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Conservazione dell’ambiente e rischio idrogeologico. Convegno Nazionale.

Assisi, 11 – 12 dicembre 2002

UNA PROCEDURA PER CONSIDERARE I PRIMI DUE MOMENTI DELLA


RELAZIONE PENDENZA-AREA DRENANTE DURANTE
L’INTERPOLAZIONE DI MODELLI DIGITALI DEL TERRENO

S. Grimaldi1, V. Teles2 & R.L. Bras2

(1) CNR-IRPI - Istituto di Ricerca per la Protezione Idrogeologica - Via Madonna Alta 126,
06128, Perugia, e-mail: salvatore.grimaldi@irpi.cnr.it
(2) Department of Civil and Environmental Engineering, Massachusetts Institute of Technology,
Cambridge, MA 02139, USA, e-mail: vteles@mit.edu

SOMMARIO

Un’accurata interpolazione della superficie topografica è importante per l’uso crescen-


te di mappe digitali del terreno. Egualmente importante è la simulazione del terreno
con un’attenta riproduzione delle caratteristiche dei versanti. Negli ultimi anni numero-
si ricercatori hanno imposto nei più comuni modelli di evoluzione del terreno, tramite
procedure empiriche e teoriche, la relazione pendenza-area per generare superfici più
realistiche. Il limite di tali modelli è che, nella maggior parte di essi, si considera solo il
primo momento statistico, la media, di tali relazioni di scala. In questo lavoro è descrit-
to un semplice approccio per considerare durante le procedure di simulazione o di in-
terpolazione anche il comportamento autosimilare della varianza delle pendenze. Il ca-
so di studio descritto mostra come con questo approccio si ottengano superfici con una
relazione pendenza-area più realistica.

1 INTRODUZIONE

Uno dei principali obiettivi della ricerca in geomorfologia negli ultimi venti anni è
stato quello di simulare superfici topografiche. Numerosi sono stati i modelli sviluppati
per interpretare i principali processi fisici alla base della evoluzione morfologica del ter-
reno (Tucker & Bras, 1998; Howard, 1994; Rodriguez-Iturbe & Rinaldo, 1997). La ri-
produzione della superficie di un bacino idrografico e della sua evoluzione avviene sce-
gliendo un modello di erosione ed integrando la relativa equazione differenziale su di
una griglia numerica rappresentante una superficie iniziale. Utilizzando molteplici pa-
rametri fisici, differenti schematizzazioni dei processi agenti, diverse condizioni iniziali,
tale approccio consente di creare scenari topografici con specifiche caratteristiche geo-
morfologiche.
Recentemente è stato sviluppato uno strumento considerabile come una evoluzione
di tali metodologie (Niemann et al., 2001 in stampa e Grimaldi et al. 2003 in review).
Esso non solo simula superfici topografiche ma permette di creare superfici realistiche
perchè create utilizzando l’informazione dei dati di elevazione disponibili. Tale stru-
mento, definito accoppiando un metodo tradizionale di interpolazione analitica con un
modello di erosione semplificato, è un interpolatore fisicamente basato utile per creare o
per incrementare la risoluzione dei Digital Elevation Models.
2 S. Grimaldi, V. Teles & R.L .Bras

Il principale obiettivo di tali approcci è di conferire alle superfici generate alcune


proprietà geomorfologiche generali. Solitamente tutte le principali leggi di potenza, ca-
ratteristiche del territorio, sono ben rappresentate. La relazione pendenze-aree drenanti,
la legge di Hack, la legge della probabilità dell’area drenante (Rodriguez-Iturbe & Ri-
naldo, 1997) sono generalmente verificate in tali superfici.
In questo lavoro l’attenzione è rivolta alla relazione pendenze-aree drenanti. Sti-
mando la pendenza ed il valore dell’area drenata in ogni punto di un DEM è possibile
fissare in un grafico pendenze-aree i punti rappresentativi di ogni nodo della griglia. So-
litamente per un bacino reale tali punti formano nel grafico una particolare andamento.
In Montgomery & Foufoula-Georgiou, (1993) è evidenziato come sia possibile associa-
re zone di tale grafico a particolari processi fisici agenti. Nella parte relativa ai processi
fluviali i nodi mostrano un caratteristico trend. La media dei valori di pendenza stimati
su alcune classi di aree drenanti segue un andamento lineare nel piano logaritmico. Tale
comportamento è comune in quasi tutti i bacini reali e il valore dell’esponente del trend
lineare osservato è compreso tra 0.3 e 0.6.
Statisticamente considerando la pendenza e l’area drenante come una variabile, tale
comportamento suggerisce che le superfici topografiche siano autosimilari nella relatio-
ne pendenze-aree (Tarboton et al., 1989b). In realtà in letteratura si è dibattuto molto
sulla validità di tale autosimilarità. I ricercatori sono concordi nell’accettare tale assun-
to solo riguardo il primo momento statistico, la media. Per essere autosimilare anche nel
secondo ordine, la varianza delle pendenze dovrebbe decrescere quando l’area drenante
cresce, seguendo una relazione lineare con un’esponente pari al doppio di quello ottenu-
to nella relazione relativa al primo momento. Alcuni articoli in letteratura hanno provato
a verificare empiricamente su bacini reali tale relazione delle varianze, ma senza suc-
cesso (Rigon et al., 1994). Recentemente, tale proprietà è stata verificata con un partico-
lare approccio e sotto speciali ipotesi (Veneziano & Niemann, 2000).
Un’altra particolare caratteristica dei grafici pendenze-aree relative a bacini reali è di
essere molto dispersi. La variabilità della morfologia, del tipo di suolo, degli agenti cli-
matici e degli errori ottenuti nella definizione della rappresentazione digitale della su-
perficie forniscono per ogni valore di area drenante un ampio intervallo di valori di
pendenze. Generalmente i modelli di erosione utilizzati nelle applicazioni, come verrà
evidenziato nel paragrafo 2, determinano superfici con un grafico pendenze-aree con
varianza nulla per i punti con elevati valori di area drenante. Un procedura per imporre
l’autosimilarità del secondo ordine nel modello di erosione per una più realistica rap-
presentazione della relazione pendenze-aree è descritta sempre nel paragrafo 2. Il para-
grafo 3 mostra un caso di studio per mostrare gli effetti della procedura sulle superfici
generate.

2 UN SEMPLICE APPROCCIO PER PRESERVARE IL SECONDO MOMENTO DELLA


RELATIONE PENDENZA- AREA DRENANTE IN UN COMUNE MODELLO DI EROSIONE

Una comune formulazione del modello di erosione utilizzato in molte applicazioni è


quella usata da Willgoose et al.,1991a,b; Moglen & Bras, 1995; Tucker & Bras, 1998:
?z
? U ? ? A m S n ? D? 2 z (1)
?t
dove
Una procedura per considerare i primi due momenti…. 3

z: elevazione
t: tempo
U: intensità del sovralzo tettonico,
?? mSn: termine di erosione fluviale
S : pendenza nella direzione di deflusso
A: area drenante,
m e n: coefficienti di scala della relazione pendenze-aree
?: erodibilità superficiale, che è legata alla litologia, clima e geometria dei canali (Ho-
ward et al., 1994; Whipple & Tucker, 1999),
D? 2z: termine di diffusività lineare che rappresenta una semplificazione dei processi di
versante, con D coefficiente di diffusività (Fernandes & Dietrich, 1997).
Questo modello di erosione sotto la condizione di equilibrio dinamico è anche utilizzato
nel metodo di interpolazione fisicamente basato, citato nell’introduzione. Tale condi-
zione è verificata quando l’erosione fluviale e diffusiva eguagliano l’intensità di sovral-
zo tettonico:
? ? D
0 ? 1? A S ? ? 2z (2)
U U
Si è scelto di considerare nelle analisi di tale articolo il modello in condizione di e-
quilibrio sia perchè sarà interessante in futuro verificare gli effetti della procedura pro-
posta sul modello di interpolazione sia perchè alcuni aspetti sono facilmente evidenzia-
bili con il modello espresso in condizioni di stazionarietà.
Integrando la relazione (2) su di una griglia iniziale qualsiasi mantenendo costanti i va-
lori dei parametri utilizzati (?, U, D e ?), si ottiene una superficie caratterizzata da un
grafico pendenze-aree con varianza nulla nella zona in cui l’erosione fluviale è conside-
rata dominante. Ciò si può semplicemente dimostrare se pensiamo che in tale zona la
diffusività è trascurabile e quindi la formula (2) diviene:
? ?
0 ? 1? A S (3)
U
Da cui per un assegnato valore di area drenante A è possibile avere solo un valore di
pendenza. Tale relazione quindi riesce a fornire una superficie corretta riguardo il com-
portamento medio della relazione pendenze-aree ma ovviamente non realistica.
Per superare tale limite viene quindi introdotta una semplice procedura. La procedu-
ra proposta consiste nell’usare valori variabili del parametro ?.
Evidenziando ? dalla formula (3) e assumendo che esso sia una variabile casuale è
possibile scrivere la relazione della varianza di tale variabile:
Var?ln?S ??
Var?? ? ? (4)
?ln?A??2
dalla (4) emerge chiaramente che utilizzando il parametro ? non costante si ottiene la
varianza diversa da zero per la variabile pendenza.
La procedura proposta consiste nell’usare una griglia con valori variabili di ? come
input della procedura di integrazione della (2). Per generare tali valori per ogni nodo
della griglia ovviamente sono necessari media e varianza. Come media si usa lo stesso
4 S. Grimaldi, V. Teles & R.L .Bras

valore usato nella procedura tradizionale. Riguardo la varianza viene adottato un parti-
colare approccio. Infatti tali procedura non solo è pensata per fornire superfici più reali-
stiche ma anche allo stesso per imporre nella stessa superficie l’autosimilarità del se-
condo ordine.
Riassumendo la teoria descritta in Tarboton et al. (1998a e b) e Veneziano & Nie-
mann (2000) la ben nota relazione pendenze-aree è una espressione di una più generale
proprietà autosimilare tra pendenze e aree drenanti nella superficie topografica. Tale au-
tosimilarità non è limitata al primo momento ma dovrebbe essere valida per tutti i mo-
menti.
La relazione per i primi due momenti è:
E?S ?? A? ? (5)

Var ?S ? ? A ? 2? (6)

Per considerare tale proprietà nelle superfici per quantificare la varianza da utilizza-
re nella generazione dei valori di ?, la formula (6) è stata inserita nella (4). Assumendo
che S?N(? ? 2) segue la distribuzione Gaussiana è possible scrivere:
? Var ?S ? ?
Var?ln?S ??? ln ??1 ? ?
2 ?
(7)
? ?E?S ?? ?
Ponendo in evidenza i coefficienti di proporzionalità delle relazioni (5) e (6) ed in-
serendoli nella (7), è possibile scrivere dalla (4):

? k ?
ln?? 1 ? 12 ??
Var?? ? ? ?
k ? (8)
?ln?A ??2
Usando tale formula per generare i valori di ?, è possibile preservare nelle superfici
generate il secondo ordine di autosimilarità. Ovviamente per applicare la (8) occorre
conoscere i valori di area drenante. Quindi la procedura finale può essere sintetizzata in
tre passi:
a) Integrazione del modello di erosione (2) su una griglia iniziale considerando
tutti i parametri costanti.
b) Dalla superficie risultante, leggendo i valori di aree drenanti, definizione, tra-
mite la (8), della varianza di ? per ogni nodo della griglia d’integrazione. Ge-
nerazione della griglie di input della variabile ?.
c) Nuova integrazione del modello usando tale input variabile.

3 UN CASO DI STUDIO

Per comprendere gli effetti della procedura descritta nel precedente paragrafo è ne-
cessario applicarla ad alcuni casi di studio. Uno primo caso di studio di tipo teorico è
descritto in Grimaldi et al. (2002 in stampa). Una superficie sintetica viene generata con
la formula (3) e su di essa la procedura viene applicata. La finalità di tale caso di studio
Una procedura per considerare i primi due momenti…. 5

è stato quello di verificare quantitativamente che effettivamente la procedura sia in gra-


do di imporre un comportamento autosimilare. I risultati ottenuti in Grimaldi et al.
(2002 in stampa) sono stati incoraggianti. Oltre a verificarsi una significativa dispersio-
ne delle pendenze si è constatato che l’esponente dell’andamento della relazione varian-
ze-aree è risultato effettivamente il doppio di quello ottenuto per le medie.
In questo paragrafo viene invece presentato un caso di studio non teorico mirante a
constatare effetti più applicativi di tale procedura. Si vuole effettivamente verificare che
le superfici generate con ? variabile mostrino delle relazioni pendenze-aree più realisti-
che.
Si è considerato il DEM di una porzione del bacino del Chiascio (sottobacino del
Tevere) di 16 Km2 alla risoluzione di 80 m. Si è quindi estratto il DEM relativo alla
stessa porzione ma alla risoluzione di 640m. Quest’ultimo DEM è stato considerato co-
me DEM di input da interpolare fino alla originaria risoluzione di 80m. Gli strumenti di
interpolazione utilizzati sono stati: il metodo spline CRS (Complete Regularized Spline
sviluppato da Mitasova e Mitas, 1993), il metodo di interpolazione fisicamente basato
citato nell’introduzione sviluppato applicando in un particolar modo la formula (2) e lo
stesso metodo applicandolo però considerando? variabile in input. La figura 1 mostra le
quattro superfici in questione.

a) b)

c) d)

Figura 1. a)DEM osservato. b) DEM interpolato con il metodo spline. c) DEM interpolato con il
metodo fisicamente-basato (F-B) con ? costante. d) DEM interpolato con il metodo F-B con ?
variabile. I punti neri rappresentata i dati di input nei metodi di interpolazione.
6 S. Grimaldi, V. Teles & R.L .Bras

La figura 1a rappresenta la superficie ritenuta vera con la quale confrontare le altre.


La figura 1b mostra il risultato della semplice interpolazione analitica spline. Come si
vede la superficie appare molto ‘lisciata’; tale metodo, nonostante risulti il più preciso,
quando l’input è povero d’informazione tende a perdere l’informazione geomorfologica
e quindi a fornire la superficie meno realistica. Applicando su tale superficie la formula
(2) seguendo una particolare procedura si ottiene la Figura 1c. Si vede come tale super-
ficie appaia più realistica mostrando canali e varsanti. Si nota però come ancora sia as-
sente la rugosità caratteristica riscontrabile nella figura 1a. Usando la procedura descrit-
ta nel precedente paragrafo si ottiene tale maggiore variabilità superficiale (cfr. figura
1c).
Come premesso l’effetto di maggiore interesse era relativo alla relazione pendenze-
aree. La figura 2 mostra le relazioni delle quattro superfici riportate in figura 1. La figu-
ra 2a mostra la classica dispersione offerta da un DEM osservato a bassa risoluzione
(80m). La figura 2b mostra invece la relazione risultante dall’interpolazione spline; si
nota come la componente diffusiva sia eccessivamente sovrastimata a causa dell’effetto
di lisciamento offerto da tale approccio. Il metodo fisicamente basato con ? costante
propone una ridotta dispersione e una disposizione artificiale dei punti. Considerando la
variabilità di ? (figura 2d) viene effettivamente riprodotto un grafico più realistico.
100.000
100.000
8
8
6
6
4
4 3
3
2
2

10-1.000 10-1.000
8
8 6
6
4
Slope

4 3
3
2
2

10-2.000 10-2.000
8
8 6
6
4
4
3 a) 3
2
b)
2
10-3.000
10-3.000 4 5 67 2 3 4 5 67 2 3 4 5 67 2 3 4
4 5 67
104 2 3 4 5 67
105 2 3 4 5 67
106 2 3 4 56 104 105 106
Area
100.000 100.000
8
8 6
6
4 4
3 3
2 2

10 -1.000 10-1.000
8
8
6 6
Slope

4 4
3 3
2 2

10 -2.000 10-2.000
8
8
6 6
4 4
3
2
c) 3
2
d)
10 -3.000 10-3.000
4 5 67 2 3 4 5 67
4 5 67 10 4 2 3 4 5 67 10 5 2 3 4 5 67 106 2 3 456 104 105 2 3 4 5 67
106 2 3 4 56

Area Area

Figura 2. Grafici pendenze-aree: a) della superficie osservata b) della superficie ottenuta con il
metodo spline, c) con il metodo F-B con ? costante, d) con il metodo F-B con ? variabile.

Per una migliore interpretazione degli effetti della procedura proposta, in Tabella 1
Una procedura per considerare i primi due momenti…. 7

vengono riassunti i principali parametri statistici caratterizzanti una superficie dal punto
di vista geomorfologico. Sono stati stimati media, varianze e indice di errore (tra super-
ficie interpolata e quella considerata vera) delle griglie rappresentanti l’elevazione, le
pendenze e le curvature. Gli effetti principali, emersi anche in altri casi di studio, che si
possono ritenere generali sono un incremento della media delle pendenze e un deciso
aumento della varianza delle curvature. Effetto negativo è l’aumento dell’indice RMSE
che testimonia una minore precisione. Ma tale effetto era atteso visto che si è imposto
una caratteristica generale delle superfici e non vincolabile al dato puntuale, specifica
del DEM analizzato. Tale comportamento è analogo a quello evidenziatosi
nell’interpolatore fisicamente basato. L’introduzione aggiuntiva di un informazione di
tipo geomofologico medio produce (vedi sempre Tabella 1) una superficie più realistica
a discapito dell’accuratezza puntuale.

Superficie Superficie Superficie Superficie MFB


Osservati Spline MFB con ? variabile
?? 729.7 726.6 730.7 730.8
Elevazione ?? 4528.5 4185.7 3497.2 3110.3
RMSE - 30.3 32.6 35.8
?? 0.28 0.17 0.19 0.22
Pendenze ?? 0.016 0.006 0.004 0.011
RMSE - 0.160 0.156 0.157
?? 0 0 0 0
Curvatura ?? 47.7 1.7 10.7 42.2
RMSE - 6.75 7.34 9.58
Tabella 1. Valori delle medie, varianze ed indice RMSE calcolati per le griglie di elevazione,
pendenze e curvature delle quattro superfici confrontate.

4 CONCLUSIONI

In questo lavoro è stata descritta una procedura per considerare nella simulazione di
superfici topografiche il momento del secondo ordine della relazione pendenze-aree. Le
superfici risultanti manifestano un comportamento autosimilare anche per le varianze
delle pendenze. L’approccio utilizzato consiste nel considerare in input non un esponen-
te pendenze-aree costante ma variabile. Gli effetti della procedura sono stati verificati su
di una porzione di bacino del fiume Chiascio. Le superfici ottenute appaiono più reali-
stiche sia perchè mostrano una maggiore variabilità superficiale sia perchè le relazioni
pendenze-aree presentano una dispersione simile a quella della superficie osservata. Sta-
tisticamente si è osservato che gli effetti della procedura comportano un moderato au-
mento della media delle pendenze e un deciso aumento della varianza delle curvature.

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