Il diodo è un dispositivo a due terminali, mentre i transistori bipolari sono a tre terminali. I
dispositivi a tre terminali sono quelli più usati perché possono essere utilizzati in una moltitudine di
applicazioni che variano dall’amplificazione alle porte logiche, alle memorie a semiconduttore.
Il principio di funzionamento è quello dell’uso di una tensione tra due terminali per
controllare la corrente che fluisce nel terzo. In questo modo il dispositivo a tre terminali può essere
usato per realizzare una sorgente controllata.
I principali dispositivi a tre terminali sono i “bipolar junction transistor” (BJT) ed i “field-
effect transistor” (FET). Essi sono ugualmente importanti e presentano vantaggi distinti.
I transistori bipolari consistono di due giunzioni p-n realizzate in modo opportuno e connesse
in serie. La corrente è dovuta ad elettroni e lacune, da cui il nome bipolari, mentre nei FET è dovuta
ad un solo tipo di carica (elettrone o lacuna). Il BJT, spesso indicato semplicemente come
transistore, è ampiamente usato nel progetto di circuiti discreti ed integrati, sia analogici che
digitali.
Qui di seguito si darà una descrizione della struttura fisica e del principio di funzionamento
del transistore.
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Esso consiste di tre regioni di silicio: la regione di emettitore (tipo n), la regione di base (tipo
p) e la regione di collettore (tipo n). Per questo motivo esso è indicato come transistore npn. Un
altro transistore, duale del transistore npn, è mostrato in figura 3.2; esso ha un emettitore di tipo p,
una base di tipo n ed un collettore di tipo p e, quindi, è detto pnp.
Un terminale è connesso a ciascuna delle tre regioni di un transistore, con terminali indicati
come emettitore (E), base (B) e collettore (C).
Il transistore consiste di due giunzioni pn, la giunzione emettitore-base (EB) e la giunzione
collettore-base (CB). A seconda delle condizioni di polarizzazione di ciascuna di queste giunzioni,
si possono ottenere i diversi modi di funzionamento del BJT riportati nella tabella seguente.
Le tensioni e le correnti in un transistore in modo attivo sono illustrate nella figura seguente.
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Figura 3.3 Correnti in un transistore npn in modo attivo
Due sorgenti esterne sono usate per imporre le condizioni di polarizzazione richieste per il
funzionamento in modo attivo. La tensione VBE porta la base di tipo p ad un potenziale più alto
dell’emettitore di tipo n, polarizzando direttamente la giunzione base-emettitore. La tensione
collettore-base VCB fa sì che il collettore di tipo n sia a potenziale maggiore rispetto alla base di tipo
p, polarizzando inversamente la giunzione collettore-base.
Nella descrizione del flusso di corrente si considerano solo correnti di diffusione perché quelle
di drift dovute a cariche minoritarie prodotte da effetto termico vengono trascurate essendo piccole.
La polarizzazione diretta della giunzione emettitore-base produrrà un flusso di corrente di
diffusione attraverso la giunzione. La corrente sarà costituita da due componenti: gli elettroni
iniettati dall’emettitore nella base e le lacune iniettate dalla base nell’emettitore. Per motivi che
saranno chiariti in seguito è auspicabile avere una quantità di elettroni dall’emettitore alla base
molto più elevata della quantità di lacune dalla base all’emettitore. Questo si può ottenere
fabbricando un dispositivo con un emettitore fortemente drogato rispetto alla base; cioè con un’alta
densità di elettroni nell’emettitore ed una bassa densità di lacune nella base.
La corrente che fluisce attraverso la giunzione emettitore-base costituisce la corrente di
emettitore iE. La direzione di iE è quella che esce dal morsetto di emettitore; questa è la direzione di
corrente delle lacune, che è opposta a quella degli elettroni per cui la corrente iE è somma di questi
due contributi. Comunque, poiché la componente dovuta agli elettroni è molto più grande di quella
dovuta alle lacune, la corrente di emettitore sarà dominata dal contributo dato dagli elettroni.
Si considerino gli elettroni iniettati dall’emettitore nella base che saranno portatori minoritari
nella regione base di tipo p. Poiché la base è una regione molto sottile, in condizioni stazionarie
l’eccesso di concentrazione dei portatori minoritari nella base avrà un profilo lineare come mostrato
nella figura seguente.
77
Figura 3.4 Profili delle concentrazioni dei portatori minoritari nella base e nell’emettitore di un transistore npn
che funziona in modo attivo; vBE > 0, vCB ≥ 0
La concentrazione degli elettroni np(0) sarà più alta sul lato della regione di emettitore e nulla sul
lato di collettore. Come nel caso di una giunzione pn polarizzata direttamente, la concentrazione
np(0) sarà espressa da una relazione del tipo:
vBE
VT
n p (0) = n p0e (3.1)
dove np0 è il valore della concentrazione dei portatori minoritari (elettroni) nella regione di base, vBE
è la tensione di polarizzazione diretta base-emettitore e VT è la tensione termica,
approssimativamente pari a 25 mV a temperatura ambiente. La concentrazione è nulla sul lato del
collettore verso la base perché la tensione positiva vCB porta gli elettroni ad essere trascinati
attraverso la regione di svuotamento della giunzione collettore-base.
La forma rastremata del profilo di concentrazione dei portatori minoritari porta gli elettroni
iniettati nella base a diffondere attraverso la regione di base verso il collettore. La corrente di
diffusione degli elettroni In è direttamente proporzionale alla pendenza del profilo di
concentrazione:
78
dn p (x) n p (0)
I n = A E qD n = A E qD n − (3.2)
dx w
Corrente di collettore
La maggior parte degli elettroni che diffondono raggiungerà il limite della regione di
svuotamento collettore-base. Poiché il collettore è a potenziale maggiore della base gli elettroni
saranno accelerati attraverso la regione di svuotamento della giunzione collettore-base nel
collettore. Essi costituiscono la corrente di collettore iC. Per convenzione, la direzione di iC sarà
opposta al flusso di elettroni, quindi iC fluirà nel terminale di collettore. Quindi si può eliminare il
segno negativo dalla formula precedente avendo assunto come direzione positiva di iC quella
entrante nel collettore e, sostituendo a np(0) la sua espressione, si ha:
vBE
VT
i C = I n = Is e (3.3)
79
A E qD n n i2
IS = (3.4).
NA w
Corrente di base
La prima componente iB1 è dovuta alle lacune iniettate dalla regione di base nella regione di
emettitore ed è espressa da:
v BE
A E qDp n i2 VT
i B1 = e (3.5)
N D Lp
80
Qn
i B2 = (3.6).
τb
La carica dovuta ai portatori minoritari nella regione di base, Qn, può essere determinata facendo
riferimento alla figura 3.4. In particolare, Qn è rappresentata dall’area del triangolo sotto la
distribuzione lineare np(x) nella base, quindi:
1
Q n = A Eq ⋅ n p (0)w .
2
v BE
1 A qwn i2 VT
Q n = A Eq ⋅ n p (0)w = E e (3.7)
2 2N A
v BE
1 A Eqwn i2 VT
i B2 = e (3.8).
2 τb N A
Sommando le equazioni (3.5) e (3.8) ed utilizzando la (3.4) si ottiene l’espressione della corrente
totale di base iB:
v
D p N A w 1 w 2 VBET
i B = IS + e (3.9).
Dn N D LP 2 Dn τb
Se si confrontano le equazioni (3.3) e (3.9) si può vedere che iB può essere espressa come frazione
di iC:
iC
iB = (3.10)
β
cioè
81
vBE
1
i B = ISe VT (3.11)
β
1
β= (3.12)
Dp N A w 1 w 2
D N L +2D τ
n D P n b
da cui segue che β è una costante per il particolare transistore. Per i transistori npn, β = 100 ÷ 200
ma può anche avere il valore 1000 per dispositivi speciali. La costante β è detta guadagno di
corrente ad emettitore comune.
Il valore di β è fortemente influenzato da due fattori: la larghezza della regione di base, w, ed
il drogaggio relativo della regione di base e della regione di emettitore, NA/ND. Per ottenere un
valore elevato di β, cosa auspicabile essendo β un parametro di guadagno, si dovrebbe realizzare
una regione di base stretta ed a basso drogaggio ed una regione di emettitore fortemente drogata.
Nella idealizzazione con cui viene condotta l’analisi, β si assume costante per un dato transistore.
Corrente di emettitore
Poiché la corrente che entra nel transistore è uguale a quella che esce, la corrente di emettitore
iE è pari alla somma della corrente di collettore e della corrente di base:
i E = iC + i B (3.13).
β+1
iE = iC , cioè (3.14)
β
vBE
β+1 VT
iE = Is e (3.15).
β
82
Si può esprimere l’equazione (3.14) nella forma:
iC = αi E (3.16)
β
α= (3.17).
β+1
vBE
I
i E = s e VT (3.18).
α
α
β= (3.19).
1− α
α è una costante approssimativamente pari a 1. Dall’equazione (3.19) si può osservare che piccole
variazioni di α possono portare a grandi variazioni di β. Questo fisicamente significa che transistori
dello stesso tipo possono essere caratterizzati da valori molto diversi di β. α è chiamato guadagno
di corrente di base comune in corto circuito.
In sintesi la tensione di polarizzazione diretta vBE genera una corrente nel collettore iC
caratterizzata da un andamento esponenziale. In prima approssimazione si può ritenere che la
corrente di collettore è indipendente da valore della tensione di collettore mentre la giunzione
collettore-base rimane polarizzata inversamente, cioè vCB ≥ 0. Quindi in modo attivo il terminale di
collettore si comporta come una sorgente ideale di corrente costante il cui valore è determinato da
vBE. La corrente di base iB è pari a iC/β e la corrente di emettitore è pari alla somma delle correnti di
collettore e di base. Poiché iB è molto più piccola di iC, iE ≈ iC. Più precisamente la corrente di
collettore è una frazione α della corrente di emettitore.
83
Circuiti equivalenti per grandi segnali
Il funzionamento descritto, che si riferisce ad un modello del primo ordine, può essere
rappresentato dal circuito equivalente mostrato in figura 3.5a.
Figura 3.5 Modelli circuitali equivalenti per grandi segnali per un BJT che funziona in modo attivo
Il diodo DE ha un fattore di scala pari a (IS/α) e, quindi, fornisce un corrente IE legata a vBE dalla
relazione (3.18). La corrente della sorgente controllata, pari alla corrente di collettore, è controllata
dalla vBE secondo una legge esponenziale del tipo (3.3). Questo modello è fondamentalmente un
generatore di corrente non lineare controllato in tensione.
Esso può essere convertito in generatore di corrente controllato in corrente ricorrendo al modello in
Figura 3.5b, esprimendo la corrente del generatore controllato come αiE. Anche questo modello è
non lineare a causa della relazione esponenziale tra la corrente iE del diodo DE e della tensione vBE.
Se il transistore è usato come una rete a due porte con porta di ingresso tra E e B e porta d’uscita tra
C e B, allora il guadagno di corrente è pari a α. Per questo motivo α è chiamato guadagno di
corrente a base comune.
84
Altri due modelli circuitali equivalenti, mostrati nelle figure 3.5c e 3.5d, possono essere usati
per rappresentare il funzionamento per grandi segnali del BJT. Il modello di Fig. 3.5c è una
sorgente di corrente controllata in tensione. Qui il diodo DB conduce la corrente di base e, quindi, il
suo fattore di scala è IS/β, con una relazione iB-vBE data dalla (3.11). Esprimendo semplicemente la
corrente di collettore come βiB si ottiene il generatore di corrente controllato in corrente. Da questo
modello si osserva che se il transistore è usato come rete a due porte con porta di ingresso tra B e E
e porta d’uscita tra C e E, il guadagno di corrente è dato da β. Per questo motivo β è chiamato
guadagno di corrente ad emettitore comune.
Nell’analisi del flusso di corrente nei transistori si sono trascurate le piccole correnti inverse
costituite dai portatori minoritari generati termicamente. Sebbene queste correnti possano essere
tranquillamente trascurate nei transistori attuali, si considera per memoria la corrente inversa
attraverso la giunzione collettore-base. Questa corrente, indicata come ICB, è la corrente inversa che
fluisce dal collettore alla base con l’emettitore a circuito aperto. Questa corrente è generalmente
dell’ordine dei nA. Essa è, in pratica, dovuta a fenomeni di fuga (cariche minoritarie libere in
superficie) ed il suo valore dipende da vCB. Inoltre ICB dipende fortemente dalla temperatura: essa
raddoppia per ogni incremento di 10°C.
La figura 3.6 mostra la sezione trasversale di un BJT npn. Il collettore circonda la regione di
emettitore quindi gli elettroni dall’emettitore vengono quasi tutti raccolti al collettore passando
attraverso la sottile regione di base. In questo modo, α ≈ 1 e β è elevato.
85
3.3 Il transistore pnp
Esso funziona in modo simile a quello del transistore npn. La figura 3.7 mostra un transistore
pnp polarizzato in modo da funzionare in modo attivo.
Figura 3.7 Flusso di corrente in un transistore pnp polarizzato per funzionare in modo attivo
La tensione VEB porta l’emettitore di tipo p ad un potenziale maggiore rispetto alla base di tipo n,
polarizzando in diretta la giunzione base-emettitore. La giunzione collettore-base è polarizzata in
inversa dalla tensione VBC, che porta la base di tipo n ad un potenziale maggiore rispetto al
collettore di tipo p.
Diversamente da un transistore npn, la corrente in un dispositivo pnp è costituita
principalmente da lacune iniettate dall’emettitore nella base come risultato della tensione di
polarizzazione diretta VEB. La base è caratterizzata da un basso drogaggio perciò la corrente di
elettroni dalla base verso l’emettitore è piccola e, di conseguenza, la corrente di emettitore è dovuta
principalmente alle lacune. Gli elettroni iniettati dalla base all’emettitore costituisce il primo
contributo alla corrente di base, iB1. Il secondo contributo alla corrente di base, iB2, è fornito dal
circuito esterno che deve sostituire gli elettroni che si ricombinano con le lacune nella base. Le
lacune che raggiungono la regione di svuotamento della giunzione collettore-base sono poi attratte
dal potenziale negativo del collettore e formano la corrente di collettore iC.
Le relazioni corrente-tensione del transistore pnp sono identiche a quelle di un transistore npn
con la sostituzione di vBE con vEB. I circuiti equivalenti per grandi segnali sono simili a quelli
introdotti per un transistore npn (figura 3.5). Due di essi sono mostrati in figura 3.8.
86
Figura 3.8 Due modelli circuitali per un transistore pnp che funziona in modo attivo
Le figure 3.9a e 3.9b mostrano i simboli usati per indicare, rispettivamente, il transistore npn
e il transistore pnp.
I dispositivi BJT reali non sono simmetrici; scambiare emettitore e collettore si traduce in un
parametro α diverso (che è detto inverso), che ha un valore più basso di quello diretto. Nei simboli
della Fig. 3.9a e 3.9b, il transistore è distinto dal verso della freccia che indica la direzione del
flusso di corrente che entra nell’emettitore che è anche la direzione diretta della giunzione base-
emettitore.
La figura 3.10 mostra i circuiti di polarizzazione per entrambi i BJT npn e pnp.
87
Figura 3.10 Circuiti di polarizzazione dei BJT in modo attivo
Si noti che le correnti fluiscono dall’alto verso il basso e che le tensioni sono più elevate in alto e
più basse in basso. La freccia sull’emettitore indica anche quale dovrebbe essere la polarità della
tensione emettitore-base per polarizzare direttamente la giunzione emettitore-base. Per un
transistore pnp che funzioni in modo attivo vEB è positiva mentre per un transistore npn vBE è
positiva.
Un transistore npn la cui giunzione emettitore-base è polarizzata direttamente funzionerà in modo
attivo se il collettore è a potenziale più alto di quello della base (VC > VB). Il funzionamento in
modo attivo si conserva anche se VC scende leggermente al di sotto del valore di VB poiché una
giunzione pn in silicio essenzialmente non conduce quando la tensione ai suoi capi è di poco
inferiore a 0.5V. Se invece VC << VB la giunzione collettore-base sarebbe polarizzata direttamente
ed il transistore entrerebbe in un nuovo modo di funzionamento detto saturazione. Quindi la
condizione limite per il funzionamento in modo attivo o in regione attiva è che vCB = 0V.
In modo analogo il transistore pnp funziona in modo attivo se il potenziale al collettore è più basso
di quello della base (VC < VB). Con un ragionamento simile a quello fatto nel caso del transistore
npn, la condizione limite per il funzionamento in regione attiva è vBC = 0V.
In tabella si riporta un riepilogo delle relazioni tensione-corrente in un BJT che funziona in regione
attiva.
88
Relazioni corrente – tensione di un BJT in modo attivo
iC =ISe v BE / VT
iC IS v BE / VT
iB = = e
β β
iC IS v BE / VT
iE = = e
α α
iE
iC =αi E iC =(1 − α )i E =
β +1
α β
β= α=
1− α β +1
kT
VT = tensione termica = ≅ 25 mV a temperatura ambiente
q
Per un transistore pnp, si sostituisce vBE con vEB
che è identica (ad eccezione del valore della costante n) alla relazione i – v del diodo.
89
Le caratteristiche iE – vBE e iB – vBE sono anche esponenziali ma con diverse correnti di scala: Is/α
per iE e IS/β per iB.
In Fig. 3.11, poiché la costante dell’esponenziale, 1/VT, è abbastanza elevata (circa 40), la curva
sale rapidamente. Per vBE minore di 0.5V, la corrente è così piccola da poter essere trascurata.
L’intervallo normale di corrente è tra 0.6 e 0.8V. Per calcoli del primo ordine in dc si assume vBE ≈
0.7V. Per un transistore pnp la caratteristica iC – vEB appare identica a quella riportata in figura 3.11.
Come nel caso di un diodo di silicio, la tensione attraverso la giunzione emettitore-base si
riduce di circa 2mV in corrispondenza di ogni incremento in temperatura di 1°C a corrente costante.
La figura 3.12 mostra la dipendenza dalla temperatura riportando delle curve iC – vBE per un
transistore npn.
La figura 3.13b mostra le caratteristiche iC – vCB di un transistore npn per diversi valori della
corrente di emettitore iE. Queste caratteristiche possono essere misurate usando il circuito riportato
in figura 3.13a.
90
Nella figura è mostrato solo il modo di funzionamento attivo avendo riportato le curve solo per
valori vCB ≥ 0. Le curve sono linee rette parallele all’asse delle ascisse, ad ulteriore dimostrazione
del fatto che il collettore si comporta come un generatore a corrente costante. In questo caso, il
valore della corrente di collettore è controllato per mezzo della corrente di emettitore (iC = αiE) ed il
transistore potrebbe essere pensato come un generatore di corrente controllato in corrente.
Quando funzionano nella regione attiva, i BJT in realtà non hanno delle curve perfettamente
orizzontali poiché c’è una certa dipendenza fra la corrente di collettore e la tensione di collettore.
Si consideri il circuito riportato in figura 3.14a.
Figura 3.14 Circuito concettuale per misurare le caratteristiche iC-vCE del BJT (a); caratteristiche iC-vCE di un
BJT (b)
Il transistore è collegato in configurazione emettitore comune e la VBE può essere assunta pari ad un
qualsiasi valore desiderato variando il generatore dc connesso tra base ed emettitore. A ciascun
valore di VBE, la corrispondente curva caratteristica iC-vCE può essere misurata punto-punto
variando il generatore dc connesso tra il collettore e l’emettitore e misurando la corrispondente
corrente di collettore. Il risultato è la famiglia di curve riportata in Fig. 3.14b.
91
A bassi valori di vCE, quando VC < VB, la giunzione collettore-base viene polarizzata in
diretta; il transistore lascia la regione attiva ed entra in saturazione. Concentrandosi sulle curve
caratteristiche in regione attiva, si osserva che, pur essendo ancora con andamento lineare, esse
hanno una pendenza finita. Infatti, estrapolando l’andamento, le curve intersecano l’asse negativo
vCE nel punto –VA. La tensione VA, un numero positivo, è un parametro per il particolare BJT con
valori tipici nel range 50 ÷ 100V; essa è detta tensione di Early.
Fissato un valore di vBE, all’aumentare di vCE aumenta la tensione di polarizzazione inversa della
giunzione base-collettore e, quindi, aumenta la larghezza della regione di svuotamento di questa
giunzione. Questo si traduce in una riduzione della larghezza efficace della base w e, essendo Is
inversamente proporzionale a w, Is aumenta e proporzionalmente aumenta iC. Questo è l’effetto
Early.
La dipendenza lineare di iC con vCE può essere tenuta in conto assumendo IS costante ed inserendo il
fattore (1 + vCE/VA) nell’equazione che esprime iC:
vBE
VT v CE
iC = ISe 1 + (3.20)
VA
La pendenza non nulla delle linee iC-vCE sta ad indicare che la resistenza d’uscita che compare al
collettore non è infinita. Essa, infatti, assume un valore finito espresso da:
−1
∂i
r0 = C (3.21)
∂vCE vBE=cost
VA
r0 ≅ (3.22)
IC
92
3.6 Il transistore come amplificatore
Per funzionare da amplificatore un transistore deve essere polarizzato nella regione attiva. Il
problema della polarizzazione è quello di stabilire una corrente dc costante nell’emettitore (o nel
collettore). Questa corrente dovrebbe essere prevedibile ed insensibile alle variazioni di
temperatura, di valori di β, e così via.
Si dimostrerà che è necessario polarizzare il transistore a corrente di collettore costante. Questo
deriva dal fatto che il funzionamento di un transistore come amplificatore è fortemente influenzato
dal valore della corrente di polarizzazione.
Si consideri il circuito riportato in figura 3.15
Figura 3.15 Circuito concettuale per descrivere il funzionamento di un transistore come amplificatore: (a)
circuito per l’analisi ac; (b) circuito per l’analisi dc
Condizioni dc
93
VBE
VT
I C = IS e (3.23)
IC
IE = (3.24)
α
IC
IB = (3.25)
β
VC = VCE = VCC − IC R C
Se un segnale vbe viene applicato come mostrato in Fig. 3.15a, la tensione totale istantanea
base-emettitore vBE diventa:
v BE = VBE + v be .
v be
VT
i C = I Ce (3.26).
v
i c ≅ IC 1 + be (3.27)
Vt
in cui si è fatta un’espansione in serie del termine esponenziale e di questa si sono considerati solo i
primi due termini. Questa approssimazione, che è valida solo per vbe < 10 mV circa, viene detta
approssimazione di piccolo segnale.
Con questa approssimazione la corrente totale di collettore è data dalla relazione (3.27) e può essere
riscritta come:
94
IC
iC = IC + v be (3.28).
VT
IC
ic = v be (3.29)
VT
Questa equazione lega la corrente di segnale del collettore al corrispondente segnale di tensione
base-emettitore. Cioè, il transistore si comporta come sorgente di corrente controllata in tensione.
La (3.29) può essere riscritta come
ic = g m v be (3.30)
IC
gm = (3.31).
VT
∂iC
gm = (3.32).
∂v BE iC =IC
95
Figura 3.16 Funzionamento lineare di un transistore in condizioni di piccolo segnale: un segnale piccolo vbe con
forma d’onda triangolare sovrapposta alla tensione dc VBE
Per determinare la resistenza vista da vbe, si valuta prima la corrente totale di base iB usando la
(3.29), come segue:
96
i C IC 1 IC
iB = = + v be (3.33).
β β β VT
Quindi,
iB = IB + ib (3.34)
1 IC
ib = v be (3.35).
β VT
gm
ib = v be (3.36).
β
La resistenza di piccolo segnale di ingresso tra base ed emettitore, guardando nella base, è indicata
con rπ ed è definita come:
v be
rπ ≡ (3.37).
ib
β
rπ = (3.38).
gm
VT
rπ = (3.39).
IB
97
Corrente di emettitore e resistenza d’ingresso all’emettitore
i E = IE + ie (3.40)
iC I I
ie = = C v be = E v be (3.41).
α αVT VT
Se si indica la resistenza di piccolo segnale tra base ed emettitore, guardando nell’emettitore, con re,
essa può essere definita come:
v be
re ≡ (3.42).
ie
Usando la (3.41) si trova che re, detta resistenza di emettitore, è data da:
VT
re = (3.43).
IE
α 1
re = ≅ (3.44).
gm gm
La relazione tra rπ e re può essere trovata combinando le equazioni (3.37) e (3.42), che
rπ ie
rispettivamente le definiscono, come v be = rπi b = rei e . Quindi si ha = , che fornisce:
re i b
98
rπ = ( β + 1) re (3.45).
Guadagno di tensione
Si è visto che il transistore “sente” il segnale vbe e produce una corrente al collettore pari a
gmvbe con un’impedenza di uscita teoricamente infinita. In questo modo il transistore funziona come
un generatore di corrente controllato in tensione.
Per ottenere una tensione d’uscita si può far fluire la corrente attraverso un resistore come
viene fatto nel circuito in Fig. 3.15a. In tal caso la tensione totale di collettore sarà:
vC = VCC − i C R C =
= VCC − ( IC + ic ) R C =
(3.46)
= ( VCC − IC R C ) − i c R C =
= VC − ic R C
vC = −i c R C = −g m v be R C =
(3.47)
= − ( g m R C ) v be
vc
Av ≡ = −g m R C (3.48).
v be
Si noti:
- il segno – che indica una situazione invertente
- poiché gm è direttamente proporzionale alla corrente di collettore di polarizzazione il
guadagno sarà stabile solo se lo sarà IC ed è per questa ragione che la polarizzazione deve
produrre una corrente IC costante.
99
3.7 Modelli di circuiti equivalenti per piccoli segnali
Figura 3.17 Circuito amplificatore di figura 3.15a in cui sono state eliminate le sorgenti VBE e VCC
La figura precedente mostra anche le espressioni per gli incrementi di corrente ic, ib ed ie ottenuti
quando si applica un piccolo segnale vbe. Queste relazioni possono essere rappresentate da un
circuito a tre terminali C, B ed E che, quindi, è equivalente al transistore quando si considera un
funzionamento in regime di piccolo segnale e può essere considerato appunto un modello per
piccoli segnali.
Modello a π ibrido
100
Figura 3.18 Modello semplificato a π ibrido per il funzionamento di un BJT in regime di piccolo segnale: (a) BJT
come generatore di corrente controllato in tensione; (b) BJT come generatore di corrente
controllato in corrente
101
Modello a T
Figura 3.19 Modello semplificato a T per il funzionamento di un BJT: (a) BJT come generatore di corrente
controllato in tensione; (b) BJT come generatore di corrente controllato in corrente
Il modello riportato nella Fig. 3.19a rappresenta il BJT come un generatore di corrente controllato
in tensione. Il modello porta alle espressioni corrette per ic ed ie. Per ib al nodo di base si ha:
v be v v v β v be v
ib = − g m v be = be (1 − g m re ) = be (1 − α ) = be 1 − = = be .
re re re re β + 1 (β + 1)re rπ
Se nel modello di Fig. 3.19a la corrente del generatore controllato è espressa in termini della
corrente di emettitore come segue:
g m v be = g m ( i e re ) = ( g m re ) i e = αi e ,
si ottiene il modello alternativo a T mostrato in figura 3.19b. Qui il BJT è rappresentato come un
generatore di corrente controllato in corrente con segnale di controllo ie.
102
- calcolare i valori di gm, rπ e re
- sostituire ciascuna sorgente di tensione dc con un corto circuito e ciascuna sorgente di
corrente dc con un circuito aperto
- sostituire il BJT con uno dei suoi modelli per piccoli segnali
- analizzare il restante circuito per determinare i parametri desiderati (es. guadagno di
tensione, resistenza di ingresso)
L’effetto Early porta ad una dipendenza della corrente di collettore non solo da vBE ma anche
da vCE. La dipendenza da vCE può essere considerata assegnando un valore finito alla resistenza
d’uscita del generatore controllato in corrente del modello a π ibrido, come mostrato in figura 3.20.
La resistenza d’uscita ro è definita dalla (3.21); il suo valore è dato da ro = VA/IC, dove VA è la
tensione di Early e IC è la corrente di polarizzazione in dc del collettore. Nella figura vbe può essere
indicato come vπ.
Nei circuiti amplificatori in cui l’emettitore è a massa ro appare in parallelo al carico RC.
Quindi, se si include ro nel circuito equivalente, la tensione di uscita sarà espressa come
vo = −g m v be ( R C // ro ) .
Il guadagno risulterà ridotto. Ovviamente se ro >> RC la riduzione del guadagno sarà trascurabile e
si può ignorare l’effetto di ro. In generale, ro può essere trascurata se è circa 10 volte RC.
Quando l’emettitore non è a massa, inserire ro nel modello può complicare l’analisi ma è necessario
nel caso in cui si voglia realizzare un’analisi accurata.
103
Sintesi dei modelli parametrici
La tabella seguente riporta le relazioni tra i parametri del modello per piccoli segnali del BJT.
Tabella 3.1
In generale i metodi grafici non sono di molto aiuto nel progetto di circuiti ma possono andare
bene per un semplice circuito amplificatore a transistori.
Si consideri il circuito riportato nella seguente figura.
104
Figura 3.21 Circuito il cui funzionamento può essere analizzato graficamente
Un’analisi grafica del funzionamento di questo circuito può essere realizzata nel modo
seguente. Prima di tutto si deve determinare il punto di polarizzazione in dc. Si pone vi = 0 e si
procede nella maglia di ingresso come già visto per il diodo.
Lavorando sulla caratteristica come illustrato in figura 3.22 si determina la corrente di base in dc,
I B.
Figura 3.22 Costruzione grafica per la determinazione della corrente IB nel circuito di Fig. 3.21
Poi si passa alle caratteristiche iC – vCE, mostrate in figura 3.23. Ciascuna di queste caratteristiche si
ottiene fissando un valore iB ad un valore costante, variando vCE e misurando la corrispondente iC.
105
Figura 3.23 Costruzione grafica per la determinazione della corrente IC e della tensione VCE nel circuito di Fig.
3.21
Avendo determinato IB, il punto di funzionamento operativo giace sulle curve caratteristiche iC –
vCE in corrispondenza di quel valore della corrente di base.
Il circuito di collettore impone
vCE = VCC − i C R C
106
Figura 3.24 Determinazione grafica delle componenti di segnale vbe, ib, ic e vce quando un segnale vi è sovrapposto
alla tensione VBB in dc
Si consideri la figura 3.24a che mostra un segnale vi con forma d’onda triangolare,
sovrapposto alla tensione VBB in dc. In corrispondenza di ciascun valore istantaneo di VBB + vi(t) si
può tracciare una retta con pendenza –1/RB. Questa retta di carico istantanea interseca la curva iB –
vBE in un punto le cui coordinate forniscono i valori istantanei di iB e vBE in corrispondenza del
particolare valore di VBB + vi(t). Se l’ampiezza di vi è sufficientemente piccola in modo che il punto
di funzionamento istantaneo sia confinato in un segmento quasi lineare della curva iB – vBE, i
segnali risultanti ib e vbe saranno di forma d’onda triangolare.
Le caratteristiche iC – vCE sono mostrate in figura 3.24b. Il punto di lavoro si sposterà sulla retta di
carico con pendenza –1/RC mentre iB assume i valori istantanei determinati dalla 3.24a.
107
Il circuito di polarizzazione deve fornire una corrente costante dc nell’emettitore. Tale
corrente deve essere indipendente dalla temperatura e dalle variazioni di β. Inoltre la posizione del
punto di polarizzazione Q nel piano iC – vCE deve essere tale da consentire la massima oscillazione
del segnale.
La figura 3.25a mostra lo schema più comunemente usato per polarizzare un amplificatore a
transistore se è disponibile solo un generatore.
Figura 3.25 Polarizzazione di un BJT utilizzando un singolo alimentatore: (a) circuito; (b) circuito con
l’equivalente di Thévenin
La tecnica consiste nell’alimentare la base del transistore con una frazione della tensione di
alimentazione VCC mediante il divisore di tensione R1, R2. Inoltre un resistore RE è connesso
all’emettitore.
La figura 3.25b mostra lo stesso circuito con il divisore di tensione sostituito dal suo equivalente di
Thévenin:
R2
VBB = VCC (3.49)
R1 +R 2
R1R 2
RB = (3.50).
R1 + R 2
108
La corrente IE può essere determinata scrivendo l’equazione di Kirchhoff per la maglia base-
emettitore-terra e sostituendo IB = IE/(β + 1):
VBB − VBE
IE = (3.51).
R
RE + B
(β+1)
Per rendere IE indipendente dalla temperatura e dalle variazioni di β, si progetta il circuito il modo
che esso verifichi le condizioni:
RB
R E >> (3.53)
β +1
La condizione (3.52) assicura che le piccole variazioni di VBE intorno a 0.7V vengono
ignorate se VBB è grande. C’è un limite: per un dato valore di VCC, più grande è VBB minore è la
somma della caduta di tensione su RC e di quella sulla giunzione collettore-base (VCB). RC si vuole
sia grande per ottenere un elevato guadagno di tensione ed un’elevata oscillazione del segnale
(prima del cutoff del transistore). Inoltre si vuole VCB (o VCE) grande per avere elevata oscillazione
del segnale (prima della saturazione del transistore). Quindi la soluzione è un compromesso tra
diverse condizioni:
1 1 1
VBB ≅ VCC ; VCB (o VCE ) ≅ VCC ; R C IC ≅ VCC .
3 3 3
La condizione (3.53) rende IE insensibile alle variazioni di β e può essere soddisfatta
scegliendo RB piccola, cioè R1 e R2 piccole. Ciò significa una più bassa resistenza d’ingresso
dell’amplificatore e, perciò, l’amplificatore assorbe più potenza dall’alimentatore.
R1 e R2 sono scelte in modo che le correnti in esse siano nell’intervallo (0.1IE ÷ IE).
RE svolge un’azione di retroazione stabilizzando IE. Infatti se IE aumenta per una qualunque
ragione anche la caduta di tensione su RE aumenta. Se la VB è determinata dal divisore R1, R2 con
RB piccola, essa rimane costante. Quindi VBE diminuisce e ciò fa diminuire IC e, di conseguenza, IE.
In questo modo si produce un’azione opposta a quella di partenza.
109
Polarizzazione con doppio alimentatore
Figura 3.26 Polarizzazione di un BJT utilizzando due alimentatori: RB è necessaria solo se il segnale è accoppiato
alla base
VEE - VBE
IE = (3.54).
R
RE + B
β+1
Questa equazione è identica alla (3.51) tranne per il fatto che VEE sostituisce VBB. Quindi le due
condizioni espresse dalle (3.52) e (3.53) sono valide anche in questo caso. Si noti che se il
transistore viene usato con la base a massa la resistenza RB può essere eliminata. Se, invece, il
segnale d’uscita è accoppiato alla base la RB è necessaria.
La figura 3.27a mostra un circuito semplice ma efficace che può essere usato per la
polarizzazione di amplificatori ad emettitore comune. L’analisi del circuito è riportata in figura
3.27b.
110
Figura 3.27 (a) Circuito alternativo per la polarizzazione di amplificatori ad emettitore comune; (b) analisi del
circuito in (a)
Si può scrivere:
IE
VCC = R C IE + R B I B + VBE = R C I E + R B + VBE .
β +1
Quindi la corrente di polarizzazione dell’emettitore è data da:
VCC - VBE
IE = (3.55).
R
RC + B
β +1
RB
VCB = I B R B = IE (3.56)
β +1
La stabilità del circuito si ha per mezzo della retroazione negativa operata dalla RB: se IE
aumenta per un motivo qualsiasi VBE diminuisce e, perciò, IC diminuisce riportando IE al suo valore
iniziale.
111
Polarizzazione con sorgente di corrente
Come si è già detto viene usata nel caso di circuiti integrati. Lo schema di polarizzazione è
riportato in figura 3.28a.
Figura 3.28 (a) BJT polarizzato usando un generatore di corrente costante I; (b) circuito che realizza il
generatore di corrente
Il circuito ha il vantaggio che la corrente di emettitore è indipendente dal valore di β e RB. RB può
essere grande, consentendo di avere un valore elevato della resistenza di ingresso nella base senza
modificare la stabilità.
Una semplice implementazione del generatore di corrente I è mostrata in Fig. 3.28b. Il circuito
utilizza una coppia di transistori Q1 e Q2; il transistore Q1 si comporta come un diodo avendo il
collettore cortocircuitato con la base. Se si ipotizza che Q1 e Q2 abbiano valori elevati di β si
possono trascurare le loro correnti di base. Quindi la corrente attraverso Q1 è approssimativamente
uguale a IREF con
VCC − ( −VEE ) − VBE
I REF =
R
Poiché Q1 e Q2 hanno la stessa VBE le loro correnti di collettore saranno uguali e, quindi:
VCC + VEE − VBE
I = I REF = .
R
Se si trascura l’effetto Early in Q2, la corrente di collettore I rimarrà costante al valore dato
dall’equazione precedente fino a quando Q2 rimarrà nella regione attiva. Questo può essere
garantito mantenendo la tensione al collettore, V, maggiore di quella alla base (-VEE + VBE).
La connessione di Q1 e Q2 mostrata in Fig. 3.28b è nota come specchio di corrente.
112
3.10 Configurazioni di amplificatori a singolo stadio
Figura 3.29 Amplificatore ad emettitore comune: (a) circuito; (b) circuito equivalente ottenuto sostituendo il BJT
con il suo modello a π ibrido ed eliminando le sorgenti dc.
Il BJT è polarizzato con un generatore a corrente costante I che si ipotizza con un’elevata
resistenza d’uscita. Un condensatore CE connette l’emettitore a massa; la sua capacità è grande in
modo che la reattanza sia talmente piccola da essere trascurata a tutte le frequenze di interesse.
Quindi CE cortocircuita l’emettitore a massa in presenza di segnale. Per questo motivo CE è detto
condensatore di bypass.
Il generatore di segnale in ingresso vs ha resistenza RS ed è connesso alla base del transistore. Il
segnale d’uscita vo è preso al collettore; vo è la componente di segnale della tensione di collettore.
Un eventuale resistore di carico RL sarebbe collegato a C direttamente oppure attraverso un
condensatore di accoppiamento con grande capacità. RL andrebbe collegato in parallelo a RC.
113
La porta di ingresso dell’amplificatore a CE è tra la base e l’emettitore che è a terra e la porta
d’uscita è tra il collettore l’emettitore da cui il nome di emettitore comune.
L’analisi del circuito amplificatore ad emettitore comune porta a determinare la sua resistenza
d’ingresso Ri, il guadagno di tensione vo/vs, il guadagno di corrente io/ib e la resistenza d’uscita Ro.
Si sostituisce il BJT con il suo modello a π ibrido e si eliminano i generatori dc per ottenere il
circuito equivalente dell’amplificatore mostrato in Fig. 3.29b.
Dall’analisi della figura 3.29b si ottiene:
R i = rπ (3.57).
vs
vπ = rπ (3.58).
R S + rπ
Al lato d’uscita il generatore controllato (gmvπ) alimenta RC che è in parallelo con ro, quindi:
vo = −(g m v π )(R C // ro )
vo β(R C // ro )
Av = =− (3.59).
vs R S + rπ
A v ≅ −g m (R C // ro ) (3.60).
Per circuiti discreti, RC è generalmente molto più piccola di ro e ro può essere eliminata dalle
espressioni precedenti mentre nei circuiti integrati ponendo RC = ∞ (perché si vuole un guadagno
più elevato possibile) nell’equazione (3.60) si ha:
114
A v max = −g m ro (3.61).
VA
A v max = − (3.62)
VT
che è indipendente dalla corrente di polarizzazione IC. Ad esempio, per una tecnologia con VA =
100V si ha Avmax = 4000.
Il guadagno di corrente dell’amplificatore ad emettitore comune è pari a
io −g m v π ro /(ro + R C ) ro
Ai = = =−β (3.63).
ib v π / rπ ro + R C
Per RC << ro, Ai ≈ -β che è il guadagno di corrente dell’emettitore comune in corto circuito (cioè RC
= 0).
Infine per il calcolo di Ro si pone vs = 0 da cui vπ = 0 e, quindi
R o = R C // ro (3.64).
Sintetizzando:
- l’amplificatore ad emettitore comune è invertente
- Av ed Ai possono essere elevati
- Ri ha un valore moderato
- Ro è elevata (svantaggio)
- non ha una buona risposta alle alte frequenze
Inserendo una resistenza nel percorso del segnale tra l’emettitore e la terra come mostrato in
figura 3.30a si possono ottenere significative variazioni delle caratteristiche dell’amplificatore.
115
Figura 3.30 Amplificatore ad emettitore comune con una resistenza Re all’emettitore: (a) circuito; (b) circuito
equivalente ottenuto sostituendo il BJT con il suo modello a T; (c) circuito in (b) in cui si è eliminata
ro
L’analisi del circuito in Fig. 3.30a può essere realizzata sostituendo il BJT con uno dei suoi
modelli per piccolo segnale. Il modello più conveniente è uno dei due modelli a T; questo perché si
ha una resistenza all’emettitore Re in serie con la resistenza re che appare nel modello a T alla quale
viene sommata. Dopo la sostituzione del modello a T si ottiene il circuito equivalente in Fig. 3.30b.
116
Sfortunatamente in questo circuito amplificatore ro connette il lato d’uscita con quello d’ingresso
eliminando la natura unilaterale dell’amplificatore e complicando notevolmente l’analisi. Tuttavia,
poiché ro è grande, inserirla nell’analisi ha un piccolo effetto sulla prestazione dell’amplificatore.
Eliminando ro si ottiene il circuito in Fig. 3.30c in cui la tensione sulla base è data da
v b = i e ( re + R e ) (3.65)
ie
i b = (1 − α ) i e = (3.66)
β +1
vb
Ri ≡ = ( β + 1) ( re + R e ) (3.67).
ib
Questo è un risultato importante e dice che la resistenza d’ingresso che guarda nella base è (β + 1)
volte la resistenza totale nell’emettitore. La presenza del fattore (β + 1) è nota come regola di
riflessione della resistenza. Tale fattore è legato al fatto che la corrente di base è 1/(β + 1) volte la
corrente di emettitore. L’espressione di Ri nella (3.67) mostra chiaramente che inserire Re
nell’emettitore può notevolmente aumentare Ri. Infatti, il valore di Ri è aumentato dal rapporto
R i (compresa R e ) ( β + 1) ( re + R e ) R
= = 1 + e ≅ 1 + gm R e (3.68).
R i (esclusa R e ) ( β + 1) re re
In questo modo si può selezionare il valore di Re che porta al desiderato valore della resistenza
d’ingresso dell’amplificatore.
Per determinare il guadagno di tensione si cerca prima di tutto il guadagno tra base e collettore. Dal
circuito equivalente si ricava la tensione al collettore vo
vo = −αie R C (3.69)
117
vo −αR C
= (3.70)
v b re + R e
Poiché α ≈ 1,
vo −R C
≅ (3.71)
v b re + R e
Quindi il guadagno di tensione tra base e collettore è uguale al rapporto della resistenza totale al
collettore e della resistenza totale all’emettitore.
Per ottenere il guadagno di tensione totale si moltiplica vo/vb per vb/vs
vb Ri
=
vs R i + R S
e si sostituisce l’espressione di Ri data dalla (3.67); si ha:
vo βR C
Av = = (3.72).
vs R s + (β + 1)(re + R e )
Il guadagno è più basso di quello di un amplificatore ad emettitore comune a causa della presenza
del termine addizionale (β + 1)Re al denominatore.
Un’altra importante conseguenza dell’aver incluso Re all’emettitore è che l’amplificatore può
maneggiare solo una piccola frazione del segnale di ingresso senza incorrere in distorsioni non
lineari. Questo è dovuto al fatto che solo una piccola frazione del segnale di ingresso sulla base
compare tra base ed emettitore. Nello specifico, dal circuito di Fig. 3.30c si ha
vπ re 1
= ≅ (3.73)
v b re + R e 1 + g m R e
Quindi per la stessa vπ il segnale di ingresso può essere maggiore di quello dell’amplificatore a CE
di un fattore (1 + gmRe).
Infine, dal circuito di Fig. 3.30c si può facilmente vedere che
Ro = RC
118
io
Ai ≡ = −β
ib
Per sintetizzare, inserendo una resistenza Re all’emettitore nella configurazione ad emettitore
comune si ottengono le seguenti caratteristiche:
- la resistenza Ri è aumentata di un fattore (1 + gmRe)
- per le stesse distorsioni non lineari si può applicare un segnale (1 + gmRe) volte più grande
- il guadagno di tensione è ridotto
- il guadagno di tensione ha una minore dipendenza da β
- la risposta alle alte frequenze migliora notevolmente.
Ad eccezione della riduzione del guadagno tutte le altre caratteristiche rappresentano un notevole
miglioramento.
La resistenza Re introduce una retroazione negativa. Se per qualche ragione la corrente di
collettore aumenta anche quella di emettitore aumenta con conseguente aumento della caduta di
tensione su Re. Perciò la tensione di emettitore aumenta e la tensione base-emettitore diminuisce.
Quest’ultimo effetto provoca una riduzione della corrente di collettore controbilanciando
l’incremento iniziale.
Figura 3.31 Amplificatore a base comune: (a) circuito; (b) circuito equivalente ottenuto sostituendo il BJT con il
suo modello a T
119
La base è posta a terra, il segnale è accoppiato all’emettitore attraverso un condensatore CC dal
valore di capacità elevato ed il segnale d’uscita è preso al collettore. Il transistore è polarizzato con
un generatore di corrente costante la cui resistenza di uscita si assume molto elevata.
Poiché il segnale d’ingresso è applicato all’emettitore, è molto conveniente usare uno dei due
modelli a T per il BJT. Sostituendo il BJT con il suo modello si ottiene la rappresentazione
circuitale in Fig. 3.31b. Si trascura ro poiché il suo effetto è quello di complicare notevolmente
l’analisi.
Dall’analisi del circuito in Fig. 3.31b si ottiene
R i = re (3.74)
Poiché re è piuttosto piccola (circa 25 Ω per una corrente di polarizzazione di 1mA) si nota che la
resistenza d’ingresso dell’amplificatore a base comune è piccola.
Per ottenere il guadagno di tensione si può scrivere la tensione d’uscita come
vo = −αie R C
vo αR C
Av ≡ = (3.75).
vs R S + re
Il guadagno di tensione ha una dipendenza molto bassa dal valore di β. Il suo valore però dipende
criticamente da RS: per RS >> re il guadagno di tensione è approssimativamente pari a (RC//RS)
mentre per valori molto piccoli di RS Av ≈ gmRC. Quest’ultima condizione è difficile da ottenere
poiché re è piuttosto piccola. Si noti che diversamente dal caso CE, l’amplificatore CB è non
invertente: cioè l’uscita è in fase con l’ingresso.
Il guadagno di corrente si può determinare dal circuito equivalente:
io −αie
Ai ≡ = =α (3.76).
ii −i e
120
L’amplificatore a CB fornisce un guadagno di corrente che è minore dell’unità.
Infine, la resistenza d’uscita dell’amplificatore CB è data da
Ro = RC (3.77).
L’ultima delle configurazioni base di un amplificatore BJT è quella a collettore comune (CC).
Essa è usata sia per piccoli segnali che per grandi segnali e nei circuiti digitali.
Il circuito è mostrato in figura 3.32a; il collettore è connesso al generatore di tensione VCC e,
quindi, è a terra. Il segnale di ingresso è applicato alla base e l’uscita è prelevata dall’emettitore.
Poiché lo scopo principale della configurazione CC è quello di collegare una sorgente con
resistenza Rs elevata ad un carico con resistenza relativamente bassa, si esplicita la resistenza di
carico. In particolare, il segnale di uscita all’emettitore è accoppiato alla resistenza di carico RL
attraverso un condensatore di capacità elevata CC. Nei circuiti integrati non si fa uso di condensatori
di accoppiamento ma i risultati derivati per il caso discreto sono ancora applicabili.
121
Figura 3.32 Amplificatore a collettore comune: (a) circuito; (b) circuito equivalente ottenuto sostituendo il BJT
con il suo modello a T; (c) circuito in (b) che mostra il parallelo tra ro e RL; (d) circuito per
determinare Ro
122
Il BJT viene sostituito con uno dei modelli a T come mostrato nella Fig. 3.31b in cui compare
anche la resistenza ro. Poiché ro appare in parallelo a RL il circuito può essere ridisegnato come in
figura 3.32c; qui si è trascurata la presenza di RC (RC = 0) e si ha una resistenza di emettitore Re =
ro//RL. Quindi l’analisi consiste fondamentalmente nell’adattare i risultati ottenuti nel caso di
configurazione a CE con una resistenza all’emettitore.
La resistenza d’ingresso si trova applicando al regola di riflessione della resistenza:
R i ≅ ( β + 1) R L (3.79).
vb vs
= (3.80).
(β + 1) [ re + (ro //R L )] R s + (β + 1) [ re + (ro //R L )]
vo ro //R L
= (3.81)
v b re + (ro //R L )
da cui si nota che poiché re è generalmente piccola, vo/vb è approssimativamente pari all’unità il che
significa che il segnale all’emettitore segue quello alla base dando al circuito il nome di inseguitore
di emettitore. Combinando le equazioni (3.80) e (3.81) si ottiene Av
123
vo (β + 1)(ro //R L )
Av ≡ = (3.82)
vs R S + (β + 1) [ re + (ro //R L ) ]
da cui
Av =
vo
=
( R L // ro ) (3.83).
vs RS
+ re + ( R L // ro )
β +1
Il guadagno di tensione è generalmente pari all’unità, cosa che è un risultato dell’aumento della
resistenza vista dal generatore di segnale a causa della moltiplicazione per (1 + β).
Per determinare Ro si fa riferimento al circuito di Fig. 3.32d in cui vs è posta a 0 ed una
tensione vx è applicata all’emettitore. La tensione vx può essere espressa in termini di caduta di
tensione attraverso re e RS:
v x = −i e re − (1 − α)i e R S .
Quindi
vx
ie = −
re + (1 − α)R S
che può essere sostituita all’equazione del nodo di emettitore
vx
ix = − ie
ro
per ottenere
vx vx
ix = + .
ro re + (1 − α)R S
vx
Poiché R o = , si trova:
ix
1 i 1 1
= x = + .
R o v x ro re + (1 − α)R s
Quindi Ro è data da
R
R o = ro // re + S (3.84)
β + 1
124
Nel caso in cui ro sia elevato si ha:
RS
R o ≅ re + (3.85).
β +1
RL
Av = Av R L =∞
(3.86)
RL + Ro
io ro
Ai ≡ = ( β + 1) (3.87)
ib ro + R L
125
3.13 Modello di Ebers-Moll per grandi segnali
Il modello di Ebers-Moll (EM) può descrivere il funzionamento del BJT in uno qualsiasi dei
suoi modi di funzionamento. Esso è un modello a bassa frequenza basato sul fatto che il BJT è
composto da due giunzioni pn, la giunzione emettitore-base e la giunzione collettore-base; quindi le
correnti ai terminali del BJT possono essere espresse come sovrapposizione delle correnti dovute
alle due giunzioni pn.
La figura 3.33 mostra un transistore con il suo modello EM.
Il modello consiste di due diodi e di due generatori controllati. I diodi sono DE, il diodo
giunzione emettitore-base, e DC, il diodo giunzione collettore-base. Le correnti dei diodi iDE e iDC
sono date dall’equazione del diodo:
v BE
VT
i DE = ISE (e − 1) (3.88)
v BC
VT
i DC = ISC (e − 1) (3.89)
dove ISE e ISC sono le correnti di saturazione dei due diodi. Poiché la giunzione collettore-base ha
generalmente un’area maggiore di quella della giunzione emettitore-base, ISC > ISE (di un fattore fra
2 e 50).
126
Parte della corrente iDE raggiunge il collettore e costituisce la sorgente αFiDE del modello. αF è lo α
diretto del transistore (cioè il parametro che si è considerato fino a questo momento); il suo valore è
circa pari a 1. In modo analogo parte della corrente iDC raggiunge l’emettitore e costituisce la
sorgente αRiDC del modello dove αR rappresenta lo α inverso del transistore. Poiché la struttura del
transistore non è fisicamente simmetrica ma è ottimizzata per ottenere un valore elevato di α
diretto, αR è generalmente piccolo (da 0.02 a 0.5).
Si dimostra che
i E = i DE − α R i DC (3.91)
iC = −i DC + α Fi DE (3.92)
i B = (1 − α F )i DE + (1 − α R )i DC (3.93)
IS VT
vBE vBC
iE = e − 1 − IS e VT − 1
(3.94)
αF
vBE I vBC
iC = IS e − 1 − S
VT e VT − 1 (3.95)
αR
IS VT
vBE I vBC
iB = e − 1 + S e VT − 1 (3.96)
βF βR
αF
βF = (3.97)
1 − αF
127
αR
βR = (3.98).
1 − αR
Si noti che dove βF è semplicemente indicato con β. βF è molto grande mentre βR è molto piccolo.
Le caratteristiche iC-vCB sono misurate a valore costante della corrente di emettitore iE; poiché la
base è connessa a tensione costante tali curve sono anche dette caratteristiche a base comune.
Nelle curve è indicato il breakdown della giunzione CB per valori elevati di tensione.
Sono incluse anche le caratteristiche della regione di saturazione. Quando vCB < 0 la giunzione CB è
polarizzata direttamente e la corrente di collettore diminuisce. Poiché iE è costante, la riduzione di iC
si traduce in un uguale aumento di iB.
Nella regione attiva le curve hanno una pendenza ad indicare una dipendenza della corrente iC da
vCB (effetto Early). Poiché la pendenza di queste curve è minore di quella delle curve iC-vCE a vBE
128
costante, si deduce che la resistenza d’uscita della configurazione a base comune è molto più grande
di quella della configurazione ad emettitore comune con vBE costante (ro).
Poiché ciascuna caratteristica iC-vCB è misurata a valore costante della corrente di emettitore iE,
l’aumento di iC con vCB implica una corrispondente riduzione di iB. Questa dipendenza può essere
tenuta in conto mediante un resistore rµ inserito tra collettore e base nel modello π ibrido, come
mostrato in figura 3.35. Il valore di rµ è molto elevato, tipicamente maggiore di βro.
129
Queste curve sono diverse da quelle riportate in Fig. 3.14. La pendenza nella regione attiva è
diversa da 1/ro; essa è maggiore.
La regione di saturazione è evidente anche in queste caratteristiche. Si noti che mentre il transistore
in regione attiva si comporta come un generatore di corrente con elevata resistenza d’uscita, in
regione di saturazione si comporta come un interruttore chiuso con una piccola resistenza RCEsat.
Un’espansione delle curve nella regione di saturazione è riportata in figura 3.37.
Figura 3.37 Espansione delle caratteristiche ad emettitore comune nella regione di saturazione
Si può notare che le curve non partono dall’origine; infatti per un dato valore di iB la caratteristica
iC-vCE in saturazione può essere approssimata con una linea retta che interseca l’asse vCE nel punto
VCEoff che viene chiamata tensione di offset dell’interruttore.
β è definito come il rapporto tra la corrente totale di collettore e quella totale in base nella
regione attiva. Sia Q il punto operativo del transistore caratterizzato da IBQ, ICQ e VCEQ. Il rapporto
di ICQ e IBQ è detto β in dc o hFE:
I CQ
h FE ≡ βdc ≡ (3.99).
I BQ
130
In presenza di segnale si hanno variazioni incrementali di iB, iC e vCE intorno al punto di
polarizzazione. Pertanto si può definire un β incrementale o in ac nel modo seguente: la tensione
collettore-emettitore viene mantenuta al valore costante VCEQ mentre la corrente di base viene
incrementata di ∆iB. Se la corrente di collettore varia di una quantità ∆iC allora βac al punto
operativo Q viene definito come:
∆iC
h fe ≡ βac ≡ (3.100).
∆i B v CE = cos t
Poiché vCE è costante, si ha vce = 0; per questo motivo hfe è detto anche guadagno di corrente in
corto circuito.
La differenza tra βdc e βac è, in genere, piccola.
- Capacità di diffusione
Quando il transistore funziona in regione attiva o in saturazione, la carica dei portatori
minoritari è immagazzinata nella regione di base. Per un transistore npn che funziona in regione
attiva l’espressione della carica Qn è già stata derivata:
A Eqwn i2 v BE / VT
Qn = e .
2N A
Usando le equazioni (3.7), (3.3) e (3.4) si può esprimere Qn in funzione della corrente di collettore
iC come
w2
Qn = i C = τ Fi C (3.101)
2D n
w2
τF = .
2D n
Esso è noto come tempo di transito diretto in base e rappresenta il tempo medio in cui un portatore
di carica attraversa la regione di base. Tipicamente τF è nell’intervallo (10 ÷ 100) ps.
131
L’equazione precedente è applicabile per grandi segnali e, poiché iC è esponenzialmente legata
a vBE, anche Qn dipenderà da vBE. Quindi il meccanismo di immagazzinamento della carica
rappresenta un effetto capacitivo non lineare. Comunque per piccoli segnali si può definire una
capacità di diffusione per piccolo segnale Cde
dQ n di I
Cde ≡ = τ F C = τ Fg m = τ F C (3.102).
dv BE dv BE VT
C je0
C je = m
(3.103)
VBE
1 −
V0e
dove Cje0 è il valore di Cje alla tensione nulla, V0e è la tensione di built-in della giunzione
emettitore-base (~ 0.9V) e m è il coefficiente di giunzione base-emettitore (~ 0.5V). Tipicamente si
assume Cje ≈ 2Cje0.
Cµ 0
Cµ = m
(3.104)
VCB
1 +
V0c
dove Cµ0 è il valore di Cµ alla tensione nulla, V0c è la tensione di built-in della giunzione collettore-
base (~ 0.75V) e m è il coefficiente della giunzione (~ 0.2-0.5).
La figura 3.38 mostra il modello a π ibrido del BJT con gli effetti capacitivi.
132
Figura 3.38 Modello a π ibrido in alta frequenza
Ci sono due capacità: la capacità emettitore-base Cπ = Cde + Cje e la capacità collettore-base Cµ.
Tipicamente, Cπ è nell’intervallo da pochi pF a poche decine di pF e Cµ è nell’intervallo da 1pF a
pochi pF.
Si è omessa la resistenza rµ perché a frequenze non elevate la reattanza di Cµ è molto più piccola di
rµ. In ogni caso si è aggiunta la resistenza rx per tener conto del materiale (Si) della regione di base
tra il terminale di base B ed un terminale interno fittizio B’. Tipicamente, rx è di poche decine di Ω
ed il suo valore dipende dal livello di corrente in modo piuttosto complicato. Poiché rx << rπ il suo
effetto è trascurabile a basse frequenze.
I valori dei parametri circuitali in corrispondenza di un assegnato punto di polarizzazione
possono essere determinati con le formule viste finora.
Frequenza di cutoff
I data sheets dei transistori forniscono la variazione di β o hfe con la frequenza ma non
specificano il valore di Cπ. Per determinare Cπ e Cµ si ricava un’espressione di hfe come funzione
della frequenza in termini dei componenti a π ibrido. Si consideri il circuito riportato nella seguente
figura, in cui il collettore è cortocircuitato con l’emettitore.
133
La corrente di cortocircuito del collettore è IC data da
(
Ic = g m − sCµ Vπ ) (3.105).
Una relazione tra Vπ e Ib si può ottenere moltiplicando Ib per l’impedenza vista tra B’ ed E:
(
Vπ = I b rπ // Cπ // Cµ ) (3.106).
Ic g m − sCµ
h fe ≡ = (3.107).
I b 1/ rπ + s Cπ + Cµ ( )
Alle frequenze per cui il modello risulta valido è gm >> ωCµ ottenendo:
g m rπ
h fe ≅ .
(
1 + s Cπ + Cµ rπ )
Quindi
β0
h fe = (3.108)
(
1 + s Cπ + Cµ rπ )
dove β0 è il valore a bassa frequenza di β. Quindi hfe ha una risposta a singolo polo con la frequenza
a 3dB ωβ data da:
1
ωβ = (3.109).
( Cπ + Cµ rπ )
134
Figura 3.40 Diagramma di Bode per h fe
Per una pendenza di –6dB/ottava si ha che la frequenza a cui h fe assume valore unitario, chiamata
Quindi
gm
ωT = (3.111)
Cπ + Cµ
e
gm
fT = (3.112).
(
2π Cπ + Cµ )
Il valore di fT (= 100 MHz ÷ decine di GHz) è normalmente specificato dai data sheets dei
transistori; in alcuni casi fT è data come funzione di IC e di VCE. Il valore di fT è usato per trovare il
valore di (Cπ + Cµ). Cµ può essere misurata tra B e C per un’assegnata VCB.
Il modello a p ibrido è accurato fino a f ≈ 0.2fT. A frequenze superiori occorre inserire altri elementi
parassiti.
Alle alte frequenze rπ è trascurabile.
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