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SINTOMI: DOLORE
SOMMARIO
1. Definizione e introduzione p. 1
3. Assistenza infermieristica p. 7
3.1 Osservare/percepire, valutare, analizzare p. 7
3.2 Curare, occuparsi del paziente p. 8
3.3 Informare, insegnare, consigliare p. 8
3.4 Allegato: Articolo sul placebo p. 9
4. Assistenza medica p. 11
4.1 Osservazioni introduttive p. 11
4.2 Farmacoterapia del dolore p. 13
4.3 Terapia con oppioidi p. 14
4.4 Sostanze alternative alla morfina p. 18
4.5 Calcoli di conversione p. 18
4.6 Medicamenti adiuvanti p. 18
4.7 Analgesia spinale p. 19
4.8 Blocchi nervosi e neurochirurgia p. 19
1. DEFINIZIONE
“Il dolore è quello che esprime il paziente ed esiste ogni volta che il paziente lo
esprime”
Mc. Caffery, 1976
1. INTRODUZIONE
Sono numerosi gli studi che confermano che la maggior parte dei malati di cancro hanno dei dolori durante
l’evoluzione della loro malattia. Purtroppo spesso molti di loro non ricevono tuttora un trattamento adeguato.
(Grossman et al., 1991; MacDonald, 2003)
Partendo dai motivi elencati abbiamo sviluppato questo capitolo con l’intento di apportare delle risposte al
personale curante (infermieri-medici) che è confrontato con la sofferenza dei loro pazienti.
L’ipotesi facile “il grado di dolore è proporzionale al danno” si scontra con l’esperienza personale e nella pratica
quotidiana del personale curante. Es. un grado di artrite simile tra due persone può fare dell’una un’inferma,
mentre l’altra può condurre ancora una vita abbastanza attiva. Queste situazioni sottolineano il fatto che il dolore
è soggettivo e che è in stretto rapporto sia con l’entità del danno fisico sia con fattori emotivi.
Se i fattori emotivi possono modificare il dolore cronico “benigno” dell’artrite, possiamo pensare che essi giocano
un ruolo ancora più importante nel dolore causato dal cancro.
Fu proprio per far risaltare questa complessità del dolore nei malati di cancro che Cicely Saunders parlò per
prima del dolore globale (1967). Lo descrisse come un insieme di più componenti: fisica, emotiva, sociale e
spirituale; aggiungendo che se non si presta attenzione ad ognuna di queste componenti, un alleviamento del
dolore sarà improbabile.
fisico psicologico
dolore globale
spirituale sociale
Il termine “ dolore globale” è a volte utilizzato per descrivere i diversi aspetti della sofferenza nella malattia in
fase terminale. In questo contesto vogliamo dargli il suo significato originale e più limitato, analizzando
l’approccio al malato che dice: “ho male”.
Definizione di C. Saunders: “Dolore globale: dolore cronico e persistente che destabilizza l’ammalato sia sul
piano fisico, psicologico, interpersonale ed esistenziale che sul piano sociale ed economico”.
Al giorno d’oggi alla luce delle nuove scoperte fisiologiche, il concetto di dolore è stato ridefinito. Esso viene
descritto non solo come sensazione ma anche come emozione. Il dolore assume la connotazione di
un’esperienza intima e soggettiva, quest’ultima è incisiva e rimane nel ricordo esercitando un’influenza
sull’atteggiamento dell’individuo. Tutto quello che la persona descrive come dolore va preso in considerazione
come tale. La presenza di dolore non presuppone la messa in evidenza di una lesione organica, ma si determina
attraverso quello che il soggetto dice.
Oggi nelle collettività occidentali vige come modello di referenza l’individuo sano, giovane e dinamico. Il dolore
viene separato dall’esperienza quotidiana e viene relegato nei luoghi competenti come ad esempio gli ospedali.
L’individuo si vede così privato degli strumenti culturali atti a meglio comprendere e gestire la propria sofferenza
e quella dei suoi simili.
Chi è confrontato con una malattia grave che lo conduce alla morte, può ritrovarsi in certi momenti a meditare
sulla vita e sul suo significato. Può manifestare dei sensi di colpa per le occasioni mancate, per le cose non
fatte, per relazioni andate male. Può essere inquieto per quello che succederà dopo la morte.
Tutti questi fattori possono causare ansia, insonnia e aggravare il dolore.
La stimolazione dolorosa può essere diretta, causata dallo stimolo stesso o indiretta causata dall’intervento di
sostanze algogene liberate dallo stimolo. Tali sostanze sono di vario tipo: enzimi come la bradichinina,
neurotrasmettitori come la serotonina o ancora ormoni come le prostaglandine. Sia la cute, i muscoli, le
articolazioni, i vasi, il periostio che gli organi viscerali, sono dotati di ricettori per il dolore o nocicettori, costituiti
perlopiù da terminazioni nervose libere. Tali terminazioni nervose sono l’estremità di fibre mieliniche fibre A
delta e non mieliniche fibre C. Sulle fibre A delta viaggiano informazioni discriminative e ad esse è dovuto il
dolore localizzato e puntorio che segue immediatamente ad uno stimolo doloroso. Le fibre C sono responsabili
di una sensazione sorda, indefinita, assai sgradevole, il dolore non è più delimitato in maniera precisa ma riferito
ad un’area molto ampia.
Altre fibre mieliniche sono le Alfa di grosso calibro che conducono stimoli di debole entità.
Il messaggio doloroso è dunque trasmesso verso il midollo spinale dalle fibre A delta e C. Dopo il loro ingresso
nelle corna posteriori del midollo queste fibre entrano in contatto sinaptico con le cosiddette “ sostanze
gelatinose di Rolando”.
Dal 1965 è stato ipotizzato dopo le ricerche di Melzack e Wall un meccanismo di inibizione del dolore detto
“Gate-control”. Tale teoria ipotizza che un meccanismo posto sulle corna posteriori possa agire come un
cancello che lascia passare o blocca le informazioni afferenti dalla periferia. Fu ipotizzato che gli stimoli
provenienti dalle fibre C e A delta che entrano nelle corna posteriori tendessero ad aprire tale cancello mentre
l’attivazione delle grandi fibre tendessero a chiuderlo.
A livello dei neuroni delle corna posteriori le fibre passano al lato opposto e salgono poi al talamo e quindi
alla corteccia.
La proiezione sulla corteccia parietale corrisponde ad una percezione ed una localizzazione precisa del dolore,
quella sull’ipotalamo agli aspetti neurovegetativi che coesistono con il dolore (sudorazioni, nausee, tremiti). Infine
quella sul sistema limbico: centro dei nostri comportamenti corrisponde alla componente emotiva, alla risonanza
psico-affettiva del dolore e alla sua trasformazione nel suo ultimo stadio: la sofferenza.
Le ricerche biochimiche effettuate sul midollo spinale hanno portato all’esistenza di un neurotrasmettitore
specifico delle fibre C che permetterebbe la trasmissione del dolore. Questo neurotrasmettitore: una proteina
costituita da 10 aminoacidi, è detta sostanza P (pain). La metenkefalina, anch’essa una proteina che verrebbe
secreta localmente da un neurone specifico, avrebbe un’azione inibente la liberazione della sostanza P
bloccando così la trasmissione dolorosa.
Il tronco cerebrale ed in particolare la regione intorno all’acquedotto di Silvio, svolge un ruolo incontestabile nel
controllo del dolore grazie ad un controllo discendente nei cordoni laterali del midollo. Quest’inibizione sembra
legata a tre mediatori chimici: la dopamina, la serotonina e scoperti recentemente gli oppiacei endogeni: le
endorfine e le enkefaline.
Per quanto riguarda le endorfine negli anni 70’ grazie a tecniche immunologiche si è ottenuta la prova che
esisteva nel SNC una vera e propria carta geografica di questi recettori. Si è visto così che 4 regioni li
contengono in modo particolare: le corna posteriori del midollo, il talamo, il sistema limbico ed infine la parete
intestinale.
Nel 1974 si è giunti alla scoperta delle morfine fisiologiche: le endorfine e le enkefaline. Questi due gruppi furono
suddivisi in numerosi sottogruppi. Si è scoperto che ogni morfina endogena possiede una specificità ed un ruolo
particolare, vagliato anche dal riconoscimento di diversi tipi di ricettori subito chiamati MU-Kappa e Sigma.
Dolore viscerale
E’ un dolore descritto come sordo continuo,
scarsamente localizzato, riferito a distanza, talora
fisso, profondo e indifferente al movimento,
spesso associato a un senso di schiacciamento o
oppressione.
Il paziente a volte ha come una sensazione di
morsa o di qualcosa che strappa. Questo è il
tipico dolore continuo da rapido ingrossamento di
organi viscerali o da ostruzione di visceri cavi, nel
qual caso si presenta come intermittente di tipo
colico. Gli episodi acuti si accompagnano a
fenomeni neurovegetativi: nausea, sudorazione.
Dolore somatico
Dipende dall’attivazione di nocicettori superficiali (cutanei) e profondi (ossa-muscoli). Ha la caratteristica di
accentuarsi con il movimento, di essere localizzato e di risultare sovente associato a dolorabilità locale,
viene spesso aggravato da spasmi muscolari. E’ tipico delle metastasi ossee.
Dolore neuropatico
Il dolore non è spiegato dalla
presenza di un danno tissutale
ma da lesioni del sistema ner-
voso centrale e periferico. Il
dolore neuropatico è molto
severo, più resistente ai trat-
tamenti convenzionali con oppioidi
e necessita dell’asso-ciazione di
farmaci adiuvanti. Se inizialmente
i nocicettori sono responsabili
dell’attiva-zione dello stimolo
doloroso, succes-sivamente
compare un danno sulle fibre
nervose che le rende
particolarmente sensi-bili agli
stimoli dolorosi. E’ descritto come
costante-urente o come scossa
elettrica.
3. ASSISTENZA INFERMIERISTICA
Osservare / percepire
(3.1) Valutare
Analizzare
Informare
(3.3) Insegnare
Consigliare
- Obiettivi
La seconda tappa per l’équipe curante, insieme al paziente, è quella di formulare degli obiettivi che devono
essere pertinenti, realistici e raggiungibili a breve termine.
Nell’elaborazione degli stessi è essenziale considerare le aspettative del paziente concernenti l’alleviamento
del dolore. Non sempre gli obiettivi che si pone l’équipe curante corrispondono a quelli del paziente. Ad
esempio: un paziente con dolori cronici molto probabilmente non si aspetterà che il dolore scompaia da un
giorno all’altro; a volte anche un piccolo miglioramento della situazione potrebbe incidere positivamente
sulla sua qualità di vita (meno dolori a riposo, meno dolori durante la notte,...). Le sue aspettative
cambieranno man mano che vengono raggiunti i piccoli obiettivi. Obiettivi troppo ambiziosi rischiano di
demotivare paziente e personale curante. Se poi si cerca di raggiungerli troppo rapidamente, si rischia di
scatenare effetti secondari importanti (es.: tossicità sul farmaco) e di compromettere il mantenimento di una
terapia antalgica nel tempo. Ricordarsi di quello che è il lavoro interdisciplinare: a seconda della
situazione può essere utile la collaborazione con il fisioterapista o lo psicologo o con l’assistente sociale, …
- Rivalutazione
Dopo la pianificazione e l’attuazione degli interventi è fondamentale compiere la quarta tappa, ossia la
valutazione con il paziente per verificare il raggiungimento o meno degli obiettivi posti. Se si dovesse
giungere alla risoluzione di un problema, sapremo che il nostro piano di cura è stato efficace. Nel caso
contrario bisognerà rivalutare le diverse tappe ed elaborare un nuovo piano di cura. Per valutare l’efficacia
5,6
del trattamento antalgico nel tempo si utilizza il foglio di “Registrazione continua dei dolori”
(vedi Strumenti - Protocollo di valutazione del dolore).
PROCEDIMENTO
PER IL CONTROLLO DEL DOLORE
(in base all’applicazione del processo delle cure)
Ia tappa
Valutazione dei dolori
↓
IIa tappa
Obiettivi
↓
IIIa tappa
Pianificazione degli interventi
per il trattamento antalgico
e
Applicazione del trattamento antalgico
↓
IVa tappa
Rivalutazione costante
4. ASSISTENZA MEDICA
La maggior parte dei dolori nella malattia neoplastica, è prodotta dalla malattia stessa (produzione: vedi p.13
“costruzione di un sintomo”). L’indicazione ad un trattamento palliativo antitumorale va pertanto valutata. La
condizione minima per la sua indicazione: “il trattamento non dev’essere peggiore della malattia stessa”. La
chemioterapia e l’ormonoterapia avranno un effetto antalgico in molte situazioni, anche se non sono per forza
in grado di indurre delle risposte tumorali clinicamente misurabili. Questo effetto sintomatico subentrerà in
regola con una latenza di parecchie settimane. La terapia andrà quindi combinata comunque con una terapia
antalgica specifica. Di conseguenza la prognosi di sopravvivenza dev’essere abbastanza lunga da
permettere il beneficio antalgico della chemioterapia con latenza di alcune settimane.
La chirurgia nella terapia antalgica trova indicazione specialmente nelle complicanze indotte dal tumore,
quali ad esempio fratture o minacce di fratture (femore o collo del femore, omero) oppure in situazioni di
occlusione intestinale localizzata.
La radioterapia è spesso un ottimo metodo terapeutico antitumorale a scopo antalgico, per esempio per
metastasi ossee sintomatiche o infiltrazioni di strutture nervose (plesso brachiale). La latenza dell’effetto è di
solito significativamente più corta di quella chemioterapica (pochi giorni).
COSTRUZIONE DI UN SINTOMO
1. PRODUZIONE
2. PERCEZIONE MODULAZIONE
Stato cognitivo
Umore
3. ESPRESSIONE Convinzioni
Fattori culturali
Biografia
TERAPIA
• Livello 1:
Farmaci del 1° livello hanno un effetto prevalente mente periferico (ma anche centrale). I FANS
(farmaci anti-infiammatori non steroidei) agiscono prevalentemente attraverso la diminuzione della
concentrazione delle prostaglandine. Sono quindi particolarmente efficaci dove quest’ultime hanno un
ruolo preponderante nella genesi del dolore, come in stati infiammatori, dolori ossei, ecc.
Il Paracetamolo non ha praticamente nessun effetto antinfiammatorio. Il suo effetto analgesico è
pertanto spesso sottovalutato. Questo è dovuto in parte anche al dosaggio troppo basso di questo
farmaco. In effetti ci vogliono delle dosi alte per far passare la barriera emato-cerebrale (dove il
Paracetamolo riesce ad intervenire sulla sintesi di prostaglandine a livello del tronco cerebrale).
I farmaci del 1° livello hanno tutti delle dosi ma ssime al di sopra delle quali si aumentano solo la
frequenza e la gravità degli effetti collaterali, senza aggiungere benefici. Il mercato offre una miriade
di FANS. Nel lavoro clinico pratico è auspicabile limitarsi all’uso di soli 2 o 3 farmaci,
acquisendo in questo modo una ricca esperienza con poche sostanze. Di regola sono poco indicati i
FANS di emivita lunga come il Piroxicam (Felden) o simili. Esempi:
Osservazioni:
Attenzione agli effetti secondari:
- tossicità gastrointestinale: ev. protezione con Misoprostol (Cytotec), 2 volte 200 mcg x die
- tossicità renale che crea tossicità di altri farmaci analgesici (p.e. degli oppioidi)
- Non è utile combinare vari anti-infiammatori. Raramente è giustificabile passare a una sostanza
di un altro gruppo. Nel dubbio (pz con funzione renale già compromessa, o pz che svilupperà
probabilmente tossicità sotto FANS) considerare piuttosto corticosteroidi, es. Dexametasone.
* Effetto ceiling: esiste una dose massima, al di sopra della quale l’effetto desiderato non aumenta,
per contro possono invece aumentare gli effetti non desiderati. Questo fenomeno nel caso degli
oppioidi è ben spiegabile con la teoria dei recettori.
• Come si inizia
Si consiglia di cominciare con una formulazione ad assorbimento rapido, per es. con la soluzione acquosa
di morfina al 2% (1 goccia = 1 mg). Il raggiungimento della dose efficace (dosefinding) è più preciso e di
conseguenza meno tossico con la soluzione che con MST
Paziente mai esposto a oppioidi:
- Giorno 1) 5mg ogni 4ore, in riserva 5mg, ripetibile ogni ora
- Giorno 2) calcolare dose delle prime 24 ore (dosi regolari + dosi di riserva somministrate).
Somministrare dose totale suddivisa in 6 dosi (ogni 4 ore) oppure in due dosi sotto forma
di MST. Dose di riserva: 5-15% della dose di 24 ore, ripetibile ogni ora.
Paziente preesposto:
(p.e. pretrattato con oppioide livello 2 o con altro oppioide di livello 3)
→ se viene dal livello 2: 6x10mg /24ore, poi vedi sopra
→ se pretrattato con un altro oppioide di livello 3: dose equivalente secondo indicazioni del capitolo 4.4
• Dose di riserva
La dose di riserva ammonta, secondo i casi, tra il 5 e il 15% (di solito 10%) della dose totale delle 24ore
(p.e. MST 100 2x1 → riserva 20 mg di Mo 2%).
Usare la stessa via di somministrazione della terapia di base.
• Tossicità
Spesso si pensa e si predica che la Morfina, non avendo un effetto ceiling, non abbia tossicità importante
o che perlomeno non sia pericolosa. Questa è sicuramente un’idea sbagliata. La tossicità da Morfina è in
ogni modo ben conosciuta e prevedibile. Inoltre, dato che non sempre è dose-dipendente, cioè può
apparire a dosaggi già molto bassi, va sistematicamente ricercata. A queste condizioni la tossicità non è
praticamente mai un motivo per non usare la Morfina.
Tossicità centrale: è più frequente di quanto si pensi e merita una particolare attenzione
Altre tossicità:
Nausea e vomito: Da 1/5 a 1/3 dei pazienti avrà nausea o vomito. Fortunatamente si tratta di un
effetto secondario che conosce una rapida assuefazione, di modo che scompare
entro 3-5 giorni. Di solito risponde a dosaggi bassi di Haldol (3 volte 1mg/dì per
os). Vi sono dei fattori di rischio che lasciano prevedere qual’è il paziente che avrà
questo effetto secondario: problemi di nausea mal controllata durante le
chemioterapie, anamnesi di mal di viaggio, anamnesi di nausea-vomito durante le
gravidanze, non fumatori, astemi
Depressione respirat.: poco frequente, MA attenzione alle combinazioni con benzodiadepine e agli
aumenti troppo rapidi dei dosaggi di morfina
• Domande frequenti:
Come abbiamo visto sopra significherebbe: MST 10mg ogni 12 ore per paziente non pretrattato, MST
30mg ogni 12 ore per pazienti pretrattati con oppioidi deboli. Vanno sempre prescritte anche le dosi di
morfina al 2% come riserva.
2. Antidepressivi
Hanno la capacità di “aumentare la soglia della percezione del dolore”. Sono inoltre particolarmente
utili in dolori neuropatici (dovuti ad una lesione di un nervo periferico o, in particolar modo, nelle
neuropatie post-herpetiche).
Il medicamento meglio studiato in questo senso, risulta quindi essere l’Amitriptilina (Triptizol, Saroten).
L’effetto analgesico avviene solitamente prima dell’effetto antidepressivo (dopo 3-5 giorni anziché 7-12
giorni) e a dosaggi anche più bassi (25-75mg al massimo al giorno).
3. Antiepilettici:
Usati e utili specialmente in dolore neuropatico di tipo lancinante, per esempio post-herpetico. Il
farmaco meglio studiato è la Carbamazepina (Tegretol), seguito dalla Gabapentina (Neurontin: dosaggio
iniziale 100mgx3 in dosi crescenti) e dalla Pregabalina (Lyrica: dosaggio iniziale 75mgx3 in dosi ev.
crescenti fino a 300mg 2x/die).
4. Miorilassanti:
Vengono usati specialmente in dolori dovuti a ipertonia muscolare, specialmente della muscolatura
posturale. In questi dolori la morfina non ha nessun effetto. Vengono usate benzodiazepine, in
particolar modo Valium oppure miorilassanti del tipo Lioresal (Baclofen) o Sirdalud.
Nel redigere questo capitolo ci siamo limitati alla fisioterapia a scopo antalgico attuabile in ogni ospedale.
5.1 Fisioterapia
La fisioterapia è l’insieme di diverse metodiche fisiche che possono essere impiegate in molte condizioni
patologiche per favorire il processo di guarigione o, come più spesso avviene nei casi da noi trattati, per
ridurre e alleviare sintomatologie dolorose debilitanti.
La fisioterapia prevede l’uso sia di tecniche manuali, sia di apparecchiature e strumenti che consentono
l’effettuazione di particolari trattamenti.
Le metodiche che prendiamo in esame sono:
- Massaggio classico
- Crioterapia
- Termoterapia
- Idroterapia
- Elettroterapia o TENS
La patologia tumorale o le terapie adottate per combatterla comportano spesso seri postumi o menomazioni
che possono trovare un adeguato sollievo attraverso il trattamento fisioterapico.
Il massaggio
e la manipolazione della zona interessata hanno per obiettivo l’aumento del grado di flessibilità delle
articolazioni e dei tessuti circostanti nonché l’apporto di un’adeguata irrorazione sanguinea e il tentativo di
risolvere situazioni di spasmo o di contrattura.
Specifiche forme d’intervento si osservano nei casi di linfedema agli arti superiori e inferiori, causato da
ostruzione tumorale o da esiti d’intervento chirurgico a carico del sistema linfatico. Accanto all’utilizzo di
adeguate guaine o calze elastiche, la persona trae notevole sollievo durante le sedute giornaliere di
linfodrenaggio su un arco di 12 giorni.
Crioterapia
Oltre alle pratiche naturali, la Fisiochinesiterapia si basa sull’impiego diretto del freddo e del caldo. La forma
più semplice di crioterapia è rappresentata dall’applicazione di impacchi d’acqua fredda o di borse del
ghiaccio a scopo analgesico o antinfiammatorio.
Termoterapia
Il calore può essere fornito con borse d’acqua calda, impacchi caldi di fiori di fieno o esposizione a correnti
d’aria calda e secca come nei forni di Bier.
L’idroterapia
tecnica già nota nel XIII sec., viene eseguita in una piscina di dimensioni contenute, con l’acqua di circa
37°C. L’immersione in acqua può essere sfruttata pr incipalmente in 2 modi:
1. La forza di gravità viene praticamente abolita dal fenomeno del galleggiamento e quindi una forza
muscolare limitata può produrre movimenti assai più ampi e validi, quanto non accade fuori dall’acqua.
2. Il galleggiamento e il tepore tendono a sciogliere le contratture muscolari che spesso accompagnano le
forme dolorose.
Elettroterapia (TENS)
Sempre nell’ambito della fisioterapia negli ultimi decenni sta acquistando una riconosciuta validità terapeutica
l’elettrostimolazione transcutanea (EST in italiano / oppure TENS = transcutaneous electrical nerve
stimulation).
L’elettrostimolazione transcutanea in terapia antalgica oncologica (EST)
(Tratto da:Dolore 2 - Uso terapeutico delle tecniche di termolesione percutanea e di neurostimolazione ed. cortina.
Autori: G. Franchi, C.A. Pagni, V. Ventafridda)
Bibliografia:
- “L’art de soigner en soins palliatifs. Perspectives infirmières”, Claudette Foucault, Les Presses de
l’Université de Montréal
- “Soins palliatifs, une approche pluridisciplinaire”, sous la direction de Cicely Saunders, Editions Lamarre
- “Trattamento del dolore: teoria e pratica”, Warfielddd
- I. Bachmann-Mettler, Weiterbildung in Palliative Care, Krebsligakurs ‘96-’97
- Versione riveduta dello strumento di valutazione del dolore di una ditta farmaceutica (Mundipharma)
- “Graphique - Evaluation de la douleur”, marzo 1997, Hôpitaux Universitaires de Genève.
- Cure palliative, manuale pratico, 1994, Associazione Europea di cure palliative