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Rileggendo Aldous Huxley

Da http://malthusday.blogspot.com/2011/12/rileggendo-aldous-huxley.html

Rileggendo Aldous Huxley

di Luca Pardi

Ci sono letture che andrebbero ripetute ad ogni nuova stagione della vita. L'ho pensato recentemente
rileggendo Il mondo nuovo di Aldous Huxley e soprattutto rileggendo un'edizione del 1994 [1] che contiene
anche Ritorno al mondo nuovo, il saggio che Huxley scrisse nel 1958, venticinque anni dopo la prima
edizione del suo libro più famoso, che allora mi era passata sotto gli occhi del tutto inosservata.

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Il Mondo Nuovo è, come immagino tutti sappiano, un romanzo di fantascienza ambientato nel 2540, anno
632-simo dell'era Ford. Forse non tutti ricordano che l'anno zero di quell'epoca fantastica è quindi il 1908
anno in cui viene lanciato il modello T della Ford. Anno cruciale in cui nasce la grande standardizzazione del
capitalismo produttivo e consumista, e perciò omologante, che è la negazione dell'individualismo del
capitalismo originario. Con il modello T della Ford, per noi sarà la FIAT 500, inizia la grande promessa del
capitalismo, con l'universalizzazione del sogno americano, di portare tutti, attraverso il consumo di massa ad
essere benestanti come le classi privilegiate. Ed è di questo processo di universalizzazione e appiattimento
dell'uomo che Huxley parla nel suo saggio del 1958 con intuizioni che con l'occhio di oggi appaiono
fulminanti.

Il confronto con la distopia orwelliana è inevitabile e benché precedente a 1984 (pubblicato nel 1948), Il
Mondo Nuovo (1931) mostra di aver colto in anticipo il fatto che la società capitalista, dalle mostruosità
tiranniche del XX secolo, muoveva verso un mondo nuovo in cui il benessere avrebbe sepolto la libertà e
l'individualità sotto l'“immane raccolta di merci” e con la mercificazione di ogni rapporto sociale e personale,
piuttosto che soffocarla con il dispotismo. Nel 1958 Huxley prende atto della natura profetica della sua
intuizione del '31.

Sovrappopolazione e super-organizzazione, con la relativa e necessaria Etica Sociale, portano alla


distruzione dell'io e dell'individualità esattamente come avviene programmaticamente e scientificamente
nella società del mondo nuovo. Sono funzionali alla distruzione della libertà individuale in nome del bene
comune, un bene comune che viene continuamente ridefinito dai bisogni continuamente ricreati del
consumo, della crescita, della quantità a discapito della qualità.

L'intero saggio è una perorazione di democrazia e libertà, è un libro filo-occidentale ed europeista, in cui con
forte capacità intuitiva si comprende il legame fra economia e ambiente. Intuizione certamente, ma si deve
ricordare che AldousHuxley aveva, oltre alla laurea in letteratura, quella in Scienze Biologiche ed era il
nipote del biologo Thomas Huxley, che era stato uno dei principali diffusori e sostenitori della Teoria
dell'Evoluzione, tanto da essere soprannominato “il mastino di Darwin”.

“La produzione di massa non sta in piedi senza distribuzione di massa, e la distribuzione di massa crea
problemi che solo i grandi produttori possono risolvere adeguatamente” [2]

In queste condizioni si crea quella concentrazione di ricchezza e potere che determina l'ascesa al potere
delle élites dell'occidente industrializzato e democratico che sono la negazione dell'ideale democratico (e
federalista) jeffersoniano, “di una società veramente libera, composta da una gerarchia di unità capaci di
autogovernarsi.”

L'uniformità che scaturisce dalla massificazione ci riduce ad automi produttori-consumatori e quindi dei
malati mentali, dei nevrotici, come rilevava ErichFromm, e come già definito nella concezione dei quattro
tipi di alienazione in Marx ed Engels.

“Uniformità e libertà sono incompatibili. Uniformità e salute mentale sono anch'esse incompatibili … L'uomo
non è fatto per esser automa, e se lo diventa, va distrutta la base della sua sanità mentale” e ancora:
“Qualsiasi cultura che, nell'interesse dell'efficienza o in nome di un dogma religioso o politico, cerca di
standardizzare l'individuo umano, commette un'offesa contro la natura biologica dell'uomo.”[3]

L'uomo è animale sociale, ma non solamente questo, la sua socialità si esprime al meglio nell'equilibrio dei
numeri che permette un equilibrio di libertà individuale e doveri, cooperazione e competizione. Questo
optimum, che è anche e forse soprattutto un optimum demografico, si colloca a metà strada fra l'orda
primitiva e il mondo sovrappopolato dei miliardi di individui organizzati nelle società moderne costituite di
grandi stati, o superstati come l'Unione Europea, ma anche l'Unione degli Stati Uniti d'America (che sta
sempre più tradendo il federalismo jeffersoniano). Nel mondo umano l'organizzazione è indispensabile, ma
un eccesso di organizzazione, oggi dopo Tainter[4] si parlerebbe di complessificazione dato che

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l'organizzazione è, di questa, parte integrante, “trasforma gli uomini in automi, soffoca lo spirito creativo,
toglie ogni possibilità di liberazione. Come sempre, la via di mezzo è quella sicura: fra l'estremo laissez faire
da una parte e il controllo totale dall'altra.” [5]

Biologicamente l'uomo è più vicino al lupo, all'elefante, ai cetacei che agli insetti sociali. Invece è proprio il
formicaio e l'alveare che viene immediatamente in mente guardando i grandi assembramenti metropolitani.
La crescita del numero è il viatico per l'irreggimentazione, coerentemente essa è gradita alle grandi ideologie
politiche e religiose basate sull'Etica Sociale e contrarie all'individualismo. Ma è gradita anche per ragioni
economiche a quelle élites che si sono costituite grazie alla concentrazione delle ricchezze nel processo di
crescita e globalizzazione e che nelle democrazie di antica industrializzazione sostengono il proprio
predominio, con l'uso della retorica della libertà.

La spinta alla magnificazione della fertilità, che è probabilmente geneticamente radicata (hardwired)
nell'uomo, come in tutti gli organismi viventi, dall'evoluzione biologica che si è realizzata in presenza di fattori
limitanti esterni abbastanza potenti tali da renderla necessaria, diventa Tabù della Sovrappopolazione di cui
non si deve parlare.

Talvolta, nei consessi culturalmente più elevati questo Tabù si manifesta in modi perfino più sofisticati e
perniciosi di quelli adottati, ad esempio negli ambienti religiosi della Chiesa Cattolica, ad esempio
“dimostrando” che il problema demografico non è l'unica causa del degrado ambientale come dimostra la
famosa formula IPAT. Tranne poi dedicarsi invariabilmente alle sole componenti A e T e mai a quella P
nell'unico modo possibile: il controllo della fertilità.

In nome della giustizia sociale, fra generazioni, fra popoli tutti devono avere il diritto di esercitare a piacere la
propria capacità riproduttiva, perché, dicono ad esempio i marxisti: il problema non è il numero, ma i rapporti
di produzione, oppure, dicono i cattolici in sintonia con gli ecologisti, il problema non è il numero ma i
consumi. Tutti uniti nel pauperismo utopico di una società di virtuosi. L'economia come scienza,
mediocremente irrilevante più che triste, si preoccupa invece della sostenibilità dei trattamenti pensionistici
fra un numero di anni per i quali nessuno è in grado di fare una previsione minimamente attendibile.

L'umanesimo di Huxley nota che insieme al crescere del numero e della superorganizzazione, ovvero del
super-stato e delle super-corporation, si passa sempre più da uno scenario tipo “1984”, fatto di dittature
riconoscibili, ad uno tipo “Mondo Nuovo” con un profondo condizionamento dell'uomo fin dalla più tenera età,
ed un controllo del flusso di informazioni che non nega la libertà di pensiero ma la invischia nel miele del
sistema dell'informazione- spettacolo- comunicazione dell'industria culturale che rende nevrotici ed alienati
anche i suoi stessi attori. [6]

I grandi filantropi dei secoli scorsi che si sono battuti per l'alfabetizzazione universale e per la libera stampa
“prospettavano solo due possibilità: la propaganda è vera o è falsa. Non previdero quello che di fatto è
accaduto [parla Huxley nel 1958 NdA], soprattutto nelle nostre democrazie capitaliste occidentali: il sorgere
di una grossa industria della comunicazione di massa che non dà al pubblico né il vero né il falso, ma
semmai l'irreale, ciò che , più o meno, non significa nulla.” [7]

Il panem et circenses dei romani è nulla rispetto al flusso continuo di nulla mediatico a base di cronaca,
sport, vacuità cinematografica, e narrativa. Tutto infallibilmente divenuto il marxiano oppio dei popoli che ha
perduto però anche quel “singhiozzo di una creatura oppressa, il sentimento di un mondo senza cuore, lo
spirito di una condizione priva di spirito” [Karl Marx.Criticaalla filosofia hegeliana del diritto pubblico.]
che nobilitava la religione giudicata dal Marx nel secolo XIX, per diventare pura e semplice felicità acrilica.
Siamo esattamente al golf elettromagnetico, al cinema odoroso e al sesso tanto promiscuo e paritario quanto
meccanico in cui la femmina desiderabile, la Lenina del Mondo Nuovo, è giudicata stupendamente
pneumatica. Non ci vedete le labbra e le tette rifatte secondo l'ideale di femmina palestrata e androgina
propagandato dalla lobby gay della moda contemporanea, che denunciava Luigi De Marchi? Modello che
oltre ad essere in se disumano è fonte di alienazione sia per i modelli che per le donne che ne subiscono
l'influsso, come testimonia la vera e propria epidemia di Anoressia fra le giovani donne.

L'insieme di questi risultati sono ottenuti attraverso il condizionamento della pubblicità e dell'applicazione
della scienza allo studio del comportamento umano. Spero che qualcuno si ricordi lo splendido monologo
teatrale di Gabriele Porrati durante il convegno ASPO-5 a Firenze, quando descrive l'organizzazione della
distribuzione delle merci sugli scaffali in un grande supermercato. Quando spiegava la ragione per cui frutta
e verdura vengono prima di ogni altra cosa. Anche io mi ero chiesto la ragione senza darmi una spiegazione.
Pensavo che la scelta fosse sbagliata perché generalmente frutta e verdura sono tendenzialmente più fragili
delle merci che si mettono successivamente nel carrello e rischiano di essere schiacciate e quindi sciupate.
Nulla di tutto questo: frutta e verdura vengono messe prima di tutto il resto perché sono divenute (anche
questo attraverso la persuasione occulta) sinonimo di cibi sani e perciò dopo aver preso quelli il
consumatore inconsapevole è più disposto a comprare altro, anche le cose meno salubri perché si sente
l'animo in pace.

I bambini da carne da cannone sono diventati carne da televisione, e di nuovo, anche per questo, ce ne
vogliono molti, sempre di più, domani saranno contribuenti e consumatori acritici (ma c'è bisogno di
aggiungere questo attributo?). Lo sono diventati grazie alle scoperte della propaganda nazista goebbelsiana
applicate alla vendita delle merci.

Bella anche la parte del saggio di Huxley che tenta una risposta alla domanda: Che fare?

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Huxley si rende conto che non è possibile affiancare all'habeas corpus della Magna Charta un habeas
mentem che impedisca, a posteriori, il sequestro e l'abuso delle menti, ma pensa che sia ancora possibile
rendere illegale l'uso delle tecniche di persuasione occulta. Sarebbe estremamente interessante sentire cosa
pensano di una legislazione contraria alle tecniche di persuasione che sono alla base dell'intero mondo
pubblicitario i paladini politici della libertà di oggi secondo i quali va sempre tutto bene (madama la
Marchesa), finché non sei obbligato ad accendere la televisione. Cioè se non c'è coercizione fisica allora c'è
libertà per definizione. Escamotage tecnico per trasformare un liberale in un Pangloss, in un conservatore
del presente. Se ci deve essere anche la libertà di abusare delle menti inconsapevoli allora ci si chiede quale
sia la differenza fra libertà e arbitrio.

Che fare contro il processo di crescita della popolazione e della superorganizzazione che trasformano la
democrazia in un totalitarismo non violento in cui: “... tutti i vecchi slogan resteranno esattamente com'erano
ai bei tempi andati. Radio e giornali continueranno a parlare di democrazia e di libertà, ma quelle due parole
non avranno più senso. Intanto l'oligarchia al potere, con la sua addestratissima élite di soldati, poliziotti,
fabbricanti del pensiero e manipolatori del cervello, manderà avanti lo spettacolo a suo piacere.”[8]

Per la popolazione è chiaro cosa propone Huxley: “ridurre il tasso di natalità a un punto che non superi il
tasso di mortalità.” e ancora, “accrescere la produzione di generi alimentari, avviare e portare avanti una
politica mondiale per la conservazione del suolo e delle foreste; creare surrogati opportuni ai nostri
carburanti, se possibile meno pericolosi e meno esauribili dell'uranio; amministrare oculatamente i minerali
disponibili, e intanto escogitare metodi nuovi e non troppo costosi per l'estrazione di questi minerali da fonti
sempre meno pregiate, fino all'acqua di mare, che è la meno pregiata di tutte”.[9]

Traspare, in questo passo, una certa ingenuità e fede tecnologica che noi possiamo facilmente criticare
trentacinque anni dopo Limits to Growth, ma per lui che veniva più di un decennio prima appare
sorprendente la chiarezza del nesso che molti ancora oggi non hanno capito fra popolazione, economia e
ambiente.

Per il controllo delle nascite Huxley si rende conto che ci troviamo di fronte “ad un problema difficilissimo,
insieme fisiologico, farmacologico, sociologico, psicologico e persino teologico. La pillola non è stata ancora
inventata. Quando e se la inventeranno si potrà distribuire alle centinaia di milioni di madri in potenza (o
padri se agirà sui maschi) le quali dovranno ingerirla se vogliamo ridurre il tasso di natalità della nostra
specie? E considerati i costumi sociali esistenti, considerate le forze d'inerzia culturale e psicologica, come
potremo convincere a mutar parere gli individui che dovrebbero, ma non vogliono ingerire la pillola? E che
dire delle obbiezioni della Chiesa Cattolica a qualsiasi forma di controllo che non sia il metodo basato sui
giorni sterili?”[10]

C'è già tutto, dalle proposte ai problemi. Molti più problemi, allora, a distanza di mezzo secolo il cammino
sulla strada della tecnologia dei metodi anticoncezionali apparirebbe miracoloso a Huxley che, come faccio
io, si rallegrerebbe della bontà di molta scienza quando è veramente al servizio dell'uomo.

Sul piano dell'educazione Huxley ha già capito nel 1958 che i contadini delle nazioni dove maggiormente
cresce la popolazione dovranno imparare a non “stremare la terra”.
Ma nella corsa fra risorse naturali e numero della popolazione il tempo è contro di noi .. e alla fine del secolo
in mancanza di un efficace controllo della natalità la situazione alimentare sarà grave quanto oggi e
considerevolmente peggiore sarà la situazione delle materie prime.

Huxley parla di noi e del nostro tempo, prova ad immaginarlo ed ha su di esso delle formidabili intuizioni. Le
soluzioni per non arrivare al verificarsi di quelle condizioni non sono per lui chiarissime e sono certamente
difficilissime da mettere in pratica. Noi oggi sappiamo che molti progressi tecnologici; dalla produzione di
energia da fonti rinnovabili allo sviluppo di una molteplicità di metodi anticoncezionali, alle tecniche di coltura
protettive del suolo, renderebbe meno grave la situazione che si è venuta creando nella seconda metà del
secolo scorso e che inizia a precipitare in questo primo decennio del XXI secolo, e tuttavia troviamo tutte le
inerzie e le resistenze di cui parlava Huxley, ingigantite dal lungo cammino di condizionamento che i popoli
hanno subito nel frattempo e dalla presenza oppressiva di una oligarchia che ha nelle sue mani quelli che
Huxley chiama: il Grande Governo e la Grande Impresa.

A spingermi a rileggere Il Mondo Nuovo è stato una citazione dal libro di Neil Postman "Amusing ourselves
to death" che ho letto fra i commenti di un articolo di Nate Hagens del 2010 su The Oil Drum, citazione che
riporto interamente (tradotta) perché chiarisce più di ogni altro discorso l'avverarsi della profezia di Huxley
che diventa silenziosamente il nostro mondo di tutti i giorni, mentre per decenni ci siamo preoccupati del
mondo orwelliano.

"Orwell temeva coloro che avrebbero vietato i libri. Huxley temeva che non ci sarebbe stato alcun motivo per
vietare un libro, perché non ci sarebbe stato più nessuno che ne volesse leggere uno. Orwell temeva coloro
che ci avrebbero privato delle informazioni. Huxley temeva coloro che ne avrebbero date così tante da ridurci
ad uno stato di passività e di egoismo. Orwell temeva che la verità ci sarebbe stata nascosta. Huxley temeva
che la verità sarebbe stata annegata in un mare di irrilevanza. Orwell temeva che saremmo diventati una
cultura prigioniera. Huxley temeva che saremmo diventati una cultura banale [...]. Come ha osservato Huxley
in Ritorno al Mondo Nuovo[1], i libertari e i razionalisti che sono sempre in allerta a contrastare la tirannia
"hanno omesso di prendere in considerazione l'appetito quasi infinito dell'uomo per le distrazioni." In 1984 di
Orwell le persone vengono controllate infliggendogli dolore. Nel Mondo Nuovo, vengono controllate

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infliggendogli piacere. In breve, Orwell temeva che ciò che temiamo ci rovinerà. Huxley temeva che ciò che
desideriamo ci rovinerà." [11]

Note
[1] Le citazioni riportate fra virgolette in questo articolo sono prese dalla seguente edizione: Aldous Huxley. Il
mondo nuovo. Ritorno al mondo nuovo. Classici Moderni Oscar Mondadori 1994.
[2] cfr [1] pag 251.
[3] cfr [1] pag 253.
[4] Joseph Tainter.
[5] cfr [1] pag 254
[6] Claudio Lolli. Autobiografia industriale. http://www.youtube.com/watch?v=Pu9hE0cVJPM
[7] cfr [1] pag 266.
[8] cfr [1] pag 333
[9] cfr [1] pag. 334
[10] cfr [1] pag 334
[11] Neil Postman. Amusing ourselves to death. http://en.wikipedia.org
/wiki/Amusing_Ourselves_to_Death
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