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Papa Jo Jones Trio

Dalla Swing Era al primo BeBop

Francesco Baglioni

Papa Jo Jones

Jonathan David Samuel Jones nasce il 7 ottobre 1911.


Leader della band e pioniere delle percussioni jazz, Jo Jones ha guidato la sezione ritmica della
Count Basie Orchestra dal 1934 al 1948. Si faceva chiamare “Papa” per distinguersi dal giovane
batterista Philly Joe Jones.
Nato a Chicago, dove venne subito affascinato dai ballerini e i galleristi di Vaudeville, Jones all'età
di tredici anni, salì a bordo del circuito di Vaudeville grazie al fatto che sapesse cantare, danzare e
suonare la batteria. Qui, il vivace artista, ha imparato anche durature lezioni di abilità scenica (cosa
che caratterizzerà successivamente anche il modo di esibirsi sulla batteria). Si trasferì in Alabama,
dove imparò a suonare diversi strumenti, tra cui sassofono, pianoforte e si perfezionò ulteriormente
con la batteria. Lavorò come Batterista e Tap-Dancer in spettacoli di carnevale fino a quando non si
unì alla band di Walter Page, i Blue Devils a Oklahoma City alla fine degli anni 1920. Registrò con
il trombettista Lloyd Hunter's “Serenaders” nel 1931, e in seguito si unì alla band del pianista Count
Basie nel 1934. Jones iniziò una lunga collaborazione che generò uno dei suoni classici del jazz e
inaugurò la sua ascensione come uno dei batteristi più influenti della storia. Citando il grande debito
dovuto a questo innovatore, Max Roach elogiò al funerale di Jones: “Per ogni tre battiti che un
batterista suona, ne deve a Jones cinque. È il più grande batterista che sia mai vissuto."
Jones stava già mostrando un approccio abile e organico al kit, al contrario del più goffo stile “Traps
Drum" comune in quel periodo.
Nel 1937 la Count Basie Orchestra si trasferì a New York, dove Jones perfezionò ulteriormente il
suo portamento, rilassato ma irresistibile. Il suo swing senza soluzione di continuità è stato
rafforzato dai compagni di gruppo come Freddie Green (chitarra), Walter Page (basso) e Basie,
un'unità soprannominata “All-American Rhythm Section” ovvero la sezione ritmica di musicisti
ideale.
Contrariamente al prevalente stile di batteria jazz esemplificato dal forte di Gene Krupa, con
l’insistente martellamento della cassa, Jones spesso omette la cassa. Jones inserì anche lo swing sul
hi-hat in particolare sfruttando le aperture e le chiusure con il piede contrariamente invece della
pratica comune di colpirlo solo mentre era chiuso. Lo stile di Jones ha influenzato la tendenza del
batterista jazz contemporaneo a tenere il beat sul moderno ride. Papa Jo Jones è spesso accreditato
per aver perfezionato la transizione del focus della pulsazione swing dalla grancassa alla parte
superiore del kit, principalmente l'hi-hat e talvolta il piatto ride. Spesso è stato affermato che ha

"inventato" il moderno utilizzo del ride swing. Jo Jones ha portato una levigatezza e un tocco
ineguagliabili che hanno prodotto un continuum uniforme, dando a tutti e quattro gli impulsi lo
stesso significato e definendo il beat dello swing moderno.
Mentre altre grandi band spingevano con insistenza l'impulso sui battiti accentati, Jones (insieme
all'All-American Rhythm Section) manteneva un fluido movimento in avanti con demarcazioni
meno ovvie di downbeat e battute.
Usando il focus del piatto, Jones liberò ulteriormente la grancassa e i suoi tom per accenti strategici
e configurazioni che variavano. Soprattutto, la firma di Jones rimane il suo lavoro espressivo, con i
piatti del charleston. Papa manipolò il flusso ritmico degli hats, esplorando le loro ampie possibilità
come mai prima d'ora. Con la minuscola coppia di piatti, poteva trasportare magistralmente
un'intera grande band. Per ascoltare l'incredibile padronanza dell’hi-hat di Jones con Basie, si può
ascoltare "One O'Clock Jump" (1937). Jones ebbe una grande influenza su batteristi successivi
come Buddy Rich, Kenny Clarke, Roy Haynes, Max Roach e Louie Bellson. Recitò anche in diversi
film, in particolare il cortometraggio musicale Jammin 'the Blues (1944).
Jones si esibì regolarmente negli anni successivi al jazz club del West End al 116 ° e Broadway a
New York City. Queste esibizioni erano generalmente molto frequentate da altri batteristi come
Max Roach e Roy Haynes. Oltre al suo talento per la batteria, Jones era noto per il suo
temperamento irascibile e combattivo. Un esempio famoso del suo carattere irritabile fu nella
primavera del 1936, quando gettò un piatto per terra quando un giovanissimo Charlie Parker non
riuscì ad improvvisare dopo aver perso i cambi di accordo. Dopo essersi ritirato nel 1948 dal suo
lungo e storico mandato di Basie, Jones occasionalmente si riuniva per speciali concerti di tributo,
tra cui un set di Newport Jazz Festival del 1954 dove era anche batterista del festival. Alla fine
della sua carriera, Jones si concentrò su gruppi più piccoli, tra cui un ensemble da lui diretto con il
musicista Milt Hinton e il pianista Joe Bushkin, ed un trio con Ray Bryant al pianoforte e Tommy
Bryant al basso. Ha anche pubblicato diversi album come leader su Everest Records, e nel 1955 si
riunì con la Sezione Ritmica Americana sul doppio LP The Jo Jones Special . Nel 1957 fece un tour
in Europa con Oscar Peterson ed Ella Fitzgerald. Al di fuori del gruppo di Basie, Jones registrò in
maniera prolifica, inclusi brani con Billie Holiday, Ben Webster, Lester Young, Illinois Jacquet,
Benny Goodman, Coleman Hawkins, Teddy Wilson, Harry “Sweets” Edison, Art Tatum, Jimmy
Rushing e Red Norvo. Il suo LP del 1976, The Main Man , presenta un ottetto che include alunni
Basie e molti assoli di batteria. E su The Drums (1973), la sua unica lettera d'amore solista allo
strumento, il maestro suona e ricorda le prime influenze. Partecipò a un concerto del Central Park
del 1973 con una formazione di star di percussionisti in gran parte più giovani, l’artista più anziano

era in programma di chiudere lo spettacolo. Salì sul palco con solo uno sgabello e un hi-hat. Il
batterista Charli Persip è stato un testimone: “Si è seduto e ha proceduto a spazzare via tutti ... con
un hi-hat! È stato bellissimo. ”
Nel 1979, Jones è stato inserito nell’Alabama Jazz Hall of Fame per il suo contributo. La sua
autobiografia (raccontata ad Albert Murray), intitolata “Rifftide: The Life and Opinions of Papa Jo
Jones” e basata sulle conversazioni tra Jones e il romanziere Murray dal 1977 a prima della morte di
Jones nel 1985, è stata pubblicata postumo nel 2011 dall'Università del Minnesota Press.
Conosciuto come Papa Jo Jones nei suoi ultimi anni, a volte è stato confuso con un altro influente
batterista jazz, Philly Joe Jones. I due morirono a pochi giorni di distanza. Nonostante la lotta
contro il cancro nel decennio successivo, Jones si esibì occasionalmente e trionfò memorabilmente
anche in un concerto della Carnegie Hall del 1984 in onore della morte del suo amato Count Basie.
Il grande batterista morì nel settembre dell'anno successivo di polmonite a New York City all'età di
73 anni il 3 settembre del 1985.

Jo Jones Trio

Jo Jones trio è un album registrato da Papa Jo Jones insieme ai fratelli Bryant, Ray al Pianoforte e
Tommy al contrabbasso.
La data di uscita risale al 1959 e l’etichetta che lo produsse era la Everest Records.
Il recensore di AllMusic Scott Yanow ha dichiarato: “Jo Jones è probabilmente meglio conosciuto
per il suo lavoro con Count Basie, ma le sue esibizioni in piccoli gruppi come leader, sebbene
trascurate, sono molto gratificanti. ... Il trio ha un grande swing senza sforzo ... questo 1959 LP
tratta i musicisti con il rispetto che meritano”.
In All About Jazz, David Rickert ha scritto “Il Jo Jones Trio, presenta tutta l’unità di lavoro di Ray
Bryant e Tommy Bryant su una semplice registrazione di trio con pianoforte. Bryant utilizza un
approccio minimalista simile a quello di Basie, ma il trio esplora un terreno più ampio rispetto a
quello delle big bands”.

Track List

1. "Sweet Georgia Brown" (Ben Bernie, Maceo Pinkard, Kenneth Casey) – 2:38
2. "My Blue Heaven" (Walter Donaldson, George A. Whiting) – 2:51
3. "Jive at Five" (Count Basie, Harry Edison) – 3:43
4. "Greensleeves" (Traditional) – 2:53
5. "When Your Lover Has Gone" (Einar Aaron Swan) – 3:15
6. "Philadelphia Bound" (Ray Bryant) – 3:18
7. "Close Your Eyes" (Bernice Petkere) – 3:21
8. "I Got Rhythm - Part I" (George Gershwin, Ira Gershwin) – 3:07
9. "I Got Rhythm - Part II" (Gershwin, Gershwin) – 2:59
10. "Embraceable You" (Gershwin, Gershwin) – 3:42
11. "Bebop Irishman" (Bryant) – 3:47
12. "Little Susie" (Bryant, Jo Jones, Tommy Bryant) – 3:55

1. Sweet Georgia Brown

Il brano si apre con l’introduzione di Papa Jo Jones suonata sul rullante con le mani, l’hi hat non è
più di fondamentale importanza per tenere il beat ma serve come parte integrante dell’assolo,
diventa uno strumento che dialoga con le mani del batterista ma soprattutto con gli altri strumenti.
A questa figura ritmica si unisce il contrabbasso, così facendo il batterista e il contrabbassista si
fondono e i loro strumenti danno vita all’ostinato che sostiene l’arrivo del tema. Anche in questo
caso l’hi-hat non serve per tenere il tempo, ma riprende gli accenti del contrabbasso. Questi accenti
vengono mantenuti per tutta l’esposizione del tema fino a quando, nelle ultime tre battute del
chorus, Jo Jones “splasha” il charleston con il piede e prende le spazzole per accompagnare il solo
del pianoforte. Mentre suona con le mani le spazzole sul rullante, accentando anche alcuni punti del
solo del pianista, la gamba sinistra suona l’hi-hat sia sul due e sul quattro della battuta, suonando
ogni tanto i due piatti come se fossero un piatto suonato a mano, ma suona anche l’hi-hat come
accento su qualche levare a conferma del fatto che il piatto hi-hat non serve più solo per mantenere
il beat ma diventa una parte solista nella batteria. L’accompagnamento prosegue come dialogo fra il
pianoforte e la batteria, che nonostante principalmente tenga il tempo, riesce anche ad improvvisare
seguendo il pianoforte. Il solo di contrabbasso viene interamente accompagnato sul charleston
suonato con le spazzole, a seguito di esso arriva il solo di batteria.
L’assolo del batterista dura sedici misure: Jo Jones suona di nuovo il rullante con le mani, inserendo
spesso l’hi-hat come strumento solista e addirittura prima di riprendere l’ostinato swing suonato sul
rullante con le mani (con hai hat sul secondo e quarto movimento della battuta suonato con il piede)
egli suona il piede scandendo i quarti sul pavimento.
Il brano si chiude dopo l’esposizione finale del tema che è però sapientemente orchestrata con l’hi-
hat splashato e con il ride crashato (colpito sul bordo come se fosse un crash), oltre agli accenti
suonati sul rullante, il tutto suonato con le bacchette, cosa che accade solo due volte in questo
album.
Questo primo brano ci fornisce già un ampio spettro dei suoni che Jo Jones utilizza, si riescono a
notare anche tutti i differenti tipi di accompagnamento e tutti i modi che egli usa per creare le
dinamiche e variare i brani.

2. My Blue Heaven

Il brano si apre con lo stesso ostinato ritmico swing di Sweet Georgia Brown, Jo Jones suona con le
dita sul rullante tutto il tema ed utilizza l’Hi-Hat come strumento che ha il compito di orchestrare il
tema, ma anche di dialogare con esso.
Per passaggio dal tema all’assolo di piano (dove Jo Jones suona con le spazzole) è guidato dall’hi-
hat che viene “spassato” e da un piatto chiodato per riempiere il vuoto ritmico che viene a crearsi
quando il batterista prende le spazzole.
Durante l’assolo di piano, Jo Jones utilizza appunto nuovamente le spazzole ma al contrario
dell’assolo nel brano precedente, qui egli dialoga attraverso i tamburi, sostiene e stimola le idee
ritmiche del pianista utilizzando varie figure ritmiche che orchestra fra rullate, tom e timpano.
La fine dell’assolo di pianoforte e la conseguente ripresa del tema viene marcata con gli accenti che
Jo Jones suona con cassa e charleston variandolo fra chiuso ed aperto.
Il tema finale viene suonato come all’inizio, suonando le dita sul rullante mentre l’hi-hat
accompagna e sostiene il tema.
Il finale è il tipico finale delle orchestre jazz in particolare di Basie.

3. Jive At Five

Il brano inizia nuovamente con l’introduzione sul rullante suonata dalle mani senza l’uso dell’hi-hat
che entrerà solo sul tema. Per tutta la durata dell’introduzione ma anche nell’esposizione tematica
del brano stesso Jo Jones tende ad accentare gli anticipi del secondo e del quarto movimento, egli
appoggia e riempie le frasi del tema che viene suonato dal pianoforte.
A differenza però degli altri due brani, l’hi-hat rimane invariato e viene suonato sul secondo e sul
quarto movimento, in questo caso l’hi-hat serve da riferimento ritmico, benché le figurazioni che
suona Jo Jones siano chiare.
Anche l’assolo del pianoforte è accompagnato ancora con le mani sul rullante e viene inserito
qualche accento di contrappunto.
Durante l’assolo di contrabbasso la dinamica si abbassa di molto, Jo Jones suona ancora il rullante
con le mani, molto leggero, e addirittura esclude l’hi-hat. Mantiene una figura ritmica costante volta
a mantenere vivo il beat. Questa dinamica cresce però poco prima degli scambi fra pianoforte e
batteria.
Le varie frasi che Jo Jones utilizza negli scambi sono riconducibili ad una “chiamata” ed una
“risposta” da parte del batterista stesso. Sono frasi di due misure che il batterista rielabora oppure
contrappone unendole così per formare le frasi da quattro battute dove si scambia con il pianoforte.
Risulta molto evidente la chiarezza delle idee, sia dal punto di vista ritmico che dal punto di vista
della struttura del brano stesso, Jo Jones infatti sviluppa molto le idee ritmiche e conclude lasciando
spazio al tema.
Singolare è l’uso delle semicrome volte a dare una maggiore spinta e dinamicità al brano.
Si notano molto anche i vari timbri che usa sul rullante, un timbro alto che somiglia quasi allo slap
della conga e poi un timbro più grave da utilizzare come seconda voce.
La ripresa del tema è identica a quella iniziale, Jo Jones accompagna ed orchestra il tema con
l’ostinato swing sul rullante e il charleston che marca secondo e quarto movimento.
La particolarità di questo brano è che jo Jones non passa mai all’utilizzo né delle spazzole né delle
bacchette ma accompagna interamente con le mani.

5. When Your Love Has Gone

Se in Jive at Five possiamo sentire con quanta maestria Jo Jones orchestra tutto il brano utilizzando
solo le mani, in When Your Love Hat Gone, possiamo apprezzare il sapiente uso dell’hi-hat che
viene suonato per l’intero brano, senza mai essere sostituito con altri strumenti ma anzi, è la base su
cui gli altri strumenti si appoggiano.
Si capisce molto bene come Jo Jones suona le aperture che egli stesso aveva iniziato ad usare per
primo nelle orchestre, in questo caso, per mantenere un suono morbido suona con le spazzole
sull’hi-hat per tutto il brano variando e orchestrando però il tema, senza mai usare gli altri strumenti
del suo set, utilizza per tutto il brano solo il charleston, variando sì le dinamiche, ma senza l’ausilio
di tamburi. Solo nel finale egli usa giusto per qualche contrappunto ritmico, la cassa ed il rullante.
Il fatto che Jo Jones accompagni un intero brano solo con l’hi-hat senza risultare ripetitivo o noioso
ci dà modo di capire che capacità tecnica e musicale egli avesse sullo strumento, accompagna anche
gli assoli senza mai far calare lo swing, ma anzi, mantenendo viva l’attenzione sul brano.
Jo Jones non era nuovo a questo tipo di accompagnamento, come già si poteva apprezzare nella sua
esibizione con Count Basie in One O’ Clock Jump.

6. Philadelphia Bound

Questo brano è il primo “Fast” che troviamo nell’album.


Il brano si apre con un introduzione di hi-hat suonato con le spazzole, l’ostinato che Jo Jones usa è
quello standard dello swing ma egli accenta però con la cassa il primo ed il terzo movimento, questo
crea una base molto solida dove il pianoforte può esporre il tema per intero.
Finita l’esposizione del tema, inizia l’assolo del pianoforte, qui Jo Jones passa
all’accompagnamento con le spazzole sul rullante che mantiene per tutto l’assolo, utilizzando
qualche accento per rispondere alle frasi del pianoforte, accenti che sottolinea sia con le spazzole
sul rullante sia con l’hi-hat che egli apre “splashandolo” come a dar respiro.
Il solo di contrabbasso viene accompagnato come di consuetudine sull’hi-hat con una dinamica
molto più bassa rispetto all’inizio, ma vengono mantenute le aperture dell’hi-hat volte a creare
dinamica e diversi accenti. L’inizio del solo è suonato a dinamica molto bassa, ma man mano che il
solo prende forma, la dinamica generale (guidata anche soprattutto da Jo Jones) si alza fino ad
arrivare agli scambi di quattro battute suonati fra pianoforte e batteria per sei Chorus.
Qui si apprezza maggiormente la capacità di Jo Jones di orchestrare le sue idee sullo strumento, usa
tutti e quattro gli arti per creare frasi che abbiano una spiccata musicalità, ma soprattutto una grande
chiarezza ritmica, infatti, nonostante la velocità, tutte le figurazioni che egli suona non sono mai
sporcate, egli resta perfettamente dentro agli schemi e fa ben capire quando l’assolo finisce.
Le ultime quattro battute di batteria lasciano spazio alla ripresa del tema, che ancora una volta viene
accompagnato con l’ostinato ritmico dell’hi-hat swing che viene accentato in battere su primo e
terzo movimento dalla cassa.

7. Close Your Eyes

Il brano inizia con un’introduzione di otto battute, Jo Jones suona la figurazione dello swing, ancora
una volta con le mani sul rullante senza l’ausilio del charleston.
Non appena entra il tema, suonato dal pianoforte, Jo Jones inserisce l’hi-hat che viene usato per
incrementare la dinamica ma anche come “contrappunto” ritmico alle pause o ai “kicks” presenti
nel tema.
Alla fine del tema, Jo Jones prepara la transizione alle spazzole con un crash chiodato, spazzole che
userà per accompagnare il solo di piano. L’accompagnamento del solo è molto “dritto” inizialmente
Jo Jones inserisce gli accenti di comping con le spazzole, ma appena il solista inizia ad aumentare la
dinamica, allora Papa Jo incrementa l’uso dell’hi-hat come contrappunto.
Il solo di piano si chiude su di uno stop a chiamata.
Sul solo di contrabbasso Jo Jones suona prevalentemente l’hi-hai chiuso con le spazzole, per
abbassare la dinamica. L’escamotage che il trio utilizza per arrivare agli scambi è ancora una volta
uno stacco deciso in precedenza, la figurazione verrà poi ripresa da Jo Jones anche nelle frasi del
suo assolo.
Le frasi che suona Jo Jones durante gli scambi sono ancora una volta ben definite e chiare, ma allo
stesso tempo coinvolgono tutti gli arti, quindi ogni singolo pezzo della batteria costruisce una frase
di quattro battute. Per movimentare il brano (un medium swing) ed accrescere la tensione Jo Jones
utilizza le semicrome prevalentemente sul rullante, usando però tom, timpano, cassa e hi-hat come
strumenti di dialogo.
Le seconde quattro misure si assolo lasciano più spazio alle pause, grazie anche al “respiro che si
crea con l’hhi-hat aperto suonato con le spazzole.
Le ultime quattro battute che Jo Jones suona, sono uno dei suoi tipici licks, egli posa le spazzole e
utilizza le dita (presumibilmente pollice e mignolo della mano destra) sul timpano suonando delle
sestine che creano un tappeto ritmico ben definito sul quale egli può eseguire le frasi con l’hi-hat.
Subito dopo la fine degli scambi il trio riprende il tema, ed ancora una volta, Jo Jones accompagna
tutto il tema con le dita che suonano la figurazione swing, inoltre l’hi-hat fa da contrappunto come
all’inizio.
Il brano si chiude con una coda ben definita, che Jo Jones orchestra con l’hi-hat e la cassa.

8. I Got Rhythm pt.1

Il brano, un medium swing, inizia subito con il tema, Jo Jones accompagna ancora una volta
utilizzando le mani sul rullante con la figurazione dello swing, mentre l’hi-hat suona principalmente
sul secondo e quarto movimento, ma a volte riempie gli spazi di pausa del tema con un accento.
Sulla fine del tema, Jo Jones suona ancora una volta l’hi-hat “splashandolo” così da avere il tempo
di prendere le spazzole, che userà per accompagnare l’assolo di pianoforte.
Anche in questo caso, l’accompagnamento del piccolo solo di piano rimane molto pulito.
Al piano, succede il contrabbasso, che suona una citazione tema, in questo caso Jo Jones cala molto
di dinamica usando l’hi-hat chiuso con le spazzole, per far risaltare al meglio la piccola citazione
del tema che il contrabbassista suona subito immediatamente prima del solo.
Gli scambi iniziano dal pianoforte, che Jo Jones accompagna nuovamente sul rullante, fino ad
arrivare alla parte solistica del batterista appunto.
Parte solistica che si riduce a due frasi di quattro battute dove però Jo Jones concentra tutto il suo
drumming. Ancora una volta, essendo il brano un medium swing, utilizza le semicrome per poter
esprimere al meglio le frasi che fa, nuovamente gli strumenti che ha a disposizione, dialogano con il
rullante. Nelle seconde quattro battute invece utilizza la spazzola (con la mano destra) in modo da
creare una sorta di rullo, sul quale accenta però con la mano sinistra le note che ha in mente per fare
la frase. La chiusura di queste misure è precisa sul quarto quarto della battuta finale, così da dare un
riferimento ai musicisti.
Segue un piccolo special che porta al tema finale, in questa parte di transizione Jo Jones
accompagna ancora su rullante orchestrando i vari passaggi sia con l’hi-hat sia con i contrappunti
che suona sul rullante.
Il tema finale è accompagnato molto leggermente con le spazzole, ma suonando solo gli accenti
swing, senza strusciare le spazzole appunto.
I musicisti chiudono su di un finale arrangiato, che Jo Jones suona ancora orchestrando con cassa,
charleston e rullante.

9. I Got Rhythm pt.2

Seconda take, in questo caso il brano diventa un fast.


Il tema è preceduto da otto battute di introduzione di batteria, che suona solo l’hi-hat con le
spazzole, accentandolo e con l’utilizzo delle aperture per annunciare l’arrivo del tema.
Il tema viene accompagnato sul rullante, mentre l’hi-hat fa la parte contrappuntistica attraverso le
aperture ed i vari accenti, tutto questo si mantiene anche nell’assolo di piano.
In questo brano, Jo Jones dà sfogo al suo drumming, traspare molta energia, ci sono molte frasi,
molti accenti e soprattutto tante idee ritmiche che sostengono il brano e danno una grande energia.
Sull’assolo di contrabbasso, Jo Jones torna sull’hi-hat chiuso e suonato con la spazzola, per
abbassare la dinamica, ma il groove rimane sempre molto presente e tirato. Suona anche molti
accenti sull’asta dell’hi-hat, accenti che riprendono l’accompagnamento del piano.
Con la fine dell’assolo di contrabbasso, iniziano i gli scambi.
Ancora una volta Jo Jones rimane molto chiaro nelle frasi, ogni nota suona molto definita e le frasi
sono concluse nel punto più chiaro possibile. Ogni singolo strumento della batteria è parte
integrante dell’assolo, ad una frase, segue sempre una risposta orchestrata su tutto il set, con grande
uso di cassa ed hi-hat. Papa Jo Chiude sempre le quattro battute di solo con l’hi-hat che viene
splashato.
La ripresa del tema finale viene accompagnata sul rullante, ma in questo caso l’hi-hat è molto più
presente dell’inizio, suona molte figurazioni che servono sia ad accompagnare il tema, sia a fare da
contrappunto.
Il brano si chiude con un coda rallentato, che Jo Jones orchestra con cassa e hi-hat mentre il rullante
suonato con le spazzole orchestra le pause.

11. Be Bop Irish Man

Il brano si apre con un’introduzione del piano che suona gli accordi in battere all’inizio della
battuta, dopo otto misure entra il tema.
Jo Jones suona esclusivamente l’hi-hat sul secondo ed il quarto movimento mentre con la mano
destra accenta, sulla campana del piatto ride, l’inizio delle frasi della melodia. Nessun altro
strumento della batteria viene usato per accompagnare la parte A del tema, mentre sulla parte del B
Jo Jones accompagna con le spazzole mentre riprende gli accenti del tema con l’hi-hat. La seconda
A suona come la prima, ma nella parte C Jo Jones suona molti fill sul tema orchestrandolo molto di
più, e lanciando il trio verso gli assoli, che iniziano con il pianoforte. Il primo assolo viene
accompagnato in maniera molto pulita, ostinato swing con le spazzole e hi-hat su secondo e quarto
movimento, almeno per le prime sedici misure, poi Jo Jones suona dialogando con il solista, usando
ancora hi-hat e rullante.
Sul solo di contrabbasso Jo Jones accompagna sull’hi-hat inserendo le aperture per sottolineare le
frasi del solista ma anche per fare da contrappunto, nella seconda parte del solo inserisce anche un
po’ di comping molto leggero sul rullante, il tutto volto a preparare gli scambi, quindi Jo Jones fa
salire la dinamica addirittura tornando alle spazzole che accompagnano sul rullante.
Gli scambi, di quattro battute iniziano con il pianoforte, durante i suoi spazi, Jo Jones utilizza molti
espedienti ritmici, come ad esempio il tre su quattro suonato con cassa e hi-hat all’unisono mentre
le mani scandiscono le crome. Jo Jones aumenta la tensione scambio dopo scambio, ma
sapientemente, sulle ultime quattro battute, rientra lasciando spazio al tema, cercando di far calare il
momento di climax, così da dare risalto all’esposizione finale.
L’ultimo tema è appunto suonato nella stessa identica maniera del primo tema, Jo Jones utilizza gli
stessi espedienti ritmici che aveva già fatto sentire in precedenza, in questo modo tutto risulta ben
chiaro e comprensibile all’ascoltatore.
Il trio inserisce anche qui una piccola coda con qualche accento per chiudere il brano.

12. Little Sue

Il brano si apre come spesso Jo Jones inizia, con un’introduzione di batteria che suona l’ostinato
swing con le mani sul rullante. In questo caso però sul contrabbasso suona insieme al batterista.
Jo Jones segue gli accenti del piano con il charleston, ma non appena il tema diventa più ritmico il
batterista passa all’accompagnamento con le spazzole, inserendo anche vari fill per riempire e
sostenere il tema.
L’accompagnamento con le spazzole è mantenuto anche durante il solo di pianoforte, ancora una
volta Jo Jones sfoggia la sua capacità di accompagnare sostenendo i musicisti.
Anche questa volta sul solo del contrabbasso Jo Jones cala di dinamica cercando il suono perfetto
sull’hi-hat.
Il solo di contrabbasso culmina in uno special che i tre musicisti suonano insieme che fa aumentare
la dinamica, addirittura, Jo Jones, per la seconda volta in tutto il disco prende le bacchette ed
accompagna suonando il ride ed il rim click (usando anche il pattern tipico dei percussionisti sulla
conga) per sostenere e mantenere la dinamica che si è venuta a creare. Questo climax viene poi
sapientemente fermato per favorire l’esposizione del tema finale dove Jo Jones torna
all’accompagnamento con le dita, questa volta inserendo però molto hi-hat suonato e anche molti
più accenti ritmici. Il tutto si chiude con uno stacco precedentemente preparato dove i musicisti
suonano insieme.

Il Drumming Di Papa Jo Jones

Questo album ci dà la piena comprensione di come fosse il drumming di Papa Jo Jones.


Il suo modo pulito di accompagnare, sempre preciso e chiaro, dà al disco un’accessibilità unica, per
ogni tipo di ascoltatore.
Il trio suona in maniera molto raccolta, cosa che porta una certa attenzione dell’ascoltatore, ma
soprattutto consente di avere molte dinamiche. Jo Jones riesce a suonare diversamente lo stesso
pattern ritmico, arricchendolo ogni volta, i suoi espedienti per accompagnare sia i temi che gli altri
musicisti mentre fanno gli assoli sono spesso simili durante il disco, come ad esempio l’ostinato
swing suonato con il rullante, o l’accompagnamento del solo di contrabbasso attraverso l’uso delle
spazzole sull’hi-hat per suonare a bassa dinamica. Tutto questo però non risulta mai essere
ripetitivo, ma piuttosto diventa una sorta di firma o “marchio di fabbrica” che Jo Jones usa per
rendere suoi i brani. È anche ammirevole il modo in cui egli suona i propri soli.
L’unico assolo (in senso stretto) che troviamo nel disco è nel primo brano, e dura appunto solamente
sedici misure. Negli altri brani suona prevalentemente solo scambi di quattro battute, si limita ad
accompagnare o addirittura non suona nemmeno come in Greensleeves. Alcune delle figurazioni
che troviamo saranno poi suonate molto spesso da Max Roach questo conferma il fatto Jo Jones è
sicuramente un batterista da considerarsi agli albori del drumming be-bop.
Sia nell’accompagnamento che negli spazi che Jo Jones ha durante gli scambi, emerge la sua grande
capacità tecnica, egli cerca sempre il timbro migliore, siano le dita a suonare o le spazzole o le
bacchette. Per la maggior parte del disco alterna le mani alle spazzole, ma il range di dinamica e i
vari tipi di suono che egli sceglie, variano ogni volta, in ogni singolo brano, è come se cambiasse il
tipo di bacchette a seconda di ciò che deve suonare. L’uso stesso dell’hi-hat è singolare ed
innovativo. Non serve più per scandire il tempo, ma serve a creare dinamica, sia in termini di
volume, sia in termini di variazioni ritmiche. In questo disco troviamo almeno quattro tipologie di
suono di hi-hat: suonato con il piede, splashato con il piede, suonato con le spazzole, suonato con la
spazzola ma aperto. Possiamo affermare la stessa varietà di suoni anche quando Jo Jones utilizza le
dita al posto delle spazzole.
I tappeti ritmici che sentiamo durante gli assoli, dove Papa Jo suona un rullo con la mano destra
mentre la mano sinistra fa gli accenti, sono uno dei suoi più famosi link, oltre alle terzine suonate
fra rullante tom e timpano che saranno anche poi riprese da Max Roach.

Si nota molto anche l’uso delle poliritmie, in particolare quelle relative ai gruppi di tre. Vengono sia
suonate nelle frasi, che vengono spostate all’interno delle battute, sia come gruppi irregolari di tre
ottavi.
Singolare è il modo che ha di accompagnare la ballad del disco Embraceable, dove egli suona anche
gli accenti in levare, ma mantenendo la scansione a metà fra l’ottavo e la terzina, ciò permette una
respiro più ampio ma allo stesso tempo incalzante.
Jo Jones contribuisce all’inizio del drumming legato al be-bop e al moderno accompagnamento
tutt’oggi utilizzato. Il suo modo di suonare, non più legato all’accompagnamento in senso stretto
ma al dialogo con gli altri strumenti, all’uso stesso di ogni singolo pezzo della batteria per
accompagnare, così anche come l’uso delle mani segnano un’importante ricerca del suono nello
strumento.

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