PHA
1.2 Problema
L’ingente quantitativo di materie plastiche prodotte a livello globale, presenta problemi
di natura ambientale legati alle opzioni di fine vita di questi materiali.
Negli ultimi anni sono aumentati gli sforzi da parte dei paesi produttori, ed in
particolare dell’Europa, nel potenziare le forme di riciclo, come alternativa, rispetto allo
smaltimento in discarica, considerando anche il valore di mercato residuo,
rappresentato dalle materie plastiche destinabili al riciclaggio.
Negli ultimi anni, la disponibilità sempre più limitata dei carburanti fossili, l’aumento
del prezzo del petrolio, i cambiamenti climatici in atto e la sensibilizzazione della
coscienza ambientale delle popolazioni stanno influenzando le politiche dei governi, le
industrie e la scienza, a cercare alternative al petrolio ed ai suoi derivati.
Ad oggi l’85% delle plastiche prodotte è di origine petrolchimica, tuttavia le plastiche
bio-based e le bioplastiche stanno conquistando sempre maggiori quote di mercato.
Pur essendo le bioplastiche più costose delle plastiche tradizionali, negli ultimi anni il
loro mercato è diventato sempre più competitivo in termini di costi, supportato anche
sul piano legislativo tramite l’introduzione di standard e schemi di certificazione ed in
alcuni paesi si è arrivati fino al divieto di utilizzo delle plastiche tradizionali per talune
applicazioni, come i sacchetti per la spesa usa e getta.
2. Poliidrossialcanoati
I poliidrossialcanoati (PHA) sono macromolecole sintetizzate da più di 100 generi di
batteri (ad esempio Bacillus, Rhodococcus, Rhodospirillum, Pseudomonas,
Alcaligenes/Ralstonia, Azotobacter, Rhizobium).
Quando le cellule batteriche sono temporaneamente prive di uno o più elementi
nutritivi, come azoto (N), zolfo (S), fosforo (P), magnesio (Mg) oppure ossigeno (O), il loro
metabolismo non funziona normalmente ed entrano in uno stato di stress. In tale
circostanza la cellula può accumulare delle riserve nutritive: fosforo in forma di
polifosfato e carbonio nelle forme di
poliidrossialcanoato oppure di glicogeno.
Il PHA viene stoccato sotto forma di granuli, la
cui dimensione e numero per cellula varia
nelle diverse specie batteriche. Questi granuli
sono formati da oltre il 97% di PHA, 1-2% di
proteine e 0,5% di lipidi.
I batteri, in mancanza di fonte di carbonio
extracellulare, mobilitano e utilizzano queste
riserve come substrati carboniosi ed energetici.
I PHA sono composti chiave nella regolazione dei processi metabolici intracellulari,
come ad esempio nella motilità cellulare e nella distribuzione delle riserve di carbonio
nelle diverse vie metaboliche. Più recentemente al polimero sono state attribuite
ulteriori importanti funzioni, quali la protezione delle cellule contro stress ambientali,
come shock osmotico, irraggiamento UV, disidratazione, stress termico o ossidativo.
Questi polimeri sono anche coinvolti nel processo della sporulazione e di riproduzione,
nel controllo dell’escrezione degli esopolisaccaridi e in alcune specie diazotrophiche,
nel flusso di energia durante la fissazione di azoto.
I PHA possono essere suddivisi in due gruppi, in funzione del numero di atomi di
carbonio che costituisce l’unità monomerica: i PHAscl (short chain lenght) sono
costituiti da 3-5 atomi di C, mentre i PHAmcl (medium chain lenght) da 6-15 atomi di C.
Solo pochi batteri sono in grado di sintetizzare entrambe le tipologie di PHA. I PHAscl
hanno un alto grado di cristallinità, mentre PHAmcl sono elastomeri a bassa cristallinità
e presentano una bassa temperatura di fusione.
Si pone l'attenzione anche sui gruppi funzionali ai lati della catena principale quali
alogeni, carbonili, epossi, metilesteri, ecc, poiché insieme alla lunghezza della catena
influenzano le proprietà della bioplastica quali cristallinità, temperatura di fusione e
temperatura di transizione vetrosa.
Formula generale per unità ripetitiva dei PHA
Tra tutti i PHA conosciuti il Poli(3-idrossibutirrato) (PHB) è il più studiato. Si tratta di un
omopolimero, composto quindi soltanto da monomeri di 3-idrossibutirrato (3HB).
Questo materiale presenta un elevato grado di cristallinità ma una limitata lavorabilità
dovuta alla bassa differenza tra la temperatura di decomposizione (circa 270° C) e il
punto di fusione elevato (circa 180°C).
2.2 Caratteristiche
Le principali caratteristiche dei poli-idrossialcanoati si possono riassumere in
sette punti:
1. termoplasticità: possono essere lavorati con varie tipologie di
attrezzature sfruttando i cambiamenti di proprietà fisico-meccaniche in
relazione alla temperatura.
2. biodegradabilità: caratteristica tipica dei composti polimerici di origine
biologica che generalmente vengono sintetizzati per poi, all’occorrenza,
essere di nuovo degradati dall'azione di specifici enzimi microbici; tale
caratteristica li rende particolarmente interessanti anche dal punto di
vista ambientale poiché, grazie alla loro biodegradabilità non
contribuiscono all’aumento di volume delle discariche, a differenza delle
plastiche convenzionali.
3. biocompatibilità: possibili applicazioni in campo medico per la
preparazione di protesi o dispositivi chirurgici.
4. bilanciamento del carbonio: la combustione degli idrocarburi (petrolio)
crea un’enorme quantità di anidride carbonica che, diffondendosi
nell’atmosfera, il ciclo del carbonio non riesce a riassorbire. Invece
impiegando i PHA e la loro naturale degradazione da parte della
microflora presente nel terreno, il ciclo verrebbe chiuso; inoltre i
biopolimeri provengono da fonti rinnovabili e non dipendono dalla
disponibilità di materie prime fossili.
5. fragilità ed elasticità: sono entrambe proprietà importanti dei materiali; la
tendenza a rompersi facilmente e la facilità di deformarsi sotto l'azione di
una forza applicata e di riacquistare la sua forma originale al venir meno
dell’azione imposta, sono proprietà di grande interesse applicativo.
6. progettabilità molecolare: grazie alle tecniche del DNA ricombinante è
possibile far produrre i poli-idrossialcanoati anche a batteri che non
presentano gli enzimi chiave (β-ketothiolase e PHA- 14 sintetasi), ma che
magari sono naturalmente in grado di utilizzare come fonte di carbonio
materiali a basso costo.
7. scarsa permeabilità ai gas: in generale la permeabilità all’ossigeno e la
permeabilità nei confronti degli altri gas sono strettamente legate; i
materiali tradizionali presentano un rapporto fisso tra la permeabilità
all’ossigeno e quella all’anidride carbonica; questa relazione si osserva
anche nei biopolimeri, anche se alcuni di essi tendono a essere più
permeabili all’anidride carbonica rispetto ai materiali tradizionali.
2) Estrazione tramite digestione
La digestione permette l’estrazione dei granuli di PHA attraverso la digestione o
disgregazione della membrana cellulare
Possono essere usati composti chimici di varia natura: ipoclorito di sodio, surfattanti,
composti acidi e alcalini.
L'ipoclorito degrada selettivamente la cellula mentre i PHA resistenti all'attacco del
composto possono poi essere agevolmente separati. Il processo è esotermico pertanto
bisogna controllare la temperatura dell'ambiente di reazione e provvedere anche ad un
opportuno sistema di raffreddamento.
Il vantaggio nell'utilizzare l'ipoclorito risiede nel fatto che la cellula non deve essere
asciugata prima del trattamento e questo comporta un risparmio di tempo ed energia e
riduce il costo del processo downstream.
La purezza del polimero al termine dell'estrazione raggiunge il 99% tuttavia il PHA non è
completamente insolubile nella soluzione ed è stata osservata una riduzione del peso
molecolare anche del 50% in alcuni casi.
L'uso di composti acidi o alcalini quali l'idrossido di sodio (NaOH) può costituire una
valida alternativa ai composti clorurati. L’idrossido causa la saponificazione dei lipidi
presenti nella parete cellulare del microrganismo aumentando la permeabilità della
membrana e aiutando il rilascio delle proteine e del materiale non-PHA. Esso è un
metodo poco costoso e green che garantisce elevata purezza e un buon recupero del
polimero
3) Rottura cellulare con enzimi
Alcuni tipi di enzimi come proteasi, nucleasi e lipasi esercitano una forte azione
idrolitica sulle proteine e altri polimeri della parete cellulare ma possono aver effetto,
anche se minore, sui PHA. Tale metodo garantisce un recupero elevato ma ha anche un
costo non trascurabile.
4) Rottura meccanica
La disintegrazione della parte della cellula non-PHA può essere ottenuta sfruttando
pressione elevata, ultrasuoni e pale meccaniche in rotazione. Tali metodi sono però
difficilmente applicabili su scala industriale e non garantiscono un recupero
consistente.
Vi sono poi altri metodi meno utilizzati quali l'impiego di un fluido supercritico come la
CO2 in combinazione con l'uso di NaOH. Nella seguente tabella sono riportati vantaggi e
svantaggi dei vari metodi.