certi berretti a sonagliere, e che doveano star sempre
pronti a fornire, a ogni momento, delle spiritosaggini in cambio dei minuzzoli che cadevano dalla tavola reale. Il nostro re, naturalmente, l'aveva il suo buffone. È un fatto che proprio sentiva il bisogno di qualche cosa nel senso della follia, – se non foss'altro in compenso della pesante saggezza dei sette uomini saggi che gli servivan da ministri, – per non dir di lui. E tuttavia, il suo buffone non era solamente un buffone. Agli occhi del re il suo valore era triplicato dal fatto ch'era allo stesso tempo nano e zoppo. In quel tempo nelle corti, i nani eran comuni come i buffoni; e parecchi monarchi non avrebbero saputo come impiegare il tempo – il tempo è più lungo alla corte che in qualunque altro luogo, – senza un buffone per farli ridere e un nano per riderne. Ma, come ho già osservato, novantanove volte su cento i buffoni son grassi, grossi e massicci, – di modo che era proprio un orgoglio pel nostro re possedere in Hop-Frog, – così si chiamava il buffone, – un triplice tesoro in una persona sola. Non credo che con quel nome d'Hop-Frog l'avessero battezzato i suoi padrini, ma che piuttosto gli sia stato conferito all'unanimità dai sette ministri perchè non poteva camminare come gli altri uomini6. E realmente, Hop-Frog non si poteva muovere che con una specie d'andatura interiettiva, qualcosa tra il salto e la giravolta, una specie di movimento che pel re era una 6 Dal verbo to hop, saltellare, e dal sostantivo Frog, ranocchio. R. 88