al ragazzo è quindi un moto uniformemente accelerato dove lo
spazio percorso è dato da
1
s / +2
1treno1 (4)
2
e quindi il tempo necessario affinché il treno guadagni d = 50 m rispetto al ragazzo è pari
a
2d
t 24.3 s . (5)
d ir en o
2.3 Esercizi di autovalutazione 53
AV.2.1.
Un oggetto puntiforme si muove lungo una traiettoria circolare di raggio R secondo la
legge oraria s(t) = C113 + c2t2 + c3t. Si determinino:
(a) la velocità scalare vs(t);
(b) le componenti normale e tangente dell’accelerazione a(t);
(c) nell’ipotesi in cui C1 = - I j r z , C2 = / / r 2 e C3 = 2 Z / t , si determinino gli istanti tempo
rali in cui l’oggetto è fermo assumendo U 2 m e r = 5 s.
AV.2.2.
Un oggetto puntiforme si muove lungo una traiettoria curvilinea, di raggio di curvatura p
variabile, con velocità scalare vs = c\t. Si calcolino:
(a) la legge oraria s = s(t), posto che all’istante iniziale t = 0 si abbia s(0) = 0;
(b) la componente tangente dell’accelerazione a(t).
(c) Sapendo che il modulo di a(t) è costante durante il moto e dato da |a| = a, si calcoli
il raggio di curvatura p della traiettoria in funzione dell’ascissa curvilinea s; si dimostri
che, qualora fosse C1 = a, la traiettoria sarebbe rettilinea.
AV.2.3.
Un oggetto puntiforme si muove lungo una traiettoria descritta, per ogni istante tempo
rale t > 0, dalle seguenti coordinate cartesiane:
tz
x(t) =C i - ,
< y(t)= c
4 t) _ j v p s
AV.2.4.
Si consideri un oggetto puntiforme che si muova secondo le equazioni riportate nel prece
dente esercizio.
Assumendo C1 = 2 m /s3, C2 = 1 m/s, t0 = 2 s, si determinino all’istante t = t0:
(a) la velocità vettoriale v(to) ;
(b) la componente tangente dell’accelerazione at(to), assumendo che la velocità scalare
vs(t) = s(t) sia uguale al modulo della velocità vettoriale v(t)\
(c) l’ascissa curvilinea s(to), assumendo che s(0) = 0.
54 Cinematica del punto materiale
AV .2.5.
Un punto materiale si muove di moto circolare con la seguente legge oraria s = t2 + 2t,
dove s è l’ascissa curvilinea (espressa in metri) e t è il tempo (espresso in secondi). Al
l’istante t = 2 s il modulo dell’accelerazione del punto è |a| = 2y/ò m /s2. Si determini il
raggio della circonferenza.
AV.2.6.
Il vettore posizione di un punto materiale è dato dall’equazione r = A cos(B t)u x HhCtuy.
Si determinino:
(a) le dimensioni delle grandezze fisiche A, B e C nel Sistema Internazionale;
(b) gli istanti nei quali l’accelerazione del punto risulta ortogonale alla traiettoria.
AV .2.7.
Un ciclista ha percorso una tappa alla velocità scalare media vm = 15 km/h. Esattamente
a 3/4 del percorso la velocità media era v\ = 30 km/h. Si calcoli la velocità media, v2,
nell’ultimo quarto del percorso.
AV .2.8.
Dalla cima di una torre di altezza h = 40 m viene lasciato cadere un sasso nello stesso
istante in cui un altro sasso viene lanciato da terra verticalmente verso l’alto con velocità
iniziale = 20 m/s. Si calcoli dopo quanto tempo At e a che distanza d dalla cima della
torre si incontrano i due sassi.
AV .2.9.
Un punto materiale si muove nel piano xy e descrive una traiettoria con legge oraria
x(t) = t2 — At, y(t) = t2 — 3t + 1 (in unità del S.I.).
(i) Si calcolino le leggi orarie per le componenti cartesiane della velocità e dell’accelera
zione;
(U) Si calcoli in funzione del tempo il modulo della velocità e dell’accelerazione;
(in) Si calcolino in funzione del tempo le componenti dell’accelerazione tangente e nor
male alla traiettoria.
AV.2.10.
Da un punto posto ad altezza h rispetto al suolo viene lanciato un sasso con velocità di
modulo ed angolo di tiro a rispetto all’orizzontale. Sapendo che a = 7r/6, = 4 m /s e
h = 10 m, si determini il tempo di volo tf e l’angolo di impatto /3 quando il sasso colpisce
il suolo.
AV.2.11.
Un disco inizialmente in quiete viene fatto ruotare con accelerazione angolare costante
a = 5 rad/s2. Dopo un tempo A t1 = 45 s l’accelerazione angolare cessa e il disco ruota
con velocità angolare costante per un intervallo di tempo A t2 = 25 s. Infine il disco
decelera per un tempo A t3 = 40 s fino a fermarsi. Si determini:
( i ) Gli angoli ^1, O2 , e O3 di cui è ruotato il disco nei tre intervalli di tempo A t1, A t2 e
A t3;
(U) La decelerazione angolare a' durante la fase di frenata;
2.3 Esercizi di autovalutazione 55
AV.2.12.
Un giocatore di baseball colpisce una palla ad un’altezza h = 1 m e la scaglia con velocità
iniziale Vq — 36 km/h ad un angolo a = 30° rispetto all’orizzontale. Si determini a quale
distanza lungo l’orizzontale la palla tocca terra.
AV.2.13.
Un punto materiale si muove di moto armonico con ampiezza A — 20 cm e pulsazione
uj = 7r rad/s. Si determinino:
(i) il periodo del moto;
(H) il modulo della massima velocità raggiunta;
(in) il modulo dell’accelerazione nel punto di massima velocità;
(iv) il modulo della massima accelerazione raggiunta.
AV.2.14.
Un automobilista percorre un tratto di strada rettilineo nel seguente modo:
(1) accelerazione costante ai = 2 m /s2 per di = 100 m con partenza da fermo;
(Z) velocità costante per ^ = 20 s;
(S) decelerazione costante a3 = —1 m /s2 fino a fermarsi.
Si determinino:
(%) la distanza percorsa complessivamente;
(ii) la velocità media.
56 Cinematica del punto materiale
SA.2.2.
(a) s(t) = ^Cxt2.
2s
(c) )p
(s = - = . Se a —C
>1, p —
» oo, il che comporta una traiettoria rettiline
V /C1 -
a2 1
SA.2.3.
v(t) = Cit2 + c2.
^cy) a„ = V 2C1C2.
(b ) at(t0) = 8 g ) .
SA.2.5.
i? = 9 m.
SA.2.6.
[A] = [L] (m); [B] = [T ]-1 (s” 1); [C] = [^ [T ]"1 K 1).
(b) t = m7r/(2B) con m G Z .
2.4 Soluzioni sintetiche degli esercizi 57
SA .2. 7.
V2 = 6 km/h.
4ui - 3vm
SA.2.8.
At = v
/
h
o = 2 s, d= (l/2)gAt2= ~ 19.6 m.
SA.2.9.
(i) vx(t) = 2t -4, « y(t) = 2f - 3; a^f) = 2, ay(t) = 2;
(ii) v(t)= y/(2t - 4)2 + (2f - 3)2 = V 8f2 - 28t + 25, a(f) = V22 + 22 ~ 2.83;
S A .2.10.
tf = (I /g) sin
o
V
^ a + \/vosin2 a +2
j~ 1.65 s; tan/3 =
h
g
-4.08, /3 - -76°.
S A .2.11.
(i) 9\ = (l/2 )oA t 2 ~ 5062 rad, O2 = OtAtiAt2 ~ 5625 rad, = (l/2)oA tiA t 3 ~
4500 rad ;
S A .2.12.
La distanza orizzontale a cui la palla tocca terra è = 10.38 m.
58 Cinematica del punto materiale
SA .2.13.
(i) T = — = 2 s;
UJ
SA .2.14.
(i) dtot = 700 m;
(«osino: — ~
Capitolo 3
3.1 Problemi
P.3.1.
La legge del moto di un corpo di massa m — 6 kg in funzione del tempo t è r(t) =
(3t2 — 6t)ux — At3Uy + (31 + 2)u2, dove le componenti di r (t) sono espresse in metri. Si
determini la forza che agisce sul corpo.
P.3.2.
Un corpo di massa m è posto sulla sommità di un piano incli
nato (angolo di inclinazione a) ad altezza h dal suolo. Il piano
è scabro con coefficienti di attrito statico fis e dinamico (.i^ Si
calcolino:
(i) il valore a 0 dell’angolo di inclinazione tale per cui il corpo
resta in equilibrio per a < a 0;
(ii) l’accelerazione del corpo se a = 2a?o;
(iii) il tempo necessario per raggiungere il suolo se a = 2a0*
P.3.3.
Un corpo è lanciato su un piano scabro, inclinato di un angolo
d = 30° rispetto all’orizzontale, con velocità iniziale Vo = 3
m/s. Il coefficiente di attrito dinamico fra il piano ed il corpo è
Hd — 0.3 mentre il coefficiente di attrito statico è Hs = 0.7. Si
calcoli l’intervallo di tempo necessario affinché la velocità del
corpo si riduca a zero. Si discuta inoltre quale sarà il moto del
corpo dopo tale istante.
P.3.4.
Un corpo di massa m è trascinato lungo un piano orizzontale
scabro (coefficiente di attrito dinamico Hd) da una forza F
inclinata di un angolo d rispetto all’orizzontale. Si determi
nino:
(i) il modulo della forza affinché il corpo si muova di moto
rettilineo uniforme;
(ii) l’angolo $o per cui la forza necessaria è minima.
60 Dinamica del punto materiale
P.3.5.
Un corpo di massa m = 2 kg è posto in rotazione con velocità
iniziale Vo = 10 m /s su un piano orizzontale liscio mediante una
fune inestensibile di lunghezza L = 4 m vincolata ad un punto
fisso O. Si determini la frequenza di rotazione e la tensione della
fune.
P.3.6.
In una giostra, un seggiolino di massa m — 5 kg è collegato mediante una fune ideale
lunga L = 5 m alla cima di un palo, posto in rotazione con velocità angolare uniforme
uj = 1.5 rad/s; durante il moto, l’angolo tra la fune ed il palo si mantiene costante. Si
determini la distanza dal palo a cui si trova il seggiolino e la tensione nella fune.
P.3.7.
Due automobili da corsa arrivano affiancate prima di una
curva semicircolare, che entrambe percorrono a velocità
costante lungo due traiettorie di raggio, rispettivamente,
Ri = 95 m e R2 = 105 m (vedi figura). Sapendo che
il coefficiente di attrito statico tra ruote ed asfalto vale
Hs = 0.7, si determini la massima velocità con cui ognuna
delle due macchine può percorrere la curva senza slittare
e quale automobile, in queste condizioni, arrivi prima al
termine della curva.
P.3.8.
Due blocchi di massa mi ed sono posti a contatto
tra loro su un piano orizzontale liscio, come mostrato in
figura. Una forza costante F viene applicata alla prima
massa. Si determinino:
(i) l’accelerazione del sistema;
(ii) il modulo della forza di interazione tra i blocchi.
P.3.9.
Un convoglio ferroviario è composto da una motrice di massa M = IO5 kg e da due vagoni
identici di massa m = 3 x IO4 kg. Nell’intervallo di tempo compreso tra L = O e t f = 60 s
la velocità cresce linearmente dal valore Vi = 100 km/h a V f = 200 km/h. I vagoni sono
collegati da ganci rigidi. Trascurando tutti gli attriti si calcolino le tensioni nei ganci e la
forza motrice nell’intervallo di tempo considerato.
P.3.10.
Due corpi di massa m legati da una fune inestensibile scivolano
lungo un piano, inclinato di un angolo a. Sapendo che tra il
corpo 2 ed il piano non c’è attrito mentre tra il corpo 1 ed il piano
il coefficiente di attrito dinamico è Hd, si determini la tensione
della fune. Si discuta inoltre per quale valore di a le due masse
scivolano a velocità costante.
3.1 Problemi 61
P.3.11.
La macchina di Atwood è composta da due corpi, di masse mi ed
ra2, sospesi verticalmente ad una puleggia liscia e di massa trascu
rabile. Si calcolino l’accelerazione del sistema, la tensione nella fune
e la tensione nel gancio che tiene appesa la puleggia.
□
YYll
P.3.12. □
Yn2
Un corpo di massa mi = 1 kg è posto su di un piano orizzon
tale liscio. Il corpo è collegato mediante una fune ideale ed
una carrucola liscia ad un secondo corpo di massa m2 = 50 g Yn1
libero di scorrere in verticale. Si determinino:
(i) la forza che bisogna applicare alla massa mi per mante □ i
nere il sistema in equilibrio;
(ii) la variazione nella tensione della fune quando il sistema □
è lasciato libero di scorrere.
P.3.13.
Una massa mi è posta su un piano orizzontale scabro con
coefficiente di attrito statico /is e coefficiente di attrito di
namico fxd. Una seconda massa m2 è collegata alla prima
mediante una fune ideale ed è libera di muoversi in verticale
mediante una carrucola liscia. Alla massa mi è inoltre appli
cata una forza costante F con direzione formante un angolo
fi con l’orizzontale.
(i) Si discuta per quali valori di |F| il sistema si sposta vin
cendo l’attrito statico.
(ii) Si determini l’accelerazione a con cui il sistema si muove
nelle condizioni discusse nel punto (i).
P.3.14.
Due masse mi = 5 kg ed m2 = 10 kg sono collegate come in
figura. Il piano, inclinato di a = 30°, è scabro con coefficienti
di attrito statico /is = 0.5 e dinamico fid = 0.3. Determinare
se le due masse, inizialmente in quiete, si muovono ed in caso
affermativo con che accelerazione.
P.3.15.
Due corpi di masse mi ed m2, collegate mediante una
fune ideale, sono in moto con accelerazione a. La mas
sa mi si trova su un piano orizzontale scabro con coef
ficiente d’attrito dinamico fj,d = 0.5, mentre la mas
sa m2 = 2mi si trova su un piano liscio inclinato di
a = 30° rispetto all’orizzontale. Si determini il valore
dell’accelerazione a con cui si muove il sistema.
62 Dinamica del punto materiale
P.3.16.
Dato il sistema rappresentato in figura, completamente privo di
attriti, ed in moto sotto l’azione della forza costante F applicata
alla massa M, si determini il valore di F affinché le masse M l ed
M2 rimangano ferme rispetto alla massa M.
P.3.17.
Un corpo di massa m si muove lungo l’asse x con legge x(t) = Acos(ujt + (p). Si determini
l’espressione della forza agente sul corpo.
P.3.18. K1
Si calcoli il periodo di oscillazione di un corpo di massa a) KQQQQa QQQQ/I m
m collegato a due molle, di costanti elastiche Aq e fc2,
poste in serie (a) ed in parallelo (b). Si consideri il piano k,
liscio e la massa delle molle trascurabile. b ) KOOOO/I m kOOOQj
P.3.19.
Un bambino vuole potenziare la sua pistola a molla con una seconda molla di uguale
costante elastica k = 200 N/m. Se il bambino riesce a caricare la pistola con una forza
massima pari a F = 10 N, si discuta quale configurazione delle molle, in serie o in paral
lelo, fornisce la massima velocità del proiettile, di massa m — 50 g, in uscita dalla pistola.
p.3.20.
Una massa M — 2 kg è libera di oscillare in verticale appesa ad una molla di costante
elastica k = 10 N/m. Si determini il periodo delle oscillazioni neH’intorno del punto di
equilibrio.
P.3.21.
Un orologiaio deve aggiustare un orologio a pendolo che accumula un ritardo di 1 minuto
ogni ora. Sapendo che il pendolo è costituito da una massa m appesa ad un filo di lun
ghezza L, si discuta quali aggiustamenti è necessario apportare per risolvere il problema
in condizioni di piccole oscillazioni.
P.3.22.
Un blocco di massa mn — 2 kg è posto su un piano orizzontale scabro. Una forza avente
direzione orizzontale e modulo costante F = 20 N agisce sul blocco, inizialmente fermo,
dall’istante iniziale A0 - O all’istante t\ = 10 s. Cessata l’azione della forza, il blocco
rallenta fermandosi all’istante = 25 s. Si calcoli il coefficiente di attrito dinamico jjid
fra il blocco ed il piano.
P.3.23.
In una giostra chiamata Centrifuga’ , delle persone possono restare sollevate dal pavimen
to rimanendo a contatto con la parete laterale interna di un cilindro posto in rotazione
con un’opportuna velocità angolare. Se il cilindro ha raggio R ed il coefficiente di attrito
statico tra i vestiti delle persone e la parete del cilindro è /is, si determini il massimo
valore del periodo di rotazione affinché le persone non scivolino a terra.
3.2 Soluzioni 63
3.2 Soluzioni
S.3.1.
Per il secondo principio della dinamica:
F = m a, a)
cPr
(2)
dF
e quindi
ÓjY
— = (6f - 6)ux - 12f2uy + 3uz (3)
d?r
= 6ux - 24fuy , (4)
dt2
r
F = m — = [36ux - 144fuy]N . (5)
S.3.2.
(i) Si considerino le forze che agiscono sulla massa m. Fintantoché
a < ctola massa rimane in equilibrio, e quindi:
Fs + N + mg = O, (1 )
mg sin a — Fs = O Fs = mg sin a
(2)
N —mg cos a = O N = mg cos a
in equilibrio è quindi necessaria una forza di attrito statico sempre maggiore. Il modulo
della forza di attrito statico è però limitato, infatti
e quindi
tana0 = g s => = atan(//s) . (6)
ma = mg + N + Fd ; (7)
2h
t= (14)
g sin 2o;0(sin 2O0 — gd cos 2a0)
3.2 Soluzioni 65
S.3.3.
Le forze che agiscono inizialmente sul corpo sono le seguenti: forza peso mg; la forza
d’attrito dinamico, Fd, parallela al piano e diretta verso il basso; il componente normale
della reazione vincolare, N.
La legge di moto si scrive quindi come segue:
ma = mg + N + Fd (1)
v(t) = V0 + at (4)
_______ Vo_______
O = Vq + at = 0.4 s . (5)
a g (sin d + (jd cos d)
All’istante t la massa è ferma e quindi le forze che agiscono su di essa sono quelle rap
presentate in figura, dove Fs è la forza di attrito statico. Impiegando ancora una volta il
secondo principio della dinamica e proiettando l’equazione di moto in direzione x e y si
ottiene:
S.3.4.
Le forze che agiscono sul corpo di massa m sono riportate in figura, dove N è il componente
della reazione vincolare perpendicolare al piano ed F d la forza di attrito dinamico agente
sul corpo. Affinché il corpo si muova di moto rettilineo uniforme è necessario che la
risultante di tutte le forze sia nulla. Se si proietta il sistema di forze in direzione orizzontale
e verticale e si impone l’equilibrio, si trova il seguente sistema:
N + F sin d = mg ^ N = mg — F sin rO
( i)
F cosi? = Fd = ^dN => F costì = fJd(mg — F sin
p = Vdmg
(2)
cos d + Hd sin d ’
che rappresenta il modulo della forza necessario affinché il corpo si muova di moto rettilineo
uniforme. Per determinare il valore di d per cui il modulo della forza da applicare sia
minimo, è necessario derivare rispetto a d l’espressione (2) e cercare i punti stazionari (o
a derivata nulla)1:
dF -fJLdm g (- sin d + fjd cos d) _
dd (cos d + sin d)2
La derivata è nulla quando è nullo il numeratore e quindi per il valore do tale per cui
Osservazione:
I punti a derivata nulla (punti di stazionarietà) potrebbero a rigore coincidere con minimi o
con massimi della funzione F(d). Si rammenta che, in coincidenza dei minimi, la derivata
seconda della funzione
à2F = ^rn
dd2 cos$0(l + fij) ’
deve risultare positiva. Valutando tale espressione in d = d0, si verifica che essa è sicura
mente positiva, in quanto 0 < do < n/2 e quindi il coseno a denominatore dell’espressione
1Si osservi che il minimo andrà cercato nell’intervallo finito 0 < d < 7r/2; potrebbe accadere che il
minimo coincida con uno degli estremi dell’intervallo, nel qual caso la condizione di stazionarietà non è
necessariamente soddisfatta. Si lascia al lettore il compito di verificare che, nel caso in esame, il minimo
coincide effettivamente con un punto di stazionarietà.
3.2 Soluzioni 67
S.3.5.
L’unica forza agente sul corpo di massa m di interesse per il suo moto è la tensione del
la fune. Infatti, la forza peso e la reazione vincolare del piano liscio, dirette entrambe
ortogonalmente al piano del foglio, si bilanciano lungo tutto il moto e quindi non danno
contributo. Non essendoci forze tangenziali possiamo concludere che l’accelerazione tan
genziale della massa è nulla e quindi che il modulo della sua velocità si conserva. Siamo
quindi in presenza di un moto circolare uniforme con velocità in modulo pari a v^. Per
trovare la frequenza di rotazione (giri al secondo) si può dividere la velocità con cui la
massa ruota per la lunghezza di un giro:
Questo significa che la massa compie due giri ogni cinque secondi.
La tensione della fune si ricava mediante il secondo principio della dinamica F = ma. In
un moto circolare uniforme l’unica componente dell’accelerazione è quella normale, pari a
(2)
si ottiene quindi
T = m-j- = 50 N . (3)
L
Osservazione:
In un moto circolare uniforme la velocità si conserva solo in modulo, mentre la sua dire
zione varia continuamente dovendo essere in ogni istante tangente alla traiettoria. Val la
pena ricordare che una forza applicata ad una massa comporta un’accelerazione che può
essere dovuta ad un variazione della velocità in modulo e/o in direzione.
S.3.6.
Quando tutto il sistema ruota con velocità angolare oj uniforme, le forze applicate al
seggiolino sono solo la forza peso e la tensione della fune. L’equazione di moto è la
seguente:
ma = mg + T (1)
mg — T cos d = 0 (2)
68 Dinamica del punto materiale
cos^ = J r (4)
La distanza del seggiolino dal palo è pari al raggio d della
traiettoria circolare seguita:
(5)
V u r L2 - s 2
= 2.45 m .
cos d = —— - <
OJ2L
1 OJ > \ — = 1.4 rad/s . (7)
Per velocità angolari inferiori a questo valore il seggiolino gira su se stesso rimanendo a
contatto con il palo, per valori superiori invece il seggiolino si allontana dal palo fino a
raggiungere la situazione d = n / 2 per oj —» oo.
S.3.7.
Si cominci considerando l’equilibrio tra le forze che agiscono in direzione verticale su ogni
macchina. Essendo il moto nel piano orizzontale (il piano della pista), la forza peso è
bilanciata dalla reazione vincolare in ogni istante del moto
N = mg. (1)
Per quanto riguarda invece le forze con direzione orizzontale, l’unica forza che agisce sulle
due macchine è la forza di attrito statico tra pneumatici ed asfalto, che permette alle
due macchine di curvare2. Siccome la curva viene percorsa a velocità costante la forza di
2Si noti che la forza di attrito è di tipo statico: infatti gli pneumatici non strisciano sull’asfalto, per
cui, istante per istante, la porzione di ruota a contatto col terreno è ferma rispetto al terreno stesso.
3.2 Soluzioni 69
^ = Fs , (2)
mv2 >----- — .
— - < g smg => v < ^fJisgR • (4)
K
Quindi esiste una velocità massima a cui si può percorrere una curva senza slittare e
questa velocità dipenda dal coefficiente di attrito statico tra pneumatici e strada oltre che
dal raggio di curvatura. Applicando il risultato precedente alle due macchine considerate
in questo problema, si ottiene
La macchina più esterna può quindi raggiungere una velocità superiore senza slittare, ma
ciò non è sufficiente per arrivare prima al termine della curva. Infatti, il tempo impiegato
per compiere la semicirconferenza è rispettivamente:
, n Ri
ii = -------- = 11.7 s
^max1I
(6)
t2 = = 12.3 s
V m ax,2
La macchina 1 arriva quindi prima della macchina 2 pur avendo percorso la curva a minor
velocità, in quanto è pur vero che la velocità massima aumenta con y/R, ma la strada da
percorrere aumenta con R.
S.3.8.
(i) Siccome le due masse si muovono solidali, le posso considerare come un unico corpo di
massa M = mi + m2. Per il secondo principio della dinamica l’accelerazione del sistema
è quindi pari a
F
a = ------------ , a)
mi + m2
(ii) Determiniamo ora la forza di interazione fra i due blocchi. In figura sono mostrate
le forze agenti sul blocco di massa m2: la forza peso e la reazione vincolare del piano
d’appoggio, che si fanno equilibrio, e la forza di interazione fra i blocchi F int.
La legge di moto del blocco è la seguente: ^
S.3.9.
In figura è schematicamente rap F
r m
presentato il convoglio, dove F m è YYl YYl M
la forza motrice che fa accelerare
il treno. Osserviamo che l’accele
razione è costante perché la velocità aumenta linearmente, quindi può essere calcolata
come il rapporto incrementale della velocità rispetto al tempo:
Determiniamo ora le tensioni nei ganci. In figura sono rappresentate le forze che agiscono
sul vagone A: la forza peso mg equilibrata dalla reazione vincolare N; la forza T i esercitata
su A dal gancio che collega i vagone A e B .
L’equazione di moto in direzione orizzontale del vagone A, che i
si muove con accelerazione a, è quindi: 1N
S.3.10.
La forza di attrito agisce solo sulla massa più in alto, questo comporta che la fune rimanga
sempre tesa durante il moto e quindi che le due masse abbiano la stessa accelerazione di
caduta: ai = a2. Introduciamo un sistema di assi cartesiani ortogonali (x,y) in cui l’asse
x è parallelo al piano inclinato ed è diretto verso il basso, e l’asse y è perpendicolare al
piano inclinato, come mostrato in figura. Le forze che agiscono sul corpo 1 sono: la forza
peso mg; il componente verticale N 1 della reazione vincolare del piano; la forza d’attrito
dinamico F d, dove |Fd|= /zd|Ni|; la forza T i esercitata dalla fune sul corpo, diretta verso
il basso perchè il filo è sempre teso. L’equazione di moto del corpo 1 è la seguente:
TTia1 = mg + N i + Fd + T 1 (1)
In direzione y le forze si fanno equilibrio, quindi:
mai = Ti + mg sin a — Fd = , .
= T iF mg sin a —fJLd,mg cos a '
Le forze che agiscono sul corpo 2 sono: la forza peso mg; la reazione vincolare del piano
N 2, verticale perchè non c’è attrito fra il corpo 2 e il piano; la forza T 2 esercitata dalla
fune sul corpo, diretta verso l’alto perchè il filo è sempre teso. L’equazione di moto del
corpo 2 è la seguente:
ma2 = mg + N 2 + T 2 (4)
Anche in questo caso, in direzione y le forze si fanno equilibrio, quindi:
S.3.11.
In figura sono mostrate le forze che agiscono sui due corpi: le
forze peso m ig e m2g; le forze esercitate dalla fune, T i e T 2.
Dal momento che il filo è costantemente teso, le forze T i e T 2
sono rivolte verso l’alto, come mostrato in figura. Le equazioni
vettoriali di moto dei due corpi sono le seguenti:
m iai = m ig + T i
(i)
m2a2 = m2g + T 2
Introduciamo un asse y verticale, diretto verso l’alto. Si noti che il moto dei due corpi
avviene esclusivamente in direzione verticale. Proiettando le leggi di moto (1) lungo l’asse
y si ottiene:
miai — rriig F T1
(2)
m2a2 = - m 2g F T2
Poiché la fune è ideale e la carrucola è priva d’attrito, la tensione del filo viene trasmessa
inalterata, in modulo, lungo il filo stesso. Nel nostro caso si ha:
T i — T 2 — Tiiy (3)
mia = —m\g + T
(5)
—m2a = —m2g F T
m2 — mi
a = ------;----- 9
mi + m2
(6)
2mim2 -T u y
---------i--------- 9
mi F m2
—Tuy, come mostrato in figura. Dal momento che la puleggia, di massa nulla, non si
sposta, le forze applicate si fanno equilibrio, quindi risulta
_ _ Amim2
Tg = TT = ------ — 9 (7)
m\ + m2
S.3.12.
Introduciamo un sistema di assi cartesiani ortogonali
come in figura. Le forze applicate al corpo di massa
mi sono le seguenti: la forza peso m ig e la reazione
vincolare N i, che si fanno equilibrio perchè mi non
si muove in direzione verticale; la forza esterna F e
la forza esercitata dalla fune, T 1. Dal momento che
inizialmente il corpo è fermo, anche le due forze F e
T i si fanno equilibrio:
T i-F a)
Le forze applicate al corpo di massa m2 sono la forza peso ra2g e la forza esercitata dalla
fune, T 2, che inizialmente si fanno equilibrio, quindi:
T2 = m2g (2)
Come già osservato nell’esercizio precedente, dal momento che la fune è ideale e la car
rucola è liscia, la tensione del filo viene trasmessa inalterata, in modulo, da un estremo
all’altro, quindi:
T 1 = Tux T 2 = -T u y (3)
Dalle (1) e (2), utilizzando la (3), si ottiene:
Vediamo ora cosa succede quando il sistema viene lasciato libero di scorrere, cioè quando
la forza F viene tolta. Osserviamo, in analogia alla situazione dell’esercizio precedente,
che i due corpi si muover anno con accelerazioni di uguale modulo, quindi:
mia = T (6)
m2
A T = ---------2— g = -0.023 N . (9)
mi +
S.3.13.
Si consideri inizialmente in quali condizioni il
sistema si trova in equilibrio. In figura sono
evidenziate tutte le forze agenti sulle due mas
se. In particolare, la forza Fs è la forza di at
trito statico. Introduciamo un sistema di assi
cartesiani ortogonali x, y, come in figura. Co
me osservato negli esercizi precedenti, possia
mo scrivere:
T 1 = -T u x T2 -
Proiettando tutte le forze lungo gli assi x e y, ed imponendo l’equilibrio si ottiene, per la
massa 1:
e per la massa 2:
m2g - T = O. (3)
Eliminando la tensione dalle precedenti equazioni e sapendo che la forza di attrito statico
Fs può avere un valore massimo limitato, si può scrivere
P < g io rn i + m2)
— cos tf -K fis sin tf
Per questi valori di forza F il sistema si muoverà con un’accelerazione a che può essere
determinata a partire dagli stessi sistemi di forze rappresentati precedentemente con la
3.2 Soluzioni 75
sola sostituzione della forza di attrito statico Fs con quella di attrito dinamico Fd. Appli
cando quindi il secondo principio della dinamica e sapendo che le due masse si muovono
con accelerazioni di ugual modulo (ai = aux, a2 = —auy) in quanto collegate da una
fune inestensibile, si trova
e quindi
S.3.14.
Per descrivere il moto (o la condizione di equilibrio)
del corpo di massa mi utilizzeremo il sistema di as
si cartesiani ortogonali x, y mostrato in figura. Per
descrivere il moto (o la condizione di equilibrio) del
corpo di massa m2 utilizzeremo un asse verticale,
x', diretto verso il basso. In figura sono rappresen
tate tutte le forze che agiscono sui due corpi. Come
osservato più volte negli esercizi precedenti, dal mo
mento che la tensione si trasmette inalterata, in modulo, da un estremo all’altro della fune,
si ha:
T 1 = Tux T 2 = -T u x, (1)
N — mig cos a = O
(2)
T — rriig sin a + Fs = O
m2g - T = O (3)
76 Dinamica del punto materiale
poiché, con i dati del problema, Fs < 0, la forza Fs è effettivamente diretta come mostrato
in figura. Ricordando la relazione di Coulomb si ha:
da cui si ricava
TTi2 - Tn1sm a ^ ^
IisTTli cos a ~
Inserendo i valori numerici nella precedente disequazione si trova però che il termine di
sinistra è pari a 3.5(> 1) e quindi si può concludere che l’equilibrio non è possibile ed
il sistema si muoverà con una certa accelerazione. Siccome la massa 2 è maggiore della
massa 1, che per di più si trova su di un piano inclinato scabro, è ragionevole ipotizzare
il corpo di massa m2 si muova verso il basso: verificheremo alla fine se tale supposizione
è esatta. In tal caso la forza d’attrito dinamico agente sulla massa mi ha la seguente
espressione:
F d = -Md|N|ux = - g dm igcosa u x (7)
Anche in questo caso le accelerazioni dei due corpi sono uguali in modulo, quindi:
Proiettando la legge di moto per la massa Toj in direzione a; e la legge di moto per la
massa ra2 in direzione x' si ottiene:
S.3.15.
Per descrivere il moto del corpo di massa mi utilizzeremo il sistema di assi cartesiani or
togonali x, y mostrato in figura. Per descrivere il moto del corpo di massa m2 utilizzeremo
un asse x' parallelo al piano inclinato e diretto verso il basso (vedi figura). In figura sono
rappresentate tutte le forze che agiscono sui due corpi. Come osservato più volte negli
esercizi precedenti, dal momento che la tensione si trasmette inalterata, in modulo, da un
estremo all’altro della fune, si ha:
T 1 = Tux T 2 = —T.ux, a)
3.2 Soluzioni 77
N1 = mig. (2)
Fd = — g d m i 9 u x- (3 )
m xa = T - Iidrn1Q. (4)
S.3.16.
Risolviamo il problema in un sistema di riferimento inerziale fisso a terra (assi cartesiani
ortogonali x ,y mostrati in figura). Le uniche forze da considerare sono quindi la forza F,
le forze peso, la tensione nella fune e le reazioni vincolari. Dal momento che la fune è
ideale si ha:
T 1 = Tux T 2 = Tuy (1)
M 1Ci = T (4)
S.3.17.
Per il secondo principio della dinamica sappiamo che la forza agente su di una massa è
pari a
F — ma (1)
(2)
e quindi
dx
— = —A uj sin(cut + <p) , (3)
da cui, mediante ulteriore derivazione, si ricava
dpx
- -A w 2cos + tp) (4)
F = —mcu2xu x , (5)
che può essere vista come una forza elastica con costante elastica k pari a
k = moj2 . (6)
Osservazione:
Il moto di una massa soggetta alla sola forza elastica è quindi un moto armonico con
espressione
x = A cos (ut + ip) , (7)
dove la pulsazione uj si ricava dalla (6) ed è uguale a
UJ = (8)
I parametri del moto A e p si ricavano invece dalle condizioni iniziali del moto.
3.2 Soluzioni 79
S.3.18.
Come visto nell’esercizio precedente, una massa soggetta alla sola forza elastica si muove
di moto armonico con una pulsazione uj pari a
UJ =
(i)
Il periodo di oscillazione del moto è collegato alla pulsazione del moto dalla seguente re
lazione
(2)
r+ - W ? -
Nel problema in esame, però, le molle sono due e collegate in due modi diversi. Per
trovare quindi il periodo di oscillazione è necessario trovare la costante elastica della
molla equivalente nei due casi e quindi applicare la relazione (2).
a) Si considerino inizialmente le due molle in serie.
Se si immagina di applicare alla massa m una for k i F 1 -F i k2 F 7 '? 2
za F diretta come in figura, la massa si sposterà KOOOO/WXXX?/^
di una quantità AZ tale per cui la forza elastica di
richiamo bilanci perfettamente la forza F. Consi A AU
derando solo i moduli delle forze, si ottiene quindi
Lo spostamento complessivo Al della massa sarà però dato dalla somma degli allunga-
menti delle due molle e quindi
Al — Ali + A l 2 • (4)
Essendo il sistema in equilibrio, le forza interne tra molle e massa sono tutte pari a
F = F2 = F1. (5)
D’altra parte
F1 = F = JfciAZ1
F2 = F = k2A l2 (6)
F F
Al = T
k± + Tk2'
(7)
k\k2
rk^ea — F_ , F m
(8)
m(ki + k2)
T = 2tt (9)
kik2
Fi = - M C - ^ i o H
F2 = M C - M u *
Si immagini, ora, di applicare una forza nota F = F u x alla massa m; questa si sposterà di
una quantità AZ tale per cui le forze elastiche di richiamo bilanceranno esattamente la forza
applicata, in modo da tornare nuovamente all’equilibrio. In questo caso, l’allungamento
della molla 1 sarà aumentato della quantità AZ, mentre l’allungamento della molla 2 sarà
diminuito della stessa quantità. Le forze elastiche applicate alla massa m avranno quindi
la seguente espressione:
F i = —k\{lq — Zio + AZ)ux
F 2 = M C - J 20- A Z K (12)
T = 2tt (14)
k\ + k2
3.2 Soluzioni 81
S.3.19.
Inizialmente si consideri una molla di costante elastica equivalente keq indipendentemente
da come il bambino decida di collegare le due molle. Per quanto si è visto nel problema
17, una massa soggetta alla sola forza elastica si muove di moto armonico con legge oraria
data da
x(t) — Acos(ujt + p ) , a)
dove l’asse delle x, diretto come in figura, ha l’origine nel punto occupato dall’estremo
libero della molla in configurazione non deformata e la pulsazione u è data da
(2)
U ^ m
A F
Ax — -— . (3)
kea
dx
v(t) = — = - A u sin(ut + p ) . (4)
dt
x(0) = A cos p = - A x
(5)
v(0) = - A uj sin p = 0 => p = 0
A = -A x . (6)
Come ben noto in un moto armonico la velocità risulta massima quando l’ampiezza di
oscillazione è nulla (x = 0) e in questo caso raggiunge un valore massimo pari a
. F IT F
V m ax = A XUJ = — \ — = --------: . (8)
keq V TTl k eqTTl
Oltre questo punto la molla cessa di spingere il proiettile in quanto passa dall’essere
compressa all’essere allungata. Negli istanti successivi, la forza elastica avrebbe quindi
un effetto frenante sul proiettile se i due fossero vincolati; poiché, invece, il proiettile è
semplicemente appoggiato alla molla, nel momento in cui questa comincia a rallentare il
proiettile perde il contatto dalla molla e prosegue con la velocità massima acquisita fino
a quel punto, la cui espressione abbiamo ricavato nell’equazione precedente.
Analizzando quindi l’espressione della velocità massima (8), si può osservare come questa
dipenda in modo inversamente proporzionale dalla radice della costante elastica equiva
lente. Quindi la velocità massima del proiettile sarà tanto più elevata quanto minore sarà
la costante elastica equivalente.
Il bambino può decidere se collegare le due molle uguali in serie o in parallelo ottenendo
così le seguenti costanti elastiche equivalenti
ji se r ie __ k
eq ~ 2
(9)
£1p a r a l l e l o _
La scelta migliore è quindi quella di collegarle in serie, in quanto la velocità massima avrà
un valore doppio rispetto al collegamento in parallelo.
S.3.20.
La massa M appesa ad una molla in verticale è soggetta alla forza
peso ed alla forza elastica. Si cominci considerando la posizione di M K,
equilibrio della massa. L’equilibrio si ottiene quando la forza peso
O - IM
è perfettamente bilanciata dalla forza di richiamo elastica. Si deve
quindi avere un allungamento A Leq tale per cui
Mg
Mg = kA L eq=>A Leq =
A L = A L eq + y . (2)
= (4)
che ha come soluzione la legge oraria
dove
27T
T = S. (7)
UJ
S.3.21.
Durante il moto di un pendolo le uniche forze che agiscono
sulla massa appesa sono la forza peso e la tensione della
fune (si è trascurato l’attrito dell’aria in quanto molto pic
colo alle velocità tipiche di un pendolo da orologio). Per
determinare la legge oraria del pendolo si considerino so
lamente le proiezioni delle forze in direzione tangente al
la traiettoria. Il secondo principio della dinamica diventa
quindi
d2s
(2)
at 2
s = Ld (3)
con d espresso in radianti. A questo punto l’equazione (1) può essere riscritta come
84 Dinamica del punto materiale
d2d
(5)
dt2
UJ = (7)
2tt
T = (8)
uj
Si può quindi concludere che per aggiustare l’orologio è necessario accorciare la lunghezza
del pendolo del 3.3% della sua lunghezza originaria.
S.3.22.
Il problema può essere risolto con due procedimenti. Consideriamo inizialmente quello
più dispendioso in termini di calcoli. Separiamo il moto della massa in due intervalli, il
primo da a ti ed il secondo da t\ a Nel primo intervallo la massa subisce l’effetto
della forza esterna F e dell’attrito dinamico Fd e quindi si muove con un’accelerazione
pari a
F - g dmg
ai = -------------- . a)
m
Nel secondo intervallo di tempo la forza F cessa di esistere e quindi l’accelerazione è data
da
«2 = -MdS (3)
e quindi la velocità al tempo t2(nulla per quanto detto dal testo del pr
spressione
F
V2 = vi + - fi) —h ~ Hdg= o ; (4)
Ft1
0.41. (5)
Tngt2
Un metodo molto più semplice per risolvere questo problema è quello di utilizzare il teo
rema deH’impulso:
Nel presente problema le forze in gioco sono tutte costanti, quindi l’integrale diventa
semplicemente la forza per l’intervallo di tempo per cui viene applicata. Inoltre, le forze
sono tutte orizzontali e quindi si può utilizzare il teorema dell’impulso in forma scalare.
L’impulso generato dalle due forze che agiscono sulla massa sarà quindi dato da
L’impulso totale è pari a zero perché sia la velocità iniziale che quella finale sono nulle.
Dalla precedente equazione si ricava quindi lo stesso risultato già calcolato in (5).
S.3.23.
Questo tipo di problemi viene generalmente risolto in un sistema di riferimento non iner
ziale solidale al corpo in rotazione, pur di introdurre opportune forze apparenti. Riman
dando però la dinamica nei sistemi non inerziali ad un capitolo successivo, si provi a
risolvere il problema in un sistema di riferimento inerziale con gli strumenti visti fino ad
ora. Trascurando inizialmente la forza peso, si può osservare che in un sistema di riferi
mento inerziale, una massa m che possiede una certa velocità tende a muoversi di moto
rettilineo uniforme in assenza di forze esterne. In questo caso, però, ciò comporterebbe un
attraversamento della parete cilindrica che invece si oppone e vincola le persone a seguire
un moto circolare. La forza necessaria a mantenere questo moto è la reazione vincolare
della parete che ha la funzione di forza centripeta:
N = TTlUJ2 R , (1)
86 Dinamica del punto materiale
dove a; è la velocità angolare con cui ruota il cilindro. La presenza di una reazione vinco
lare della parete sulle persone dà anche luogo ad una forza di attrito statico Fs tangente
alla parete che si oppone alla forza peso, mantenendo le persone sollevate dal pavimento:
roblema) ha l’e
27T
T —
UJ
(4)
si ottiene
T <2n (5)
Osservazioni:
(i) Il periodo di rotazione limite non dipende dalla massa della persona considerata. Quin
di, pur di far funzionare la giostra con un periodo di rotazione inferiore al valore appena
ricavato (o con una velocità angolare superiore al corrispondente valore limite), qualunque
persona appoggiata alla parete rimane sospesa indipendentemente dalla sua massa.
(ii) La reazione vincolare, che forza le persone a compiere un moto circolare, si oppone
al tentativo dei corpi di proseguire di moto rettilineo uniforme attraversando la parete.
Lo stesso principio viene sfruttato nella centrifuga della lavatrice o per produrre succhi
di frutta. Il cestello forato non consente il passaggio dei panni o della polpa e buccia
della frutta, mantenendoli in moto circolare, al contrario i liquidi sono liberi di sfuggire
al cestello proseguendo di moto rettilineo uniforme lungo la tangente e quindi vengono
raccolti esternamente alla centrifuga. Questa descrizione, valida in un sistema di riferi
mento inerziale, risulta meno intuitiva di quella che è possibile formulare in un sistema di
riferimento non inerziale solidale alla centrifuga, che presuppone l’introduzione di forza
apparenti quale ad esempio la forza centrifuga. Queste forze apparenti vengono introdotte
per poter utilizzare i principi della dinamica anche in sistemi non inerziali, per i quali non
sarebbero validi. Il motivo per cui queste forze, pur apparenti, ci risultano così familiari è
dovuto al fatto che nelle situazioni di vita comune noi stessi siamo molto spesso osservatori
non inerziali.
3.3 Esercizi di autovalutazione 87
AV.3.2.
Si consideri un contrappeso di massa Mp, legato ad una molla di costante
elastica k, libero di muoversi in direzione verticale. Si determinino:
(a) l’elongazione della molla, assunta ideale, nella posizione di equilibrio del
sistema;
(b) l’equazione del moto della massa Mp proiettata lungo l’asse verticale
z (mostrato in figura) con l’origine nella posizione di equilibrio e la forma O
generale della legge del moto z = z(t);
(c) il periodo di oscillazione della massa.
Si ponga Mp = 0.1 kg; k = 3 N/m.
AV.3.3.
Un pendolo conico è costituito da un oggetto puntiforme di massa m = 3 kg, collegato
mediante una fune ideale lunga L = 3 m alla cima di un palo. L’oggetto è posto in
rotazione attorno al palo con velocità angolare costante uj = 2 rad/s. La fune descrive,
durante il moto, un cono in cui l’angolo 9 tra la fune ed il palo si mantiene costante. Si
determini l’angolo 9.
AV.3.4.
Un’asta rigida è vincolata ad un punto fisso O e ruota con velocità ,
angolare costante ujq attorno ad un asse di rotazione passante per ^
O; l’asse di rotazione è verticale, O è l’estremo inferiore dell’asta e m
l’angolo tra l’asta e l’asse di rotazione è pari ad a. Un oggetto di
massa m è libero di scivolare lungo l’asta senza attrito. Si determini /% !
a quale distanza I0 dal punto O si possa posizionare l’oggetto senza v*0
che questo scivoli lungo l’asta.
88 Dinamica del punto materiale
AV.3.5.
Una cassa è posta sul pianale di un autocarro che si muove con velocità V lungo una
strada orizzontale. L’autocarro frena con accelerazione costante e si arresta in un tratto
di lunghezza L. Si calcoli il minimo coefficiente di attrito tra cassa e pianale affinché la
cassa non scivoli.
AV.3.6.
Le equazioni cartesiane del moto di una particella di massa m sono:
x = x oe0t, y = yoe~0t, 0,
AV.3.7.
Un corpo puntiforme di massa m è appoggiato su un piano inclina
to scabro (coefficiente di attrito statico fjts) inclinato di un angolo
a rispetto all’orizzontale. Il corpo è trattenuto da una molla com
pressa, di costante elastica k.
(a) Si determini la massima compressione, A Lrnax, della molla che
consente al corpo di rimanere in quiete.
(b) Si determini il modulo della forza minima, F0, che deve essere
applicata al corpo, in direzione normale al piano inclinato, affinché il
corpo rimanga in quiete se la compressione della molla è 2A Lmax.
AV.3.8.
Una pallina di massa m risale un piano inclinato di un angolo a = 45° che ha un coeffi
ciente di attrito dinamico pLd — 0.3. La velocità iniziale della pallina è Vq = 20 m/s. Si
determini:
(%) Il tempo t\ impiegato ad arrivare all’altezza massima (tempo di salita);
(ii) Lo spazio d percorso sul piano inclinato.
(in) La velocità con cui ritorna al punto di partenza dopo essere ridiscesa dal piano
inclinato.
AV .3.9.
Un pendolo è composto da un filo inestensibile di massa trascurabile e di lunghezza L = 50
cm cui è appeso un corpo puntiforme. Il pendolo viene spostato dalla posizione di equili
brio fino a formare un angolo a = a0 = 30° rispetto alla verticale e lanciato con velocità
vo. Si determini:
(i) La velocità minima iniziale v0 = vm del pendolo affinché possa eseguire un giro com
pleto attorno al perno rimanendo in tensione.
(ii) Per Vq = vm, si calcolino le velocità e v<i del pendolo nel punto più basso della
traiettoria ( a = 0°) e nel punto più alto ( a = 180°).
3.3 Esercizi di autovalutazione 89
AV.3.10.
Due masse mi = 0.2 kg ed ra2 = 0.18 kg sono appoggiate su
due piani inclinati e collegate da una fune insensibile e di massa
trascurabile, come mostrato in figura. Sapendo che le inclinazioni
dei due piani sono a = 30° e /3 = 60°, trascurando ogni attrito si
calcoli Taccelerazione a di moto dei due corpi e la tensione T della
fune.
AV.3.11.
Un corpo di massa m = 5 kg è poggiata su un piano ad inclinazione
variabile ed è fissato ad una molla di costante elastica k = 10 N/m.
Tra piano e corpo vi è attrito (coefficiente di attrito statico fis = 0.4;
coefficiente di attrito dinamico ^d = 0.1). A partire da inclinazione
nulla (con molla a riposo) si aumenta molto lentamente Tinclinazio-
ne del piano, arrestandola non appena il corpo comincia a scivolare,
in corrispondenza dell’angolo di inclinazione 6.
(%) Si calcoli il valore dell’angolo 6 cui il corpo comincia a scivolare.
(ii) Si determini lo spostamento 5 del corpo lungo il piano in
clinato, a partire dalla posizione iniziale, prima che esso si fermi
nuovamente.
AV.3.12.
In un pendolo conico una massa, m = 2 kg, legata ad una fune
ideale di lunghezza L = 0.5 m ed ancorata ad un punto fisso all’al
tra estremità, viene posta in rotazione rispetto all’asse verticale. Si
determini:
(i) la velocità angolare u con cui la massa deve ruotare affinché la
fune individui un angolo 9 = 45° con la verticale;
(ii) se la fune si spezzi nelle condizioni del punto precedente,
sapendo che la fune ha una tensione di rottura Tr = 30 N.
AV.3.13.
Un’automobile di massa m = 5 kg si muove di moto circolare sotto l’effetto di una forza
tangenziale pari a Ft = (312 + 5£ + 2) N. Sapendo che l’automobile è inizialmente ferma,
si determinino:
(i) la sua velocità al tempo t = 5 s;
(ii) il minimo coefficiente di attrito statico affinché, nell’istante del punto precedente,
l’automobile rimanga sulla traiettoria circolare di raggio R = 300 m.
AV.3.14.
Una massa m — 13 kg si muove su un piano liscio con velocità uniforme v0 = 5 m/s. Una
molla, posizionata sullo stesso piano con costante elastica k = 100 N/m e lunghezza a
riposo L0 = 2 m, è in grado di fermare completamente la massa prima di respingerla in
direzione opposta.
90 Dinamica del punto materiale
(i) Si esprima la legge oraria che rappresenta il moto della massa durante l’interazione
con la molla;
(ii) Si determini il tempo impiegato dalla molla per fermare la massa;
(ni) Si determini inoltre la massima compressione della molla.
3.4 Soluzioni sintetiche degli esercizi 91
, - M cSin/?
mp eqn m
(c) a = p -------- 3 ; Hd sin (0.01) ~ 0.01.
IvJ-Q I TTbp
SA.3.2.
(aJ A leq = = 32.7 cm.
( c ) T = — = 2 tt
SA . 3 . 3 .
cos 9 = ——— —y 0 — 35,2°.
U2L
SA .3.4.
7 _ #cos(a)
2 • 2/ \*
0¾ sin (a)
SA.3.5.
H s ,m in V
SA.3.6.
/a/ F = m(32(xux + 2/¾ );
(c) Il momento della forza rispetto a O è nullo (SPt(o) = 0) quindi L(0) è costante.
92 Dinamica del punto materiale
SA.3.7.
(a) A Lrnax = -2 - (Hs cosa - sina).
/7 . _ ( sina\
( 0) F0jmin = mg I cos a ---------- 1.
SA.3.8.
(i) ti = V 0 /a ~ 2.218 s, con a = g(sina + /i^cosa);
SA.3.9.
(%) vm = y/gL(3 + 2 cos a 0) ~ 4.82 m/s;
S A .3.10.
a = (m2 sin/3 —mi sin a ) /( m i + m2) — 1.44 m /s2; T = mim 2g(sina + s in /? )/(m i+ m 2) —
1.27 N
S A .3.11.
(i) 9 = atan(/is) ~ 21.8°;
S A .3.12.
(%) a; = 5.26 rad/s;
S A .3.13.
(i) v(5s) = 39.5 m/s;
SA .3.14.
(%) Ponendo l’origine dell’asse nel punto di contatto della massa con la molla, la legge
oraria è x = Asin(u;£), dove u = yjk/m\ ;
Lavoro ed energia
4.1 Problemi
P.4.1.
Una particella è sottoposta ad una forza F = axyux —
ax2uy, dove a= 60 N /m 2 e ux, uy sono i versori degli assi
x e y.
(i) Si calcoli il lavoro compiuto dalla forza F quando la
particella si sposta dall’origine O al punto P di coordinate
Xp = £, yp = £ (£ = 0.1 m) lungo le due traiettorie OAP,
OBP dove A=(^5O) e B=(0,£).
(ii) Sulla base dei risultati ottenuti è possibile stabilire se
il campo di forze assegnato è conservativo ?
P.4.2.
Un blocco di massa M = 30 kg viene trascinato me
diante una fune su un piano orizzontale scabro, per
un tratto d = 10 m. Alla fune, che forma un angolo
a = 40° con l’orizzontale, è applicata una forza co
stante F di modulo F = 5 N. Sapendo che il blocco si
muove con velocità costante si determinino:
(i) il lavoro compiuto sul blocco dalla forza d’attrito;
(ii) il coefficiente di attrito dinamico fra blocco e
piano.
P.4.3.
Una forza agente su un corpo puntiforme di massa m, ne causa il moto descritto dalle
seguenti equazioni parametriche: x(t) = Cit3,y(t) = C^t21z(t) = Cst1 dove ci, C2 e Cs sono
delle costanti. Si determini la potenza sviluppata dalla suddetta forza applicata.
P.4.4.
Un’automobile di massa m, percorre con moto uniforme una strada in salita inclinata di
un angolo 9 rispetto all’orizzontale. Supponendo che il modulo della forza di attrito F a
dipenda dal modulo della velocità v dell’automobile secondo la relazione Fa = (a + bv),
96 Lavoro ed energia
P.4.5.
Una locomotiva, che sviluppa una potenza costante V = 1.5 MW, accelera un treno da
una velocità iniziale v$ = 10 m /s ad una velocità finale Vf = 25 m /s in un intervallo di
tempo A t = 6 min. Trascurando ogni forma di attrito, si calcoli la massa del treno.
P.4.6.
Un punto materiale di massa nn si muove di moto rettilineo lungo un asse X1sotto l’azione
di una forza con potenza costante V . Sapendo che all’istante t = 0 il punto materiale
parte da fermo dalla posizione x = 0, si determini la sua legge oraria x = x(t).
P.4.7.
Un corpo di massa m viene lanciato con velocità iniziale Vo
lungo un piano inclinato scabro, con coefficiente di attrito
dinamico /Ld1partendo dal bordo inferiore del piano. Sapendo
che l’angolo di inclinazione del piano è a, si calcoli la massima
altezza raggiunta dal corpo e il corrispondente lavoro della
forza d’attrito.
P.4.8.
Un corpo puntiforme viene lasciato scivolare da fermo dalla
sommità di una superficie cilindrica liscia di raggio R. Si
calcoli l’angolo a in corrispondenza del quale il corpo si
stacca dal cilindro.
P.4.9.
Un corpo puntiforme parte da fermo da un punto P
e scivola lungo una guida liscia che forma un anello
di raggio R1 come mostrato in figura. Si determini
la minima quota h del punto di partenza P affinchè
il corpo possa percorrere l’anello rimanendo sempre
a contatto con la guida.
P.4.10.
Una guida ABC è costituita da un arco di circonferen
za AB di raggio R = 3 m e da un tratto rettilineo BC.
Il tratto curvilineo è liscio, mentre il tratto rettilineo
presenta attrito, con coefficiente di attrito dinamico
fid = 0.3. Un corpo viene lasciato scivolare da fer
mo dal punto A. Si determini la distanza percorsa dal [id
corpo sul tratto rettilineo prima di fermarsi.
4.1 Problemi 97
P.4.11.
Un pendolo semplice è costituito da una pallina sospesa ad un filo
inestensibile di massa trascurabile e lunghezza L. Nel punto infe
riore della traiettoria la velocità della pallina è v0 = y/3gL.
(i) Si calcoli la tensione della fune in funzione dell’angolo 6 formato
dal filo con la verticale.
(ii) Si dica, giustificando la risposta, se il filo rimane teso durante
tutto il moto della pallina.
P.4.12.
Un oggetto di massa m = 3 kg è legato ad un punto fìsso O mediante un filo inestensibile
capace di sopportare tensioni fino a 40 N. Inizialmente l’oggetto è mantenuto alla stessa
quota del punto O ed il filo è teso. Si stabilisca se, lasciato il sistema libero di muoversi,
il filo si spezza. In caso affermativo, si stabilisca in che posizione ciò avviene.
P.4.13.
Una molla ideale, priva di massa, è ap
pesa ad un estremo in posizione verticale
(figura a). All’estremo libero viene ag
ganciato un blocco di massa M = 10 kg.
All’equilibrio l’allungamento subito dal
la molla è A I = 9.8 cm. La stessa molla
viene poi disposta su un piano inclinato di un angolo 9 = 20° e privo di attrito, come
mostrato in figura ò. Un corpo di massa m = 2 kg è appoggiato alla molla e spinto in
modo da comprimerla di un tratto A L = 10 cm. Il corpo viene poi lasciato libero di
muoversi sul piano inclinato, partendo da fermo. Si calcoli la distanza percorsa dal corpo
lungo il piano inclinato prima di invertire il suo moto.
P.4.14.
Un blocco di massa m = 5 kg si muove su un piano oriz
zontale scabro avente un coefficiente di attrito dinamico
= 0.2. Inizialmente il blocco è dotato di una velocità Vo
= 6 m /s e si trova ad una distanza d = 8 m da una molla
ideale di costante elastica k = 100 N/m. Si dica, giusti
ficando la risposta, se il blocco urta contro la molla. In
caso affermativo, si calcoli la massima compressione della
molla.
P.4.15.
Una particella può muoversi lungo
una guida fissa costituita da due trat
ti rettilinei di uguale inclinazione,
a = 30° rispetto all’orizzontale, uni
ti in A da un raccordo di lunghezza
trascurabile. Il coefficiente di attrito dinamico fra il corpo e la guida, uguale a quello
98 Lavoro ed energia
P.4.16.
Una sferetta di massa m = 100 g è agganciata ad una
molla ideale di costante elastica k = 19.6 N/m, lunghez
za a riposo L = 40 cm, priva di massa il cui secondo
estremo è fissato nel punto A, come mostrato in figura.
Il sistema è posto su un piano orizzontale scabro (coef
I Q Q Q g Q jO
ficiente di attrito dinamico fi = 0.5). Se si allunga la -H*-
molla di un tratto A^o = 20 cm e si lascia quindi muo M0
vere la sferetta sotto l’azione della molla, si determini la
distanza minima da A raggiunta dalla sferetta nel suo
moto.
P.4.17.
Una particella puntiforme di massa m ed energia meccanica E si muove lungo una tra
iettoria circolare sotto l’azione della sola forza F = au r/ r 4, dove a è una costante, r è la
distanza da un punto fisso O e ur è il versore radiale uscente dal punto O. Si determini il
segno di a e il periodo T del moto.
P.4.18.
L’energia potenziale di un corpo puntiforme di massa m = 50 g, che si muove lungo l’asse
x sotto l’azione di una forza conservativa, è data dalla relazione:
Ep(x) = x 2 — IOx + 25
P.4.19.
Un corpo A di massa tua = 2 kg è collegato tramite
una fune ideale, di lunghezza 2< = 4 m, ad un corpo B
di massa mB = 3 kg tramite una carrucola O. Inizial
mente il corpo B è appoggiato su un piano orizzontale
ed il tratto di filo OB è verticale, mentre il corpo A, in
quiete, è tenuto col tratto di filo OA teso ed orizzon
tale. Si lascia libero il corpo A. Si determini di quanto
si abbassa il corpo A, in verticale, prima che il corpo
B si stacchi dal piano d’appoggio.
4.1 Problemi 99
P.4.20.
Un corpo di massa m = 0.1 kg, vincolato a due molle uguali
di costante elastica k = IO3 N/m, è inizialmente in quiete
appoggiato ad un piano orizzontale liscio. In tale condizione
le molle non sono deformate. Si applica al corpo una forza
F, di modulo F = 10.2 N, costante e parallela alla direzio
ne delle molle. Si calcoli la velocità del corpo nell’istante
in cui raggiunge una distanza £ = 1 cm dalla posizione di
equilibrio.
P.4.21.
Un corpo si trova in una regione di spazio in cui è sottoposto a una forza del tipo:
P.4.22.
Un corpo puntiforme di massa m = 0.1 kg si muove su un piano orizzontale liscio attorno
ad un punto fisso O a cui è collegato tramite una molla ideale di massa trascurabile, di
lunghezza a riposo nulla e di costante elastica k = 40 N/m. La minima distanza da O
raggiunta dal corpo è q = 0.3 m, la massima è r2 = 0.6 m. Si calcolino le velocità del
corpo in corrispondenza della distanza minima e massima da O.
4.2 Soluzioni 101
4.2 Soluzioni
S.4.1.
y
Il lavoro compiuto da una forza F su un percorso 7 , dalla
posizione iniziale O alla posizione finale P è dato da:
C= [ F dr (1)
La (5) fornisce quindi il lavoro compiuto da F sul percorso totale 7^ Nel caso del percorso
OBP (72) si ha: lungo il tratto OB dx = 0, Fy = —ax2 = 0, quindi il lavoro è nullo; lungo
il tratto BP Fx = aix, dy = 0 quindi:
S.4.2.
La forza F applicata alla fune viene trasmessa inalterata al blocco, che risulta quindi
sottoposto all5azione di quattro forze: la forza F diretta come la fune; la forza peso M g;
il componente normale della reazione vincolare del piano d’appoggio, N; la forza d’attrito
102 Lavoro ed energia
F a - Dal momento che il blocco si muove di moto rettilineo uniforme il risultante delle
forze applicate è nullo. La condizione di equilibrio in direzione x si scrive come segue:
F c o s a -F A = O => FA = - F c o s a u x (1)
dove: Fa — |Fa |e F = |F|. Possiamo subito calcolare il lavoro compiuto sul blocco dalla
forza d’attrito costante in corrispondenza dello spostamento orizzontale d:
pd pd
C = I F a - dr = —F c o s a / dx = - F d cosa = —38.3 J (2)
Jo Jo
S.4.3.
La potenza associata ad una forza F applicata ad un corpo è data da:
SC F •dr
V = = F v (1)
dt dt
avendo indicato con 5C il lavoro infinitesimo compiuto da F nell’intervallo di tempo dt,
dr il corrispondente spostamento e v la velocità del corpo. Dalle equazioni parametriche
del moto possiamo calcolare la velocità, l’accelerazione e quindi la forza agente sul corpo.
Le componenti cartesiane ortogonali della velocità sono date da:
dx ^ 9
vx = — = 3cit
dt
vy (2)
dz
~dt= c *
4.2 Soluzioni 103
0 ,= ^ = 2¾ (3)
Per il secondo principio della dinamica, l’unica forza F applicata al corpo è pari alla massa
del corpo per la sua accelerazione, F = ma. Utilizzando la relazione (1) si ha quindi:
V = F •v = m(axvx -b ayvy -b azvz) = m(18c^3 + 4c^) (4)
S.4.4.
Le forze che agiscono sull’automobile sono le seguenti:
forza peso mg; la forza dovuta al motore, F m, paral
lela alla strada e diretta verso l’alto; la forza d’attri
to, F a , parallela alla strada e diretta verso il basso; il
componente normale della reazione vincolare, N. Dal
momento che la macchina si muove di moto uniforme
il risultante delle forze applicate deve essere uguale a
zero. La condizione di equilibrio lungo l’asse x, diretto come la strada, si scrive come
segue:
Frn — mg sinO — Fa = O => F m = (mg sin# + a + òu)ux (1)
La potenza erogata dal motore si calcola facilmente:
dove a = 0° è l’angolo compreso tra la forza dovuta al motore e la velocità della macchina.
S.4.5.
Per il teorema dell’energia cinetica il lavoro di tutte le forze applicate ad una massa è pari
alla sua variazione di energia cinetica:
avendo indicato con ECi0 = M v0/2 l’energia cinetica iniziale e con Ecj = M v j/2 l’energia
cinetica finale. Utilizzando la definizione di potenza e ricordando che nel caso in esame
quest’ultima è costante, si ottiene:
rAt 1 2V At
C= Vdt = V A t = - M (v j - V 2
0) ^ M = -A----- - = 2 x IO6 kg (2)
Jo 2 V f-V 0
104 Lavoro ed energia
S.4.6.
Per risolvere questo problema è opportuno utilizzare il teorema dell’energia cinetica, che,
in forma differenziale, può essere scritto nel modo seguente:
dEc — SC a)
avendo indicato con SC il lavoro infinitesimo compiuto sul punto materiale dal risultante
delle forze applicate e con dEc la corrispondente variazione di energia cinetica. La potenza
fornita si può quindi scrivere come segue:
_'D — __
SC _ _
dEc
_£
di di
Si ha quindi:
Ec(t) = V i (3)
si è utilizzato il fatto che per t = 0 la velocità della particella, e quindi la sua energia
cinetica, è nulla. Dalla (3) possiamo ottenere la velocità della particella:
v(t) = (4)
La legge oraria si calcola facilmente ricordando che, nel caso in esame, si ha: v(t) = dx/dt.
Quindi:
dx = (5)
l
Si è utilizzato il fatto che per t = 0 la particella si trova in x = 0.
S.4.7.
Il problema si risolve facilmente applicando il teorema dell’energia cinetica:
A Ec = C = Cc F Cnc (1)
avendo indicato con Cc il lavoro delle forze conservative applicate al corpo e con Cnc il
lavoro delle forze non conservative. Nel caso in esame si ha:
dal momento che, quando il corpo raggiunge la quota massima sul piano inclinato, la sua
velocità, e quindi la sua energia cinetica, sono uguali a zero.
Le forze applicate al corpo sono: la forza peso mg, conservativa; il componente nor
male della reazione vincolare del piano d’appoggio, N, che non compie lavoro perchè
perpendicolare allo spostamento; la forza d’attrito, F a , non conservativa. Si ha quindi:
avendo indicato con h la quota massima raggiunta dal corpo sul piano inclinato. Nella
(3) si è implicitamente assunto che l’energia potenziale associata alla forza peso sia nulla
alla base del piano inclinato. La forza d’attrito è data da:
F a = -Md|N|ux (4)
avendo introdotto un asse x nella direzione del piano inclinato, come mostrato in figura.
La reazione vincolare N si calcola facilmente imponendo la condizione di equilibrio in
direzione y perpendicolare al piano inclinato:
C nc = A tt r it o =
I
/ F A *dr = H d T n g COS OL [ dx = - HdmgP cos a
Jo
(7)
avendo indicato con t la distanza totale percorsa dal corpo sul piano inclinato:
h
(8)
sina
h= (9)
2g sin a + Hd cos a
TTIVq Hd C O S a
r = __ ( 10)
2 (sin a + Hd cosa)
A E c — - A E p + Cnc A E = Cn (H)
avendo indicato con E = Ec + Ep l’energia meccanica totale. Nel caso in esame si ha:
S.4.8.
Le forze agenti sul punto materiale sono la forza peso, mg, e la reazione vincolare di
appoggio, N, radiale perchè la superficie cilindrica è liscia, uscente dalla superfìcie stessa.
La legge di moto si scrive quindi come segue:
ma = m g + N (1)
(2)
a = ~ R Ur
v2
—m — = —mg cos a + N => JN : m c(gos a - u (3)
R
avendo indicato con E(O) l’energia meccanica iniziale (particella sulla sommità della super
ficie cilindrica) e con E (a) l’energia meccanica della particella nella posizione individuata
dall’angolo a. Si ha:
E(O) = 2mgR
i i
E (a) = -m v 2 + mgh = -m v 2 + mgR( 1 + cosa)
Nelle (6) si è assunto che l’energia potenziale sia nulla sul piano orizzontale su cui è
vincolata la superficie cilindrica, e che la particella parta da ferma dalla sommità del
cilindro (quindi con energia cinetica nulla). Utilizzando le (5) e (6) si ottiene:
Dalle (4) e (7) si ricava quindi che il punto materiale rimane appoggiato alla guida
cilindrica finché si ha:
2
cosa > - => 0 < a < 48° (8)
4.2 Soluzioni 107
S.4.9.
Le forze agenti sulla particella nel suo moto lungo la guida circolare sono la forza peso,
mg, e la reazione vincolare di appoggio, N, radiale perchè la guida è liscia, e diretta verso
il centro della circonferenza. La legge di moto si scrive quindi come segue:
ma = mg H-N (1)
avendo individuato con a la posizione della particella sulla guida circolare, come mostrato
in figura. La particella resterà a contatto della guida in tutto il suo moto circolare solo se
la reazione vincolare rimarrà diretta verso il centro della circonferenza. Per la (2) questo
significa che
/ v2\
m ^<7cos a H- — J > 0 . (3)
Il modulo N della reazione vincolare assume il minimo valore quando a = 7r, cioè quando
la particella raggiunge la sommità, A, della guida circolare. Tale posizione è quella più
critica per soddisfare la (3), che diventa
m v\>gR - (4)
Si ha quindi:
E (P ) = E (A ) => Va
2 = 2 - 2R) (7)
108 Lavoro ed energia
h>\R(8)
Nota : E’ interessante osservare che nel caso di vincolo unilatero l’altezza h del punto di
partenza P deve essere maggiore di quella del punto A. La differenza di energia poten
ziale tra i due punti è infatti necessaria per far arrivare la particella in A con la velocità
adeguata per soddisfare la (4).
Nel caso in cui il vincolo fosse stato bilatero, invece, non ci sarebbero state limitazioni
sul verso di N e quindi non avremmo dovuto soddisfare la (3) e la (4). In quest’ultimo
caso infatti sarebbe bastato che la particella avesse energia sufficiente per arrivare in A 7
anche con velocità va — 0, per compiere un giro completo a contatto con la guida. Quindi
l’altezza del punto di partenza P sarebbe stata h! = 2R.
S.4.10.
Per risolvere il problema possiamo appli
care il teorema dell’energia cinetica in pre
senza di forze non conservative:
A E c - C c P C nc (1)
A E = Cnc (2)
E a = mgR (3)
Si è assunta uguale a zero l’energia potenziale sul piano orizzontale. L’energia meccanica
finale, quando il corpo si ferma in un punto del tratto rettilineo BC è ovviamente uguale
a zero. Si ha quindi:
A E = —mgR (4)
Calcoliamo ora il lavoro compiuto sul corpo dalla forza di attrito. Tale forza è data da:
F a = -Md|N|ux (5)
avendo assunto un asse x diretto come il tratto orizzontale BC, con origine nel punto B,
come mostrato in figura. La componente normale della reazione vincolare sul tratto BC
si calcola imponendo l’equilibrio in direzione verticale:
|N| = mg (6)
Il lavoro compiuto dalla forza di attrito si calcola facilmente:
-I
Cnc = / F a • dr= -[Idfng
f / = - [ i dm gL (7)
4.2 Soluzioni 109
avendo indicato con L la distanza percorsa dal corpo sul tratto rettilineo prima di fermarsi.
Utilizzando le relazioni (2), (4) e (7) si ottiene:
L = — = 10 m (8)
Vd
S.4.11.
Le forze agenti sulla pallina sono la forza peso, mg e la tensione
T della fune. La legge di moto della pallina è quindi la seguente:
ma = mg + T (i)
dove T = |T|.
Per determinare la tensione in funzione dell’angolo 9 dobbiamo prima esprimere la velocità
v in funzione di 9. Dal momento che l’unica forza agente sulla pallina che compie lavoro
non nullo è la forza peso, conservativa, possiamo applicare il principio di conservazione
dell’energia meccanica. L’energia iniziale, quando la pallina si trova nel punto più basso
della sua traiettoria circolare è:
E0 = (3)
Si è assunto che in tale posizione l’energia potenziale della forza peso sia nulla. L’energia
meccanica in corrispondenza di un punto generico della traiettoria, individuato dall’angolo
9 è data da:
E f = -m v 2 + mgL( 1 — cos 9) (4)
Si ha quindi:
E0 = E f => v2 = v0 — 2gL(ì — cos 9) (5)
Utilizzando la relazione (5) nella (2) si ottiene:
2
T = m (^j- — 2g + Sg cos 9^ (6)
Se il filo rimane sempre teso durante il moto del pendolo, la pallina sale fino a che la sua
velocità non si annulla. Quindi per la (5), si ha
quindi la pallina non compie tutto il suo moto con il filo teso, ma, raggiunta la posizione
individuata dall’angolo 9, segue un moto di caduta parabolico, come rappresentato nella
figura sottostante.
Nota: E’ interessante osservare che in un pendolo semplice
la fune rimane sempre tesa se le oscillazioni sono limitate
ad un angolo massimo 0 < 9max < 7r/2, mentre non rimane
tesa durante tutto il moto se le oscillazioni raggiungono la
posizione estrema ad un angolo 7r/2 < 9max < 7r. Infatti,
dalla (5) si ottiene che l’ angolo massimo raggiunto è dato
da
V2
v = 0^ > CosOmax =I - , (10)
— 2/ v% \ 2
T = 0 ^ cose = ~ { l - — -J== - c c >s0'max.(11)
avendo considerato 0 < 9max < 7 r e 0 < 9 < 7 r . Per la (11) la condizione (12) è soddisfatta
solo se Cos^max > Oe cioè per 0 < 9rnax <n/2. Non è quindi possibile far salire il pendolo
oltre la posizione orizzontale mantenendo la fune tesa, a meno che il pendolo non abbia
sufficiente slancio da compiere un giro completo. Utilizzando la relazione (6) possiamo
calcolare la minima velocità iniziale, u0, necessaria perchè la pallina possa compiere un
giro completo. Si osservi, innanzitutto, che la tensione è minima nel punto più alto della
traiettoria circolare (9 = tt). In tale posizione si ha:
T (0 = -k )= m ( ^ -5<?) (13)
Perchè la pallina possa compiere un giro completo è necessario che tale tensione minima
sia maggiore o, al limite, uguale a zero, cioè:
S.4.12.
Le forze agenti sull’oggetto di massa m durante il moto sono la forza peso, mg, e la
tensione T, diretta come il filo verso il punto fìsso O. La legge di moto è la seguente:
ma = mg + T a)
4.2 Soluzioni 111
v2
—m — = —T + mg sin 9 (2)
avendo indicato con R la lunghezza della fune e con 6 l’angolo indicato in figura. Il modulo
della tensione del filo in una generica posizione è quindi:
E a = rng R (4)
Si ha quindi:
E(O) = E a => v2 = 2gRsmO (6)
La tensione massima si ha quando il corpo transita nel punto inferiore B della traiettoria
circolare:
Dal momento che tale tensione è superiore alla tensione massima sopportabile dal filo
(Tc = 40 N), quest’ultimo si spezza in una posizione compresa fra A e B , individuata
dall’angolo Oc dato da:
T
sin Oc = - E - => Oc = 27° (9)
112 Lavoro ed energia
S.4.13.
Consideriamo dapprima la situazione in cui la molla è appesa ad un estremo in posizione
verticale, mentre all’altro estremo è agganciato un blocco di massa M . Introduciamo un
asse y verticale diretto verso il basso, come mostrato in figura. Le forze agenti sul blocco
sono la forza peso, M g = M guy e la forza elastica, Fe = —kA£uy . Dal momento che il
blocco è in equilibrio, il risultante delle forze applicate è nullo, quindi:
Mg — kA£ = 0 =► k = = IO3 N /m
E0 = ^(2)
avendo indicato con £ la distanza percorsa dal blocco sul piano inclinato prima di fermarsi.
Dal momento che l’energia meccanica si conserva si ha:
1 A1A L 2
- k A L 2 = mg£ sin 6 => ^ = - ------;—- = 74.6 cm (4)
2 * 2mg sin 6 v'
S.4.14.
Il blocco di massa m urta contro la molla se a distanza d dal punto di partenza la sua
velocità è maggiore o al limite uguale a zero. Per calcolare tale velocità possiamo applicare
il teorema dell’energia meccanica in presenza di forze non conservative:
A L = Cnc (1)
E0 = k n v l, Ed = A i v 2
d (2)
4.2 Soluzioni 113
L’unica forza non conservativa che compie lavoro sul blocco è la forza di attrito:
F a = -Md|N|ux = (3)
-S
Cnc = / F a • dr = -H dmg /
Id
dx = - g drngd (4)
quindi il blocco urta contro la molla. Per calcolare la massima compressione della molla
applichiamo nuovamente la (1). Condizione iniziale: il blocco si trova in x = d con
velocità v — Vd e la molla non è ancora compressa. L’energia meccanica corrispondente è
la seguente:
Ed = ^rnv2
d (6)
Ed = ìfcA x 2 (7)
L’equazione di secondo grado (9) ammette due soluzioni per Ax, di cui una sola fisicamente
accettabile (A x > 0):
Ax = _ ì y / (fidmg)2 + Tnkv1
d = 0.39 m (10)
114 Lavoro ed energia
S.4.15.
Le forze che agiscono sulla particella sono: la forza peso, mg; il componente normale della
reazione vincolare, N; la forza d’attrito, F a , parallela al piano d’appoggio, che si oppone
al movimento della particella. Determiniamo innanzitutto la posizione finale di equilibrio
della particella. Vediamo se la particella può rimanere in equilibrio in un punto di uno
dei due piani inclinati. All’equilibrio il risultante delle forze applicate deve essere nullo.
Consideriamo, per fissare le idee, il piano inclinato AB. Introduciamo un sistema di assi
cartesiani xy come mostrato in figura. Imponendo la condizione di equilibrio lungo x e
lungo y si ottiene:
IFa I — mg sin a
a)
|N| — mg cos a
mg sin a < fimg cos a => tan a < fi a < 2.29° (3)
Poiché a = 30° si conclude che la particella non può fermarsi in nessun punto del piano
inclinato. Quindi alla fine la particella si fermerà nel punto A, cioè nel punto di raccordo
fra i due piani inclinati. Per calcolare la lunghezza complessiva del percorso compiuto dalla
particella, è conveniente applicare il teorema dell’energia meccanica in presenza di forze
non conservative: A E = Cnc. Poiché la particella parte da ferma, l’energia meccanica
iniziale è data dall’energia potenziale gravitazionale:
avendo assunto che l’energia potenziale sia nulla nel punto A. Alla fine la particella si
ferma in A, quindi la sua energia meccanica sarà nulla: Ep = 0. La forza di attrito
dinamico è data da:
|f a |= m|N| = fimg cosa (5)
Il lavoro (non conservativo) eseguito dalla forza d’attrito sul percorso complessivo d della
particella, si calcola facilmente:
Il segno meno che compare nella (6) è dovuto al fatto che la forza d’attrito ha verso sempre
opposto rispetto allo spostamento, indipendentemente da quale dei due piani inclinati si
stia considerando. Si ha quindi:
4.2 Soluzioni 115
Ep — E q = Cnc => —mgt sin a = —gmgd cosa =>d = —tana = 28.87 m (7)
\x
Quindi la particella sale e scende più volte sui due piani inclinati prima di fermarsi in A.
S.4.16.
Si inizi osservando che la minima distanza da A vene raggiunta nella prima oscillazione.
Infatti, essendo il moto oscillatorio smorzato per la presenza della forza di attrito dinamico,
l’ampiezza delle oscillazioni andrà diminuendo progressivamente. Per risolvere il problema
possiamo applicare il teorema dell’energia meccanica in presenza di forze non conservative:
A E = Cnc. Introduciamo un asse x disposto come la molla, con origine nella posizione
occupata dalla sferetta nella configurazione con molla a riposo, a distanza L dal punto
A. Indichiamo con x0 la posizione iniziale della sferetta: x0 = A f0, e con Xp la posizione
occupata dalla sferetta a distanza minima da A. L’energia meccanica iniziale è data da:
Eo= I (1)
\ kx2
F- xo= -g m g (x 0 - x F)
k
^ (5)
Una soluzione della (6) è ovviamente xp = x o, che corrisponde alla posizione iniziale della
sferetta (massima distanza dal punto A). La seconda soluzione dell’equazione (6), che
corrisponde alla posizione a minima distanza da A, è data da:
cIgmg
Xp — Xq = —15 cm (7)
“ k
Si ha quindi che la distanza minima da A raggiunta dalla sferetta nel suo moto è pari a:
S.4.17.
Dal momento che la particella si muove lungo una traiettoria circolare, la forza radiale F
applicata deve essere centripeta, quindi a < 0. L’assenza di forze tangenti alla traiettoria
garantisce che il moto sia uniforme. L’equazione di moto della particella si scrive nel
modo seguente:
v a a
ma = F (1 )
-m R U r = W Ur W
c™-L*-*-E°v-h-k (2)
Dal momento che il lavoro non dipende dalla traiettoria ma solo dalle posizioni iniziale e
finale, la forza F è, come già osservato, conservativa. Per definizione di energia potenziale
C a -^b — Ep(A) — Ep(B ) , quindi, dalla (2) ricaviamo:
W = 3~ > + K (3)
—g
(xo- x F)
m (4)
con K costante arbitraria, Ponendo uguale a zero l’energia potenziale all’infinito, otte-
niamo che K = 0, quindi:
Ep(r) = 3^3
(4)
L’energia meccanica totale della particella in moto lungo la traiettoria circolare di raggio
R è quindi:
l o a
(5)
E = 2 mv + 3 ì è
Le relazioni (1) e (5) permettono di calcolare R e v. Si ottiene:
R = f - - ì è
V 6EJ
(6)
2ttU
Z R / a \s m
T - — - 2 r( - 6 È Ì V6E 7
( )
4.2 Soluzioni 117
S.4.18.
La posizione di equilibrio per la particella corrisponde ad un punto di stazionarietà per
l’energia potenziale associata alle forze applicate. Un punto di minimo per l’energia poten
ziale corrisponde ad una posizione di equilibrio stabile; un punto di massimo corrisponde
ad una posizione di equilibrio instabile. Nel caso in considerazione, l’energia potenziale
ha un andamento parabolico in funzione della posizione x della particella, e il punto x0 a
derivata nulla è un punto di minimo (equilibrio stabile):
ri F1
— — = 2(x0 - 5 ) = 0 => x0 = 5 m (1)
E = Ep(x)
Si ha quindi:
F = ~2 (6)
cPx
-2 X (7)
dt2 dt2
Il moto della particella è quindi armonico, con pulsazione uo = y/2/m = 6.32 Hz. Il
centro di oscillazione è il punto di coordinata X = O (=> x = Xo = 5 m), e l’ampiezza di
oscillazione è A = X2 — X0= 0.8 m.
118 Lavoro ed energia
S.4.19.
Le forze applicate al corpo B sono: la forza peso mBg, Ia tensione del filo, T b , diretta
come il filo verso l’alto; la reazione vincolare, N, perpendicolare al piano d’appoggio.
Finché il corpo B non si stacca dal piano d’appoggio le forze applicate si fanno equilibrio.
Possiamo quindi scrivere la seguente equazione:
avendo indicato con h la quota del corpo A e con 6 l’angolo che la fune forma con la
direzione orizzontale (vedi figura). Utilizzando il principio di conservazione dell’energia
meccanica possiamo esprimere la velocità vA in funzione della quota h. L’energia meccani
ca iniziale, quando il corpo A è in quiete alla stessa quota della carrucola O, è puramente
potenziale:
Eo= (5)
avendo assunto che l’energia potenziale della forza peso sia nulla sul piano orizzontale su
cui appoggia il corpo B. Quando A raggiunge la quota h, la sua energia meccanica è:
Eh = mAgh + -^tua V2
a (6)
Si ha quindi:
mAgt = mAgh + - m AvA =*> V2
a= - h) (7)
Utilizzando la (7) nella (4) si ottiene:
T = 3mAj( £ — h) (8)
4.2 Soluzioni 119
Quindi il corpo A si può abbassare di 1 m, in verticale, dalla sua quota iniziale, prima
che il corpo B si stacchi dal piano d’appoggio.
S.4.20.
Possiamo risolvere il problema applicando il teorema dell’energia cinetica. Le forze ap
plicate al corpo sono: la forza peso, che non compie lavoro perchè perpendicolare allo
spostamento; la reazione vincolare N del piano d’appoggio liscio, che non compie lavoro
per lo stesso motivo; le forze elastiche delle due molle e la forza F, che invece compiono
lavoro. Il teorema dell’energia cinetica si scrive nel modo seguente:
Cf = f F -Clr = F i (4)
Jo-^
Applicando il teorema dell’energia cinetica si ottiene:
i fof
- m v 2 = F i — k£2 => v = y — (F — k£) = 0.2 m /s (5)
S.4.21.
(i) La forza F è centrale a simmetria sferica e quindi conservativa. L’energia meccanica
totale del corpo si conserva. Possiamo calcolare l’energia potenziale associata. Il lavoro
compiuto dalla forza F per uno spostamento da una posizione iniziale A, a distanza r a
dal punto fisso O, a una posizione finale B, a distanza da O, è dato da:
( fcl ^2 \
dr = I -
c^ b - L V r4 2r2J ( - ^ + ^ ì =Ep{A)- EpiB) (1)
120 Lavoro ed energia
„ , x ki ko „
Ep(r) = ~ ~ + 2 ^ + C (2)
dove C è una costante arbitraria. Assumendo che l’energia potenziale sia nulla all’infìnito,
si ottiene C = 0, quindi:
ir / \ h k2
W = - 7 + 2^ (3)
(ii) Dalla legge di Newton si ha:
(4)
Poiché F è, in generale, non nulla, la quantità di moto q non si conserva,
(iii) Dalla seconda equazione cardinale della dinamica si ha:
<*L(o)
= r{0) = r x F = 0 ( 3)
dt
quindi il momento angolare L(0) rispetto al punto fìsso O si conserva.
Determiniamo ora il luogo geometrico dei punti di equilibrio. Ponendo uguale a zero il
modulo della forza F si ottiene:
k\
^3 (6)
Il luogo dei punti di equilibrio è quindi dato da una circonferenza di raggio R = k2/ki.
Per determinare il minimo lavoro esterno necessario a spostare il corpo da un punto di
equilibrio fino aH’infinito, applichiamo il teorema dell’energia cinetica:
A E c — C f + Cest (7)
avendo indicato con C f il lavoro compiuto dalla forza F:
e con Cest il lavoro compiuto dalla forza esterna. Il lavoro minimo si ottiene quando il corpo
raggiunge l’infinito con velocità nulla e quindi A E c = 0, dal momento che inizialmente il
corpo si trova in quiete in una posizione di equilibrio. Si ha quindi:
Cesi = ~ £ f = (9)
S.4.22.
Le forze che agiscono in direzione normale al piano orizzontale liscio, cioè la forza pe
so e la reazione vincolare d’appoggio, si fanno equilibrio e non intervengono nel moto
del corpo. L’unica forza agente sul corpo parallela al piano del moto è la forza elastica
4.2 Soluzioni 121
F ei, diretta costantemente verso il punto fisso O. Dalla seconda equazione cardinale della
dinamica si deduce che il momento angolare del corpo rispetto al punto fisso O si conserva
^L(o)
dt= no) = r x F„ - O.
I punti a distanza minima e massima da O raggiunti dal corpo in movimento sono punti
di inversione di moto in direzione radiale. In tali posizioni,dunque, la velocità radiale si
annulla cosicché il vettore velocità risulta perpendicolare al vettore posizione. Il momento
angolare, costante, è facilmente calcolabile in tali posizioni:
Dal momento che la forza elastica è conservativa, l’energia meccanica totale si conserva:
1 O 1, o 1 o 1
Trmv? + -k r ? = -m vo + -Ar? (3)
2 1 2 1 2 2 2 2
Le (2) e (3) costituiscono due equazioni nelle due incognite v\ e v2, che possono quindi
essere calcolate:
l~k
Vi = r2\ — = 12 m /s
(4)
V2 = n\ — = 6 Hi/s
wm
122 Lavoro ed energia
AV.4.2.
Si consideri il precedente problema, ma si assuma in questo caso che il corpo di massa m
venga lanciato verso la collina con velocità iniziale Wi e giunga sulla cima con velocità v c.
Sapendo che v c = 2v*/3, si determinino:
(a) il valore di [id\
(b) la velocità di m al di là della collina.
Si assuma anche in questo caso che a = 7t/6 , m = 0.4 kg, |v*| = 30 m/s ed h = 10 m.
AV .4.3.
Si consideri un sistema di due piani inclinati di un angolo a rispetto al suolo, le cui
sommità siano ad una quota h dal suolo e siano separate da una distanza L. Il piano di
sinistra è scabro, con coefficiente di attrito dinamico fid.
Un corpo di massa m viene lanciato dalla base verso la sommità del piano scabro con
velocità iniziale di modulo pari a u0; si determini il minimo valore di Vq affinché il corpo
possa superare il vuoto tra i due piani ed atterrare sulla sommità del secondo piano. In
tale condizione, assumendo che il corpo scivoli senza attrito sul secondo piano, si stabilisca
il modulo della velocità finale Vf con la quale il corpo giungerà al livello del suolo sul fon
do del secondo piano inclinato. Si assuma a = 30°, h = 5 m, L = 3 m, = 0.2, m = 1 kg.
4.3 Esercizi di autovalutazione 123
AV.4.4.
Un oggetto di massa m = 0.1 kg è posto su di un piano
orizzontale liscio, a contatto con Testremo di una molla
di costante elastica k = 300 N/m, compressa di un trat
to A x = 10 cm. Lasciando espandere la molla, Toggetto
viene lanciato verso un piano inclinato liscio che, ad una
quota h = 0.2 m dal suolo, si collega ad un piano oriz
zontale scabro (coefficiente di attrito dinamico /i^ = 0.35).
Dopo un tratto di lunghezza L — 0.5 m, il piano scabro
termina in corrispondenza di un ostacolo
(a) Si calcoli la velocità V\ del corpo alla quota h, prima
di accedere al piano scabro;
(b) si calcoli quindi la velocità V2 con cui l’oggetto,
percorso il piano scabro, colpisce l’ostacolo.
AV.4.5.
Un pendolo semplice, costituito da una massa m = 0.4 kg ed da un filo insensibile e
di massa trascurabile di lunghezza L = 80 cm, viene posto in oscillazione portando la
massa ad una inclinazione iniziale 90 = 60° e lasciandola libera di oscillare dalla quiete.
Si calcoli la velocità v con cui la massa giunge nel punto più basso e la tensione T del filo
in quell’istante.
AV.4.6.
Un corpo di massa m = 0.4 kg cade da un’altezza h = 30 cm, partendo da fermo, sul
l’estremo libero di una molla verticale, di costante elastica k = 60 N/m. Si determini la
compressione massima A x della molla.
AV.4.7.
Una sfera, di raggio R = 1 m, è poggiata su un piano orizzontale
e mantenuta ferma. Un cubetto di piccole dimensioni è posto in
equilibrio instabile sulla sommità della sfera. Il cubetto, spostato
di pochissimo dalla posizione di equilibrio, comincia a scivolare sulla
sfera con velocità iniziale nulla. Calcolare a che distanza d cadrà
sul piano orizzontale dal punto di appoggio della sfera. Si trascuri
ogni attrito.
AV.4.8.
Un corpo di massa m = 3 kg arriva sul bordo di una duna, sche
matizzata da una traiettoria circolare scabra di raggio R = 1.2 m,
m
con una velocità v:
(a) Si calcoli il minimo valore, v0, del modulo di v affinché il corpo
salti la duna senza percorrere alcun tratto della duna.
(b) Nel caso in cui il corpo abbia una velocità iniziale v di modulo
v = v0/2 e si stacchi dalla duna quando 9 = 60°, si calcoli il lavo
ro totale eseguito dalle forze che agiscono sul corpo dall’istante in
cui questo arriva sul bordo superiore della duna all’istante in cui si
stacca.
124 Lavoro ed energia
AV.4.9.
Una biglia di piombo di massa m viene lasciata cadere da un’altezza h su una molla ap
poggiata sul pavimento in posizione verticale. La biglia rimane fissata all’estremo della
molla. Si osserva che la massima deformazione della molla è AL. Si calcoli:
(a) la costante elastica della molla,
(b) l’accelerazione della biglia in corrispondenza della massima deformazione della molla,
precisandone modulo, direzione e verso.
AV.4.10.
Un atleta di massa m pratica lo sport bungee jumping lanciandosi da un ponte, legato ad
un filo elastico di lunghezza a riposo Lo. Durante il moto il filo subisce un allungamento
massimo AL. Trascurando ogni attrito si calcoli:
(a) la costante elastica del filo,
(b) l’allungamento del filo nel punto di equilibrio,
(c) la massima velocità dell’atleta.
AV.4.11.
Un ciclista, di massa M = 70 kg (compresa la massa della bicicletta) ed inizialmente
fermo, sale una rampa rettilinea con inclinazione a = 30° ed un dislivello h = 300 m.
Trascurando ogni attrito, si determinino:
(i) il lavoro fatto dal ciclista per arrivare in cima;
(H) la velocità che raggiungerebbe il ciclista, ripassando per la posizione iniziale, se ridi
scendesse dalla stessa rampa senza pedalare;
(iii) la velocità che raggiungerebbe se ridiscendesse frenando in modo costante con una
forza frenante pari a Ff = 320 N.
AV.4.12.
Una forza F = 6tux agisce su di un corpo di massa m = 2 kg, inizialmente fermo. Si
determinino:
(%) l’energia cinetica acquisita dal corpo in funzione del tempo.
(H) il lavoro compiuto dalla forza nei primi 2 secondi;
AV.4.13.
Una massa m, vincolata ad una fune ideale di lunghezza L è ancorata /
ad un punto O. Inizialmente, la massa si trova nella posizione in figura, ^ r 4I L \
I
in cui la fune è tesa ed orizzontale, con velocità v0 diretta verso il basso. O I
Si determini la minima velocità iniziale, V0imin, affinché la massa compia \/*\
un giro completo mantenendo la fune tesa.
4.4 Soluzioni sintetiche degli esercizi 125
SA.4.1.
(a )= ~ ° '99;
SA .4.2.
5'i,f — 18
(a) g= 0.894;
18-\/3
(b) vf = \/4gh - -V 2
i ~ 17.1 m/s.
SA .4.3.
v f = \l — 1- 2pL = 11-49 — .
1 '' sin2a s
SA .4.4.
(a) vi = y — A x 2 — 2 = 5.11 m/s;
/---------------- / U/\r 2,
(b) V2 = y V2 b2 - fidgL = J -----------25(/1 + = 4.76 m/s.
SA .4.5.
v = ^/2gL(\ — cos ) — 2.80 m/s, T = mg(3 — 2cos#o) — 0.78 N.
SA .4.6.
A x = mg/k + y/Jjng/k)2+ 2 ~ 0.274 cm.
SA.4.7.
d = 1.46 m.
126 Lavoro ed energia
SA .4.8.
(a) Vo = VgR = 3.4 m/s;
SA .4.9.
(a) k = 2 mg(h + A L )/A L 2;
SA .4.10.
2mg(L0 + AL)
W k= — T r i— ;
(b) A Le=
g&L*
(c) 'Umax cZgL0 +
2(L0 + AZ/)
SA .4.11.
(¾; C = 206 kJ;
/ m/ UJ = 20 m/s.
SA .4.12.
r»; Ek = j;
/n / L = 36 J.
SA .4.13.
,min y/3gL.
Capitolo 5
5.1 Problemi
P.5.1.
Un corpo puntiforme A in moto con veloci
tà v su un piano orizzontale liscio, urta un
corpo B, uguale al primo, inizialmente fermo
ai piedi di un piano inclinato liscio. Si trovi
la massima quota a cui giunge il corpo B sul .Q = L
piano inclinato nei due casi di urto elastico e
completamente anelastico
P.5.2.
Una guida ABC è costituita da un arco di circon
ferenza AB di raggio R = 3 m e da un tratto retti
lineo BC (vedi figura). Il tratto curvilineo è liscio,
mentre il tratto rettilineo presenta attrito con coef
ficiente di attrito dinamico fid = 0.3. Un corpo di
massa mi = 2 kg viene lasciato scivolare dal punto
A. Esso urta in modo completamente anelastico un
corpo di massa rri2 = 3 kg, inizialmente fermo in B. Vd
Si determinino:
(i) la velocità dei due corpi subito dopo l’urto;
(ii) la distanza percorsa dai due corpi sul tratto
rettilineo della guida prima di fermarsi.
128 Dinamica dei sistemi, gravitazione e dinamica del corpo rigido
P.5.3.
Un corpo puntiforme di massa mi = 1 kg, posto su
un piano orizzontale liscio, è vincolato ad una molla
_________________ d _______________
di lunghezza a riposo £ = 50 cm e costante elastica k
= 500 N/m , vincolata all’altro estremo in un punto O k mi m2
(vedi figura). La molla viene compressa di un tratto
A^0 = 5 cm e successivamente viene lasciata libera. ° LQgfiggn r
Il corpo urta in modo elastico un secondo corpo di
massa — m i, inizialmente fermo, posto a distanza t-Ato
d = 53 cm dal punto O. Si calcoli la velocità del
secondo corpo dopo l’urto e l’ampiezza di oscillazione
del corpo di massa mi dopo l’urto.
P.5.4.
Un corpo A di massa m = 50 g, in moto su un piano orizzontale scabro, urta un secondo
corpo B, di massa M , inizialmente fermo. L’urto è elastico e, dopo l’urto, il corpo B
percorre una distanza D — 0.6 m prima di fermarsi. Il coefficiente di attrito dinamico fra
il piano e i due corpi è fi = 0.3 e la velocità di A all’istante dell’urto è v = 5 m/s. Si
determinino:
(i) la massa M del corpo B;
(ii) la velocità del corpo A immediatamente dopo l’urto.
P.5.5.
Due corpi di massa mi e rri2 = 2mi sono appesi a due funi
di uguale lunghezza L = I m , inestensibili e di massa trascu
rabile, vincolate ad uno stesso punto O. Inizialmente i corpi
sono tenuti fermi con le funi tese e formanti uno stesso an
golo a = 8° da parti opposte rispetto alla verticale. I due
corpi vengono poi lasciati liberi di cadere e si urtano in modo
elastico. Si calcolino:
(i) la posizione in cui i due corpi si urtano;
(ii) la velocità dei corpi subito dopo l’urto.
P.5.6.
Un pendolo semplice è costituito da una massa M = 2 kg appesa
a un filo di massa trascurabile e lunghezza L = 50 cm. Il pendolo
viene spostato di un angolo 9 = 30° rispetto alla direzione verticale
e poi lasciato libero. Nel punto inferiore dell’oscillazione la massa
M
M urta elasticamente una massa m = 1 kg, appesa ad un filo di
lunghezza £ = 20 cm, inizialmente ferma. Si determini l’angolo
massimo raggiunto dal secondo pendolo dopo l’urto.
5.1 Problemi 129
P.5.7.
Una molla di costante elastica k ha un’estremità col
legata a un supporto fisso mentre l’altra è collegata
ad un blocco di massa M. Il blocco, inizialmente in
quiete su un piano orizzontale scabro con coefficiente
di attrito dinamico //, subisce un urto completamente
anelastico con un proiettile di massa m. Sapendo che
«m m
il massimo spostamento subito dal blocco a seguito
dell’urto è AL, si determini la velocità del proiettile
immediatamente prima dell’urto.
O
P.5.8.
Un proiettile di massa m e velocità v attraversa un blocchetto
di legno di massa M, sospeso ad un filo di lunghezza £, e ne t
fuoriesce con velocità v/2. Si calcoli il minimo valore di v tale
che il blocchetto, inizialmente fermo, compia un giro completo
intorno al centro di sospensione.
M
P.5.9.
Un corpo A di massa m = 10 g in moto con velocità v0,
colpisce un secondo corpo identico, B, inizialmente fermo.
Dopo l’urto le due particelle si muovono con velocità va
= 3 m /s e Vb = 5 m/s, lungo due direzioni che formano o:
tra di loro un angolo 0 = 60°. Si calcoli la velocità iniziale
V0 del corpo A.
P.5.10.
Un blocchetto di massa M è appeso ad una fune inestensibile, do
tata di massa trascurabile e di lunghezza Z, vincolata ad un perno O
O. Il sistema è in quiete, col filo in posizione verticale. Un proiettile
di massa m in moto con velocità di modulo V0 e con direzione for
mante un angolo a con l’orizzontale, urta in modo completamente m
anelastico il blocchetto. Si calcolino:
(i) la velocità del sistema comprendente proiettile e blocchetto su
bito dopo l’urto;
(ii) l’impulso fornito dalla tensione della fune all’atto dell’urto; M
(iii) il minimo valore di v0 affinché il pendolo compia un giro
completo dopo l’urto.
130 Dinamica dei sistemi, gravitazione e dinamica del corpo rigido
P.5.11.
Un corpo di massa M che si trova in un punto P ad una
quota h dal suolo esplode dividendosi in due frammenti,
che si allontanano in versi opposti in direzione parallela al
suolo. Dopo un intervallo di tempo r dall’esplosione, un
frammento di massa mi cade a distanza aq dalla verticale h
passante per il punto P. Si determini la coordinata del
punto in cui cade il secondo frammento e la quota h a Xl \ mi
cui è avvenuta l’esplosione. [M = 100 kg; mi = 30 kg;
Xi = 140 m; r = 10 s]
P.5.12.
m
Un cannone di massa M, inizialmente fermo, spara un proiettile
di massa m ad una velocità vp, inclinata di un angolo a rispetto
all’orizzontale. Trascurando ogni forma di attrito si calcolino:
(i) la velocità di rinculo del cannone;
(ii) l’impulso della reazione vincolare di appoggio.
P.5.13.
Una bilia di massa m può scorrere senza attrito lungo una guida
semicircolare di raggio R e massa M. La guida è appoggiata su
di un piano orizzontale e può strisciare su di esso senza attrito.
Inizialmente la bilia viene lasciata libera di muoversi partendo
dalla sommità della guida. Si calcolino:
(i) lo spostamento della guida nell’istante in cui la bilia giunge
nel punto più basso della guida;
(ii) la velocità della bilia e della guida in tale istante. Si assuma
la guida omogenea.
P.5.14.
Un oggetto puntiforme di massa m si muove lungo una
traiettoria circolare di raggio rq con velocità angolare CJ1 ,CO1
su di un piano orizzontale liscio, trattenuto da una fune
O r L jm.
inestensibile e di massa trascurabile che passa in un foro ----- U
O praticato nel piano. La fune viene tirata fino a che
la massa si muove su una nuova traiettoria circolare con
centro in O, di raggio r2 < rq. Si calcoli la nuova velocità
angolare con cui si muove la massa.
P.5.15.
Si consideri un sistema di particelle non interagenti soggette solo a forze esterne, la cui
risultante sia nulla. Si dica, giustificando la risposta, quale delle seguenti grandezze si
conserva nel tempo:
(a) la quantità di moto delle singole particelle;
(b) la quantità di moto del centro di massa;
(c) l’energia cinetica totale;
5.1 Problemi 131
P.5.16.
Un proiettile viene sparato in direzione verticale dalla superficie della Terra con velocità
iniziale v0. Si determini il valore minimo di v0 per il quale il proiettile può sfuggire all’at
trazione della Terra.
Raggio della Terra: R = 6400 km; massa della Terra: M = Qx IO24 kg, 7 = 6.67 x IO-11
N m2/kg2.
P.5.17.
Un pianeta si muove su una traiettoria circolare di raggio R intorno ad una stella di massa
M. Si dimostri che il quadrato del periodo di rivoluzione del pianeta intorno alla stella è
proporzionale a R3.
P.5.18.
Un pianeta di massa m percorre un’orbita ellittica intorno ad una stella di massa M.
Sapendo che la minima distanza dal centro della stella è R i e la massima distanza è R2,
si calcoli il momento angolare del pianeta rispetto al centro della stella.
P.5.19.
Un asteroide passa da un punto a distanza r0 dal centro della Terra con velocità v0 or
togonale al vettore posizione r0. Si determini la velocità V 0 per cui l’asteroide descrive
un’orbita ellittica con perigeo e apogeo a distanza r0 e 3ro dal centro della Terra. Si espri
ma il risultato in funzione di r0, della massa M della Terra e della costante di gravitazione
universale 7.
P.5.20.
Un satellite artificiale di massa m si muove attorno alla Terra su un’orbita circolare di
raggio 2R t , dove R t è il raggio della Terra. Si determini l’energia necessaria per portare
il satellite su un’orbita geostazionaria, esprimendo il risultato in funzione della massa del
satellite, del periodo di rotazione della Terra (T), del raggio della Terra e dell’accelerazio
ne di gravità sulla superficie terrestre (g).
P.5.21.
Un pianeta sferico, non rotante e privo di atmosfera, ha massa M e raggio R. Dalla sua
superficie viene lanciato in direzione radiale un proiettile con velocità iniziale
3 /2 7 M \ V 2
V0 =
4O T )
dove 7 è la costante di gravitazione universale. Si calcoli la massima distanza che esso
raggiunge dal centro del pianeta.
132 Dinamica dei sistemi, gravitazione e dinamica del corpo rigido
P.5.22.
Ad un certo istante un corpo celeste si trova a una distanza R dal centro del Sole e si
muove con una velocità che forma un angolo di O0 = 45° rispetto alla retta congiungente
il corpo con il Sole. L’energia meccanica totale associata a tale corpo è nulla (l’energia
potenziale è assunta nulla a distanza infinita). Si dica che tipo di traiettoria descrive il
corpo celeste e si calcoli la minima distanza dal centro del Sole.
P.5.23.
Si vuole collocare un satellite artificiale su un’orbita circolare ad una quota H dalla super
ficie terrestre. Considerando la rotazione della Terra, si calcoli il minimo lavoro necessario
se il satellite viene lanciato (i) dall’equatore; (ii) dal polo. Si assuma che la Terra sia una
sfera omogenea e si trascurino gli attriti. Si esprimano i risultati in funzione della massa
m del satellite, della quota i7, della costante di gravitazione universale 7, della massa
della Terra M, del suo raggio R e del suo periodo di rotazione T.
P.5.24.
Si calcoli il momento di inerzia di un cilindro omogeneo massiccio, di massa M e raggio R ,
rispetto all’asse di simmetria 2 ed all’asse periferico z' parallelo a z e distante R da esso.
Si ripeta il calcolo nel caso in cui il cilindro è vuoto e la massa è distribuita uniformemente
sulla superfìcie laterale del cilindro.
P.5.25.
Una scala AB è appoggiata ad un muro verticale liscio, for
mando con esso un angolo 0. Sapendo che tra la scala ed il pa
vimento c’è attrito con coefficiente di attrito statico = 0.1,
si calcoli il massimo valore dell’angolo O affinchè la scala resti
in equilibrio.
P.5.26.
Una massa m = 2 kg è collegata ad una puleggia, di massa
M = 10 kg e raggio R = 0.5 m, mediante una fune inestensibile
e di massa trascurabile, che si avvolge senza slittare attorno alla
puleggia. La puleggia è libera di ruotare senza attrito attorno
al suo centro C. All’istante iniziale la massa m viene lasciata
cadere da ferma, mettendo in rotazione la puleggia. Sapendo
che la massa m si sgancia dalla fune dopo essere scesa di un
tratto h = 2 m dalla posizione iniziale, si calcoli la velocità
angolare di rotazione della puleggia dopo che la massa m si è
sganciata.
5.1 Problemi 133
P.5.27.
Un’asta rettilinea omogenea, di lunghezza L, è incernierata
senza attrito ad un suo estremo A. L’asta viene lasciata ca
dere da ferma dalla posizione verticale di equilibrio instabile, L
come mostrato in figura. Si calcoli la velocità angolare istan
tanea dell’asta quando essa transita per la posizione verticale A
di equilibrio stabile.
P.5.28.
Un disco omogeneo massiccio, di massa M e raggio R , rotola senza strisciare lungo un
piano inclinato (angolo di inclinazione 6) scabro con coefficiente di attrito statico /is. Si
calcolino:
(i) l’accelerazione angolare a di caduta del disco;
(ii) la forza di attrito Fa esercitata fra piano e disco;
(iii) il massimo valore dell’angolo 9 di inclinazione del piano al di sopra del quale il disco
comincia a strisciare.
P.5.29.
Una ruota, costituita di un disco massiccio di massa M = 10
kg, viene posta in movimento su un piano orizzontale scabro
(coefficiente di attrito statico ^s = 0.1) applicando al suo cen
tro una forza F orizzontale costante. Si calcoli il massimo
Ms
valore della forza F che si può applicare affinchè la ruota non
slitti.
5.2 Soluzioni 135
5.2 Soluzioni
S.5.1.
Consideriamo inizialmente il caso di urto elastico. Dal momento che, all’atto dell’urto,
non intervengono forze esterne impulsive, si conserva la quantità di moto. Possiamo quindi
scrivere:
mv = mvA + mvB (1)
\mv2 = \mv2
A+ \ t r v 2b (2)
2 2 A 2 B
Le relazioni (1) e (2) costituiscono un sistema di due equazioni nelle incognite vA e vB,
che si può risolvere facilmente:
va = 0 vB = v (3)
Cioè dopo l’urto il corpo A si ferma, mentre il corpo B si mette in moto con la stessa
velocità di A prima dell’urto. Per calcolare la quota massima raggiunta da B sul piano
inclinato, possiamo applicare il principio di conservazione dell’energia meccanica totale.
Inizialmente il corpo B ha solo energia cinetica, mentre nel punto a quota massima, che
corrisponde a un punto di inversione di moto, l’energia meccanica è di tipo potenziale. Si
ha quindi:
^ v9
-m 2
R mgh => h= (4)
2 B
Nel caso diurtocompletamente anelastico i due oggetti rimangonouniti dopo l’urto.
Non ci sono forzeesterne impulsive quindi si conserva la quantità dimoto. Si haquindi:
v /rN
mv = 2mvF => vF = - (5)
avendo indicato con vF la velocità dei due corpi dopo l’urto. Applicando, come prima, il
principio di conservazione dell’energia meccanica totale si ottiene:
ì ( 2 m)v2
F = (2 m)gh =$> h= ^ (6)
S.5.2.
Calcoliamo innanzitutto la velocità del corpo di massa vr\ subito prima dell’urto. Possia
mo applicare il principio di conservazione dell’energia meccanica totale (la guida circolare
è liscia). Inizialmente la massa tri è ferma nel punto A, quindi ha solo energia potenziale,
mentre in B, subito prima dell’urto, tri ha solo energia cinetica. Possiamo quindi scrivere:
avendo indicato con v\ la velocità di tri subito prima dell’urto. Durante l’urto non
intervengono forze esterne impulsive, quindi si conserva la quantità di moto. Poiché l’urto
è completamente anelastico i due corpi rimangono uniti dopo l’urto e si muovono con la
stessa velocità vF‘
TR i
TRiVi = (tri + TR2) vF Vf yj2gR = 3.07 m /s (2)
TRi + TR2
Si ha quindi:
F a = -Hdim1 + m2)g ux 5
( )
Il lavoro compiuto dalla forza d ’attrito, costante, per uno spostamento d dei due corpi si
calcola facilmente:
C= F
Ja • dr= -Hdim1 + m2)g (6) + m2)gd
-Hdim1
dal momento che alla fine i due corpi si fermano. Utilizzando le relazioni (2), (6) e (7) e
il teorema dell’energia cinetica, si ottiene:
mi
r f-if- 1.6 m (8)
Hd ''mi + m2
S.5.3.
Calcoliamo inizialmente la velocità del corpo di massa mi subito prima dell’urto. Possiamo
applicare il principio di conservazione dell’energia meccanica totale. Inizialmente il corpo
è fermo e la molla è compressa di un tratto A^o, l’energia meccanica associata è:
E0 = - k A f0 (1)
5.2 Soluzioni 137
Subito prima dell’urto la massa mi è in moto con velocità v\ e la molla risulta allungata
di un tratto ( d - £ ) . L’energia meccanica corrispondente è:
E1 = ^ -
(d
k + ^m 1Vi (2)
^ mIvI = + (4)
avendo indicato con vÌF e v2F le velocità degli oggetti di massa mi e m2, rispettivamente,
dopo l’urto. Poiché durante l’urto non intervengono forze esterne impulsive, si conserva
la quantità di moto:
m\Vi m\V\F jTm2v2F (5)
Sapendo che m x = m2, dalle (4) e (5) si ricava:
V lF = 0 V2f — V i (6)
Dopo l’urto il corpo di massa mi è soggetto alla forza elastica e riprende il suo moto
armonico con ampiezza data da: d — £ = 3 cm, essendo la velocità iniziale Vif nulla.
S.5.4.
Analizziamo l’urto fra i due corpi. Dal momento che non intervengono forze esterne
impulsive si conserva la quantità di moto del sistema. Poiché il corpo B è inizialmente in
quiete, si ha:
mv = mvA 4- M v b (1)
avendo indicato con ^ e ^ le velocità dei corpi A e B , rispettivamente, dopo l’urto.
L’urto è elastico, quindi si conserva l’energia cinetica:
^mv2 = \rnv\+ I
Le relazioni (1) e (2) costituiscono un sistema di due equazioni nelle tre incognite va , Vb
e M: serve quindi una terza equazione per risolvere il problema. Sappiamo che il corpo
B dopo l’urto percorre una distanza D prima di fermarsi a causa dell’attrito. Utilizziamo
allora il teorema dell’energia cinetica, A Ec = C, considerando come condizione iniziale
l’istante successivo all’urto e come condizione finale l’istante in cui il corpo si ferma. Si
ha quindi:
1 9
Ec,i — ~ M Vg Ecj — 0 (3)
138 Dinamica dei sistemi, gravitazione e dinamica del corpo rigido
avendo indicato con Ec^ ed Ecj le energie cinetiche iniziale e finale, rispettivamente.
L’unica forza che compie lavoro è la forza d’attrito:
-g ,M g ux (4)
II
II
I
P
X
>
Si ha quindi:
nD
C= I F a •dr = —gM g / dx = —gM gD (5)
Ji->f lo
Dal teorema dell’energia cinetica si ottiene:
2m
vB = — m v
m+ M
(7)
m —M
vA =
m+ M
= yj2\igD — v = —3.12 m /s (9)
S.5.5.
Il periodo delle oscillazione dei due pendoli, considerati
separatamente, non dipende dalla massa dei corpi ap
pesi, ma solo dalla lunghezza L del pendolo e dall’ac
celerazione di gravità g. E’ quindi evidente che i due
corpi raggiungono il punto più basso della loro traietto
ria (quando le due funi sono verticali) nello stesso istan
te. Questa è la posizione in cui i due corpi si urta
no.
Analizziamo l’urto elastico. Dal momento che non intervengono forze esterne impulsive,
si conserva (2)
la quantità di moto del sistema:
m i v i + m 2v 2 = m i v i p + m 2v 2F (1 )
avendo indicato con V i e V 2 le velocità dei corpi di massa mi e m2 subito prima dell’urto,
e con vip e v2F le corrispondenti velocità subito dopo l’urto. Le quattro velocità che
figurano nell’equazione (1) sono dirette secondo l’asse x, orizzontale. Sono inoltre noti i
versi di Vi e di v2: Vi = |vi|ux = V\ux, v 2 = —|v2|ux = —U2ux. I versi delle velocità
dopo l’urto non sono noti a priori. Possiamo scrivere: Vif = ^ifu x, v 2f = ^2f Ux, dove
Vif e v2f sono le componenti delle velocità finali in direzione orizzontale. Si noti che Vif e
5.2 Soluzioni 139
Le (2) e (3) costituiscono un sistema di due equazioni nelle due incognite ViF e v2F. La
soluzione di tale sistema risulta notevolmente semplificata dal fatto che vi = v2. Infatti
la velocità prima dell’urto delle due masse può essere facilmente calcolata applicando il
principio di conservazione dell’energia meccanica totale:
Per la massa m2 si ottiene lo stesso risultato. Sapendo inoltre che m2 = 2mi, il sistema
di equazioni può essere riscritto come segue:
V iF + 2V2F — -V l
if +
V2 2v i p = 3v i (5)
V lF = vi v2F = -v i
Vl F = - ^ 5V i V2F = -1V i ^
(6 )
La prima soluzione non è fisicamente accettabile, perchè implica che non ci sia stato l’urto.
La seconda è invece la soluzione cercata. Quindi:
S.5.6.
Calcoliamo la velocità del corpo di massa M subito prima del
l’urto. Possiamo applicare il principio di conservazione dell’e
nergia meccanica totale:
M g L {\ -c o s 6 ) = ^ M V 2 (1) M
Si ottiene:
V = V ^ ffL (I-C osfl) (2)
Analizziamo ora l’urto fra m e M. Non intervengono forze esterne impulsive, quindi si
conserva la quantità di moto del sistema. Dal momento che la massa m è inizialmente in
quiete, possiamo scrivere:
M V = MV f + vnvp (3)
140 Dinamica dei sistemi, gravitazione e dinamica del corpo rigido
avendo indicato con Vp e Vp le velocità di M e m subito dopo l’urto (si noti che non si è
fatta alcuna ipotesi sui versi delle velocità finali, quindi Vp e Vp possono essere sia positivi
che negativi). L’urto è elastico, quindi si conserva l’energia cinetica:
l- M V 2 = X
- M V 2 + L uv2f (4)
Le (3)e (4) costituiscono un sistema di due equazioni nelle due incognite Vf e Vp- Le
soluzioni sono le seguenti:
Vp — 0 Vf — V (5)
che non è fisicamente accettabile perchè corrisponde all’assenza di urto. La soluzione
fisicamente corretta è la seguente:
2M
vF = V (6)
VfljT M vfi-\- M
Per calcolare l’angolo massimo raggiunto dal secondo pendolo dopo l’urto, applichiamo
nuovamente il principio di conservazione dell’energia meccanica totale:
1 2
-V flV f mg£( 1 — cosa) (7)
2M
1 — L- 1
cos a = 1 ( ^ (1 — C O S0) a — 66° (8)
£ Vra Hb M
S.5.7.
Consideriamo inizialmente l’urto completamente anelastico fra proiettile e blocco. Dal
momento che non intervengono forze esterne impulsive, si conserva la quantità di moto
del sistema. Si ha quindi:
vfiv = (m jT M )V =>
Il lavoro compiuto da tale forza per uno spostamento A L del corpo è dato da:
m+ M I ZcAL2
v— + 2figAL (6)
m+ M
S.5.8.
Nel punto più alto della sua traiettoria circolare (posizione
B indicata in figura) l’equazione di moto del blocchetto è la
seguente:
M ^ f = M g + Tb(1)
v2
Tb = M -j- — Mg > 0 => vb > \/~9& (2)
Vediamo ora che relazione esiste fra le velocità del blocchetto nel punto più alto (B)
e più basso (A) della sua traiettoria. Possiamo applicare il principio di conservazione
dell’energia meccanica totale. Nel punto più basso si ha:
(3)
Eb = ^ M v2b 2 (4)
avendo assunto che l’energia potenziale gravitazionale sia nulla nel punto A. Poiché E a —
E b risulta:
va= y/v% (5)
Dalle (2) e (5) si ricava che, affinchè il blocco possa compiere un giro completo intorno al
centro di sospensione, deve risultare:
va > V ^ gi (6)
142 Dinamica dei sistemi, gravitazione e dinamica del corpo rigido
Consideriamo ora l’urto fra proiettile e blocchetto. Dal momento che, durante l’urto, non
intervengono forze esterne impulsive, si conserva la quantità di moto del sistema. Sapendo
che il pendolo è in quiete prima dell’urto, si ha:
mv = M v a + Tri (7)
quindi:
ni
Va — -----v (8)
A 2M
Considerando le equazioni (6) e (8), si ottiene:
2M
> — V w (9)
S.5.9.
Il sistema costituito dalle due particelle è isolato, quindi si conserva la quantità di moto
totale:
mv0 — mva + mve (1)
sin O2 = — sm Oi (4)
vb
Quindi: O1 = 38.2°. Dalla prima delle relazioni (2) possiamo determinare la velocità ini
ziale Vo = 7 m/s.
5.2 Soluzioni 143
S.5.10.
Considereremo nel seguito il sistema di oggetti costituito dal proiettile di massa m e dal
blocco di massa M (si veda in proposito la figura); chiameremo M t = M + m la massa
totale degli oggetti. Le forze esterne agenti sul sistema sono: la forza peso complessiva
F5 = M t g, con g accelerazione di gravità e la tensione T della fune a cui è appeso il
blocco. Si noti che, durante l’urto, la tensione del filo assume carattere impulsivo (vale
a dire il suo modulo può divenire molto elevato durante l’urto). Pertanto non possiamo
applicare la conservazione della quantità di moto per ottenere lo stato del sistema dopo
l’urto, in quanto ciò sarebbe lecito solo se le forze esterne al sistema non fossero impulsive.
Applicheremo invece la seconda equazione cardinale della dinamica:
OTCtot, (O) = (1 )
I j(O) 5 (3)
dove gli apici —, + indicano che L(O) è stato rispettivamente calcolato in un istante pre
cedente ed in uno successivo all’urto. Prima dell’urto, essendo solo il proiettile in moto,
risulterà:
Lf0} = r x M rV , (5)
dove V è la velocità del sistema blocco-proiettile dopo l’urto. Detto n il versore perpen
dicolare al piano del foglio e diretto verso il lettore, potremo riscrivere la relazione (3),
con l’aiuto della (4) e della (5), nella forma:
= m u cosa
m+ M ' 1j
Calcoliamo ora l’impulso It esercitato dalla tensione T durante l’urto. A tal fine intro
duciamo un sistema di coordinate cartesiane, il cui asse x sia diretto orizzontalmente e
l’asse y verticalmente verso il basso (si veda la figura). Per il teorema dell’impulso risulta
che:
1= R d t = AQ , (8)
F9 = M t -Jl,(12)
vi = (13)
applicando la conservazione dell’energia meccanica tra l’istante successivo all’urto e Li
stante in cui il sistema giunge in A, otteniamo:
5.2 Soluzioni 145
V 2 = v i+ Agl. (15)
Sostituendo la (13) nella precedente espressione, otteniamo
IvIO
1¾
(16)
II
da cui, con l’aiuto della (7), si giunge alla
(M + TTl)y/§gl
Voi m in 5 (17)
’ m cos a
che rappresenta la minima velocità del proiettile necessaria a far compiere un giro com-
pleto al blocco.
S.5.11.
Il corpo di massa M, che a seguito dell’esplosione si y
separa in due fammenti di masse rrii ed rn2 = M - M /v P
mi, può essere pensato come un sistema di due og
getti che, sotto l’azione della forza peso, obbedisce
all’equazione di moto: \h
d2YCM
— Mg = M (1)
di2 ’
dove R est è la risultante delle forze esterne al siste- O x
ma, g è l’accelerazione di gravità ed Yqm il vettore posizione che individua il centro di
massa del sistema. Introduciamo un sistema di coordinate cartesiane ortogonali, il cui
asse x sia diretto orizzontalmente mentre l’asse y sia diretto verso l’alto; fisseremo l’origine
dell’asse x in modo che coincida con l’ascissa del punto P in cui l’oggetto si trova prima
dell’esplosione. Proiettando la (1) lungo x ed y si ottiene:
d2x CM _ n
di2
(2)
d2ycM
, dt2~ ~ 9
dove Xcm ed yCM sono le coordinate del centro di massa e g = |g|. Supporremo che
nell’istante t = 0 il sistema esploda dividendosi nei due frammenti; in base ai dati assegnati
dal problema possiamo assumere che il centro di massa sia inizialmente in quiete ad una
quota h dal suolo; le sue condizioni iniziali del moto saranno espresse da:
Xc m (O) = 0
ycAt( 0) = h
vx,c m (0) = 0
, v y , Cm (O) = 0
146 Dinamica dei sistemi, gravitazione e dinamica del corpo rigido
dove vXìcm e % cm sono le componenti della velocità del centro di massa lungo gli assi.
In base alle (2) e (3), si ottengono le leggi del moto del centro di massa:
xcm (t) = 0
(4)
ycM(t) = h — \gt2
che derivano dalle leggi della cinematica dei moti uniformemente accelerati. Si noti che il
centro di massa si muove come un grave lasciato cadere da una quota h partendo da fermo.
All’istante t = r, in cui i frammenti giungono al suolo, la sua ascissa sarà Xc m (x ) = 0.
Per definizione possiamo calcolare xcm anche mediante la
T T l\ X \ + TTl2 X 2
xcm (5)
mi Hhm2
dove x\ ed X2 sono le ascisse che individuano i due frammenti in cui si è diviso l’oggetto;
mediante la (5) e la prima delle (4) possiamo calcolare la posizione del secondo frammento
in funzione di x\\
X2 = --------- Xu (6 )
TTl2
h = ^gT2-, (7)
S.5.12.
Nel seguito considereremo il sistema formato dal
cannone e dal proiettile, evidenziato nella figu
ra a lato da un rettangolo a tratteggio. Le for
ze esterne agenti sul sistema saranno la reazio
ne vincolare N, esercitata sul cannone dal piano
di appoggio, e la forza peso complessiva Fff =
M rg , dove g è l’accelerazione di gravità, M t =
M Hhm la massa totale del sistema, M la massa
del cannone ed vn quella del proiettile. Possia
mo scrivere l’equazione di moto del sistema nella
forma:
R = — (Tl
es* dt ’ ^
dove R esi = N + Fff è la risultante delle forze esterne e Q la quantità di moto totale
del sistema. Introduciamo un sistema di coordinate cartesiane, il cui asse x sia diretto
orizzontalmente, mentre l’asse y sia diretto verso l’alto. Proiettando l’equazione (1) su
tali assi, otteniamo:
5.2 Soluzioni 147
dQx
= 0
dt
(2)
-T f- = N - (M + m)g
dt
essendo vp il modulo della velocità del proiettile, a l’angolo che tale velocità forma con la
direzione orizzontale e V la componente sull’asse x della velocità di rinculo del cannone,
che si ritiene diretta orizzontalmente. Dalla (3) si deduce che la velocità di rinculo è pari
a:
T/ mvp cosa
= M
L’impulso della reazione vincolare esercitato durante lo sparo può essere calcolato impie
gando il teorema dell’impulso, secondo cui:
I = J*' R d AQ ,
dove I è l’impulso complessivo esercitato sul sistema nell’intervallo temporale [L, tf] in cui
avviene lo sparo e A Q rappresenta la variazione di quantità di moto del sistema a seguito
dello sparo. Si noti che, nell’intervallo temporale considerato, il contributo all’impulso
di F5 è trascurabile rispetto a quello della reazione vincolare N, che assume carattere
impulsivo. Possiamo quindi assumere che l’impulso della reazione vincolare I n coincide
con l’impulso totale I. Per la (5) risulta:
I tv = Q/, (6)
essendo Q / = q/,c + q f ìP la quantità di moto finale del sistema (che è stato assunto in
quiete prima dello sparo), q /)C la quantità di moto finale del cannone e q q u e l l a del
proiettile. In base alla (4) ed alla direzione di moto del proiettile dopo lo sparo, la (6)
diviene:
TTlV COS OL
I jv = q/,c + q/,p = mvp(cosa ux + sina uy) - M — -----ux, (7)
da cui:
S.5.13.
Consideriamo il sistema composto dalla guida, di massa M, e dalla bilia, di massa m,
individuato dal rettangolo tratteggiato in figura. Le forze esterne agenti sul sistema sono
la reazione vincolare N del piano di appoggio e la forza peso complessiva F5 = M t g, dove
M t = M + m è la massa totale del sistema e g l’accelerazione di gravità. La legge del
moto del sistema sarà:
R est = m T ^ t , (i)
(2)
m T ^ t l =
dove Xcm ed Vcm sono Ie coordinate del centro di massa, JV=|N|eg = |g|. Come si può
osservare dalla prima delle (2), l’accelerazione del centro di massa non ha componente
lungo l’asse x; pertanto la componente vcm,x della velocità del centro di massa lungo x
(5)
deve risultare costante. Supporremo che nell’istante t = 0 gli oggetti siano in quiete; ne
deriva che la velocità del centro di massa è nulla:
dxCM(t) _
VCM,x{t) (3)
dt
da cui discende che l’ascissa del centro di massa rimane costante nel tempo. Per calcolare
il valore di Xcm utilizziamo la definizione di centro di massa:
mxb + M Xg
%CM (4)
m+ M
dove x b ed x g sono rispettivamente l’ascissa del centro di massa della bilia e della guida
in un generico istante. Assumendo la guida omogenea, il suo centro di massa giace lungo
l’asse verticale passante per il centro C della guida (vedi figura); per comodità assumeremo
che l’asse y coincida con l’asse della guida, di modo che all’istante iniziale X5(O) = 0. Di
conseguenza risulterà x b(0) = —R, dove R è il raggio della guida; si noti che la bilia è
assimilabile ad un corpo puntiforme, la cui posizione coincide con quella del suo stesso
centro di massa. Con tali condizioni iniziali si ottiene dalla (3) e dalla (4) che:
centro di massa della guida, in quanto si troverà a passare per l’asse della guida stessa;
tale assunzione implicitamente comporta che la guida, pur potendo scivolare lungo il piano
di appoggio, non oscilli. Pertanto potremo porre:
mxg(to) + M xg(to)
= Xg(t0).
x CM — -------------—7T-------- — (6)
m+ M y
rriR
xg(t 0) (7)
m + M'
Per calcolare la velocità della guida e della bilia nell’istante in cui questa giunge al fondo
della guida, utilizzeremo l’equazione (3) assieme al principio di conservazione dell’energia
meccanica. Difatti dalla (3), usando la definizione di velocità del centro di massa, deriva
che:
mvbìX + M vg^x
xCMrx (8)
Mj'
dove vbìx è la componente sull’asse x della velocità della bilia, mentre vg,x è la componente
della velocità della guida; tenendo conto che la guida si muove orizzontalmente e che la
velocità della bilia nel punto K è anche essa diretta orizzontalmente, possiamo riscrivere
la precedente equazione come:
dove stavolta vb e vg sono i moduli delle velocità dei due oggetti. Applichiamo ora il
principio di conservazione dell’energia meccanica tra l’istante di partenza e l’istante £0;
risulterà:
1 9
mgR = - M v g (H)
(12)
^ \ _ / 2gR
2gR
Vb(t0) = M (13)
M (m + M )
Si noti che le velocità dei due oggetti sono dirette in versi opposti.
150 Dinamica dei sistemi, gravitazione e dinamica del corpo rigido
S.5.14.
L’oggetto di massa m in considerazione è sottoposto a tre forze: la reazione vincolare del
piano di appoggio N; la forza peso F5 = mg, con g accelerazione di gravità; la tensione
della fune T. Detta R la risultante delle forze agenti sull’oggetto, l’equazione di moto
sarà:
R = ma, (1)
N — mg — 0,
dove si è tenuto conto del fatto che l’oggetto non si muove in direzione z e dunque la com
ponente verticale dell’accelerazione è nulla; pertanto la reazione vincolare è compensata
dalla forza peso. Per determinare lo stato di moto dell’oggetto durante il tiro della fune,
utilizzeremo la seconda equazione cardinale della dinamica:
dL(o)
SW(O) (3)
dt
dove SDt(o) è il momento delle forze agenti sull’oggetto, calcolato rispetto al punto O per
cui passa la fune, ed L(o) è il momento angolare dell’oggetto. Si consideri tuttavia che il
momento delle forze è nullo poiché, per quanto detto in precedenza, N ed F5 si annullano
a vicenda, mentre T è diretta verso il polo O e dunque il suo momento rispetto ad O
è nullo. Pertanto, in base alla (3), risulta che il momento angolare dell’oggetto è una
costante del moto. Assumendo che il moto avvenga in senso antiorario, detto ri il raggio
della traiettoria circolare iniziale ed O1 la velocità angolare di partenza, per la definizione
di momento angolare risulterà:
L (0) = Tnr2
1Ul uz, (4)
dove uz è il versore dell’asse z. A seguito del tiro della fune, il raggio della traiettoria
diverrà r2 e la velocità angolare assumerà il valore (incognito) UJ2] il momento angolare si
potrà allora scrivere come:
Per la costanza del momento angolare possiamo eguagliare i secondi membri delle equa
zioni (4) e (5), ottenendo:
2
UJ2 = UJ1 H (7)
x2
5.2 Soluzioni 151
S.5.15.
Le considerazioni che saranno riportate nel seguito non dipendono dal numero di oggetti
che costituiscono il sistema; pertanto faremo riferimento al sistema più semplice, costituito
da due oggetti di masse m\ ed m2, la cui posizione sia individuata rispetto ad un punto
O mediante i vettori T1 ed r2 e su cui agiscano, rispettivamente, le forze esterne F1 ed F2.
Per le ipotesi di partenza, la risultante Rest delle forze esterne è nulla, per cui porremo:
O
Resi = F1 + F2 = 0. (1)
Passiamo ora a rispondere ai sei punti riportati nel pro
blema.
(a) Consideriamo l’equazione di moto della particella di
massa Tn1:
dqi
F1 = (2)
dt
dove q x è la sua quantità di moto; come si evince da tale relazione, essendo in genere la
forza agente su mi diversa da zero, la quantità di moto della particella non si conserverà
nel tempo; stessa proprietà può enunciarsi per la particella ra2.
(b) L’equazione di moto del centro di massa può esprimersi nella forma:
dQ
R est (3)
dt ’
dove Q è la quantità di moto totale del sistema, che coincide con la quantità di moto del
centro di massa:
Q = M t Vcm , (4)
dove M t = mi + ra2 è la massa totale del sistema e Vcm è la velocità del centro di massa.
Poiché la risultante delle forze agenti sul sistema è nulla, per la (3) la quantità di moto
totale si conserva nel tempo.
(c) Consideriamo un intervallo di tempo infinitesi
mo dt durante il quale le due particelle si muovono
sotto l’azione delle forze esterne; si rammenta che le
particelle non interagiscono tra loro, per cui le for
ze interne al sistema sono nulle. Siano V^1 e v i2 le
velocità iniziali delle particelle. Per il teorema del
l’energia cinetica, il lavoro infinitesimo complessivo SCt delle forze agenti sul sistema
durante dt eguaglia la variazione infinitesima di energia cinetica dECT del sistema stesso.
Avremo quindi:
dEcT
= F1 •(Vn ~ vi2). (7)
dt
Poiché non è stata fatta alcuna ipotesi sulle velocità iniziali delle particelle, se ne deduce
che la potenza complessiva V t , erogata dalle forze esterne al sistema, sia in genere diversa
da zero. Pertanto, per la (7), deduciamo che l’energia cinetica totale del sistema non si
conserva nel tempo.
(d) Per quanto detto nel precedente punto, si deduce che anche l’energia cinetica della
singola particella generalmente non si conserva. Si noti che ciò è direttamente deducibile
dalla mancata conservazione della quantità di moto delle singole particelle (si veda in
proposito il punto a).
(e) Il momento angolare totale L(0) del sistema è legato al momento totale delle forze
esterne 9Jt(o) dalla relazione:
dL(o)
aJii0) (8)
dt
dove entrambi i due vettori sono valutati rispetto al polo O. Per definizione di momento
delle forze, risulta che:
QH(O) = ri x Fi + X F2,
T2 (9)
dove T1 ed r2 individuano la posizione dei punti di applicazione delle forze agenti sul
sistema rispetto ad O. Tenuto conto della (1), possiamo riscrivere la (9) nella forma:
^L2j(Q)
9^2,(0) = (H )
dt
E’ evidente che il momento delle forze agenti su ra2 è generalmente diverso da zero e quin
di, anche in questo caso, il momento angolare della particella non si conserverà nel tempo.
S.5.16.
La minima velocità necessaria perchè il proiettile possa sfuggire all’attrazione gravitazio
nale della Terra (velocità di fuga) si calcola imponendo che il proiettile raggiunga distanza
infinita dalla Terra con velocità nulla. Assumendo che l’energia potenziale gravitazionale
sia nulla all’infinito, si ha che all’infinito l’energia meccanica totale è nulla. Dal momento
che l’energia meccanica si conserva, si conclude che l’energia meccanica totale è sempre
uguale a zero. In particolare, sulla superficie terrestre si ha:
v 1 o tuM t
E (R t ) = ^mvO~ ' y - f y - = °- a)
5.2 Soluzioni 153
S.5.17.
Il pianeta si muove su una traiettoria circolare sotto l’azione della forza di attrazione
gravitazionale esercitata dalla stella. La forza è puramente centripeta, quindi il pianeta
si muove di moto circolare uniforme. La sua equazione di moto è data da:
v2 mM , M
v = 7- (1)
mR = ^
avendo indicato con m la massa del pianeta. Il periodo di rivoluzione del pianeta è dato
dalla seguente espressione:
T - ^ (2)
V
Utilizzando la (1) e la (2) si ottiene:
rT2 = - , J R3 (3)
7M
S.5.18.
Il problema si risolve applicando i principi di conser
vazione dell’energia meccanica e del momento ango
lare rispetto al centro del campo di forze (la stella
di massa M ). Si osservi che i punti A e B a minima
e massima distanza del pianeta dalla stella, sono
punti di inversione di moto in direzione radiale. In
tali posizioni la velocità del pianeta risulta perpen
dicolare ai corrispondenti vettori posizione con origine nel centro della stella. Il principio
di conservazione del momento angolare si scrive quindi nel modo seguente:
mRiV i = TTiR2V2 a)
avendo indicato con vi e v2 i moduli delle velocità del pianeta nei punti A e B rispettiva
mente. Dalla relazione (1) si ricava:
Ri
(2)
V2 = r R
Applicando il principio di conservazione dell’energia meccanica si ottiene:
2 mM 1 2 mM
■TTlV1 — 7 — — = -T T lV 9 —7 — — (3)
: 1 R1 2 2 '
154 Dinamica dei sistemi, gravitazione e dinamica del corpo rigido
- - (4)
L<s>= mR ^ r k u-(5)
avendo indicato con uz un versore perpendicolare al piano dell’orbita ellittica orientato
secondo la regola della mano destra (nel caso riportato in figura il versore uz è perpendi
colare e uscente dalla pagina).
S.5.19.
Per risolvere il problema applicheremo i principi di
conservazione del momento angolare e dell’energia
meccanica. Nelle posizioni a distanza minima (pe
rigeo, P) e massima (apogeo, A) distanza dal centro
della Terra, la velocità dell’asteroide ha componente
radiale nulla, quindi la conservazione del momento
angolare rispetto al centro della Terra si scrive nel
modo seguente:
mr0v0 = 3mr0VA => (i)
avendo indicato con va la velocità dell’asteroide in corrispondenza dell’apogeo. Dal
momento che l’energia meccanica totale si conserva, possiamo scrivere:
TTlM 1 mM
■7“ r0 (2)
2? r 3r0
3 M
(3)
27 ^
S.5.20.
Determiniamo innanzitutto il raggio d dell’orbita geostazionaria. Un satellite geostazio
nario si mantiene fermo sopra la verticale di una certa località della Terra, quindi si muove
su una traiettoria circolare con la stessa velocità angolare della Terra:
2n
u ——
T
dove T è il periodo di rotazione della Terra. La forza centripeta responsabile del moto
del satellite è data dalla forza di attrazione gravitazionale, quindi la legge di moto del
satellite è:
2 mMT
mu d = 7 — —
GT
5.2 Soluzioni 155
dove si è indicata con M t la massa della Terra. Dalle (1) e (2) si ottiene:
Z7 Mr T 2Xi/3
d= (3)
\ 47T2
mMT 9
mg = 7 _ R2~ i M t ~ gR? (4)
/ ! , R j T 2 Nl ,S
(5)
‘' - ( “ I — )
7X 1 9 mMt
E{d) = -m v d - 7 — (6)
E(d) = - 7 - (7)
2d
L’energia meccanica totale del satellite sulla traiettoria circolare iniziale di raggio 2R t si
calcola nello stesso modo:
_ x 1 9 mMT TrjM t
E(2RT) = (8)
Nell’ultimo passaggio della (8) si è utilizzata la legge di moto del satellite sulla traiettoria
iniziale:
V2 TRjM t
(9)
m 2Rx
L’energia che bisogna fornire per portare il satellite sulla traiettoria geostazionaria è quindi
data da:
mMT ( I Ix
U = E(d) - E(2Rt ) = 7-
-GRt ~ Ti (10)
Sostituendo le (3) e (4) nella (10) si ottiene il risultato finale:
Z 47T2
(11)
Nota : sostituendo nella (5) i valori numerici: R t = 6371 km, g = 9.8 m /s2, T = 86164
s (giorno sidereo), si ottiene: d = 42200 km. Quindi i satelliti geostazionari si trovano ad
un’altezza di circa 35830 km al di sopra della superficie terrestre.
156 Dinamica dei sistemi, gravitazione e dinamica del corpo rigido
S.5.21.
Il moto del proiettile avviene sotto l’azione della forza gravitazionale esercitata dal pianeta.
Tale forza è conservativa e quindi l’energia meccanica totale del proiettile si conserva
durante il moto. Calcoliamo innanzitutto l’energia meccanica totale iniziale:
„ _ 1 9 rnM 7 mM
E = E „--m % - 7— (1)
Dal momento che l’energia meccanica è negativa, l’orbita è chiusa e il proiettile non può
allontanarsi indefinitamente dal pianeta. Se il proiettile viene lanciato in direzione radiale,
il suo moto sotto l’azione della sola forza gravitazionale avviene esclusivamente in direzione
radiale. Quando il proiettile raggiunge la massima distanza, rm, dal centro del pianeta, il
moto in direzione radiale si inverte. In corrispondenza del punto di inversione del moto la
velocità radiale del proiettile si annulla. Poiché nel caso in esame la velocità del proiettile
è puramente radiale, in corrispondenza del punto di massimo allontanamento l’energia
cinetica del proiettile si annulla e l’energia meccanica totale diventa esclusivamente di
tipo potenziale:
n mM
E {rm) = - 7 ------ (2)
E(Trn) = E0 (3)
S.5.22.
Dal momento che l’energia meccanica to
tale del corpo è nulla, la sua traiettoria è
di tipo parabolico, con fuoco nella posizio
ne occupata dal Sole. Per risolvere il pro
blema applicheremo il principio di conser
vazione dell’energia meccanica e la con
servazione del momento angolare rispetto
al Sole. Inizialmente il corpo si trova nel
punto C, a distanza R dal Sole, con vet
tore velocità v e formante un angolo #0 = 45° con la retta congiungente il corpo con il
Sole. L’energia meccanica totale in tale posizione, uguale a zero, è data da:
mMs
(i)
avendo indicato con m e Ms le masse del corpo celeste e del Sole, rispettivamente. L’e
nergia meccanica nel punto P di massimo avvicinamento al Sole (perielio), sempre uguale
a zero, è data da:
mMs
= 0 Vp = (2)
d d
5.2 Soluzioni 157
avendo indicato con vP la velocità del corpo nel punto P, posto a distanza d dal Sole.
Applichiamo ora il principio di conservazione del momento angolare calcolato rispetto al
Sole, che costituisce il centro della forza gravitazionale responsabile del moto del corpo
celeste. Il punto P di massimo avvicinamento è un punto di inversione di moto in di
rezione radiale, quindi la velocità radiale si annulla in P e il vettore velocità vP risulta
perpendicolare al vettore posizione che individua la posizione del corpo rispetto al Sole.
Il momento angolare in P è quindi:
S.5.23.
Inizialmente il satellite artificiale si trova sulla superficie della Terra, fermo rispetto al
la Terra. La sua velocità iniziale dipende dalla sua posizione sulla superficie terrestre.
All’equatore è massima, ed è data da:
2ttR
V0 = a)
essendo R il raggio della Terra e T il suo periodo di rotazione. Al polo la velocità iniziale
è invece nulla (u0 = 0). L’energia meccanica iniziale è data da:
- I 2 mM
Po = ^mvo - 7 - ^ r (2)
Quando il satellite si trova sulla sua orbita circolare, a quota H rispetto alla superficie
terrestre, l’energia meccanica è data da:
„ 1 o mM
Ef = 2 ™ - 1 R T h
(3)
Dall’equazione di moto del satellite è possibile calcolare la sua velocità sull’orbita circolare:
mM 7M
77 (4)
R jr H '(R + H )2 R+ H
7 mM
(5)
Ef = “2 R
158 Dinamica dei sistemi, gravitazione e dinamica del corpo rigido
R + 2H 1
C = E f — E0 = jm M ---------------------------------7 (6)
2R(R + H)
R + 2H 1 /2 ttì/'Z
?\2
tt
Ce = 7 (7)
2R (R + 2 )H \~T~ )
mentre al polo:
R + 2H
Cp = 7 (8)
2R(R + )
S.5.24.
Per il calcolo del momento di inerzia Iz del cilindro massiccio
rispetto all’asse di simmetria z del cilindro, conviene suddivide
re idealmente il cilindro in una sequenza di corone cilindriche,
di raggio r e spessore infinitesimo dr, con r variabile da 0 a P,
come mostrato in figura. Il momento di inerzia Iz si può allora
calcolare come somma dei momenti di inerzia dl(r) di ciascuna
corona cilindrica in cui è stato suddiviso il cilindro, e cioè:
= f r2 dm — j dlz(r), (1)
J cilindro J
dove:
dlz(r) = ( r2 dm. (2)
J corona
Si noti che nella (2) la distanza r, che compare sotto il segno di integrale, fra il punto
corrente di integrazione della corona cilindrica e l’asse z è sempre uguale al raggio r della
corona, e può dunque uscire dal segno di integrale, ottenendo:
dove dM è la massa della corona cilindrica, che è data semplicemente dal prodotto della
massa M del cilindro per il rapporto fra le superfici della corona circolare (2ixrdr) e della
base del cilindro (7rP2):
77,^ , ,27rrdr __2 rdr
d ~ Tri?2 “ m H V ' ^^
Sostituendo le equazioni (3) e (4) nella (1) si ottiene:
T rR
2MP , , os/f
2 V„i~\R
r4 " 1
(5)
2~ W o r d r ~ R2 [4 J0~ 2M R -
5.2 Soluzioni 159
Per il calcolo del momento di inerzia del cilindro massiccio rispetto all’asse Z f 1 osserviamo
che Zt è parallelo all’asse baricentrico Zi e distante da esso R. E’ quindi possibile applicare
il teorema degli assi paralleli, ottenendo:
Iz, = Iz + M R 2 = ^ M R 2.(6)
Il calcolo del momento di inerzia del cilindro nel caso in cui esso sia cavo, e cioè nel caso
in cui la massa è distribuita solo sulla superfìcie laterale del cilindro, è più semplice ed è
analogo al calcolo del momento di inerzia di una corona cilindrica svolto precedentemente.
Si avrà in tal caso:
= j r2dm= R2 I M R 2. (7)
J cilindro J cilindro
Iz, = I z + M R 2 2M 2. (8)
S.5.25.
Il diagramma a corpo libero della scala, che mostra le forze
agenti su essa ed i rispettivi punti di applicazione, è indicato
nella figura a lato. Si noti che, poiché la parete verticale è
liscia, la forza che questa esercita sull’asta è orizzontale ed
indicata con A 2 in figura. Al contrario, poiché fra la scala ed
il pavimento c ’è attrito, la reazione vincolare esercitata dal
pavimento sulla scala comprende una forza verticale Ai ed
una forza di attrito orizzontale Fal. Lo spirito di risoluzione
del problema è il seguente: si ammette che la scala stia in
equilibrio sotto l’azione delle forze indicate e si determinano tali forze imponendo le condi
zioni necessarie e sufficienti per l’equilibrio della scala; successivamente si determinano le
condizioni per le quali le forze A 1, A 2 e T che devono sviluppare i vincoli siano fisicamente
accettabili.
I valori incogniti di A 1, Fal ed N2 dovranno essere determinati scrivendo tre equazioni
scalari che si ottengono imponendo che: (i) la risultante R di tali forze sia zero, e cioè le
due equazioni scalari Rx = Ry = 0; (ii) il momento di tali forze rispetto ad un polo O,
scelto ad arbitrio, sia nullo, e cioè l’equazione scalare DJloz = 0 . E’ conveniente scegliere
come polo O un estremo della scala, ad esempio il punto B. Si ha con ciò:
- R x = 0, e cioè:
N2 - Fal = 0, a)
- R y = 0, e cioè:
N1 - M g = 0, (2)
- DJIb2 = 0, e cioè:
sin 9 — N2L cos 9 = 0, (3)
160 Dinamica dei sistemi, gravitazione e dinamica del corpo rigido
dove L è la lunghezza della scala ed M la sua massa. Da queste tre equazioni si ricava
facilmente:
F.i = N 2 = (4)
N1= Mg.
Le condizioni affinchè tali reazioni vincolari siano accettabili sono: (i) le condizioni di
appoggio A 1 > 0 ed A 2 > 0, che sono manifestamente soddisfatte; (ii) la condizione di
attrito statico:
|F01| < g sNi (6)
che implica, usando le espressioni di F0I e N1 date dalle equazioni (4) e (5), (Mg/2)tg0 <
g sMg, e cioè:
9 < arctg(2^s). (7)
L’angolo massimo è perciò 9max = arctg(2/is) ~ 11,3°.
S.5.26.
Il problema può essere risolto seguendo due procedimen
ti diversi, il primo basato sullo studio del movimento
della puleggia e della massa, il secondo sui principi di
conservazione dell’energia meccanica. Per completezza,
risolviamo il problema usando ambedue i metodi an
zidetto Cominciamo con lo studio del moto dei corpi.
Nella figura sono indicati i diagrammi a corpo libero per O
la massa m e per la puleggia. In tale figura, T indica
la tensione della fune, mentre A è la reazione vincolare
del fulcro attorno cui ruota la puleggia. Poiché la fune è
inestensibile e la fune non slitta mentre si srotola dalla
puleggia, l’accelerazione angolare a di rotazione della puleggia e l’accelerazione di cadu
ta della massa m sono legate dalla relazione (si veda la discussione svolta nell’esercizio
precedente) :
a = Ra. (1)
Le convenzioni di segno per a ed a sono quelle mostrate in figura. Le equazioni di moto
che consentono il calcolo dell’accelerazione angolare a di rotazione e della tensione T sono
le due seguenti:
—T + mg = ma = ma R (2)
TR = Ic ,
ol (3)
dove x è l’asse verticale di figura, orientato verso il basso. La massa è scesa di un tratto
h al tempo to tale che x(to) = h, e cioè all’istante di tempo:
to — (6)
La velocità angolare della puleggia, del resto, segue la legge dei moti angolari uniforme-
mente accelerati, e cioè cj(t) — at. Al tempo t = tQdi distacco della massa m, la velocità
angolare istantanea di rotazione della puleggia vale in definitiva:
2mgh
CUq — ato — 6.70 rad/s. (7)
mR2 + Ic
Risolvendo questa equazione rispetto ad cjq si ottiene il risultato espresso dalla (7).
S.5.27.
Il problema può essere risolto agevolmente osservando che, nel moto dell’asta, la sua
energia meccanica, somma dell’energia cinetica di rotazione e dell’energia potenziale gra
vitazionale, è costante e pari al valore che assume nella posizione iniziale, indicata a tratto
continuo in figura. Osservando che nella posizione iniziale l’energia cinetica dell’asta è nul
la (perchè è detto, nel testo del problema, che nLasta viene lasciata cadere da ferma1’),
l’energia meccanica iniziale dell’asta è uguale all’energia potenziale gravitazionale inizia
le. Se introduciamo un asse z verticale orientato verso l’alto con origine nel perno A di
rotazione dell’asta ed assumiamo uguale a zero l’energia potenziale alla quota del fulcro
A, avremo che nella posizione iniziale l’energia meccanica dell’asta vale:
L
E = M gzc = M g - a)
162 Dinamica dei sistemi, gravitazione e dinamica del corpo rigido
(4)
S.5.28.
Il problema riguarda il rotolamento senza striscia
mento di un disco su un piano scabro e inclinato.
Per rispondere alle domande poste dal problema, è
utile tracciare il diagramma a corpo libero del disco
nel suo moto di rotolamento senza strisciamento.
Come indicato in figura, le forze agenti su di esso
sono tre: la forza peso M g, che ai fini dinamici può
essere applicata nel suo centro di massa G (che coincide col centro del disco); la forza
normale N di appoggio sul piano; e la forza di attrito Fa esercitata dal piano sul disco.
Si noti che, mentre il verso di iV è noto a priori (N > 0 con le convenzioni di figura), il
verso della forza di attrito Fa non è a priori noto, e sarà il calcolo a stabilire se l’orien
tamento è quello mostrato in figura oppure opposto ad esso, secondo che il risultato del
calcolo dia Fa > 0 oppure Fa < 0. E’ importante osservare che, poiché il disco rotola
senza strisciare, il punto C del disco istantaneamente a contatto col piano (vedi figura)
ha velocità nulla, poiché non nStriscian: di conseguenza l’attrito scambiato fra piano e
disco, pur quest’ultimo essendo in moto, è di tipo statico, e non dinamico. Per procedere
ulteriormente nell’analisi, è importante aver chiara la cinematica di movimento del disco.
Poiché il punto C del disco è istantaneamente in quite, esso compie un moto di rotazione
con centro di istantanea rotazione in corrispondenza del punto C. Ciò significa che la ve
locità di un generico punto P del disco si può scrivere nella forma Vp = cj x (P —C), dove
cj = —(d(/)/dt)uz è la velocità angolare (vettoriale) di rotazione del disco (0 è l’angolo di
5.2 Soluzioni 163
M g sin O - F a - M ac — M a R i (1)
—MgcosO + N — 0, (2)
N = M gcosO i (4)
S.5.29.
Anche questo problema riguarda il moto di rotolamento
senza strisciamento su un piano scabro. Qui si tratta di
una ruota in moto sotto l’azione di una forza trainante
F orizzontale applicata al centro della ruota. Possiamo
intuire che, se la forza applicata è troppo intensa, la for
za di attrito necessaria per mettere in rotazione la ruota
senza che essa strisci sul piano può superare il valore massimo imposto dal vincolo di
attrito statico e la ruota, di conseguenza, inizierà a strisciare. Questo è il motivo per cui
le ruote di una automobile, in accelerazione su un piano a basso attrito, possono slittare.
Per studiare in maniera quantitativa il problema e determinare la massima forza che si
può applicare alla ruota evitando lo strisciamento, cominciamo col tracciare il diagramma
delle forze agenti sulla ruota, mostrato in figura. Nel diagramma abbiamo introdotto le
due componenti incognite della forza esercitata dal piano sulla ruota, e cioè la forza di
appoggio normale A e la forza di attrito orizzontale Fa. Se la ruota non striscia, il punto C
della ruota a contatto con il piano ha velocità istantanea nulla, mentre il centro di massa
G della ruota si muove lungo Tasse x orizzontale con una accelerazione S0 = aRwXi dove
a è l’accelerazione angolare della ruota (orientata con il verso indicato in figura). Per una
dettagliata analisi del moto di rotolamento senza strisciamento della ruota, rimandiamo il
lettore alla discussione del problema precedente. Le incognite scalari introdotte sono tre:
N i Fa ed a, e quindi dovremo scrivere tre equazioni scalari per determinare tali grandez
ze. Le tre equazioni sono precisamente le equazioni di moto della ruota, comprendenti le
equazioni di moto del centro di massa e T equazione dei momenti:
F - F a = M ac = M aR (1)
N -M g = O (2)
- equazione dei momenti rispetto al polo G:
N = M
g
, (4)
F 2
(5)
R (M + I g /R?) ~ ’
F F
(6)
l ~ i + m r 2/ / g ~ 1 '
La condizione di non slittamento è |Fa|< g sN; utilizzando le espressioni di e Fa date
dalle equazioni precedenti, si ha perciò:
F < 3 HsM
~ 29.4 N.
g (7)
5.3 Esercizi di autovalutazione 165
AV.5.2.
Un blocco di massa m poggia su un piano orizzontale liscio. Il
blocco è collegato ad una parete verticale attraverso due molle
unite una di seguito all’altra con costante elastica £4 e k2 e
lunghezza a riposo rispettivamente di e d2. All’istante iniziale
il blocco si trova in quiete a distanza x = di + d2 dalla parete. k2 tv ^ M=m/4
In questo istante un proiettile di massa M = m j4 e velocità v
colpisce il blocco nella direzione di compressione delle molle e
si conficca in esso. Trascurando ogni attrito, si determini:
(i) lo spostamento massimo A del blocco rispetto alla posizione
di equilibrio;
(ii) la frequenza angolare u di oscillazione del blocco.
AV.5.3.
Una sbarretta uniforme di massa M e lunghezza L = 1 m è libera
di ruotare in un piano verticale intorno ad un asse orizzontale senza
attrito passante per un suo estremo. Sull’altro estremo della sbar
retta è fissato un corpo, approssimabile ad un punto materiale, di
massa m = M. La sbarretta è inizialmente ferma in posizione oriz
zontale e viene lasciata cadere. Determinare la velocità del centro
di massa Vcm quando il sistema raggiunge la posizione verticale.
AV.5.4.
Si consideri un piano inclinato scabro (coefficiente di attrito
dinamico /i^; angolo di inclinazione a) alle cui estremità, se
parate da una quota h come in figura, siano presenti dei piani
lisci orizzontali. Un corpo di massa ra2 viene lanciato verso il
piano inclinato con velocità iniziale v 2; una volta percorso il
piano in discesa, ra2 urta in modo anelastico una massa Tn1,
inizialmente in quiete. Dopo l’urto, sia mi che m2 si muovono
in avanti, allontanandosi dal piano inclinato. Assumendo fid =
0.2, a = 7r/6, TTi2 = 0.4 kg, mi = 2m2, |v2| = 3 m/s, h = 30 H
cm, si determinino:
(a) la velocità v^ di m2 alla base del piano inclinato, prima
dell’urto;
(b) le velocità v[+^ e v^ delle due masse dopo l’urto, sapendo
che l’energia cinetica della massa m2 dopo l’urto diviene 1/4
del suo valore prima dell’urto.
166 Dinamica dei sistemi, gravitazione e dinamica del corpo rigido
AV .5.5.
Si consideri un piano inclinato scabro (coefficiente di attrito
dinamico /2^; angolo di inclinazione a) alle cui estremità siano
presenti dei piani lisci orizzontali. Un corpo di massa mi viene
lanciato verso il piano inclinato con velocità iniziale vi; una
volta percorso il piano in salita, di lunghezza L, mi urta in
modo completamente anelastico una massa m2, inizialmente in
quiete. Assumendo /i^ = 0.2, a = n/6, mi = 0.4 kg, m2 =
m i/2, Ivi| = 5 m/s, L = 1 m, si determinino:
(a) la velocità vi/ di mi alla sommità del piano inclinato;
(b) la velocità delle due masse dopo l’urto.
AV .5.6.
Due carrelli, di masse m x ed m2 = 2m i/3 sono liberi di muover
si lungo un piano orizzontale privo di attrito. Il primo carrello
si muove verso destra con velocità Vi , mentre il secondo si muo
ve verso sinistra con velocità V 2 = —2vi. Ad un certo istante m{ y v m2
i carrelli si urtano; nell’ipotesi in cui l’urto sia perfettamente
anelastico ed assumendo mi = 0.5 kg e Iv11 = 0.5 m/s, si de
terminino:
(a) la velocità complessiva del sistema dopo l’urto;
(b) la variazione di energia cinetica totale del sistema.
AV .5.7.
Due carrelli, di masse mi ed m2 = m i/2 sono liberi di muoversi
lungo un piano orizzontale privo di attrito. Il primo carrello
si muove verso destra con velocità V1, mentre il secondo è ini- m{ v m2
zialmente in quiete. Ad un certo istante i carrelli si urtano; l(pi{ifl 1______
nell’ipotesi in cui l’urto sia elastico, si determinino le velocità
dei due carrelli dopo l’urto. Si assuma mi = 0.5 kg e Iv11= 0.6
m/s.
AV .5.8.
Un corpo puntiforme di massa mi è vincolato ad una fune idea
le di lunghezza L che forma un angolo a = 60° rispetto alla
verticale. Il corpo, inizialmente in quiete, viene lasciato libe
ro e urta un secondo corpo di massa m2 = 4m 1? inizialmente
fermo su un piano orizzontale liscio. A seguito dell’urto il cor
po di massa Tn1 rimbalza indietro perdendo il 75% della sua
energia cinetica iniziale, mentre il corpo di massa m2 si mette fid
in moto sul piano d’appoggio, incontrando una regione scabra
con coefficiente di attrito dinamico Si determini la massima
distanza percorsa dal corpo di massa m2 sulla regione scabra
del piano.
5.3 Esercizi di autovalutazione 167
AV.5.9.
Un corpo puntiforme, di massa mi e velocità vq, urta orizzontalmente un secondo corpo
puntiforme di massa ra2 = 4rai, inizialmente fermo e sospeso ad una fune ideale, di mas
sa trascurabile. Nell’urto l’energia del sistema si riduce di una quantità pari all’energia
cinetica acquisita dal corpo ra2 immediatamente dopo l’urto. Si determinino:
(a) la velocità del corpo di massa m\ dopo l’urto;
(b) la massima altezza raggiunta dal corpo di massa ra2 dopo l’urto.
AV.5.10.
Un supporto rigido di massa trascurabile, a forma di triangolo equi
latero di lato 6, può ruotare liberamente in un piano verticale at
torno al vertice A , come mostrato nella figura. Ai vertici B e C
sono fissate due masse puntiformi identiche. Si calcoli il periodo g
delle piccole oscillazioni attorno alla posizione di equilibrio.
AV.5.11.
Una massa m, in moto su un piano liscio orizzontale con velocità ^0, urta in modo com
pletamente anelastico una seconda massa m inizialmente ferma.
(i) Si determini la velocità delle due masse dopo l’urto;
(ii) dopo il primo urto, si ha un secondo urto completamente anelastico con una terza
massa m che procede in direzione opposta alle prime due con velocità / 2 . Si determini
v q
AV.5.12.
Un ragazzo di massa M = 40 kg è fermo su uno skateboard di massa m = 2 kg. Il ragazzo
scende dallo skateboard con un salto con velocità iniziale v0 = 0.5 m /s rispetto a terra e
con un angolo pari a a = 60° rispetto all’orizzontale. Si determinino:
(%) l’impulso che il terreno esercita sullo skateboard in modulo direzione e verso;
(ii) la velocità dello skateboard dopo il salto del ragazzo;
(in) la direzione del salto in un sistema di riferimento solidale allo skateboard.
AV.5.13.
Tre corpi di massa m si muovono per effetto dell’interazione gravitazio
nale lungo un’orbita circolare mantenendosi ai vertici di un triangolo
equilatero di lato b. Si determini il periodo di rivoluzione in funzione
di m, b e della costante di gravitazione universale G.
168 Dinamica dei sistemi, gravitazione e dinamica del corpo rigido
SA.5.2.
(i) A = y/mv2(k1 + fc2)/(20fcifc2);
SA.5.3.
v C m = (9/8) VflT ~ 3.52 m/s.
SA.5.4.
(a) = \Jv\i + 2 h1( —
g
~ icotan
J a) = 3.58 m/s;
f vW = ^ 3 = 0.9m /s,
1 2mi 4
(b) {
y = = 1.79 m/s.
S A . 5 . 5 . _________________________
(a) vlf = y/v\i - 2 Lsin
g
~ ( a + /Jd cos a) = 3.43 m/s;
SA.5.6.
/ ) Vl
54
(b) A K = K f - K i = - 3 0 ^ 1 = -0.225 J.
5.4 Soluzioni sintetiche degli esercizi 169
SA.5.7.
Vif = Y = °-2 m/ s>
Avi .
v2f = — = 0.8 m/s.
SA.5.8.
d = ^ -
128fLd
SA.5.9.
(a) V i= /3;
(b) h = v§/(18
S A .5.10.
S A .5.12.
(i) I = Mv
qin
s a = 10>/3 kg m/s, direzione verticale verso l’alto;
(il) M c o s a = —5Km/s;
/ - I vs = ------fo /
m
(in) a' = atan(0.25v/3/5.25) = 4.72°.
S A .5.13.
Capitolo 6
6.1 Problemi
P.6.1.
In un termometro a mercurio la colonna di fluido è alta hi = 5 cm quando il termo
metro è immerso in ghiaccio fondente a pressione atmosferica ed Zi2 = 10 cm quando il
termometro è posto in equilibrio con acqua in ebollizione. Stimare le costanti termometri-
che del termometro e dire a quale temperatura la colonna di mercurio sarà alta Zi3 = 8 cm.
P.6.2.
Un termometro di capacità C alla temperatura Z1 viene immerso in un fluido di massa m
e temperatura t avente calore specifico massico c. Si calcoli la temperatura misurata dal
termometro, precisando in quali condizioni tale temperatura è prossima a t.
P.6.3.
Una massa mi = 2 kg di ghiaccio a temperatura t\ = —10 °C viene mescolata con una
massa ra2 di acqua alla temperatura t2 = 20 °C. Sapendo che dopo il mescolamento si
ottiene acqua alla temperatura t = 5 °C, si calcoli la massa ra2 trascurando ogni dissipa
zione di calore con l’ambiente.
(Calore latente di fusione del ghiaccio: Agh = 3.3 x IO5 J/kg. Calore specifico del ghiaccio
cgh = 2051 J/Kg °C.)
P.6.4.
Un proiettile di piombo di massa m = 0.05 kg alla temperatura tPb = 20 °C, dotato di
velocità = 100 m/s, si conficca orizzontalmente in un blocco di ghiaccio fondente di
massa M = 0.5 kg, posto su un piano orizzontale liscio. Sapendo che il calore specifico
del piombo è cPb = 130 J/kg°C ed il calore latente di fusione del ghiaccio Xgh = 3.3 x IO5
J/kg, si calcoli la massa di ghiaccio che si è fusa.
P.6.5.
Una massa mi = 0.1 kg di ghiaccio alla temperatura ti = —10 °C viene mescolata adia
baticamente con una massa ra2 = 0.2 kg di vapor d’acqua a temperatura t2 = 160 °C
172 Termologia, calorimetria, primo principio della termodinamica
a pressione atmosferica. Si dica quale sarà la composizione finale della miscela una vol
ta raggiunto l’equilibrio termico. Si assumano, per i calori specifici ed i calori latenti,
le seguenti espressioni: calore specifico del ghiaccio cgh = 0.5 cal/g °C; calore specifi
co dell’acqua cac = 1 cal/g °C; calore specifico del vapor d’acqua a pressione costante
cva = 0.44 cal/g °C; calore latente di condensazione del vapor d’acqua Xva = 540 cal/g;
calore latente di fusione del ghiaccio Xgh = 80 cal/g.
P.6.6.
Un gas ideale alla temperatura T = 300 K ha una densità molecolare di Af = IO25
molecole/m3. Si calcoli la pressione del gas.
R 6.7.
Un gas ideale è costituito da ni moli di elio (He) e da n2 moli di azoto (N2). Calcolare il
calore specifico molare del gas a volume costante.
R 6.8.
Un gas perfetto esegue una espansione adiabatica reversibile nella quale il gas triplica la
sua pressione e dimezza il suo volume. Determinare il calore specifico a volume costante
Cy del gas.
R 6.9.
n moli di gas ideale compiono una trasformazione
quasistatica dal volume iniziale Va e pressione Pa
al volume finale Vp e pressione pB, con Vp > Va e
Pb < Pa , rappresentata nel piano (p, V) dal segmen
to AB di figura. Si determini:
(i) la temperatura assoluta T del gas lungo la trasfor
mazione quando il volume del gas assume un valore
V compreso fra Va e Vp ;
(ii) quale condizione deve sussistere fra Va , Pa , Vb e pB affinchè la temperatura massima
del gas nella trasformazione sia raggiunta nello stato di equilibrio corrispondente al punto
medio del segmento AB.
R 6.10.
Si consideri la trasformazione quasistatica di un gas perfetto descritta nel problema pre
cedente. Assumendo che il gas sia monoatomico, si determini l’espressione del calore
specifico c = c(V) del gas lungo la trasformazione da A a B come funzione del volume V
del gas.
R 6 .ll.
Si calcoli il calore specifico molare di un gas perfetto in una trasformazione reversibile
descritta dall’equazione V T k =Costante, dove V e T sono il volume e la temperatura as
soluta del gas, e k una costante.
R 6.12.
Una mole di gas ideale monoatomico alla temperatura Ti = 300 K compie una espansione
adiabatica reversibile che ne aumenta il volume dal valore iniziale V\ = 1 m3 al valore
6.1 Problemi 173
finale V2 = 2 m3. Calcolare la temperatura finale del gas ed il lavoro compiuto dal gas
nella espansione.
P.6.13.
n = 10 moli di gas perfetto vengono compresse isotermicamente ed in modo reversibile da
un volume Vi = 1 m3 al volume finale Vf. Il gas è contenuto in un recipiente adiabatico a
contatto termico con un serbatoio di calore costituito da una massa m — 0.1 kg di ghiaccio
fondente a temperatura t = 0°C . Si determini il valore del volume finale Vf per il quale
si ha completa fusione del ghiaccio.
(Calore latente di fusione del ghiaccio: Agh — 79.7 kcal/kg.)
P.6.14.
Una mole di gas perfetto monoatomico occupa inizialmente un volume U0 alla temperatura
T0 = 300 K. Il gas si espande fino a raddoppiare il suo volume seguendo una trasforma
zione reversibile di equazione p(V) = pexp(—V/Vo), con p costante. Si calcolino:
(i) la temperatura finale del gas;
(ii) il calore scambiato dal gas nella trasformazione.
P.6.15.
Una mole di gas perfetto monoatomico compie una trasformazione reversibile caratteriz
zata dal calore specifico molare c(T) = C y -b aT, con a = 5 x IO-2 J/(m ol K2). Sapendo
che nella trasformazione la temperatura del gas varia dal valore iniziale T1 = 300 K al
valore finale T2 = 450 K, si calcolino il calore scambiato dal gas ed il lavoro compiuto
nella trasformazione.
P.6.16.
n = 2 moli di gas perfetto monoatomico sono contenute in un
recipiente a pareti adiabatiche, chiuso da un pistone anch’esso
adiabatico, di massa trascurabile e sezione S = 10 cm2. Sul
pistone è appoggiato un blocco di massa m = 20 kg ed il pisto
ne è in equilibrio alla temperatura T l = 100 K. Si determini il
volume occupato dal gas sapendo che la pressione atmosferica
esterna è pe = IO5 Pa. Successivamente il blocco viene rimosso
ed il gas si espande fino a raggiungere Tequilibrio alla pressione
esterna atmosferica. Si calcoli la temperatura finale T2 di equilibrio del gas.
R 6.17.
Un gas perfetto compie una trasformazione reversibile di equazione:
V = Voexp(TrfR), (1)
dove r è una costante. Dimostrare che il calore specifico del gas lungo la trasformazione
varia con la temperatura secondo la legge:
c = Cy ^-rT (2)
174 Termologia, calorimetria, primo principio della termodinamica
P.6.18.
Un recipiente a pareti rigide ed adiabatiche è co
stituito da due ampolle collegate da un tubicino
munito di una valvola. Inizialmente la valvola è
chiusa e nell’ampolla di sinistra sono contenute
n\ = 3 moli di He a temperatura T l = 300 K,
mentre nell’ampolla di destra vi sono n2 = 2 moli di N2 a temperatura T2 = 270 K. La
valvola viene aperta ed i gas si miscelano defluendo fra le due ampolle del recipiente fino
a raggiungere una condizione di equilibrio. Calcolare la temperatura finale di equilibrio
dei due gas, supponendo che questi si comportino come gas perfetti.
P.6.19.
n = 2 moli di un gas biatomico
L §as vuoto
sono contenute in un recipiente
a pareti adiabatiche munito di
un pistone orizzontale di sezio
MMM
ne S = 0.1 m2, libero di scorrere
senza attrito e vincolato ad una molla di costante elastica k = 10 N/m in vuoto, come
mostrato in figura. Inizialmente il gas occupa un volume V1 = 1 m3 alla temperatura
T l = 300 K. Il gas viene quindi riscaldato lentamente mediate una resistenza elettrica.
Sapendo che il volume finale del gas dopo il riscaldamento è V2 = 2 m3, calcolare la quan
tità di calore Q fornita al gas dalla resistenza elettrica.
P.6.20.
In un recipiente rigido adiabatico contenente n = 2 moli di un gas ideale monoatomico,
a pressione p0 = 2 x IO5 Pa e temperatura T0 = 300 K, viene introdotto un solido di
capacità termica C = 30 J/K, alla temperatura T = 800 K. Si determini la pressione
finale del gas. Si trascuri la capacità termica del recipiente ed il volume del solido.
P.6.21.
Una miscela costituita da due moli di elio (He) e tre moli di azoto (N2) compie una
espansione adiabatica reversibile che ne raddoppia il volume. Si calcoli il rapporto fra la
pressione finale e quella iniziale considerando la miscela un gas ideale.
P.6.22.
Si consideri il processo di vaporizzazione di una massa m = 0.1 kg di acqua alla tempera
tura di ebollizione a pressione atmosferica p = IO5 Pa. Si calcolino:
(i) il lavoro compiuto dall’acqua;
(ii) il corrispondente aumento di energia interna.
(calore latente di vaporizzazione dell’acqua: A*, = 2.26 x IO6 J/kg; densità del vapore
Pv = 0.6 kg/m 3 )
6.1 Problemi 175
P.6.23.
Un gas ideale monoatomico è contenuto
va lv o la
in un recipiente adiabatico alla pressio
ne Pq = 2 atm, collegato mediante una
valvola ad un cilindro munito di pistone
soggetto ad una pressione esterna pe = 1
atm, come mostrato in figura. Inizial
mente la valvola è chiusa ed il gas si tro
va in equilibrio alla temperatura T1 = 300 K. La valvola viene aperta lentamente e il
gas fluisce nel cilindro, fino a che si raggiunge una condizione di equilibrio. Calcolare la
temperatura finale del gas.
6.2 Soluzioni 177
6.2 Soluzioni
S.6.1.
La temperatura t nella scala Celsius viene empiricamente legata all’altezza Ji della colonna
di mercurio, che è la sostanza termometrica, dalla relazione lineare:
Ji(t) = at + b, (1)
dove a e b sono le costanti termometriche, che vanno determinate assegnando i due punti
fissi, e cioè h(0) = Ji1 e Ji(IOO) = Ji2. Perciò:
e:
IOOa + b = Zi2 (3)
da cui:
« = ^ qq^1 = 0-05 cm/°C. (4)
Infine, l’altezza Ji3 della colonnina si raggiungerà alla temperatura t data da:
t= t l d ì = 60 °C.
a
S.6.2.
Indichiamo con tm la temperatura misurata dal termometro quando esso è immerso nel
fluido. Trascurando il calore dissipato nell’ambiente, per calcolare tm occorre imporre
che il calore globalmente scambiato (assorbito) dal sistema costituito dal fluido e dal
termometro sia nullo, e cioè che:
Q i + Q2 = 0, (l)
essendo Q1 e Q2 i calori assorbiti dal termometro e dal fluido, rispettivamente, nel rag
giungimento dell’equilibrio termico. Poiché Q1 = C (tm — ti) e Q2 = mc(tm — t), si
ha:
C (tm - *i) + mc(trn - t ) = 0 (2)
da cui:
, Ct1 + mct
C + me
La condizione affinchè la temperatura finale misurata sia prossima a t può essere espressa
dalla disuguaglianza (valida purché t sia discoste da zero) :
tm t
<1. (4)
t
Sostituendo l’espressione di tm data dalla equazione (3) nella equazione (4), dopo qualche
passaggio algebrico si ottiene facilmente la seguente condizione:
178 Termologia, calorimetria, primo principio della termodinamica
Se le temperature t1 e t non sono molto discoste fra loro, questa condizione richiede in
pratica che la capacità C del termometro sia piccola rispetto a quella, pari a me, della
massa di fluido.
S.6.3.
Indichiamo con Q1 e Q2 i calori assorbiti dalle due masse mi e m2 per portarsi all’equlibrio
termico alla temperatura t. Il calore Q1 assorbito dalla massa mi di ghiaccio è dato dalla
somma di tre contributi secondo la relazione seguente:
Si noti che, poiché t < t2, si ha Q2 < 0, e cioè la massa m2 di fatto cede calore. Trascurando
la dispersione di calore nell’ambiente, la trasformazione sarà complessivamente adiabatica,
e cioè Q1 + Q2 = 0. Tale condizione comporta perciò che valga la seguente equazione:
Si osservi che, per il calcolo numerico, abbiamo assunto ca, lcal/g °C = 4180 J/kg °C
per il calore specifico dell’acqua.
S.6.4.
Nell’urto anelastico si conserva la quantità di moto del sistema in direzione orizzontale,
per cui la velocità V del blocco dopo l’urto, nel quale resta conficcato il proiettile, sarà
data dalla relazione:
mvo
/ox m+ M a)
_ 1 9 I, , 1 TTlM
Ediss = -m v 0 - ~(m + M )V 227 J. (2)
M
Tale energia viene ceduta al ghiaccio fondente sotto forma di calore, determinando la
fusione in acqua di una massa A M di ghiaccio. Per calcolare A M occorre però tenere de
bitamente in conto che anche il proiettile di piombo, inizialmente a temperatura cede
la quantità di calore mcpb(tpb —to) al ghiaccio portandosi, all’equilibrio, alla temperatura
t0 = 0 °C di fusione del ghiaccio. Dalla definizione di calore latente di fusione, potremo
perciò scrivere:
XghA M = Ediss + mcpb(tpb — to), (3)
6.2 Soluzioni 179
da cui:
AM = m c n l M - t o H E d 1S1„ L1 g
Xgh
S.6.5.
Si osservi che, dopo il mescolamento, si possono avere cinque possibili casi per la compo
sizione finale della miscela e precisamente: solo ghiaccio, ghiaccio fondente in equilibrio
con l’acqua in transizione di fase, solo acqua, acqua in ebollizione in equilibrio con il suo
vapore in transizione di fase, solo vapore. Per capire in quale dei casi precedenti si troverà
la miscela di acqua dopo il mescolamento, cominciamo con l’osservare che, per portare in
ebollizione tutto il ghiaccio, occorrerebbe una quantità di calore:
mentre per farlo liquefare completamente, sempre alla temperatura di transizione t10o,
occorrerà sottrargli la quantità di calore:
Poiché Qs > Q1 ma Q2 < Q1, all’equilibrio ci attendiamo che si abbia vapore in conden
sazione (vapore saturo) ed acqua in ebollizione, in transizione di fase. Se indichiamo con
m la massa di vapore saturo, trascurando la dissipazione di calore nell’ambiente durante
il mescolamento, potremo considerare la trasformazione globalmente adiabatica e scrivere
perciò:
S.6.6.
La pressione del gas può essere calcolata utilizzando l’equazione di stato del gas perfetto
secondo la relazione:
nRT
a)
Si osservi che, dai dati del problema, non conosciamo nè il numero di moli n nè il volume
V del gas, ma solo la sua temperatura assoluta T e la densità molecolare N . Ricordando
che una mole di gas contiene un numero di molecole pari al numero di Avogadro N a —
6 x IO23 mol-1 , le grandezze n, V e N sono perciò legate dalla semplice relazione
180 Termologia, calorimetria, primo principio della termodinamica
NRT
P= = N k BT ~ 41400 Pa. (3 )
Na
S.6.7.
Il calore specifico molare del gas a volume costante è definito dalla relazione:
1
Cv = ~ (i)
n
dove SQ è la quantità (infinitesima) di calore assorbita dal gas, quando la sua temperatura
aumenta di dT, in una trasformazione in cui il volume del gas non cambia, ed n — rii+ 7¾ è
il numero totali di moli del gas. Dal primo principio della termodinamica applicato ad una
trasformazione termodinamica infinitesima nella quale il volume del gas non varia, si avrà
del resto SQ = dU, cioè il calore assorbito è uguale alla variazione dell’energia interna dU
del gas. Si noti che, sebbene sia SQ che dU siano quantità piccole (infinitesime), l’uso del
simbolo di differenziale è riservato solo alla energia interna, poiché questa è una funzione
di stato, mentre non lo è il calore. Del resto, l’energia interna è una funzione additiva,
cioè nel nostro caso avremo dU = dU1+ dU2, essendo dU1 e dU2 le variazioni delle energie
interne delle due specie di gas. Per un gas perfetto di una data specie chimica, è noto del
resto che U = ncv T , dove cv è il calore specifico del gas. Perciò:
C f
L
=
^ ^ = L f LLL\ = n I gV l + n 2C y 2
°V n \ d T )v n\dTJv
dove C y 1 e C y 2 sono i calori specifici dei due gas. Dal teorema di equipartizione dell’energia,
per l’elio (gas monoatomico) si ha C y 1 = (3/2)i? mentre per l’azoto (gas biatomico) si
avrà, a temperatura ambiente, C y 2 = (5/2)R, dove R è la costante universale del gas
perfetto. In conclusione, il calore specifico della miscela dei due gas varrà:
3rq + òn2
(3)
2K T ^)
Quanto vale il calore specifico della miscela se la trasformazione fosse avvenuta a pressione
costante?
S.6.8.
Poiché si tratta di una trasformazione adiabatica reversibile, l’equazione della trasforma
zione, nelle variabili (p, V), è data da:
PV1 =P oV ^ (1)
dove Vq e po sono il volume e la pressione iniziali del gas e 7 = cP/cv è il rapporto fra i
calori specifici del gas a pressione e volume costanti. Al termine della trasformazione si
ha, dai dati del problema, V = Vo/2 e p = 3p0, e perciò dovrà aversi:
3 p ° ( y ) 7 = PfVor. (2)
6.2 Soluzioni 181
V = 3, (3)
da cui:
ln3
-il — (4)
Per calcolare il calore specifico del gas a volume costante, osserviamo che 7 = cp/cy e
che, per la relazione di Mayer, Cp — Cy = R. Pertanto, eliminando il calore specifico a
pressione costante, si ha:
R
J C y — C y = C y = 1.71 R. (5)
7 -1
S.6.9.
L’equazione della trasformazione nel piano (p, V) è
l’equazione della retta passante per i punti A e B, e
cioè:
Pb - Pa
P = Pa + - -(V - VA). (1)
Vb - V a '
La temperatura lungo la trasformazione si calcola
subito dall’equazione di stato del gas perfetto; assu
mendo il volume del gas come variabile indipendente
nella trasformazione, si ha cioè:
_ pV Pa (Pb^ P a HY
T = (2)
nR nR nR{VB - VA)
Si noti che la temperatura è una funzione quadratica del volume occupato dal gas, e può
essere scritta nella forma:
T (V ) = a V - bV2, (3)
dove le costanti a e b sono definite dalle relazioni:
Pa Vb —PbV a
(4)
UR(Vb - V a )'
Pa - P b
b= (5)
UR(Vb - V a ) ’
Poiché b > 0, la temperatura assume un valore massimo in corrispondenza del volume V0
tale che (dT/dV)y0 = 0, e cioè per:
y _ _ Pa Vb —Pb Va
(6)
0 2 b2
(p a - P b )
Affinchè tale massimo della temperatura sia raggiunto quando il gas è nello stato di
equilibrio rappresentato dal punto medio del segmento AB nel piano (p, Vr), e cioè per
V0 = (Va + Ve)/2, deve aversi:
Pa Vb —Pb Va _ Va Hh Vp
(7)
Z(Pa - P b ) 2
182 Termologia, calorimetria, primo principio della termodinamica
PaV a = P b Vb - (8)
In base all’equazione di stato dei gas, il significato fisico di tale condizione è il seguente:
il massimo della temperatura nella trasformazione da A a B è raggiunto in corrisponden
za del punto medio del segmento AB se gli stati di equilibrio iniziale A e finale B della
trasformazione sono alla stessa temperatura.
S.6.10.
Il calore specifico lungo la trasformazione 7 dell’esercizio precedente, rappresentata dal
segmento AB nel piano (p, V), è definito dalla relazione:
dove SQ è il calore assorbito dal gas per aumentare la sua temperatura di dT. Se applichia
mo il primo principio della termodinamica per un tratto infinitesimo della trasformazione
si avrà:
SQ = pdV + dU = pdV Hhncv dT, (2)
essendo pdV il lavoro delle forze di pressione e dU = ncydT la variazione dell’energia
interna per il gas ideale, dove cv è il suo calore specifico a volume costante. Per gas
monoatomico, si ha inoltre cv = (3/2)R. Sostituendo l’espressione di SQ data dalla
equazione (2) nella equazione (1), si avrà:
p dV 3_ p 1
C~ ° v + n d T ~ 2 R + nJdT/dV)'^
Per esprimere il calore specifico del gas lungo la trasformazione come funzione del volume
occupato dal gas, che assumiamo come variabile indipendente della trasformazione, occor
re esprimere la pressione del gas p e la derivata dT/dV come funzioni del volume del gas.
Usando la espressione della temperatura T = T (V ) data dalla equazione (2) dell’esercizio
precedente, la derivata dT/dV può essere facilmente calcolata e dà come risultato
dT _ 2 (Pa - P b )V Pa Vb
dV nR(VB
~ VA) + nR(VB - '
La pressione del gas varia poi con il suo volume in accordo con la relazione lineare:
Pii —Pa
P = Pa + (V - VA). (5)
Vb - V a
In conclusione, si ha per il calore specifico c = c(V) la seguente espressione:
c (V ) = Ì R _ Za ) (Pb -
R P^YS. V ~ Va )
(6)
2 2(p^ —Pb )V + Pb Va —PaV b
S.6.11.
Il calore specifico lungo la trasformazione, per un gas ideale il cui calore specifico a volume
costante vale C y , è dato dalla relazione generale:
I SQ _ p dV
c (1)
n d T =Cv + ndT'
6.2 Soluzioni 183
Tale relazione è ottenuta, come già spiegato nell’esercizio precedente, esprimendo il calore
6 Q assorbito dal gas in un tratto infinitesimo della trasformazione mediante il primo prin
cipio della termodinamica in forma differenziale, e cioè 6Q = pdV -b dU — pdV -f ncydT.
Osserviamo che, delle tre variabili p, V e T che descrivono lo stato di equilibrio del gas, solo
una variabile può essere assunta come indipendente lungo la trasformazione. Infatti, una
relazione fra le tre variabili è imposta dall’equazione di stato del gas perfetto, pV = nR T,
mentre l’altra equazione, l’equazione della trasformazione termodinamica, definisce un
ulteriore legame fra le variabili T e V, e cioè V T k - costante lungo la trasformazione.
Scegliamo dunque una delle tre variabili come indipendente ed esprimiamo, di conseguen
za, le altre due variabili in funzione di quella scelta come indipendente. Scegliendo, ad
esempio, la temperatura come variabile indipendente, si avrà:
Perciò, usando la regola di derivazione delle funzioni composte (1/V) (dV/dT) = d(\nV)/ dT,
si avrà:
p dV TdV ^rri dinV _ dInTk
= R - — = R T —— = - R T —— - = —kR. (3)
n dT VdT dT dT
Utilizzando questo risultato, l’espressione del calore specifico [si veda l’equazione (1)]
assume, in conclusione, la seguente espressione:
c = cv — kR. (4)
Si noti che il calore specifico nella trasformazione è costante, qualunque sia il parametro
k. Questo risultato non è per nulla ovvio, poiché in generale il calore specifico di un gas,
oltre che a dipendere dalla particolare trasformazione che esso compie, varia anche lungo
la trasformazione stessa (si veda, in proposito, il problema precedente!). Una tale famiglia
di trasformazioni, in cui il calore specifico lungo la trasformazione è costante, rappresenta
la famiglia delle trasformazioni politropiche. Queste contengono, come casi particolari, le
quattro trasformazioni quasistatiche più importanti per il gas perfetto: la trasformazione
isoterma (per k = oo e c = oc); la trasformazione adiabatica (k = cv /R e c = 0); la
trasformazione isobara (k = —1 e c = cv + R = Cp); e la trasformazione isocora (k = 0 e
C= Cy).
S.6.12.
Poiché la trasformazione subita dal gas è una adiabatica reversibile, la temperatura T2 ed
il volume V2 del gas alla fine della trasformazione devono soddisfare la condizione:
T2V r 1 = T 1V r 1, a)
essendo 7 = cp/cv il rapporto fra i calori specifici del gas a pressione e volume costante.
Per gas monoatomico, si ha cv = (3/2)R e, per la relazione di Mayer, cp = cv -h R =
(5/2)R, e cioè 7 = 5/3. La temperatura finale del gas varrà perciò:
7 -1
T2 = T1 - 189 K. (2)
184 Termologia, calorimetria, primo principio della termodinamica
Poiché nella trasformazione il gas non scambia calore (Q = 0), dal primo principio della
termodinamica il lavoro di pressione C compiuto dal gas sarà uguale ed opposto alla
variazione della sua energia interna, che vale AU = ncv (T2 — T1) per il gas perfetto.
Dunque:
C = - A U = UCyiT1 - T2) = ^RniT1 - T2) ~ 1384 J. (3)
S.6.13.
Se indichiamo con Q il calore ceduto dal gas nella compressione isoterma, si avrà la
completa fusione della massa m di ghiaccio fondente se:
Q = m\gh, a)
dove Xgh è il calore latente di fusione del ghiaccio a 0 °C a pressione atmosferica. Per il
calcolo del calore Q, osserviamo che, poiché la trasformazione subita dal gas è isoterma
ed il gas è ideale, la variazione di energia interna del gas nella trasformazione è nulla e
dunque il calore ceduto è uguale al lavoro compiuto dal gas, e cioè Q = \C\ (intendendo
che il calore è ceduto). Inoltre, poiché la trasformazione isoterma è anche quasistatica, il
lavoro di pressione C lungo la trasformazione può essere calcolato mediante l’integrale del
lavoro elementare pdV, dove p è la pressione del gas:
Q =-C = (3)
vf
La equazione (1) comporta perciò che sia:
Vi
Xghm = nRTÌn— , (4)
( m \gh\
Vf = Vi exp (5)
V nRT ) '
Per la valutazione numerica di Vf, usiamo i dati forniti dal problema, facendo attenzione
ad esprimere tutte le grandezze nelle unità di misura del Sistema Internazionale. In par
ticolare, si osservi che Xgh = 79.7 kcal/Kg = 3.33 x IO5 J/kg, e che le temperature vanno
espresse in Kelvin. Inserendo i valori numerici, si ottiene Vf ~ 0.23 m3.
S.6.14.
A partire dalla equazione della trasformazione del gas:
segue anzitutto che la pressione iniziale p0 del gas vale p0 = p/e, mentre quella finale, pu
corrispondente al volume V\ = 2F0, vale p\ —p/e2 = po/e. La temperatura finale del gas
vale, di conseguenza:
PiVi 2poVo
T1 — ~ 220.7 K. (2)
nR enR e
Il calore Q assorbito dal gas nella trasformazione può essere calcolato usando il primo
principio della termodinamica:
Q = C + AC/, (3)
dove AU è la variazione di energia interna del gas ed C il lavoro di pressione da esso com
piuto. Per il calcolo del lavoro C osserviamo che, essendo la trasformazione quasistatica,
si ha:
C = Jy 1PdV = Jv
° pexp(-V /V o)dV V tf 0 - 1) . (4)
avendo assunto Cy — (3/2)R per gas monoatomico. In conclusione, il calore assorbito dal
gas nella trasformazione vale:
Q = C + A U = uRT0 0 - ì ) + | 0
nRT0 - l ) = nRT0 0
S.6.15.
In base alla definizione di calore specifico molare, il calore Q assorbito dal gas nella
trasformazione è dato da:
rT2 /*?2
Q=
Jt1
nc{T)dT = n
Jt1
{cv + aT)dT = ncv {T2 - T 1) + - ( T 22 - T12) ~ 4683 J1
2
a)
dove si è assunto Cy = (3/2)i? ~ 12.47 J/(m ol K) per gas monoatomico. La variazione di
energia interna, trattandosi di gas ideale, dipende solo dalle temperature iniziale e finale
secondo l’espressione:
AU = ncv (T2 - T1) ~ 1871 J. (2)
Infine, il lavoro compiuto dal gas nella trasformazione si può valutare applicando il primo
principio della termodinamica:
S.6.16.
Cominciamo con l’osservare che la pressione P1 esercitata sul
gas quando sul pistone è posta la massa m è data dalla somma
di due contributi: della pressione esterna pe e della pressione
(mg/S) esercitata dal peso mg che insiste sulla superficie S del
pistone. Perciò:
Del resto, il lavoro che compare in questa espressione deve essere uguale ed opposto al
lavoro compiuto dalle forze esterne di pressione agenti sul gas nella trasformazione. Poiché
durante l’espansione sul gas si esercita una pressione esterna pe costante, tale lavoro sarà
dato semplicemente da:
che esprime una equazione fra le due incognite T2 e ì/2. Per risolvere il problema, abbiamo
bisogno di scrivere una seconda equazione che leghi il volume e la temperatura finali.
Questa è semplicemente l’equazione di stato del gas perfetto, che applicata alla condizione
di equilibrio finale impone che valga la seguente relazione:
TiRT2
V2 — -------
Pe
Risolvendo le equazioni (5) e (6) rispetto alle due incognite T2 e V2, si ha in conclusione:
■ u v r .+ ft V ,^
(7)
ncp
S.6.17.
L’espressione del calore specifico per un gas perfetto in una generica trasformazione
quasistatica è data da:
1 (S Q \ n rIV
c (1)
n \dT
dove Cy è il calore specifico del gas a volume costante. Tale espressione è stata derivata,
ad esempio, nella soluzione dei problemi 10 e 11 di questo capitolo, a cui rimandiamo il
lettore. Per la trasformazione in questione si ha:
(2)
per cui:
dV
(3)
dT
da cui:
T ,T d V
(4)
R v H = rT ■
In conclusione, sostituendo l’equazione (4) nella equazione (1) si ottiene:
c = Cy + rT, (5)
S.6.18.
Nella condizione iniziale i due gas sono a tempe
rature T ie T 2, rispettivamente, ed occupano sin
golarmente i volumi delle due ampolle. Quando
la valvola viene aperta, si ha un miscelamento
dei due gas ed il raggiungimento di un equilibrio
termico in cui i due gas raggiungono la stessa
temperatura T, che è l’incognita del problema.
Per calcolare T, osserviamo che, assumendo come sistema termodinamico l’insieme dei
due gas, nella trasformazione non viene scambiato calore con l’ambiente (Q = 0) perchè
le pareti del recipiente sono adiabatiche, e non viene compiuto alcun lavoro (C = 0),
poiché le pareti del recipiente sono indeformabili e le forze di pressione "esterne” che le
pareti del recipiente esercitano sul gas non compiono lavoro meccanico. Pertanto, dal pri
mo principio della termodinamica, possiamo concludere che l’energia interna del sistema
si deve conservare nella trasformazione, e cioè che:
A Ui + A U2 = 0, a)
essendo AUi e AU2 le variazioni delle energie interne dei due gas, rispettivamente. Ricor
dando l’espressione dell’energia interna per un gas perfetto il cui calore specifico a volume
costante non dipende dalla temperatura, possiamo scrivere l’equazione precedente nella
forma:
riiCviiT — Ti) + n2cy2(T — T2) = 0, (2)
dove Cyi = (3/2)R è il calore specifico dell’elio (gas monoatomico) e C y 2 = (5/2)R quello
dell’azoto a temperatura ambiente (gas biatomico). L’equazione precedente consente di
determinate la temperatura di equilibrio dei due gas dopo il mescolamento:
S.6.19.
Prima di procedere allo svolgimen
to analitico del problema, cerchia
mo di comprenderne qualitativamen
te gli elementi essenziali. Il riscal vuoto
damento del gas, che avviene lenta " i S k
Introduciamo un asse x che descrive la posizione del pistone, con origine x = 0 in corri
spondenza della posizione in cui la molla è indeformata (x è cioè la compressione della
molla). La pressione che la molla esercita sul pistone, uguale per Tipotesi di quasistaticità
della trasformazione alla pressione del gas, sarà dunque data da:
kx
(i)
P= T -
Se indichiamo inoltre con X1 la compressione della molla nella condizione iniziale, nella
quale il gas occupa il volume Vri , il volume del gas quando il pistone si trova in una generica
posizione x sarà dato manifestamente dalla seguente equazione:
V = Vi + S ( x - x i), (2 )
da cui anche:
^ V -V 1
x = X1 -i------- -— .
(3)
L’equazione della trasformazione p = p(V) si ottiene sostituendo la espressione di x data
dalla equazione (3) nella (1):
+^fp.
da cui:
P(V) = ^ i V - I i ) (6)
Ciò premesso, per il calcolo del calore Q assorbito dal gas applichiamo il primo principio
della termodinamica, e cioè scriviamo:
Q=AU +C, (7)
dove AU e C sono la variazione di energia interna ed il lavoro compiuto dal gas nella
espansione. La variazione di energia interna è data da:
V
Vi)2 + URT1Vi _ nRTl =
= 2 5 ^ VI
( nRTi Wi
V12) + (V2 - V i ) . (9)
= W 2^ V- ^ T S2
190 Termologia, calorimetria, primo principio della termodinamica
Tenendo conto che il gas è biatomico [ c y = (5/2) R] ed usando i valori numerici dati nel
testo del problema, dalle equazioni (8) e (9) si ha AU = 17471 J e C = 5488 J, da cui
infine Q = AU + C = 22959 J.
S.6.20.
Il sistema complessivo costituito dal gas e dal corpo solido non scambia calore con l’esterno
e su di esso non viene compiuto alcun lavoro. Dal primo principio della termodinamica
segue che la variazione di energia interna del sistema, somma delle variazioni delle energie
interne AUgas e A Usoi del gas e del corpo solido, deve essere uguale a zero, cioè:
Del resto, se indichiamo con Tf la temperatura finale (incognita) del sistema e con T0 e T
le temperature iniziali del gas e del corpo solido, rispettivamente, si avrà manifestamente:
Si osservi che, poiché il volume del solido non varia sensibilmente, la variazione della sua
energia interna uguaglia il calore da esso assorbito, pari al prodotto della capacità termica
del solido per il salto di temperatura. Ricordando che, per gas monoatomico, C y = (3/2)R
e risolvendo l’equazione (1) rispetto alTincognita T/, si ha:
U C yT 0 H- CT
~ 573 K. (3)
UCy + C
La pressione finale pf del gas sarà poi data, in forza dell’equazione di stato del gas perfetto,
da:
Pf = = T lpo ~ 3.82 x IO5 Pa, (4)
V I 0
dove V = nRT0/p0 è il volume del gas, che non varia nella trasformazione.
S.6.21.
Poiché la trasformazione è adiabatica reversibile, i volumi e le pressioni iniziali (Vi,Pi) e
finali (V2^p2) del gas soddisfano la condizione:
P2
(i)
Pi
essendo 7 = C p / c y il rapporto fra i calori specifici a pressione e volume costanti del gas.
Per il calcolo di 7 osserviamo che, seguendo lo svolgimento del problema 7 di questo
capitolo, il calore specifico a volume costante della miscela di gas sarà dato da:
U iC y i U2 C y2 21
Cy = --------------------= — R.
Tll T Tl2 10
dove cyi = (3/2)R è il calore specifico a volume costante dell’elio (gas monoatomico) e
Cy2 = (5/2)R quello dell’azoto (gas biatomico). Nel calcolo precedente, abbiamo tenuto
inoltre conto dei dati del problema sul numero di moli dei due gas (m = 2 e u2 = 3). Il
volume iniziale P1 al volume finale V2.
6.2 Soluzioni 191
calore specifico a pressione costante, cp, si calcola poi mediante la relazione di Mayer, e
cioè:
C p = C y + R — ——Z?. (3)
Dunque:
C p _ 31
(4)
Cy “ 21’
e perciò, in conclusione:
El ~ 0.3594. (5)
pi
S.6.22.
Il lavoro compiuto dalla massa m di acqua nella transizione di fase è dovuto alla variazione
di volume dell’acqua nel processo di vaporizzazione. Dette pa e pv rispettivamente le
densità dell’acqua e del vapore saturo, poiché la transizione di fase avviene a pressione
costante (la pressione atmosferica p) e la variazione di volume nella vaporizzazione è
A V = (m/pv — m/pa), il lavoro C sarà dato semplicemente dalla relazione:
dove si è assunto che pa — IO3 kg/m 3. Il calore assorbito dall’acqua per evaporare
completamente vale poi:
Q = m\v ~ 22.6 x IO4 J, (2)
S.6.23.
Osserviamo anzitutto che, poiché la pres
sione iniziale p0 del gas è maggiore di
quella esterna pe, quando la valvola viene
aperta il gas si espande, spingendo il pi v a lv o la
In forza dell’equazione di stato del gas perfetto applicata nelle due condizioni di equilibrio
iniziale e finale, si ha peV2 = nRT2 e F1 = nRTi/po, essendo Ti e T2 le temperature
iniziale e finale del gas. Con ciò l’espressione del lavoro delle forze esterne compiuto sul
gas nell’espansione assume la forma seguente:
La variazione di energia interna del gas è data poi dalla espressione usuale:
essendo C y = (3/2) R il calore specifico a volume costante del gas monoatomico. Sostituen
do le equazioni (3) e (4) nella equazione (1) e tenendo conto che Q = O (trasformazione
adiabatica), si ottiene:
!( T 2 - T 1) = ( ^ r 1 - T 1) . (5)
Questa equazione contiene come unica incognita la temperatura finale T2 del gas, che
risolta dà:
T2 = — + (6)
5Po
6.3 Esercizi di autovalutazione 193
AV.6.1.
Due moli di gas monoatomico, inizialmente alla pressione p0 = 1 atm e volume V0 = 10£,
compiono una trasformazione isobara fino al raddoppio del volume e successivamente una
trasformazione isocora fino a dimezzare la pressione. Si determinino:
(%) il lavoro fatto dal gas;
(ii) la variazione di temperatura;
(in) il calore scambiato complessivamente.
AV.6.2.
Una massa mgh = 5 kg di ghiaccio a T0^gh = —5°C viene immersa in una massa mac = 5
kg di acqua a To,ac = 10°C. Si determini lo stato finale della miscela. Si consideri il calore
specifico del ghiaccio cgh = 0.5 cal/(g 0C), il calore specifico dell’acqua cac = 1 cal/(g °C)
ed il calore latente di fusione A/ = 80 cal/g.
AV.6.3.
Un pezzetto di ghiaccio di massa m alla temperatura T1 = 250 K viene immerso in
una massa ra2 = 0.06 kg di acqua alla temperatura T2 = 330 K. Il sistema è contenuto
in un recipiente a pareti adiabatiche. Sapendo che il calore specifico del ghiaccio vale
Cg = 2051 J / (kg •K), il calore specifico dell’acqua vale ca = 4186.8 J / (kg •K) ed il calore
latente di fusione del ghiaccio è pari a A/ = 3.3 x IO5 J/kg:
(i) Si determini per quali valori della massa m il pezzetto di ghiaccio fonde completamen
te;
(ii) Si calcoli la temperatura di equilibrio T3 del sistema se la massa del cubetto di ghiac
cio vale m = 0.035 kg.
AV .6.4.
Un volume U1 = 3 litri di elio alla pressione P1 = 15 atm si trova alla temperatura iniziale
T1 = 549 K. Il gas viene fatto espandere reversibilmente a pressione costante fino al vo
lume V2 = 6 litri e successivamente raffreddato in maniera reversibile a volume costante
fino a tornare al valore iniziale di temperatura. Si determini:
(i) La pressione finale p3 del gas;
(ii) La variazione totale di energia interna AU del gas nell’intera trasformazione;
(in) Il lavoro totale C compiuto dal gas.
AV .6.5.
Un recipiente adiabatico è diviso in due parti uguali da una parete isolante. Una parte
contiene un gas perfetto a temperatura e pressione iniziali T1 = 300 K, pi = IO5 Pa. Nel
l’altra parte è contenuta una quantità dello stesso gas perfetto a temperatura e pressione
iniziali T2 = 500 K, p2 = 3 x IO5 Pa. Se la parete viene rimossa e i due gas si mescolano,
determinare la temperatura Tf e la pressione p f del gas nella condizione di equilibrio finale.
194 Termologia, calorimetria, primo principio della termodinamica
AV.6.6.
Una bombola contiene un gas ideale monoatomico con temperatura T0 = 500
K e pressione po = 2pa, dove pa è la pressione atmosferica esterna. La
bombola è collegata, tramite una valvola inizialmente chiusa, ad un cilindro
vuoto munito di pistone scorrevole in orizzontale senza attrito ed in equilibrio Po, T0
con l’ aria esterna. La valvola viene aperta ed il gas raggiunge un nuovo
stato di equilibrio. Considerando il sistema adiabatico, si calcoli la nuova
temperatura del gas.
AV.6.7.
L’energia interna di una mole di una certa sostanza è data da U — ap2V , dove a è una
costante positiva. Si ricavi l’equazione delle adiabatiche reversibili nel piano p — V .
AV.6.8.
Un cilindro adiabatico, chiuso da un pistone adiabatico di peso trascurabile che può scor
rere senza attrito, contiene un gas ideale biatomico. Inizialmente il gas è a temperatura
Ti — 350 K ed il sistema è in equilibrio con la pressione esterna. Molto rapidamente la
pressione esterna viene raddoppiata ed il sistema raggiunge un nuovo stato di equilibrio.
Si calcoli la temperatura finale del gas T/.
AV.6.9.
Un sistema termodinamico è costituito da 3 moli di gas perfet
to monoatomico. Il sistema, inizialmente ad una temperatura
T0 = 500 K ed una pressione p0 = 2 x IO5 Pa, subisce una tra
sformazione ABC, composta da un tratto AB di trasformazione
isobara, seguito da un tratto BC di trasformazione isoterma.
Sapendo che V b = 2VA e che V c = 2VB, si determinino:
(i) il lavoro C compiuto dal sistema, il calore Q scambiato e la
variazione di energia interna AU del sistema, calcolati lungo la
trasformazione ABC;
(ii) i valori di £, Q e AU nel caso in cui il gas sia composto
da molecole biatomiche rigide. V
AV.6.10.
Un gas perfetto monoatomico è contenuto in un cilindro di sezione S dotato di un pistone
scorrevole senza attrito e di massa trascurabile. Il gas è in equilibrio con l’atmosfera ester
na a pressione ambiente Patm- Successivamente viene fornita al gas, in maniera reversibile,
una quantità di calore Q. Si calcolino l’innalzamento del pistone e la variazione di energia
interna del gas assumendo S = 0.01 m2, p atm = IO5 Pa e Q = 500 J
AV.6.11.
Un sistema termodinamico è costituito da n moli di gas perfetto monoatomico. Il sistema
esegue una trasformazione politropica tra gli stati A ( p a , Va) e B(pB, Vb ) secondo la legge
pV k = c con c e k costanti. Si determinino:
(i) il lavoro C compiuto dal sistema, il calore Q scambiato e la variazione di energia in
terna AU del sistema, calcolati lungo la trasformazione AB esclusivamente in funzione di
6.3 Esercizi di autovalutazione 195
k,PA, Va , Pb , Vb ',
(U) il rapporto Q jC calcolato esclusivamente in funzione di k.
AV.6.12.
Si consideri un sistema termodinamico costituito da n moli di gas perfetto; si può di
mostrare che le sole ed uniche trasformazioni termodinamiche da esso realizzate a calore
molare costante sono politropiche della forma pV a — k con k costante. Si determini il
legame tra il calore molare ca di ciascuna politropica, il corrispondente paramentro a
ed i calori molari a pressione e volume costante. Si determini infine se esistano o meno
trasformazioni con Cci < 0.
196 Termologia, calorimetria, primo principio della termodinamica
(H) A T = 0 K;
(in) Q = C = IO3 J.
SA.6.2.
La miscela finale è composta da acqua e ghiaccio a T f - 0°C, in cui 0.47 kg della quantità
iniziale di ghiaccio si sono sciolti.
SA.6.3.
(i) m < Tn2CaiT2
- T0)/[cg{T0 - T1) + ~ 37.8 g, con T0 = 273.15 K;
(U) T3 = [; m2caT2
- mCgiTo - T1) - m\f + mcaT0]/[(m + ~ 275.84 K.
S A .6.4.
(i) p2 = PiiV1(V2)= 7.5 atm;
(U) AU = 0;
SA.6.5.
Tf = (pi + P i)IiPiIT1 V p 2(T2)~ 428.6 K, pf = iPl 2 = 2 x IO5 Pa.
SA.6.6.
T1 = 4T0/5 = 400 K.
SA.6.7.
V(1 + ap)2 = costante.
6.4 Soluzioni sintetiche degli esercizi 197
SA.6.8.
Tf = 9Ti/7 = 450 K.
SA.6.9.
Vr
(i) C = pq(2Va ~ Va ) -\-nRTB ln — = PoVa + nRT0 In 2 = nRT0-\-nRTB ln2 ~ 29,745 kJ,
Vb
A U= Q -C ->■ Q = AU + ~
C 48,443 kJ.
S A .6.10.
Ah = 0.2 m e AU = \Q =300 J.
S A .6.11.
Pb Vb ~ Pa Va
(i) C =
1 - k
AU = ~{pBVb - P a Va),
3 1 Pb Vb —Pa Va
Q —( PbVb—PaVa) k)
2 + 1 —ifc
(*) ^ = 1 + _ k^
S A .6.12.
a- 7 Cp
Ca = Cy------ - , dove 7 = — .
O t- I Cy
Si noti che per 1 < a < 7 il calore molare ca < 0; queste trasformazioni politropiche
“comprese” tra l’isoterma e l’adiabatica mostrano un calore molare negativo, in quanto
il lavoro compiuto su un tratto di trasformazione è maggiore della quantità di calore
assorbito in corrispondenza. Pertanto l’energia interna del gas, nonostante l’apporto di
calore, diminuisce e conseguentemente anche la temperatura del sistema diminuirà.
Capitolo 7
7.1 Problemi
P.7.1.
Un gas perfetto biatomico compie un ciclo motore rever
sibile ABCA costituito da una espansione isobara AB,
una espansione adiabatica BC ed una compressione iso
terma CA che chiude il ciclo (si veda la figura). Sapendo
che Vb /Va — 2, si calcoli il rendimento termodinamico
del ciclo. Varierebbe il risultato del problema se il gas
fosse monoatomico?
R 7.2.
Un gas perfetto biatomico compie un ciclo motore rever
sibile ABCA costituito da un riscaldamento isocoro AB,
una espansione adiabatica BC ed una compressione iso
terma CA che chiude il ciclo (si veda la figura). Sapendo
che Tb /Ta = 2, si calcoli il rendimento termodinamico
del ciclo. Varierebbe il risultato del problema se il gas
fosse monoatomico?
R 7.3.
Un gas perfetto monoatomico compie un ciclo motore reversibile formato da due adiabati
che e da due isobare a pressione pi e p2 > p\. Si tracci un diagramma qualitativo nel piano
(p, V) del ciclo e se ne calcoli il rendimento termodinamico in funzione del rapporto p2/pi.
R 7.4.
Un gas perfetto monoatomico, inizialmente nello stato di equilibrio A, compie un ciclo
motore costituito dalle seguenti trasformazioni:
(i) espansione isoterma reversibile dallo stato A allo stato B, con V b = 2V a ;
(ii) espansione adiabatica irreversibile dallo stato B allo stato C, con Vc = 3Vb e Tc =
Tb /2;
(iii) compressione isoterma reversibile dallo stato C allo stato D, con pò — P a \
(iv) riscaldamento isobaro reversibile dallo stato D allo stato iniziale A.
200 Secondo principio della termodinamica
Si tracci un diagramma qualitativo del ciclo nel piano (p, V) e se ne calcoli il rendimento
termodinamico.
R 7.5.
Un frigorifero viene utilizzato per congelare acqua a O0C scambiando calore con Tambiente
a 40°C. Assumendo che il frigorifero sia una macchina reversibile e che il costo delTenergia
elettrica sia C = 0.5 Euro/kWh, si calcoli quanto costa congelare 100 litri di acqua,
(calore latente di fusione del ghiaccio a pressione atmosferica À = 3 . 3 x l 0 5 J/kg)
R 7.6.
Se si deve mantenere alTinterno di un frigorifero una temperatura di -3°C con una tempe
ratura esterna delTambiente di 27°C, quanto vale il minimo lavoro che occorre spendere
per trasferire, con una trasformazione ciclica, una quantità di calore pari a 10 J dall’in-
terno della cella frigorifera alPambiente esterno?
R 7.7.
Si consideri un fluido termodinamico che compie un ciclo motore reversibile scambiando
calore con più di due sorgenti termiche, e si indichino con T1 e T2 le temperature minima
e massima, rispettivamente, raggiunte dal fluido lungo la trasformazione. Dimostrare che
il rendimento termodinamico rj del ciclo è minore di quello rjc = I - Tii/ T 2 del ciclo di
Carnot reversibile a gas perfetto che opera fra le due temperature estreme T1 e T2.
R 7.8.
Un fluido termodinamico compie un ciclo motore reversibile assorbendo calore da due
sorgenti termiche alle temperature T1 = 1000 K e T2 = 800 K, e cedendone ad una terza
a temperatura T3 = 500 K. Si dica, giustificando la risposta, se il rendimento termodina
mico rj del ciclo è minore, maggiore od uguale a 0.5.
R 7.9.
Un fluido termodinamico compie reversibil
mente il ciclo motore ABCDEFA mostrato
in figura. Le trasformazioni AB, EF e CD
sono isoterme a temperature T1, T2 e T3, ri
spettivamente, con T l > T2 > T3, mentre
BC, DE ed FA sono trasformazioni adiaba
tiche. Si dimostri che il rendimento rj del
ciclo soddisfa la seguente disuguaglianza:
- I - - I
R 7.10.
Si abbiano tre sorgenti di calore le cui temperature siano rispettivamente T1 = 1000 K,
T2 = 600 K e T3 = 500 K. Si stabilisca se un sistema termodinamico possa compiere una
trasformazione ciclica reversibile assorbendo una quantità di calore Qi = 1000 cal dalla
7.1 Problemi 201
prima sorgente e cedendo le quantità di calore Q2 = 500 cal e Q3 = 50 cal alla seconda
ed alla terza sorgente, rispettivamente. Si giustifichi la risposta.
P. 7.11.
Utilizzando l’enunciato di Kelvin del secondo principio della termodinamica, mostrare che
le curve corrispondenti a due trasformazioni adiabatiche reversibili per un gas perfetto non
possono intersecarsi nel piano (p, V).
P. 7.12.
Si dica, giustificando la risposta, se le seguenti affermazioni sono vere:
(i) Quando un sistema assorbe calore da una sorgente, la sua temperatura aumenta.
(ii) Quando un sistema assorbe calore da una sorgente, la sua entropia aumenta.
(iii) Quando un sistema cede calore ad una sorgente, la sua entropia diminuisce.
P. 7.13.
Una macchina frigorifera compie 4 cicli al secondo assorbendo una potenza V = 1.2 kW.
Essa funziona in modo irreversibile, scambiando calore con due sorgenti alle temperature
Ti = 300 K e T 2 = 250 K. Sapendo che in ogni ciclo si ha una variazione di entropia
A S = 0.4 J/K, si determini il tempo necessario per sottrarre alla sorgente fredda una
quantità di calore Q = 250 kJ.
P. 7.14.
Un recipiente cilindrico, che contiene n = 3 moli di un gas perfetto biatomico, con la base
capace di condurre calore e con la parete laterale costituita di materiale adiatermano,
è chiuso con un pistone senza peso, anch’esso adiatermano, scorrevole senza attrito. La
pressione esterna agente sul pistone è costante e pari alla pressione atmosferica p = 1 atm.
Inizialmente il recipiente è posato su una sorgente di calore alla temperatura Ti = 300 K
ed il gas si trova in uno stato di equilibrio. Il recipiente viene successivamente spostato
e posto su un’altra sorgente di calore a temperatura T2 = 400 K, raggiungendo un nuovo
stato di equilibrio. Si calcolino:
(i) la variazione di energia interna subita dal gas nella trasformazione, precisando se que
sta è reversibile oppure no;
(ii) il lavoro termodinamico compiuto dal gas sull’ambiente;
(iii) la variazione di entropia del gas e della sorgente termica a temperatura T2;
(iv) la variazione di entropia dell’universo.
P. 7.15.
Si esponga la disuguaglianza di Clausius nella forma valida per trasformazioni cicliche.
Si consideri poi un solido di capacità termica C = 5 kJ/K, inizialmente a temperatura
T l = 300 K, che viene posto in un termostato alla temperatura T2 = 600 K e suc
cessivamente raffreddato in maniera reversibile fino alla temperatura Tl. Si verifichi la
disuguaglianza di Clausius per la trasformazione ciclica subita dal solido.
P. 7.16.
Un cubetto di ghiaccio fondente di massa mg = 15 g viene posto in un bicchiere conte
nente una massa ma = 100 g di acqua, inizialmente alla temperatura di 20°C. Si calcoli
202 Secondo principio della termodinamica
la variazione di entropia totale del sistema una volta raggiunto l’equilibrio. Si trascurino
la capacità termica del bicchiere e gli scambi di calore con l’ambiente.
(calore latente di fusione del ghiaccio Xg = 80 cal/g)
P. 7.17.
Un cilindro a pareti adiabatiche di sezione S = 0.1 m2 è munito di un pistone mobile,
anch’esso adiabatico, di massa trascurabile. La base del cilindro conduce invece calore
ed è posta a contatto con un termostato costituito da ghiaccio fondente alla temperatu
ra T0 = O0C. Inizialmente il cilindro contiene n = 2 moli di gas perfetto alla pressione
atmosferica p0 = IO5 Pa. Si calcoli il volume occupato dal gas in tali condizioni. Succes
sivamente sul pistone viene appoggiata una massa M = 500 kg, che comprime il gas. Si
calcolino:
(i) il volume finale V2 occupato dal gas ad equilibrio termodinamico raggiunto;
(ii) la quantità di ghiaccio fusa, noto il calore latente di fusione Xg = 335 kJ/kg del ghiac
cio;
(iii) la variazione di entropia del gas, del ghiaccio e dell’universo.
P. 7.18.
Un gas perfetto monoatomico viene riscaldato a volume costante da uno stato iniziale di
equilibrio fino alla temperatura T1 = 500 K. In seguito a tale trasformazione l’entropia del
gas aumenta di A S = 3 J/K. Successivamente il gas torna alla pressione iniziale tramite
una trasformazione isoterma reversibile. Si calcoli il lavoro compiuto dal gas.
P. 7.19.
Due corpi solidi di uguale capacità termica C = 1000 J/K ed a temperature T1 = 100AT e
T2 = 300K vengono posti a contatto termico fino a raggiungere una condizione di equili
brio. Trascurando il calore dissipato con l’ambiente, si calcoli la variazione di entropia di
ciascuno dei due corpi e dell’universo a seguito della trasformazione.
P. 7.20.
Un recipiente rigido adiabatico è suddiviso in due parti uguali, comunicanti tra loro me
diante una valvola. In una delle due parti si trovano n = 5 moli di un gas perfetto,
nell’altra c’è il vuoto. Si apre la valvola finché n\ = 2 moli di gas fluiscono nell’altra
parte, e poi la si richiude. Si determini la variazione di entropia del gas e si dica se la
trasformazione è reversibile.
P. 7.21.
Un recipiente rigido e adiabatico è diviso da un setto in due volumi uguali, che contengono
ciascuno n = 3 moli di elio e di azoto alla stessa temperatura. Il setto viene rimosso e
si ha il miscelamento dei due gas. Calcolare la variazione di entropia totale a seguito del
miscelamento dei due gas, precisando se la trasformazione è reversibile. Come cambiereb
be il risultato se inizialmente nei due volumi del recipiente i due gas fossero uguali (ad
esempio elio)?
7.1 Problemi 203
P. 7.22.
Una macchina termica compie un ciclo reversibile
rappresentato nel piano (T, S) dal triangolo ABC
di figura. Si calcoli il rendimento termodinamico
del ciclo in funzione del rapporto delle temperature
Tc IT a .
7.2 Soluzioni 205
7.2 Soluzioni
S.7.1.
Il rendimento termodinamico del ciclo è dato da:
a) *
dove Cp è il calore specifico del gas a pressione costante. Il rendimento del ciclo assume
dunque la forma:
T b = V b
(5)
Ta Va
Per il calcolo di Vc /Va , osserviamo invece che, poiché gli stati di equilibrio B e C sono
collegati da una trasformazione adiabatica reversibile, deve aversi:
dove 7 = C p / c v è il rapporto fra i calori specifici del gas a pressione e a volume costanti.
Poiché Tc = Ta ed usando la relazione Tb /Ta = VB/VA, dalla equazione (6) si ottiene
per il volume Vc la seguente espressione:
1¾ = (7)
per cui:
7 -1
(8)
Va
206 Secondo principio della termodinamica
Sostituendo le espressioni di Tb /Ta e Vc/Va date dalle equazioni (6) e (8)nella espressione
(4) del rendimento, si ottiene con ciò:
R _ ( V b
T1= 1 (9)
Cp \VA
rj=l- (10)
S.7.2.
Il problema è molto simile al precedente e dunque la
risoluzione procede in modo analogo. Il rendimento
termodinamico del ciclo è dato da:
(i)
Q a ss = Q ab = ncy(TB — Ta ), (2)
dove c y è il calore specifico del gas a volume costante. Il rendimento del ciclo assume
dunque la forma:
Tb V 1
b - 1= Tc V e \ (5)
7.2 Soluzioni 207
dove 7 = CpI Cy è il rapporto fra i calori specifici del gas a pressione e a volume costanti.
Poiché Tc = Ta e Vb = Va , si ottiene:
T3 V T x = Ta V T (6)
da cui:
(7)
Sostituendo le espressioni di Vc /Va data dalla equazione (7) nella espressione (4) del
rendimento, si ottiene:
Ti = I - (8)
Cv
rj=l- (9)
S.7.3.
Il grafico del ciclo motore reversibile, costituito
dalle due trasformazioni isobare AB e CD, e dalle
due curve adiabatiche reversibili BC e DA, è mo
strato in figura. Il rendimento termodinamico del
ciclo è dato da:
T j = I - (i)
dove cp è il calore specifico del gas a pressione costante, e con P2 e pi abbiamo indicato
le pressioni delle due isobare AB e CD, rispettivamente. Nello scrivere le equazioni (2) e
208 Secondo principio della termodinamica
(3) abbiamo usato l’equazione di stato del gas perfetto (nT = pV/R) applicata ai quattro
stati di equilibrio A, B C e D. Il rendimento del ciclo assume dunque la forma:
V c-V p VD/VC
T J =1 I - I Pl
-
\P2 Vb - V a = ' - { % ) T <4>
Per calcolare i rapporti dei volumi che compaiono nella equazione precedente, osserviamo
che, poiché gli stati di equilibrio B e C, ed A e D, giacciono su due curve adiabatiche
reversibili, deve aversi:
P2VJ = PiVT P2VJ = PiVT (5)
dove 7 = cP/cy è il rapporto fra i calori specifici a pressione e volume costanti del gas.
Da tali relazioni segue facilmente che:
Va = Vb
(6)
Vb Ve'
e
1/7
Yc = (P2
(7)
Vb \Pi
Sostituendo le equazioni (6) e (7) nella (4) si ottiene infine per il rendimento termodina
mico del ciclo la seguente espressione:
v= 1 (8)
Si noti che il rendimento dipende solo dal rapporto delle pressioni p\jp 2 e dal coefficiente
7 del gas. Per un gas monoatomico, 7 = cP/cy = 5/3, e quindi:
! M 2/5
(9)
S.7.4.
Il grafico del ciclo ABCDA, costituito dalle due
trasformazioni isoterme reversibili AB e CD,
dalla adiabatica irreversibile BC e dalla iso
bara reversibile DA, è mostrato in figura. Il
rendimento termodinamico del ciclo è dato da:
Qced
T J = I- (1)
Q a ss
V= 1 (4)
Per calcolare i rapporti dei volumi e delle temperature che compaiono nella equazione
precedente, osserviamo che, dai dati del problema, si ha:
Vb = Vc
3 ^= (5)
Va ’ V3 ’ Tb 2'
Applicando l’equazione di stato alla isobara DA, tenendo conto delle relazioni precedenti
e che Tc = Td 1 Ta = Tb 1 si ha poi facilmente:
Vc V4 Ta Tb
(6)
Vd = 6 V^ = = 6Tb = 12
(7)
Ta Tb 2
In definitiva, ricordando che per gas monoatomico Cp = (5/2)R, si ha:
lln( 12)
V= 1 0.3606. (8 )
(l-ft)+ ln (g ) Ì(l-è)+l»(2)
AS bc = Ticy In
Tc
+ nR In = TlR ln(2) + ln(3) > 0. (9)
Ora, poiché si tratta di una trasformazione adiabatica, possiamo concludere che la varia
zione di entropia del gas nella trasformazione non può essere negativa, e che si annulla se e
solo se la trasformazione è reversibile. Poiché, con i dati del problema, si ha S(C) > S (B ) ,
la trasformazione adiabatica ha comportato un aumento di entropia, e dunque è stata ir
reversibile.
S.7.5.
Siano Q1 la quantità di calore che il frigorifero assorbe dall’acqua a T1 = 273 K, Q2
la quantità di calore ceduta all’ambiente esterno alla temperatura T2 = 313 K, ed C il
lavoro assorbito dal frigorifero. Poiché il frigorifero opera reversibilmente, la variazione di
entropia del sistema complessivo in uno o più cicli è nulla; da ciò (o, il che è equivalente,
dal teorema di Clausius), discende che:
Q1
(i)
Ti
210 Secondo principio della termodinamica
e cioè:
Q2 = ^ Q i - (2)
1I
Del resto, per il primo principio della termodinamica ed usando la espressione (2) per il
calore Q2, si ha che
C = Q2 - Q 1 = Q1 ( ^ - I ) . (3)
Se indichiamo con m = 100 kg la massa di acqua a 0°C da congelare, deve aversi Q1 = raÀ,
dove A è il calore latente di fusione del ghiaccio. Perciò il lavoro assorbito dal frigorifero
per congelare la massa di acqua m vale:
c = m X ( ^ i ~ 1) '
cioè:
a > a ( | ) , (2 )
C > Qi (3)
Il minimo lavoro che occorre spendere si ha quando il ciclo è reversibile e vale dunque:
C = Qi ~ 1.11 J. (4)
7.2 Soluzioni 211
S.7.7.
R icord ia m o dalla teoria che, dato un ciclo term od i
n am ico m otore rappresentato da una trasform azione
ciclica 7 , il rendim ento term odin am ico 77 del ciclo è
definito da:
(i)
Qced (2)
Qass
77 < (4)
(5)
e cioè:
(6)
Qced
i M (7)
(
S Q < 0 1 J S Q < 0
l * v = Qass
f (8 )
J s q > 0 T )Ó Q > 0 T T
Tenendo con to della uguaglianza ( 6 ), le disequazioni (7) e ( 8 ) com p o rtan o p erciò che si
abbia:
Qass _ Qced
< (9)
T2 T1 ’
(10)
Qced
> £ .
Qass T2
D alla definizione di rendim ento 77 [vedi equazione ( 1 )] e tenendo con to della disequazione
precedente, segue facilm ente Tasserto [equazione (4)].
212 Secondo principio della termodinamica
S.7.8.
Poiché il ciclo è reversibile, la variazione totale di entropia delle sorgenti term iche con cui
il fluido term odin am ico scam bia calore deve essere zero; dette dunque Q1 e Q2 le quantità
di calore assorbite dalle sorgenti a tem perature T1 e T2 (con T1 > T2), e Q3 la quantità di
calore ceduta alla sorgente term ica a tem peratura T3, si ha:
Qi _ Q 2 Qs
T1 ~ T2 + T3 ( 1)
cioè:
Qs — Tf-Qi + ~~ Qc
I• (2)
1I J2
Il rendim ento 77 del ciclo è p o i d a to da:
—1 _ S3 _ -, _ T3 T2 Q1 + T1Q2
Qi + Q2 T1T2 Q1 + Q2
O sserviam o che ( T2Q1 + T1Q2)/(Q1 + Q2) è la m edia delle tem perature T2 e T1 pesata
sulle quantità di calore Q1 e Q 2, per cui senz’ altro si avrà:
T2Q1 + T iQ 2
T2 < <TV (4)
Qi + Q2
Ts
1- — <
1 T3
77 < 1 — — . (5)
T2 T1
Inserendo nella equazione precedente i dati num erici del problem a, si ha 0.375 < 77 < 0.5.
Il rendim ento term od in am ico del ciclo è dunque inferiore a 0.5.
S.7.9.
Per lo svolgim ento di questo esercizio si può
seguire il p rocedim en to descritto nel prece
dente esercizio. Poiché il ciclo è reversibile,
la variazione totale di entropia, quella cioè
associata alle sorgenti term iche con cui il flui
d o term od in am ico scam bia calore, deve esse
re zero. Indicate dunque con Q1 la quantità
calore assorbita dalla sorgente calda a tem pe
ratura T1 e con Q 2 e Q 3 le quantità di calore
cedute alle sorgenti a tem perature T 2 e T 3
(con T 2 > T3), deve aversi:
Qi Q2 Q3
0, (i)
Ti T2 T3
cioè:
Q1 = ^ Q 2 + ^ Q 3- (2)
J2 J-3
7.2 Soluzioni 213
_ w Q2 + Q3 _ . T2T3 Q2 + Q3
(3)
V~ ~~ Q2T3 + Q3T12 '
T2Q3 + T3Q2
T3 < < T 2. (4)
Q3 + Q2
Tenendo conto della (4), dalla equazione (3) segue pertanto:
T2 ^ ^ 1 T3
— < 77 < 1 — — , (5)
J1 Ji
che è l’asserto dato nel testo del problema.
E’ istruttivo osservare che al risultato espresso dalla equazione (5) si poteva anche giungere
mediante semplici argomentazioni geometriche facendo riferimento alla rappresentazione
del ciclo nel piano (p, Vr). Infatti, con riferimento alla figura, siano EG, DH e HF i
prolungamenti delle isoterme EF, DC e dell’adiabatica AF, rispettivamente. Dette Ti,
T2 e T3 le aree corrispondenti ai rettangoloidi ABGF, GCDE e EDHF, ciascuno dei
quali individua dei cicli di Carnot, il rendimento termodinamico del ciclo ABCDEF vale
manifestamente:
Ti + T 2
V= (6)
Qass
essendo Qass il calore assorbito nella isoterma AB. Poiché per costruzione ABGFA è un
ciclo reversibile di Carnot che opera tra le temperature T1 e T2, si ha:
V (7)
Inoltre, con riferimento al ciclo di Carnot ABCHA che opera reversibilmente fra le sorgenti
termiche a temperature T1 e T3, si ha pure:
Ti + T2 + T3 ^ T3
V< (8)
Qass T1
Le disequazioni (7) e (8) corrispondono proprio alla (5).
S.7.10.
Per il teorema di Clausius, la trasformazione in questione è permessa dal secondo principio
della termodinamica se è soddisfatta la condizione:
SQ Qi _ Q2 _ Q3 < n
( 1)
/ T Tl T2 T3 - ’
ogni trasformazione non può mai comportare una diminuzione dell’entropia totale del
sistema e delle sorgenti termiche con cui esso ha scambiato calore. Poiché il sistema
compie una trasformazione ciclica e l’entropia è una funzione di stato, la variazione di
entropia del sistema è nulla. La variazione totale di entropia (dell’universo) è perciò data
dalla somma delle variazioni di entropia delle tre sorgenti termiche con cui il sistema ha
scambiato calore. Poiché la sorgente a temperatura T l cede la quantità di calore Qi mentre
le sorgenti a temperature T2 e T3 assorbono le quantità di calore Q2 e Q3, rispettivamente,
si ha:
A-Stot = + + (2)
J-I J2 J3
La condizione A Stot > 0 corrisponde proprio alla equazione (1).
5.7.11.
Supponiamo, per assurdo, che due curve corrispon
denti a due trasformazioni adiabatiche reversibili si
intersechino nel piano (p, Vr), come mostrato in fi
gura, in un punto A. Se si considera poi una tra
sformazione isoterma reversibile che intersechi le due
adiabatiche in due stati di equilibrio B e C, come
mostrato in figura, il ciclo ABCA è un ciclo motore
reversibile che compie un lavoro T > 0, dato dall’a
rea sottesa dal triangoloide ABC, scambiando (assor
bendo) calore da una sola sorgente termica lungo la
isoterma BC. Un tale ciclo viola l’enunciato di Kel
vin del secondo principio della termodinamica. La
violazione si rimuove ammettendo che le due adiabatiche non si intersechino.
5.7.12.
Indichiamo con A Ssìs e con A Ssorg le variazioni di entropia del sistema e della sorgente
termica a temperatura T con cui esso ha scambiato calore, e sia Q la quantità di calore
assorbita dal sistema (Q < 0 se la quantità di calore è ceduta dal sistema alla sorgente
termica). L’unico vincolo imposto dal secondo principio della termodinamica alla realiz
zabilità della trasformazione è che la variazione di entropia dell’universo non diminuisca,
e cioè che:
A Ssis + A Ssarg > 0, (1)
Ciò premesso, possiamo a questo punto rispondere ai quesiti del problema e dire se le tre
affermazioni sono vere.
(i) Quando un sistema assorbe calore da una sorgente termica, la sua temperatura aumen
ta. Non necessariamente.
7.2 Soluzioni 215
Ciò che senz’altro aumenta è la sua entropia, ed anzi aumenta in maniera superiore o
uguale a Q /T , ma tale aumento non corrisponde necessariamente ad un aumento della
sua temperatura. Come controesempio, si consideri come sistema un gas ideale contenu
to in un recipiente a pareti adiabatiche a contatto termico con una sorgente termica a
temperatura T e munito di un pistone mobile. Se il gas si espande perchè, ad esempio,
la pressione esterna diminuisce bruscamente (si veda, as esempio, il problema P l6 del
capitolo precedente), esso compie lavoro ed assorbe una uguale quantità di calore dalla
sorgente termica, mentre la sua temperatura (e dunque la sua energia interna) non va
ria. Successivamente il gas, allontanato dalla sorgente termica, può subire una espansione
adiabatica reversibile che determina una diminuzione della temperatura del gas, senza che
esso scambi calore. La trasformazione complessiva ha comportato perciò una diminuzione
della temperatura e l’assorbimento di una quantità di calore da una sola sorgente termica.
(ii) Quando un sistema assorbe calore da una sorgente termica, la sua entropia aumenta.
Questa affermazione è sempre vera ed è conseguenza della equazione (2).
(iii) Quando un sistema cede calore ad una sorgente termica, la sua entropia diminuisce.
Non necessariamente. Infatti, in base alla (2), la variazione di entropia del sistema non
può essere inferiore a —|Q|/T, ma potrebbe tranquillamente essere positiva. Lasciamo,
come compito per il lettore, la formulazione di un controesempio in cui, ad esempio, un
gas ideale compie una trasformazione in cui cede una quantità di calore ad una sorgente
termica ed aumenta la sua entropia.
S.7.13.
Siano Q2 e Q1 i calori assorbito e ceduto, in un ciclo, dal fluido frigorifero con le sorgenti
a temperatura T2 e T1, rispettivamente. Ricordando l’espressione della variazione di
entropia di una sorgente termica e tenendo conto che, dopo un ciclo, il fluido frigorifero
ritorna nel suo stato di equilibrio iniziale e dunque la sua variazione di entropia è nulla,
la variazione di entropia dell’universo varrà:
AS = (1)
T2 T1
Il lavoro speso in un ciclo frigorifero vale inoltre C = V/M , essendo M il numero di cicli
nell’unità di tempo compiuti dal frigorifero. Dal primo principio della termodinamica si
ha altresì:
(2)
Osserviamo che, dai dati del problema, le due precedenti equazioni contengono come
incognite le quantità di calore Q1 e Q2, e possono essere perciò risolte per tali variabi
li. In particolare, si ottiene per il calore Q2 assorbito dalla sorgente fredda in un ciclo
l’espressione seguente:
TlT V V - T 1T2A S
Q2 = (3)
Ti - T 2
Per sottrarre la quantità di calore Q alla sorgente fredda, occorrerà infine un tempo:
Q(TX- T2)
t= e .1 69.44 s. (4)
Q2V T2V - V T 1T2A S
216 Secondo principio della termodinamica
S.7.14.
La trasformazione è irreversibile perchè il gas è portato a contatto termico con una sor
gente termica a temperatura T2 diversa da quella iniziale T1 (irreversibilità termica). La
variazione di energia interna del gas vale:
essendo Cy = (5/2)R il calore specifico a volume costante per gas biatomico. Per calcolare
il lavoro C compiuto dal gas, siano V1 e V2 i volumi occupati dal gas nel cilindro nelle
condizioni iniziale e finale, rispettivamente. Poiché sul pistone agisce la pressione esterna
p, costante nella trasformazione, il lavoro compiuto dal gas, uguale ed opposto a quello
compiuto dalle forze di pressione esterna su esso, vale:
dove nell’ultimo passaggio abbiamo usato l’equazione di stato del gas perfetto per gli stati
di equilibrio iniziale e finale. Il calore Q assorbito dal gas nella trasformazione si calcola
poi applicando il primo principio della termodinamica, e cioè:
Q = AU+ C= 7
- n R {T 2 - T1) = 8.73 kJ. (3)
S.7.15.
Il teorema (o disequazione) di Clausius afferma che, se un sistema termodinamico compie
una trasformazione ciclica 7 scambiando calore 5Q con una sorgente termica a tempera
tura T (5Q > 0 se il calore è assorbito), deve aversi:
7.2 Soluzioni 217
essendo C la capacità termica del solido. Se ora il corpo solido viene raffreddato reversi
bilmente fino a riportarlo alla temperatura iniziale Ti, esso deve essere posto a contatto
successivamente con infinite sorgenti termiche a temperatura T via via decrescente da T2
a Ti, ed alla sorgente a temperatura T deve cedere la quantità di calore:
5Q = CdT (3)
per diminuire la sua temperatura di dT. Perciò, nella trasformazione reversibile che
riporta il corpo solido nella sua condizione iniziale l’integrale di Clausius vale:
cT1
(4)
~ -9 6 6 J/K. (5)
L T T2 VT i / T2 Vr1
S.7.16.
Cominciamo col calcolare la composizione e la temperatura di equilibrio dopo il mescola
mento del ghiaccio e dell’acqua. Se supponiamo che dopo il mescolamento tutto il ghiaccio
si sia fuso ed indichiamo con T la temperatura finale di equilibrio, trascurando dissipazioni
di calore con l’ambiente potremo scrivere che il calore assorbito dalla massa di ghiaccio
deve uguagliare quello ceduto dalla massa di acqua, e cioè:
A S = A Sa + AS9, (3)
218 Secondo principio della termodinamica
ac f , F m gCdT A /T \
ASs = / — + - A — = - 2 - + msc In - (5)
J trans.fase JT q 0 \-* 0/
per cui:
S.7.17.
Il volume Vo del gas si calcola immediatamente utilizzando l’equazione di stato del gas
perfetto:
V0 =
Po
nRTo A _3
= 0.0454 m . ( 1)
Quando sul pistone viene posta la massa M, il gas subisce una compressione isoterma
irreversibile. Ad equilibrio raggiunto, indichiamo con (Pl5Vrl5Ti) la pressione, il volume
e la temperatura raggiunti dal gas. Si ha evidentemente T1 = T0 poiché il gas resta a
contatto col termostato costituito dal ghiaccio fondente, e:
Mg
Pi =Po + — 1-49 x IO5 Pa. (2)
per l’equilibrio meccanico del pistone. Il volume finale del gas, V1, si calcola poi usando
l’equazione di stato:
V1 = = ~ 0.0305 m3. (3)
Pi Pi
Per calcolare la massa m di ghiaccio fusa, indichiamo con Q il calore ceduto dal gas al
ghiaccio nella compressione; allora si ha:
Q
(4)
m = A’
essendo A il calore latente di fusione del ghiaccio. La determinazione del calore ceduto Q
necessita di un commento. Notiamo che, poiché il gas compie una trasformazione isoterma
essendo a contatto con un termostato (il ghiaccio in transizione di fase), esso non varia la
sua energia interna (trattandosi di gas perfetto) e dal primo principio si ha perciò:
Q = Ce, (5)
dove Ce è il lavoro compiuto dalle forse esterne di pressione sul gas nella espansione.
Poiché la trasformazione non è quasistatica, per il calcolo del lavoro dobbiamo considerare
la pressione esterna agente sul pistone mobile, che è costante e pari a pl5 e scrivere:
nRT0 ( — - 1
VPo
m — --------- ----------
A
Calcoliamo in conclusione la variazione di entropia del gas, del ghiaccio e dell’universo.
Ricordando l’espressione dell’entropia del gas perfetto e tenendo conto che la temperatura
finale del gas è uguale a quella iniziale, si ha:
S.7.18.
La sequenza delle due trasformazioni compiute dal gas
nel piano (p, V) è mostrata in figura. Nel riscaldamen
to isocoro da A a B, la variazione di entropia del gas
vale:
A Sab = ncyìn (i)
e perciò:
Tb A Sab
— = exp (2)
T lC y
C bc = u R Tb In (3)
RTb AS ab
C bc = tiRTb Vì (5)
Cy
220 Secondo principio della termodinamica
Tenendo conto che il gas è monoatomico, e cioè che C y = (3/2)R, e che Tb = T1, so
stituendo i valori numerici di A S a b e T l dati nel testo del problema, si ottiene infine
C bc = (2/3)T1ASAb = 1000 J.
S.7.19.
Trascurando la dissipazione di calore nell’ambiente, la temperatura finale T di equilibrio si
ottiene imponendo che il calore ceduto da un corpo sia assorbito dall’altro (trasformazione
globalmente adiabatica), e cioè:
C ( T - T i ) T C ( T - T 2) = O, (1)
da cui:
T = L ± L = 200 K. (2)
La variazione di entropia ASi e A S2 per i due corpi si calcola supponendo che le quantità
di calore che essi hanno assorbito e ceduto siano state scambiate in maniera reversibi
le, portando cioè quasistaticamente e reversibilmente ciascuno dei due corpi dalla sua
temperatura iniziale alla temperatura finale di equilibrio T. Si ha così:
AS2 = CI
n (L ) ~ -405.47 J/K.
Osserviamo che A S > 0, perciò il passaggio di calore dal corpo caldo a quello freddo è
irreversibile. A conclusione dell’esercizio osserviamo che, se i due corpi sono a tempera
ture diverse (T l ^ T2), poiché si ha sempre T 2 > T1T2, dalla espressione precedente di
ASuni segue che sempre è ASuni > 0: e cioè quando due corpi a temperature diverse sono
posti a contatto termico, il raggungimento dell’equilibrio termico è sempre un processo
irreversibile.
S.7.20.
Poiché il gas si espande nel vuoto e le pareti del
recipiente sono rigide, il lavoro compiuto dall’e
sterno sul gas nella espansione è nullo. Inoltre
la trasformazione è adiabatica, per cui il calore
scambiato dal gas con l’ambiente è nullo. Dal
primo principio della termodinamica segue per
ciò che l’energia interna complessiva del gas non
è variata. Poiché per un gas perfetto l’energia interna è funzione solo della sua tempe
ratura, tenendo conto che, ad equilibrio termico raggiunto, le due quantità di gas nei
due volumi del recipiente raggiungono la stessa temperatura, si può concludere che la
7.2 Soluzioni 221
temperatura finale delle due quantità di gas è uguale a quella iniziale. La variazione di
entropia A S associata al deflusso del gas si può calcolare come somma della variazione
di entropia ASi delle ni moli defluite nel volume di destra e di quella AS2 associata alle
restanti Ti2 - T i - T i i moli che restano nel volume iniziale. Per il calcolo di ASi e AS2, si
può utilizzare Tespressione della variazione di entropia del gas perfetto, facendo tuttavia
attenzione al fatto che, poiché le molecole del gas sono le medesime, il volume occupato
dalle moli ni ed n2 quando sono entrambe contenute nel volume iniziale di sinistra V, non
è V , ma esse si ripartiscono nei volumi Vi = (ni/n)V e V2 = (n2/n)V in proporzione
al loro numero. Per capire questo punto, si faccia riferimento alla figura. Possiamo in
trodurre una superfìcie ideale E che separa, nel volume di sinistra V, le moli ni ed n2;
quando la valvola viene aperta, le molecole a destra di E defluiscono nel volume di destra
e le molecole a sinistra di E invadono tutto il volume V dell’ampolla di sinistra. Alla
fine, quando la valvola viene chiusa, i volumi finali a disposizione dei due gas sono quindi
V1 = V e V2 = V . La variazione di entropia dell’universo a seguito del deflusso del gas
vale perciò:
A S = niR In
+n2jRln® = niR In + n2R In - 27.98 J/K. (1)
S.7.21.
Siano (Vi5Pi5T1) e (V25P25T2) le variabili termodinamiche corrispondenti agli stati di
equilibrio dell’elio e dell’azoto, rispettivamente, quando i gas sono separati dal setto. Dai
dati del problema si ha Vi = V2 = V e T l = T2 = T; inoltre, poiché il numero di moli
dei due gas è il medesimo, dall’equazione di stato del gas perfetto segue che essi sono
anche alla stessa pressione, e cioè pi = p2 = p. Quando il setto viene rimosso, si ha il
miscelamento dei due gas. Poiché non c’è scambio di calore con l’ambiente ed il lavoro
compiuto sul gas è nullo (essendo le pareti del recipiente rigide), dal primo principio della
termodinamica segue che l’energia interna complessiva dei gas non è variata, e dunque la
temperatura finale della miscela eguaglia quella iniziale T. Dopo il mescolamento, l’elio e
l’azoto occupano tutto il volume del recipiente, pari a 2V. Ricordando l’espressione della
variazione di entropia di un gas perfetto e tenendo conto che la temperatura dei due gas
non varia, si ha perciò che la variazione totale di entropia vale:
Se i due gas fossero di uguale specie chimica (ad esempio He), l’apertura della valvola non
produrrebbe alcun miscelamento, perchè le molecole del gas sarebbero le stesse. Non si
avrebbe cioè variazione dello stato di equilibrio del gas, e dunque A S = 0.
222 Secondo principio della termodinamica
S.7.22.
Il rendimento del ciclo è dato da:
Qass — Q ab = Ta (S b — S a ), (4)
(T a + T c )(S b - S a)
(6)
2 Ta (Sb
- SA)
7.3 Esercizi di autovalutazione 223
AV.7.2.
Una mole di gas perfetto biatomico si espande in modo irreversibile dal volume Vo = 50T
al volume V1 — 2U0- La pressione finale del gas è uguale a quella iniziale p0 = 1 atm. La
pressione esterna durante la trasformazione non è nota. Il lavoro di espansione fatto dal
gas è pari a C = 1.5 x IO4 J. Si determinino:
(i) la quantità di calore scambiata e specificare se è ceduta o assorbita dal gas;
(a) la variazione di entropia del gas;
(ni) la quantità di calore scambiato e la variazione di entropia del gas qualora la trasfor
mazione fosse condotta in modo isobaro reversibile tra gli stessi stati iniziale e finale.
AV.7.3.
Un sistema termodinamico è costituito da una miscela di acqua e ghiaccio in equilibrio
alla pressione atmosferica Pa = IO5 Pa. Per aumentare la massa di ghiaccio a spese della
massa d’acqua di una quantità Ara = 10 g si sottrae calore alla miscela collegandola
ad una macchina frigorifera che scambia calore anche con una seconda sorgente termica
a temperature T2 = 20°. Sapendo che il calore latente di fusione del ghiaccio è pari a
Xf = 80 cal/g, calcolare il minimo lavoro necessario per ottenere questo risultato.
AV .7.4.
Un recipiente a pareti rigide adiabatiche è diviso in due parti uguali da un setto rigido an-
ch’esso adiabatico. Uno dei due volumi contiene una mole di elio a temperatura T1 = 445
K, l’altro contiene una mole di azoto alla temperatura T2 = 280 K. Si sostituisce al setto
isolante un diaframma permeabile al calore ed all’elio. Si calcoli la temperatura di equili
brio finale e la variazione di entropia del sistema nell’approssimazione di gas perfetti. La
costante dei gas è pari a R = 8.31 J/(mol K).
AV .7.5.
Si consideri una macchina reversibile che svolga il suo ciclo scambiando calore con quattro
sorgenti a temperature T1 = 600 K, T2 = 480 K, T3 = 360 K e T 4 = 280 K. La macchina
assorbe il calore Q1 = 6000 J dalla sorgente a temperatura Ti, cede il calore Q4 = —1500
J alla sorgente a temperatura T4 compiendo il lavoro C = 1300 J. Tenuto conto della
disuguaglianza di Clausius si determini il rendimento della macchina.
224 Secondo principio della termodinamica
A V .7.6.
Una macchina termica contiene n moli di gas perfetto monoa
tomico ed effettua un ciclo termodinamico composto da una
trasformazione adiabatica (tratto AB), una isobara (BC) ed
una isocora (CA); il ciclo è percorso in senso orario. Assumen
do che n = 10 moli, Va = 1 ni3, pA = IO5 N /m 2, pc — P a / T .
(a) Si determini il calore scambiato e lavoro effettuato dal si
stema in ciascuna delle trasformazioni;
(b) si calcoli il rendimento p della macchina;
(c) determinate la massima temperatura Tmax e la minima tem
peratura Tmin raggiunte dal gas nel ciclo, si stabilisca se il ren
dimento p sia maggiore o minore di quello di un ciclo di Carnot
operante tra le stesse temperature.
AV .7.7.
Un veicolo di massa M è dotato di un motore termico basato su una macchina di Carnot
reversibile, la quale opera tra due sorgenti di calore a temperature T1 e T2 < T1. Partendo
da fermo ai piedi di una collina, il veicolo deve raggiungere la sommità della collina ad una
quota h. Trascurando tutti gli attriti ed assumendo T1 = 500 K, T2 = 100 K, M = 1000
kg ed h = 100 m, si determinino:
(i) il rendimento del motore;
(ii) la quantità di calore che il motore termico deve assorbire dalla sorgente a temperatura
T1 per raggiungere la sommità della collina e la quantità di calore ceduta alla sorgente a
temperatura T2;
(in) la corrispondente variazione di entropia dell’Universo.
AV.7.8.
Il ciclo di Joule consiste in una trasformazione termodinamica com
posta da due isobare e due adiabatiche, tutte quasi-statiche (si veda
la figura a lato). Assumendo che il ciclo sia eseguito da un sistema
contenente n moli di gas perfetto, di calore molare a volume costan
te cy, e che le pressioni estreme siano P1 = Pa = Pb ^ P2 = Pc = Pd ,
si calcoli il rendimento p del ciclo.
AV.7.9.
Una macchina termica che utilizza due sorgenti di calore con temperature T1 = 300 K e
T2 = 900 K fornisce una potenza media di 1 kW con un rendimento pari al 50% di quello di
una macchina di Carnot funzionante con le stesse sorgenti. Si calcoli la quantità di calore
scambiata con ciascuna delle sorgenti in un minuto di funzionamento e la corrispondente
variazione di entropia dell’universo.
AV.7.10.
Una macchina termica reversibile compie un ciclo utilizzando tre sorgenti di calore alle
temperatute T0 = 300 K, T1 = 350 K, T2 = 400 K. Ad ogni ciclo preleva una quantità di
7.3 Esercizi di autovalutazione 225
calore Q = I J sia dalla seconda che dalla terza sorgente. Si calcoli la quantità di calore
Q0 scambiata con la prima sorgente e il rendimento della macchina.
AV.7.11.
Due corpi di massa m si trovano inizialmente alle temperature T l e T2. Il materiale che li
costituisce ha un calore specifico che dipende dalla temperatura secondo la legge: c = aT.
Si determinino:
(a) l’unità di misura nel SI per la grandezza a,
(b) la temperatura raggiunta dai corpi quando vengono posti a contatto,
(c) la variazione di entropia del sistema.
AV.7.12.
Un cilindro, munito di pistone caricato con dei pesi, contiene n moli di gas ideale monoa
tomico inizialmente in equilibrio alla pressione p0. D’un tratto si tolgono alcuni dei pesi
consentendo al gas di raggiungere un nuovo stato di equilibrio con pressione pi = po/2.
Trascurando gli scambi di calore con l’ambiente e con il recipiente, si calcoli la variazione
di entropia del gas.
AV.7.13.
Un ciclo termodinamico reversibile di un gas perfetto monoatomico p
è composto da una compressione isoterma AB, un’espansione
isobara BC e un raffreddamento isovolumetrico CA, come mostrato
in figura. Se il rapporto tra la massima e la minima temperatura
raggiunte dal gas nel ciclo è r = 2, si calcoli il rendimento
termodinamico rj del ciclo.
AV.7.14.
Un ciclo termodinamico è costituito da tre trasformazioni: un assorbimento di calore iso
termico reversibile a temperatura T l = 300 K con variazione di entropia ASi = 4 J/K , un
riscaldamento adiabatico reversibile ed una trasformazione irreversibile nel quale il fluido
cede una quantità di calore Q3 = 1600 J a una sorgente a temperatura T3. Calcolare il
massimo valore che può assumere la temperatura T3 ed il lavoro C compiuto dal fluido in
un ciclo. Precisare inoltre se si tratta di un ciclo motore o frigorifero.
AV.7.15.
Un blocco di rame di massa m = 1 kg cade da un’altezza di h = 200 m in un lago a
temperatura Tl = 282 K. La temperatura iniziale del blocco di rame vale T l = 423 K.
Calcolare la variazione di entropia dell’universo in questo processo, sapendo che il calore
specifico del rame vale c = 387 J / (kg •K).
226 Secondo principio della termodinamica
SA. 7.1.
(i) Vi = 4.92 x IO-3 m3, V2 = Vie p2= 2pi
A3 + A l 1no(w
( 11 ) r} = — —-------= 10.3%.
Q21
S A .7.2.
(i) Q = 2.75 x IO4 J, calore assorbito;
( 11 ) A S = 20.17 J/K ;
S A .7.3.
Arnin Arev 245 J.
SA.7.4.
Tf s 342 K; ASsist = 6.7 J/K.
SA.7.5.
C C
0.1458.
71 ~ Qass Qi + Q3
SA.7.6.
(a) Qab — 0, C ab = ~ CJJab ~ ~ ncmvCTAB — 3-63 x IO4 J;
-6.45 x IO4 J;
C ca = 0, Qca = CU ca = r^crnvCTcA = 7.50 x IO4 J;
W rI = T
z&T
ass- = 0-14;
S A .7.7.
(i) V = T T - = 1 - 5 = 0.:
' Q a ss T 1
(U) Qass = T/r] = 1226.25 kJ, |Qce<*| = Qass - T = 245.25 kJ con C = M gh = 981 kJ.
S A .7.8.
SA.7.9.
|Qi| = 120 kJ; \Q2\= 180 kJ; A S = 200 J/K.
S A .7.10.
Q0 = T o m i f T 1 + 1/T2) = 1.6 J; T7 = 1 - |Q0|/(2Q) = 0.2.
SA.7.11.
(a) J /(K 2Kg);
(b) Tf = V ( I ? + 7 ?)/2 ;
S A .7.12.
3 4 8
A S = n - R log - + nR lo g -.
2 5 5
S A .7.13.
rj = 1 — (21n r + 3r — 3)/(5r — 5) ^0.123.
228 Secondo principio della termodinamica
S A .7.14.
Ts < Q3/ A 5 i = 400 K, C = TiASi — Q3 = —400 J; essendo C < 0 si tratta di un ciclo
frigorifero.
S A .7.15.
A Suniv = A Scu + A S l — 43.5 J/K, con A S cu — me In(TcYT1) variazione di entropia del
rame e A Sl = mgh/Tl + mc{T\/TL — 1) variazione di entropia del lago.
Capitolo 8
Tema A
Soluzioni Tema A
Esercizio A .l
Poiché la guida è liscia, la massa conserva la
sua energia meccanica nel moto lungo la gui
da. Detta v0 la velocità con cui la massa ab
bandona la guida nella posizione (B) di figu
ra, deve dunque essere mvg/2 = mgd, essendo
d — h —R( 1 —cos a) il dislivello fra le posizioni
(A) e (B) di figura. Dunque:
Vettorialmente, v0 è tangente alla guida nel punto di distacco (B), per cui al tempo t = O
di distacco le componenti cartesiane della velocità della pallina sono:
Dopo il distacco, cioè per t > 0, il moto della pallina è parabolico, per cui le leggi della
velocità saranno vx(t) = Vqx e vy(t) — Vqv —gt. L’istante di tempo to in corrispondenza del
quale la pallina raggiunge la massima altezza H corrisponde a vy(t0) = 0, cioè t0 — V0yIg ,
ed in corrispondenza la quota H raggiunta vale
1 ci-ri^ Cv
H = -^ g t2
0 + VQyt0 + 2/(0) = JR(1 - cos a) + — —— . (3)
Sostituendo l’espressione di data dalla equazione (1) nella precedente relazione (3) e
tenendo conto che a = 7r/3 si ottiene infine:
R
H = R( 1 —cos a) cos2 a H- h sin2 a = - h + (4)
Esercizio A .2 (a) Indicando con R il raggio del moto circolare uniforme della massa m
sul piano orizzontale, applicando l’equazione di moto in direzione radiale si ha k (R —L0) =
muj2R , essendo k(R —L0) la forza elastica di richiamo della massa ed u) = 2tt/T la velocità
angolare di rotazione. Risolvendo tale equazione rispetto a R si ottiene:
= kL0
k - T T l U J 25
TTlUJ2 L 0
A L = R - L oi ~ 6.52 cm. (2)
k — TTlUJ2
234 Temi riepilogativi di Meccanica e Termodinamica
Esercizio A .3 (a) Falso. Nell’urto le particelle si scambiano una forza impulsiva (la
forza d’urto), per cui la quantità di moto di ogni singola particella è variata di una quan
tità pari all’impulso della forza d’urto.
(b) Vero. Se il sistema costitutito dalle due particelle è isolato, nell’urto non agiscono
forze esterne impulsive, per cui la quantità di moto totale delle due particelle non varia a
seguito dell’urto. Si noti che le forze d’urto che si scambiano le particelle sono ora forze
interne al sistema, e perciò non contribuiscono a variarne la quantità di moto totale.
(c) Falso. Le forze d’urto compiono in generale lavoro non nullo e variano quindi, per
il teorema delle forze vive, l’energia cinetica di ciascuna particella. Questo vale anche se
l’urto è di tipo elastico, e cioè se conserva l’energia cinetica totale delle due particelle. Si
pensi, ad esempio, ad un urto centrale elastico fra due particelle di ugual massa: a seguito
dell’urto, esse si scambiano le velocità e quindi la loro energia cinetica.
(d) Falso. L’energia cinetica totale delle due particelle si conserva solo se l’urto è di
tipo elastico, se cioè non vi è trasformazione di energia cinetica in altre forme di energia
interna del sistema (e cioè in energia interna di deformazione, energia di eccitazione degli
atomi o molecole che costituiscono le due particelle, etc.).
AU = ncv(T
- Ta) = - Ta). (3)
D’altra parte, negli stati A e B vale la legge di stato dei gas perfetti:
P a Va = nRTA (4)
Tema A 235
Vb Vb — uRTb . (5)
Utilizzando queste due equazioni nella (3) si ottiene:
COI00
AU = h p BVB = h AVA( ^ . 1
£
) _ (6)
II
I
Z Z \pA Va
Si ha quindi:
Q = C + AU = 0. (7)
Tema B 237
Tema B
Esercizio B.4 Una mole di gas ideale biatomico è contenuta in un cilindro adiabatico
chiuso da un pistone di massa trascurabile, anch’esso adiabatico. Inizialmente il gas è
in equilibrio con l’ambiente. Nel cilindro è contenuto anche un mulinello azionato da
un motore di potenza P = 50 W, che viene fatto funzionare per un intervallo di tempo
A t = 1 min, dopo di che il sistema raggiunge un nuovo stato di equilibrio. Si calcoli la
variazione di temperatura del gas.
[Costante del gas ideale R = 8.31 J/(K mole).]
Tema B 239
Soluzioni Tema B
Esercizio B .l I digrammi delle forze agenti sulle due masse m ed M sono mostrati in
figura, dove T è la tensione della fune, ed N b sono le reazioni normali di appoggio dei
piani, e Fatt è la forza di attrito orizzontale esercitata sul corpo B. Detta a Taccelerazione
di moto dei due corpi in direzione x, le equazioni di moto per A e B nella direzione x
impongono che sia
F - T c o s a = Ma , T co sa —Fatt = ma.
( i)
Del resto, per la legge dell’attrito di
namico si ha Fatt = IidN b , e N b +
T sin a — mg = O per Tequilibrio del
corpo B in direzione verticale y. Dun
que Fatt = g d(mg — T sin a). Le equazioni di moto (1) assumono quindi la forma
e costituiscono un sistema di due equazioni nelle due incognite T (tensione della fune) e
g d (coefficiente di attrito dinamico fra corpo B e piano). Risolvendo tale sistema rispetto
a g d si ottiene infine:
_ —F + (M + m)a
(F — Ma) tan a — mg ’
La fune si spezza all’istante di tempo t0 Per cui T(^o) = Tmax, essendo Tmax = 4 N il
valore massimo della tensione che può sopportare la fune. Dunque:
/ m LTrnax
tO = ]/ -2
p 10 S- (2 )
Esercizio B.3 (a) Il modo più semplice e rapido per risolvere il problema è quello di
scrivere il teorema dell’energia cinetica per la massa m fra l’istante iniziale di lancio e
240 Temi riepilogativi di Meccanica e Termodinamica
quello finale in cui la molla è compressa per la lunghezza massima L (punto di inversione
di moto per m):
A Ec = Cpeso + CeI (1)
(b) Indichiamo con dM la massima distanza che la massa percorrerebbe sul piano scabro
prima di fermarsi: evidentemente, il blocco raggiungerà la molla se dM > d. Per calcolare
applichiamo, come nel caso precedente, il teorema dell’energia cinetica fra l’istante
iniziale di lancio e l’istante finale in cui m si ferma sul piano inclinato:
A Ec — CVeso + Ca (4)
da cui:
dM — ~ 81.2 cm. (6)
2g (sin a + g dcos a)
Poiché dM < d, il blocco di massa m non raggiunge la molla.
C F A U = Oi a)
avendo indicato con Cmot il lavoro compiuto dal mulinello azionato dal motore. Poiché
tale lavoro è ceduto al gas è da considerarsi negativo:
Cmot = - P A t (4)
Si noti che il lavoro compiuto dal gas a seguito dell’espansione è dato da paA V , dove pa
è la pressione atmosferica esterna, che rimane costante durante l’espansione. All’inizio e
alla fine della trasformazione il gas è in equilibrio termodinamico. La pressione del gas
all’inizio e alla fine è quindi uguale alla pressione esterna, pa. Si ha:
da cui si ricava:
Pa(V2-V 1) = TiR(T2- T 1). (6)
Inserendo la (6) nella (3) ed utilizzando il primo principio della termodinamica (1) si
ottiene:
HR(T2 - T 1) -PAt +(7)
da cui:
2PA t
T2 - T 1 = = 103.15 K. (8 )
7nR
Tema C 243
Tema C
Esercizio C.4 Due solidi identici con capacità termica C sono inizialmente alla stessa
temperatura T0- Una macchina frigorifera scambia calore unicamente con i due solidi
finché la temperatura di uno di essi diminuisce fino a T1. Si calcoli il lavoro minimo
necessario.
Tema C 245
Soluzioni Tema C
i
d -« * (1)
b) risulta poi
d2s
at = — = 6fct, (2)
mentre la componente normale dell’accelerazione è pari a:
- _ 9fc2^4
a" R(t) ’ 1’
essendo R(t) il raggio di curvatura della traiettoria, che varierà durante il moto dell’og
getto.
81 kH8
a— kt = yjdi + al 36k2t2 + (4)
R2(t) = S lk H 6i (5)
da cui R(t) = 9kt3. Tenuto conto che s = kt3, risulterà semplicemente R(s) = 9s.
Esercizio C.2 a) All’equilibrio forza peso, reazione vincolare e forza elastica della molla
devono bilanciarsi. Pertanto
I 1
Ep = -m v 2 + mghp + - k x l = mghQ = E0 , (3)
da cui si ottiene
1 2 . m2g2 sin2 a
-m v + mgXqsm a H--------—------ = mgx sm a, (4)
quindi
(6)
Esercizio C.3 Sia dato un oggetto puntiforme di massa m, sottoposto ad una risultante
di forze R, in moto lungo una traiettoria 7. Il lavoro compiuto dalla risultante delle forze
nello spostamento dell’oggetto sarà per definizione pari a:
C= / R dr (1)
J1
essendo dr lo spostamento infinitesimo lungo la traiettoria. In virtù del secondo principio
della dinamica, possiamo riscrivere questa equazione nella forma:
c = I mT t dt (2)
con v velocità dell’oggetto in questione. Tale espressione è equivalente alla relazione:
C = [ m d\ • = [ m dv •v (3)
J1 dt Jj
Tenuto conto che v • dv = (v •v) = ^d (x2), essendo v il modulo della velocità,
otteniamo:
C= (4)
dove è stata definita la quantità K = ^mv2, detta energia cinetica. Pertanto, detti A e
B i punti di partenza e di arrivo dell’oggetto in moto lungo 7, dalla precedente equazione
ricaviamo:
C = If(B ) - K (A ) = A K (5)
che costituisce l’enunciato del teorema dell’energia cinetica: Il lavoro compiuto dalla ri
sultante delle forze agenti su un oggetto equivale alla variazione dell’energia cinetica del
l’oggetto stesso.
Tema C 247
Esercizio C.4 La macchina frigorifera, a cui viene fornito il lavoro £, assorbe il calore
Qi dal corpo 1 e cede il calore Q2 al corpo 2. Il bilancio energetico è quindi dato da:
II
I
a)
dove:
IQ1I = C(T0 - T 1), IQ2I = C(T2 - T 0). (2)
La variazione di entropia totale è data dalla variazione di entropia dei due corpi, che si
calcola facilmente:
AS1 = C — = C lo g -, (3)
Jt0 1 1O
Ari ^ [ T2 dT T2
AS2 = C =C log-, (4)
Jt0 1 1O
da cui:
AS = AS1T A S 2 = C l o g L L (5)
Tema D
Esercizio D .l Due blocchi, di massa mi = 4 kg ed ra2 = 3 kg, sono collegati da una
fune ideale e si trovano in equilibrio su di un cuneo come in figura.
a) Si determini il minimo valore del coefficiente di attrito statico fis affinché i due blocchi
stiano in equilibrio.
b) Ad un dato istante la fune si spezza. Considerando le due masse inizialmente alla
stessa altezza h = 2 m, si determinino i tempi impiegati dalle due masse per arrivare a
terra sapendo che tra la massa mi ed il piano inclinato è presente un coefficiente di attrito
dinamico fid = >/3/7.
m2
Esercizio D.3 Un gas ideale compie una trasformazione adiabatica irreversibile da uno
stato A ad uno stato B. Si dica, giustificando la risposta, se la temperatura finale Tb è
maggiore, uguale o minore della temperatura Tb * che il gas raggiungerebbe se la trasfor
mazione fosse adiabatica reversibile, nell’ipotesi che la pressione dello stato finale sia la
stessa per le due temperature.
250 Temi riepilogativi di Meccanica e Termodinamica
Esercizio D.4 Un cilindro, chiuso da un pistone mobile pesante scorrevole senza attrito,
contiene una mole di un gas ideale monoatomico. Sul pistone viene appoggiato un blocco
di massa pari a quella del pistone ed il gas raggiunge un nuovo stato d’equilibrio. Con
siderando la trasformazione del gas adiabatica e trascurando la pressione atmosferica, si
calcoli la variazione di entropia del gas.
[Costante del gas ideale R = 8.31 J/(K mole)]
Tema D 251
Soluzioni Tema D
Esercizio D .l a) Assumendo che la forza di attrito statico parallela al vincolo,
abbia verso opposto alla tensione, possiamo applicare il secondo principio della dinamica
alle due masse in equilibrio:
N = mig cos 9 1
mi : I T = TOi^sin 6Fs (1) m-
TO2 T = m2 (2)
rn2 — mi sin 9
gs > 0.29 . (5)
mi cos 9
b) Nel momento in cui la fune si spez
za, la tensione della fune scompare e le
due masse cominciano un moto di cadu
ta. Per comodità si prendono due sistemi
di riferimento diversi per le due masse.
Cominciamo considerando la massa mi.
Il secondo principio della dinamica pro
iettato sul sistema di riferimento scelto
diventa:
( N = niig cos 9
\ TOiUi = TOIff sin 6 - IXdN TOlff sin 0 - /XdTOiff COS 9
da cui
1 «2
Xi = -c u t (8)
2h
h = 1.69 s , (9)
ai sin 9
dove la soluzione negativa è stata scartata in quanto priva di senso fisico. La massa
m2, invece, quando la fune si spezza segue un moto di caduta libera che nel sistema di
riferimento scelto viene espresso come
2/2 =h - -g t2 10)
(
h = (H)
Esercizio D.2 a) Per determinare la velocità dei due blocchi in A bisogna prima
considerare la spinta della molla su mi e successivamente l’urto anelastico tra i due blocchi.
Durante l’espansione della molla l’unica forza che fa lavoro su mi è la forza elastica;
essendo questa forza conservativa, l’energia meccanica E della massa si conserva:
Ei = ^ k A x2
=> Ei = Ef => Vi (1)
„ I O
E f = 2m ivi
La massa mi arriva quindi ad urtare la massa m2 con velocità tq. Durante l’urto non
agiscono forze esterne impulsive e quindi la quantità di moto complessiva delle due masse
si conserva. Essendo inoltre l’urto perfettamente anelastico, le due masse dopo l’urto
procedono attaccate come un’unica massa. Di conseguenza
Pl = mxvi \Jmik
mi
Pf -Vi = Ax = Pa (2)
mi + m2 mi F m2
p Y — (mi + m2)V
dove si è considerato che, in assenza di attrito, la velocità dopo l’urto è pari alla velocità
con cui le masse arrivano in A.
b) Essendo il vincolo unilatero, affinché le masse raggiungano
il punto B si dovrà avere una reazione vincolare in tale punto
N b > 0. Considerando le forze applicate alle masse e ricordando
che queste ultime si muovono di moto circolare, possiamo scrivere
il secondo principio della dinamica:
V2
F = ma => (mi ■TO2)ff + N b = (To 1 + TO2)
da cui si ottiene
Nel moto seguito dalle due masse da A a B, l’unica forza che compie lavoro è la forza peso
in quanto la reazione vincolare è sempre ortogonale allo spostamento. Essendo la forza
peso conservativa possiamo applicare nuovamente la conservazione dell’energia meccanica
tra A e B
E a= + m 2)V l
=* E a = E b =► Vl = - AgR . (5)
E b = ^ (mi + To2)VI + (mi +
A S a b > 0. (1 )
A S a b = A Sa b * + A SB*B. (2)
AC f SQrev Tb
A Sb *b= / -J T - = ncp
/ ricp log — (3)
J B* B -*■ J Tq* -lB*
da cui:
Tb > Tb*. (5)
Esercizio D.4 La variazione di entropia del gas perfetto dallo stato iniziale A allo stato
finale B è data da:
A Sab = nR log + ncv log (1)
vA Ia
254 Temi riepilogativi di Meccanica e Termodinamica
Q = £ + A t / = 0. (2)
pB = 2p a - (4)
AU — ncv(TB — Ta )- (5)
Pa Va = nRTA, (7)
= 7
(9)
Ta ~ 5'
Vb Tb 7
(10)
Va 2 10'
Si ha quindi ( n = 1):
Tema E
Esercizio E.4 Una mole di gas perfetto monoatomico, contenuta in un cilindro chiuso
da un pistone, viene fatta espandere in modo reversibile. Sapendo che la capacità termica
del recipiente è C = R J/K e che esso è isolato dall’ambiente, si determini l’equazione
della trasformazione.
Tema E 257
Soluzioni Tema E
Esercizio E .l (a) In condizioni di equilibrio, le forze elastiche agenti sul corpo devono
equilibrarsi, per cui
ki(x0 - L0) = k2(h - X 0 - Lo), (1)
essendo (x0—L0) e (ft—x0—Lo) gli allungamenti delle due molle. Risolvendo tale equazione
rispetto a X0 si ottiene:
^iL0 + k2(h — L0) /0x
10 --------- K
-----------'
(b) L’energia potenziale del corpo è data dalla somma delle energie potenziali elastiche
delle due molle, e vale dunque:
dove m = mi+77i2 + ...+mjv è la massa totale del sistema. Si noti che CM non coincide, in
generale, con alcun punto materiale del sistema. Tuttavia, al punto CM, la cui posizione
tc m (ì ) varia nel tempo, possiamo associare le quantità cinematiche v CM = drCM/dt
e slcm = dvcM/dt, che chiameremo velocità ed accelerazione (vettoriali) del centro di
massa.
Detta R (ea:d la risultante di tutte le forze esterne agenti sulle masse del sistema, il teorema
del centro di massa afferma che il moto di CM è equivalente a quello di un punto materiale,
di massa uguale alla massa totale m del sistema, soggetto alla forza R (ext\ e cioè:
TTIAcm = (2)
Per dimostrare il teorema del centro di massa, si indichino con F f fl e F jj+ le risultatnti
delle forze interne ed esterne agenti sulla massa m*,, rispettivamente, con Zc = 1,2, ...,N
(ricordiamo che una forza agente su 777,k si classifica come forza interna se essa è dovuta
all’interazione con un’altra massa appartenente al sistema; si classifica invece come forza
esterna se essa origina dall’interazione di mk con un corpo esterno al sistema). Eviden
temente, se indichiamo con la forza agente sulla massa mk del sistema dovuta alla
presenza, nelle sue vicinanze, della massa irti (con i ^ k), si ha Fjjjmt^ = i^k F a*. Nel
258 Temi riepilogativi di Meccanica e Termodinamica
sistema di riferimento inerziale Oxyz, per ciascun punto materiale di massa 777,k possiamo
scrivere la seconda legge di Newton:
mfc^ T = F f É) + F i + = ! . 2- - . m - (3)
dove abbiamo posto R bnt) = J2k=i Fjj5 m^ e R (exd = J2k=i F j ^ a definizione della risul
(2)
tante delle forze interne ed esterne, rispettivamente, agenti sul sistema. Si noti che, per
la definizione del centro di massa, si ha:
d2rk
^ 17lk'~dE = m * CM (5)
e che la risultante delle forze interne, H^nt\ si annulla, essendo per il principio di azione
e reazione F^ = - F ^ , e dunque:
Sostituendo le equazioni (5) e (6) nella (4), si ottiene infine il teorema del centro di massa
( 2).
= ( 1)
da cui otterremo che la velocità di 7711 prima dell’urto è pari a V2 = 2g(h — fidL). Per
la conservazione della quantità di moto durante l’urto, avermo poi:
da cui la velocità V dell’insieme dei due oggetti dopo l’urto risulterà pari a
Tema E 259
Al - “ p - ^ ) (6)
fidimi + m2)2
Esercizio E.4 Dal momento che non ci sono scambi di calore con l’esterno, dal primo
principio della termodinamica si ha:
5C + dU = 0, (1)
dove:
8C = p dV, dU = ncvdT + CdT. (2)
La variazione di energia interna tiene conto sia del gas che del recipiente con capacità
termica C. Dal momento che l’espansione è reversibile si ha, istante per istante:
nRT
p= — (3)
quindi:
SC = n R T ^ r . (4)
Dal primo principio si ottiene:
CN
2
(8)
5 J v„ v Jt0 T '5 ° S Vo °S ’
si ha:
' V \i Tn 2 2
( - J = Y ^ TVZ = ToVo = costante. (9)
Poiché T = pV/nR si ha anche:
p V s = costante. (10)
Tema F 261
Tema F
Esercizio F .l Si definisca il tipo di moto con cui si muove una massa soggetta alla sola
forza elastica su un piano orizzontale liscio. Si discutano le caratteristiche principali del
suddetto moto in termini di velocità, accelerazione ed energia.
Esercizio F.2 Una massa m = 500 g, in moto su di un piano orizzontale liscio, urta
frontalmente contro una parete fissa. La sua posizione è riportata in figura in funzione
del tempo.
a) Si disegni il grafico della velocità in funzione del tempo;
b) si calcoli l’impulso della forza che agisce sul carrello durante l’urto;
c) si determini l’energia dissipata nel’urto.
Esercizio F.4 Una macchina termica reversibile scambia calore con tre sorgenti a tem
peratura T1 = 200 K, T2 = 300 K e T 3 = 400 K. Durante un numero intero di cicli, la
macchina assorbe una quantità di calore Q3 = 1200 J dalla sorgente a temperatura T3 e
produce un lavoro C = 200 J. Si calcolino le quantità di calore Qi e Q2 scambiate con
le sorgenti a temperatura T l e T2, precisando se il calore risulti assorbito o ceduto dalla
macchina.
Tema F 263
Soluzioni Tema F
Esercizio F .l Prendiamo un sistema di riferimento con origine nel punto in cui la molla
è a lunghezza di riposo. L’unica forza che determina il moto della massa è la forza elastica,
quindi, per il secondo principio della dinamica:
dPoc dPoc k
F elastica = kx\lx — 1713. = Tfl Ux ' (1 )
Questa equazione differenziale è ben nota e rappresenta l’equazione caratteristica del moto
armonico. La legge oraria del moto, soluzione di tale equazione, sarà quindi
v = A locos(uot + ¢) (3)
a = —A lo2 sin (ut + </>) (4)
Si può osservare come entrambe queste grandezze siano, al pari della legge oraria, funzioni
sinusoidali, sfasate però di 7r/2 rispetto alla precedente. In altri termini, la velocità e
l’accelerazione sono rispettivamente in quadratura ed in opposizione di fase rispetto alla
posizione. O in termini più fisici, quando la massa si trova su un estremo dell’oscillazione,
la velocità è nulla e l’accelerazione è massima ma di segno opposto all’ampiezza; viceversa
quando la massa passa per la posizione di equilibrio (oc = 0), la velocità è massima in
modulo e l’accelerazione è nulla.
Da un punto di vista energetico è importante osservare che l’unica forza che compie lavoro
durante il moto della massa è la forza elastica. Essendo questa una forza conservativa,
l’energia meccanica della massa si conserva durante il moto. In particolare l’energia
meccanica è composta da energia potenziale e cinetica e quindi in questo caso è data da
E = Ep + Ec = + ^rnv2 . (5)
Sostituendo nella precedente equazione la (2) e la (3) e ricordando che lo2 = k/m , si
ottiene
1 1 1 1
E = -^kA2 sin2(uot+4>)+ - m i 2lo2 cos2(u t-{-</>) = - kA2[sin2(uot+</>) + cos2(u t+</>)] = - kA2 ,
(6)
a ulteriore dimostrazione della conservazione dell’energia meccanica durante il moto. L’e
nergia infatti cambia periodicamente forma tra energia potenziale elastica ed energia
cinetica, ma il suo valore complessivo si conserva.
264 Temi riepilogativi di Meccanica e Termodinamica
Esercizio F.2 a) La velocità corrisponde alla pendenza della legge oraria nel grafico
posizione-tempo fornito nel testo dell’esercizio. Essendo il grafico composto da due seg
menti rettilinei, la velocità è costante sia nel primo che nel secondo tratto. Il calcolo della
velocità della massa prima (vi) e dopo (u2) l’urto con la parete fissa è quindi il seguente:
Ax 0.6 m
Vl ~ A i ~ 0.4 s a)
Ax —0.6 m
(2)
V2 = À i = 0.6 s
b) L’impulso della forza che il muro esercita
sulla massa durante l’urto può essere calcolato
sfruttando il teorema dell’impulso:
co
E
nt2
£3
I= Edt — mv2 — mv\ = —1.25 Ns (3) O
Jtl O
<1>
dove tutte le grandezze sono state considerate >
in forma scalare essendo il problema monodi
mensionale. Il segno negativo dell’impulso sta
ad indicare che esso si è opposto alla velocità
iniziale della massa, tanto da ribaltarne il se tempo (s)
gno.
c) L’energia dissipata è puramente cinetica e si può quindi calcolare come
Esercizio F.3 Possiamo risolvere il problema impiegando il primo principio della ter
modinamica. La variazione di energia interna del sistema cosituito da cilindro, pistone e
gas, sarà data da:
dove cv = 3R/2 è il calore specifico molare a volume costante del gas ideale monoatomico.
Uguagliando le due espressioni per A Ui si ottiene:
A T{ncv + C) = - P f A V , (4)
da cui
2P fjA V l
= 17.8055 K (5)
ZnR+ 2
Esercizio F.4 Assumeremo per il momento che i calori Qi e Q2 scambiati dalla macchina
siano positivi (ovvero tutti assorbiti dalla macchina). Poiché la macchina compie una
trasformazione ciclica, tra l’inizio ed il termine di un ciclo dovrà valere la conservazione
dell’energia interna U della macchina, in quanto U è una funzione di stato:
AUrn ~ Ql Q2 + Q 3 — £ — 0- (1)
A Ss= - %0
T1 T2 T3 w
ove abbiamo considerato il fatto che, assumendo che i calori siano assorbiti dalla macchina,
risulterà una diminuzione di entropia delle sorgenti termiche. Risolvendo il sistema delle
due equazioni nelle incognite Qi e Q2 otterremo:
T1 63 (T3 - T 2)
Qi = = 200 J (3)
T i-T 2 T3
e
T2 Q3(T3 - T i )
Q3 — -C = -1200 J. (4)
T i-T 2 T3
Pertanto concludiamo che in un ciclo la macchina cede 1200 J alla sorgente a temperatura
T2 ed assorbe 200 J dalla sorgente a temperatura Ti .
(2)
Capitolo 9
9.1 Problemi
Oé ...................... • <a
P.9.1. qA
%■— ...........
Tre cariche puntiformi, q, 2q e —q sono poste su tre vertici di ;
un quadrato di lato L, come mostrato in figura. Si calcolino (i) il i
campo elettrostatico, in modulo, direzione e verso, e il potenziale, L\
nella posizione del quarto vertice del quadrato; (ii) la forza elet
trostatica cui è sottoposta una carica puntiforme positiva q0 posta
nel quarto vertice del quadrato e la sua energia potenziale. o L
P.9.2.
Quattro cariche puntiformi, due positive e
due negative, aventi lo stesso valore asso i p
luto q = 10 nC, sono allineate lungo un
asse x come mostrato in figura, a distan
za d = 2 cm Tuna dall’altra. Si calcoli il
campo elettrico e il potenziale in un punto
P dell’asse del sistema (vedi figura) posto
a distanza h = 3 cm dall’asse x.
P.9.3.
Un elettrone (massa m = 9.11 x IO-31 kg, carica e =
—1.6 x IO-19 C) in moto con velocità v 0 orizzontale e di
modulo Vo = 3 x IO6 m/s, entra in una regione in cui è
presente un campo elettrostatico uniforme e costante, E,
di modulo E = 500 N /C, perpendicolare a v 0 e diretto X
verso l’alto. Tale regione si estende in direzione orizzon
tale per un tratto d = 5 cm, come mostrato in figura.
Si calcoli la velocità dell’elettrone, in modulo, direzio
ne e verso e lo spostamento in direzione verticale subito y
dall’elettrone, all’uscita dalla regione in cui è presente il
campo elettrico.
268 Elettrostatica nel vuoto
P.9.4.
Un filo rettilineo AB di lunghezza L e sezione tra C
scurabile, disposto lungo un asse x come mostrato
in figura, è uniformemente carico con densità li h
neare di carica À. Si calcoli il campo elettrostatico
generato dal filo in un punto C posto su un asse X
perpendicolare al filo, a distanza h dal filo stesso /
e in un punto D dell’asse x posto a distanza L A B
dall’estremo B del filo. L L
P.9.5.
Una carica positiva Q è uniformemente distribuita su tre lati
di un rettangolo ABCD, con AB =C D =a e BC=AD=ò. Una
carica puntiforme q è posta nel centro O del rettangolo ABCD.
Si determini la forza elettrostatica agente su q.
P.9.6.
Un filo rigido sottile, uniformemente carico con densità li
neare di carica À, ha la forma di una semicirconferenza di
raggio R. Si calcoli il campo elettrostatico nel centro della
semicirconferenza.
P.9.7.
Una carica positiva è uniformemente distribuita su un sottile anello circolare di raggio R ,
con densità lineare di carica À. Si calcoli il campo elettrostatico sull’asse perpendicolare
all’anello, passante per il centro dell’anello stesso. Si studi poi il moto lungo l’asse di una
particella puntiforme di massa m e carica —Q, nell’ipotesi di piccoli spostamenti attorno
al centro dell’anello.
P.9.8.
Una carica positiva è uniformemente distribuita su un sottile anello circolare di raggio R ,
con densità lineare di carica A. Si calcoli il potenziale elettrostatico sull’asse perpendico
lare all’anello, passante per il centro dell’anello stesso. Utilizzando il risultato ottenuto,
si ricavi l’espressione del campo elettrostatico sull’asse dell’anello carico.
P.9.9.
Si calcoli il campo e il potenziale elettrostatico sull’asse di un disco di raggio R su cui è
uniformemente distribuita una carica Q.
9.1 Problemi 269
P.9.10.
Una carica positiva Q è distribuita in modo uniforme su un disco sottile
di raggio R . Una particella di massa m e carica —q è tenuta in quiete
sull’asse del disco, a una distanza h — 3R dal centro del disco, come
mostrato in figura. Si calcoli la velocità con cui la particella raggiunge
il centro del disco una volta lasciata libera di muoversi.
P.9.11.
Una carica positiva è distribuita con densità superficiale unifor
me, cr, su una superficie cilindrica di altezza h e raggio di base
R e sulla superficie di base inferiore, come mostrato in figura.
Si calcoli il campo elettrostatico nel centro, C, del cilindro.
P.9.12.
Due corpi puntiformi A e B, di massa m e M (M m) rispettivamente ed uguale carica
#, si trovano inizialmente a grande distanza l’uno dall’altro. Il corpo A viene lanciato
verso il secondo corpo con velocità v0. Si calcoli a quale distanza dal corpo B la velocità
di A si dimezza.
P.9.13.
Una carica elettrica è distribuita con densità superficiale positiva o\ e ¢12 sui piani x — 0
e x = d, rispettivamente. Si calcolino il campo elettrico e il potenziale in tutto lo spazio,
assumendo che il potenziale sia nullo per x = 0.
P.9.14.
Una carica elettrica positiva è distribuita con densità volumetrica uniforme p all’interno
di una sfera di raggio R. Si calcolino il campo elettrico e il potenziale.
P.9.15.
Una carica positiva è distribuita, con densità volumetrica p uniforme, nella regione di spa
zio limitata dai piani x = —d e x = d. Si calcoli il campo ed il potenziale elettrostatico,
assumendo che il potenziale sia nullo sul piano x = 0.
P.9.16.
Si considerino due fili rettilinei paralleli di lunghezza in
finita, uniformemente carichi con densità lineare di carica
+A e —A, posti a distanza 2d l’uno dall’altro, come mo
strato in figura. Si determini il campo elettrico generato
dalla distribuzione di carica assegnata nel punto P posto
su un piano perpendicolare ai due fili, alla stessa distanza
r dai due fili (vedi figura).
270 Elettrostatica nel vuoto
P.9.17.
Una carica elettrica è distribuita, con densità superficiale po
sitiva o\ e (72, su due superfici cilindriche coassiali infinite di
raggi Ri e R2 rispettivamente, come mostrato in figura. Si cal
colino il campo elettrostatico e il potenziale in tutto lo spazio,
assumendo nullo il potenziale sulla superficie di raggio R2.
P.9.18.
Una carica elettrica positiva è distribuita con densità
superficiale uniforme +cr, sul piano x = 0. Una carica
elettrica negativa è distribuita, con densità volumetri
ca uniforme, —p, nella regione di spazio limitata dai +C
piani x — Xo e x = Xo + d. Si calcoli: -P
(i) la relazione fra a e p affinché il campo elettrico sia
nullo nelle regioni x < 0 e x > x o + d;
0 V0 X q+ d X
(ii) l’andamento del campo elettrico e del potenziale,
nelle condizioni di cui al punto (i), per 0 < x < x0+ d.
Si assuma V — 0 per x = Xo + d. Si rappresenti grafi
camente tale andamento.
(iii) La forza per unità di superficie agente sul piano
x = 0.
P.9.19.
Una carica elettrica positiva è distribuita, con densità volumetrica uniforme p, aH’interno
di un cilindro di altezza infinita e di raggio R. Si calcoli il campo elettrico e il potenziale
in funzione della distanza dall’asse del cilindro, assumendo che il potenziale sia nullo su
tale asse.
P.9.20.
In una regione di spazio compresa fra i piani
x = —2d e x = 2d è presente un campo elettrico
E, diretto in direzione perpendicolare ai piani, il
cui modulo varia come mostrato in figura. Si de
termini la distribuzione di carica che genera tale
campo. Si calcoli e si rappresenti graficamente
il potenziale elettrostatico in funzione di x, assu
mendo che il potenziale sia nullo per x = 0. Si
calcoli infine la velocità, per x = 2d, di una par
ticella puntiforme di carica q e massa m, posta
con velocità nulla nel punto di coordinata x = 0
e libera di muoversi.
9.1 Problemi 271
P.9.21.
Una carica positiva Q è distribuita all’interno di una sfera di raggio R . La densità di
carica di volume varia radialmente con la legge p = ar (0 < r < R), con a costante. Si
determinino:
(i) la costante a;
(ii) il campo elettrico generato dalla distribuzione di carica in tutto lo spazio.
P.9.22.
Una carica Q è uniformemente distribuita su una superfìcie sferica di raggio R. Si calcoli
l’energia elettrostatica della distribuzione. Si calcoli inoltre l’energia cinetica complessiva
che le cariche acquisterebbero portandosi a distanza r > R dal centro della sfera se fosse
ro, tutte allo stesso istante, lasciate libere di allontanarsi dalla sfera stessa.
P.9.23.
Si consideri una sfera con centro in Oi e raggio Ri, uniforme-
mente carica con densità di carica volumetrica p. All’interno
della sfera viene praticato un foro sferico con centro in O2 e
raggio R2 < R\, all’interno del quale c’è il vuoto, come mo
strato in figura. Sia R la distanza fra Oi e O2. Si calcoli il
campo elettrico all’interno del foro.
P.9.24.
Si determini la distribuzione di carica che genera il cam
po elettrico unidimensionale il cui modulo è rappresentato in
figura.
P.9.25.
Un sistema rigido di cariche è costituito da quattro cariche
puntiformi, con valori q, q, 2q e —4q, disposte ai vertici di un
quadrato di lato a, come mostrato in figura. Si calcoli l’energia
potenziale elettrostatica del sistema di cariche assegnato.
-4 qm
P.9.26.
Si determini il momento di dipolo della distribuzione di
cariche indicata in figura. Sia À la densità di carica per
unità di lunghezza.
272 Elettrostatica nel vuoto
P.9.27.
Una particella puntiforme di carica q e massa m è posta al centro di una regione sferica di
raggio R, contenente una carica —q, distribuita in modo uniforme. In tale regione viene
applicato un campo elettrico E0, che provoca lo spostamento della particella dal centro
della regione sferica di una quantità r (r < R). Si determinino:
(i) lo spostamento r della particella di massa m all’equilibrio;
(ii) il momento di dipolo elettrico associato alla distribuzione di carica;
(iii) il moto della particella quando il campo E0 viene tolto in un tempo molto breve.
9.2 Soluzioni 273
9.2 Soluzioni
S.9.1.
Per determinare il campo elettrico nella posizione del
quarto vertice, D, del quadrato applichiamo il princi
pio di sovrapposizione degli effetti. Introduciamo un
sistema di riferimento cartesiano ortogonale x y , di
sposto come mostrato in figura. Il campo in D è dato
da:
E = Ei + E 2 + E 3 , (1)
essendo E 1, E2 ed E 3 i campi elettrici generati in D,
separatamente, dalle cariche poste in A, B e C:
E1 = -
47Te0L2
2q
Eo — — UjDB = —- (ux + uy),
Aire0(Ly/2)2 47re0L2y/2 (2)
E3 q ToyxX-
- 1-----
^3 —
AttCqL2
Si noti che, nel derivare l’espressione vettoriale di E2, si è tenuto conto che il versore
uDB della direzione DB (bisettrice), diretto da D verso B, è uDB = (ux + Uy ) / ^ / 2 e che
l’intensità del campo E2 è 2g/[47re0(Z/\/2)2] = q j(Ane0L2).
Si ha quindi:
E=
47re0L2
q -Ki -J iH -h h h - (3)
qV%
I E i - V ^ T i j = 3¾ (4)
L2'
E„
a = atan— = —80.3°. (5)
Ex
V1 =
Aire0L'
qV 2
V2 = (6)
Aire0L ’
Q
V* = -
Aire0L '
274 Elettrostatica nel vuoto
Si ha quindi:
y .S lL . (7)
Aire0L
La forza elettrostatica cui è sottoposta una carica puntiforme positiva, q0, posta in D è
F = goE e la sua energia potenziale è: U — q0V.
S.9.2.
Per determinare il campo elettrostatico nel punto P posto sull’asse del sistema di cariche,
applichiamo il principio di sovrapposizione degli effetti. Introduciamo un sistema di rife
rimento cartesiano ortogonale x y , disposto come mostrato in figura. Il campo in P è dato
da:
E = E 1 + E2 + E3 + E4 (i)
essendo E1, E2, E3 ed E4 i campi elet
trici generati in P, separatamente, dalle
cariche poste in A, B, C e D. La somma
vettoriale (1) si esegue in modo molto
semplice osservando che i campi elettri
ci generati in P dalle cariche poste in A
e in D hanno la stessa componente oriz
zontale, mentre le componenti verticali
sono uguali in valore assoluto ma di se
gno contrario. Quindi E 1 + E4 risulta <------------ ><------------ x ------------ >
diretto come l’asse x ed ha componente x pari alla somma delle componenti orizzontali
di E1 e di E4:
a cos , x
E 1 + E 4 = 2 l 7— ± ux, (2)
Aire0r(
dove:
n h?+ -d 2
~ 4.24 cm, (3)
- i
Oh
O1 = atan— = 45°. (4)
od
Analogamente per la somma dei campi generati in P dalle cariche poste in B e in C:
E2 + E3 = - 2 (5)
47reor2
dove:
r2 = h2 + — 3.16 cm, (6)
Oh
O2 = atan— ~ 71.56°. (7)
a
Si ha quindi:
q Zcosfl1
U1 = 1.38 x IO4 Ux N/C. (8)
27re0 V r\ r2 '
9.2 Soluzioni 275
v = r A~-KCq
(V = 0 (9)
r- i r2 r2 ri J =
S.9.3.
L’elettrone è sottoposto alla forza peso, rag, e alla forza elettrostatica Fe = eE. La forza
peso può essere trascurata rispetto alla forza elettrica, infatti:
max — 0
may = \e\E. (2)
f Vy , leiE Pt f
/ aVy = ------ / dt, (3)
Jo m J0
da cui si ottiene:
Vx = Vo
lei E
Vyy m
L (4)
da cui, per integrazione, possiamo ottenere le equazioni parametriche del moto dell’elet
trone:
[ d x = [ v0 dt
Jo Jo
I y d^ m r td t (5)
Jo Vfi J0
X = Vot
\e \E 2
(7)
V = 2^ l x
yF = y{tF ) = li ^ = (8)
1 ^2 2 c m -
VFy{tF)= ^ (9)
Il modulo di Vp è dato da:
Iy f I = vFx + ; = X 0
2+ ( —
\p, Y = 3.34 x IO6 m/s. (10)
V \mv0
v F forma con l’asse x un angolo 0 dato da:
0 _ a t a n d a )= .t a „ (t ìa = 2 6 ° . (H )
\Vl/ V mvZ J
S.9.4.
y>
Scegliamo un sistema di assi cartesiani ortogonali xy disposto
><
come mostrato in figura. In particolare, l’asse x è diretto dE
come il filo, con origine nel punto medio di AB. Per calcolare
il campo elettrico nel punto C dell’asse y , posto a distanza
fdE2
h dal filo, consideriamo due elementi infinitesimi del filo,
di lunghezza dx, simmetrici rispetto all’asse y , la cui carica [c
L
A
cos 9 d9 ■ sin O (4)
2lTe0h
dove 9m è l’angolo 9 corrispondente al segmento AC. Poiché:
L
sin Om
= (5)
V4/i2 + L2 ’
si ottiene:
XL
E(C) = (6)
2Tre0hV4h? + L2
Si noti che dall’Eq. (4) si ottiene facilmente il campo generato in C da un filo rettilineo di
lunghezza infinita uniformemente carico. In tal caso = 7t/ 2, quindi:
E(C) = (7)
2ireoh
Calcoliamo ora il campo elettrico generato dal filo AB nel punto D posto sull’asse x a
distanza L dall’estremo B. Il campo elettrico generato in D da un elemento dx del filo, di
carica dq = A dx, è ovviamente diretto come l’asse or ed è dato da:
A dx
dE (8)
Aire,o ( | A - x )
S.9.5.
La forza elettrostatica agente sulla carica puntiforme q è data
da:
O q
F = qE, (1)
dove E è il campo elettrostatico generato in O dalla carica ^ ^ D
Q distribuita sui tre lati del rettangolo ABCD. Tale campo
y
si può calcolare facilmente applicando il principio di sovrap
posizione degli effetti, come somma vettoriale dei campi generati, in O, dalla carica di
stribuita sui tre lati AB, BC e CD. Utilizzando uno dei risultati dell’esercizio precedente,
si ha che il campo generato in un punto dell’asse da una carica uniformemente distribuita
su un filo di lunghezza L, a distanza h dal filo stesso ha modulo dato da (vedi la (6)
dell’esercizio precedente):
,E, AL
(2)
2ne0hy/4:h2 + L2
278 Elettrostatica nel vuoto
ed è diretto come l’asse del filo. Nella (2) A è la densità di carica lineare. Nel caso in
esame i campi generati in O dalla carica distribuita sui lati AB e CD sono uguali in
modulo e direzione ed opposti in verso, quindi la loro somma vettoriale è nulla. Pertanto
il campo E generato in O dalla distribuzione di carica assegnata dall’esercizio è dovuto
esclusivamente alla carica distribuita sul lato BC. Utilizzando la (2) si ottiene:
Xb
E = (3)
ire0a\/a2 + b2 y
avendo introdotto un asse y coincidente con l’asse del lato BC, come mostrato in figura.
Nella (3) la densità lineare di carica, A, è data da:
A=
Q
(4)
2a b
Utilizzando le relazioni (1), (3) e (4), si ottiene la forza elettrostatica agente sulla carica
puntiforme q:
F = ---------------- ~ U y. (5)
7re0a(2a + b)y/a2 + b2
S.9.6.
Scegliamo un sistema di assi cartesiani ortogonali
xy disposto come mostrato in figura. Siano dii e
dl2 (dii = dl2 = di) due elementi infinitesimi della
semicirconferenza posti in posizioni simmetriche
rispetto all’asse y. I campi elettrici, dEi e dE2,
generati da tali elementi nel centro della semicir
conferenza hanno la stessa componente y e com
ponenti x uguali in valore assoluto ma di segno
opposto. Il campo complessivo, dE = dEi + dE2,
è quindi diretto come l’asse y ed ha modulo dato da:
I .. i . A di -
dE = 2 ------ — cosd.
1 1 Aire0R2
Il campo totale si ottiene integrando la (1), facendo variare 9 fra O e 7r/2, ricordando che
di = R d9:
A A
Si ha quindi:
|E| =
2ire0R f:
cos 9 d9 =
2ire0R
(2)
E = (3)
2ne0R
S.9.7.
Indichiamo con y l’asse perpendicolare all’anello. Consideriamo due elementi infinitesimi
di circonferenza, di lunghezza di, posti in posizioni diametralmente opposte sulla circon
ferenza, come mostrato in figura. I campi elettrici, dEi e dE2, generati da tali elementi
9.2 Soluzioni 279
2À di cos 9
MEI = (1)
Aireor2
dove:
r2 — R2 A- y 2 1 (2)
V
cos 9 = (3)
xAR2 + z/2'
A cos# f „ XRcos9
|E|= W i 1" (4)
Si osservi che, poiché nella (1) si è consi
derato il contributo di due elementi di filo
diametralmente opposti, l’integrale che com
pare nella (4) è stato eseguito su mezza cir
conferenza.
Si ottiene quindi:
E XRy „
(5)
2e0 (R2+ y
AQ
F = -Q E = y Uy (7)
2eo-R2
L’equazione di moto di tale particella sarà dunque:
<Py AQ
mW = - 2 ^ ’ (8)
che rappresenta un moto armonico semplice lungo l’asse y , di pulsazione u; data da:
AQ
UJ = (9)
2eomR2
280 Elettrostatica nel vuoto
S.9.8.
Per calcolare il potenziale elettrostatico generato dall’a
nello carico, in un punto P dell’asse, possiamo applicare
il principio di sovrapposizione e scrivere:
V (P ) = [ — (1)
Aire0 Je r di
A XR
(:2ttR) = (2)
V (P ) =
T l - i
Aire0r Je cM= Aire0T 2e0r 2e0V ^ 2T y 2
avendo introdotto un asse y diretto come l’ asse dell’anello. Per calcolare l’espressione del
campo elettrico in un punto P sull’asse dell’anello, osserviamo che per simmetria esso sarà
diretto lungo l’asse y , e cioè E = Ey(y)uy; la componente cartesiana Ey del campo sarà
legata al potenziale dalla nota relazione:
A
(3)
y dy
dove si è usato per V (y) l’espressione (2). Si ha dunque:
F XRy u
(4)
2eo(f?2 + 1/2)3/2 y
S.9.9.
Il campo elettrico generato dal disco uniformemente carico si può calcolare suddividendo
il disco in un numero infinito di spire circolari di raggio r (0 < r < R). Il campo elettrico
generato da una spira di raggio r uniformemente carica in un punto dell’asse è dato dalla
formula (5) dell’esercizio 7:
qy
E = (2)
Aire0{r2 + y 2)3/ 2
Nel caso in esame si ha che la carica sulla spira di raggio r e spessore dr è data da:
9.2 Soluzioni 281
Qyr dr
dE = (4)
2k €qR2 (r2 + y2)3/2
Il campo elettrostatico generato dalla carica distribuita sull’intero disco si calcola inte
grando la (4) per r variabile da 0 a R:
QrUy fR r uy 1 _
2ire0R2 J0 (r2 + ?/2)3/2 “ 2tt ^fr2 + y2^o
Q
- I 1 (5)
2k C0R2 + 7 1
, I 1 (6)
V i? 2 + ?/2j
(7)
Per calcolare il potenziale elettrostatico in un punto dell’asse del disco applichiamo ancora
il principio di sovrapposizione degli effetti. Il potenziale generato in un punto dell’asse
(y) da una spira di raggio r uniformemente carica con densità lineare di carica À è dato
dalla formula (2) dell’esercizio precedente:
Xr g
V = (8)
2eo 4Tre0\/r2 + y2
Il potenziale, dV, generato dalla spira di raggio r e spessore dr in un punto dell’asse del
disco si ottiene dalle (8) e (3):
Qr
dV = dr. (9)
2k €0R 2\Jr2 + y2
l
Q Q
V: dr = rz + yz\ =
27T60R2 J0 y V 2 + y2 2Tre0R2
Q
(1 0 )
2Tre0R? [ V ^ + ^ - y ] -
282 Elettrostatica nel vuoto
Anche in questo caso, come nell’esercizio precedente, il campo elettrostatico sull’asse del
disco, diretto per simmetria lungo l’asse stesso (E = Ey(y)Uy), si può calcolare con la
relazione:
? = = Q- h - i (11)
dy 27T60 R2
L y 'R 2 + y 2-l ’
che coincide, ovviamente, con la (5).
S.9.10.
Le forze agenti sulla particella di massa m sono la forza peso, mg, #A
e la forza elettrostatica generata dalla carica Q distribuita sul disco
di raggio R. Dal momento che le forze applicate sono conservative,
possiamo applicare il principio di conservazione dell’energia. La
forza peso può essere trascurata rispetto alla forza elettrostatica.
Inizialmente la particella è in quiete, quindi l’energia è di tipo
puramente potenziale:
£{i) = -Q V (A )i
dove V (A) è il potenziale elettrostatico generato in A dalla carica Q. Ricordando che il
potenziale generato sull’asse da una carica Q uniformemente distribuita su un disco di
raggio R , a distanza h dal disco stesso è data dalla (10) dell’esercizio precedente:
(2)
si ottiene:
S(i) = I o - 3). (3)
27reoR
Quando la particella, lasciata libera di muoversi, raggiunge il centro del disco, l’energia
totale è data dalla somma dell’energia cinetica e dell’energia potenziale elettrostatica:
Q
V (O ) = (5)
2 k €qR
v= (6)
S.9.11.
Il problema si risolve facilmente applicando il principio di sovrapposizione degli effetti.
La distribuzione di carica assegnata è equivalente a una carica distribuita, con densità
cr, sulla superficie cilindrica e sulle due basi del cilindro, a cui si sovrappone una carica
distribuita, con densità —a, sulla base superiore del cilindro. Il campo elettrico generato
9.2 Soluzioni 283
in C dalla carica distribuita sulla superficie cilindrica e sulle due basi è nullo per ragioni
di simmetria. Infatti le cariche distribuite sulle due basi generano in C due campi elettrici
diretti come l’asse del cilindro, uguali in modulo e di verso opposto (vedi il problema
9). La superficie cilindrica si può scomporre in un numero infinito di spire di raggio R.
I campi elettrici generati in C dalle coppie di spire i cui centri sono posti in posizioni
simmetriche rispetto a C, sono diretti come l’asse del cilindro, hanno lo stesso modulo ma
hanno verso opposto (vedi il problema 7).
II campo elettrico generato in C dalla distribuzione di carica .
assegnata è quindi il campo generato sull’asse da un disco di
raggio R , uniformemente carico con densità di carica —a, e
quindi è dato da (vedi il problema 9):
h
E(C) = - I l (1)
V4 R2 + h2
S.9.12.
Dal momento che la massa M del corpo B è molto maggiore di quella del corpo A, possiamo
trascurare il moto di B. L’unica forza agente su A è quella elettrostatica esercitata dal
corpo B (possiamo infatti trascurare la forza peso rispetto a quella elettrostatica), quindi
l’energia totale si conserva. Inizialmente i due corpi si trovano a grande distanza l’uno
dall’altro, quindi l’energia di A è di tipo cinetico:
£(oo) = ^mo0
2 (1)
S.9.13.
L’esercizio si risolve applicando il principio di sovrapposizione degli effetti. Calcoleremo
il campo elettrico generato, separatamente, dalle due distribuzioni superficiali di carica.
Consideriamo quindi il piano x = O uniformemente carico, con densità di carica
Data la simmetria, il campo elettrico deve essere perpendicolare al piano e deve avere lo
stesso modulo ma verso opposto sulle coppie di piani perpendicolari all’asse x, posti in
posizioni simmetriche rispetto al piano carico. Applichiamo quindi il teorema di Gauss,
considerando una superfìcie cilindrica perpendicolare al piano x = 0, con basi di area
284 Elettrostatica nel vuoto
ai G2
E i = -------ux, x < 0 Si
2e0
< -
(2)
Ei = ux, x 0 0 X
ZCo d
(Ti — d o
E = --------- - ux, 0< (3)
2e0
ai + <r2 ,
E = —------ ux, x > a
2e0
Q
I
rV(x)
(Tl +-G1 r
dV = dx
Jo 2e(0 Jo a, +<t 7
2s0
V (x) = jx
O (4)
2eo
Per 0 < x < d si ottiene:
r V {x )
CT1 ~ (T2
Jo
dV =
2Cn / dx
CT1 ~ CT2
V (x) = - (5)
2e0
Infine, per x > d, osservando che il potenziale è continuo in x = d, dal momento che il
campo elettrico si mantiene limitato in x = d, si ottiene:
[ v{ ] d v = - criJ" r dx
Jv{d) 2e0 Jd
CTi ~ 0 2 ^ (T l jT (T2 (Ti + CT2 (T2
V (x) = (x d) — ò------ X + — d (6)
2cq 2eo 2e0
9.2 Soluzioni 285
S.9.14.
Data la simmetria della distribuzione di carica, il campo elettrico presenta una simmetria
sferica: ha direzione radiale e ha lo stesso valore su superfici sferiche, E, di raggio r
arbitrario concentriche alla distribuzione di carica. Per determinare il campo elettrico
applicheremo il teorema di Gauss. Il campo in un punto interno alla sfera di raggio R si
calcola come segue:
Ss (E) = = (1)
co 3
Per 0 < r < Rs
i ha quindi:
E = ^ r- ur = -r~ r
3e0 3e0 " ^
essendo ur il versore radiale uscente dal centro della
sfera.
In un punto esterno alla sfera si ha invece:
Ss (E) = P 4. =
Anr2E
£q 3
Per r > Rs
i ha quindi:
PRi
E= (4)
3e0r2
Se indichiamo con Q la carica totale posseduta dalla sfera, Q = AttR3p/3, il campo esterno
si può scrivere come segue:
E = 47re0r2 Ur’ ^
cioè una sfera con carica Q uniformemente distribuita produce nei punti esterni lo stesso
campo elettrico generato da una carica puntiforme Q posta nel centro della sfera.
L’andamento del campo elettrico in funzione di r è riportato in figura. Calcoliamo ora
il potenziale, assumendo V = 0 all’infinito. Dalla definizione di potenziale si ha: dV =
—E dr, quindi, per r > R si ottiene:
r r *
=
IV
J0 47reO OO r
286 Elettrostatica nel vuoto
Q PR
V (r) (6)
Anegr 3e0r'
p r
/ dV= - f - /
Jv(R) 3eo Jr
S.9.15.
Introduciamo un asse x perpendicolare allo stra
to carico, con origine nel centro dello strato,
come mostrato in figura. Per calcolare il cam
po elettrico è opportuno applicare il teorema di
Gauss. Data la simmetria della configurazione
il campo elettrico è parallelo all’asse x , ha lo
stesso modulo ma verso opposto sulle coppie di
piani perpendicolari all’asse x, posti in posizioni
simmetriche rispetto al piano x = 0. Per prima
cosa calcoliamo il campo esterno. Consideriamo
una superficie cilindrica con basi di area A poste in posizioni simmetriche rispetto allo
strato (superficie Ei mostrata in figura).
Si ottiene:
E — ------ux, x < -d
eO
(2)
E= — ux, x>d
eO
V {x) = V ( d ) - ^ { x - d ) = - ^ { 2 x - d ) . (6)
e0 2e0
Analogamente per x < —d, ricordando che il potenziale è continuo in x = —d, si ha:
V (x) = ^ - ( 2 x + (d
).7)
zeo
L’andamento del potenziale è mostrato in figura. Si noti che per x = d la retta che rap
presenta il potenziale per x > d è tangente alla parabola. Analogamente per x — —d.
S.9.16.
Il problema si risolve facilmente applicando il principio
di sovrapposizione degli effetti. Il campo elettrico E in
P è dato dalla somma vettoriale dei campi E i ed E2 ge
nerati, separatamente, dai due fili carichi. Il campo elet
trico generato da un filo rettilineo indefinito uniforme-
mente carico si calcola utilizzando il teorema di Gauss.
Data la simmetria del problema, il campo elettrostatico
è dotato di simmetria cilindrica: è radiale ed ha lo stesso
modulo in tutti i punti di superfici cilindriche coassiali
col filo. Utilizzando come superficie di Gauss una superficie cilindrica di raggio arbitrario
r, di altezza arbitraria /1, coassiale al filo, applicando il teorema di Gauss si ottiene:
$ (E ) = 2tt rh= — (1 )
Co
Si ha quindi:
E: (2)
27reor
avendo indicato con ur il versore radiale uscente dal filo. Nel caso in esame il campo
elettrostatico totale in P è dato da:
E — E i -)- E; (3)
288 Elettrostatica nel vuoto
dove:
A
IE1I = IE2I (4)
27reor
Con riferimento alla figura si ha:
cos 0 = d/r ( 6)
Si ha quindi:
Xd
E = (7)
7T60r2Ux
S.9.17.
Data la simmetria della distribuzione di carica possiamo calcolare il campo elettrostatico
applicando il teorema di Gauss. Il campo è radiale ed assume lo stesso modulo su superfici
cilindriche coassiali con la distribuzione di carica assegnata. Assumendo come superfìcie
di Gauss E una di tali superfici cilindriche di altezza arbitraria h e di raggio r, si ottiene
che il flusso uscente del campo E è dato da:
$s(E) = I rK rh E .
c (1)
Per 0 < r < Ri, applicando il teorema di
Gauss si ha:
$ e (E) = 0 (2)
<M E ) = (4)
dal momento che la carica interna alla superficie E è distribuita sulla superficie cilindrica
di raggio .R1. Utilizzando le (1) e (4) si ottiene:
OiRi
E= Ur (5)
e0r
$ s (E ) = 2Irhja1R 1 +(T2Rt)
(6)
eO
9.2 Soluzioni 289
E = ViRi + v
Ur
J
eor
L’andamento del campo elettrico in funzione di r è mostrato in figura. Si noti che in cor
rispondenza delle due distribuzioni di carica superficiali il campo elettrostatico è discon
tinuo. Calcoliamo ora il potenziale elettrostatico generato dalla distribuzione di carica,
ricordando che si assume nullo il potenziale per r = R2. Per r > R2 si ha:
pV(r) nr
ai R i -K G2R2 f r dr
/ dV =- E dr = (8)
Jo Jr2 eo [ r2 t
J
da cui si ricava:
(Ti Ri+ r
V {r) = ---------- ---------- In — (9)
Co ri2
Per Ri < r < R2 si ha:
r dV= - r E d r = - ^ I (1 0 )
Jo Jr2 eo Jr2 t
da cui:
,n , OiRx , r
V {r) = --------- In — (H)
rt2
Infine, per 0 < r < i21? dal momento che il campo elettrostatico è nullo, il potenziale è
costante. Poiché per r = il potenziale deve essere continuo (il campo non diverge), si
ottiene:
V (r) = V (R i) = (12)
L’andamento del potenziale elettrostatico in funzione di r è mostrato in figura.
290 Elettrostatica nel vuoto
S.9.18.
L’esercizio si risolve applicando il principio di so
vrapposizione degli effetti. Calcoleremo quindi
il campo elettrostatico generato, separatamente,
dalla distribuzione superficiale di carica e dallo
strato piano. Il campo totale è la somma vettoria
le dei due campi. Per quanto riguarda la distribu
zione superficiale di carica, ricordando il risultato
dell’esercizio 13, si ha:
^ a
Ei = ux, x < 0
Ze0
a)
x > 0
E i = ^ u~
Per quanto
(7) riguarda la distribuzione volumetrica di carica, si procede come mostrato nel
problema 15, ponendo attenzione al fatto che, nel caso in esame, la densità di carica è —p,
lo spessore dello strato è d e il piano di simmetria dello strato è il piano x — Xq -K (d/2):
E2 = ^ U x X < Xq
2e0
p rx - /
—
, d
( xo + — (2)
e0 L V 2-
pd
—— ux, X > Xq + d
2cq
Il campo elettrico generato dalla distribuzione di carica assegnata è dato da: E = E i -KE2.
Affinché il campo elettrico totale sia nullo nelle regioni x < O e x > x 0-\-d deve risultare:
- £ - + £ ± .0 a = pd. (3)
2eo 2eo
In tal caso il campo elettrico totale è dato da:
E = O1 X < 0, X > Xq -K d
/a pd'\ a
E=| 0 < X < Xq
II
\s
X
\2eo 2eo>
(4)
1 X ~ X q\
E = < [* -(* „+ 5 ) ] } " * - ^ ( I ^ J Ux, Xq < X < Xq + d
l 2Cq Cq
L’andamento del campo elettrico è rappresentato in figura. Si noti che in corrispondenza
della distribuzione di carica superficiale il campo elettrico è discontinuo, mentre è continuo
in corrispondenza della distribuzione di carica volumetrica. Calcoliamo ora il potenziale
assumendo V = O per x = Xq-Kd. Dalla definizione di potenziale si ha: dV = —E dx. Per
x > xq-\-d il potenziale è costante; dal momento che il potenziale è continuo in x = xo + d,
si ha che V = O per x > x 0 -K d. Per x 0 < x < X0 -K d si ha:
r * v - ° - r ( i - ^ ) dx
Jo eOJxo+d. ' d /
9.2 Soluzioni 291
Per 0 < x < x0, osservando che il potenziale è continuo in x = X0 (Vr(Xo) = crd/(2e0)):
r )
)
dV == -
r CT
- dx
O
' V ( X 0)
O
— ° I(d
- +, X0 - x \
) (6)
eo ^2 /
E dS = 7T~ u x , x > 0
Zeo
(io )
Eds = —- — uv x < 0
2e0
Si ha quindi:
E t o t -ds 0 ux X < 0e X > 0 (H)
ZCq
292 Elettrostatica nel vuoto
a
(13)
p = w
S.9.19.
Per calcolare il campo elettrico generato dalla distri
buzione di carica assegnata, applichiamo il teorema di
Gauss. Data la simmetria cilindrica della distribuzione,
anche il campo elettrico presenta la stessa simmetria.
Quindi le sue linee di forza sono radiali (perpendicola
re all’asse del cilindro) e il campo elettrico ha lo stesso
modulo su una superficie cilindrica di raggio generico
r coassiale con la distribuzione assegnata. Assumendo
come superficie di Gauss una superficie cilindrica E di
raggio r (0 < r < R) e altezza h, si ottiene:
(E) = F _ Pr= „
2-KrhE (1)
eO
essendo ur il versore radiale uscente dall’asse. Per r > R si ha:
t, Pr2
$ e (E) = 2tt rhE = ±-irR2h
E = -z— ur (2)
eO 2e0r
L’andamento del campo elettrico in funzione della distanza dall’asse del cilindro è mostrato
in figura.
Calcoliamo ora il potenziale generato dalla distri
buzione di carica, assumendo che il potenziale sia
nullo per r = 0. Dalla definizione di potenziale si
ha: dV = —E dr. Per 0 < r < R si ottiene:
r r)d v = - z - r r dr
Jo 2e0 Jo
V (r) = - X - r2. (3)
4eo
Per r > R
,osservando che il potenziale è continuo
in r = R( V (R ) = ~Pr2 /
{4e0)) si ha:
r \ v - -e # r ±
J v (R ) ^e0 Jr r
(4)
v { r ) - ^ - è ~ a (1+21n5)'
L’andamento del potenziale in funzione di r è mostrato in figura.
9.2 Soluzioni 293
S.9.20.
La configurazione di campo elettrico assegnata si può immaginare come la sovrapposizione
di due campi elettrici uniformi di modulo E0, il primo presente fra i piani x = =Ld, il
secondo presente fra i piani x = ± 2 d. Un campo elettrico uniforme fra due piani è generato
da due distribuzioni piane di carica, uniformi e di segno opposto. Infatti, consideriamo
due piani infiniti con densità superficiali da carica -ber e —a posti in x = —2d e x = 2d,
rispettivamente. Il campo elettrico generato si può calcolare applicando il principio di
sovrapposizione degli effetti, come mostrato nel problema 13, si ottiene:
a (!)
E = — ux, —2d < x < 2 d
eo
p v \x) pX
A Ec = Ec(2
)- Ec(O) = Ccampo,
d (6)
avendo indicato con CcamPo il lavoro compiuto dalle forze del campo, dato per definizione
da Ccarnpo = —q A V = —q[V(2d) — U(O)]. Si ha quindi:
da cui si ottiene:
6qE0d
(8)
S.9.21.
La carica totale Q distribuita all’interno della sfera di raggio R è legata alla densità di
carica volumetrica dalla seguente relazione:
Q= f ) dr, (1)
Jsfera
dove dr è l’elemento di volume infinitesimo e l’integrale è esteso all’intera sfera. Nel caso
in esame di simmetria sferica dr = 47rr2 dr, quindi:
47rar3 dr = ra E 4. (2)
Si ha quindi:
Q
(3)
7tR4
Per calcolare il campo elettrico applichiamo il teorema di Gauss. La distribuzione di carica
ha simmetria sferica, quindi scegliamo come superficie di Gauss un’arbitraria superficie
sferica H di raggio r concentrica con la sfera carica. Per 0 < r < R si ottiene:
E Q f rV u
(6)
AneQr2 KRJ r 47re0E4
9.2 Soluzioni 295
Nei punti esterni alla sfera il campo è lo stesso che si avrebbe nel caso in cui la carica Q
fosse concentrata nel centro della sfera:
Q
ur. (7)
^ Aneor2
L’andamento del campo elettrico in funzione della distanza r dal centro della sfera è mo
strato in figura.
S.9.22.
L’energia elettrostatica della configurazione di carica assegnata si può calcolare utilizzando
la formula seguente:
L aV dS, (1)
S 2 (E) = = ^ E = (3)
eO Ane0T2
come se la carica Q fosse concentrata nel centro della superficie sferica. Il potenziale
elettrostatico si calcola facilmente. Se assumiamo che il potenziale sia nullo all’infinito si
296 Elettrostatica nel vuoto
r t v .- s .r i .
Jo 47re0 Joo r
Q
V (r) = • (4)
Aneor
Q
V = (5)
Aneo R
Gli andamenti del campo elettrico e del potenziale in funzione di r sono mostrati in figura.
Possiamo ora calcolare l’energia elettrostatica. Utilizzando la formula (1) si ottiene:
(6)
- w .is« - 8ne0R
S.9.23.
Il problema si risolve applicando il principio di so
vrapposizione degli effetti. La distribuzione di ca
rica assegnata equivale a una sfera di centro Oi e
raggio Ri uniformemente carica con densità volu
metrica p a cui si sovrappone una sfera con centro
in O2 e raggio R2 uniformemente carica con densi
tà volumetrica —p. Il campo elettrico generato da
una carica distribuita con densità volumetrica co
stante in una sfera è stato calcolato nel problema
14. In un punto interno al foro si ha:
E= A 1 - A 2 = A r 1 - r2) = ^ - R , (i)
ocq o€q oeo òeo
essendo R il vettore che congiunge Oi con O2. Si vede quindi che il campo all’interno
della cavità è uniforme ed è proporzionale alla distanza fra i centri delle due sfere. Nel
caso particolare in cui i due centri coincidano (guscio sferico di raggio interno Ri e raggio
esterno R2) il campo elettrico all’interno della cavità è nullo, come risulta evidente appli
cando direttamente il teorema di Gauss.
S.9.24. s
Il campo assegnato è generato da una carica distribuita n e l l a -----------------------
regione di spazio compresa fra i piani x = O e x = a. N e l l a _______________
regione O < x < a il campo elettrico è dato da: ___________________ >
O a x
E= ( ~ ^ X + E )°Ux (1)
dE _ p
(2)
dx eo ’
S.9.25.
Per calcolare l’energia potenziale elettrostatica del sistema di cariche puntiformi in con
siderazione, seguiamo il processo che porta alla costruzione del sistema in esame. Per
spostare una carica si agisce su di essa con una forza esterna uguale e contraria a quella
dovuta al campo elettrostatico generato dalle altre cariche del sistema. In tal modo il la
voro complessivo delle due forze agenti sulla carica in esame (quella esterna e il risultante
delle forze elettrostatiche dovute alle altre cariche) è nullo, la variazione di energia cine
tica è di conseguenza nulla, quindi il lavoro eseguito dalla forza esterna, Cest, si converte
totalmente in energia potenziale del sistema. Assegnando, convenzionalmente, energia
nulla alla configurazione in cui tutte le cariche sono a distanza infinita fra di loro, si ha:
U = Cest. Calcoliamo tale lavoro.
Il posizionamento della prima carica, per esempio la carica
q in posizione A, viene effettuato compiendo lavoro nul
lo, poiché inizialmente, quando tutte le cariche del sistema
sono a distanza infinita Luna dall’altra, non è presente al
cun campo elettrostatico. Il posizionamento della seconda
carica, per esempio la carica 2q in posizione B, a partire
dall’infinito fino alla posizione finale B, viene fatto muoven -A q «
do la carica nel campo elettrostatico generato dalla prima
carica in posizione A. La forza esterna che agisce su 2q è
data da:
F16 U rA (i)
27reor2
essendo urA il versore uscente da q diretto lungo la congiungente le due cariche. Si ha
quindi:
[ adr_
C f = f F iesi • d- (2)
J OO 27reor2 J/ OO r2
' ~ 2ty€qa
Per il trasporto della terza carica, ad esempio la carica q in posizione C, si procede
nello stesso modo, ricordando che ora il campo elettrostatico in cui la carica si muove è
generato dalle due cariche già collocate nelle rispettive posizioni finali. Possiamo applicare
il principio di sovrapposizione degli effetti. Si immagina dapprima che la carica venga
spostata nel campo elettrostatico generato dalla sola carica q posta in A. In tal caso il
lavoro esterno è dato da (vedi la (2)):
gV2
2,A 87T6oa
n est _
^2,B ~ (4)
27reoa
Il lavoro complessivo è quindi:
nest _ | <?2
A (5)
87TCq CL 2 l T€ q CI
9.2 Soluzioni 299
A questo punto dobbiamo posizionare l’ultima carica, —4g, in posizione D. In tal caso,
seguendo lo stesso procedimento, otteniamo:
p est g2 _ (fV Z _ g2
^3 (6)
ne0a ne0a neo a
O1
U = C\st+ C f + £ “ ‘ = - - ^ — (8 + 7^2) (7)
o7reo&
Il procedimento descritto porta ad una semplice espressione dell’energia potenziale elet
trostatica per un sistema di cariche puntiformi:
2 . t gigj
,ATTe0
(8)
S.9.26.
Introduciamo un sistema di assi cartesiani ortogonali xy
come mostrato in figura. Consideriamo dapprima la ca +
rica distribuita lungo l’asse x, e due elementi infinitesimi +
+
dx posti in posizioni simmetriche rispetto all’origine (a di +
stanza x dall’origine stessa). Essi costituiscono un dipolo ++++++
dx
elettrico di momento dp = (2x)X dx ux. Il momento di
dipolo complessivo della carica distribuita lungo l’asse x
sarà dunque:
[d
P1 = A ux / 2x dx = Xd2 ux. (1)
Jo
Allo stesso modo il momento di dipolo della carica distribuita lungo l’asse y sarà dato da:
fd
p 2 = A uy / 2y dy = Xd2 uy. (2)
Jo
Per il principio di sovrapposizione degli effetti, il momento di dipolo elettrico complessivo
è dato da:
P = Pi + P 2 = Ad2(ux + uy). (3)
S.9.27.
La particella di massa m e carica q è sottoposta all’azione di due forze: la forza #E0 dovuta
al campo applicato e la forza gE dovuta al campo generato, nella posizione occupata
dalla particella, dalla carica —q distribuita in modo uniforme nella sfera di raggio R.
300 Elettrostatica nel vuoto
^(E q H- E) = 0 E = —E q. (1)
Come mostrato nel problema 14, il campo elettrico generato da una sfera uniformemente
carica con densità volumetrica p in un punto interno alla sfera stessa, è dato da:
E
=f ,
3eo
(2)
essendo r il vettore posizione della particella di massa m. Nel nostro caso p = —3g/(47TÌ?3).
Si ha quindi:
Pr _ F 3e0 47re0i?3
Eq E q. (3)
3 ^ “ “ Eo P Q
Il momento di dipolo elettrico associato alla distribuzione di carica è dato da:
p = qr = 47re0i?3E0. (4)
q2r
F = qE = - (5)
Ane0R3 Ane0R3
essendo ur il versore radiale uscente dal centro della sfera. La legge di moto della particella
è data da:
d2r q2
m ------- = ------------------- T (6)
d
t2 47T60-R3 '
Si riconosce che il moto della particella è armonico semplice, con pulsazione co data da:
co = (7)
4:TTe0rnR:i
9.3 Esercizi di autovalutazione 301
AV.9.2.
Una particella carica puntiforme di carica Q e massa m si trova
in prossimità di un piano orizzontale isolante carico con densità
di carica uniforme a in cui è praticato un foro circolare di raggio
R e centro C. Si calcoli l’altezza h rispetto a C del punto lungo
l’asse del foro in cui la particella è in equilibrio. Si dica inoltre
se l’equilibrio è stabile o instabile, giustificando la risposta.
AV.9.3.
Quattro palline uguali, di massa m, sono fisse ai vertici di un quadrato di lato d. Ogni
pallina ha una eguale carica positiva Q.
(%) Calcolare l’energia elettrostatica U del sistema.
(ii) Si supponga che ad un certo istante vengano improvvisamente a mancare i legami che
fissavano una delle palline al suo posto. Trovare la velocità v della pallina quando la sua
distanza dalle altre è molto grande.
AV.9.4.
In un piano xy una carica + q è posta in (—a, 0) ed una seconda carica + q è posta in
(+a,0). Si determinino:
(i) il campo elettrostatico in (0,0);
(a) il campo elettrostatico in (0, + oc);
(iti) la posizione lungo l’asse y per cui il campo elettrostatico è massimo.
AV.9.5.
Una carica Q è distribuita uniformemente nel volume di un guscio sferico definito da un
raggio interno .R1 e da un raggio esterno R2. Si determinino:
(i) il campo elettrostatico nel centro del guscio sferico;
R _|_ R
(ii) il campo elettrostatico ad una distanza dal centro pari a R = -----------;
(iti) il potenziale elettrostatico a distanza R2 dal centro.
AV.9.6.
Una carica + Q è distribuita uniformemente in un volume sferico di raggio R. Si determi
ni il lavoro fatto dal campo elettostatico per portare una seconda carica +g da f?/2 a f?
rispetto al centro della distribuzione.
AV.9.7.
Nel modello di Rutherford dell’atomo di idrogeno, l’elettrone (di carica —q e massa me)
302 Elettrostatica nel vuoto
orbita attorno al nucleo (di carica + q) lungo una traiettoria circolare. Assumendo che il
raggio dell’orbita sia R, si calcolino la velocità v dell’elettrone ed il tempo da questi im
piegato per compiere un’orbita completa. Si assuma q = 1.6 x IO-19 C, me = 9.1 x IO-31
kg ed R = 5 x IO-11 m.
AV.9.8.
Si consideri una distribuzione di carica depositata, con densità uni
forme <7 , sulla superfìcie di un cilindro di lunghezza indefinita e
raggio Rq. Una particella di massa m e carica q orbita attorno al
cilindro lungo una traiettoria circolare, il cui centro è posto sull’asse
del cilindro stesso. Sapendo che il raggio di tale traiettoria è Ri e
ponendo R0 = 20 cm, R 1 — 50 cm, m — IO-30 kg, q = —IO-10 C,
CF= +10-18C /m 2 e S0 = 8.85 x IO-12 F/m , si determinino:
(a) il campo elettrico generato dalla distribuzione di carica a alla
distanza Ri;
(b) la velocità con cui la particella orbita attorno al cilindro;
(c) il potenziale a distanza Ri, assumendo pari a zero il potenziale
sulla superfìcie del cilindro;
(d) l’energia potenziale U della particella.
AV.9.9.
Si consideri una distribuzione di carica sferica di raggio R con densità di carica di volu
me p > 0. Attraverso la distribuzione viene praticato un foro passante che attraversa la
distribuzione da un estremo all’altro passando per il centro. Una particella di carica —q
e massa m viene portata in prossimità del foro e, partendo da ferma, lasciata “cadere”
verso il centro della distribuzione. Trascurando la forza peso ed assumendo che il foro
praticato nella distribuzione dia effetti trascurabili sul campo elettrico da essa prodotto,
si determinino:
(1) l’andamento del campo elettrico e del potenziale nel foro in funzione della distanza r
dal centro della distribuzione, assumendo nullo il potenziale in r = 0;
(2) la velocità con cui la carica giunge in r = 0;
(S) il periodo del moto di oscillazione della carica lungo il foro.
AV.9.10.
Due anelli circolari di raggio R, uniformemente carichi, sono Qi
posti a distanza ft, come mostrato in figura. La carica dell’a
nello inferiore è Q 1 > 0, mentre la carica dell’anello superiore è
Q2 = 2Q1. Si calcoli la forza agente su una carica q > 0 posta
sull’asse del sistema nel punto medio fra i due anelli. Qx
AV.9.11.
Una sfera di raggio R = 10 cm genera un campo elettrico di intensità E0 = 4 x IO4 V /m
ad una distanza d = 20 cm dal suo centro. Si calcoli il campo elettrico, R, a distanza
9.3 Esercizi di autovalutazione 303
AV.9.12.
Una carica positiva Q è distribuita all’interno di un guscio sferico di raggio interno R\ e
raggio esterno R2. La densità di carica di volume varia radialmente con la legge p = kr
( R i < r < R2), con k costante. Si determinino:
(%) la costante k\
(ii) il campo elettrico generato dalla distribuzione di carica in tutto lo spazio.
AV.9.13.
Un filo rettilineo indefinito viene caricato con densità lineare
di carica À > 0 . Si determini l’andamento del campo elettrico q,m
SA ’9.1*
O1 - O 2 - {Q 2/(8we0L2m g )}1/3,r ~ {Q 2L/(Tre0m
SA.9-2- _________________
J1 __ R / ( Z t eorng)]2 — 1; equilibrio instabile per un noto teorema (di Earnshaw).
SA .9.3.
(i) U = (2 + l/\/2)<22/(27reoc0;
SA .9.4.
(i) E = O;
2q
(U) E " 4 ^ Uy;
(Hi)V = ^ 2-
SA.9.5.
(i) E = O;
Q K R 1 + R 2)3 - 8
(ii) E =
(R
87re0(R3 - R 3) ( R ^ R 2)2'
Q
(in) V (R 2) =
^Tre0R2
SA.9.6.
c 3
32ireoR
SA.9.7.
v= i = 2.249 x IO6 m/s,
\/47r^0Rme
9.4 Soluzioni sintetiche degli esercizi 305
2ttR 2 tt R y J A iT S o R m e
T = = 139.7 as = 1.397 x IO-16 s.
v Q
SA.9.8.
(a) E (R 1) = = | - = 4.52 x IO-8 V /m ;
SoRl ^ So
(c) V (R 1) = ( J ) = -2 .0 7 x IO-8 V;
SA.9.9.
pr*
qpR2
(2) V0 =
3mso’
3mso
W T = 2tt^
QP
SA .9.IO.
rp _______ 3gQi/i______
87re0(^2/4 + R2)3/2
SA .9.11.
(a) E = 0;
(b) E= = 80 kV/m.
SA .9.12.
(l) k =
W E = 0(0<r<fi,);E. (ft < r < * ,); E - ^ (r > i?2)-
SA .9.13.
TTEomv2^
r = dexp
1
Capitolo 10
10.1 Problemi
P.10.1.
Si calcoli la capacità di un condensatore cilindrico, costituito da due armature metalliche
coassiali di altezza L, raggio interno Ri e raggio esterno R2, assumendo L R2.
R 10.2.
Si consideri un sistema di due conduttori sferici concentrici, in cui il conduttore interno ha
raggio Ri, mentre il secondo conduttore è un guscio di raggio interno R2 e raggio esterno
R3. Si calcoli la capacità di tale struttura.
R 10.3.
Un conduttore sferico di raggio R, isolato e posto lontano da ogni altro corpo, presenta una
carica elettrica Q. Si determini il potenziale elettrostatico V0 del conduttore, assumendo
nullo il potenziale all’infinito. Si calcoli inoltre la capacità C = Q/Vo del conduttore e la
sua energia elettrostatica.
R 10.4.
Un condensatore è costituito da due armature piane circolari di raggio R, parallele tra
loro e poste a distanza d. Si calcoli la capacità del condensatore e la sua energia elettro-
statica, sapendo che sulle armature è posta una carica Q. Si determini inoltre il lavoro che
deve essere speso per allontanare le armature fino ad una distanza doppia di quella iniziale.
R 10.5.
Si consideri un sistema costituito da tre conduttori sferici concentrici. Il primo è una sfera
metallica piena di raggio Ro‘, il secondo è un guscio di raggio interno 2R q e spessore Ro/2;
il terzo è un guscio di raggio interno ARo e spessore R0. Assumendo che sulla sfera più
interna sia posta una carica Q , si determini la differenza di potenziale fra la sfera ed il
guscio più esterno. Si verifichi che tale risultato potrebbe essere ottenuto schematizzan
do il sistema come un unico condensatore, equivalente alla serie di due condensatori sferici.
308 Elettrostatica dei conduttori e dei mezzi dielettrici
P.10.6.
Una carica positiva è distribuita uniformemente, con den
sità lineare A, su un filo rettilineo di lunghezza infinita.
Il filo è posto sull’asse di un conduttore cilindrico cavo,
anch’esso di lunghezza infinita, di raggio interno R i ed
esterno R2, isolato ed inizialmente scarico. Si calcolino:
(i) il campo elettrico ad una distanza r < Ri ed r > R2
dal filo;
(ii) le densità superficiali delle cariche indotte sulle
superhci interna ed esterna del conduttore cilindrico.
R 10.7.
Due conduttori sferici di raggi Ri e R2 sono caricati con cariche Qi e Q2, rispettivamente,
e posti a grande distanza uno dall’altro. A parità di carica totale Q = Qi + Q2 presente
sui due conduttori, si determini per quali valori di Qi e Q2 l’energia elettrostatica del
sistema risulta minima. In tale condizione si indichi la relazione esistente tra i potenziali
elettrostatici dei due conduttori.
P.10.8.
Due conduttori sferici di raggi Ri ed R2 sono
caricati con cariche elettriche Qi e Q2, rispet
tivamente, e posti a grande distanza l’uno dal
l’altro. I due conduttori vengono poi collega
ti elettricamente mediante un filo conduttore
di capacità trascurabile. Si calcolino le cari
che elettriche presenti su ciascuno dei due con
duttori dopo il collegamento, il loro potenziale
elettrostatico, e l’energia dissipata dal sistema
a seguito del trasferimento di carica.
R 10.9.
Una carica puntiforme Q viene posta in un punto interno ad una cavità di un conduttore
sferico di raggio interno Ri ed esterno R2, isolato ed inizialmente scarico, come mostrato
in figura. Detta r la distanza dal centro del conduttore sferico si dica, giustificando la
risposta, quale delle seguenti affermazioni è corretta:
(i) il campo elettrico è nullo per r > Ri,
(ii) il campo elettrico è nullo per r < R2:;
(iii) la carica elettrica totale che si distribuisce sulla superficie interna, di raggio Ri, del
conduttore è —Q;
10.1 Problemi 309
P.10.10.
Si ripeta Tesercizio precedente nelTipotesi in cui la sfera conduttrice cava sia mantenuta
a potenziale nullo.
P.10.11.
Una sfera conduttrice di raggio R , isolata ed inizial
mente scarica, viene posta in prossimità di una carica
elettrica puntiforme Q , a distanza D > R dal suo cen
tro. Si descrivano qualitativamente le proprietà della
distribuzione delle cariche indotte sulla superficie del
la sfera, e si calcoli il potenziale elettrostatico della
sfera.
P.10.12.
Si consideri l’energia elettrostatica U = Q2/(2(7) racchiusa in un condensatore piano di
capacità C sulle cui armature sia deposta una carica Q. Detto E il modulo del campo
elettrostatico presente nel condensatore, si dimostri che U è pari all’integrale della densità
di energia u = e0E 2/2 esteso al volume racchiuso tra le due armature.
P.10.13.
d
Un condensatore piano è costituito da due armatu
re circolari di raggio R poste a distanza d {d <C R).
Le armature sono connesse ad un generatore di dif
ferenza di potenziale AU, come mostrato in figura.
Nello spazio tra le due armature è presente una
P = P (z)
densità di carica volumetrica p che varia nella re
gione 0 < z < d fra le due armature secondo la
legge p(z) = p0exp(—z/\), dove p0 e À sono co
stanti. Si calcolino:
(i) l’espressione del campo elettrico tra le armature
del condensatore; - H h -
(ii) le cariche indotte sulle due armature del con
densatore.
310 Elettrostatica dei conduttori e dei mezzi dielettrici
P. 10.14.
Un condensatore sferico è costituito da due armature di raggi
R 1 = 20 cm e R2 = 30 cm, ed è caricato con una carica
Q = IO-8 C. Una particella di massa m = 1.672 x IO-27 kg e
carica q — 1.6 x IO-19 C ruota uniformemente su una orbita
circolare di raggio r = 25 cm, compresa fra le due armature
sferiche del condensatore e concentrica ad esse (si veda la
figura a lato). Si calcoli la velocità angolare di rotazione
della particella nella sua orbita, precisando quale delle due
armature del condensatore è a potenziale superiore.
P.10.15.
Due condensatori piani uguali, costituiti da due ar
mature circolari di raggio R poste a distanza d in
vuoto {d <C R), sono collegati in parallelo, come
mostrato in figura, e connessi ad un generatore che
stabilisce una differenza di potenziale Vo tra le ar
mature dei condensatori. Si calcolino le espressioni
delle cariche elettriche presenti sulle armature dei
condensatori. Un disco conduttore, a facce piane e parallele di spessore A < d, viene
successivamente inserito internamente ad uno dei condensatori. Sapendo che i due con
densatori restano collegati al generatore esterno, si calcolino le espressioni delle cariche
elettriche indotte sulle facce della lastra conduttrice e sulle armature dei due condensatori
ad equilibrio raggiunto.
P.10.16.
Nel centro di una calotta sferica di materiale dielettrico omogeneo e
isotropo, con costante dielettrica relativa er e di raggi Ri e R2 (Ri <
R2), è localizzata una carica puntiforme positiva q. Si calcolino: (i) il
vettore spostamento dielettrico D e il campo elettrico E in funzione
della distanza, r, dal centro della calotta; (ii) la densità di carica di
polarizzazione sulle due superfici sferiche di raggio Ri e R2.
P.10.17.
Lo spazio fra le armature di un condensatore piano isolato è com d
pletamente riempito con due lastre dielettriche poste come mo
strato in figura. Sia Q la carica del condensatore e d la distanza Sh
fra le armature di area S. La lastra con costante dielettrica rela
tiva erl copre un terzo della superficie delle armature, la seconda,
con costante dielettrica relativa er2, copre la parte rimanente. Si Sri
calcolino: (i) il campo elettrico nel condensatore; (ii) la capacità
del condensatore; (iii) le cariche di polarizzazione.
10.1 Problemi 311
P.10.18.
Un condensatore piano (area delle armature S, distanza fra le +Q -Q
stesse 3d) è parzialmente riempito, come mostrato in figura,
con due dielettrici di costante dielettrica relativa er\ ed er2.
Sulle armature, isolate, viene posta una carica + Q e —Q, ri
spettivamente. Si calcolino: (i) il campo elettrico all’interno
del condensatore; (ii) la densità superficiale di carica di pola
rizzazione sulle superfici Si e S2 dei dielettrici (vedi figura);
(iii) la capacità del condensatore.
P.10.19.
Una sfera conduttrice di raggio R è caricata con una carica totale
Q e sconnessa dal generatore. Tale sfera è per metà immersa in
un dielettrico omogeneo ed isotropo di costante dielettrica relativa
er, come mostrato in figura. All’esterno c’è il vuoto. Si calcoli: (i)
il potenziale della sfera; (ii) la densità superficiale di carica libera
sulla sfera conduttrice; (iii) la densità superficiale di carica di po
larizzazione nel dielettrico.
P.10.20.
Un condensatore cilindrico di raggio interno .R1, rag
gio esterno R2 ed altezza h, è riempito per metà
con un dielettrico omogeneo ed isotropo, di costan
te dielettrica relativa er, come mostrato in figura.
Sull’armatura interna del condensatore è deposita
ta una carica Q. Si calcolino: (i) il campo elettrico
nel condensatore; (ii) la capacità del condensatore;
(iii) la densità di carica di polarizzazione sulle due
armature; (iv) la carica libera sull’armatura interna
in corrispondenza del vuoto e del dielettrico.
P.10.21.
In una sfera di raggio R di materiale dielettrico (costante dielet
trica relativa er) è uniformemente distribuita una carica elettri
ca Q. La superficie esterna della sfera è ricoperta da un sottile
strato metallico collegato a terra. Si calcolino: (i) il campo
elettrico e il potenziale in funzione della distanza dal centro
della sfera; (ii) la densità di cariche superficiali indotte nel me
tallo; (iii) le densità di carica di polarizzazione nella sfera e
sulla sua superficie.
P.10.22.
Una sfera conduttrice di raggio R\ = 2 cm e carica Q = 1 mC
è circondata da un guscio di materiale dielettrico omogeneo ed
isotropo, con costante dielettrica relativa er = 3, di raggio interno
R2 — 4 cm e raggio esterno R3 = 8 cm. Si calcoli l’energia
elettrostatica del sistema.
312 Elettrostatica dei conduttori e dei
Igggzi dielettrici
P.10.23.
Tre condensatori, di capacità Ci = 0.5 /iF, C2 = I /iF,
C3 = 1.5 fiF, sono collegati come mostrato in figura. Ini
zialmente fra i morsetti A e B viene imposta una differenza di
potenziale AU = 5 V per mezzo di un opportuno generato
Hh
re. Successivamente l’interruttore T viene aperto e il sistema
rimane isolato. A questo punto il condensatore C2 viene com
pletamente riempito con una lastra di materiale dielettrico di
costante dielettrica relativa er = 4. Si calcolino le cariche pre
senti sulle armature dei tre condensatori nello stato finale e la B
variazione di energia elettrostatica del sistema.
P. 10.24.
Una sottile sbarra di materiale dielettrico di sezione S e di lun S
ghezza L, diretta lungo l’asse x, è polarizzata longitudinalmente
con polarizzazione P = PxUx = (ax2 + b)ux (a, b costanti). Si x
0 L
determinino: (i) la densità di carica di polarizzazione di volume
e di superficie; (ii) la carica totale nel dielettrico.
P.10.25.
Un condensatore piano (superficie delle armature 5, distanza +Q
fra le stesse d) è completamente riempito con un materiale die
lettrico non omogeneo, la cui costante dielettrica relativa er
varia con la legge seguente: er = ax + 6 (0<x<d). L’armatura
posta a x = 0 possiede una carica -\-Q, la seconda è collegata
a terra. Si calcolino: (i) la differenza di potenziale fra le arma
ture; (ii) la capacità del condensatore; (iii) le densità di carica
di polarizzazione di superficie e di volume.
10.2 Soluzioni 313
10.2 Soluzioni
S.10.1.
Per la simmetria cilindrica del problema
e trascurando effetti di bordo, il campo
elettrico fra le armature del condensatore
ha linee di forza radiali e la sua intensità
dipende solo dalla distanza r dall’asse del
condensatore, cioè E = Er(r)ur, dove ur
è il versore radiale in coordinate cilindri
che. Per il calcolo di Er (r) si applichi il
teorema di Gauss assumendo come super
fìcie Gaussiana E un cilindro coassiale al
condensatore, di altezza L e raggio r, con
Ri < r < R2 (vedi figura). Se Q è la cari
ca elettrica presente sull’armatura interna
(r = Ri) del condensatore (e quindi, per
induzione completa, —Q la carica presente sull’armature esterna r = R2), si avrà perciò:
L
Q
E •n dE = 27rrLEr — —, a)
E eO
da cui:
E Q (2)
r 2w
La differenza di potenziale A V = V (R i) — Vr(-¾) fra l’armatura interna ed esterna del
condensatore vale dunque:
AP = - 9 - [ R21-d r = - Q - In A (3)
2we0LJRl r R1
Q 2ire0L
(4)
A V “ ln(ifc/Jfc) '
S.10.2.
Al fine di calcolare la capacità della struttura, supponiamo che inizialmente sia la sfera
che il guscio conduttori siano scarichi; successivamente poniamo di caricare la sfera più
interna, di raggio R ii con una carica Q\ per induzione elettrostatica completa, la superficie
interna del guscio conduttore, di raggio R2, si caricherà con carica —Q; infine, data la
neutralità complessiva del guscio, che inizialmente era scarico, sulla superficie esterna di
raggio Rs dovrà comparire nuovamente una carica Q. Il campo elettrico generato dalla
configurazione di carica così ottenuta può essere calcolato mediante il teorema di Gauss,
sfruttando la simmetria sferica della configurazione. Detta E una superficie gaussiana
sferica, concentrica alla struttura, di raggio variabile r, il flusso del campo elettrico E
attraverso E sarà pari a:
314 Elettrostatica dei conduttori e dei mezzi dielettrici
$ e (E) = [ E n (i)
JE 6O
+ +
0, r < R1
e x A V '
Q, R1 < r < R2 /• Z
r^: '• V-——_ /TsNu /.s\' • \
(2)
II
/ / /* A V A '' Y
0, R2 < r < R3 f. I l i /+Jrxr
! ■ Q {\ w ém r \
Q, r > R% + m + J ’.t mi
V cR / !
Detto ur il versore radiale diretto dal centro \ \A _ A r 1 / /
della struttura verso l’esterno, a causa del- \ ^ nV E / V
la simmetria del sistema dovrà risultare che +\
E = E (r) ur. Sostituendo tale espressione nN. "*T :’ìl
nella (1), si ottiene:
+
Anr2E(r) =
Sostituendo la (2) nella precedente espressione, si ottiene l’andamento del campo elettrico:
0 r < Ri
Q Ri<r<R2
Aneor2
E (r) { (4)
0 R2 C r < Rs
Q
r > R3
k Aneor2
La differenza di potenziale tra i due conduttori è dunque pari a:
Si noti che A V non dipende da Ry, la capacità del sistema infine è pari a:
Q Awe0R 1R2
(6)
AV “ RC'
S.10.3.
La carica elettrica Q si distribuisce sulla superficie del conduttore in modo che il campo
elettrico da essa generato internamente al conduttore sia nullo. In tal caso, il potenziale
V0 del conduttore sarà uguale in tutti i suoi punti, ed il rapporto C = Q/V0, indipendente
dalla carica Q posta sul conduttore, rappresenta la capacità del conduttore. Nel caso
di conduttore sferico, la distribuzione superficiale di carica che annulla il campo entro il
10.2 Soluzioni 315
conduttore sarà, per la simmetria sferica del problema, uniformemente distribuita sulla
superfìcie di raggio r = R, con densità a = Q/(47rR2). Infatti, applicando il teorema
di Gauss nella forma integrale ad una sfera Gaussiana concentrica al conduttore e di
raggio generico r, tenendo conto che le linee di forza del campo elettrico sono radiali,
è facile constatare che il campo elettrico generato da tale distribuzione di carica vale
E (r) = Er(r) ur, dove ur è il versore radiale e:
0 r < R
Er(r) Q
r > R. (1)
Aireor2
C = Jr = Aire0 R. (3)
V0
u = J1X v d S; (4)
e2
(5)
SneoR
Si noti che, in base alla definizione di capacità, l’energia può essere riscritta anche nella
forma:
u - I w = S
1 - I «*>
v
c
Un secondo metodo istruttivo ed assai generale per il calcolo dell’energia elettrostatica è
quello di utilizzare la nozione di densità di energia elettrostatica u, che nel vuoto assume
la forma u = (l/2)eoE 2; l’energia elettrostatica U è dunque ottenuta integrando la densità
di energia u su tutto lo spazio:
U = fI e 0 E 2 ClT, (7)
Jt u tt o sp a zio
dove dr è l’elemento di volume. Nel nostro caso, conviene svolgere l’integrale che compare
nella (7) in coordinate sferiche; ricordando che il volume di una corona sferica, compresa
316 Elettrostatica dei conduttori e dei mezzi dielettrici
fra i raggi r ed r + dr, è dr = Anr2 dr, e che il campo elettrico, dato dalla (1), dipende
solo dalla distanza r, si ha:
Q2
(8 )
Sne0 R 1
S.10.4.
Nel risolvere il problema assumeremo che si possano trascurare gli effetti di bordo; tale
assunzione equivale a considerare il campo elettrico E uniforme all’interno del condensa
tore e nullo al suo esterno. Detta A = nR 2 l’area delle armature, potremo allora porre
per il teorema di Coulomb:
E=fu,, (1)
essendo a = Q/A la densità di carica superficiale presente sulle
armature, caricate con la carica Q, ed uz un versore parallelo
all’asse del condensatore e diretto dall’armatura positiva verso
quella negativa. Risulterà pertanto
Q
E= (2)
ne0 R 2 Uz
Essendo il campo tra le armature uniforme, la differenza di potenziale ai capi del conden
satore sarà dunque pari a
„ Q ne0 R 2 _ e0A
(4)
~ AV ~ d d ‘
La energia elettrostatica U racchiusa nel condensatore è data dalla espressione:
Q2d
(5)
2 ire0 R 2 '
Risulta evidente che, raddoppiando la separazione tra le armature, anche l’energia elet
trostatica dovrà raddoppiare. L’aumento AU di energia racchiusa nel condensatore sarà
quindi:
Q2 d Q2d
AU UfinaIe Uì (6 )
ne0 R 2 2ne0 R 2 27re0R2
Si noti che tale aumento di energia corrisponde al lavoro C compiuto dall’esterno per
spostare le armature; risulterà quindi:
10.2 Soluzioni 317
Q2d
C = AU (7)
2 ne0 R2'
S.10.5.
Ancora una volta supponiamo che inizialmente sia la sfera che i gusci conduttori siano
scarichi; successivamente la sfera interna, di raggio R0, viene caricata con una carica Q ; per
induzione elettrostatica completa, la superficie interna dei due gusci conduttori si caricherà
con carica —Q; infine, data la neutralità complessiva dei due gusci, che inizialmente erano
scarichi, sulla loro superficie esterna dovrà comparire nuovamente una carica Q.
Il campo elettrico generato da ta- +
le configurazione di carica può es
sere calcolato mediante il teorema
di Gauss, sfruttando la simmetria
sferica della configurazione. Det
ta E una superficie gaussiana sfe
rica, concentrica alla struttura, di
raggio r, il flusso del campo elet
trico E attraverso E sarà pari a:
= / E -n d S = (—
1)
■■{ e ) = L eO
'0 , r < R0
0, 2R 0 < t C ^R0 f 2
Qe = < (2)
Q, 5R0/2 < r < AR0
Q, r > 5R 0
Detto ur il versore radiale diretto dal centro della struttura verso l’esterno, a causa della
simmetria del sistema dovrà risultare che E = E (r)ur. Sostituendo tale espressione nella
(1), si ottiene:
Sostituendo la (2) nella precedente espressione, si ottiene l’andamento del campo elettrico:
318 Elettrostatica dei conduttori e dei mezzi dielettrici
0 r < R0
Q
R0 < r < 2 R0
47re0r2
Q
r > òR 0
47re0r2
La differenza di potenziale tra la sfera interna ed il guscio più esterno sarà dunque pari a:
/*2*0 Q d r r*Ro Q dr
dr = (5)
Jro i7ieOr2 Ane0 r 2 ’
dove si è tenuto conto della nullità di E(r) per 2R0 < r < bR0 /2. Dalla precedente
espressione si ottiene:
Q _1_ J_ 13Q
AV =
47TC0 Ra 2i?o ) + (5 4¾ )] SOne0 R0
Il sistema di conduttori può anche essere visto come la serie di due condensatori sferici;
(6)
Q
(8)
Ci + C2 C’
essendo
'1 i r 1 C1 C2
(9)
Ci C2 _ Ci + C2
la capacità equivalente della serie dei due condensatori. Ricordando che la capacità di un
condensatore sferico di raggio interno R\ ed esterno R 2 vale:
10.2 Soluzioni 319
ATre0 RiR 2
(10)
R2 - R i 9
si ottiene C\ — 87re0#o e C 2 = SOTre0 R 0 /3; sostituendo tali valori nella espressione della
capacità equivalente, otteniamo C = S0neoRo/13. Da tale valore, si ricava poi la diffe
renza di potenziale complessiva ai capi della serie dei due condensatori, che risulta pari a
A V — QjC = ISQ/SOTre0 R0, in accordo con quanto già determinato in precedenza.
S.10.6.
Indichiamo con o \ e G 2 le densità delle
cariche superficiali indotte sulle due pare
ti cilindriche, di raggi R\ ed R2, rispet
tivamente, del conduttore cavo. Per la
simmetria cilindrica del problema, il cam
po elettrico avrà linee di forza radiali, ed
il modulo del campo elettrico dipenderà
solamente dalla distanza r dall’asse del
cilindro, cioè potremo scrivere E = Er (r)ur,
dove ur è il versore radiale in geometria ci
lindrica (vedi figura). Inoltre, sempre per
considerazioni di simmetria sarà lecito as
sumere che G i e G 2 siano uniformi sulle su-
perfìci del conduttore cilindrico. Per de
terminare G ì , G 2 e l’espressione del campo
elettrico Er (r), consideriamo una superfi
cie Gaussiana cilindrica E, coassiale col filo carico, di raggio r ed altezza L, come mostrato
in figura. Se applichiamo il teorema di Gauss alla superficie E, riconoscendo che il flusso
del campo elettrico attraverso E è pari a 2nrLEr(r), potremo scrivere:
Er (r)= q (£)
e0 2TrLr ’ a)
dove Q (S) è la carica elettrica totale contenuta internamente alla superficie Gaussiana S.
Evidentemente, il valore di Q (S) dipenderà dal raggio di S, e si avrà precisamente:
XL r < Ri,
Q (S) = XL ZitR R 1 < r < R2, (2 )
XL 27 tR\L(7\ r > R2.
Si noti che, dovendo essere nullo il campo elettrico internamente al conduttore, e cioè
Er = 0 per Ri < r < R2, dalla (1) discende che deve essere Q(E) = 0 per Ri < r < R2.
Dalla (2) si determina dunque la seguente espressione per la densità superficiale di carica
Gi sulla superficie interna del conduttore:
A
ai ~ ZnRi '
Per calcolare la densità superficiale di carica G 2, occorre imporre che il conduttore abbia
una carica totale nulla: infatti esso è isolato ed inizialmente scarico. La carica totale,
320 Elettrostatica dei conduttori e dei mezzi dielettrici
localizzata sulle superfici laterali interna ed esterna del conduttore cilindrico, deve dunque
essere uguale a zero, cioè:
2 ttR i G i + 2 ttR 2 G 2 = 0. (4)
Sostituendo l’espressione di Gi data dalla (3) nella (4), si ottiene infine per G2 la seguente
espressione:
A
G2 = (5)
27iR2
Infine, dalla (1) e (2) possiamo determinare l’espressione del campo elettrico:
' X
r < Ri,
Zne0r
Er(r) < 0 Ri < r < R2, (6 )
A
r > R2.
, Zneor
S.10.7.
Indichiamo con Qi e con Q 2 = Q — Qi le cariche elettriche presenti sui due conduttori
sferici e con Vl e V2 i loro potenziali elettrostatici. L’energia elettrostatica U del sistema,
pari alla somma delle energie dei singoli conduttori, è data da:
Se i due conduttori sono posti a grande distanza l’uno dall’altro, in modo da poter tra
scurare la mutua induzione elettrostatica fra essi, si avrà Vi ~ Qif(ATre0 Ri) = Qi/Ci e
V2 — Q2/(4:7re0^2) = QfI lC 2, essendo Ci — Ane0Ri e C2 = 47reoi?2 le capacità dei due
singoli conduttori sferici. Sostituendo tali espressioni dei potenziali nella equazione (1),
si avrà dunque:
v Qi , (Q -Q i)2
87reo#i Sne0 R 2
Se consideriamo la carica totale Q presente sui due conduttori costante, la (2) mostra che
l’energia elettrostatica del sistema è una funzione della sola carica Q i presente sul con
duttore sferico di raggio R1, cioè U = U(Qi). Il calcolo del valore di Qi che rende minima
l’energia elettrostatica del sistema equivale dunque alla determinazione del minimo della
funzione U = U(Qi). La condizione di stazionarietà:
(3)
Qi Q -Q i
(4)
47re0# i 47re0#2
da cui:
Ri
Qi — Q- (5)
Ri + -¾
Si può facilmente constatare che il punto di stazionarietà, dato dalla equazione (5), cor
risponde effettivamente ad un punto di minimo per la energia U = U(Qi). L’espressione
10.2 Soluzioni 321
Q
V1 = V2 = (6)
Ane0(Ri + R2)
Il risulato espresso dalla (6) merita un commento: esso mostra che, a parità di carica
elettrica totale, la ripartizione di carica fra i due conduttori che rende minima l’energia
elettrostatica del sistema è quella che rende equipotenziali i conduttori stessi. Tale risul
tato è assai generale, e si può dimostrare essere valido per un sistema di N conduttori di
forma arbitraria.
S.10.8.
Indichiamo con Q[ e Q 2 le cariche elettriche possedute dai conduttori e con V[ e V2 i loro
potenziali elettrici dopo il collegamento elettrico; si noti che, una volta collegate, le due
sfere formano un unico sistema conduttore, la cui superficie deve essere equipotenziale.
Inoltre la carica complessiva del sistema deve mantenersi costante. Pertanto le condi
zioni da imporre per risolvere il problema sono la conservazione della carica elettrica e
Tequipotenzialità dei due conduttori dopo il collegamento. Poiché il filo che collega i due
conduttori sferici ha una capacità trascurabile, e quindi la carica localizzata su di esso è
trascurabile, potremo scrivere:
Qi + Q2 ~ Qi + Qe
I' (1)
La condizione di equipotenzialità comporta la relazione:
v ;= ^2'; (2)
per il calcolo dei potenziali V[ e V2 dei due conduttori, osserviamo che, se trascuriamo
la loro mutua induzione elettrostatica (ciò è lecito essendo la distanza dei conduttori
grande rispetto ai loro raggi di curvatura), potremo scrivere semplicemente V[ = Qi/C\ e
V2 = Q 2 /C2, dove Ci e C 2 sono le capacità dei due conduttori sferici, presi singolarmente.
Poiché la capacità di un conduttore sferico di raggio R è C = Ane0 R, si avrà:
= (3)
Ane0Ri Ane0 R 2 v
Le equazioni (1) e (3) costituiscono un sistema di due equazioni nelle due incognite Q 1 e
Q 2 , che risolto dà:
Qt _ RiiQi + Q 2 )
R iV R 2
Qf _ R2ÌQl T Q2)
R iV R 2
Si noti che tale risultato coincide con quanto ottenuto nel precedente esercizio; pertanto,
sulla scorta dei risultati già ottenuti, si deduce che la carica complessiva, dopo il collega
mento tra i conduttori, si distribuisce in modo da minimizzare l’energia elettrostatica del
sistema.
322 Elettrostatica dei conduttori e dei mezzi dielettrici
L’energia dissipata nel collegamento dei conduttori è uguale alla differenza tra l’energia
elettrostatica U del sistema prima del collegamento, U{, e dopo il collegamento, Uf. Ri
cordando che l’energia elettrostatica di un sistema di N conduttori, carichi con cariche
elettriche Qk e potenziali Vk (k = 1 ,2 ,..., N), è U= (1/2) J2k=i VkQk e tenuto conto della
definizione di capacità, si avrà nel nostro caso:
U = 1 Qi
(6)
1 22 STre0Ri Sire0 R 2
U = \I )2(7)
f 2 2
U - - U =
^ 87reo
1
R i R2(Ri T-¾)
( Q i ^ - Q 2A i ) 2
(8)
S.10.9.
Per rispondere compiutamente ed esaurien
temente alle domande del problema, occorre
anzitutto stabilire la distribuzione delle ca
riche indotte sul conduttore. La presenza
della carica puntiforme Q internamente al
la cavità del conduttore sferico determina,
per il fenomeno dell’induzione elettrostati
ca, la presenza di cariche superficiali, distri
buite con densità superficiali Cq e a2, sulle
due superfici conduttrici sferiche Si ed S2,
interna ed esterna, rispettivamente (vedi fi
gura). Le cariche indotte totali, Qi e Q2,
presenti sulle due superfici del conduttore,
saranno date da:
Qi — / CqdSi, Q2 — cr2 dS2. (1)
JSi Js2
Il problema del calcolo delle densità superficiali di carica, Cr1 e cr2, si può formulare nel
seguente modo: le distribuzioni delle cariche indotte su Si e S2 saranno tali che il campo
elettrico totale, generato dalle dette cariche indotte e dalla carica puntiforme Q, sia nullo
internamente al conduttore o, che è lo stesso, che il potenziale elettrostatico corrispondente
sia costante in tutta la regione del conduttore. E’ facile mostrare che, indipendentemente
dalla posizione della carica Q nella cavità del conduttore, è sempre Q 1 = —Q e Q 2 = Q.
Per dimostare che Q 1 = —Q, si consideri infatti una superficie Gaussiana E, interamente
contenuta dentro il conduttore, ad esempio una sfera concentrica di raggio r, con Ri < r <
R 2 (vedi figura), e si applichi il teorema di Gauss in forma integrale a tale superficie. Poiché
sui punti di tale superficie, interna al conduttore, il campo elettrico è zero, necessariamente
discende che la carica totale Q(E) contenuta internamente alla superficie E deve essere
zero. Tale carica comprende la carica puntiforme Q e l’insieme di cariche indotte sulla
superficie Sli e cioè Q(E) = Q + Q 1 = 0. Del resto, poiché il conduttore è isolato ed
10.2 Soluzioni 323
Q
a2 A
Q
Er(T) (3)
AnCQr2 ’
Q
Vo = (4)
4:7T€q R 2
Si noti che i risultati espressi dalle equazioni (2), (3) e (4) hanno validità generale, per una
posizione arbitraria della carica puntiforme Q entro la cavità del conduttore. Veniamo
ora, invece, alla determinazione della densità di carica cq sulla superfìcie interna del
conduttore. Il problema della determinazione di Cq si può formulare nel seguente modo:
le cariche indotte sulla superficie r = Ri si disporranno in modo che il campo elettrico
generato da dette cariche e dalla carica puntiforme Q posta nella cavità sia zero per
r > Ri (azione di "schermo”). In generale, tale problema non è di facile soluzione, e
sarebbe sbagliato supporre che, in generale, la carica indotta si distribuisca uniformemente
su Sii e cioè che Cr1 sia uniforme. L’unico caso in cui ciò accade è quello in cui la
carica puntiforme Q è posta esattamente al centro della cavità. In tal caso, infatti, una
distribuzione uniforme per cq, con Cr1 = Qf(ATrRf)i "scherma" esattamente la carica
puntiforme.
Siamo ora in grado di rispondere alle domande del problema.
(i) L’affermazione è manifestamente falsa: il campo elettrico è nullo nella regione interna
al conduttore, ma non nella regione r > R2.
(ii) L’affermazione è falsa: il campo elettrico è nullo nella regione interna al conduttore,
ma non nella cavità: l’effetto di "schermo" agisce cioè per r > R li non per r < Ri .
(iii) L’affermazione è sempre vera, come discusso in precedenza.
(iv) L’affermazione è falsa. Mentre è sempre vero che cr2 è uniforme, le cariche indotte
sulla superficie interna Si si distribuiranno con una densità Cr1 uniforme se e solo se la
carica puntiforme è posta al centro della cavità.
(v) L’affermazione è corretta.
Nel caso in cui la carica puntiforme è posta al centro della cavità, la densità di carica
indotta su Si è uniforme, Cr1 = —Q f(AnR f)i e l’espressione del campo elettrico si può
324 Elettrostatica dei conduttori e dei mezzi dielettrici
S.10.10.
Nel caso in cui il conduttore sferico sia mantenuto a potenziale nullo, le considerazioni
fatte nel problema precedente vanno modificate. In particolare, la condizione che il po
tenziale del conduttore sia nullo implica che, questa volta, la densità di carica superficiale
(T2 delle cariche indotte sulla superficie esterna S2 del conduttore sia zero, e che il campo
elettrico sia zero quindi non solo internamente al conduttore, cioè per ^ 1 < r < R2i ma
anche per r > R2. La distribuzione di carica superficiale Cr1 sulla superfìcie conduttrice
interna Si ed il campo elettrico presente internamente alla cavità non vengono invece mo
dificati dalla condizione che il potenziale del conduttore sia nullo. Ciò premesso, è facile
convincersi che: l’affermazione (i) è corretta; l’affermazione (ii) è errata; l’affermazione
(iii) è corretta; l’affermazione (iv) è errata; l’affermazione (v) è manifestamente errata (il
conduttore è ora a potenziale zero).
Nel caso particolare in cui la carica puntiforme è posta al centro della cavità, Cr1 si
distribuisce uniformemente su Si e l’espressione del campo elettrico è:
Q
r < Ru
Aireor2
a)
0 r > Ri.
s . 10. 11 .
La presenza della carica puntiforme Q in prossimi
tà della sfera conduttrice, isolata ed inizialmente
scarica, determinerà per il fenomeno dell’induzio
ne elettrostatica una ridistribuzione di carica sul
la superficie del conduttore in modo che il campo
elettrico generato da tale distribuzione superficia
le di carica sia, internamente alla sfera conduttri
ce, uguale ed opposto al campo elettrico generato
dalla carica puntiforme Q. Se, ad esempio, la carica Q è positiva, ci si aspetta che la den
sità superficiale a delle cariche indotte sia negativa nella porzione della superficie sferica
affacciata alla carica e positiva dall’ altro lato. Inoltre, poiché il conduttore è isolato, la
carica totale sul conduttore dovrà conservarsi, e dovrà in particolare essere uguale a zero,
essendo il conduttore inizialmente scarico, cioè:
crdS = 0, (i)
/.
10.2 Soluzioni 325
essendo S la superficie sferica del conduttore. Il problema della determinazione della di
stribuzione di carica indotta a può essere svolto in maniera analitica mediante un metodo,
detto delle cariche immagini, discusso in molti testi di elettrostatica, a cui rimandiamo il
lettore che voglia approfondire l’argomento. Qui osserviamo invece che se ci si limita al
calcolo del potenziale V0 della sfera conduttrice, possiamo procedere in maniera semplice
notando che, per il principio di sovrapposizione, il potenziale elettrostatico al centro della
sfera conduttrice, assumendo nullo il potenziale all’infinito, è dato da:
Q 1
(2)
Ane0D 47re0
S.10.12.
Se Q è la carica presente sulle armature di un condensatore di capacità C, l’energia
elettrostatica che è necessario spendere per caricare il condensatore (che quindi risulta
immagazzinata nel condensatore) è pari a:
Q_
cI C '
Nel caso di un condensatore piano, costitutito da due armature piane e parallele, di area
S e poste a distanza d (con d <C y/S), la capacità C è data da:
= 60S
(2)
d
Q2d
(3)
2 e0 S ‘
(4)
Ue = \\v é 2;
tale quantità rappresenta l’energia necessaria per creare la distribuzione di campo elettro-
statico all’interno del condensatore. Poiché in un condensatore piano, trascurando effetti
326 Elettrostatica dei conduttori e dei mezzi dielettrici
a S d = S t i = V; (3)
u ‘ - h E 2T = h - ¥ ? 0 2e0S
quindi l’energia necessaria a caricare il condensatore equivale all’energia immagazzinata
nel campo elettrostatico, nella regione racchiusa dal condensatore stesso.
S.10.13.
Poiché si ha una distribuzione di carica in d
geometria piana, il campo elettrico fra le
armature del condensatore è diretto lungo
l’asse z del condensatore e la sua intensi
tà dipende, al più, dalla sola coordinata z ,
cioè E = Ez(z)uz. Per il calcolo del cam
po elettrico Ez(z)nella regione fra le ar
mature del condensatore (0 < z < d), con
viene utilizzare la forma differenziale del
teorema di Gauss, div E = p/e0, dove p
è la densità volumetrica di carica presen
te fra le armature. Poiché nel nostro caso
div E = dEzjd z, si ha con ciò:
dEz
— exp (—z/À). (1)
dz 60
Se integriamo l’equazione (1), si ottiene:
Ez(z) = ~ — exp(-z/\) + A
,(2)
60
dove A è una costante di integrazione. Per il calcolo di A osserviamo che, poiché il con
densatore è connesso ad un generatore che impone ai capi del condensatore una differenza
di potenziale AVr, deve aversi:
Sostituendo l’espressione del campo elettrico, data dalla equazione (2), nella equazione
(3) e svolgendo l’integrale si ottiene:
A= ^ -expMM)]-f. (5)
Le densità superficiali delle cariche elettriche indotte sulle due superfici delle armature
del condensatore, poste a z = 0 e z = d, sono date, per il teorema di Coulomb, da:
Si noti che Qi ^ Q2, cioè le due armature non sono in induzione completa. Ciò è dovuto
alla presenza di carica nella regione compresa tra le due armature; si noti che, applicando
il teorema di Gauss in forma integrale alla superficie cilindrica E di figura, con le basi
interne ai due conduttori, si ottiene che il flusso del campo attraverso E deve risultare
nullo. Infatti il campo E lungo le basi di E è nullo essendo all’interno del conduttore,
mentre il flusso lungo la superficie laterale si annulla essendo E parallelo alla superficie
stessa. Ciò comporta che la carica elettrica totale contenuta internamente a E sia nulla,
e cioè che:
Gi jTG2 jT / p(z) dz = 0 (10)
Jo
come si può verificare considerando le espressioni (7) ed (8).
S.10.14.
Fra le armature del condensatore si stabilisce un campo elettrico con linee di forza radiali
e di modulo:
Q
Er(r) (i)
Atic0 V2 5
dove Q è la carica elettrica presente sulle armature
ed r la distanza dal centro delle armature sferiche
(Ri < r < R2). Se una particella di carica q e massa
m ruota con velocità angolare co su un’orbita circo
lare di raggio r, la forza centripeta qEr(r) dovuta al
campo elettrostatico presente fra le armature del con
densatore deve uguagliare il prodotto della massa m
della particella e della sua accelerazione normale, a;2r,
cioè:
Qq
= muj2 r,
Atic0 V2
da cui:
qQ ~ 7.42 x IO5 rad/s. (3)
A-KtQmrz
Si osservi che l’armatura esterna è carica positivamente, mentre quella interna negativa-
mente, essendo la forza elettrostatica centripeta diretta verso il centro dell’orbita circolare
di moto.
328 Elettrostatica dei conduttori e dei mezzi dielettrici
S.10.15.
La carica presente sulle armature dei
due condensatori varrà, all’inizio:
e0 nR 2 V0
Q = CV0 = (1)
)] + ), (8)
essendo C = c0 ti R2/d la capacità di
ciascuno dei due condensatori. Quan
do in uno dei due condensatori viene
inserito un disco metallico di spessore
A < d, la situazione è quella indicata
in figura. In tal caso, si ha un sistema
di tre condensatori, di capacità Ci = C r, C 2 = c0 ti R2/x e Cs = C0TiR2/ (d — A —x ) , essen
do x la distanza della superficie del disco da una delle armature del condensatore (vedi
figura). Si noti che i condensatori 2 e 3 costituiscono una serie di condensatori di capacità
equivalente Ceq = 1 /(1 /Ci + l/C2) = CqtiR 2 /(d — A). La distribuzione della carica nelle
armature dei condensatori e sulle facce del disco conduttore sono quelle mostrate in figura,
dove manifestamente Q è ancora dato dalla equazione (1), mentre Q' vale:
CottR 2 Vo
Q = CeqV0 = (2 )
d-A
S.10.16.
Calcoliamo il vettore spostamento elettrico D, che
non è influenzato dalle cariche di polarizzazione.
Per ragioni di simmetria D è diretto radialmente e
ha lo stesso valore in tutti i punti di una superficie
sferica E, di raggio arbitrario r, concentrica al gu
scio sferico assegnato dal problema. Applichiamo
il teorema di Gauss osservando che la sola carica
libera presente è la carica puntiforme q posta nel
centro del guscio dielettrico. Per r > 0 si ha:
Q
E= — 0 < r < Ri e r > R2,
€o Atie0 r 2
(2 )
D
E= R iC r c R 2
CoCr ATie0 CrV2
Gli andamenti di D e di E sono mostrati in figura.
La densità superficiale di carica di polarizzazione è data dalla formula seguente: Gv = P n,
essendo P il vettore polarizzazione e n il versore normale uscente dalla superficie in
considerazione. Calcoliamo per prima cosa il vettore polarizzazione all’interno del guscio
dielettrico:
q(Cr - 1)
P — c0 (er — I) E — (3)
47rerr2
10.2 Soluzioni 329
q(tr ~ 1)
trP{Ri) = P( Ri ) ■n i = ^ J Ur (-U r ) = - (4)
AnerRl AnerRj
q(er 1) q{tr ~ 1)
Vp(R2) = PCR2) *H2 — (5)
AnerR^ AnerR^
In corrispondenza di r = Ri e r = R 2 si hanno
quindi due distribuzioni superficiali di carica di po
larizzazione. Per questo motivo il campo elettrico
è discontinuo in r = R i e r = R2. Si noti che la
carica superficiale di polarizzazione totale è nulla,
infatti:
S .10.17.
(i) Il campo elettrico è ortogonale alle armature del condensatore e parallelo all’interfaccia
fra i due dielettrici. Poiché si conserva la componenete tangenziale del campo elettrico in
corrispondenza della superficie di separazione fra due mezzi, si ha:
Ei — E2 — E, a)
VnS1 + Vi2 S2 — Q ,
5 3Q
Crl Tj + Cr2 E = (4)
Co(cri + 2er2)5
(ii) Dal momento che il campo elettrico è uniforme all’interno del condensatore, la diffe
renza di potenziale fra le armature è data da:
3Qd
A V = Ed = (5)
Co(Crl + %er2)S
330 Elettrostatica dei conduttori e dei mezzi dielettrici
r _ Q _ S 25
(6)
C ~ A V ~ 6°erl M +eoer2M
Il condensatore è equivalente a due condensatori in parallelo di capacità Ci e C2:
n - S n 25 (7)
Cl“ eoerlM ’ ° 2 - eotr2M
avendo indicato con n il versore normale uscente dai dielettrici. Si osservi che:
come deve essere, dal momento che il campo elettrico è uniforme all’interno del conden
satore. All’interfaccia fra i due dielettrici non si manifesta alcuna carica di polarizzazione
dal momento che su tale superficie il vettore polarizzazione è perpendicolare al versore
normale uscente. Dal momento che la polarizzazione è uniforme, la densità di carica di
polarizzazione volumetrica è nulla.
S .10.18.
+Q -Q
(i) Il vettore D è perpendicolare alle armature del con
densatore e quindi anche alle superfici Si e S2. Dal
momento che all’interfaccia fra due mezzi si conserva
la componente normale di D, si deduce che il vettore
D mantiene lo stesso valore in tutto il condensatore.
Indicando con D i, D 0 e D 2 il vettore D nel dielet
trico 1, nel vuoto e nel dielettrico 2, rispettivamente,
possiamo scrivere:
D 1 — D0 — D 2 = D. (1)
Il valore di D è determinato dalle sole cariche libere depositate sulle armature del con
densatore, ed è quindi dato da:
(2)
10.2 Soluzioni 331
Q
Ei -------^ ux, 0< x < d
C0CrlS
E
VjO — ^ il
— ---a UX! d < x < 2d (3)
e0S
Q
E2 = ux, 2d < x < 3d
C0C7^S
P2 = e0 (er2 - I) E2 = — — - ^ ux, 2 M
er2 o
t~» t~j I f Q / r\
O-Pi = Pi ni = Pi ux = --------- —, (5)
Cr 1 ò
(iii) Per calcolare la capacità del condensatore dobbiamo prima calcolare la differenza di
potenziale fra le armature. Si ottiene:
A V = E1 d + E0 d + E 2 d = ^ ( — (7)
C0O VerI er2 '
Q _ Co^rlCr2 S
(8)
AVr Crl H- ^r2 H- ^rl er2 d
S S
Ci C0Crl ; Co — c0—, C2 C0Cr2 ^ - (9)
d
1 _ i
(10)
C ~ Ch + Co + Z v
332 Elettrostatica dei conduttori e dei mezzi dielettrici
S .10.19.
(i) Dal momento che si conserva la componente tangenziale del campo elettrico all’inter-
faccia dielettrico-vuoto e poiché il campo elettrico è radiale, si ha:
Ev = Ed = E , (1)
essendo Ev ed Ea i campi elettrici nel vuoto e nel dielettrico,
rispettivamente. Per il vettore D si ha quindi:
Dv _ Dd
(2)
c0 c0er
$ e (D ) = 2tt r \ D d+ Dv) = Q.
Q
Dv (4)
27t(1 + er)r 2
CrQ
Da = (5)
27t( 1 -f er)r2 r
E = Q Ur (6)
eo 27re0( l + er)r2
Q
V = V (R) (8)
27re0(l +
(ii) Per calcolare la densità superficiale delle cariche libere sulla sfera conduttrice, appli
chiamo il teorema si Coulomb. Si ha:
essendo cria e d v le densità di carica libera sulla superficie della sfera conduttrice in
corrispondenza del dielettrico e del vuoto, rispettivamente. Usando le (4) e (5) si ha
quindi:
irQ ______ Q
tjId ~ n_ ,i , _ \rv, C/t) — r._/. , _ \n9 (19)
2tt(1 + 27t(1 + er)R 2
10.2 Soluzioni 333
p - * < * - d e = 2® (£; + 1 )! , u ,. (H )
Quindi:
(12)
P (R) '( - U ') = - P (f l) = - 2^ ' + iP
Si osservi che risulta:
Vld E Vp = Givi (13)
come deve esere, dal momento che il campo elettrico all’esterno della sfera conduttrice si
può calcolare applicando il teorema di Coulomb:
S.10.20.
(i) Per ragioni di simmetria il campo elettrico all’interno del condensatore è radiale. Inol
tre, poiché all’interfaccia fra due mezzi si conserva la componente tangente del campo
elettrico, si deduce che il campo elettrico non cambia nel passaggio fra vuoto e dielettrico.
Si ha quindi:
E q = Ed = E, (1)
avendo indicato con E 0 e con Ed i campi elettrici nel vuoto e nel dielettrico, rispettiva
mente.
Ricordando la relazione fra E e D, si ottiene:
8r I
r7 x » / \ \
— = — =* Dd = CrD0, (2)
Co CoCr L-"" \ »V \N jì j
/ / DN \
I f ^
\__
A
V
\s/
_ Q
Do / -, \7 Ur ; (4)
7r(cr E 1)hr
CrQ
D ri (5)
n(cr + 1 )hr
(ii) Per calcolare la capacità del condensatore, calcoliamo prima la differenza di potenziale
fra le armature:
A F = ____ 9 .____ C S _
d = 9 .________ In—(7)
,
Tre0(er + 1 )hJRl r ne0 (er + 1 Rx
_ _ 7re0 (er + 1 )h
M f t ) = P ( f t ) - u .= ^ (11)
(iv) La densità di carica libera sulle armature si calcola applicando il teorema di Coulomb:
avendo indicato con aio e Vid la densità superficiale di carica libera sull’armatura interna
del condensatore, in corrispondenza del vuoto e del dielettrico, rispettivamente. La carica
libera sull’armatura interna in corrispondenza del vuoto e del dielettrico è quindi:
Qo= TrR1Ii
Cr l
f _ Q° _ 7reOh fy _ Qd _ 7reOtrh
(15)
A V ~ In R2ZR1d ~ A V ~ In
S.10.21.
(i) Calcoliamo dapprima il vettore D, che dipende solo dalle cariche libere. Data la
simmetria del problema, il vettore D è radiale e assume lo stesso valore sulle superfici
sferiche E di raggio r arbitrario, concentriche alla sfera dielettrica. Applichiamo il teorema
di Gauss.
Per 0 < r < R si ha:
Qr
Anr2D Piib r D (3)
AnR3
Jo
dV = -
'
Q
AneoCrR 3 f r dr (5)
336 Elettrostatica dei conduttori e dei mezzi dielettrici
da cui
V(r)
Q
(R 2 - T 2). (6)
8 ire0 erR3
p <8»
(er - 1)Q
<TP = P (R ) U = ^ "r ' “ r (9)
AnerR 2
/ div P dr = ( P •n dS (13)
Jt Js
Dalle (12) e (13) si ha quindi che Q p = 0.
10.2 Soluzioni 337
S .10.22.
E5 opportuno calcolare prima D. Data la simmetria del problema,
D è radiale e dotato di simmetria sferica, e dunque è ortogonale
alle superfìci di interfaccia fra il guscio dielettrico e il vuoto. Appli
chiamo il teorema di Gauss, considerando una generica superfìcie E
concentrica alla sfera conduttrice e di raggio r. Se 0 < r < R 1 si ha:
$ e (D ) = Anr2D = Qint = 0 D = O.
Il vettore D non cambia passando dal vuoto al dielettrico dal momento che all’interfaccia
fra due mezzi si conserva la componente normale di tale vettore.
Il campo elettrico si calcola facilmente:
E = O, 0 < r < Ri
Q
E = 47r€ r2 Ur, R 1 < r < R2, r > R 3 ^
U= ^ D -E . (4)
U= (5)
I 1 f Rs / Q \2
_ 4 ^ d r + - ^ J ( — 4irr2 dr +
47re0er ' r4
1 r >
— Anr2 dr =
2 6° J r 3 ^ 4 Tre0^ r4
S .10.23.
Situazione iniziale: l’interruttore T è chiuso. I condensatori C 2 e C3 sono collegati in
serie, quindi sono equivalenti ad un condensatore di capacità C 23 data da:
HHh
I 1 _1_ C2C3
C23 = = 0.6 ^F. (1)
C23 ^ C2 + C3 C2+ C3
Tale condensatore è collegato in parallelo con il condensa
tore C1. Il sistema di tre condensatori è quindi equivalente
ad un unico condensatore di capacità C data da:
Q ld + Q 2d — Q ì (9)
cioè:
CdAVd= C AV => AVd= ^r AV = 3.44 V. (10)
Cd
10.2 Soluzioni 339
I O2
(12)
U f = 2 ^ d = 9'45
S .10.24.
S
Le densità superficiali di carica di polarizzazione sulle superfìci
della sbarra poste in X = O e x = L sono date da: I I *
0 L
CTp(O) = P(O) •(-U x) = - b
ctp( L ) = P(L) •ux = aL2 + 6. (1)
Sulla superficie laterale della sbarra non è presente alcuna carica di polarizzazione, dal
momento che P è parallelo alla superficie stessa. La densità volumetrica di carica di
polarizzazione si calcola come segue:
dP
pP(x) = -d iv P = - V 1 = ~2ax. (2)
dx
La carica di polarizzazione di volume totale è quindi:
S.10.25.
(i) Il vettore D è perpendicolare alle armature del condensatore e dipende solo dalla carica
libera Q depositata sulFarmatura posta a x = 0. Si ha quindi, per 0 < x < d:
D = I ux. (1)
(2 )
eo(ax + b)S x
340 Elettrostatica dei conduttori e dei mezzi dielettrici
nx px
dV = - I E dx = -
Q dx, (3)
Jd Jd cq(ax -F b)S
da cui:
ad + b
V (x) = - ^ - \ n (4)
V' e0aS ax -\-b
c = ST7 = « . » S / l „ ( l + y ) (6) -
P 1 ) E : «, (7)
j. j-j dPe a Q
Pp = - W = - — (9)
Q p = a p(0)S -F G p(d)S -F f
Jo
Pp ( x ) S dx = 0. (10)
10.3 Esercizi di autovalutazione 341
AV.10.1.
Una sfera metallica A, di raggio R a= 10 cm, ha una carica Q = IO-8
sta in contatto mediante un filo metallico di capacità trascurabile con una seconda sfera
metallica B, di raggio R b = 15 cm, inizialmente scarica. Ad equilibrio raggiunto, le due
sfere vengono elettricamente sconnesse. Si supponga che la distanza fra le sfere sia molto
maggiore dei raggi, in modo da poter trascurare Teffetto di mutua induzione quando esse
sono scollegate elettricamente. Si calcoli:
(%) La carica elettrica Q a e Q b sulle due sfere;
(U) La differenza AU di energia elettrostatica tra lo stato iniziale e quello finale.
AV.10.2.
In un condensatore cilindrico le armature del condensatore, di raggi a — 1 cm e b = 2 cm,
sono mantenute ad una differenza di potenziale A V — 300 V. Si calcoli la velocità Vo che
deve avere un elettrone affinché possa ruotare intorno all’asse dei due cilindri su un’orbita
circolare di raggio r compreso tra a e b. Si trascurino gli effetti di bordo.
AV.10.3.
Un condensatore sferico è costituito da due armature metalliche, di raggio interno Ri = 4
cm ed esterno R 2 = 8 cm, fra le quali è interposto un dielettrico di costante dielettrica
relativa er = 6. Sapendo che il campo elettrico massimo nel dielettrico vale Em — 2 x IO6
V /m , si calcolino le densità di carica di polarizzazione o \ e G 2 sulle superfici interna ed
esterna del dielettrico.
AV.10.4.
Si consideri un sistema di tre lastre conduttrici cilindriche coas
siali e molto sottili, rispettivamente di raggio Ri, R 2 ed Rs, ed
altezza L. Nella zona compresa tra il conduttore intermedio e
quello più esterno, viene inserito del materiale isolante di co
stante dielettrica relativa er\ sul conduttore più interno viene
infine deposta una carica Q. Si determini lo schema circuitale
equivalente della struttura cilindrica in termini di condensatori
e si calcolino: L
(a) la capacità C dell’intera struttura;
(b) la differenza di potenziale AVi2 tra il conduttore più inter
no e quello intermedio;
(c) l’energia U spesa per caricare l’intera struttura.
Si assuma che Ri = 10 cm, R 2 = 2Ri, R 3 = 4Ri, L = 50 cm,
Q = IO"9 C e d e r = 3.
342 Elettrostatica dei conduttori e dei mezzi dielettrici
AV.10.5.
Si consideri un condensatore piano ad armature rettangolari
aventi lati a e 6, distanti tra loro h. Nel condensatore, per
tutta la sua lunghezza, vengono inserite due lastre di materiale
8 C. Essa viene po- di costanti dielettriche relative erl ed £r2, secondo la
isolante, h
disposizione mostrata in figura. Sulle armature viene infine
depositata una carica Q. Si determini lo schema circuitale
equivalente della struttura e si calcoli:
(a) la capacità C del condensatore;
(b) la differenza di potenziale AU tra le sue armature; b
(c) l’energia U spesa per caricare l’intera struttura.
Si assuma a = 20 cm, b = 6 cm, h = 9 cm, Q = IO-9 C,
Sri — 3, e r2 — 4.
AV.10.6.
Si considerino due sfere conduttrici di raggio Ri ed R 2 molto lontane fra loro. Inizialmente
la sfera di raggio Ri viene collegata ad un generatore, che la porta ad un potenziale Vo
rispetto all’infinito; il generatore viene poi scollegato. In un secondo momento le due sfere
vengono collegate mediante un filo conduttore. Si calcolino:
(a) la carica Q presente sulla prima sfera dopo aver scollegato il generatore;
(b) l’energia U che il generatore spende per caricare la prima sfera;
(c) le cariche qi e q2 presenti sulle due sfere dopo averle collegate col filo;
(d) l’energia Uf che rimane immagazzinata sulle due sfere dopo averle collegate.
Si assuma Ri — 10 cm, R 2 = 15 cm e V0 = 1500 V.
AV.10.7.
Si consideri una sfera conduttrice cava, di raggio interno Ri ed
esterno R2\nel centro della sfera cava è posta una carica puntiforme
Q, mentre sulla superficie esterna della sfera si trova una carica 2Q 2 Q
distribuita uniformemente; entrambe le cariche sono presenti sin
dalTinizio. Si determinino:
(a) il valore della carica complessiva indotta Qind sulla superficie
interna della sfera;
(b) il campo elettrico, in modulo direzione e verso, generato dalle
cariche in tutti i punti dello spazio;
(c) il potenziale Vs{ a cui si trova la sfera conduttrice, supponendo
nullo il potenziale alTinfinito.
AV.10.8. Ol O2
Fra le armature di area A di un condensatore piano entrambe
collegate a terra è inserita una lastra metallica su cui è depo
sitata una carica q (vedi figura). Si calcolino:
(a) il potenziale della lastra,
(b) le densità superficiali di carica sulle armature, precisandone
il segno.
Si assuma: A = 300 cm2, q = 40 nC, a = 1 mm, b = 2 mm,
co = 8.85 x IO-12 F/m. Si trascurino gli effetti di bordo.
10.3 Esercizi di autovalutazione 343
AV.10.9.
Due dielettrici omogenei e isotropi, con costante dielettrica re
lativa eri e er2 sono immersi in un campo elettrostatica le cui
linee di forza formano un angolo 0\ e O2, rispettivamente, con
la normale alla superfìcie di separazione tra i due mezzi. Si
calcoli:
(a) l’angolo O2 in funzione di 0 \ e delle costanti dielettriche re
lative dei due mezzi;
(b) la densità di carica totale di polarizzazione presente alla su
perficie di separazione dei due dielettrici in funzione del campo
elettrico nel primo mezzo e delle costanti dielettriche relative
dei due mezzi.
AV.10.10.
Si consideri un condensatore piano con armature di superfìcie S
poste a distanza h e collegate a un generatore di forza elettromo
trice di valore / 0. E’ possibile riempire progressivamente con acqua
distillata (costante dielettrica relativa er) lo spazio fra le armature
come mostrato in figura. Si determini la capacità del condensatore
ed i campi E e D nell’acqua in funzione dello spessore x dello strato
I X
d’acqua.
AV. 10.11.
Un condensatore piano, con armature di superfìcie S e distanti d, è caricato fino ad una
differenza di potenziale tra le sue armature pari a AU0 e poi isolato. Si determini la forza
di attrazione tra le due armature.
AV.10.12.
Alcuni condensatori sono collegati come in figura. Sapendo che le ca
pacità dei condensatori sono C\ = 3/xF, C2 = 2/xF, Cs = 4/xF e che la
differenza di potenziale tra A e B è AU = Va — Vb = 100 V, si deter
minino:
(%) la capacità totale C T o t ; C3
( U ) la carica totale immagazzinata Q t o t ',
AV.10.13.
Si confronti la capacità di un condensatore piano riempito per 1/3 del >k"
suo spessore con un materiale dielettrico, di costante dielettrica relativa d
Cr = 2, e la capacità di un condensatore vuoto di uguali dimensioni. Si
considerino le armature a distanza d e di superfìcie S.
344 Elettrostatica dei conduttori e dei mezzi dielettrici
S A . 10 . 1 .
(i) Q a = QR a HR a + R b ) = 4 x IO"9 C, = QR b HR a 6 x ICT9 C;
SA. 10.2._____________
V0 = ^/eA V/{m In(V a)) — 8-7 x IO6 m/s.
S A .10.3.
cri = -Q
H
r- l)/(4?r erR
j)~ -8.85 x IO-5 C /m 2, a2 = Q(er - l)H4nerR2) ~ 2.21 x
IO-5 C /m 2 con Q = 4TTeQerR\Em.
S A .10.4.
(a)C = r 27rg°£ _l -, = 30.08 pF = 3.008 x IO"11 F;
In R v ( A1V
Ri { R v J
I Q2
(c) u = ~ = 16.62 nJ = 1.662 x IO"9 J.
ZO
S A .10.5.
/ ,n £o ab3£r
£r2 + = 3.11 pF = 3.11 x IO-12 F;
I -b eI sr
[hi A V = % = 320.66 V;
O
I O2
(c) u = ~ = 0.161 = 1.61 X IO"7 J.
Z O
S A .10.6.
(a) Q = Ane0 R 1 V0 = 16.68 nC = 1.668 x 10“ 8 C;
10.4 Soluzioni sintetiche degli esercizi 345
QRi
Qi
Rl + R 2
(c){
Q R 2
Ri -K R 2
.1 / QÌ Q2
(d )U f 5 /xJ = 5 x IO-6 J
2 'v47re0i?i
-Q \
Q
Airsor2 V
ur r > R2.
. 2716()7'2
Q
(C) V sf =
27^0¾
S A .10.8
abq
(a) V = = 100 V;
eoA(a + b)
bq aq
A(a + b) A(a + b)
S A .10.9.
er2
(a) tan^2 — — tan#i;
er\
S A .10.10.
q _ CQCrS tQtrfo fo
D = E =
x (l — er) + CrIii x (l — er) + CrHi x (l — er) + erh
346 Elettrostatica dei conduttori e dei mezzi dielettrici
S A .10.11.
„ ^0S A y 02
S A .10.12.
CijC2+ C 3)
(i) Ctot = 2MF;
Ci + C2+ Cz
(H) Qtot = 2 0 0 /i C ;
S A .10.13.
C = I + 2 Cr
dove = e<4-
a
Capitolo 11
Correnti stazionarie
11.1 Problemi
p.ii.i.
I
Un generatore di differenza di potenziale AU = < ------------------------- >
25 mV è connesso agli estremi di un conduttore
di alluminio a forma di cilindro cavo, di lunghez
za I = 75 cm e raggi di base interno ed esterno
a = 0.6 mm e b — 0.7 mm, rispettivamente (vedi
figura). Sapendo che la resistività deiralluminio è
t = 2.7 x IO-6 fi cm, si calcolino l’intensità di cor
rente che fluisce nel conduttore e la sua resistenza
elettrica R.
P.11.2.
Tre conduttori che presentano rispettivamente valori di resistenza
Ri, R 2 e R 3 sono connessi in serie, come indicato in figura. Si calcoli
il valore di resistenza equivalente della serie dei tre conduttori, cioè
la resistenza di un conduttore nel quale, se sostituito alla serie dei
tre conduttori, fluirebbe la stessa intensità di corrente, a parità di
differenza di potenziale applicata fra i due estremi A e B .
P.11.3.
Tre conduttori, che presentano rispettivamente valori di
resistenza Ri, R 2 e R3, sono connessi in parallelo, come
indicato in figura. Si calcoli il valore di resistenza equiva
lente del parallelo fra i tre conduttori, cioè la resistenza
di un conduttore ai capi del quale, se sostituito al paral
lelo dei tre conduttori, a parità di intensità di corrente
totale nei tre conduttori, si avrebbe la stessa differenza di
potenziale fra i due estremi A e B .
348 Correnti stazionarie
P.11.4.
Un generatore di differenza di potenziale AU /, I2 S
è connesso ai capi di un conduttore cilindrico
di sezione S, che presenta una resistività ti
in un primo tratto, di lunghezza li, e poi una
differente resistività t 2 in un secondo tratto,
di lunghezza I2 (vedi figura). Si calcolino l’in
tensità di corrente che fluisce nel conduttore
e la densità di carica elettrica che si accumula
alla superficie di discontinuità fra i due tratti
di conduttore.
P.11.5.
Un generatore reale che sviluppa una differenza di potenziale
Uo può essere schematizzato come un generatore ideale con una
resistenza interna Rint, di piccolo valore, collegata in serie. Il
generatore viene utilizzato per alimentare un carico di resisten
za R, come indicato in figura. Si calcoli la potenza trasferita
dal generatore al carico e dissipata per effetto Joule nel resi
stere. Fissati Uo e Rint, per quale valore di R tale potenza è
massima?
P.11.6.
Un generatore di differenza di potenziale Uo = 12 V con re
sistenza interna Rint = 0.5 fi è collegato ad una serie di tre
resistori, di resistenze Ri = 7.5 fi, R2 = 3.5 fi ed R3 = 4.5 fi,
come mostrato in figura. Si calcolino la corrente che circola nel
circuito, la differenza di potenziale ai capi di ciascuno dei tre
resistori e la differenza di potenziale Va b ai capi del generatore
reale.
P.11.7.
Un generatore di differenza di potenziale Vb con resistenza
interna Rint è collegato ad un carico di resistenza R e ad
un conduttore formato da tre tratti di materiali diversi,
di uguale sezione S e con resistività e lunghezze pari a
(ti, li), (t2 , /2) c (t3 , 1 3), rispettivamente, come mostrato in
figura. Si calcolino le correnti li e I 2 che fluiscono nei due
conduttori.
11.1 Problemi 349
R H . 8.
Un generatore di differenza di potenziale V0 = 12 V con
resistenza interna Rmt = I fi è collegato al circuito mostra
to in figura. I due conduttori cilindrici del circuito hanno
sezione 5 = 1 rum2, lunghezza l\ — 1.4 cm e /2 = 2.5 cm, e
resistività ti = 2.5 x IO-2 ^ c m e r 2 = 2.2 x IO-2 fi cm, ri
spettivamente; il condensatore ha capacità C = 100 nF. Si
calcolino, in condizioni stazionarie, la differenza di poten
ziale ai capi di ciascun resistore e la carica immagazzinata
nel condensatore.
P.11.9.
Un generatore di differenza di potenziale U0 con re
sistenza interna Rmt è collegato al circuito mostrato
in figura, composto da un conduttore cilindrico di
lunghezza Z, sezione 5 e resistività r, un resistore
di resistenza R e due condensatori di capacità Ct e
C2. Si calcolino, in condizioni stazionarie, la poten
za erogata dal generatore e l’energia elettrostatica
immagazzinata in ciascun condensatore.
P.11.10.
Si consideri il circuito in figura; si calcolino: (i) la corrente
circolante nel circuito; (ii) la differenza di potenziale ai
capi del condensatore in regime stazionario; (iii) la potenza
dissipata dal generatore; (iv) l’energia immagazzinata nel
condensatore. [R = 50 fi] C = 150 nF; Vb = 12 V.]
P .l l .l l. 2R
Al morsetto di uscita del circuito mostrato a lato è presente 2 V0 p A A q V0
una differenza di potenziale Va misurata rispetto alla mas
sa. Si determini il valore di Va in funzione delle quantità
V0 ed R ; se si sostituisse la resistenza 3R con una resi
stenza variabile Rvar, quali sarebbero i valori di Va che si
potrebbero ottenere variando Rvar tra zero (cortocircuito)
ed infinito (circuito aperto)?
P.11.12.
Si consideri un circuito costituito da cinque resisto-
ri, disposti come in figura; agli estremi A e C del
circuito si connette un generatore che mantiene una
differenza di potenziale Vo costante; si calcolino: (i)
la corrente circolante attraverso il generatore; (ii)
la differenza di potenziale tra gli estremi B e D del
circuito, [i? = 100 fi; Vb = 15 V]
350 Correnti stazionarie
P .l l . 13.
Un filo conduttore curvilineo ha lunghezza l, sezio
ne 5 variabile lungo il suo asse secondo l’espressione
S = S(s) (dove s rappresenta l’ ascissa curvilinea)
e resistività variabile secondo la legge t = t(s), ma
uniforme in ogni sezione del filo (vedi figura). Si
ricavi l’espressione della resistenza elettrica di tale conduttore.
R H . 14. I
Un generatore mantiene una differenza di potenziale Va^ = 1.5 V <------------- >
tra la superfìcie interna e quella esterna di un semiconduttore a
forma di cilindro cavo, di lunghezza I = 1 mm e raggi di ba
se interno ed esterno a = 0.2 mm e b = 0.8 mm, rispettiva
mente (vedi figura). Sapendo che la resistività del semicondut
tore è t = 3.5 fi cm, si calcoli la potenza erogata dal generato
re.
R H . 15.
Un generatore mantiene una differenza di potenziale Va&tra la super
ficie interna e quella esterna di un guscio sferico di materiale condut
tore, di raggi interno ed esterno a e ò, rispettivamente, e di resistività
r (vedi figura). Si calcoli l’intensità di corrente che fluisce nel con
duttore.
R I I . 16.
Due conduttori a forma di guscio sferico sono disposti concen
tricamente e connessi ad un generatore di differenza di poten
ziale Vb, come indicato in figura. Siano a, b e c i loro raggi
interni ed esterni, ri e t2 i rispettivi valori di resistività. Si
calcolino, all’interno dei cue conduttori, gli andamenti della
densità di corrente J e del campo elettrico E. Si calcoli infine
la densità di carica elettrica che si accumula all’interfaccia fra
i due conduttori.
11.2 Soluzioni 351
11.2 Soluzioni
S .ll.l.
La corrente stazionaria che fluisce nel condutto
re quando una differenza di potenziale A V viene
applicata ai suoi estremi è distribuita uniforme-
mente sulla sua sezione, di area S = n(b2 —a2). La
densità di corrente J, quindi, è uniforme in tutti
i punti del conduttore, ed è legata all’intensità di
corrente I dalla seguente relazione:
J = ^(
i)
dove uz indica il versore dell’asse z, che abbiamo preso diretto come il flusso di corrente,
cioè dall’estremo del conduttore a potenziale più alto verso quello a potenziale più basso
(vedi figura). Applicando la legge di Ohm in forma locale, quindi, possiamo scrivere la
relazione che lega I al campo elettrico E all’interno del conduttore:
E = rJ = y Uz. (2)
A questo punto, poiché il generatore mantiene una differenza di potenziale A V tra i due
estremi del conduttore, possiamo scrivere:
A V = V(O) -V [ (3)
Jo S
Da questa espressione ricaviamo subito l’intensità di corrente:
r SA V cAA A
I = — — = — ------------ Tj ------------^
(4)504 mA.
tl
Sempre dall’equazione (3), tenendo conto della legge di Ohm in forma integrale, otteniamo
che la resistenza R del conduttore vale
1 1_
(5)
S'
e quindi, nel nostro caso:
Osserviamo che l’equazione (5) sopra ricavata è di validità generale per tutti i conduttori
omogenei di forma “cilindrica”, cioè con sezione costante (non necessariamente di forma
circolare) e superficie laterale ortogonale alle basi, in cui la differenza di potenziale sia
applicata fra le due basi. In questo caso, infatti, la corrente stazionaria si distribuisce
uniformemente sulla sezione e quindi si può applicare il ragionamento sopra descritto.
352 Correnti stazionarie
S.11.2.
Supponiamo di connettere un generatore di differenza di potenziale
Va b = Va - V b aIla serie dei tre resistori, fra i due estremi A e
B (vedi figura). Nei tre conduttori fluirà una corrente stazionaria
con la stessa intensità I (essendo connessi in serie), che ovviamen
te risulterà direttamente proporzionale a Va b • Ver calcolare la
relazione che lega I a Va b applichiamo la legge di Ohm in forma
integrale a ciascuno dei conduttori:
V1= Va -V c = R i L (1 )
V2 = Vc - V d = R 2 1, (2 )
i?
(3)
II
II
CO
I
Va - V c + Vc - V d + Vd - V b = Va - V b = (R 1 + R 2 + R3) L (4)
S.11.3.
Supponiamo, in questo caso, di alimentare il parallelo del
le tre resistenze con un generatore di corrente stazionaria I
(vedi figura). Fra gli estremi A e B si svilupperà una certa
differenza di potenziale Vab = Va - V b , che sarà ovviamen
te la stessa ai capi di ciascuno dei tre conduttori, appunto
perché sono connessi in parallelo. Possiamo allora applicare
la legge di Ohm in forma integrale a ciascuno dei conduttori
per calcolare l’intensità di corrente che vi fluisce:
r Vab
(1)
'■ " ■ rT '
,
(2)
r Vab
(3)
Nel caso stazionario, essendo la divergenza del vettore densità di corrente J pari a zero,
l’intensità di corrente totale che entra in un nodo (o, più in generale, in una qualunque
11.2 Soluzioni 353
superficie chiusa) è sempre uguale a quella che ne esce. In particolare, applicando questa
legge ai nodi C e D otteniamo che la corrente totale I che fluisce nel parallelo è la somma
delle tre correnti:
I = h+ h + h = V a b ^-^r + — + — ^ • (4)
Possiamo quindi calcolare la resistenza “equivalente parallelo” P par come il rapporto fra
Va be I , cioè:
*>"=Gr+Fj+^) • (5)
Questo risultato si generalizza in maniera ovvia al caso di un numero qualunque di re
sistenze connesse in parallelo: la resistenza equivalente è tale che il suo reciproco è pari
alla somma dei reciproci delle singole resistenze. Come nel caso delle resistenze in serie,
anche questa equivalenza è da intendersi ai soli fini esterni, cioè per quanto riguarda il
rapporto fra la differenza di potenziale ai capi del parallelo e l’intensità di corrente totale
che vi fluisce; occorre invece considerare le singole resistenze (eventualmente dopo aver
sfruttato Tequivalenza per calcolare la differenza di potenziale ai capi del parallelo) se si
vuole calcolare la corrente che fluisce attraverso qualcuna di esse.
S.11.4.
La resistenza totale del conduttore si calcola
sommando le resistenze dei singoli tratti, che
sono connessi in serie:
AP AVS
I = — = ————— . (2)
P x ih + X2 I2 K)
Poiché i due tratti di conduttore hanno valori di resistività differente, anche il campo
elettrico assume due valori diversi nelle due regioni. Infatti, per la legge di Ohm in forma
locale, esso risulta pari al prodotto della resistività per la densità di corrente J = J/S ,
che è la stessa nei due tratti:
I V1A V
(3)
S ~ Vili + *2^2 ’
(4)
I V2A V
(5)
S ~ Xih + X2 I2
354 Correnti stazionarie
(r2 — Ll)A V
a — eo (E 2 — Ei) — (7)
Xih + X2 I2
S.11.5.
L’intensità di corrente I che circola nella resistenza di carico R
è la stessa che attraversa anche la resistenza interna Rint del ge A
neratore. Applicando la legge di Ohm separatamente alle due
resistenze si ottiene che:
Va - V b = R h (1)
Vc - V a = RintI. (2)
La corrente che circola nei due resistori, cioè, essendo essi connessi in serie, è la stessa che
attraverserebbe un unico resistore di resistenza pari alla somma .Rint + R. Dall’equazione
(3) si ricava subito I in funzione di Vo5 R e PinE la potenza trasferita dal generatore al
carico, che viene dissipata per effetto Joule nel resistore, si calcola come:
Questa situazione viene comunemente descritta dicendo che la potenza trasferita al carico
è massima se la resistenza del carico è adattata alla resistenza interna del generatore.
S.11.6.
Dal momento che i quattro resistori sono connessi in serie, la
corrente che circola in essi è la stessa che circolerebbe in unico
resistore di resistenza pari alla somma delle quattro resistenze,
come nell’esercizio precedente:
V0
I = = 750 mA. ( i)
-Rint + Rl + R 2 + R 3
R1
V2 = Vd - V e = R2 I = V0 = 2.625 V, (3)
R int + Ri + R 2 + R3
R3
V3 = Ve - V b = R3 I = V0 = 3.375 V. (4)
Rmt + Ri + R2 + R3
Infine, la differenza di potenziale ai capi del generatore reale si può calcolare come:
Ri + R 2 + R3
Vab = Va - V b = V1 + V2 + V3 V0 = 11.625 V. (5)
Rmt + Ri + R2 + R3
Osserviamo che Va b risulta leggermente inferiore a Vo; quest’ultima viene anche chiamata
differenza di potenziale a vuoto (cioè in assenza di carico) del generatore.
S.11.7.
Anzitutto calcoliamo le resistenze dei singoli tratti di con
duttore, che valgono rispettivamente: A
ti / 1
(1)
S ’
*2 h
(2)
S ’
C3 h
(3)
S '
Poiché i singoli tratti sono connessi in serie e quindi attra
versati dalla stessa intensità di corrente, la resistenza globale
è semplicemente la somma delle tre resistenze parziali:
ri h + 1¾I2 + r3 h
Rser — Ri + R 2 + R 3 — (4)
S
356 Correnti stazionarie
r _ V AB
(5)
' - - r '
(6)
Si tratta ora di calcolare V a b - La corrente I erogata dal generatore, che attraversa la sua
resistenza interna, è quella che entra nel nodo A; poiché siamo in condizioni stazionarie,
la corrente che entra in un nodo (o, più in generale, in una superficie chiusa) è sempre
uguale a quella che ne esce, e quindi:
I = I1 + I 2 = (7)
~R
-Ct + I~R~
Is6] IV a B '
In altre parole, la corrente totale che circola nel parallelo delle due resistenze è la stessa che
attraverserebbe, a parità di differenza di potenziale Va b , un unico resistore di resistenza
.Rpar tale che l’inverso di Rpar sia pari alla somma degli inversi. Poiché questa stessa
corrente attraversa anche la resistenza interna, la differenza di potenziale ai suoi capi
vale:
Vc - V a = Rint I = Rint(*™ + R) Vab. (8)
-Ct -LLseT
A questo punto consideriamo che il generatore mantiene una differenza di potenziale Vq
fra il punto C e il punto B , quindi:
(10)
R + -Rint ( I + R / -Rser)
(11)
Rser + -Rint (I + -Rser/ R )
(12)
R + [R
tI +
in R R f i 1-Ih + *
-2 I2r3 ^3 )]
________________ VoS________________
(13)
ti /1 + X 2 I2 + £3 I3 + t+
in
R (ti /1 + X 2 I2 + t3 h ) f R]
11.2 Soluzioni 357
S.11.8.
Calcoliamo anzitutto le resistenze dei due conduttori cilindri
ci, che valgono rispettivamente:
X1
J i
R1 (1)
S
t2 h
Ri = ~hr (2)
S
Osserviamo poi che, in condizioni stazionarie, non c’è corrente
che attraversa il condensatore, il quale si comporta come un
circuito aperto. Per questo motivo l’intensità I della corrente
che fluisce nei due conduttori cilindrici è la stessa, come se fossero connessi in serie. Per
calcolarla è sufficiente dividere la differenza di potenziale per la resistenza totale:
V0 SV 0
I = (3)
R int + R 1 + R rI S + tl + t2 ^2
_______ ri h_______
V1 = R1I = V0 = 4.2 V, (4)
S Rint + *1 I1 + V2 I2
_______ ?2 h_______
V2 = R2I = F0 = 6.6 V. (5)
S Rint VV 1 I1 V *2 I2
*2 Z2
Q = CV2 = CVo = 6.6 X IO"7 C. (6)
S Rint V V1 I1 V t2 I2
S.11.9.
In condizioni stazionarie i due condensatori si compor
tano come circuiti aperti, cioè attraverso di essi non
fluisce alcuna corrente. Per questo motivo anche la
resistenza R non è attraversata da corrente, e dunque
la differenza di potenziale ai suoi capi è nulla:
Va = Vc . (1)
Vo SVp
I = (3)
Rint 4“ Rcil S Rint V v l
p S V i
r
y
Psen- V 0 I -
v„ - v. - J W - (5)
C 1 (Vc - V b )2 f '
U1 = V2 (6)
2 2 'VR Rint P x l
C2 (Vc - Vb ) 2 C2 ,f t
U2 = V02 - (7)
2 2 '^ S Rint + 1 1
S.11.10.
Per risolvere il problema, notiamo che nel ramo conte
nente il condensatore (tratto AB in figura) non circo
la corrente, in quanto il condensatore stesso agisce in
regime stazionario da circuito aperto; ai fini del cal
colo della corrente, possiamo separare questo tratto
2R
dal resto del circuito nel modo mostrato in figura. La
corrente I circolante nel sistema sarà allora pari, per
la legge di Ohm, a:
j _ Vo _ Vo
R 3R 4R a)
La potenza dissipata dal generatore sarà allora pari a:
V2
(2)
p - v«I - W
La differenza di potenziale V ai capi della resistenza 3R è pari anche alla differenza di
potenziale ai capi del ramo AB del circuito (si veda la figura); poiché in questa parte del
circuito non circola corrente, la differenza di potenziale ai capi della resistenza 2R sarà
11.2 Soluzioni 359
nulla; dunque ai capi del condensatore si trova una differenza di potenziale pari proprio a
V. In base al risultato dell’equazione (1) si ottiene:
v = ZRI = (3)
U = \ C v 2 = - k CVo-(4)
Sostituendo nelle precedenti espressioni i valori numerici assegnati dal testo, si ottiene
I = 0.06 A, V = 9 V, V = 0.72 W ed U = 3.41 fiJ.
S .ll.ll.
Supporremo nel seguito che la corrente Z circolante nel V1
sistema fluisca in verso orario, come illustrato in figura.
Per poter risolvere il problema fissiamo una convenzio
ne di segno per le differenze di potenziale: indicheremo 2 V0
la differenza di potenziale ai capi di un componente
del circuito mediante una freccia, la cui testa coincida
con l’estremo a potenziale più alto e la cui coda con
l’estremo a potenziale più basso; assumeremo poi che
differenze di potenziale orientate in verso orario siano
positive, mentre saranno negative se dotate di verso opposto. In base ai verso assegnato
alla corrente, le differenze di potenziale ai capi dei vari componenti risultano orientate
come in figura (si noti che per i generatori l’estremo a potenziale maggiore è quello dise
gnato con il segmento più lungo e sottile; per i resistori si assume che l’estremo in cui la
corrente entra è quello a potenziale maggiore). Si noti che la differenza di potenziale Va
tra il morsetto di uscita del circuito e la massa coincide con la differenza di potenziale ai
capi della resistenza 3R; chiameremo inoltre con Vi e V2 le differenze di potenziale rispet
tivamente ai capi delle resistenze 2R ed R. A tal punto possiamo applicare al circuito la
conservatività del campo elettrico, che si traduce semplicemente nel fatto che la somma
delle differenze di potenziale lungo un percorso chiuso è nulla; pertanto:
2Vo — Vi — Vo — Va — V2 = 0 ; (1)
In base alla legge di Ohm possiamo porre:
' V1 = 2R I
< V2 = R I (2)
k Va = S R I
Sostituendo le (2) nella (1), otteniamo:
I = (3)
6i?’
360 Correnti stazionarie
V* ~ T {4)
Se la resistenza 3R fosse sostituita da una resistenza variabile R var , dovremmo sostituire
la terza delle (2) con l’equazione:
Va — R var 1 ? (5)
da cui, dopo sostituzione nella (1), otterremmo:
V0
I = (6)
3R + R var
(7)
v* = v° w ? k :''
se poniamo nella (7) che Rvar sia nulla (corto circuito), otteniamo ovviamente:
Va, c. c. = 0; (8)
se imponiamo nella (7) che Rvar 00 (circuito aperto) otteniamo invece:
R va
Vi, c. a. = DIim Vo = V0. (9)
Rvar-^oo 3R -j- Rv
S.11.12.
Consideriamo al momento il circuito privo del
generatore ed ipotizziamo che in ingresso (mor
setto A) fluisca una corrente L Tale corrente
si ripartirà tra i due resistori superiori in due
correnti I 1 ed J2; essendo in regime staziona
rio, la somma delle correnti afferenti ad un no
do del circuito deve essere uguale a quella delle
correnti uscenti. Si ha quindi:
/ = /1 + /2. (1)
La corrente Z1 si ripartisce nel nodo D tra una
corrente Z3 che scorre nel resistore centrale ed
una corrente Z4 che scorre nel resistore inferiore;
possiamo quindi porre:
h — /3 + /4; (2)
nel nodo B avremo invece che la corrente Z2 si somma alla Z3; la somma Z5 scorre poi nel
resistore inferiore; pertanto:
11.2 Soluzioni 361
^5 — ^2 + h- (3)
Infine nel nodo C le correnti I 4 ed /5 si sommano per dar vita nuovamente alla corrente
I (si rammenti che i nodi A e C sono fra loro connessi mediante il generatore):
/ — /4 + /5 — /1 + I2. (4)
Consideriamo ora le relazioni fra le differenze di potenziale ai capi dei vari componenti
del circuito; si rammenta che la somma delle differenze di potenziale lungo un percorso
chiuso è pari a zero. Assumeremo come positive le differenze di potenziale orientate in
verso orario (si veda la figura); nella maglia superiore del circuito possiamo porre:
Vi — V2 H- V3 = 0; (5)
nella maglia inferiore avremo:
V4 - V3 - V5 = 0, (6)
V1 + F4 = V0; (7)
Vi - V2 - V5 + V4 = 0. (8)
Si noti che le equazioni determinate precedentemente sono fra loro linearmente dipendenti;
in particolare la (4) dipende dalle (1-3), mentre la (8) dipende dalle (5-7). Pertanto non
tutte le equazioni determinate sono utili ai fini della soluzione del problema.
Mediante la legge di Ohm, possiamo legare poi correnti e differenze di potenziale:
' Vi = 2R h ; V2 = R I 2;
< V3 = R I 3; V4 = R I 4; (9)
< V5 = 2R /5.
2 R I 1 - R I2 + R I3 = 0
R I 4 - R I 3 - 2 R Z5 = 0 (10)
2R I 1 + R I 4 = V0
' 2 / , - / 2 + /3 = 0; h ~ h ~ 2/5 — 0;
, h ~ h — h = 0; h -h -h = 0.
Si noti che non è indispensabile risolvere il sistema con i metodi ordinari: difatti si può
notare che il circuito non cambia se viene ruotato di 180°; pertanto, per simmetria, si
avrà che:
le quali, sostituite nel sistema precedente e tenuto conto dei valori numerici assegnati dal
problema, consentono di ottenere la soluzione:
' /1 = /5 = H = 43 mA
. /> = + - + - 2L5mA
Si noti che la corrente I 3 ha verso opposto a quello ipotizzato nella figura iniziale. Dai ri
sultati precedenti, si ottiene poi la corrente circolante attraverso il generatore / = /,+ Z 2 =
107.5 mA. La differenza di potenziale tra i morsetti D e B è pari a R I 3 = V0/7 = 2.15 V.
S.11.13.
Per calcolare la resistenza elettrica R immaginiamo
di applicare ai capi del conduttore una differenza
di potenziale A V = V(O) — V(Z), che produce un
flusso di corrente stazionaria di intensità I nel verso
in cui l’ascissa curvilinea s cresce. In ogni sezione
del filo la densità di corrente J è tangente al filo
conduttore ed uniforme, poiché il conduttore è per
ipotesi filiforme e la resistività varia con s ma non
sulla sezione stessa. Precisamente, avremo per il modulo J della densità di corrente:
j ^ = Wy(1)
Applicando la legge di Ohm in forma locale otteniamo dunque che il campo elettrico vale
E(s) = t(s)J(s) =
(2)v
(;s)g
Ij
11.2 Soluzioni 363
Infine, confrontando l’equazione (3) con la legge di Ohm in forma integrale, si ottiene
l’espressione della resistenza:
1 r (s)ds
R =
/ W
(4)
Come caso particolare, se la sezione S e la resistività r sono costanti lungo il filo, si ottiene
la ben nota relazione per il calcolo della resistenza:
rl
R = (5)
che abbiamo già ricavato nel risolvere il primo esercizio di questo capitolo. L’espressione
(4) ha un’interpretazione fisica abbastanza semplice: il filo conduttore può essere pensato
come una serie infinita di tratti di conduttore, di spessore infinitesimo ds, in ciascuno dei
quali la resistività e la sezione sono uniformi. Ogni tratto presenta dunque una resistenza
infinitesima dR che, in base all’equazione (5), vale
r (s)ds
dR = (6)
la resistenza totale è la somma di tutte queste resistenze in serie, cioè l’integrale di dR,
trattandosi di infiniti termini. Ovviamente anche questo modo di procedere porta a scri
vere l’equazione (4) per la resistenza di un filo conduttore con resistività e/o sezione non
costante.
S.11.14. l
Per calcolare la potenza erogata dal generatore è sufficiente <------------- >
calcolare l’intensità I della corrente stazionaria che fluisce
dalla superficie interna verso quella esterna. Assumiamo che
il generatore mantenga una differenza di potenziale Vab tra la
superficie interna del conduttore e quella esterna, ma che en
trambe le superfici siano equipotenziali. Data la simmetria
cilindrica della struttura, la densità di corrente ha certamen
te direzione radiale e modulo che dipende solo dalla distanza
r dall’asse della struttura cilindrica:
J = J W u r, (1)
dove ur indica il versore radiale uscente in un sistema di coordinate cilindriche. Se consi
deriamo le superfici cilindriche di raggio r e di lunghezza /, con a < r < 6, coassiali con il
conduttore, in condizioni stazionarie la corrente I che le attraversa è la stessa per tutte
queste superfici, quindi la densità di corrente vale:
T_ I I
(2)
S (r )Ur 2 ttr / Ur
364 Correnti stazionarie
dove con S(r) = 2tttI abbiamo indicato l’area laterale della generica superficie cilindrica
di raggio r. Il campo elettrico nel conduttore, perciò, vale:
E = tJ = E (r)u r = ^ u r (3)
Possiamo ora imporre che l’integrale del campo elettrico lungo una linea radiale che va
dalla superficie interna a quella esterna sia pari alla differenza di potenziale Vab mantenuta
dal generatore tra le due superfici:
A questo punto siamo in grado di calcolare la corrente / , che è l’unica incognita nell’e
quazione (4), e quindi la potenza erogata dal generatore:
x dr x dr
(6)
d R = ^ r ) = 2^ 1 '
La resistenza totale del conduttore si calcola sommando tutte le resistenze dei gusci
cilindrici, cioè eseguendo il seguente integrale:
R= (7)
Utilizzando quindi l’espressione P = Vab/R per la potenza erogata dal generatore si per
viene allo stesso risultato ottenuto in precedenza.
11.2 Soluzioni 365
S.11.15.
Data la simmetria sferica del problema, la densità di corrente J ed il
campo elettrico E hanno direzione radiale e modulo che dipende solo
dalla distanza r dal centro della struttura. Ragionando come nel
l’esercizio precedente, in questo caso possiamo pensare il conduttore
come una serie di gusci sferici di spessore infinitesimo dr. Il generico
guscio sferico, di raggio r, presenta una superficie
S ( r ) = 47rr2, (1)
x dr x dr
d R ^~S ^r)= À ^ '
„ f ln f b xdr ri li* x b —a
(3)
R ~ J d R ~Ja 4 47t ab
L’intensità di corrente che fluisce nel conduttore, infine, si calcola applicando la legge di
Ohm in forma integrale:
Vab _ VnabVah
(4)
~ R ~ (b -a )t'
$ S(E) =
S.11.16.
Osserviamo anzitutto che la densità di corrente J, a causa
della simmetria sferica della struttura, è diretta radialmente e
dipende in modulo solo dalla distanza r dal centro. In condi
zioni stazionarie, la divergenza di J è nulla e quindi l’intensità
I della corrente che attraversa una qualunque superficie sferi
ca di raggio r concentrica con i conduttori (con a < r < c) è
sempre la stessa. Inoltre, su ciascuna di tali superfìci sferiche,
la densità di corrente è legata ad I dalla seguente relazione:
J = J(r ) ur = V j u r = - V u r, (1)
ri I
E = E(r) ur =
{ W u-
V2I
a<r<6’
rb ti(ò - a ) t2(c - ò)
Vq = (3)
ab bc
AirV0abc
I = (4)
tic(b — a) + t2a(c — b) ’
Sostituendo tale espressione nelle equazioni (1) e (2) si ottengono gli andamenti della
densità di corrente e del campo elettrico nei conduttori:
abc Vq
ur, (5)
tic(b — a) + t2a(c — b) r2
' abc ElVrO
a < r < ò,
Xic(b — a) A- x2 a(c — b) rp2
E = (6)
abc L?Vq
ur, b < r < c.
k Xic(b — a) + t2a(c — b) pi
Per calcolare la densità di carica a che si accumula fra i due conduttori consideriamo la
superfìcie E di un guscio sferico, concentrico con la struttura, di spessore infinitesimo dr
e di raggio 6, che si trovi a cavallo della discontinuità. Applicando il teorema di Gauss
alla superfìcie E otteniamo:
[ E-ndS= [E{b+
)- = (7)
JT1 eO
dove con EibV) ed E{b~) abbiamo indicato i valori del campo elettrico sulle superfìci
esterna ed interna di E, cioè ad una distanza dal centro, rispettivamente, superiore e infe
riore di un infinitesimo a 6. A questo punto, utilizzando l’equazione (6) per le espressioni
del campo elettrico, si ricava:
ac (t2 - ti)Vo
a = e0 [E(b+) - E(b~)ì = e0 (8)
i\c{b — a) + t 2 a(c — b) b
11.3 Esercizi di autovalutazione 367
AV.11.2.
Un generatore di tensione, con / = 10 V e resistenza interna Ri = 2 fi, è collegato ad una
resistenza R = 4 f i Si determinino
(i) la potenza P9 erogata dal generatore;
(n) la potenza Pr dissipata sulla resisitenza i?;
(in) il valore della resistenza R per cui la potenza dissipata Pr è massima (condizione di
carico adattato).
AV.11.3.
Si determini la potenza dissipata in condizioni stazionarie nel circuito
in figura. Si determini inoltre l’energia immagazzinata in ognuno dei
due condensatori. Si considerino i seguenti dati: / = 20 V; Ri = 10 fi;
R 2 = 20 fi; C 1 = 10 /xF; C 2 = 20 /xF.
AV.11.4.
Si abbiano due conduttori cilindrici cavi coassiali di altezza L disposti
come in figura, di resistività ri e X2 (i raggi a, b e c sono noti). Sia AU la
differenza di potenziale applicata tra la superficie interna e la superficie
esterna. Si determini:
(a) l’andamento del campo elettrico e della densità di corrente in fun
zione della coordinata radiale r;
(b) la densità di carica superficiale all’interfaccia tra i conduttori.
AV.11.5.
Si supponga che all’istante t = 0 internamente ad un conduttore di conducibilità g e
costante dielettrica e si abbia una densità di carica di volume p0 ^ 0. Si determini l’an
damento temporale della densità di carica per t > 0.
AV.11.6.
Nel circuito in figura i due generatori di tensione hanno forza elet- J
tromotrice pari a fi = 6 V ed f 2 = 2 V, mentre le tre resistenze
sono R 1 = 100 fi, R 2 = 200 fi edR 3 = 400 fi. Si calcoli l’intensità
delle correnti U, i 2 ed che circolano nei tre resistori.
368 Correnti stazionarie
AV.11.7.
Un condensatore carico di capacità C = 100 pF si scarica su un cavo metallico lungo
L = 1 m di argento, di sezione 5 = 1 mm2 e resistività t = 1.59 x IO-8 fi x m. Calcolare
in quanto tempo A r si dimezza la differenza di potenziale ai capi del condensatore.
AV.11.8.
Fra due conduttori in induzione completa è posto un dielettrico (costante dielettrica e)
non perfettamente isolante con conducibilità g. Si dimostri che la capacità C del conden
satore e la resistenza R fra le due armature sono legate dalla relazione RC = e/g.
AV.11.9.
Un conduttore cilindrico è attraversato da una corrente stazionaria I. Il conduttore ha
sezione S ed è composto da due materiali differenti posti in serie uno all’altro. Il pri
mo materiale ha resistività ti, mentre il secondo mezzo ha resistività r2. Si dimostri
che la densità di carica elettrica accumulata all’interfaccia tra i due materiali è data da
<7 = e0 I( V2- vi )/S.
11.4 Soluzioni sintetiche degli esercizi 369
S A .11.2.
(i) Pg = 16.67 W;
(H) Pr = 11.11 W;
S A .11.3.
Pdiss = 40 W; U1 = 888.9 pJ e E2 = 444.4 //J.
S A .11.4.
(a) J = A V /[r(t! log(tya) + r2 log(c/ò))];
E1= riJ(r) [a < r < b),E = t2J(r) (b < r < c);
S A .11.5.
pc = p0e x p ( -i/r ) , r =
S A .11.6.
*i = (/2E3 — fiR 2 — fiR z )/[R 1 R2. + R 1Rs + R 2 R2) — —0.02 A,
*2 = (/1 ¾ — J2 R 1 — f 2 Rz) I [R 1 R 2+ + R 2 R2) — 0.01 A,
*3 = —(ii + i2) — 0.01 A.
SA.11.7.
A r = [LxC/S) ln2 ~ 1.1 ps.
Capitolo 12
Magnetostatica
12.1 Problemi
P.12.1.
Si consideri una particella di carica positiva q e massa m in moto in una regione occupata
da un campo di induzione magnetica B uniforme e costante nel tempo. Detta v0 la velo
cità della particella all’istante t — 0, si determini la sua traiettoria in funzione dell’angolo
tra V 0 e B.
P.12.2.
Un protone, di massa mp e carica q, penetra in una regione de
limitata da un piano indefinito, in cui è presente un campo di
induzione magnetica B parallelo al piano di delimitazione, con
verso entrante nel foglio. La velocità iniziale v0 della particella
è perpendicolare sia al piano di delimitazione che alla direzio
ne del campo B. Si stabilisca la traiettoria della particella e la
massima distanza che essa raggiunge sul piano di delimitazione
rispetto al punto di ingresso.[|B| = 0.5 T, |v0| = 5 x IO6 m/s,
mp = 1.67 x IO"27 kg, q = 1.6 x K T19 C]
P.12.3.
Una differenza di potenziale AU è applicata ad un conden
satore piano, le cui armature distano d. Nel condensatore è AU
presente un campo di induzione magnetica B uniforme e pa
rallelo alle armature, come in figura. Un elettrone (carica —e)
giunge nel condensatore con velocità v0 perpendicolare a B. Si d
calcoli il valore di AU per cui l’elettrone attraversa il conden
satore senza deviazioni; quale delle due armature deve essere
caricata positivamente? [d = 5 cm, |B| = 0.3 T, |v0|= 2 x 1 05
m/s, e = 1.6 x IO"19 C]
372 Magnetostatica
P.12.4.
Fra due griglie metalliche distanti d è applicata una dif $ AV Q
ferenza di potenziale AU. Esternamente alle griglie è
presente un campo di induzione magnetica B uniforme
e diretto parallelamente alle griglie, come in figura. Una
particella di carica q > Oe massa m viene lanciata, con
velocità iniziale v0 perpendicolare alle griglie, all’inter
no del condensatore da queste formato. Si stabilisca la
traiettoria della carica e la minima distanza a cui questa
giunge dal punto di partenza.
d ,
P.12.5.
Si consideri una lastra di argento con sezione di area S = 5 mm2 e larghez 1/
za d = 5 cm in cui scorra una corrente I — 10 A in direzione longitudinale,
7 T |
come in figura. Sia inoltre presente un campo di induzione magnetica B
X X
uniforme e diretto perpendicolarmente alla lastra ed alla direzione di scor
rimento della corrente. Il modulo del campo magnetico è di 0.7 T. Detto B
X X
n il numero di portatori per unità di volume, si determini il valore della
X X
differenza di potenziale A Vh che compare a regime ai capi della lastra in
direzione trasversale. [Nell’argento i portatori di carica sono elettroni ed
n = 5.86 x 1028elettroni/m3]
A Vh
R 12.6.
Si consideri un filo conduttore rettilineo indefinito e di sezione trascurabile, in cui scorre
una corrente stazionaria 7. Si calcoli il campo magnetico generato dal filo in tutto lo
spazio impiegando esclusivamente il principio di sovrapposizione.
R 12.7.
Si determini il campo di induzione magnetica generato lungo l’asse di una spira circolare
di raggio a e sezione trascurabile percorsa da una corrente 7.
R 12.8.
Si consideri un filo percorso da una corrente 7, formato da due tratti rettilinei ed un semi
cerchio di raggio R , come in figura. Si calcoli il campo di induzione magnetica generato
nel punto C al centro del semicerchio.
R 12.9.
Si consideri un filo conduttore rettilineo indefinito in cui scorre una corrente 7. Si calcoli
il campo di induzione magnetica in tutto lo spazio impiegando esclusivamente la legge di
Ampere. Quali ipotesi sono necessarie per risolvere il quesito?
12.1 Problemi 373
P.12.10.
n
Si calcoli il campo di induzione magnetica generato da un sole
noide indefinito di raggio a, con un numero n di spire per unità
di lunghezza, percorso da una corrente 7, impiegando la legge 7
di Ampere. Quali ipotesi di partenza sono necessarie affinché
si possa procedere alla soluzione del problema?
P.12.11.
Si consideri un cavo conduttore costituito da un cilindro rettilineo in
definito di diametro d = 5 cm in cui scorra una corrente 7 = 5 A.
Assumendo che la densità di corrente nel conduttore sia uniforme lungo
la sezione, si calcoli il campo di induzione magnetica in tutto lo spazio
e se ne stabilisca il valore massimo.
d
P.12.12.
Un cavo coassiale è costituito da un nucleo di materiale conduttore
± L
di raggio a — 2 mm, una guaina di plastica ed una maglia metal
lica esterna. La guaina isolante ha spessore b — 2 mm, mentre la
maglia metallica ha spessore trascurabile. Nel nucleo e nella ma
'
—7^
1
glia scorrono due correnti, in ed im, con versi opposti. Si stabilisca
l’entità delle due correnti affinché il campo di induzione magnetica
a distanza ri = 3 mm dall’asse del cavo abbia modulo pari a IO-3
T e sia opposto al campo a distanza r2 = 6 mm.
* b * U
j
P.12.13.
Un solenoide rettilineo indefinito è costituito da n = IO3 spire per metro di lunghezza.
Al suo interno un elettrone, inizialmente in prossimità della parete del solenoide, si muo
ve sotto l’influenza della forza di Lorenz, con velocità v = IO7 m /s tangente alla parete
stessa. Sapendo che il solenoide ha un raggio di 5 cm, si stabilisca la minima intensità di
corrente che deve passare nelle sue spire affinché l’elettrone non urti le sue pareti. [Massa
dell’elettrone me = 9.1 x IO-31 kg]
P.12.14. * ------------------- •
Quattro fili indefiniti sono posti ai vertici di un quadrato di lato iI ^ \
a e sono percorsi da corrente, come illustrato in figura. Si cal- | j^
coli il campo di induzione magnetica complessivo nel centro del 1 i
quadrato. i/ 21 \
X ---------------- ♦
374 Magnetostatica
P.12.15.
Si considerino tre fili rettilinei paralleli di lunghezza L; la
distanza tra il filo superiore e quello centrale è pari ad a, a
mentre tra il filo centrale e quello inferiore la distanza è pari
a b = 3a/2. Dette I 1 = 7, I 2 = 37 ed I 3 = 27 le correnti che
circolano rispettivamente nei fili secondo i versi indicati in b
figura, si calcoli la forza agente sul filo centrale. [L = 1.5 m;
a = 3 cm; 7 = 15 A] L
P.12.16.
Si consideri un insieme di 100 fili rettilinei indefiniti che for
mano un cavo cilindrico di raggio R = 0.5 cm. Ciascun filo è
attraversato da una corrente i — 2 A. Si determini, in modulo
direzione e verso, la forza per unità di lunghezza che agisce
su uno dei fili che si trova a distanza r = R/2 dal centro
dell’insieme.
P.12.17.
In un filo rettilineo indefinito scorre una corrente 7 = 50 A. Una spira
rettangolare, di lato maggiore a = 10 cm e minore b = 5 cm, è attraversata d, b
da una corrente 7' = 10 A. Si calcoli la forza agente sulla spira quando
il suo lato maggiore più vicino al filo è ad esso parallelo ad una distanza
d = 5 cm. Si determini quale deve essere il verso di percorrenza delle r
correnti per avere forza di natura repulsiva.
P.12.18.
Una spira quadrata di lato a può ruotare attorno al suo asse oriz
zontale ed è percorsa da una corrente i. Nella regione considerata
è presente un campo di induzione magnetica B uniforme, diret
to orizzontalmente e perpendicolare all’asse di rotazione. Ad un
estremo della spira è appesa una massa m. Si stabilisca il massimo
valore della massa che la spira può sollevare in virtù della forza
magnetica.[a = 10 cm, i — 5 A, |B| = 1 T]
P.12.19.
Una spira viene piegata ad angolo retto in corrispondenza del
l’asse mediano del lato più lungo, in modo da formare una L
(vedi figura) costituita da due spire quadrate uguali di lato a.
La spira così ottenuta può ruotare attorno a tale asse; inoltre su
di essa agisce un campo di induzione magnetica B costante ed
uniforme, diretto perpendicolarmente all’asse stesso. Detta i
la corrente che scorre nella spira, si determini in quali posizioni
il momento meccanico agente su di essa risulta massimo.
12.1 Problemi 375
P.12.20.
Si consideri un solenoide avvolto su un anello di sezione
quadrata di raggi interno ri ed esterno r2 costituito da
materiale di permeabilità magnetica relativa / v L’avvol
gimento è formato da N spire percorse da corrente i. De
terminare il campo B in funzione della distanza dal centro
dell’anello.
12.2 Soluzioni 377
12.2 Soluzioni
S.12.1.
(1) Fissato un sistema di coordinate cartesiane ortogonali, pos
siamo assumere, senza ledere la generalità del problema, che il
campo B sia parallelo all’asse z; chiameremo a 0 l’angolo for
mato da B e v0. L’unica forza agente sulla particella è la forza
di Lorentz:
F = q v x B. (1)
Si può facilmente constatare che il modulo della velocità della
particella è costante durante il moto; infatti il lavoro compiuto dalla forza di Lorentz
durante un intervallo di tempo infinitesimo di per spostare la carica di un tratto dr vale:
dC = F •dr = F •^ d t F• 0,
dt
in quanto, per la (I), F e v sono fra loro ortogonali. Poiché la forza non compie lavoro, in
virtù del teorema dell’energia cinetica il modulo della velocità della particella è costante
durante il moto e quindi pari al suo valore iniziale:
Iv I = v0. (3)
Si può anche dimostrare che l’angolo a formato dalla velocità v e dal campo B rimane
costante nel tempo; infatti la forza di Lorentz F agente sulla carica giace nel piano xy, in
quanto, per la (1), essa è perpendicolare al campo magnetico B che è diretto come l’asse
z. Di conseguenza la componente della velocità lungo l’asse z [vz = |v|cosa], resterà
costante nel tempo. Se ne deduce allora che anche a debba rimanere costante ed uguale
al valore iniziale ao.
Il modulo della forza agente sulla carica risulta per la (1) pari a:
ii. Se ao = tt/ 2 (ovvero se v0 giace nel piano xy) in base alla (4) il modulo della forza è
massimo e pari a:
IFI (6)
(8)
dove il periodo del moto T è il tempo impiegato dalla carica a percorrere la circonferenza:
(2) 27rRo 2 nm
(9)
V0 qB ’
da cui:
u = —q (10)
m
Si noti che il periodo T dell’orbita non dipende dalla velocità della particella.
TYiv0 sin(a0)
(H)
R~ IB
mentre il periodo T necessario a percorrere un giro completo attorno all’asse z dell’elica
è ancora dato dall’equazione (9). La distanza p percorsa dalla carica lungo l’asse z nel
periodo T, detta passo dell’elica, vale infine:
2 nmv0 cos ao
P = (12)
qB
Nota. Nel risolvere l’esercizio si è assunto che l’energia cinetica della particella rimanga
costante durante il moto. Questa ipotesi a rigore non vale per angoli ao 7^ O in quanto,
in questi casi, la carica si muove di moto accelerato; la teoria dell’elettromagnetismo
prevede che una carica in moto accelerato emetta radiazione elettromagnetica e dunque
perda energia. Il moto non sarà quindi uniforme, ma evolverà lungo una spirale di raggio
sempre più piccolo al diminuire della velocità.
12.2 Soluzioni 379
S.12.2.
Il moto della particella nella regione occupata dal campo magnetico avviene sotto Fazione
della forza di Lorentz
X X
F= <7 v x B. (1 )
S B
x x x
Come precedentemente analizzato nel primo problema di
questo capitolo, nel caso in cui la velocità iniziale v 0 del D F X 1/ X
la particella ed il campo magnetico B siano perpendicolari, < J Y v
K W X
il moto risulta circolare uniforme. Assegnati i versi della ve
locità e del campo magnetico ed essendo la carica positiva, in q m \
base alla (1) deduciamo che il verso di percorrenza della tra- ’ p
iettoria circolare debba essere antiorario (vedi figura). Imponendo che la forza magnetica
operi come forza centripeta, otteniamo:
|F| = q v0 B = mp| ,
dove Vq è il modulo della velocità iniziale, B il modulo del campo magnetico ed R il raggio
della traiettoria circolare. Dalla (2) si deduce che il raggio della traiettoria risulta pari a:
R = mPvo
qB
Si noti che la massima distanza D che la particella raggiunge dal punto di ingresso è pari
al diametro della traiettoria. Pertanto sostituendo i valori assegnati dal problema:
D = 2R = 0.2088 m. (4)
Nota. Il sistema analizzato in questo problema è detto spettrometro di Dempster ed è
stato uno dei primi dispositivi impiegati per determinare la massa di particelle cariche
(tipicamente per lo studio degli isotopi ionizzati di un elemento) ; per questo motivo viene
anche chiamato spettrometro di massa. Come mostrato nella soluzione, a parità di carica
la posizione in cui le particelle giungono sulla parete dipende dalla loro massa m. Ponendo
sulla parete dello spettrometro un rivelatore, è possibile ricavare un’analisi delle masse del
le particelle inviate al suo interno mediante una misura della posizione in cui esse arrivano.
S.12.3.
Il moto della particella all’interno del condensatore è
AV
influenzato sia dal campo magnetico B che dal campo
elettrico E. La forza risultante agente sull’elettrone
è quindi data dalla relazione:
d
F = —e v x B — eE. (1)
polarizzare il condensatore in modo che la forza elettrica agente sull’elettrone sia diretta
verso l’alto e dunque compensi quella di Lorentz.
Ciò comporta che l’armatura superiore del condensatore sia carica
ta positivamente. Annullando la forza totale agente sulla carica, la
velocità v dell’elettrone rimarrà inalterata e pari al valore iniziale
v0. Bilanciando le due forze avremo: ^ ^ v ^
e E = e Vq B , (2) -e vx B
dove E è il modulo del campo elettrico, B il modulo del campo
magnetico e Vq il modulo della velocità iniziale. Se assumiamo di trascurare gli effetti
di bordo all’interno del condensatore, possiamo calcolare facilmente il campo elettrico in
funzione della differenza di potenziale A P tra le armature e della distanza d che le separa.
Si ha infatti che:
(2)
(3)
e quindi, sostituendo la (3) nella (2), otteniamo che la differenza di potenziale da applicare
ai capi del condensatore vale:
Nota. Il sistema analizzato in questo problema può essere utilizzato come selettore di
velocità di una particella. Ponendo una sottile fenditura al di là del selettore, verranno
infatti selezionate e lasciate passare solo quelle particelle, non deflesse, dotate della velocità
AP
V0 (5)
Bd'
che è stata ottenuta invertendo l’equazione (4).
S.12.4.
In assenza di campo magnetico, il moto della carica tra le griglie sarà rettilineo.
Trascurando gli effetti di bordo, possiamo inoltre
assumere che il campo elettrico sia uniforme tra le
griglie e nullo all’esterno. Per valutare la velocità
Vi in uscita dal condensatore possiamo applicare il
principio di conservazione dell’energia meccanica:
A Em = 0, ( i)
2 qAV
V , = V n + (3)
mv i 2 qAV
R (4)
1 = ~qB m
dove B è il modulo del campo magnetico. Successivamente la carica ritorna nel conden
satore, dove stavolta viene decellerata. La velocità v2 in uscita dal condensatore si può
calcolare applicando nuovamente il principio di conservazione dell’energia. Avremo:
Sostituendo la (3) nella (5) si ottiene v2 = vo. Del resto a tale risultato si poteva giungere
direttamente, osservando che l’energia meccanica si conserva lungo tutta la traiettoria.
La particella compie a tal punto una nuova traiettoria semicircolare, di raggio:
mv 2 mv 0
(6)
R2 ~ W ~ W
La distanza x dal punto di partenza in cui la carica verrà a trovarsi è (vedi figura):
2 qA V
x = 2 R1 - 2 = ^ -U 0 . (7)
qB m
Si noti che nei passaggi successivi, la carica tenderà ad allontanarsi ulteriormente dalla
posizione iniziale; pertanto la quantità x determinata è effettivamente la minima distanza
raggiunta.
Nota. Il dispositivo illustrato nell’esercizio, con poche variazioni, può essere impiegato per
accelerare una carica mediante un dispositivo di dimensioni contenute. Per fare ciò è suf
ficiente invertire ogni volta la polarità delle griglie mentre la carica si trova all’esterno del
condensatore; in tal modo la particella verrà ulteriormente accelerata ad ogni successivo
passaggio. Un simile dispositivo prende il nome di ciclotrone.
382 Magnetostatica
S.12.5.
All’istante t = 0 in cui lasciamo fluire corrente nella lastra di argento, i portatori di carica
sono sottoposti alla forza di Lorentz F l = —ev x B; si noti che se la corrente I fluisce verso
il basso (vedi figura) gli elettroni hanno una velocità iniziale v diretta verso l’alto.
Con i versi dei vettori assegnati nella figura, gli elettroni ten
deranno dunque ad addensarsi sul lato destro della lastra; sul ___ d_
lato sinistro avremo un addensamento di cariche positive, dovu
_ L
to alla mancata copertura degli ioni del metallo da parte degli
elettroni. Lo sbilanciamento di cariche così prodotto comporta + xB
la comparsa di un campo elettrico E h diretto trasversalmente;
come conseguenza comparirà anche una forza elettrica F e agente +
sugli elettroni. Si noti che F e = —eEH si oppone a F l ; dunque a +
regime, quando l’accumulo di cariche ai lati della sbarra sarà ter- +
minato, le due forze si bilanceranno esattamente. Uguagliando i T...........
moduli delle due forze, avremo pertanto che
AV h
essendo v il modulo della velocità, B quello del campo magnetico ed E h il modulo del
campo elettrico. Assumendo che il campo E h sia uniforme, possiamo allora ricavare dalla
(1) la differenza di potenziale AV h che si instaura in direzione trasversale ai capi della
lastra:
I = SJ, (3)
dove J è il modulo del vettore densità di corrente ed S la sezione della lastra. Dalla
definizione del vettore densità di corrente J = —e n v, deriva dunque che:
_ _J_ _ I
(4)
en e n S'
Sostituendo la (4) nella (2), otteniamo infine:
e n S AV h
B = (6 )
Id
12.2 Soluzioni 383
per cui, conoscendo la geometria della sonda esposta al campo, la corrente che vi scorre e
le proprietà del conduttore che la compone, si può ottenere una misura di B dalla misura
di AVh -
S.12.6.
Consideriamo un sistema di coordinate cilindriche in cui
l’asse z coincida col filo ed abbia verso concorde con quello
di scorrimento della corrente / ; assumeremo che il punto
P, in cui intendiamo calcolare il campo magnetico, abbia
coordinata z — 0. Possiamo pensare di scomporre il filo in
elementi infinitesimi di = dz uz diretti nello stesso verso
della corrente. Il campo magnetico infinitesimo dB gene
rato da uno di tali elementi in un punto P a distanza d dal
filo vale (vedi figura):
Mo I di x r
47t r3
dove r è il vettore che spiccato dalla posizione di di individua il punto P ed r = |r|. Si noti
che dB è perpendicolare al piano contenente il filo ed il punto P; il verso di dB è quello
in cui ruota una vite destrorsa che avanzi nella direzione di scorrimento della corrente.
Chiameremo U0 il versore diretto come dB; si osservi che tale versore è tangente alla
circonferenza centrata sul filo, passante per P e appartenente ad un piano perpendicolare
al filo stesso. Pertanto, esprimendo il prodotto vettore:
lìo I dz sin 0
dB = dB u0 ~a---------- ò----- U0j (2)
47r r2
essendo 9 l’angolo formato da di ed r. Si ossevi che tutti gli elementi infinitesimi in cui
si scompone il filo generano un campo magnetico in P diretto allo stesso modo. Avremo
quindi che il campo magnetico complessivo è pari a:
TJ f JT3 f Mo
B = / d B U0 = — -------- -------------- -----------
J filo J filo '
dove si è sfruttato il fatto che cos a = sin 0, essendo a l’angolo complementare di 9 (come
in figura). Possiamo riesprimere r in funzione di d secondo la relazione:
r = dj cosa, (4)
e dunque
TD , VOI ,-V
B = I 1 ^ d cosadaat = s s " * - ( 7)
S.12.7.
Sceglieremo l’asse z coincidente con l’asse della spira; per comodità assumeremo che il
verso dell’asse coincida con quello di avanzamento di una vite destrorsa che ruoti nella
direzione di circolazione della corrente nella spira. Assumeremo inoltre che l’origine delle
coordinate coincida col centro O della spira. Il campo magnetico prodotto nel punto P
sull’asse della spira è dato da:
B= f Mo I à i x r
(1)
«/spira T
dove r è il vettore posizione che, spiccato dall’elemento di cir
cuito di della spira, punta nella posizione di P, r = |r| ed il
percorso di integrazione si intende esteso all’intera spira.
Poiché per simmetria la distanza r di P da di è costante lungo
la spira, l’equazione (1) può essere riscritta nella forma:
E /V di x r.
47rr3 I
«/sp i
Come può evincersi dalla figura, risulta di x un = dluz, dove di = idi|. Sulla scorta di
ciò, otteniamo:
Moq2Z
B = M°a / uz; (6)
Anr3 2r3
nel calcolare l’integrale nella (6) si è tenuto conto del fatto che la somma dei moduli degli
spostamenti è pari alla circonferenza della spira. Esprimendo poi r in funzione di z ed a,
otteniamo:
p0a2/u z
(7)
2 (z 2 + a2 ) 3/ 2
In particolare nel centro della spira (z = 0) il campo magnetico è pari a:
P0Zuz
Si noti che B è diretto come l’asse z e quindi segue la regola del cavatappi: il verso del
campo magnetico coincide con quello di avanzamento di una vite destrorsa che ruoti nella
direzione di circolazione della corrente nella spira.
S.12.8.
Il campo magnetico prodotto dal filo nel punto C può essere calcolato mediante il principio
di sovrapposizione: scomponendo il filo in elementi infinitesimi di, il campo dB prodotto
da ciascuno di essi sarà dato dalla relazione:
Ii0 /d i x r
47t r3
dove r è il vettore posizione che, spiccato dall’elemento
di, individua il punto C ed r ne è il relativo modulo. Il ^
campo complessivo B si otterrà come somma dei campi prodotti dai vari elementi del filo.
Si noti che gli elementi disposti lungo i due tratti rettilinei del filo non contribuiscono al
campo magnetico in C, in quanto i vettori r e di risultano in questi casi tra loro paralleli.
L’unico contributo deriva pertanto dal tratto semicircolare:
b(c)- - ^ i / . <3>
da cui, essendo l’integrale pari alla lunghezza della semicirconferenza:
386 Magnetostatica
(4)
b<c>—
S.12.9.
Si consideri un filo rettilineo indefinito perpendicolare al piano del foglio in cui scorra
una corrente I diretta verso il lettore. In base alla geometria del sistema, si deduce che il
campo magnetico generato dal filo è dotato di simmetria cilindrica. Possiamo esprimere lo
stesso concetto affermando che il campo B deve essere invariante per rotazioni arbitrarie
attorno ad un asse coincidente col filo (difatti la disposizione del filo non cambia se esso
ruota su se stesso). Pertanto il modulo di B dipende esclusivamente dalla distanza r dal
filo. In base a questa proprietà e considerata la simmetria cilin
drica del campo, la forma più semplice che possiamo attribuire M .. ^
alle linee di flusso di B è quella di circonferenze concentriche
giacenti nel piano del foglio (vedi figura). Per calcolare il campo
magnetico possiamo ricorrere ora alla legge di Ampere: i
B •ds = fi0 ic a)
dove ds = |ds|; si noti che la corrente concatenata ic — I per qualunque valore non nullo
del raggio di 7 , in quanto il filo ha sezione infinitesima. Tenuto conto che B (r) è costante
lungo il percorso di integrazione, otteniamo poi:
S.12.10.
Il campo magnetico B generato da un solenoide indefinito di forma cilindrica deve essere
dotato esso stesso di simmetria cilindrica. Assumiamo che l’asse del solenoide coincida
con l’asse z e che uz sia il versore corrispondente. Per simmetria possiamo aspettarci che
12.2 Soluzioni 387
lungo l’ asse del solenoide il ca m p o B sia diretto com e uz e che il suo m o d u lo non cam bi
se ci m uoviam o lungo l’ asse: difatti, essendo infinito, il solenoide "" n o n cam bia” se ci si
sposta lungo il suo asse e quindi anche il ca m p o m ag n etico deve rim anere inalterato. Tale
conclusione pu ò essere otten u ta direttam ente ca lcola n d o il ca m p o m agnetico m ediante il
princip io di sovrapposizione. Per stabilire il com p ortam en to del ca m p o m ag n etico nei
punti fuori asse, possiam o im piegare l ’equazione:
J B - U d S = O, (1)
2 Si noti che la proprietà di solenoidalità sarebbe altrettanto rispettata nel caso di linee di flusso circolari
concentriche; tuttavia la circuitazione del campo B lungo tali linee sarebbe diversa da zero e quindi la
legge di Ampere implicherebbe la presenza di una corrente aH’interno del solenoide, diretta come l’asse
z, che in questo caso non è presente.
388 Magnetostatica
Hon i uz r < a,
{ O r > a.
(5)
essendo a il raggio del solenoide. Dalla (5) si n ota che il m o d u lo del ca m p o all’ interno del
solenoide non dipende dalla posizione in cui lo calcoliam o; il risultato o tten u to è ovvia
m ente iden tico a quanto si troverebbe determ inando il ca m p o B m ediante il princip io di
sovrapposizione.
S.12.11.
Il cavo con du ttore indefinito è d o ta to di sim m etria cilindrica,
per cui possiam o ipotizzare che il ca m p o m agnetico da esso
generato g od a dello stesso tip o di sim m etria. C om e già visto
nel caso del ca m p o B generato dal filo, applicherem o la legge
di A m pere lungo un percorso chiuso circolare 7 con cen trico
alla sezione del con d u ttore, di raggio generico r. N ella figura
è rip orta ta la sezione del con du ttore; il vettore densità di corrente J è perpendicolare
al pian o del foglio, diretto verso il lettore. Sceglierem o per 7 un verso di percorrenza
antiorario, in m o d o che la corrente con caten ata ad essa risulti positiva; il versore Ug
individua l ’orientam ento della linea. In virtù della sim m etria del sistem a, p orrem o allora
che B = B(r)ug; app licand o la legge di A m pere lungo 7 otterrem o quindi:
B(r) = ^ (3)
27T7*
Si n oti che, nell’ipotesi che la densità di corrente J sia uniform e sulla sezione del con d u t
tore, risulterà:
41
(4)
7r(d/2)2 TTd2 '
essendo d il diam etro del con du ttore e J= |J|. La corrente ic con caten ata da 7 è data
dalla relazione:
L J •n dA (5)
12.2 Soluzioni 389
in cui: E7 è una superfìcie che abbia 7 per contorno; n un versore normale a tale super
fìcie, il cui verso sia quello di avanzamento di una vite destrorsa che ruoti nel verso di
percorrenza di 7 ; dA un elemento infinitesimo di E7. La corrente concatenata assume poi
due diversi andamenti in funzione del raggio r di 7 :
(a) per r < (d/2 ) risulterà:
AIr2
- Jnr 2
d? ’
( 6)
ic = I- (7)
Sostituendo le (6-7) nella (3) otteniamo poi
l’andamento del campo magnetico, come di se
guito riassunto:
2 no Ir
r < (d/2 ),
7 T<PU0
B(r) (8)
(M)Im
ue r > (d/2 ).
2 nr
L’andamento del modulo di B è mostrato nel grafico in funzione della distanza r dall’asse;
si noti che sulla superficie laterale del cilindro, ovvero per r = (d/2 ), il campo risulta
continuo ed assume il massimo valore, pari a:
essendo zc la corrente concatenata a 7 . Come già visto nel precedente esercizio, la (1) si
riduce a:
B (r) = (2)
; 27rr
essendo r il raggio della linea 7 . La corrente concatenata al percorso di integrazione sarà
pari a
zc = / J •n dA (3)
JE7
dove E7 è una superfìcie che abbia 7 per contorno, J è la densità di corrente ed n è
un versore normale a tale superfìcie, il cui verso sia quello di avanzamento di una vite
destrorsa che ruoti nel verso di percorrenza di 7 . Nell’ipotesi che la densità di corrente
Jn nel conduttor