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LEGHE DI MAGNESIO
1) resistenza a corrosione di leghe di magnesio con Al e Zn
2) proprietà ingegneristiche peculiari (leggerezza, capacità di smorzamento, lavorabilità)
delle leghe di Mg
3) leghe Mg-Al-Zn, Mg-Al-Mn e Mg-Al-Si (composizione, microstruttura e proprietà)
4) caratteristiche ed applicazioni delle leghe di Mg contenenti terre rare
Meccanismi di rafforzamento
1-Interazione solvente-soluto e rafforzamento per soluzione solida (8P)
L’introduzione di atomi di soluto nel reticolo cristallino di un solvente produce sempre una lega più
resistente del solvente puro. Ci sono due tipi di soluzione solida: la soluzione solida sostituzionale,
quando soluto e solvente hanno atomi di dimensioni assai vicine e in tal caso gli atomi di soluto
possono occupare le posizioni reticolari del solvente; la soluzione solida interstiziale, quando soluto e
solvente hanno atomi di dimensioni assai lontane e in tal caso gli atomi di soluto possono occupare le
posizioni interstiziali del solvente.
Il risultato dell’addizione di soluto è un aumento non solo del limite elastico, ma anche di tutta la
curva di flusso plastico, perché gli atomi estranei introducono una specie di attrito allo scorrimento
delle dislocazioni nel loro sistema di scorrimento. Gli atomi di soluto due tipi di distorsioni reticolari
-gli atomi sostituzionali introducono una distorsione reticolare di tipo sferico, quindi producono delle
tensioni con una componente idrostatica;
-gli atomi interstiziali introducono una distorsione reticolare sia di tipo sferico, sia di tipo non sferico,
quindi danno luogo a componenti tensionali sia idrostatiche, sia di taglio.
È stato accertato che fra gli atomi di soluto e le dislocazioni si verificano delle interazioni elastiche,
dovute alla differenza di dimensioni atomiche fra solvente e soluto; il rafforzamento dovuto a tali
interazioni è direttamente proporzionale a tale differenza di diametro atomico. Nello specifico, i
soluti sostituzionali, dando origine a deformazioni sferiche e quindi a campi con componente
idrostatica, sono capaci d’inibire il movimento solo delle dislocazioni a spigolo, le uniche che hanno
componenti di stress elastico idrostatico; i soluti interstiziali, invece, producendo campi elastici sia
con componenti idrostatiche, sia di taglio, interagiscono con tutti i tipi di dislocazioni e quindi sono
capaci di frenare il movimento di quelle a spigolo, ma anche di quelle a vite.
Esistono altri tipi d’interazioni, ma sono tutti di entità ridotta rispetto alle interazioni elastiche:
-Interazione dovuta al modulo elastico, se i moduli di soluto e solvente sono diversi nasceranno degli
stress, anch’essi di natura elastica, capaci d’interagire con tutti i tipi di dislocazioni.
-Interazioni di ordine a corto raggio, gli atomi di soluto hanno la tendenza ad essere distribuiti nel
solvente in modo casuale, ma possono dare origine a dei fenomeni di raggruppamento (clustering), se
questi sono energicamente favorevoli; ne consegue che una dislocazione che li attraversa tende a
mitigare il fenomeno di raggruppamento e per farlo richiede un surplus energetico che si traduce in
una maggiore richiesta di stress di taglio per muoversi.
-Interazioni per ordine ad ampio raggio, gli atomi di soluto e solvente sono organizzati in modo
ordinato a formare un super-reticolo cristallino, il passaggio della dislocazione distrugge l’ordine del
reticolo formando una zona disordinata come un bordo di grano, chiamato bordo di antifase; tutto ciò
richiede una spesa energetica, la quale richiede un aumento dello stress di taglio necessario a far
muovere le dislocazioni.
Il rafforzamento per soluzione solida avviene grazie all’introduzione di atomi di soluto in soluzione
solida nel reticolo del solvente che vanno a posizionarsi nelle dislocazioni riducendo gli stress
residui, le quali possono essere a spigolo o a vite. Le dislocazioni a vite non sono indicate per questo
tipo di rafforzamento per via dei campi tensionali di solo taglio. Nel reticolo del solvente gli atomi di
soluto possono sostituirsi agli atomi del solvente o muoversi nelle vacanze, prendendo il nome di
soluzione solida sostituzionale, oppure occupare posizioni solide interstiziali con atomi di piccola
dimensione rispetto a quella del solvente. Prendendo ad esempio una dislocazione a spigolo e un
rafforzamento per soluzione solida sostituzionale, l’atomo di Mg, ad esempio nella lega Al-Mg,
andrà a posizionarsi vicino alla dislocazione perché tende a minimizzare i campi tensionali ed
essendo più grande dell’atomo di Al andrà a posizionarsi nella zona di trazione andando a ridurre lo
stress residuo. Viceversa, atomi più piccoli produrranno stati tensionali di trazione e si
posizioneranno nelle zone di compressione del materiale. Si può vedere che aumentando la
concentrazione di soluto, ad esempio nel Al-Mg, il così detto True Stress sale con differenze notevoli
da quello che è l’elemento puro, seguendo la legge: Δ𝜏=𝐺𝑏𝜀3/2√𝑐. Con G=modulo di elasticità
tangenziale; b=modulo del vettore di Burgers; ε=deformazione; c=concentrazione. Al crescere di ε le
dislocazioni aumentano e quindi gli atomi di soluto possono agire in più punti per cui il loro effetto
di aumento della resistenza aumenta.
Nella seguente equazione si riporta la funzione tensione tangenziale, parallela alla cricca, generata da
𝜏√𝜋𝑎 (𝜏−𝜏0 )√𝑑
una tensione tangenziale lontana dall’apice della cricca. 𝜏𝑥𝑦 = 𝑓 (𝜃 ) = 𝐶2 che si ri-
√2𝜋𝑟 𝑥𝑦 √2𝜋𝑟
(𝜎−𝜎0 )√𝑑
scrive, in funzione di σ, come: 𝜎𝐿𝑂𝐶 = 𝜎 ∗ = 𝐶3
√𝑏
E denominando: 𝑘∗=𝜎∗/𝐶3, si ricava la legge di Hall-Petch: 𝜎=𝜎0+𝑘∗√(𝑏/𝑑).
Si nota che si è voluto introdurre la costante 𝑘 ∗ , che è determinabile sperimentalmente applicando
una regressione su dati di differenti prove di trazione condotte su campioni con grani cristallini di
diverse dimensioni, allo scopo di mascherare la resistenza intrinseca 𝜎 ∗ del bordo di grano, in quanto
grandezza fisica molto più incerta dal punto di vista della sua determinazione sperimentale. Questa
legge non vale per grani troppo fini e neanche per quelli troppo grandi. Per grani molto piccoli 𝑑 <
100 𝑛𝑚 ho 𝜎 − 𝜎0 ≈ 𝜎 . E se anche 𝑁 → 1 la legge di Hall-Petch diventa: 𝜎𝐿𝑂𝐶 = 𝜎 ∗ = 𝑁(𝜎 −
𝜎0 ) ≈ 𝑁𝜎 .
Nelle condizioni 𝑁 → 1, la nucleazione e il passaggio simultaneo di una dislocazione dal bordo di
grano avviene in corrispondenza del diametro del grano 𝑑 = 𝑑 ∗ , e quindi dalla legge di Hall-Petch si
𝑏
avrebbe: 𝜎𝐿𝑂𝐶 = 𝜎 ∗ ≤ 𝜎 ≈ 𝑘 ∗ √ .
𝑑∗
Alla fine si ottiene una stima del diametro critico del grano d* al di sotto del quale non vi è più la di-
𝑘∗ 2
pendenza prevista dalla legge di Hall-Petch: 𝑑𝑙𝑖𝑚 ≤ 𝑏 ( ∗ ) .
𝜎
Tecnologia dei getti
1-Vantaggi dell'uso dei getti rispetto alle altre lavorazioni (asportazione di
truciolo o deformazione plastica) (8P)
I componenti fabbricati in fonderia hanno caratteristiche un po' diverse da quelle degli equivalenti
fabbricati dai semilavorati mediante deformazione plastica ed asportazione di truciolo. In generale i
pezzi ottenuti per colata hanno caratteristiche meccaniche inferiori. Tuttavia la fabbricazione in fon-
deria permette degli innegabili vantaggi che spesso ne fa preferire l'impiego, come per esempio: -co-
sti di fabbricazione molto minori per pezzi di forma complessa; -proprietà meccaniche isotrope; -pro-
gettazione per funzionalità senza tenere conto di problematiche di assemblaggio; -aumento della ve-
locità della prototipazione rapida. La produzione di pezzi mediante fonderia offre al progettista van-
taggi sui costi rispetto alle altre tecnologie di produzione quando le geometrie sono molto complesse,
per le seguenti motivazioni: -uso di un minor numero di pezzi; -eliminazione di lavorazioni per de-
formazione plastica o per asportazione di truciolo; -tempi di montaggio più brevi; -risparmio di
massa.
5-Indicare le cause d'insorgenza degli strappi a caldo nei getti e citare quali
leghe di Al e Mg potrebbero esserne affette (8P)
Durante la solidificazione a causa del ritiro allo stato solido ho delle variazioni di volume maggiori di
tutto il processo di colata; ed è in questa fase che avvengono gli strappi a caldo, dato che il materiale
non ha ancora raggiunto la resistenza sufficiente per resistere alle tensioni imposte dai vincoli
geometrici, si ha la formazione di fratture intergranulari. Questo si verifica quando lo stress supera la
resistenza a trazione del materiale. Per ridurre il rischio di problematiche del genere è necessario
eseguire operazioni di affinamento dei grani per disperdere l’ultimo liquido che solidifica, utilizzare
raffreddatori o isolanti termici posizionandoli con cura, curare con attenzione il progetto geometrico
della forma evitando bruschi cambi di dimensione della sezione, evitare leghe con intervalli di
solidificazione troppo ampi per evitare che ci sia poco liquido eutettico nelle fasi finali in grado di
fluire nelle zone degli strappi e ripararli. Nelle leghe di Al, il Cu favorisce gli strappi a caldo, così
come lo Zn nelle leghe di Mg. Viceversa l’utilizzo del Fe nelle leghe di Al rende più difficile l’insorgere
di hot tearing e analogamente agiscono le Terre Rare nelle leghe di Mg.
6-Spiegare la porosità di ritiro nelle leghe con intervallo di solidificazione
corto e una con intervallo di solidificazione lungo, facendo il confronto fra le
due (10P)
La porosità da ritiro si manifesta a fine solidificazione perché nell’ultima parte di liquido si riassume
tutto il ritiro volumetrico della trasformazione liquido-solido senza che sia più possibile che altro
liquido riempia le cavità che si formano a causa della contrazione del materiale. A differenza dei metalli
puri, le leghe hanno una Tliquidus e una Tsolidus differenti, per cui si determina un intervallo di
solidificazione dipendente dalla differenza tra le due temperature. In molte leghe la solidificazione
porta a un punto eutettico e si formeranno dendriti di fase primaria circondate da liquido eutettico: è
poi l’ampiezza dell’intervallo di solidificazione a stabilire l’entità del ritiro e della porosità ad esso
connessa. Nel caso di intervallo di solidificazione corto, che va dai 0°C ai 50 °C la situazione non è
diversa da quella di un metallo puro, cioè essa è direzionale ed efficiente perché il fronte del solido è
a poca distanza dalla fine delle dendriti. Al procedere della solidificazione, il materiale liquido viene
risucchiato nella “foresta dendritica” (che però non è molto estesa) e questo permette al materiale
liquido di riempire le cavità interdendritiche. La zona di fine solidificazione è circoscritta di
conseguenza ed è lì che si concentrano i ritiri volumetrici che possono essere causa di porosità. Se la
struttura per la colata è ben congegnata si posizionano delle materozze che forniscono materiale liquido
per compensare i ritiri in modo efficace. Non è impossibile eliminare del tutto queste porosità da ritiro,
ma è un’operazione molto complicata. Se rimane un residuo di porosità, esso sarà di tipo interdendritco.
La porosità da ritiro in una lega con intervallo di solidificazione lungo si verifica quando la differenza
tra Tliquidus e Tsolidus supera i 110°C e quindi sorgono difficoltà di compensazione del ritiro liquido-
solido non più arginabili. La solidificazione direzionale perde efficacia poiché il fronte del solido si
trova a grande distanza dagli apici delle dendriti o sono presenti dendriti equiassiche isolate disposte
un po’ ovunque nel liquido. La zona di fine solidificazione non è circoscritta poiché la mushy zone è
di ampie dimensioni. Ci si ritrova con porosità diffuse ovunque e di conseguenza non si possono usare
materozze per risolvere il problema del ritiro e della porosità ad esso connessa. Quindi lavorando con
leghe ad ampio intervallo di solidificazione bisogna considerare i problemi legati a una diffusa porosità
interna.
In ascisse vi è la distanza dalla superficie, in ordinate lo sforzo di taglio. Le tre curve sono
parametrate da differenti coefficienti di attrito. Più questo cresce, più il picco dello stress e di taglio si
sposta verso la superficie. Gli inneschi del pitting sono sub-superficiali se vi sono difetti localizzati,
tipicamente inclusioni, mentre le condizioni di lavoro che si riscontrano sono normali e cioè: -alta
velocità di rotazione; -ottima finitura superficiale; -adeguata lubrificazione.
Può capitare che il picco di stress di taglio si sposta gradualmente verso la superficie; in tal caso le
cause più comuni sono: -spessore del film di lubrificante insufficiente; - contatto metallo-metallo
esageratamente intenso (in questo caso si hanno interazioni fra le asperità delle superfici antagoniste
e contatti con difetti).
Inoltre, il pitting può essere causato da alterazioni nel lubrificante: -contaminazione con H2O, con
conseguente corrosione; -contaminazione con particelle abrasive, con susseguenti indentazioni e
solchi sulla superficie.
Esistono differenti tipologie di contromisure per ovviare al fenomeno del pitting. Si possono
abbassare gli stress di contatto, di solito variando i parametri geometrici delle ruote dentate. Oppure,
si può scegliere un materiale ed un trattamento termico adatto per avere un dente resistente con una
superficie dura; di solito, ma non sempre, si scelgono acciai da cementazione, perché sono quelli più
adatti e presentano le seguenti caratteristiche: -una superficie molto dura; -tensioni superficiali
residue di compressione; -costi di produzione elevati; -dopo trattamento termico necessitano di
finitura superficiale mediante rettifica o lappatura.
Un’altra contromisura può essere la scelta di un lubrificante tale da dare origine ad un film spesso e
viscoso, che deve essere: molto viscoso; pulito, cioè non contaminato da particelle o sostanze
estranee; deve poter lavorare freddo, altrimenti perde viscosità; -deve essere secco, cioè deve essere
privo di acqua.
Micropitting: È tipico di acciai con grande durezza superficiale, come acciai cementati o nitrurati, e
si manifesta con pit aventi profondità dell'ordine di 10 μm. È il contrario di quel che accade negli
acciai da bonifica, che sono relativamente teneri e tenaci, e in cui le cricche devono propagare molto
prima che dalla superficie si stacchi un frammento, che risulta in quel caso con dimensioni
dell'ordine del mm. Negli acciai da bonifica non si verifica quindi il micropitting. Invece negli acciai
trattati superficialmente, la durezza superficiale è molto alta, mentre è assai bassa la tenacità, si
staccano subito frammenti molto più piccoli. Alcune note caratteristiche del micropitting sono: -
aspetto da superficie brinata (frosting); -talvolta non risulta distruttivo, quando viene gradualmente
eliminato durante il running-in perchè si verifica una specie di lucidatura; -si forma facilmente se lo
spessore del film lubrificante è troppo piccolo; -è favorito da superfici rugose; -è contrastato da
levigatura o lucidatura superficiale; -è facilitato da basse velocità di rotazione, perché in quelle
condizioni diminuisce lo spessore del film lubrificante.
Le contromisure da prendere per evitare la formazione di micropitting sono le stesse di quelle
adottate nel caso del pitting normale.
9-resistenza alla fatica a flessione di ruote dentate: criteri di scelta degli acciai
e sensibilità all’intaglio (11P)
La massima tensione equivalente a flessione nel lungo più sollecitato (il piede del dente) σF deve es-
sere minore o uguale alla tensione ammissibile σFP: σF <= σFP
A sua volta, la tensione ammissibile σFP è funzione dei seguenti parametri:
- σFlim che indica la resistenza a fatica a flessione rotante del materiale;
- SFmin che indica il fattore di sicurezza minimo alla flessione (reperibile nella normativa);
- YF che indica il fattore della geometria delle ruote dentate e delle condizioni di esercizio (det-
tagliato nella normativa);
- yNT che indica il fattore di durata del materiale, il quale indica come si abbassa la resistenza a
fatica con il numero di cicli di sollecitazione fino a 3x106 cicli, oltre i quali yNT è unitario;
- yẟrelT che indica il fattore relativo all’intaglio, il quale dipende dalla sensibilità all’intaglio a
fatica del materiale.
σFP = σFlim * YF * yNT * yẟrelT / SFmin
La norma UNI 8862 correla in modo semplicistico la resistenza a fatica alla durezza mediante delle
correlazioni lineari. Le durezze sono espresse sia in scala Rockwell, sia in quella Vickers, che rimane
sempre preferibile ed è quindi quella di riferimento.
I parametri σFlim, yNT e yẟrelT, che rappresentano le caratteristiche dei materiali e quindi devono essere
utilizzati nella scelta degli acciai opportuni, si trovano tabellati nelle normative, sia pure con parec-
chia approssimazione.
Notare inoltre che il fattore relativo all’intaglio dipende da ulteriori due parametri:
Dove qs indica il fattore geometrico del dente tabellato dalle norme, mentre ρ’ indica la sensibilità del
materiale all’intaglio quando sollecitato a fatica, tabellato anch’esso nelle norme.
Si può avere una visione più approfondita e più precisa del comportamento dei materiali prendendo
in considerazione la loro microstruttura; in particolare, trattando di sensibilità all’intaglio, sarebbe
bene considerare le discontinuità microstrutturali caratteristiche, in quanto esse fungono da intaglio
interno e, considerando anche la durezza, all’aumentare della quale la matrice aumenta la sua sensibi-
lità all’intaglio, si può avere una visione più precisa della sensibilità all’intaglio delle leghe ferrose.
Nella figura seguente, che mette in relazione la sensibilità all’intaglio in funzione delle dimensioni
dell’intaglio stesso, dove le curve sono parametrate dalla durezza, è possibile notare ciò che abbiamo
detto poc’anzi, ovvero che all’aumentare della durezza, la sensibilità all’intaglio cresce.
10-applicazione degli acciai da bonifica nelle ruote dentate: condizioni di la-
voro degli ingranaggi e tipi di acciaio (composizione e trattamento termico)
(10P)
Gli acciai da bonifica per ruote dentate devono avere le seguenti proprietà: -limite elastico medio-alto
(dell'ordine di 600-1200 MPa); -elevata resistenza a fatica per flessione; -alta tenacità e resistenza
agli urti.
Tali caratteristiche si ottengono sottoponendo l'acciaio a bonifica, dove il rinvenimento è solitamente
condotto a 600°C per 1-2 h. Si può giocare sulla temperatura di rinvenimento per modulare le pro-
prietà: si può rinvenire a 550°C se si vuol alzare il limite elastico e la resistenza a fatica, ammettendo
un abbassamento della tenacità e resistenza agli urti (fragilità da rinvenimento); viceversa, se sono
queste ultime le caratteristiche che si vogliono innalzare, si condurrà il rinvenimento a 650°C, sacrifi-
cando un poco il limite elastico e la resistenza a fatica. La composizione degli elementi presenti in un
acciaio è la seguente: -%C=0.3÷0.6, ha la funzione di conferire durezza alla martensite, per contro
riduce la tenacità dell'acciaio; -%Si≈0.3, è fisiologico, normalmente deriva dalle pratiche di disossi-
dazione (calmaggio) del metallo dopo l'affinazione; -%Mn≈0.4, è fisiologico e viene dal minerale
o è introdotto durante la disossidazione; nella maggior parte dei casi la %Mn=0.4÷0.8, anche se si
può arrivare fino ad un massimo del 2%; viene introdotto oltre lo 0.4% quando si vuole sfruttare la
sua capacità di aumentare la temprabilità dell'acciaio a costi bassi; -%Cr massimo 3, favorisce la tem-
prabilità dell'acciaio e tende a limitare il decadimento delle caratteristiche resistenziali durante il rin-
venimento perché ne rallenta l'accrescimento e la coalescenza durante la sua permanenza a 600°C; il
Cr conferisce anche un aumento della resistenza alla corrosione; negli acciai da bonifica legati è
quasi sempre presente; -%Ni massimo 4, favorisce la temprabilità e conferisce grande tenacità all'ac-
ciaio; nonostante il suo costo, il suo uso è imperativo nei casi in cui la tenacità sia un fattore fonda-
mentale in esercizio; -%Mo massimo 0,8; favorisce la temprabilità ed è capace di ridurre molto o eli-
minare i fenomeni di fragilità da rinvenimento; -%V massimo 0.2 e non è presente in modo fre-
quente; possiede una capacità di formare carburi tipo VC molto stabili, che resistono alla dissolu-
zione durante l'austenitizzazione, e quindi impediscono l'ingrossamento del grano austenitico; inoltre,
se si conduce l'austenitizzazione in modo completo la sua stessa forte affinità con il C provoca la pre-
cipitazione dei carburi VC durante il rinvenimento, dando luogo a quella che è chiamata durezza se-
condaria.
Vi sono acciai al carbonio, che hanno basse temprabilità, e quindi sono adatti per produrre ruote den-
tate di piccole dimensioni e per le quali la tenacità e la resistenza agli urti non è un fattore fondamen-
tale, che possono quindi raggiungere un'adeguata profondità di tempra con spegnimento general-
mente effettuato in acqua anche senza la presenza di elementi leganti. Gli acciai legati debolmente
hanno un contenuto di elementi leganti dell'ordine del 3%. Essi sono aggiunti per conferire temprabi-
lità, in modo da avere penetrazione della trasformazione martensitica durante la tempra fino a grandi
profondità. È importante anche dare un occhio di riguardo alla percentuale di P ed S, perché, a volte,
nelle tabelle riportate in letteratura non è specificato il loro contenuto in %. Secondo le normative la
%P ammessa, per tutti gli acciai, è 0,035. Invece, per quanto riguarda lo S, che induce la presenza
d'inclusioni non metalliche come solfuri, vi sono 3 grandi tipologie di acciai: -gli acciai da bonifica al
C, ognuno dei quali (ad esempio C40) presenta la variante E (C40E), in cui la percentuale di S è al
massimo 0,035; nella variante R (C40R) la percentuale di S è invece compresa fra 0,02 e 0,04;
-gli acciai da bonifica legati, ognuno dei quali (ad esempio 41Cr4) presenta la variante senza ag-
giunte di lettere, in cui la percentuale di S è al massimo 0,035; nella variante S (41CrS4) la percen-
tuale di S è invece compresa fra 0,02 e 0,04; -gli acciai (un po' più) legati 50CrMo4, 36CrNiMo4,
34CrNiMo6, 30CrNiMo6, 36NiCrMo16 e 51CrV4 per i quali entrambe le percentuali di S e P sono
al massimo 0,035.