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Legislazione scolastica1
1. L’evoluzione storica della scuola italiana
- Volontà dello Stato di farsi carico del diritto-dovere di intervenire in materia scolastica a
fianco e in sostituzione della Chiesa;
- Combattere l’analfabetismo (che si attestava intorno all’80% al momento dell’unificazione);
- Riforma organica dell’ordinamento scolastico, che si andava ad articolare in:
[Istruzione classica: accesso a tutte le facoltà – istruzione tecnica (sezione di scienze) accesso a
facoltà scientifiche]
Per la legge Casati era previsto ad ogni livello di istruzione l’insegnamento della dottrina religiosa (il
direttore spirituale verrà poi abolito nella scuola secondaria con la legge Coppino, 1877).
Era prevista la formazione degli insegnanti nelle Scuole Normali (3 anni), che offrivano tuttavia una scarsa
preparazione a causa della carenza delle risorse dei comuni.
La legge non specificava pene se si disattendeva l’obbligo e offriva la possibilità di dare un esame di Stato
al termine della così detta scuola paterna (educazione privata impartita a casa): queste furono le ragioni
che portarono ad una forte evasione scolastica.
1 Il seguente riassunto ha come testo di riferimento primario Avvertenze generali per tutte le classi di concorso. Parte
generale dei programmi concorsuali per l’accesso ai ruoli del personale docente (EdiSES, 2020).
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• persistenza dell’analfabetismo;
• difficoltà di reperimento delle risorse da parte dei Comuni;
• difficoltà di reperimento di insegnanti formati;
• necessità di garantire un’istruzione per il lavoro (a causa della rivoluzione industriale).
- affida la gestione delle scuole elementari direttamente allo Stato tramite le Province (ad
eccezione dei capoluoghi);
- opera un miglioramento della condizione dei maestri istituendo la retribuzione minima e i
fondi pensionistici;
- istituisce i patronati per le famiglie in difficoltà;
- istituisce il Liceo moderno (poi denominato nel 1923 Scientifico).
La legge diede inoltre un forte impulso alla riorganizzazione sistematica della scuola elementare nelle aree
rurali del Paese.
È rimasta sostanzialmente in vigore fino alla riforma Moratti (2003), se si eccettua l’unificazione delle
medie nel 1962.
- Introduce l’obbligo fino ai 14 anni insieme all’obbligo di conseguire la licenza di terza media;
- Alla conclusione della scuola elementare (5 anni) si poteva scegliere tra:
• Ginnasio (che garantiva l’accesso al Classico, allo Scientifico o al liceo femminile e dopo il
Classico a tutte le facoltà);
• Istituto tecnico articolato in: Corso inferiore (3 anni) e Corso superiore (4 anni). Il primo dava
anche accesso allo Scientifico;
• Istituto magistrale articolato in: Corso inferiore (4 anni) e Corso superiore (3 anni). Il primo
dava accesso anche al Liceo femminile, il secondo preparava i maestri elementari;
• Scuola complementare a scelta tra tre indirizzi: Tecnico, Commerciale o Agrario (3 anni). La
scuola complementare non permetteva il proseguimento degli studi.
- Introduce l’esame di maturità per l’accesso all’università;
- Istituisce le scuole speciali per ciechi e sordomuti;
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Gentile concepisce una scuola severa ed elitaria tanto che la sua è definita la più fascista delle riforme. Egli
concepisce un ramo classico-umanistico per la classe dei dirigenti ed un ramo professionale per il popolo e
la classe lavoratrice.
Durante il Fascismo (1938) vengono anche istituite le scuole per i fanciulli di razza ebraica.
La riforma restò sulla carta a causa dello scoppio della Seconda guerra mondiale.
➢ Art. 3: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza
distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e
sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che,
limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona
umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e
sociale del Paese.”
➢ Art. 5: la Repubblica riconosce e promuove le autonomie locali e attua nei servizi che dipendono
dallo Stato il più ampio decentramento amministrativo.
➢ Art. 7: delinea i rapporti tra lo Stato e la Chiesa e conferisce, accogliendo i Patti lateranensi nella
carta fondamentale, dignità costituzionale al principio di istruzione religiosa.
➢ Art. 29: diritti della famiglia.
➢ Art. 30: doveri e diritti dei genitori.
➢ Art. 31: sostegno alle famiglie; protezione della maternità, dell’infanzia e della gioventù.
➢ Art. 33: “L'arte e la scienza sono libere e libero ne è l'insegnamento. La Repubblica detta le
norme generali sull'istruzione ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi. Enti e privati
hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato. La legge,
nel fissare i diritti e gli obblighi delle scuole non statali che chiedono la parità, deve assicurare ad
esse piena libertà e ai loro alunni un trattamento scolastico equipollente a quello degli alunni di
scuole statali. È prescritto un esame di Stato per l'ammissione ai vari ordini e gradi di scuole o per
la conclusione di essi e per l'abilitazione all'esercizio professionale. Le istituzioni di alta cultura,
università ed accademie, hanno il diritto di darsi ordinamenti autonomi nei limiti stabiliti dalle
leggi dello Stato.”
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➢ Art. 34: “La scuola è aperta a tutti. L'istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è
obbligatoria e gratuita. I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i
gradi più alti degli studi. La Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di studio, assegni
alle famiglie ed altre provvidenze, che devono essere attribuite per concorso.”
➢ Art. 35: formazione professionale dei lavoratori.
➢ Art. 117: stabilisce le competenze regionali e statali in materia di istruzione e formazione.
Anni ’60
Tra la fine degli anni ’60 e gli anni ’90 la scuola diviene di massa.
➢ 15 febbraio 1969 “Riordinamento degli esami di Stato”: 2 prove scritte e colloquio orale su due
materie a scelta.
➢ 11 dicembre 1969 “Provvedimenti urgenti per l’Università”: consente libero accesso ad ogni facoltà a
tutti i diplomati.
➢ Legge 444/68 “Ordinamento della scuola materna statale”.
Questi decreti delegati fanno oggi parte del decreto legislativo 1994 e successive modifiche.
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- i docenti devono redigere una programmazione (chiave di volta per una scuola di tutti e per
tutti) allo scopo di realizzare interventi individualizzati che siano diversi dai programmi
ministeriali.
Negli anni ’90 si palesa la volontà di riformare la scuola superiore ma a causa di contrapposizioni politiche
ad inizio decennio non è possibile farlo con riforme strutturali, pertanto in assenza di riforme tramite
provvedimenti si ricorre a sperimentazioni nazionali anche importanti definite “assistite” e comunemente
indicate come progetti Brocca.
• Scuola dell’infanzia
• Primo ciclo (articolato in primaria e secondaria di primo grado)
• Secondo ciclo (articolato in due sottosistemi, licei e IeFP)
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- si inviano alle scuole primarie le Nuove Indicazioni per il Curricolo da affiancare a quelle
vigenti;
- si modifica lo Statuto degli studenti e delle studentesse per fronteggiare il fenomeno del
bullismo, introducendo sanzioni disciplinari più gravi (235/2007).
I principali provvedimenti emanati sulla base delle leggi 133 e 169 sono stati:
➢ 81/2009 “Norme per la riorganizzazione della rete scolastica ed il razionale e efficace utilizzo delle risorse
umane della scuola (…)”: è lo strumento normativo per l’organizzazione del POF e per la
costituzione delle classi, inoltre istituisce l’obbligo di formazione in lingua inglese per i
docenti su posto comune.
➢ 89/2009 “Revisione dell’assetto ordinamentale, organizzativo e didattico della scuola dell’infanzia e del
primo ciclo di istruzione (…)”: stabilisce la reintroduzione del maestro unico.
➢ 122/2009 “Regolamento recante coordinamento delle norme vigenti per la valutazione degli alunni (…)”.
La riforma della scuola secondaria è stata invece attuata con i seguenti strumenti normativi:
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L’obbligo scolastico è di dieci anni, ma con la finalità di conseguimento di un titolo o di una qualifica
almeno triennale entro il diciottesimo anno di età.
L’istruzione parentale prevede ogni anno un esame di idoneità presso una scuola statale o paritaria.
L’istruzione parentale prevede una comunicazione preventiva al dirigente e può valere per l’intera durata
dell’obbligo, come previsto dal T.U. della scuola.
Dai 15 anni è possibile assolvere all’obbligo tramite un contratto per una qualifica o un diploma
professionale.
La Carta dello studente consente l’identificazione dello status di studente, inoltre è possibile associarvi la
funzione di pagamento (solo per gli studenti delle superiori).
Contrasta la dispersione scolastica e deve essere obbligatoriamente aggiornata in tempo reale su SIDI
(Sistema Informativo Dell’Istruzione). L’anagrafe è accessibile a tutti attraverso il Portale della Scuola,
istituito con la 107/2015.
I responsabili sono:
Per tutti costoro sono previste sanzioni in caso di mancanza dell’adempimento. Il dirigente in particolare
deve verificare periodicamente la frequenza degli studenti e, in caso di mancata frequenza, dopo una
consultazione con i consigli di classe intraprendere iniziative idonee (allerta della famiglia e poi dell’autorità
comunale).
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La presentazione del POF deve essere effettuata in previsione della scadenza di metà anno e deve:
- presentare le articolazioni del tempo scuola offerto (con le scansioni dell’orario settimanale);
- assicurare la disponibilità della mensa (in caso di orari da 36 o 40 ore);
- presentare le attività di arricchimento per l’orario aggiuntivo.
L’OMS ha indicato la soglia minima per il raggiungimento dell’immunità di gregge pari al 95%.
In caso di mancata vaccinazione non è possibile iscrivere i bambini negli asili nido e nella scuola
dell’infanzia, ma l’obbligo di istruzione prevale dai 6 ai 16 anni (nella scuola dell’obbligo non sono ammessi
più di 2 alunni non vaccinati per classe, ma nel caso in cui ciò avvenga se ne deve dare comunicazione alla
A.S.L.).
A partire dall’a.s. 2012/13 è obbligatoria per tutti gli ordini e i gradi ad esclusione della materna.
La costituzione delle classi iniziali si effettua con riferimento al numero complessivo degli iscritti (che
indica il numero delle classi autorizzabili), alle scelte della famiglia e secondo le risorse assegnate.
Tuttavia nel caso di ordini di studio diversi le classi prime vengono determinate separatamente.
I numeri degli studenti per classe, per i vari ordini e gradi, sono i seguenti:
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In presenza di alunni disabili il numero massimo di studenti è pari a 20, se ne viene esplicitata e motivata
la necessità e se si presenta un progetto integrativo che definisca espressamente le strategie da adottare. La
legge 104 è valida anche per i ricoverati se il ricovero è maggiore di 30 giorni.
ALTERNATIVE ALL’IRC
In alternativa i genitori (o gli stessi studenti nel caso delle scuole superiori) possono scegliere alcune
attività alternative programmate dal collegio docenti a inizio anno:
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Rappresentano un anno-ponte tra il nido e la scuola dell’infanzia. Non hanno un organico proprio e
l’impostazione pedagogica ed il POF sono lasciati all’autonomia didattica.
Da 0 a tre anni l’istituzione e l’organizzazione dei relativi servizi è demandata alle relative regioni perché è
compresa nei servizi sociali. Essi si distinguono in:
I servizi educativi per l’infanzia possono essere compresi in Poli per l’infanzia istituiti dalle regioni.
3.2 Primaria
Vi è l’obbligo di iscrizione al compimento dei 6 anni. Con la 53/2003 è abolita la licenza elementare.
L’orario minimo per la Primaria è di 24 ore, dunque essendo l’orario settimanale dell’insegnante di 22 ore
di fatto in classe non entra un solo docente ma anche insegnanti di religione, talvolta inglese, musica ecc.
TEMPO SCUOLA
Le opzioni sono: 24 ore (169/2008), 27/30 ore (derivate dalla Moratti) o 40 (tempo pieno).
L’obbligo di formazione di lingua inglese per i docenti su posto comune è stato reso obbligatorio con il
decreto 81/2009 ma procede a rilento.
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L’orario base è di 30 ore che può essere prolungato a 36 e fino a 40 su autorizzazione dell’USR. L’orario è
lo stesso per tutti gli anni. Di seguito gli orari di alcune delle materie:
L’insegnamento di Cittadinanza e Costituzione è previsto dal decreto 169/2008 ed è compreso nelle ore
di Italiano, Storia e Geografia. Per quanto riguarda la L3 c’è la possibilità dell’esonero per alunni con
DSA o stranieri (che possono seguire 5 ore di inglese oppure utilizzare le due ore come rinforzo dello
studio della lingua italiana).
Possono essere istituite su autorizzazione dell’USR purché non comportino un incremento dell’organico
(ma con la 60/2017 l’istituzione è stata rimessa all’autonomia scolastica e al PTOF). Vi si accede tramite
una prova orientativo-attitudinale. Ciascuna classe prevede 4 gruppi per 4 diversi strumenti scelti dal
collegio docenti.
L’anno è considerato giuridicamente valido con una frequenza pari a ¾ dell’orario anno personalizzato,
ma questa condizione può essere mitigata dal collegio docenti nel caso in cui:
La scuola è tenuta ad informare gli studenti e le famiglie sulle assenze effettuate durante l’anno.
Il criterio delle assenze non è valido nella scuola primaria, nella quale gli studenti vengono ammessi anche
con livelli di apprendimento parzialmente raggiunti o in via di prima acquisizione; la non-ammissione è
prevista solo in casi eccezionali e con voto all’unanimità. La valutazione nella primaria è integrata dalla
descrizione del processo di apprendimento e dal livello globale di sviluppo dell’apprendimento
raggiunto.
Le operazioni di scrutinio sono convocate dal dirigente al termine del quadrimestre e delle lezioni; sono
presiedute dal dirigente o da un suo delegato (che è tenuto a votare in caso di parità) e sono verbalizzate da
un segretario. Il collegio di valutazione è definito “perfetto” poiché delibera solo in presenza di tutti i
componenti (insegnanti curricolari di classe, insegnanti curricolari di gruppi, insegnanti di sostegno e
insegnanti di IRC solo per gli alunni che se ne avvalgono), non consente lo scrutinio segreto né
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l’astensione. Nel caso di assenza di un docente vi è l’obbligo di sostituzione (nella scuola secondaria con un
docente della stessa materia).
DOCENTI DI SOSTEGNO
Partecipano alla valutazione di tutta la classe e seguono gli appositi criteri per la valutazione degli alunni
portatori di handicap, i quali discendono dalla programmazione individualizzata.
IRC
Prevede la redazione per le famiglie di una speciale nota sull’interesse ed il profitto in riferimento alla
materia. Il voto dell’insegnante, se “determinante”, diviene giudizio motivato iscritto a verbale.
La valutazione nella scuola del primo ciclo è espressa per ciascuna disciplina con votazione in decimi. Non
è rimessa all’arbitrio del singolo docente ma segue un preciso iter: il docente per poter proporre un voto
deve aver documentato un congruo numero di interrogazioni e lavori dell’alunno; da questa scaturisce una
valutazione cui segue un giudizio che viene tradotto in una proposta di voto, poi assegnato dal Consiglio di
classe.
PROVE NAZIONALI SUGLI APPRENDIMENTI → dal 2013 per il contrasto al cheating sono
previste 5 diverse prove per classe
Le prove nazionali si effettuano su base censuaria; la partecipazione delle scuole e dei docenti è
obbligatoria dal 2012. Le prove nella secondaria sono CBT. Esse si svolgono nella seconda (italiano e
matematica) e quinta classe (italiano, matematica e inglese) della scuola primaria e nella terza classe della
scuola secondaria di primo grado (ove non è più compresa nell’esame di stato ma è divenuta obbligatoria per
poter accedere all’esame).
Oggetto della valutazione è lo sviluppo delle competenze di cittadinanza. Le innovazioni introdotte sono:
▪ il criterio di giudizio è declinato dallo Statuto degli studenti e delle studentesse, dal Patto educativo
di corresponsabilità e dal Regolamento d’istituto;
▪ la valutazione si esprime attraverso un giudizio sintetico (non è più previsto un voto in decimi nella
secondaria di primo grado);
▪ la sterilizzazione delle conseguenze del giudizio negativo rispetto all’ammissione alla classe
successiva.
Viene rilasciata alla fine delle 4 fasi del percorso di istruzione e formazione (ma non ai privatisti),
quindi alla fine della primaria, della secondaria di primo grado, dell’adempimento dell’obbligo scolastico e
alla fine della secondaria di secondo grado. Sono previsti modelli distinti per la primaria e la secondaria di
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primo grado. Le competenze sono declinate in 4 livelli (avanzato, intermedio, base, iniziale). La
certificazione è consegnata alle famiglie e all’istituzione scolastica successiva; può valorizzare eventuali
competenze sviluppate in situazioni di apprendimento formale o informale. Nella secondaria il modello è
integrato da 2 sezioni predisposte dall’INVALSI.
Privatisti
Il privatista deve:
- presentare domanda di partecipazione al dirigente entro il 20 marzo per poter partecipare alle
prove INVALSI (che si svolgono ad aprile);
- presentare i programmi svolti firmati dai precettori da cui è stato seguito;
- presentare la dichiarazione di non frequentare una statale o una paritaria e di essersi ritirato
entro il 15 marzo;
- svolgere le prove INVALSI e aver compiuto il 13° anno di età.
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A ciascuna prova è assegnato un voto in decimi senza cifre decimali. Si effettua la media dei voti degli
scritti e del colloquio, successivamente arrotondata per eccesso o per difetto. Sul voto ottenuto si
effettua la proposta della sottocommissione su cui delibera la commissione. La lode è concessa solo
all’unanimità ed è proposta dalla sottocommissione.
Se l’esito è positivo è pubblicato nell’albo della scuola con indicazione del voto; se è negativo viene
pubblicato nell’albo della scuola senza indicazione del voto (e se ne da comunicazione preventiva alle
famiglie). Nel caso di prove differenziate o sostitutive non se ne fa menzione nella pubblicazione
all’albo.
Per gli alunni con disabilità o DSA che non conseguano la licenza è prevista la consegna di un
attestato di credito formativo, il quale costituisce titolo per l’iscrizione alle classi successive ai soli
fini del riconoscimento di crediti formativi.
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L’INGLESE E IL CLIL
Con il Consiglio Europeo di Barcellona 2002 prevede l’insegnamento di almeno due lingue straniere fin
dall’infanzia.
Al termine della secondaria di secondo grado è previsto il raggiungimento del livello almeno B1 in inglese.
Per quanto riguarda invece il CLIL (Content and Language Integrated Learning), esso ha trovato
attuazione a partire dal 2010 con le seguenti modalità: negli istituti tecnici e nei licei a partire dal 5° anno,
nei licei linguistici a partire dal 3° anno per quanto riguarda la prima lingua e dal 4° anno per la seconda.
Per gli istituti professionali il CLIL non è esplicitamente previsto, ma la decisione è rimessa all’autonomia
scolastica. I corsi per la formazione dei docenti CLIL si svolgono presso le Università (60 CFU + 300 ore di
tirocinio) e vi si accede con una conoscenza di livello almeno C1 nella lingua prescelta più l’abilitazione
all’insegnamento nella secondaria di primo grado.
Il quadro comune europeo di riferimento per la conoscenza delle lingue (QCER oppure CEFR) è il sistema
che qualifica il livello di abilità conseguito da chi studia una lingua europea ed è stato messo a punto tra il
1989 e il 1996. Esso prevede tre fasce di competenza: livello C – padronanza, livello B – autonomia, livello
A – base.
Con la 145/2018 si ebbe poi il cambio di denominazione da “alternanza scuola-lavoro” a “Percorsi per le
competenze trasversali e per l’orientamento” e una significativa riduzione degli orari (oggi 210 ore negli istituti
professionali, 150 ore negli istituti tecnici e 90 ore nei licei).
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4.1 L’assetto della scuola secondaria di secondo grado dopo la riforma del 2010
Vengono proposte nel 2013 e trovano legittimazione nell’autonomia scolastica (possono riguardare sia le
paritarie che le statali).
Le classi intermedie costituiscono la prosecuzione delle classi precedenti nel caso in cui il numero degli
studenti non sia inferiore a 20. Le classi terminali costituiscono invece la prosecuzione delle classi
precedenti purché il numero degli studenti non sia inferiore a 10, per poter garantire una maggior
continuità in vista della conclusione del percorso di studi.
EDUCAZIONE FISICA
Le cattedre sono stabilite in base al numero delle classi e non più in base al numero delle squadre distinte
per sesso (ma ciò è ancora possibile per decisione del consiglio docenti purché non comporti un aumento
dell’organico).
CATTEDRE → 133/2008
La legge prevede 18 ore di insegnamento effettivo nella secondaria; spezzoni da 6 ore possono essere
proposti ai docenti già in servizio fino a raggiungere un massimo di 24 ore settimanali.
La fonte normativa per la valutazione nella secondaria di secondo grado è la 122/2009 (che invece è
superata per il primo ciclo dalla 62/2017): per la valutazione periodica e finale valgono le stesse regole
della secondaria di primo grado, ma vi è la sospensione del giudizio per insufficienze in una o più materie;
in tal caso il giudizio viene rimandato a settembre dopo i percorsi di recupero. Anche nel caso di
sospensione di giudizio alle famiglie deve pervenire comunicazione degli esiti di tutte le discipline.
L’assegnazione del credito scolastico spetta al Consiglio di classe. Con la 62/2017 il massimo dei crediti
raggiungibili nei 3 anni è passato da 25 a 40.
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CREDITO FORMATIVO
Riguarda la formazione della persona e la crescita umana. Se i crediti formativi vengono acquisiti all’estero
devono essere convalidati da una autorità diplomatica o consolare.
La valutazione del comportamento è assegnata dal Consiglio di classe e riguarda tutto il periodo
scolastico, comprese le attività svolte extra-sede. È espressa in decimi e se inferiore a 6 comporta la non-
ammissione alla classe successiva: una valutazione inferiore al 6 deve essere adeguatamente motivata in
base alla casistica esposta nella 169/2008, ossia da una sanzione disciplinare. È un errore educativo e
giuridico usare l’insufficienza come sanzione, poiché ne è invece la conseguenza.
Per la valutazione delle singole discipline viene seguito lo stesso iter della secondaria di primo grado.
Alla fine del primo biennio viene rilasciata la Certificazione delle competenze in base alla legge 296/2006.
Per quanto riguarda il termine del secondo ciclo è stato invece emanato il D.Lgs. 13/2013.
PROVE NAZIONALI
Si svolgono al secondo e al quinto anno per le materie di italiano, matematica e inglese. Secondo il D.Lgs.
62/2017 le prove nazionali sono divenute requisito di ammissione all’esame di Stato, ma questa
condizione è stata differita all’a.s. 2019/20 dal cosiddetto decreto Milleproroghe. Gli esiti delle prove
nazionali sono valorizzati in un’apposita sezione del Curriculum dello studente.
Contiene tutte le informazioni relative allo studente, anche riguardanti la sua vita extra-scolastica. Il
Curriculum dello studente è tenuto in conto in sede d’esame.
Ha esplicita funzione di orientamento per il proseguimento negli studi o per il lavoro. Tutti i candidati
devono presentare domanda d’iscrizione all’esame previo pagamento della relativa tassa erariale.
Per quanto riguarda gli ultimi due punti, essi sono entrati in vigore dall’a.s. 2019/20 con il decreto
Milleproroghe.
Esiste la possibilità di iscriversi all’esame di Stato al 4° anno attraverso la così detta “abbreviazione per
merito”: la domanda va presentata al dirigente entro il 31 gennaio.
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• Per quanto riguarda i candidati esterni la domanda va presentata entro il 30 novembre all’USR,
esprimendo 3 preferenze per quanto riguarda le sedi in cui svolgere l’esame. Se il candidato esterno
non è stato ammesso all’ultima classe deve svolgere un esame preliminare a maggio.
• Per quanto riguarda gli studenti con bisogni educativi speciali (104/92) esistono due possibilità
che il consiglio di classe può proporre alla commissione: lo svolgimento di prove equipollenti,
seppur differenziate, o lo svolgimento di prove non equipollenti. Nel secondo caso viene rilasciato
un attestato di credito formativo in luogo del diploma, cui hanno diritto anche gli studenti che
decidano di non partecipare all’esame.
• Per quanto riguarda gli studenti con DSA essi sono ammessi agli esami alle stesse condizioni degli
altri ma hanno diritto:
- ad essere valutati con specifici criteri individuati nell’ambito dei percorsi didattici
individualizzati e personalizzati;
- a strumenti compensativi (compresi eventualmente tempi più lunghi);
- che ne vengano precisate le specifiche situazioni certificate.
Gli studenti con DSA sono obbligati a svolgere come gli altri le prove INVALSI (con diritto
eventualmente agli strumenti compensativi previsti dal loro percorso personalizzato). Se hanno diritto
all’esonero della prova scritta di L2, devono sostenere la medesima prova in forma orale in sede di
colloquio d’esame; se l’esonero previsto è totale ricevono l’attestato di credito formativo in luogo del
diploma.
• Per quanto riguarda studenti con altri BES (che non hanno la 104/92) non sono previste
dispensazioni ma solo strumenti compensativi. Le modalità didattiche e le forme di valutazione
sono stabilite secondo il PDP.
Contiene tutte le informazioni riguardanti l’ultimo anno, comprese le tipologie di prove svolte (con
accurata descrizione nel caso di prove equipollenti, strumenti compensativi adottavi, esoneri totali o
parziali…). Al documento sono allegate delle schede per gli studenti portatori di handicap e studenti
con BES o DSA. È tenuto in conto da parte della commissione in sede d’esame.
Sede e commissione
- verifica delle presenze/assenze dei membri della commissione e loro eventuale comunicazione
al dirigente scolastico o all’USR;
- dichiarazione scritta da parte di tutti i partecipanti, anche in caso di risposta negativa, in
merito al fatto di aver o non aver istruito privatamente alcuni dei candidati o di essere o non
essere in rapporti di parentela con alcuni dei candidati (fino al 4°grado). In caso di
incompatibilità l’USR procede all’eventuale sostituzione;
- presa in esame di tutti gli atti e i documenti relativi ai candidati sia interni che esterni;
- predisposizione dei materiali per il colloquio;
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- definizione dei criteri di valutazione e correzione delle prove scritte (secondo la griglia del
D.M. 769/2018), declinando gli indicatori in descrittori di livello;
- definizione dei criteri di conduzione e valutazione del colloquio orale, nonché le sue
modalità di svolgimento;
- definizione del diario delle operazioni (cioè i tempi e le modalità di effettuazione delle altre
riunioni, aspetti organizzativi ecc.).
Contenuti dell’esame
Sono previste 2 prove scritte di carattere nazionale, seguite da un colloquio. È stata abolita la terza
prova multidisciplinare, che includeva anche l’accertamento della conoscenza della lingua straniera. La
prima prova rimane quella di italiano; la seconda prova (in forma scritta, grafica o scritto-grafica,
pratica...) ha per oggetto una o più discipline caratterizzanti il corso di studio. Nell’istruzione
professionale è sempre pratica. I testi della prima e della seconda prova sono scelti dal Ministro tra le
proposte elaborate da una commissione di esperti.
Tale decreto definisce i quadri di riferimento per la redazione e lo svolgimento delle due prove
nazionali, definisce le griglie di valutazione per l’attribuzione di punteggi in sede di correzione delle
prove nazionali, individua annualmente, entro il mese di gennaio, le discipline oggetto della seconda
prova e definisce le modalità organizzative relative allo svolgimento del colloquio. La correzione delle
prove scritte inizia subito dopo il termine della seconda prova.
Colloquio → 62/2017
Il colloquio non ha più inizio con un percorso multidisciplinare scelto dal candidato, poiché è
previsto che sia la commissione a proporre al candidato il materiale da analizzare. La commissione
predispone per ogni classe tanti materiali per la conduzione del colloquio quanti sono i candidati, in
numero aumentato di due: in tal modo ciascuno può scegliere tra una terna di possibilità. Per quanto
concerne la metodologia CLIL essa viene verificata in lingua solo se il docente è interno. L’esperienza
dell’alternanza scuola-lavoro viene riportata durante il colloquio sotto forma di una breve relazione
e/o di un elaborato multimediale; parte del colloquio è inoltre dedicata ad attività/progetti di
Cittadinanza. Il colloquio viene valutato il giorno stesso.
Ad ogni prova può essere assegnato un massimo di 20 punti per un totale di 60. Non sono ammesse
astensioni da parte dei membri della commissione. L’esito degli scritti è pubblicato nell’albo d’istituto
almeno due giorni prima l’inizio dei colloqui. Ai 60 punti a disposizione per le prove scritte si
sommano i punti derivanti dal credito scolastico (che ammontano ad un massimo di 40), per un
punteggio totale massimo pari a 100. La commissione può assegnare un massimo di 5 punti extra, ove
il candidato abbia ottenuto almeno 30 punti di credito scolastico e 50 punti alle prove. La lode può
essere assegnata solo se il candidato ha ottenuto il massimo punteggio nelle prove e il massimo
punteggio di credito scolastico senza usufruire dei punti extra.
Il diploma finale attesta l’indirizzo e la durata del corso di studi nonché il punteggio ottenuto. Vi è
allegato il Curriculum dello studente, in cui sono riportate le discipline ricomprese nel piano di studi con
l’indicazione del monte ore complessivo per ciascuna. Vi è inoltre una specifica sezione dedicata alle prove
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INVALSI e alle competenze raggiunte in ambito extra-scolastico nonché le attività di alternanza scuola-
lavoro ed altre eventuali certificazioni conseguite con la frequenza di attività opzionali nell’ultimo
triennio.
Gli atti relativi all’esame vengono consegnati con l’apposito verbale al dirigente, che è responsabile della
loro custodia e dell’accoglimento delle eventuali richieste d’accesso.
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Gli istituti professionali erano prima regolati dal D.Lgs. 87/2010, ma sono stati poi riformati con il
61/2017: essi si trovano ora in un periodo di transizione per cui le ultime classi prime ad essere entrate
seguendo il vecchio ordinamento sono le classi iscritte nell’a.s. 2017/18. Inizieremo con l’esposizione del
vecchio ordinamento.
VECCHIO ORDINAMENTO
Settore e indirizzi
Per evitare sovrapposizioni con l’istruzione tecnica è stata effettuata una razionalizzazione degli
indirizzi che sono passati da 28 a 6 e sono stati raggruppati in 2 soli settori: “servizi” e “industria e
artigianato”.
Qualifiche e diplomi intermedi (rispettivamente alla conclusione del terzo e del quarto anno del ciclo
di studi) possono essere ottenuti sulla base di accordi stipulati dal MIUR con le singole Regioni in
regime di sussidiarietà. Questa soluzione è stata individuata come compromesso nei confronti delle
richieste da parte delle famiglie e del mondo del lavoro: in questo modo gli istituti professionali
vengono a costituire la cerniera tra il sistema dell’istruzione e il sistema dell’IeFP.
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Gli studenti degli istituti professionali, al termine del completamento del loro percorso di studi, oltre
alle opportunità di lavoro e di iscrizione all’Università hanno la possibilità di conseguire una
specializzazione tecnica superiore (IFTS), attraverso brevi corsi di 800/1000 ore, oppure la
possibilità di conseguire un diploma di tecnico superiore presso gli Istituiti Tecnici Superiori
attraverso corsi biennali.
Nel 2011 è stato siglato un accordo riguardo la classificazione dell’offerta del sistema dell’IeFP in 7
aree professionali:
1. Agro-alimentare;
2. Manifatturiera e artigianato;
3. Meccanica, impianti e costruzioni;
4. Cultura, informazione e tecnologie informatiche;
5. Servizi commerciali;
6. Turismo e Sport;
7. Servizi alla persona.
NUOVO ORDINAMENTO
Il D.Lgs. 61/2017 ha riformato l’istruzione professionale nel raccordo con un sistema dell’IeFP,
riformulando le finalità e i percorsi dell’IP e i suoi rapporti con il parallelo IeFP. I principali obiettivi della
riforma sono:
Gli indirizzi sono diventati 11 a partire dall’a.s. 2018/19 e sono referenziati ai codici statistici ATECO.
Essi possono essere declinati su richiesta del territorio nell’ambito della programmazione regionale.
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ciascun anno nel triennio l’orario scolastico è di 1.056 ore, articolate in 462 ore di istruzione generale e
594 di indirizzo. Il PFI è redatto dal consiglio di classe, che individua anche un docente tutor.
Nel primo biennio si introducono gli assi culturali che raccolgono tra loro insegnamenti omogenei,
indispensabili per acquisire le competenze chiave dell’obbligo scolastico. Nel triennio si introducono le
aggregazioni di discipline di istruzione generale. Nel sistema dell’IP è già possibile dalla seconda
classe attivare esperienze di alternanza scuola-lavoro o stipulare contratti di apprendistato.
Gli strumenti a disposizione della scuola per la realizzazione degli obiettivi formativi sono:
- la quota di autonomia, pari al 20% dell’orario sia nel biennio che nel triennio;
- la quota di flessibilità pari al 40% dell’orario complessivo previsto per il triennio;
- l’istituzione di un comitato tecnico-scientifico che abbia funzioni consultive e propositive;
- l’utilizzazione di spazi di autonomia per la connessione con il sistema dell’IeFP;
- la possibilità di stipulare contratti d’opera.
- restituire agli istituti tecnici una autonoma identità che li differenziasse dai licei e dagli istituti
professionali;
- superare la frammentazione che li caratterizzava per la presenza di troppi indirizzi;
- invertire la tendenza al calo di iscrizioni.
La durata del ciclo di studi è articolata in due bienni e un quinto anno e prevede per il primo biennio 20
ore settimanali di istruzione generale e 12 ore di insegnamenti di indirizzo; per il secondo biennio e il
quinto anno 15 ore di istruzione generale e 17 ore di insegnamenti di indirizzo. Dal 2013 è stata inserita
un’ora di geografia generale ed economica in uno degli anni del primo biennio.
La quota di autonomia per gli istituti tecnici è pari al 20%; la quota di flessibilità può salire nelle aree di
indirizzo al 30% nel secondo biennio e al 35% nell’ultimo anno.
Settori e indirizzi
Con la riforma gli indirizzi degli istituti tecnici sono passati da 39 a 11, suddivisi in due soli settori:
“economico” e “tecnologico”.
Come per i diplomati degli istituti professionali, anche gli studenti che completano il ciclo di studi in un
istituto tecnico hanno, oltre la possibilità di accedere all’Università o al mondo del lavoro, l’opportunità
di proseguire gli studi sia negli IFTS sia negli ITS.
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5.3 I licei
Sono stati riformati con il D.Lgs. 89/2010. Si articolano in due bienni e un quinto anno ed hanno un orario
complessivo annuale diverso in base ai vari indirizzi (di durata superiore nell’artistico e nel musicale).
L’insegnamento CLIL è previsto al quinto anno in tutti gli indirizzi (ad esclusione del linguistico).
Il testo fondamentale tra le fonti regolamentari dei licei è il 211/2010, contenente le “Indicazioni nazionali
riguardanti gli obiettivi specifici di apprendimento (…) per i percorsi liceali”
Il liceo artistico
Tutti i 6 indirizzi si caratterizzano nell’ultimo triennio per un numero rilevante di ore di laboratorio e
insegnamenti di indirizzo, pari a 12 ore settimanali nel secondo biennio e 14 ore settimanali
nell’ultimo anno.
Il liceo classico
Rappresenta la scuola superiore più antica in Italia (istituita nel 1848). L’istituzione della
sperimentazione del liceo classico europeo è stata avviata nell’a.s. 1993/94 ed è stata poi confermata
nel 1999; esso consente l’organizzazione didattica a tempo pieno, con laboratori e lettorati di madre
lingua nonché attività di gemellaggio con analoghi istituti di Paesi membri dell’Unione europea. Il liceo
classico europeo rappresenta un percorso diverso rispetto al classico e prevede:
- lo studio quinquennale di due lingue comunitarie (la seconda individuata tra tedesco, francese
e spagnolo);
- la disciplina “Lingue e letterature classiche”, relativa allo studio semplificato del latino e del
greco;
- la disciplina “Diritto ed economia”.
Il liceo linguistico
Originariamente autorizzato nelle scuole non statali (a partire dal 1973), ne sono state poi attivate
numerose sperimentazioni nelle scuole statali, di cui la più diffusa è stata quella innestata sul vecchio
istituto magistrale. Ha raggiunto il pieno riconoscimento con il D.Lgs. 89/2010.
È articolato nelle due sezioni musicale e coreutica; entrambe si caratterizzano per la presenza di
laboratori e insegnamenti di indirizzo pari a 462 ore annue (14 ore settimanali) in tutte le annualità.
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Il liceo scientifico
Fondato nel 1911 con il nome di “liceo moderno” ottiene la denominazione attuale nel 1923. La
sperimentazione del liceo scientifico tecnologico (attivata all’interno dei Progetti Brocca) è oggi
confluita nell’opzione del nuovo liceo scientifico delle scienze applicate. In esso non è previsto lo studio
del latino e sono potenziate le discipline scientifiche e tecniche, il cui insegnamento è fondato
sull’utilizzo dei laboratori. Dal 2013 è stata introdotta l’innovazione della sezione all’indirizzo
sportivo, la cui attivazione richiede la stipula di convenzioni tra l’USR, il CONI, e il CIP nonché le
Province. Esso prevede, rispetto all’indirizzo standard, anche l’acquisizione di conoscenze riguardanti
l’economia ed il diritto.
Anche questo liceo è nato all’interno dei Progetti Brocca come liceo socio-psico-pedagogico, dal
vecchio istituto magistrale. Il nome deriva dalle discipline caratterizzanti questo percorso, ovvero
antropologia, pedagogia, psicologia e sociologia, materie cui è dedicato, con continuità nell’intero
quinquennio, un numero crescente di ore l’anno: 132 ore nel primo biennio (4 ore settimanali), 165
ore nel secondo biennio e nell’ultimo anno (5 ore settimanali).
- lo studio delle materie di diritto e di economia politica, cui sono dedicate 6 ore settimanali in
tutte le annualità;
- non è previsto lo studio del latino (previsto invece nel liceo delle scienze umane con 3 ore
settimanali nel primo biennio, poi ridotte negli anni successivi a 2);
- lo studio in tutte le annualità di una seconda lingua straniera.
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Il 7 febbraio 1992 viene firmato il trattato sull’Unione europea, anche conosciuto come Trattato di
Maastricht, che avvia un’integrazione politica tra i Paesi e che poggia su 3 pilastri:
Le competenze dell’Unione, le competenze dei singoli Paesi membri e le competenze condivise sono
stabilite nel Trattato di Lisbona (2007-2009). L’equilibrio dell’UE si fonda su 3 principi che ne regolano
l’agire:
1. l’attribuzione: l’Unione agisce esclusivamente nei limiti delle competenze attribuitele dagli Stati
membri per realizzare gli obiettivi da questi stabiliti;
2. la sussidiarietà: l’Unione si affianca all’azione degli Stati membri sostenendoli nelle iniziative di
respiro europeo. Il principio di sussidiarietà è recepito formalmente nella Costituzione italiana
all’art. 118;
3. la proporzionalità: il contenuto e la forma dell’azione dell’Unione si limitano a quanto necessario
per il conseguimento degli obiettivi dei Trattati.
Le competenze dell’Unione possono essere esclusive o condivise. A queste si aggiunge l’azione in ambiti nei
quali l’Unione si limita, in funzione di sussidiarietà, ad effettuare mediazione politica e a coordinare e
sostenere una serie di azioni riguardanti alcuni settori come: l’istruzione, la formazione professionale, la
gioventù, lo sport ecc.
Non esiste una politica comunitaria riguardo il sistema di istruzione, ma una cooperazione nel settore
dell’educazione: questo avviene poiché l’Unione ha stabilito che sarebbe negativo un unico sistema di
istruzione che vada ad annullare le diversità culturali che sono invece una ricchezza per la stessa comunità.
È stato dunque stabilito che fosse più utile far dialogare le diversità sul piano tecnico (attraverso ad
esempio il riconoscimento dei titoli a livello internazionale) e sul piano culturale (ad esempio favorendo gli
incontri dei giovani in un ambiente guidato come avviene nei progetti Erasmus). Se tuttavia il Trattato
prevede che i sistemi di istruzione siano di competenza dei singoli Stati, gli obiettivi da raggiungere
sono materia di strategie comuni a livello europeo.
1993: Libro bianco di Jacques Delors → segnala l’inadeguatezza dei livelli generali di istruzione e
formazione per affrontare i mutamenti tecnologici ed economici
2000: sono enunciati gli obiettivi di Lisbona per una “società basata sulla conoscenza” da raggiungere entro
il 2010
2004: istituzione del quadro comunitario unico per la trasparenza delle qualifiche e delle competenze
(Europass)
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2006: approvazione di una Raccomandazione agli Stati membri finalizzata a sviluppare un’offerta
formativa di “competenze chiave” per assicurare ai giovani delle capacità globali. È stata aggiornata e
sostituita nel 2018 attraverso la dicitura “competenze chiave per l’apprendimento permanente” per i progressi
tecnologici nel frattempo sopraggiunti.
6.1 I programmi europei a sostegno dell’istruzione lungo tutto l’arco della vita
Dal 2014 viene avviato il Programma Erasmus+ (che ha previsto un aggiornamento del quadro degli
obiettivi):
L’INIZIATIVA eTwinning
Nata nel 2005, è un’iniziativa per diffondere le possibilità offerte dalle nuove tecnologie dell’informazione e
della comunicazione all’interno del sistema di didattica e formazione. Consente il gemellaggio elettronico
tra scuole europee coinvolgendo i docenti in comunità virtuali attraverso una piattaforma semplice, veloce e
sicura. Dal 2007 al 2013 è stata parte del Programma di Apprendimento Permanente (LLP); dal 2014 è
parte del Programma Erasmus tra le piattaforme informatiche a supporto.
Tra i cinque fondi strutturali attraverso cui è gestito parte del bilancio dell’Unione europea, due
contengono obiettivi di interesse per il sistema scolastico: il FESR (Fondo europeo per lo sviluppo
regionale) e il FES (Fondo sociale europeo).
Il MIUR promuove da oltre venti anni la realizzazione di interventi finanziati da fondi strutturali.
Tre cicli di interventi di programmazione si sono già conclusi nel 2013 e di essi hanno beneficiato le
regioni con un PIL pro capite inferiore al 75% della media comunitaria.
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Per il suddetto periodo la programmazione mira a sostenere 11 obiettivi di crescita concordati con la
strategia “Europa 2020”. Il MIUR è responsabile dell’attuazione del PON “Per la scuola.
Competenze e ambienti per l’apprendimento” che prevede interventi di sviluppo delle competenze
(tramite FES) e miglioramento degli ambienti strutturali e delle attrezzature (tramite il FESR).
A differenza dei cicli precedenti l’ambito di azione è esteso a tutte le regioni: il PON “Per la scuola” è
destinato infatti al potenziamento e al miglioramento di tutte le scuole di ogni ordine e grado e su tutto
il territorio nazionale. Tra gli 11 obiettivi concordati in “Europa 2020” quelli di maggior interesse per
l’istruzione sono:
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Art 4: “L’autonomia didattica si esercita nel rispetto della libertà di insegnamento, della libertà di scelta
educativa delle famiglie e delle finalità generali del sistema.” Le modalità di esercizio dell’autonomia
didattica si svolgono principalmente nel concretizzare gli obiettivi nazionali in percorsi formativi
funzionali al diritto ad apprendere e alla crescita degli alunni. In vista di tale obiettivo:
• le scuole possono regolare autonomamente i tempi dell’insegnamento e dello svolgimento
delle singole discipline/attività;
• l’autonomia consente la programmazione di percorsi pluridisciplinari;
• l’autonomia deve assicurare le iniziative di recupero e sostegno di continuità e di
orientamento scolastico e professionale;
• l’autonomia ha il compito di individuare le modalità e i criteri di valutazione (nel rispetto
della normativa nazionale);
• l’autonomia deve favorire l’individuazione e l’utilizzazione di tecnologie innovative;
• l’autonomia deve stabilire i criteri per il riconoscimento dei crediti e per il recupero.
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Art. 16: Le regole sui comportamenti che ciascun organo scolastico deve assicurare ai fini
dell’efficienza del sistema così riformato, secondo le quali:
• gli organi collegiali della scuola garantiscono l’efficacia dell’autonomia;
• il dirigente scolastico esercita le funzioni di cui al decreto 59/1998;
• i docenti hanno il compito e la responsabilità della progettazione e dell’attuazione del
processo di insegnamento;
• il responsabile amministrativo assume funzioni di direzione dei servizi di segreteria nel
quadro dell’unità di conduzione affidata al dirigente scolastico;
• il personale della scuola, i genitori e gli studenti partecipano al processo di attuazione e
sviluppo dell’autonomia assumendo le rispettive responsabilità.
Con la 111/2011 si stabilirono poi nuovi parametri, che generalizzarono gli istituiti comprensivi (scuola
dell’infanzia + scuola primaria e scuola secondaria di primo grado) stabilendo che essi, per avere autonomia,
dovessero essere costituiti da almeno 1000 alunni, ridotti a 500 per alcune particolari istituzioni (ad es. zone
montane, isole ecc.).
7.1 Il profilo del dirigente scolastico → D.Lgs. 59/1998 aggiornato nel D.Lgs. 165/2001
Le innovazioni introdotte rispetto al profilo del decreto delegato 417/1974 consistono in:
Con il D.Lgs. 150/2009 si ebbe poi un ulteriore rafforzamento dei poteri dirigenziali (con accrescimento dei
poteri sanzionatori, che comprendono la sospensione dal servizio fino a 10 giorni).
Per quanto riguarda la gestione amministrativo-contabile delle istituzioni scolastiche essa si basa sul
Regolamento stabilito con il D.Lgs. 129/2018.
La legge 107/2015 vuole rilanciare l’autonomia scolastica anche tramite il rafforzamento del ruolo del
dirigente ed una diversa impostazione del POF. Di seguito le principali innovazioni:
- il collegio dei docenti elabora il POF da sottoporre all’approvazione finale del consiglio
d’Istituto;
- il dirigente scolastico individua il personale da assegnare ai posti dell’organico
dell’autonomia;
- il dirigente scolastico individua enti e imprese per l’alternanza scuola-lavoro;
- il dirigente scolastico può ridurre il numero degli alunni per classe;
- il dirigente scolastico può effettuare sostituzioni dei docenti assenti fino a 10 giorni con
personale dell’organico dell’autonomia;
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- il personale docente ed educativo in prova ha un tutor che deve stilare una valutazione per la
conferma in ruolo;
- il dirigente scolastico assegna un bonus economico a fine anno ai docenti meritevoli di
riconoscimento.
I dirigenti scolastici, valutati esternamente da un nucleo di valutazione in base a determinati criteri, sono
assegnati alle scuole autonome sulla base di un incarico triennale loro conferito dal direttore dell’USR.
Il D.Lgs. 165/2001 istituzionalizza le figure dei collaboratori del dirigente scolastico, che si distinguono in
personale docente e personale non docente; dal 1° settembre 2000 il responsabile amministrativo ha anche
la qualifica di direttore dei servizi generali ed amministrativi. Le principali funzioni del d.s.g.a. sono:
Riguardo il personale ATA della scuola si ricorda che esso comprende 3 figure:
Il dirigente scolastico come datore di lavoro ai fini della sicurezza → D.Lgs. 81/2008
- la valutazione dei rischi sulla salute e sicurezza tramite l’elaborazione del DVR (documento
valutazione rischi);
- la designazione del RSPP (responsabile del servizio di prevenzione e protezione);
- la designazione dei membri del servizio di prevenzione e protezione;
- la nomina di un medico competente;
- le segnalazioni di eventuali rischi all’ente locale proprietario degli edifici scolastici;
- l’attività di formazione e informazione dei vari lavoratori.
Il dirigente scolastico come titolare del trattamento dei dati personali (privacy)
Esiste in Italia un sistema normativo unico articolato su due livelli: il primo costituito dal GDPR (o
Regolamento UE 679/2016), il secondo costituito dal D.Lgs. 196/2003, poi novellato dal D.Lgs.
101/2018, le cui disposizioni trovano applicazioni solo se in concordanza con il GDPR.
Il “titolare del trattamento” nella scuola è il dirigente scolastico, che ha la responsabilità di mettere
in atto le misure necessarie per garantire che il trattamento dei dati rispetti il GDPR. Il “responsabile
del trattamento” è invece colui che svolge un ruolo ausiliario e strumentale per l’attuazione delle
norme previste dal GDPR.
“Il piano è il documento fondamentale costitutivo dell’identità culturale e progettuale delle istituzioni scolastiche ed
esplicita la progettazione curricolare, extracurricolare, educativa ed organizzativa che le singole scuole adottano
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nell’ambito della loro autonomia”. Il POF prevede attività ed insegnamenti obbligatori, ma deve prendere in
considerazione anche le esigenze del contesto (sociale, economico e culturale) delle attività locali.
A favore di una maggiore complessità e stabilità il piano mutò da piano annuale a piano triennale,
prendendo la denominazione di Piano triennale dell’offerta formativa. A seguito della legge 107/2015 il
PTOF deve:
- essere compilato dal collegio docenti ed essere predisposto non oltre il mese di ottobre
precedente il triennio di rifermento (contiene disposizioni per personale ATA e personale
docente);
- essere elaborato sulla base degli indirizzi per le attività della scuola e delle scelte di gestione
e amministrazione definiti dal dirigente scolastico;
- essere rivisto annualmente entro ottobre in caso di necessità;
- essere verificato dall’USR, che deve trasmettere gli esiti della verifica al Ministero;
- tener conto dell’educazione alla parità dei sessi.
L’iter di attuazione del piano dell’offerta formativa è quindi il seguente: elaborazione da parte del collegio
docenti, approvazione da parte del consiglio d’Istituto ed infine realizzazione tramite l’attività negoziale
di competenza del dirigente scolastico.
• degli obiettivi generali del processo formativo stabiliti dal Ministero tramite le Indicazioni
nazionali;
• degli obiettivi specifici di apprendimento che rappresentano gli obiettivi che l’alunno deve
acquisire al termine di un periodo di istruzione predefinito.
La progettazione riservata all’autonomia scolastica non può superare il 20% del monte ore annuo.
- posti comuni;
- posti del potenziamento;
- posti per il potenziamento dei posti di sostegno (che prevedono una pluralità di utilizzo).
La legge 107/2015 aveva stabilito che i ruoli dei docenti fossero articolati in ambiti territoriali, ma tale
regola fu abolita con la successiva 145/2018, che stabiliva un vincolo di permanenza quinquennale nella
sede in cui il docente svolge l’anno di prova/formazione.
L’INVALSI (Istituto nazionale di valutazione del sistema educativo) venne istituito con la legge 53/2003 e
rientra nella categoria di “Agenzie”. La suddetta Agenzia scorpora alcune funzioni dal diretto controllo dei
Ministeri per garantire tramite una gestione locale sotto il controllo della Corte dei Conti una maggiore
efficienza. Il Ministro dell’istruzione deve fissare ogni anno, a partire dal 2007, gli obiettivi della
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valutazione esterna condotta dal Sistema nazionale di valutazione affinché siano effettuate verifiche
periodiche all’interno del sistema scolastico.
Essi sono regolati dalle Direttive triennali con cui il MIUR individua le “Priorità strategiche
dell’INVALSI” per il periodo considerato: in particolare, devono essere presenti le rilevazioni annuali
degli apprendimenti degli studenti, le possibili partecipazioni dell’Italia a indagini internazionali ed
infine i processi di autovalutazione delle scuole. Nella Direttiva riguardante il triennio 2014/2017
vengono esposte le priorità strategiche della valutazione e l’importanza del Rapporto di
autovalutazione (RAV) con relativo piano di miglioramento (PdM). La direttiva vuole che la scuola sia
capace di realizzare un’autovalutazione dei propri punti di forza e dei propri punti critici per poi stilare
un piano ai fini di un miglioramento strutturale che risponda con le azioni più opportune agli obiettivi
del RAV.
L’INDIRE
Con il D.P.R. 419/1974 viene istituita la BDP (Biblioteca di documentazione pedagogica), che con il
D.Lgs. 258/199 diviene INDIRE (Istituto Nazionale di Documentazione, Innovazione e Ricerca
Educativa). All’INDIRE vengono affidati, oltre i compiti che svolgeva già la BDP, alcuni nuovi compiti
come il sostegno alle scuole per la gestione dell’autonomia e dei programmi dell’Unione europea o
l’aggiornamento continuo della piattaforma per i docenti neoassunti, aiutandoli così nel corretto uso
degli strumenti online dedicati alla scuola.
Nel procedimento di valutazione esterna delle scuole sono predisposte visite di nuclei di valutazione
costituiti da un dirigente tecnico e da due esperti scelti. La 107/2015 ha predisposto attività di
verifica qualora il dirigente scolastico faccia ripetere l’anno di prova al docente (dunque una possibile
visita ispettiva).
L’art. 2 del nuovo Regolamento (129/2018) definisce tutti i principi cui deve ispirarsi la gestione delle
istituzioni scolastiche (efficacia, trasparenza, chiarezza ecc.) e il vincolo delle risorse per lo svolgimento
delle attività di istruzione, formazione e orientamento proprie dell’istituzione scolastica.
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L’anno finanziario delle scuole ha inizio il 1° gennaio e termina il 31 dicembre, il che comporta
disallineamento fra anno scolastico ed anno finanziario.
Il programma annuale
Il Programma annuale è predisposto dal dirigente scolastico, cui spetta anche la responsabilità della
sua realizzazione, insieme con il d.s.g.a.; il Programma può essere però approvato solo dal Consiglio di
Istituto (entro il 30 novembre dell’anno precedente di riferimento). Entro la stessa data sia il
Programma che la relazione illustrativa (contenente gli obiettivi da realizzare in base alle previsioni
del PTOF) devono essere presentati ai revisori dei conti ed entro il 31 dicembre il consiglio deve
procedere con l’approvazione. Se questo non avviene, l’Ufficio scolastico regionale nomina un
commissario ad acta che provvede ad approvare il Piano entro i 15 giorni dalla nomina. Due sono le
sezioni che compongono il Programma: una parte specifica le entrate, aggregate per fonte, ed una le
spese, aggregate per finalità. Ad ogni spesa è allegata una Scheda illustrativa finanziaria di Progetto.
C’è sempre un responsabile di Progetto scelto dal dirigente scolastico che si deve occupare di
predisporre un documento chiamato “scheda di Progetto” con tutte le indicazioni utili al d.s.g.a. per la
redazione della Scheda illustrativa finanziaria.
Il conto consuntivo
Il conto consuntivo (predisposto dal d.s.g.a. entro il 15 marzo dell’esercizio successivo a cui si riferisce)
si compone di due parti:
Le istituzioni scolastiche hanno piena autonomia gestionale, pertanto possono stipulare contratti e
convenzioni o costruire/partecipare a consorzi. Al dirigente scolastico spetta la rappresentanza legale, che
può però decidere di delegare le singole attività negoziali al d.s.g.a. o ad uno dei suoi collaboratori. Ci sono
poi varie competenze del Consiglio d’Istituto nell’attività negoziale: ci sono materie su cui il consiglio
delibera direttamente e altre su cui il consiglio si limita a deliberare criteri e limiti per lo svolgimento
dell’attività negoziale da parte del dirigente scolastico (che saranno illustrate in maniera più approfondita
nel prossimo capitolo). L’istituzione scolastica procede all’affidamento di lavori, forniture e servizi secondo
le modalità indicate dalla tabella del Codice dei Contratti Pubblici (D.Lgs. 50/2016). Questo codice
specifica che per ogni singola procedura di affidamento di un appalto o concessione nella scuola il dirigente
scolastico deve nominare un Responsabile Unico del Procedimento (RUP), che può anche essere il dirigente
stesso.
I revisori dei conti sono due e rappresentano uno il MIUR l’altro il MEF. L’incarico di revisore dei
conti ha durata triennale ed è rinnovabile una sola volta: essi si occupano delle attività di controllo di
legittimità e regolarità amministrativa e contabile oltre a sostenere le scuole secondo il principio di
leale collaborazione.
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Fino agli anni ’60 genitori e studenti non avevano ruoli istituzionali. Una svolta epocale fu segnata in tal
senso dai “decreti delegati” per antonomasia: 416, 417, 419 e 420/1974. I decreti istituirono nuovi
organi collegiali di istituto, finalizzati a realizzare la partecipazione nella gestione della scuola.
Nonostante il radicale mutamento della temperie culturale dagli anni ’70 ai nostri giorni, gli organi
collegiali sono ancora parte essenziale del sistema scolastico e hanno sostanzialmente conservato le stesse
caratteristiche e funzioni delle origini. L’unica riforma portata a termine tra i vari tentativi è attuata tramite
il D.Lgs. 233/1999, che istituì gli organi collegiali territoriali della scuola: il Consiglio superiore della
pubblica istruzione (a livello centrale), i Consigli regionali dell’istruzione e i Consigli scolastici locali.
Le competenze degli organi collegiali sono oggi ricavate dal Testo Unico, in cui sono state novellate le
disposizioni dei decreti delegati del 1974.
- il consiglio di circolo o di istituto per tutte le componenti (genitori e/o studenti, docenti e
personale non docente);
- i consigli di intersezione, di interclasse e di classe per la componente genitori;
- il comitato per la valutazione dei docenti.
L’unico organo non interessato dalle elezioni scolastiche è il collegio docenti, essendo costituito dalla
totalità dei docenti in servizio. L’indizione delle elezioni è in mano al dirigente; per l’esercizio
dell’elettorato non è necessaria la cittadinanza italiana.
La suddetta C.M. fornisce un “Regolamento tipo” che è prescrittivo nel caso in cui la scuola non abbia un
autonomo regolamento. Il funzionamento degli organi collegiali è stabilito in una apposita sezione del
regolamento d’istituto.
La convocazione degli organi è disposta dal presidente con un preavviso non inferiore a 5 giorni, tramite
una lettera agli interessati (che riporta l’ordine del giorno) che è affissa all’albo e firmata dal presidente
stesso; in caso di urgenza i tempi possono essere più brevi. La riunione è ritenuta valida se è presente
almeno la metà dei membri più uno.
I punti all’o.d.g. sono messi in discussione dal presidente secondo l’ordine stabilito nella convocazione (che
può tuttavia essere modificato a maggioranza). Di norma, l’organo collegiale delibera solo sugli argomenti
all’o.d.g., ma se il regolamento d’istituto lo prevede ad inizio seduta possono essere inseriti altri punti. Una
volta conclusa la discussione il presidente pone ai voti la proposta di delibera.
Le votazioni si effettuano: per alzata di mano, per appello nominale o per scrutinio segreto (quando si fa
questione di persone). Nelle votazioni palesi in caso di parità prevale il voto del presidente.
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Per ogni seduta è redatto un verbale dal segretario designato, su un registro di pagine numerate e
vidimate dal dirigente scolastico. In apertura si indicano gli elementi formali della seduta e l’ordine del
giorno, cui normalmente seguono in forma sintetica le opinioni e posizioni emerse dalla discussione (su
richiesta anche dichiarazioni letterali). Per ogni votazione si indicano il numero dei votanti, dei voti
favorevoli e dei voti contrari; si indica inoltre la modalità di votazione. La verbalizzazione è contestuale
allo svolgimento della seduta e va approvata allo scioglimento della stessa. Il verbale dev’essere firmato dal
presidente e dal segretario.
Il consiglio di circolo (nelle scuole primarie) o di istituto (nelle scuole secondarie) fu voluto come organo di
indirizzo e regolamentazione della scuola e come luogo di formazione della volontà dell’istituzione
scolastica collettiva. Il consiglio d’istituto esercita le funzioni di indirizzo politico-amministrativo.
Composizione ed elezione
Il dirigente ne è membro di diritto. Nelle scuole con popolazione scolastica fino a 500 alunni il
consiglio è composto da 14 membri (6 genitori, 6 docenti, 1 non docente e il capo d’istituto), nelle
scuole con popolazione superiore ai 500 alunni è composto da 19 membri (8 genitori, 8 docenti, 2 non
docenti e il capo d’istituto). Nelle secondarie di secondo grado il numero dei rappresentanti dei genitori
è dimezzato per consentire la partecipazione di altrettanti rappresentanti degli studenti. Le
rappresentanze elette hanno una durata di tre anni, ma la componente studentesca è rinnovata
annualmente.
Il primo punto all’o.d.g. del neoeletto consiglio è l’elezione del presidente (per la quale è richiesta la
maggioranza assoluta dei componenti; se tuttavia il quorum non viene raggiunto alla prima votazione
le successive prevedono la maggioranza relativa). Il regolamento d’istituto può prevedere anche
l’elezione di un vicepresidente; nel caso in cui sia il presidente sia il vicepresidente siano assenti, le loro
attribuzioni sono esercitate dal consigliere genitore più anziano.
Decadenza e surroga
- in caso di perdita dei requisiti (per i genitori dal momento in cui il figlio conclude il suo ciclo di
studi, per il personale scolastico in caso di trasferimento o cessazione dal servizio);
- in caso di assenza ingiustificata da tre sedute consecutive.
In questi casi il dirigente provvede alla surroga con altro membro della stessa componente e della
stessa lista di colui che è decaduto. I consigli d’istituto possono funzionare anche se privi di alcuni
membri, purché quelli in carica non siano inferiori a tre.
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La giunta esecutiva è eletta tra i componenti del consiglio ed è composta da: un docente, un non
docente e due genitori (nella secondaria di secondo grado un genitore e uno studente). Ne fa parte di
diritto anche il dirigente scolastico, che la presiede, e il d.s.g.a., che svolge le funzioni di segretario.
La giunta esecutiva predispone il bilancio preventivo e il conto consuntivo; prepara i lavori del
consiglio di circolo o istituto e cura l’esecuzione delle relative delibere. Nella fase di elaborazione del
Programma annuale (bilancio preventivo) propone al consiglio d’istituto il documento predisposto
dal dirigente scolastico.
Il consiglio d’istituto è l’interlocutore del collegio dei docenti all’interno dell’istituto, poiché delibera
sulle proposte del collegio in merito alla programmazione educativa e didattica e al piano
dell’offerta formativa.
Le ragioni della regolamentazione della scuola stanno nella funzione educativa nei confronti degli
studenti e nella tutela della loro incolumità; essa compete al consiglio d’istituto. Tutta la
documentazione regolamentare dev’essere pubblicata sul sito della scuola.
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Norma il complesso delle attività della scuola allo scopo di utilizzarne al meglio tutte le risorse e di
permettere un ordinato rapporto tra personale interno ed utenza, garantendo inoltre sicurezza a coloro
che soggiornano nell’edificio. Il consiglio d’istituto è tenuto, su iniziativa del dirigente scolastico, a
deliberare un regolamento dettagliato e previdente, viste le gravi responsabilità che fanno capo al
personale scolastico per la vigilanza sugli alunni (art. 2048 cod. civ.). Il regolamento può avere
articolazioni diverse in base ai luoghi scolastici (ad es. palestre o laboratori che esigono soluzioni
differenti di vigilanza); inoltre il bisogno di vigilanza è di norma inversamente proporzionale all’età
degli alunni (ma all’interno della stessa fascia d’età studenti portatori di handicap o con devianze
comportamentali richiedono un diverso grado di vigilanza). Di seguito i presupposti giuridici generali
per l’elaborazione del regolamento:
- responsabilità dei fatti per colpa presunta del personale scolastico rispetto ai fatti illeciti compiuti
dagli alunni nel tempo di affidamento all’istituzione scolastica;
- responsabilità per colpa presunta del personale scolastico rispetto ai danni che l’alunno può
provocare a se stesso;
- specificità degli obblighi del personale docente e non docente di vigilanza sui minori affidati;
- obbligo di continuità nella vigilanza fino al subentro dei genitori o loro delegati e nullità delle c.d.
“clausole liberatorie”.
Riguardo l’ultimo punto, la legge 172/2017 prevede che i genitori dei minori di 14 anni possano
autorizzare l’uscita autonoma dei figli al termine dell’orario di lezione; un’autorizzazione simile può
essere rilasciata anche al Comune gestore del trasporto scolastico per quanto riguarda la salita/discesa
dal mezzo e il tempo di attesa alla fermata.
La C.M. 291/1992 stabilisce le modalità di individuazione dei criteri per l’effettuazione di visite e
viaggi di istruzione; nonostante essa non sia più vincolante a seguito dell’autonomia scolastica rimane
comunque un punto di riferimento.
Il consiglio d’istituto indica i criteri generali in materia di formazione delle classi e di assegnazione
ad esse dei docenti, criteri in base ai quali il collegio docenti formula le proposte da sottoporre al capo
d’istituto, al quale compete l’adozione dei provvedimenti conclusivi. Il consiglio stabilisce anche,
qualora le richieste di iscrizione eccedano il numero di posti disponibili, i criteri di priorità per
l’accettazione delle stesse e i criteri per formare le eventuali liste d’attesa.
In base a quanto stabilito dal D.Lgs. 112/1998, alle Regioni compete la determinazione del
calendario scolastico. Infine, l’adattamento “alle specifiche esigenze ambientali” è deliberato dal
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consiglio d’istituto e tiene conto delle ricorrenze delle tradizioni locali (ma si ricorda che la festività
del Santo Patrono è già considerata festività), di particolari attività economiche ecc.
Lo Statuto delle studentesse e degli studenti stabilisce diritti e doveri degli studenti, nonché i criteri
per la regolamentazione della disciplina nella secondaria. Il Patto educativo di corresponsabilità
(introdotto con il D.P.R. 235/2007) consiste in una sorta di contratto sottoscritto da genitori ed
alunni al momento dell’iscrizione, il cui fine è quello di definire i diritti e i doveri nei rapporti tra
scuola, famiglie e studenti.
Nell’aprile 2015 sono state emanate le “Linee di orientamento per azioni di prevenzione e di contrasto al
bullismo e al cyberbullismo” con la nota MIUR 2519/2015 (documento disponibile al link:
https://www.istruzione.it/allegati/2015/2015_04_13_16_39_29.pdf).
In base allo Statuto delle studentesse e degli studenti il consiglio d’istituto è chiamato ad adottare il
regolamento di disciplina per individuare:
L’organo interno di garanzia è l’organo al quale lo studente maggiorenne o i suoi genitori possono
presentare ricorso (di primo grado); sul reclamo di secondo grado delibera invece l’USR. L’organo
interno decide entro dieci giorni dal ricevimento del ricorso; esso è così composto, sulla base del D.P.R.
235/2007:
Alle sedute del consiglio di istituto possono assistere tutti gli elettori delle varie componenti
rappresentate nel consiglio. Gli atti del consiglio devono essere affissi all’albo così come stabilito
dall’art. 43 del T.U. entro il termine di 8 giorni e per una durata di almeno 10 giorni (ad esclusione di
atti e deliberazioni concernenti singoli). Il D.Lgs. 33/2013 ha in seguito stabilito che tutte le
pubbliche amministrazioni siano soggette all’obbligo di pubblicazione di tutte le informazioni sul
proprio sito web per assicurare l’accessibilità totale delle stesse. La legge 107/2015 ha infine istituito il
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Portale unico della scuola, sul quale ogni scuola è tenuta a pubblicare i dati relativi ai bilanci delle
scuole, ai PTOF, ai materiali didattici ecc.
È composto da tutti gli insegnanti in servizio alla data di convocazione (di ruolo e non di ruolo) ed è un
organo collegiale annuale, che si rinnova ad ogni inizio di anno scolastico. È convocato e presieduto dal
dirigente scolastico, che al suo interno è primus inter pares (da cui deriva la sua possibilità di esercitare il
voto e la prevalenza dello stesso in caso di parità in una votazione a scrutinio palese).
Il collegio docenti ha potere deliberante in una serie di materie, proponente in altre ed è corpo
elettorale in via residuale. Delibera in merito alle seguenti materie:
Ha invece potere di formulare proposte al dirigente scolastico in merito alle seguenti materie (tenendo
conto di quanto deliberato dal consiglio d’istituto):
È infine corpo elettorale quando elegge i due membri per il comitato di valutazione. L’azione del
collegio docenti è legata a quella del consiglio d’istituto: un esempio significativo di collaborazione tra i
due organi è la costruzione del PTOF, elaborato dal collegio docenti ma deliberato dal consiglio
d’istituto.
Con i termini consigli di intersezione (per la scuola dell’infanzia), consigli di interclasse (per la scuola
primaria) e consigli di classe (per la secondaria) si intendono le riunioni degli insegnanti che li compongono
cui si uniscono, in alcuni momenti dell’anno, rappresentanti dei genitori e degli studenti.
Durante le riunioni che prevedono la sola presenza dei docenti gli insegnanti svolgono “le competenze
relative alla realizzazione del coordinamento didattico e dei rapporti interdisciplinari”. Compete loro,
naturalmente, anche la valutazione periodica e finale degli studenti.
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- Scuola dell’infanzia: docenti delle sezioni di uno stesso plesso e un genitore per sezione;
- Scuola primaria: docenti di gruppi di classi parallele o dello stesso ciclo o dello stesso plesso e un
genitore per ogni classe;
- Scuola secondaria di primo grado: docenti di ogni singola classe e quattro genitori della classe
stessa;
- Scuola secondaria di secondo grado: docenti di ogni singola classe, due genitori e due studenti per
classe.
Essi hanno il compito di formulare al collegio docenti proposte in merito all’azione educativa e
didattica e di agevolare i rapporti tra scuola, genitori ed alunni. Approvano inoltre il piano annuale di
visite e viaggi di istruzione, esprimono un parere sull’adozione dei libri di testo e verificano
l’andamento dell’attività didattica nelle classi di competenza. Nella secondaria irrogano sanzioni
disciplinari fino a 15 giorni.
Il comitato dei genitori è composto da tutti i rappresentanti dei genitori eletti nei consigli di
intersezione, di interclasse e di classe: è un organo collegiale con funzione consultiva. Il comitato degli
studenti è composto da tutti i rappresentanti degli studenti eletti per ogni classe: la sua funzione è
esprimere proposte al consiglio d’istituto. In seguito al D.P.R. 567/1996 esso può proporre e attuare
“iniziative complementari e attività integrative”: in tal caso è necessario che si organizzi in un gruppo di
gestione coordinato da uno studente maggiorenne e che si dia un regolamento.
- Il Comitato di valutazione è un organo del consiglio di istituto, eletto dai consiglieri stessi con
l’eccezione di 2 docenti eletti dal collegio e 1 componente esterno scelto dall’USR tra
docenti, dirigenti scolastici e dirigenti tecnici;
- esso è composto da 6 membri, di cui 3 docenti, 2 rappresentanti dei genitori (o 1 dei genitori
e 1 degli studenti nel caso delle superiori) e 1 componente esterno individuato dall’USR;
- la carica dura un triennio.
Il comitato è ancora presieduto dal dirigente scolastico. Esso ha la funzione di stabilire i criteri per la
valorizzazione dei docenti in base:
Il dirigente scolastico individua a fine anno i docenti meritevoli del bonus, attenendosi ai criteri indicati dal
comitato di valutazione e ai criteri generali stabiliti in sede di contrattazione (così come stabilito dal CCNL
2018).
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In occasione della valutazione dell’anno di prova il comitato prevede una speciale composizione che
esclude i rappresentati dei genitori e degli studenti. Esso è composto:
Dagli anni ’80 l’entusiasmo per la partecipazione alla vita scolastica da parte delle famiglie è andata
scemando, portando ad un’evoluzione della concezione della famiglia da co-protagonista a utente-
cliente, che implica una posizione passiva da parte dei genitori: l’utente-cliente usufruisce infatti del
servizio, senza tuttavia partecipare al miglioramento dello stesso e pretendendone allo stesso tempo
standard di qualità che non partecipa a costruire. In questo clima culturale le assemblee dei genitori hanno
perso di efficacia.
Anche per gli studenti, come per i genitori, è data la possibilità di riunirsi in assemblee: l’assemblea
d’istituto può essere convocata una volta al mese per l’intera durata di una giornata di lezioni; anche
l’assemblea di classe può essere indetta una volta al mese, con il limite di due ore, ad eccezione dell’ultimo
mese di lezioni.
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Dopo varie rivendicazioni negli anni Sessanta, gli scontri e le pressioni giovanili, si iniziò a dare forma allo
stato giuridico dei docenti. Con la legge 477/1973 fu conferita “Delega al Governo per l’emanazione di
norme sullo stato giuridico del personale direttivo, ispettivo, docente e non docente della scuola…” e si ebbero
ulteriori passi in avanti con l’attuazione delle deleghe tramite i già citati “decreti delegati”.
L’art. 1 del T.U. proclama il principio di libertà di insegnamento, in modo da garantire al docente
libertà contro ogni costrizione o condizionamenti da parte di poteri terzi. Il principio è presente anche
nell’art. 33 della Costituzione (l’esercizio di questa libertà è collegata a tutta una serie di diritti che
fanno capo ad altri soggetti).
Il secondo dei diritti tutelati dal T.U. nell’art. 2 è invece il diritto allo studio, ovvero il diritto di
accedere al sistema scolastico, ed è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico
e sociale che limitano questa libertà (art. 34 della Costituzione: “La scuola è aperta a tutti (…)”). Di
conseguenza:
- “La Repubblica detta le norme generali sull’istruzione ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e i
gradi” (art. 33, comma 2);
- “L’istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita” (art. 34, comma 2);
- “I capaci e i meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli
studi…” (ibidem).
Tutti questi principi sono stati poi posti a fondamento dell’autonomia scolastica attraverso il
Regolamento dell’autonomia scolastica.
Il terzo dei diritti costituzionalmente tutelati è la libertà di scelta educativa delle famiglie (art. 30
della Costituzione) e solo la legge può disporre interventi sostitutivi rispetto la famiglia. Ne consegue
che il compito dello Stato è semplicemente di mettere in condizione le famiglie di educare i figli, che la
scuola ha come compito primario di elaborare e attuare la proposta didattica e che la famiglia è
interlocutrice continua della scuola.
La libertà della scuola (artt. 3 e 33 della Costituzione) attiene alla scelta della scuola che deve
garantire l’uguaglianza di trattamento. La libertà nella scuola (art. 31) attiene invece al rispetto della
coscienza morale e civile degli alunni.
Ricordiamo che è in primo luogo il dirigente scolastico che dentro la scuola si deve adoperare per la
tutela dei diritti costituzionali (definiti nel D.Lgs. 165/2001, poi richiamati anche nel CCNL 2006).
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La funzione docente
L’art. 395 del T.U. delinea le principali attività proprie del docente:
Il docente deve ovviamente conoscere, oltre che i contenuti della propria disciplina, anche le
metodologie idonee ad insegnarla. La trasmissione richiede sempre infatti l’innovazione e la
personalizzazione dei percorsi di apprendimento. Emerge nei tre punti appena elencati anche il nesso
fondamentale tra educazione e democrazia, nel quale la democrazia pone al centro la persona e i suoi
valori. Questo significa che l’educando deve muoversi attivamente verso tutte le direzioni: affettive,
operative, creative, etiche ecc.
➢ legge Casati (art. 357 sgg.): per i maestri era prevista una “scuola normale” di durata di tre
anni;
➢ la Riforma Gentile (R.D. 1054/1923): istituì l’istituto magistrale per la formazione dei maestri;
➢ D.L. 341/1990: il titolo di laurea diviene necessario ai fini dell’ammissione ai concorsi per
l’insegnamento nella materna e nelle elementari;
➢ D.M. 249/2010: fu emanato un Regolamento per la formazione iniziale degli insegnanti della
scuola dell’infanzia, della primaria e della secondaria di primo e secondo grado. L’art. 3 di tale
decreto, chiamato “Percorsi formativi”, stabilisce i seguenti percorsi formativi:
1. per la scuola dell’infanzia e della primaria un corso di laurea magistrale quinquennale,
comprensivo di tirocinio da avviare a partire dal secondo anno di corso;
2. per la scuola secondaria di primo e secondo grado un corso di laurea magistrale
biennale ed un successivo anno di tirocinio formativo attivo.
All’interno di questi percorsi formativi è obbligatorio: il livello B2 di lingua inglese, competenze digitali
come da raccomandazione del Parlamento europeo (2018) e competenze didattiche atte a favorire
l’integrazione di alunni con disabilità.
Con la legge 107/2015 si richiedevano un riordino ed una semplificazione per l’accesso all’insegnamento
nella scuola secondaria; con il D.Lgs. 59/2017 venne poi strutturato e proposto un percorso FIT di tre
anni di formazione, tirocinio e inserimento. Con l’entrata in vigore della legge 145/2018 venne in seguito
abolito il percorso FIT e si ritornò ad un “percorso annuale di formazione iniziale e prova”. Le tappe previste
dalla legge sono le seguenti:
Per l’accesso al concorso per i posti comuni sono previsti i seguenti requisiti (disgiunti):
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Per l’accesso al concorso per i posti di sostegno sono previsti i seguenti requisiti (congiunti):
Per l’accesso al concorso per i posti di insegnante tecnico-pratico sono previsti i seguenti requisiti
(disgiunti):
Per gli insegnanti tecnico-pratici i requisiti della laurea e dei 24 CFU saranno richiesti per la partecipazione
ai bandi successivamente all’a.s. 2024/25.
Le prove d’esame
Per i posti comuni sono previste tre prove d’esame, delle quali due, a carattere nazionale, sono scritte e
una è orale. La prima prova ha l’obiettivo di valutare il grado di conoscenze e competenze del
candidato sulle discipline afferenti alle classi di concorso (per le classi di concorso in lingue e culture
straniere la prova va svolta nella lingua prescelta); la seconda prova valuta le conoscenze antropo-
psico-pedagogiche e metodologiche. Le prime due prove sono superate se si raggiunge un punteggio di
sette decimi. Durante l’orale vengono valutate le competenze e le conoscenze del candidato in tutte le
discipline facenti parte della classe di concorso, il livello di lingua straniera europea (almeno B2 del
QCER) e il possesso di abilità informatiche di base. Viene poi stilata una graduatoria di merito per
ciascuna delle tipologie di posti.
L’insegnamento della religione cattolica (IRC), impartito nel quadro delle finalità della scuola, ha dignità
formativa e culturale pari a tutte le altre materie. L’insegnamento è disciplinato:
- dall’accordo tra la Repubblica Italiana e la Santa Sede, con relativo Protocollo addizionale,
ratificato con la legge 121/1985;
- dalle intese previste da predetto Protocollo.
Gli insegnanti devono inoltre essere riconosciuti idonei dalle autorità ecclesiastiche.
L’approvazione della legge 186/2003 sulle “Norme sullo stato giuridico degli insegnanti di religione cattolica
(…)” suscitò varie polemiche soprattutto sull’ammissione di ruolo dei docenti di IRC, in quanto lo Stato
riconosceva come titolo per l’assunzione l’approvazione del foro ecclesiastico e si impegnava oltretutto a
garantire il pari trattamento con gli altri dipendenti pubblici.
Nelle scuole del secondo ciclo è presente la figura professionale dell’insegnante tecnico-pratico (I.T.P.), al
quale spetta il compito di organizzazione e sviluppo di tutte le attività d’insegnamento che attengono
all’area del saper fare e del saper agire. A seguito della legge 124/1999 sono stati equiparati ai docenti
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(ne consegue che possono far parte della Commissione negli esami di Stato). Requisito per accedere al ruolo
è il diploma di scuola superiore.
9.3 Il periodo di prova del personale docente → art. 438 del T.U.
Il servizio deve essere di almeno 180 giorni, di cui 120 per attività didattiche: il servizio va prestato sulla
cattedra o sul posto per il quale la nomina è stata conseguita. Nei 120 giorni sono compresi sia i giorni
effettivi di insegnamento sia i giorni impegnati per ogni altra attività, tra cui anche quelle valutative,
progettuali, formative e collegiali. Gli obiettivi e le modalità di valutazione del personale docente ed
educativo sono esplicate con il decreto ministeriale 850/2015 (disposizioni applicative della legge
107/2015).
La legge 270/1982 stabilì che il docente durante l’anno di prova avesse un percorso assistito che
comprendesse:
- assistenza professionale all’interno della scuola tramite un docente nominato dal capo
d’istituto su designazione del collegio docenti; detto docente tutor oltre che a rilasciare un
parere motivato a fine anno deve svolgere attività di accoglienza, accompagnamento e
tutorato;
- lo svolgimento di un certo numero di ore seminariali esterne;
- la discussione a fine anno con il comitato.
Il docente neoassunto deve rifarsi al PTOF e alla documentazione tecnico-didattica delle classi per la
programmazione del proprio anno. Alla luce delle prime attività viene poi sempre stabilito un “patto per
lo sviluppo professionale” con tutti gli obiettivi da raggiungere nel corso dell’anno.
Il D.M. 850/2015 dispone che le attività formative durante l’anno di prova siano organizzate secondo
4 fasi:
Vengono valutati, attraverso un colloquio tenuto davanti il comitato (tra il 1° di luglio e il 31 agosto) e
attraverso la documentazione prodotta durante l’anno:
Sulla base di questi elementi si conferma o meno il docente in ruolo, con decorrenza dal primo
settembre dell’anno successivo.
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- le assenze hanno causato la mancata effettuazione dei 180 giorni di effettivo servizio;
- l’anno di prova ha avuto esito negativo.
L’anno di prova può essere prorogato di un solo altro anno: se alla fine del secondo anno il docente non
riceve la nomina è dispensato dal servizio o restituito al ruolo di provenienza.
Con l’entrata in vigore della 145/2018 e l’abolizione degli ambiti territoriali, i docenti sono assegnati
direttamente alle istituzioni scolastiche presso le quali hanno superato il “percorso annuale di formazione
iniziale e di prova”.
Per quanto riguarda l’assegnazione del personale scolastico ai plessi/sedi staccate e alle classi, il
dirigente scolastico si dovrebbe attenere alla procedura contenente nel D.Lgs. 297/1994. Il lavoratore
beneficiario della legge 104/1992 ha diritto a scegliere il posto più vicino al domicilio della persona da
assistere.
Particolare attenzione va attribuita all’art. 3 del CCNL, che rinnova alcuni contenuti della funzione docente
a seguito dell’entrata in vigore dell’autonomia scolastica. L’art. 27 del CCNL 2007, poi confermato nel
CCNL 2018, stabilisce invece il Profilo professionale docente, ovvero tutte le competenze richieste
all’insegnante per l’efficace esercizio delle sue funzioni (anche viste da un punto di vista diacronico, ovvero
capaci di mutare durante l’esperienza). Inoltre viene specificato il ruolo del docente non come monade
astratta dal contesto, ma come vincolato al PTOF della scuola e alla dimensione collegiale
dell’insegnamento.
L’orario di lavoro nel pubblico impiego, generalmente, è quella di 36 ore settimanali. La figura
dell’insegnante è atipica poiché è difficile, se non impossibile, ricondurre il suo orario di lavoro al solo
impegno settimanale di lezione. C’è poi una differenziazione interna molto varia, che dipende dall’età
dell’alunno, dal tipo di scuola e dalla diversa gestione dell’impegno professionale.
L’orario di insegnamento:
- 25 ore settimanali nella scuola dell’infanzia;
- 22 ore settimanali nella scuola primaria, con l’aggiunta di 2 ore da dedicare alla
programmazione didattica, da attuarsi in incontri collegiali dei docenti interessati in tempi
non coincidenti con l’orario delle lezioni;
- 18 ore settimanali nelle scuole e istituti d’istruzione secondaria ed artistica (distribuite
su non meno di 5 giornate settimanali).
La riduzione dell’ora di insegnamento per cause di forza maggiore → art. 28 del CCNL
2007
1. accertate esigenze sociali degli studenti (insuperabili difficoltà dei trasporti e/o
nell’effettuazione dei doppi turni);
2. competenza dei dirigenti scolastici (sono i dirigenti a formulare l’orario delle lezioni, il
consiglio d’istituto si limita a presentare una proposta).
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- nei giorni in cui l’orario delle lezioni è contenuto in quattro ore è vietata la riduzione;
- nei giorni in cui l’orario delle lezioni è contenuto in cinque ore, la riduzione può riferirsi
alla prima o all’ultima ora;
- nei giorni in cui l’orario delle lezioni è contenuto in sei ore, la riduzione può riferirsi alla
prima, all’ultima o alla penultima ora;
- nei giorni in cui l’orario delle lezioni è contenuto in sette ore, la riduzione può riferirsi alle
prime due o alle ultime tre ore;
- la riduzione dell’ora non deve in nessun modo superare i 10 minuti;
- la riduzione si deve riferire ad una classe e non può assumere carattere generale per
l’intero istituto;
- nel caso in cui le esigenze di riduzione si riferiscano ad un piccolo numero di persone, può
essere adottato il criterio di autorizzare per il ritardo e/o l’uscita anticipata per gli
interessati.
Ci sono 5 diversi ambiti distinti dall’insegnamento ma che rientrano nelle attività lavorative
dell’insegnante:
Il Piano annuale delle attività degli insegnanti → art. 28 del CCNL 2007
Il Piano annuale delle attività degli insegnanti è direttamente collegato al PTOF, ne costituisce la
condizione per la realizzazione e consiste nella programmazione e calendarizzazione di tutte le attività
di lavoro da effettuare nel corso dell’a.s.
È responsabilità del docente custodire i registri collegati alla vita scolastica degli alunni. Questa
responsabilità è contenuta già nel R.D. 965/1924, art. 41: “Ogni professore deve tenere diligentemente il
giornale di classe (...)”.
I registri informatizzati
I registri informatizzati vedono la luce con la 82/2005, ma l’uso esclusivo dei registri online si ha solo
successivamente con la 135/2012: per le iscrizioni alle scuole di ogni grado, per la comunicazione degli
scrutini intermedi e finali e per la comunicazione di voti, valutazioni, presenze e assenze degli alunni.
I docenti hanno grande responsabilità nella redazione dei documenti scolastici perché possono essere
contestati e può essere sempre messa in dubbio la veridicità di quanto affermano. La falsità del
documento può inerire sia la parte materiale che la parte ideologica.
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Ridotti a 2 nel CCNL 2002/06 sono portati al 10% secondo la 107/2015. La loro funzione è
strettamente organizzativa e amministrativa, con l’obiettivo di un miglior coordinamento scolastico.
In istituzioni scolastiche di grandi dimensioni e particolare complessità il T.U. (art. 459) prevede la
possibilità per il dirigente scolastico di esonerare, in maniera parziale o totale, uno dei collaboratori al
fine di esserne affiancato con modalità più operative. Tale esonero prevede ovviamente una riduzione
delle ore di insegnamento da parte del collaboratore, che può essere delegato ad una serie di compiti
gestionali, inclusa anche l’eventualmente firma di atti di rilevanza esterna. L’esonero è possibile nei
circoli didattici che abbiano almeno 80 classi o nelle scuole medie, negli istituti comprensivi e nelle
scuole secondarie di secondo grado che abbiano almeno 55 classi (per l’esonero totale) o 40 classi (per
l’esonero parziale).
Nel CCNL 1999 si introdusse la figura dei docenti incaricati di “funzioni-obiettivo”, figura che nel CCNL
2002/06 subì le seguenti modifiche:
Le Collaborazioni plurime
Nell’art. 35 del CCNL 2007 si precisa che la collaborazione per la realizzazione di specifici progetti è
possibile se il corpo docente ricevente ha delle particolari necessità; tale collaborazione deve essere
autorizzata dal dirigente scolastico.
La definizione di ciò che sia diritto-dovere in relazione al tema dell’aggiornamento del docente è
specificata per la prima volta nella 419/1974:
• l’adeguamento delle conoscenze allo sviluppo delle scienze per singole discipline e connessioni
interdisciplinari;
• l’approfondimento della preparazione didattica;
• la ricerca e l’innovazione didattico-pedagogica.
Nel CCNL 2007 si inizia a declinare una definizione di diritto-dovere sempre più sganciata da sanzioni o
punizioni. Vengono confermati per gli insegnanti:
• il diritto alla fruizione di 5 giorni nel corso dell’anno scolastico per la partecipazione ad
attività di formazione con l’esonero dal servizio;
• il diritto alla fruizione di 5 giorni e/o l’adattamento dell’orario di lavoro per i docenti
impegnati in qualità di formatori.
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Con l’aggiornamento della legge 107/2015 la formazione degli insegnati viene definita “obbligatoria,
permanente e strutturale”. La legge demanda l’iniziativa ai collegi docenti in coerenza con il PTOF, le priorità
nazionali indicate nel Piano nazionale di formazione e i piani emersi dai piani di miglioramento delle
istituzioni scolastiche. Inoltre la legge ha istituito la Carta elettronica per l’aggiornamento e la formazione
del docente di ruolo (500 euro per ogni a.s.).
LA LIBERTÀ PROFESSIONALE NEL T.U. DELLA SCUOLA → art. 508 del T.U.
L’articolo specifica che l’insegnante può impartire lezioni ad alunni di altri istituti (previa dovuta
comunicazione) e che al personale docente è consentito l’esercizio di libere professioni che non siano di
pregiudizio all’assolvimento di tutte le attività alla funzione docente (con autorizzazione del dirigente
scolastico). La ragione della norma sta nella possibilità aperta al docente di arricchirsi e formarsi in forme
differenti.
L’art. 2048 del codice civile prevede che: “Il padre e la madre, o il tutore, sono responsabili del danno cagionato
dal fatto illecito dei figli minori non emancipate o delle persone soggette alla tutela (…) I precettori e coloro che
insegnano un mestiere o un’arte sono responsabili del danno cagionato dal fatto illecito dei loro allievi (…)”.
La colpa del precettore o insegnante decade solo se capace di dimostrare di non aver potuto evitare il fatto.
Inoltre egli deve dimostrare in positivo di aver adottato tutte le misure organizzative idonee per evitare il
danno in modo preventivo. L’art. 10 del T.U. ed il CCNL 2006/2009 all’art. 29 sono altre fonti riguardo la
responsabilità del personale scolastico sugli alunni da dover tener presenti. Anche i collaboratori scolastici,
ex-bidelli, in determinate circostanze sono chiamati ad una analoga responsabilità.
Al dirigente scolastico spetta la responsabilità ex art. 2043 del codice civile, e cioè:
- quando non abbia eliminato fonti di pericolo con l’applicazione delle norme per la
sicurezza;
- quando non abbia custodito adeguatamente le attrezzature della scuola;
- quando non abbia adeguatamente regolato i movimenti e la permanenza degli alunni
nelle varie strutture scolastiche;
- quando non abbia disciplinato i turni-docenti nelle classi e l’accesso/vigilanza degli alunni
nei servizi igienici, nella palestra ecc.;
- quando a fine lezioni non abbia provveduto a impartire disposizioni per la vigilanza degli
alunni per tutto il tempo necessario prima del subentro dei loro genitori o incaricati
(presentare il tema di vigilanza all’interno del Regolamento d’istituto è competenza del
consiglio d’Istituto, su iniziativa del dirigente scolastico).
La responsabilità patrimoniale del personale scolastico poggia sull’art. 2740 del codice civile ma il principio
è temperato grazie la legge 312/1980.
La Corte di Cassazione civile ha elaborato il criterio della culpa in educando, posta anzitutto a carico dei
genitori (in relazione alle regole del vivere comune, al riconoscimento dell’autorità degli adulti ecc..).
L’esercizio dell’azione disciplinare nel pubblico impiego è obbligatorio in quanto risponde ai principi
costituzionali di buon andamento della P.A. e di legittimità dell’azione normativa (art. 97 della
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Costituzione e CCNL). Allo stato attuale l’insegnante è soggetto alla disciplina generale del pubblico
impiego, quale risulta dal D.Lgs. 165/2001; l’apparato di infrazioni e sanzioni non è invece ancora
disciplinato da un CCNL, bensì dagli articoli 492-501 del T.U. I principi da seguire per l’irrogazione
della sanzione sono 3:
Il dirigente scolastico ha competenza sulle mancanze disciplinari punibili con sanzioni fino alla
sospensione dal servizio fino ai 10 giorni; per pene più gravi la competenza passa all’Ufficio scolastico
regionale. Il dirigente scolastico può effettuare un avvertimento scritto, una censura o una sospensione
dall’insegnamento. L’USR provvede alle sanzioni più gravi come il licenziamento o le sospensioni a
lungo periodo (più di 10 giorni).
Il dirigente scolastico, quando ha notizia di comportamenti punibili con sanzioni disciplinari di propria
competenza, contesta per iscritto l’addebito al dipendente medesimo. L’incolpato viene convocato per
potersi difendere e può:
Il dirigente scolastico ha poi 120 giorni per archiviare o irrogare la sanzione. Il dipendente, se
incolpato, ha diritto a richiedere la “determinazione concordata della sanzione” entro 5 giorni
dall’audizione a difesa (entro i 5 giorni successivi questa richiesta di patteggiamento può essere
accettata o meno). La P.A. ha l’obbligo di concludere i procedimenti.
Nel caso ci sia stata già una precedente sanzione (nei due anni precedenti), all’incolpato va imputata
anche la recidiva. Questo potrebbe determinare una sanzione di livello più alto.
Esiste per gli insegnanti l’istituto della riabilitazione: nel caso di una condotta meritevole, trascorsi due
anni dalla data dell’atto in cui è stata inflitta la sanzione, il docente può chiedere che siano resi nulli gli
effetti della stessa.
Il processo di valorizzazione del docente inizia con le leggi 15/2008 e 150/2009. Con la 107/2015 viene
poi seguita la strada del bonus annuale, delegando al dirigente scolastico il compito di individuare i docenti
meritevoli secondo vari criteri:
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Può avvenire che uno studente o un docente compia atti previsti dal codice penale come per esempio:
- spaccio di stupefacenti;
- bullismo e violenza;
- occupazioni e danneggiamento di edifici pubblici;
- reati contro la persona e contro la libertà dei minori, come delineati nel Titolo XII del
Libro II del cod. pen. (i reati contro i minori figurano tra quelli perseguiti d’ufficio data la
superiore esigenza di tutelare persone ritenute non in grado di difendersi).
Particolare risalto in merito a questi reati hanno assunto le ratifiche fatte dal Parlamento italiano della
“Convenzione del Consiglio d’Europa sulla lotta contro la tratta degli esseri umani, fatta a Varsavia il 16 maggio
2005” e della “Convenzione del Consiglio d’Europa per la protezione dei minori contro lo sfruttamento e l’abuso
sessuale, fatta a Lanzarote il 25 ottobre del 2007”.
L’OBBLIGO DI DENUNCIA
L’obbligo di denuncia è previsto dall’art. 331 del cod. di procedura penale ed in primo luogo interessa il
dirigente, che per primo non può esimersi dai suoi doveri di tutela verso i minori. L’omissione di denuncia
costituisce reato secondo l’art. 361 del cod. pen. e può aggravarsi con il favoreggiamento personale (art.
378) o con il favoreggiamento reale (art. 379).
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L’art. 3 individua nei capi di dipartimento il compito di assicurare l’esercizio organico, coordinato ed
integrato delle funzioni del Ministero.
Dipartimento per la
Dipartimento per il sistema Dipartimento per la programmazione e la
educativo di istruzione e formazione superiore e per gestione delle risorse
formazione la ricerca umane, finanziarie e
strumentali
Direzione generale per gli Direzione generale per la
ordinamenti scolastici e la programmazione, il coordinamento e Direzione generale per le risorse
valutazione del sistema nazionale di il finanziamento delle istituzioni umane e finanziarie
istruzione della formazione superiore
Direzione generale per lo studente, Direzione generale per i contratti, gli
Direzione generale per il personale
lo sviluppo e l’internazionalizzazione acquisti e per i sistemi informativi e
scolastico
della formazione superiore la statistica
Direzione generale per interventi in
Direzione generale per il
Direzione generale per lo studente, materia di edilizia scolastica e per la
coordinamento, la promozione e la
l’integrazione e la partecipazione gestione dei fondi strutturali per
valorizzazione della ricerca
l’istruzione2
L’art. 8 del D.C.P.M. 98/2014 è dedicato agli Uffici scolastici regionali che hanno sede in ciascun
capoluogo di Regione (in totale 18, perché sono escluse la Valle d’Aosta e il Trentino-Alto Adige). Le
principali aree di attività degli USR sono:
1. vigilanza sul rispetto delle norme generali e dei livelli essenziali delle prestazioni;
2. attuazione delle politiche nazionali per gli studenti;
3. formazione della segreteria del consiglio regionale dell’istruzione.
2 Tabella ripresa dal testo Avvertenze Generali per tutte le classi di concorso. Parte generale dei programmi concorsuali per
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L’USR è oggi organizzato in uffici dirigenziali per “funzioni e per articolazioni sul territorio” con vari
compiti amministrativi, di supporto e monitoraggio (il numero degli uffici è rapportato al numero delle
Province della Regione interessata). Con il D.P.C.M. 98/2014 si delineano i loro compiti:
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