CITTA' DEL VATICANO, venerdì, 14 gennaio 2011 (ZENIT.org).- Riportiamo di seguito il testo completo del
decreto di beatificazione di Papa Giovanni Paolo II della Congregazione per le Cause dei Santi, diffuso dalla
“Radio Vaticana”.
***
Beatificazione: segno della profondità della fede e invito a una vita pienamente cristiana
La proclamazione di un santo o di un beato da parte della Chiesa è il frutto dell'unione di vari aspetti relativi a
una persona specifica. In primo luogo, è un atto che afferma qualcosa di importante nella vita della Chiesa
stessa. E' legato a un “culto”, ad esempio nei confronti della memoria della persona, al suo pieno
riconoscimento nella coscienza della comunità ecclesiale, del Paese, della Chiesa universale in vari Paesi,
continenti e culture. Un altro aspetto è la consapevolezza del fatto che la “presentazione sugli altari” sarà un
importante segno della profondità della fede, della diffusione della fede nel percorso di vita di quella persona, e
che questo segno diventerà un invito, uno stimolo per tutti noi a una vita cristiana sempre più piena e profonda.
La condicio sine qua non, infine, è la santità della vita della persona, verificata durante le precise e formali
procedure canoniche. Tutto ciò fornisce il materiale per la decisione del Successore di Pietro, del Papa, in vista
della proclamazione di un beato o di un santo, del culto nel contesto della comunità ecclesiale e della sua
liturgia.
Il pontificato di Giovanni Paolo II è stato un segno chiaro ed eloquente, non solo per i cattolici, ma anche per
l'opinione pubblica mondiale, per gente di ogni colore e credo. La reazione del mondo al suo stile di vita, allo
sviluppo della sua missione apostolica, al modo in cui ha sopportato le sue sofferenze, alla decisione di portare
avanti il suo ministero petrino fino alla fine come voleva la Provvidenza divina e infine la reazione alla sua
morte, la popolarità dell'acclamazione “Santo subito!” che qualcuno ha proposto il giorno del suo funerale: tutto
ciò ha solide basi nell'esperienza di aver incontrato la persona che era il Papa. I fedeli hanno sentito, hanno
sperimentato che era “un uomo di Dio”, che vedeva davvero i passi concreti e i meccanismi del mondo
contemporaneo “in Dio”, nella prospettiva divina, con gli occhi di un mistico che guarda solo a Dio. Era
chiaramente un uomo di preghiera, al punto che è dal dinamismo della sua unione personale con Dio,
dall'ascolto costante di ciò che Dio vuole dire in una situazione concreta che è derivata tutta “l'attività di Papa
Giovanni Paolo II”. Chi era più vicino a lui ha potuto verificare che prima di incontrare i suoi ospiti, Capi di
Stato, alti rappresentanti della Chiesa o semplici cittadini, Giovanni Paolo II si raccoglieva in preghiera secondo
Dopo il Vaticano II, durante i pontificati di Paolo VI e di Giovanni Paolo II, il modo di presentazione, e quindi
dell'autopresentazione del pontificato, è diventato piuttosto signfiicativo. In occasione del 25° anniversario del
pontificato di Giovanni Paolo II, il Ministro degli Esteri italiano ha pubblicato nel 2004 un libro intitolato “Andate
in tutto il mondo”. Giancarlo Zizola, un “vaticanista”, ha sottolineato il fatto che “il papato si è guadagnato la
cittadinanza nel regno della visibilità pubblica, rompendo il lungo periodo di marginalizzazione del culto religioso
in cui era stato tenuto per decreto della società laica, in nome di una visione militante del dogma liberale della
separazione tra Stato e Chiesa” (p. 17). Uno storico tedesco, il gesuita Klaus Schatz, parlando di Paolo VI e di
Giovanni Paolo II, ha sottolineato il significato del “pontificato in corso” – in conformità con il Vaticano II – più
nel senso di un movimento missionario che come polo di unità statico. Schatz si riferisce alla maniera di
interpretare la missione papale come una sfida a “confermare i fratelli nella fede” (Lc 22, 32), in un modo
legato all'autorità strutturale, ma con un forte tratto spirituale e carismatico, in rapporto alla credibilità
Soffermiamoci un momento sul Vaticano II. Il giovane Arcivescovo di Cracovia era uno dei più attivi Padri
conciliari. Diede un contributo significativo allo “Schema XIII”, che doveva diventare la Costituzione Pastorale
conciliare Gaudium et Spes sulla Chiesa nel mondo moderno, e alla Costituzione Dogmatica Lumen Gentium.
Grazie ai suoi studi all'estero, il Vescovo Wojtyła aveva un'esperienza concreta di evangelizzazione e della
missione della Chiesa, in Europa occidentale e in altri continenti, ma soprattutto dell'ateismo totalitario in
Polonia e in altri Paesi del “blocco sovietico”. Portò tutta questa esperienza nei dibattiti conciliari, che non erano
sicuramente conversazioni da salotto, estremamente cortesi ma vuote di contenuti. C'era uno sforzo sostanziale
e decisivo di inserire il dinamismo del Vangelo nell'entusiasmo conciliare radicato nella convizione che il
cristianesimo è capace di fornire un'“anima” allo sviluppo della modernità e alla realtà del mondo sociale e
culturale.
Tutto ciò doveva essere utile per preparare alle future responsabilità del Successore di Pietro. Come disse
Giovanni Paolo II, aveva già nella mente la sua prima Enciclica, la Redemptor Hominis, e la portò a Roma da
Cracovia. Tutto quello che doveva fare a Roma era mettere per iscritto tutte queste idee. Nell'Enciclica, c'è un
“L'uomo (...) rimane per se stesso un essere incomprensibile, la sua vita è priva di senso, se non gli viene
rivelato l'amore, se non s'incontra con l'amore, se non lo sperimenta e non lo fa proprio, se non vi partecipa
vivamente. E perciò appunto Cristo Redentore - come è stato già detto - rivela pienamente l'uomo all'uomo
stesso. (...) l'uomo ritrova la grandezza, la dignità e il valore propri della sua umanità. Nel mistero della
Redenzione l'uomo diviene nuovamente 'espresso' e, in qualche modo, è nuovamente creato. (...) L'uomo che
vuol comprendere se stesso fino in fondo - non soltanto secondo immediati, parziali, spesso superficiali, e
perfino apparenti criteri e misure del proprio essere - deve, con la sua inquietudine e incertezza ed anche con la
sua debolezza e peccaminosità, con la sua vita e morte, avvicinarsi a Cristo. Egli deve, per così dire, entrare in
Lui con tutto se stesso, deve 'appropriarsi' ed assimilare tutta la realtà dell'Incarnazione e della Redenzione per
“Questa unione del Cristo con l'uomo è in se stessa un mistero, dal quale nasce 'l'uomo nuovo', chiamato a
partecipare alla vita di Dio117, creato nuovamente in Cristo alla pienezza della grazia e della verità (...). Questa
è la forza che trasforma interiormente l'uomo, quale principio di una vita nuova che non svanisce e non passa,
ma dura per la vita eterna. (...) Questa vita, promessa e offerta a ciascun uomo dal Padre in Gesù Cristo, (...) è
in qualche modo compimento di quella 'sorte', che dall'eternità Dio gli ha preparato. Questa 'sorte divina' si fa
via, al di sopra di tutti gli enigmi, le incognite, le tortuosità, le curve della 'sorte umana' nel mondo temporale.
Se, infatti, tutto ciò porta, pur con tutta la ricchezza della vita temporale, per inevitabile necessità, alla frontiera
della morte ed al traguardo della distruzione del corpo umano, appare a noi il Cristo oltre questo traguardo: «Io
sono la risurrezione e la vita; chi crede in me..., non morrà in eterno” (n. 18).
La vita di Giovanni Paolo II è stata totalmente dedicata al servizio del Signore, attraverso l'intercessione della
Madre. Il suo motto era “Totus Tuus”, per il bene della Chiesa e per quello dell'uomo che è sulla via della Chiesa
(Redemptor Hominis, n° 14). Questa è la “raison d’être” dei viaggi apostolici internazionali, degli incontri
quotidiani con la gente, con gli incaricati delle comunità ecclesiali, con i Cardinali e i Vescovi, con i capi delle
altre Chiese e delle comunità cristiane, i capi delle altre religioni e i laici. Allo stesso modo, ciò è vero per i
documenti scritti del Papa e le relazioni diplomatiche della Santa Sede con gli Stati e le organizzazioni
internazionali. La profonda convinzione del valore del Vaticano II – non solo della necessità, ma anche della
possibilità, da parte della Chiesa, di portare il Vangelo di Cristo e di costruire su questa base l'esperienza della
Chiesa come ispirazione vibrante e stimolante della visione e dei meccanismi del mondo moderno – è stata
Nel 1989 è caduto il “muro di Berlino”, ma a livello internazionale si poteva sentire la forza distruttiva dei
meccanismi commerciali e degli interessi particolari economici e ideologici, sempre più anonimi, che portavano
ingiustizia e marginalizzazione a tutti i popoli – e anche di certi gruppi sociali nei Paesi sviluppati –, e in
particolare si poteva percepire come la vita umana fosse sottovalutata. Nei suoi tanti viaggi apostolici
internazionali nei vari continenti, il Papa ha espresso il Vangelo di Cristo e la preoccupazione della Chiesa. Lo ha
scritto in modo più sistematico nelle Encicliche: Laborem Exercens, Sollicitudo Rei Socialis, Centesimus Annus,
e anche Evangelium Vitae, Veritatis Splendor, Fides et Ratio, e nelle Encicliche che trattavano direttamente
della vita e dell'apostolato della Chiesa, come Dominum et Vivificantem, Redemptoris Missio, Ut Unum Sint,
Ecclesia de Eucharistia.
A volte, come nel caso degli sforzi per evitare la guerra tra gli Stati Uniti e l'Iraq, c'è una vera “offensiva di
pace”, non solo per salvare vite umane, ma anche per porre un freno alla crescita dell'odio e delle idee
insensate sugli scontri di civiltà, o sul nuovo fenomeno del terrorismo su scala mondiale. Abbiamo quindi il
discorso per il nuovo anno al Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede e l'indimenticabile febbraio
2002, con la serie di incontri del Papa con diplomatici di “prima categoria”: J. Fischer (7 febbraio), Tarek Aziz
(14 febbraio), Kofi Annan (18 febbraio), Tony Blair (22 febbraio), José Maria Aznar e l'inviato di Seyyed
Mohammad Khatami, guida della Repubblica Islamica dell'Iran (27 febbraio), e infine, per la situazione
umanamente insostenibile, la decisione di inviare il Cardinale Etchegaray in missione speciale a Baghdad (15
febbraio) e il Cardinale Pio Laghi a Washington (3-9 marzo). Il “febbraio del Papa” terminò con l'incontro del
Cardinale J.L. Tauran con i 74 ambasciatori e diplomatici di tutto il mondo; come Segretario per i Rapporti con
gli Stati, il “Ministro degli Esteri” del Papa, il Cardinal Tauran rivolse un appello per evitare la guerra, e richiamò
tutto ciò che il Papa aveva detto nella sua “offensiva di pace”.
4 – Il Giubileo del 2000: una realtà storica per ricordare l'avvento di Gesù di Nazareth
Il compito dell'epoca di Giovanni Paolo II si concentrava sulla pastorale e la vita della Chiesa: le visite ad limina
dei Vescovi di tutto il mondo, le udienze del mercoledì e gli incontri domenicali con i fedeli per l'Angelus, le
visite pastorali alle parrocchie romane. Tutto avveniva per promuovere la proclamazione di Cristo, per
avvicinare a noi la Sua Persona e il fatto che “le parole che Cristo pronunciò nel momento del congedo dagli
Apostoli esprimono il mistero della storia dell’uomo, di ciascuno e di tutti, il mistero della storia dell’umanità. Il
battesimo nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo è un’immersione nel Dio vivo”, “in Colui 'che è,
che era e che viene'”. “Il battesimo è l’inizio dell’incontro, dell’unità, della comunione, per cui tutta la vita
figura di questo mondo'. Dobbiamo quindi trovarci 'nel mondo di Dio', per raggiungere il fine, per arrivare alla
“Proprio questa era una delle cose che stava più a cuore a Giovanni Paolo II: far comprendere con chiarezza
che guardiamo a Cristo che viene; che quindi colui che è venuto è molto di più anche colui che viene, e che in
questa prospettiva noi viviamo la fede rivolti al futuro. Di questo fa parte che siamo poi veramente capaci di
rappresentare il messaggio della fede nuovamente dalla prospettiva di Cristo che viene” (Benedetto XVI, “Luce
del mondo”).
Il Grande Giubileo di Redenzione, nel 2000, non era per Giovanni Paolo II un “pretesto” per l'azione pastorale,
ma in primo luogo una realtà storica che ci ricordava l'avvento di Gesù di Nazareth e tutto ciò che questo
evento storico ha portato, vale a dire Redenzione, la Testimonianza dell'Amore di Dio fino alla Croce e alla
Resurrezione, la vita della Chiesa delle origini, la via della salvezza realizzata dal Salvatore con cui Egli ha
introdotto la sua Chiesa come segno e strumento di unità interna con Dio e di quella della famiglia umana. Il
Giubileo del 2000 ci ricorda la Terra Santa, la terra di Gesù, e Roma, il luogo dell'apostolato del Successore di
Pietro, il legame dell'autenticità del messaggio e dell'unità della comunità ecclesiale. Questo messaggio è stato
riformulato nelle Lettere Apostoliche Tertio Millennio Adveniente e Novo Millennio Ineunte. Per il Papa, però, ciò
che contava di più era il ringraziamento personale e quello dell'intera Chiesa al nostro Signore Gesù e l'incontro
nella fede con Colui che ha amato sino alla fine, che ci ha salvati e resta un segno così disperatamente
necessario in un mondo che è sempre più sordo e cerca di organizzare la sua vita come se Dio non esistesse,
Giovanni Paolo II era solito valutare i risultati dei viaggi apostolici internazionali con i suoi collaboratori, per
capire cosa era andato bene e vedere i cambiamenti da effettuare nei viaggi successivi. Dopo il viaggio in
Polonia del 1991, il Papa notò che durante la Messa a Varsavia, nelle zone più lontane, i giovani andavano e
venivano, bevevano birra o Coca cola e tornavano. “Non era, notò, come nei viaggi precedenti, c'era stato un
cambiamento di mentalità nella società. Non serve guardare i 'primi posti'. I VIP sono sempre seduti allo stesso
modo, ma i 'margini' sono importanti e meritano la nostra attenzione”. Si deve notare che il Papa non usava la
parola “folla”: ha sempre visto e fatto attenzione alla “gente”. Era molto attento al ruolo dei laici nella vita e
nella missione della Chiesa. E' piuttosto significativo che, quando era ancora cappellano universitario a
Cracovia, sfruttò un breve periodo di “distensione politica” nel 1957 per organizzare – in collaborazione con
l'Arcivescovo di Wroclaw, Boleslaw Kominek – un simposio nella città per più di 100 studenti universitari di tutta
la Polonia (per la prima volta da decenni!) proprio sul tema “Il ruolo dei laici nella Chiesa” (ed era anni prima
del Vaticano II!). In seguito, durante le vacanze estive, organizzava esercizi spirituali nella casa delle Suore
orsoline dell'Unione Romana a Bado Ślaskie per un gruppo leggermente più ristretto dei partecipanti al simposio
Con la creazione delle Giornate Mondiali della Gioventù, il Papa ha dato il suo sostegno a varie forme di attività
dei laici nella vita e nella missione della Chiesa, aprendo così la via alle iniziative significative che hanno avuto
luogo, alcuni anni dopo, durante il pontificato di Benedetto XVI: lo svolgimento, nel settembre 2010 in Corea, di
un importante Congresso per i laici cattolici dell'Asia; gli incontri dei Vescovi africani, che stanno incoraggiando i
laici a ricoprire posizioni di responsabilità nei campi dell'evangelizzazione e dell'attività sociale e nella sfera
educativa della Chiesa; la presenza significativa dei cattolici laici nella missione continentale dell'America Latina.
Ripercorrendo il suo pontificato, Benedetto XVI sottolinea i cambi generazionali su scala mondiale, e giunge alla
stessa conclusione del suo predecessore, dicendo che “i tempi sono cambiati”. Nel frattempo è giunta una
nuova generazione, con nuovi problemi. La generazione della fine degli anni Sessanta, con le sue peculiarità, è
arrivata e andata via. Anche quella successiva, più pragmatica, sta invecchiando. Oggi bisogna chiedersi:
“Come venire a capo di un mondo che minaccia se stesso e nel quale il progresso diviene un pericolo? Non
dobbiamo forse nuovamente provare a ricominciare da Dio?” (Luce del mondo). Benedetto XVI lancia così un
appello “perché sorga una nuova generazione di cattolici, persone interiormente rinnovate che si impegnino
nell'attività politica senza complessi d'inferiorità” (un'idea spesso ripetuta dal Papa, nella fattispecie nel
Messaggio per la 46ma Settimana Sociale dei Cattolici Italiani, 12 ottobre 2010). Egli prosegue auspicando una
nuova generazione di buoni intellettuali e scienziati, attenti al fatto che “una prospettiva scientifica diventa
pericolosamente angusta, se ignora la dimensione etica e religiosa della vita, così come la religione diventa
angusta, se rifiuta il legittimo contributo della scienza alla nostra comprensione del mondo” (Londra, St. Mary’s
College, 17 settembre 2010); il Papa chiede una “nuova generazione di laici cristiani impegnati, capaci di
cercare con competenza e rigore morale soluzioni di sviluppo sostenibile” (7 settembre 2008).
Quando richiamiamo ciò che Giovanni Paolo II ha realizzato, i “grandi eventi” si mescolano al ricordo di semplici
momenti di preghiera, che sono stati fonte di sorpresa anche per i suoi collaboratori. Ne menzionerò solo due,
relativi a due momenti diversi della sua vita. Negli anni Settanta, ero cappellano degli studenti all'Università
Cattolica di Lublino. All'inizio dell'anno accademico, l'allora Cardinale di Cracovia venne per partecipare
all'Eucaristia nella chiesa universitaria e all'inaugurazione ufficiale della grande Sala, e per il pranzo. Dopo di
ciò, il Cardinale era pronto per tornare a Cracovia. Il Rettore dell'Università, padre Krapiec, lo stava
accompagnando alla macchina, ma si fermò a parlare con un altro ospite, e quando arrivarono alla macchina il
Cardinale era “scomparso”! I dieci secondi di attesa sembrarono dieci secoli. Il Rettore, abituato ad avere tutto
sotto controllo, non sapeva dove potesse essere andato. Mi chiese: “Dov'è Wojtyła? Il Cardinale è scomparso!
Dov'è?”. Con un sorriso un po' beffardo, mi presi del tempo prima di rispondergli, tanto per prenderlo un po' in
giro. Poi gli dissi: “Probabilmente è andato in chiesa”. Andammo lì, ed effettivamente trovammo il Cardinale
L'altro ricordo risale al 1999, durante il suo settimo viaggio apostolico in Polonia. Durò 13 giorni, con 22 tappe
nel programma, dal nord al sud del Paese. Un programma ben al di là delle possibilità fisiche del Papa. Uno di
quei giorni, il programma prevedeva la benedizione del Santuario di Lichen, l'Eucaristia a Bydgoszcz, poi un
incontro con gli universitari, la liturgia del Sacro Cuore, in collegamento con la beatificazione di padre
Frelichowski in un'altra città, a Toruń, e poi il ritorno a Lichen per la notte. Una giornata ben indaffarata! Dopo
cena, il seguito papale andò subito a dormire, ma il Papa si chiuse nella cappella per un momento di preghiera
molto lungo. Rimanemmo solo in tre: il Vescovo Chrapek, incaricato della pianificazione della visita per
l'episcopato; io, come “assistente”, e il famoso Camillo Cibin, responsabile della sicurezza vaticana. Alla fine il
Papa uscì dalla cappella per andare nella sua camera da letto. Cibin mi disse: “Padre Andrea, mi dia una sedia.
Ma una dura, di legno, non un sofà, due tazze di caffè, caffè forte, e una mela”. Ciò doveva aiutarlo a passare
tutta la notte davanti alla porta della camera dal letto del Papa, che non era del tutto chiusa, per accertarsi che
il Pontefice – non solo stanco, ma anche in là con gli anni – respirasse normalmente, o nel caso avesse bisogno
di aiuto. La santità personale del Papa era qualcosa che stava al di là e al di sopra della stima di cui godeva tra i
Giovanni Paolo II sapeva bene che stiamo sperimentando un momento storico molto complicato, che il
Successore di Pietro ha il dovere di confermare nella fede, ma era ugualmente consapevole del fatto che
l'aspetto più importante era confidare in Dio. Il testamento che scrisse nel 1979, e che modificava ogni anno,
durante gli esercizi spirituali, ce ne dà una testimonianza notevole. Dal 24 febbraio al 1° marzo scrisse:
“24.II – 1.III.1980. Anche durante questi esercizi spirituali ho riflettuto sulla verità del Sacerdozio di Cristo
nella prospettiva di quel Transito che per ognuno di noi è il momento della propria morte. Del congedo da
questo mondo - per nascere all'altro, al mondo futuro, segno eloquente (aggiunto sopra: decisivo) è per noi la
Risurrezione di Cristo. (...) I tempi, nei quali viviamo, sono indicibilmente difficili e inquieti. Difficile e tesa è
diventata anche la via della Chiesa, prova caratteristica di questi tempi - tanto per i Fedeli, quanto per i Pastori.
In alcuni Paesi (come p.e. in quello di cui ho letto durante gli esercizi spirituali), la Chiesa si trova in un periodo
di persecuzione tale, da non essere inferiore a quelle dei primi secoli, anzi li supera per il grado della
spietatezza e dell'odio. Sanguis martyrum - semen christianorum. E oltre a questo — tante persone scompaiono
Desidero ancora una volta totalmente affidarmi alla grazia del Signore. Egli stesso deciderà quando e come
devo finire la mia vita terrena e il ministero pastorale. Nella vita e nella morte Totus Tuus mediante
l'Immacolata. Accettando già ora questa morte, spero che il Cristo mi dia la grazia per l'ultimo passaggio, cioè
la [mia] Pasqua. Spero anche che la renda utile per questa più importante causa alla quale cerco di servire: la
salvezza degli uomini, la salvaguardia della famiglia umana, e in essa di tutte le nazioni e dei popoli (tra essi il
cuore si rivolge in modo particolare alla mia Patria terrena), utile per le persone che in modo particolare mi ha
affidato, per la questione della Chiesa, per la gloria dello stesso Dio”.
Il 5 marzo 1982 aggiunse: “L'attentato alla mia vita, il 13.V.1981, in qualche modo ha confermato l'esattezza
delle parole scritte nel periodo degli esercizi spirituali del 1980 (24.II – 1.III)
Tanto più profondamente sento che mi trovo totalmente nelle Mani di Dio - e resto continuamente a
disposizione del mio Signore, affidandomi a Lui nella Sua Immacolata Madre (Totus Tuus)”.
E il 17 marzo dell'Anno giubilare del 2000, al n. 3: “Come ogni anno durante gli esercizi spirituali ho letto il mio
testamento del 6.III.1979. Continuo a mantenere le disposizioni contenute in esso. Quello che allora, e anche
durante i successivi esercizi spirituali è stato aggiunto costituisce un riflesso della difficile e tesa situazione
generale, che ha marcato gli anni ottanta. Dall'autunno dell'anno 1989 questa situazione è cambiata. L'ultimo
decennio del secolo passato è stato libero dalle precedenti tensioni; ciò non significa che non abbia portato con
sé nuovi problemi e difficoltà. In modo particolare sia lode alla Provvidenza Divina per questo, che il periodo
della così detta 'guerra fredda' è finito senza il violento conflitto nucleare, di cui pesava sul mondo il pericolo nel
8 – Un aspetto essenziale del nuovo Beato: “Dio è la base di tutti i nostri sforzi”
Anche questo è un aspetto essenziale se si desidera comprendere più a fondo la personalità del nuovo Beato
della Chiesa, Karol Wojtyła – Giovanni Paolo II. La base di tutti gli sforzi della nostra vita è in Dio. Siamo coperti
dall'amore divino, dai risultati della Redenzione e della Salvezza, ma dobbiamo aiutare la gente a diventare
profondamente radicata in Dio stesso; dobbiamo fare tutto il possibile per promuovere atteggiamenti personali
e sociali radicati nella realtà di Dio. Ciò richiede pazienza, tempo e la capacità di vedere ogni cosa attraverso gli
occhi di Dio.
L'ultimo, breve pellegrinaggio di Papa Giovanni Paolo II in Polonia, più specificamente nella sua “piccola patria”,
a Cracovia, Wadowice e alla Via Crucis (di Kalwaria Zebrzydowska), mostrò una determinazione, ma anche
un'acuità spirituale “nel processo di maturazione nel tempo”, di modo che tutta l'umanità, soprattutto la
comunità ecclesiale e cristiana, potesse comprendere più pienamente alcuni degli aspetti fondamentali della
fede. Dall'inizio del suo pontificato, nel 1978, Giovanni Paolo II ha parlato spesso nelle sue omelie della
misericordia di Dio. Questo è diventato il tema della sua seconda Enciclica, Dives in Misericordia, nel 1980. Era
consapevole del fatto che la cultura moderna e il suo linguaggio non hanno un posto per la misericordia,
trattandola come qualcosa di strano; cercano di inscrivere tutto nelle categorie della giustizia e della legge, ma
In seguito, il Papa ha intrapreso alcuni passi per concludere il processo di beatificazione di suor Faustina
Kowalska, e la canonizzazione (2000). L'intera comunità ecclesiale è stata condotta a sentire la vicinanza di
questa persona così intimamente legata al messaggio della Misericordia; ciò ha favorito lo sviluppo della
questione da parte di Giovanni Paolo II, mostrando la realtà della Divina Misericordia nei molti contesti
Nell'agosto 2002, infine, a Lagiewniki, dove suor Faustina visse e morì, Giovanni Paolo II affidò il mondo alla
Divina Misericordia, alla fiducia illimitata in Dio Misericordioso, all'Unico che è stato fonte di ispirazione, ma
anche di forza per il suo servizio come Successore di Pietro. “È lo Spirito Santo, Consolatore e Spirito di Verità,
che ci conduce sulle vie della Divina Misericordia. Egli, convincendo il mondo 'quanto al peccato, alla giustizia e
al giudizio' (Gv 16, 8), nello stesso tempo rivela la pienezza della salvezza in Cristo. Questo convincere quanto
al peccato avviene in una duplice relazione alla Croce di Cristo. Da una parte lo Spirito Santo ci permette,
mediante la Croce di Cristo, di riconoscere il peccato, ogni peccato, nell’intera dimensione del male, che in sé
contiene e nasconde. Dall’altra lo Spirito Santo ci permette, sempre mediante la Croce di Cristo, di vedere il
peccato alla luce del mysterium pietatis, cioè dell’amore misericordioso e indulgente di Dio (cfr Dominum et
vivificantem, 32). E così il 'convincere quanto al peccato' diventa al tempo stesso un convincere che il peccato
può essere rimesso e l’uomo può di nuovo corrispondere alla dignità di figlio prediletto di Dio. La Croce, infatti,
'è il più profondo chinarsi della Divinità sull’uomo [ÿ]. La Croce è come un tocco dell’eterno amore sulle ferite
più dolorose dell’esistenza terrena dell’uomo' (Dives in misericordia, 8). Questa verità verrà sempre ricordata
dalla pietra angolare di questo Santuario, prelevata dal monte Calvario, in un certo modo dal di sotto della
Croce sulla quale Gesù Cristo ha vinto il peccato e la morte. (...) Quanto bisogno della misericordia di Dio ha il
mondo di oggi! In tutti i continenti, dal profondo della sofferenza umana, sembra alzarsi l’invocazione della
misericordia. Dove dominano l’odio e la sete di vendetta, dove la guerra porta il dolore e la morte degli
innocenti occorre la grazia della misericordia a placare le menti e i cuori, e a far scaturire la pace. Dove viene
meno il rispetto per la vita e la dignità dell’uomo, occorre l’amore misericordioso di Dio, alla cui luce si
manifesta l’inesprimibile valore di ogni essere umano. Occorre la misericordia per far sì che ogni ingiustizia nel
mondo trovi il suo termine nello splendore della verità. Perciò oggi, in questo Santuario, voglio solennemente
affidare il mondo alla Divina Misericordia. Lo faccio con il desiderio ardente che il messaggio dell’amore
misericordioso di Dio, qui proclamato mediante Santa Faustina, giunga a tutti gli abitanti della terra e ne
riempia i cuori di speranza. Tale messaggio si diffonda da questo luogo nell'intera nostra amata Patria e nel
mondo. Si compia la salda promessa del Signore Gesù: da qui deve uscire 'la scintilla che preparerà il mondo
In questo modo, gli ultimi mesi della vita di Papa Giovanni Paolo II, caratterizzati dalla sofferenza, portano a
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