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1. Qual è la definizione di ecologia?

Quali sono i fattori ambientali che limitano


la diffusione di una specie?
L’ecologia è la scienza che studia l’insieme dei fattori ecologici (clima, luce, suolo, fattori biologici) che regolano
la vita di una certa specie o comunità biotica.

Le interazioni tra gli organismi e l’ambiente limitano la distribuzione (diffusione) delle specie. L’ambiente di un
organismo include:- I componenti abiotici: temperatura -acqua-luce-vento-suolo (e rocce)
- I componenti biotici:
-interazioni con le altre specie -predazione-competizione o parassitismo
- Tutti gli organismi che vivono in quel determinato ambienteI fattori abiotici e quelli biotici possono
influenzare la struttura e le dinamiche dei biomi.

L’ecologia è un enorme ramo della biologia e rivela le fonti di biodiversità della biosfera.
ECOLOGIA: scienza che studia l’insieme dei fattori ecologici (clima, luce, suolo, fattori
biologici) che regolano la vita di una certa specie o comunità biotica.
FATTORI BIOTICI • I fattori biotici che influenzano la distribuzione di una specie in un’ area
geografica sono: – Interazione con altre specie – Predazione – Competizione o parassitismo.
(La coccinella è un predatore con apparato boccale masticatore. Afide: apparato boccale
pungente succhiante. Si nutre della linf elaborata delle piante. Interazione tra specie in
classe: pianta pomodoro in vaso cresciuta all’aria. Arrivo di afidi sulle foglie. Copro la pianta
con una rete a maglie sottili e introduco delle coccinelle. Esse sono predatrici e ridurranno
notevolemente la popolazione di afidi permettendo alla pianta di crescere nuovamente.).
FATTORI ABIOTICI: fattori a abiotici che limitano la diffusione di un organismo sono: –
Temperatura – Acqua – Luce – Vento – Suolo.
L’ OMEOSTASI Gli animali hanno potuto crescere in dimensioni e complessità grazie alla
comparsa di un ambiente interno, liquido, la cui composizione può essere diversa da quella
dell’ambiente esterno. I liquidi dell’ ambiente interno bagnano tutte le cellule e consentono gli
scambi fra i diversi tessuti e con l’ambiente esterno. Le caratteristiche dell’ambiente interno
sono soggette a continue variazioni, determinate sia dall’attività delle cellule (metabolismo)
sia dalle variazioni ambientali esterne. Il complesso delle funzioni che consentono
all’ambiente interno di mantenere costante la propria composizione viene definito
OMEOSTASI.
Fisiologo francese Claude Bernard (1813 – 1878) introdusse il concetto che la vita si svolge
in quanto l’organismo di tutti gli esseri viventi ha la possibilità di adattare la funzione dei suoi
organi e sistemi a stimolazioni perturbanti di varia natura in modo da riuscire a mantenere
costante, nell’ambito di confini rigidamente ristretti, la composizione del proprio ambiente
interno. Omeostasi: insieme di meccanismi messi in atto da ogni essere vivente per
mantenere costante sia sotto l’aspetto quantitativo che sotto quello funzionale la sua
composizione. (es. Equilibrio acido‐base, meccanismi di termoregolazione, equilibrio
glucosio, leucociti circolanti etc). Mantengono l'omeostasi i circuiti a retroazione o a feedback,

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che in risposta alla variazione iniziale producono eventi biologici generalmente opposti
(feedback negativo) atti a mantenere l'equilibrio interno.
La regolazione omeostatica coinvolge tre componenti: • recettore • centro di controllo e
integrazione • effettore. Il recettore riceve informazioni sui possibili cambiamenti del corpo. Il
centro di controllo e integrazione riceve e processa le informazioni del recettore. L' effettore
risponde ai comandi del centro di controllo. I sistemi che svolgono la funzione informativa
sulle variazioni dell’ambiente interno sono quello nervoso e quello endocrino; le funzioni di
regolazione vengono poi esplicate da molti apparati (cutaneo, respiratorio, escretore,
circolatorio).
Un esempio di omeostasi: la termoregolazione. Perché un animale possa vivere, la
temperatura delle sue cellule non può variare oltre certi limiti ( 0° ‐ 45°C); le reazioni
metaboliche sono più veloci a temperature più elevate e risentono delle variazioni termiche.
Gli animali hanno messo a punto meccanismi fisiologici e comportamentali per mantenere la
temperatura corporea su valori ottimali. In moltissimi animali la temperatura corporea varia in
dipendenza di quella esterna. Essi sono detti ectotermi. Gli animali, come Uccelli e
Mammiferi, che mantengono costante ed elevata la loro temperatura anche in ambiente
variabile sono detti endotermi perché hanno dei meccanismi di regolazione interna. Gli
ectotermi utilizzano adattamenti comportamentali per regolare la temperatura corporea. Gli
endotermi utilizzano adattamenti fisiologici, oltre ai comportamentali, per regolare la
temperatura corporea, quali: produzione (perdita) attiva di calore, isolamento termico,
regolazione del flusso sanguigno, evaporazione.
Temperatura – La temperatura è sicuramente un fattore abiotico di fondamentale importanza
nella distribuzione degli organismi a causa del suo effetto sui processi biologici.
Traspirazione Prendi una pianta da vaso e senza danneggiarla richiudi la sua chioma dentro
un sacchetto di plastica trasparente, come quelli che si usano per congelare i cibi. Dopo
qualche ora la superficie interna del sacchetto si coprirà di minuscole gocce di acqua che la
pianta ha eliminato attraverso dei fori (stomi) presenti soprattutto sulla pagina inferiore delle
foglie. Questo fenomeno si chiama traspirazione e consente alla pianta un ricambio continuo
dell'acqua assorbita dalle radici.
Acqua – è sicuramente uno dei fattori più importanti nella distribuzione delle specie.
Tropismi Se hai fatto germinare più semi di fagiolo o di un'altra pianta, ti sarai accorto che
tutte le piantine crescono verso l'alto. In realtà non cercano una direzione specifica, ma solo
di prendere più luce possibile. Se sposti una piantina o se la copri lasciando solo un fessura
per la luce, vedrai come la pianta si sviluppa subito verso la fonte di luce. Questo fenomeno è
noto come fototropismo positivo, per distinguerlo da quello delle radici che invece cercano il
buio. Osserva lo stesso fenomeno nelle piante da appartamento e nelle chiome degli alberi
nei parchi e nei boschi. Luce • L’intensità della luce e la sua qualità può influenzare
notevolmente la diffusione degli organismi e maggiormente di quelli foto sintetici • La durata
della fase luminosa durante il giorno indica il fotoperiodo e conseguentemente le piante
possono venir divise in due categorie: - Longidiurne – Brevidiurne.

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Vento • Il vento è un fattore abiotico capace di modificare l’effetto della temperatura e
aumentare le perdite per evapotraspirazione – Modifica anche la morfologia delle piante.
Suolo e rocce • Molte delle caratteristiche del suolo determinano lo sviluppo delle piante su
di esso e di conseguenza quello delgli animali che vi abitano: – Struttura fisica – pH –
Composizione minerale.
Clima • I 4 principlai fattori abiotici caratterizzano il clima: – Temperatura, acqua, luce e
vento.
TEMPO: condizioni dell’atmosfera in un preciso
momento
CLIMA: condizioni medie dell’atmosfera riferite a un luogo e a un arco di tempo relativamente
lungo (decenni) → 1) RADIAZIONE SOLARE; 2) FORMA E STRUTTURA DELLA
SUPERFICIE TERRESTRE: superfici continentali o oceaniche (effetto continentale ed effetto
oceanico), tipo litologico, esposizione, inclinazione; 3) MOTI DEL PIANETA: rotazione e
rivoluzione.
FATTORI CLIMATICI IRRADIANZA: quantità di energia raggiante proveniente dal sole
ricevuta dall’unità di superficie orizzontale nell’unità di tempo; TEMPERATURA: agisce su
tutti i processi biologici accelerandoli. Hanno molta importanza i valori minimi e massimi
assoluti, che spesso stabiliscono i limiti di tolleranza degli esseri viventi; PRECIPITAZIONI:
quantità di acqua meteorica che giunge sulla superficie terrestre sotto forma di pioggia o
rugiada. Importante è la quantità e la distribuzione durante l’anno. UMIDITA’ ATMOSFERICA
(u. assoluta e relativa); VENTO (azione sull’umidità atmosferica); PRESSIONE
ATMOSFERICA (che cala con la quota); Ecc..
MACROCLIMA, MESOCLIMA E MICROCLIMA macroclima: è rappresentativo per un
determinato territorio ampio (es. clima Mediterraneo); non sempre offre dati significativi a
livello di singolo ecosistema; microclima: clima di un determinato sito, es. di una piazza di
una città, di una radura in un bosco, ecc.; mesoclima: clima di un territorio di una certa
vastità, ad esempio il clima dell’Etna, delle Madonie, della Piana di Catania, etc..
I fattori abiotici e quelli biotici possono influenzare la struttura e le dinamiche dei biomi
BIOMA: complesso di ecosistemi di un’area geografica caratterizzato dalla vegetazione
dominante BIOMI ACQUATICI e BIOMI TERRESTI

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2. Cosa si intende con il termine specie esotiche?
Le specie esotiche (aliene o alloctone) sono le specie che si trovano al di fuori del loro areale di distribuzione
per effetto dell’uomo.
Dette anche Aliene o alloctone: specie che si trovano al di fuori del loro areale di
distribuzione per effetto dell’uomo. Le barriere ambientali e climatiche. Cause della diffusione
di specie in aree in cui prima erano assenti: - colonizzazione europea; - agricoltura,
selvicoltura, giardinaggio; - trasporto accidentale.
Definizione di specie autoctone (o native o indigene): specie che si sono evolute e diffuse
spontaneamente in una certa zona.
Definizione di specie invasiva: specie esotica dagli effetti impattanti sulle biocenosi
autoctone.
ALCUNI TERMINI: Specie alloctona (aliena): una specie, sottospecie o un taxon più basso,
introdotta al di fuori del naturale areale distributivo presente o passato; include ogni elemento,
gameti, semi, uova, propaguli di quelle specie che abbia la possibilità di sopravvivere e
successivamente riprodursi
Specie alloctona invasiva: una specie alloctona la cui introduzione e/o diffusione minaccia
la biodiversità, e/o causa gravi danni anche alle attività dell’uomo o ha effetti sulla salute
umana e/o serie conseguenze socio‐economiche.
Introduzione: il trasferimento operato direttamente o indirettamente dall’uomo, di una specie
alloctona al di fuori del suo areale naturale (passato o presente). Tale trasferimento può
essere compiuto all'interno dello stesso paese, tra paesi diversi o tra aree al di fuori di una
giurisdizione nazionale
Introduzione intenzionale: il trasferimento intenzionale e/o il rilascio, operato dall'uomo, di
una specie alloctona al di fuori del suo areale naturale
Introduzione non intenzionale: tutti gli altri casi di introduzione non Intenzionale
Naturalizzazione: il processo/meccanismo con il quale una specie alloctona si insedia
stabilmente in un nuovo habitat riproducendosi e dando vita ad una popolazione in grado di
auto sostenersi nel lungo periodo
Specie autoctone: le specie, sottospecie o popolazioni presenti sul territorio nazionale o su
parte di esso, nel quale si siano originate o vi siano giunte senza l’intervento (intenzionale o
accidentale) diretto dell’uomo.
Specie para‐autoctone: le specie, animali o vegetali che, pur non essendo originarie del
territorio Italiano, vi siano giunte – per intervento intenzionale o involontario dell’uomo – e
quindi naturalizzate in un periodo storico antico (anteriormente al 1500 dC). Vanno
considerate par autoctone le specie introdotte e naturalizzate in altri Paesi prima del 1500 dC
e successivamente arrivate in Italia attraverso fenomeni naturali di espansione. Le specie
para‐autoctone possano essere considerate autoctone in riferimento al dettato del DPR
120/03.

Il processo di invasione può essere distinto in 3 stadi successivi: 1. Arrivo = il risultato


della dispersione degli individui verso l’area ricevente; 2. Stabilizzazione = la nuova
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popolazione si auto sostiene attraverso la riproduzione a livello locale; 3. Integrazione =
l’invasore dà originea legami ecologici con latre specie nell’area ricevente e si realizzano
processi evolutivi che riflettono il diverso regime selettivo nella comunità.

EFFETTI SULLA FAUNA: vertebrati non indigeni stabilizzatisi in Italia (n specie = 60). Specie
indigene vs specie non indigene in Italia. ESEMPI: pesce siluro→nascosto nelle partite da
semina provenienti dai Paesi dell’Europa orientale o fuggito dai laghetti per la pesca sportiva. In Italia
gli esemplari raggiungono i 2mt (metà delle normali dimensioni) nutrendosi della fauna ittica locale, di
uccelli e di piccoli mammiferi che vivono lungo i corsi d’acqua. Appare ormai impossibile eradicarlo.
Rana topo→ rana nordamericana può raggiungere i 20cm di lunghezza. Due nuclei stabili sono
segnalati nel modenese e a cuneo; oggi è in diminuzione (anche per la vulnerabilità in fase larvale);
oca del canada→nordamerica, introdotta in europa e nuova Zelanda. In Italia segnalata nel nord est,
in Sardegna e Abbruzzo. Si è ibridato con oche domestiche e può contribuire alla diffusione dell’aviaria
negli allevamenti di pollame. Danneggia le aree a canneto delle zone umide impoverendo le comunità
animali. Pericolosa per traffico aereo e coltivazioni. Usignolo del giappone→vive in asia, numerose
segnalazioni in Italia soprattutto a Lucca. Vettore di malaria aviaria e danni ai raccolti. Visone→ in
prov di Roma e nord est. Minaccia per specie di uccelli e mammiferi locali.
ALIENI TRA NOI ‐ Il gambero rosso della Louisiana: minaccia alla biodiversità in Friuli
Venezia Giulia.
Le specie invasive sono considerate una delle maggiori minacce alla biodiversità. I loro
impatti sull'ecologia locale comprendono: • competizione con organismi autoctoni per il cibo e
l'habitat. In molte zone d'Europa, ad esempio, lo Scoiattolo grigio americano (Sciurus
carolinensis) determina l’estinzione dello Scoiattolo rosso (Sciurus vulgaris), specie
autoctona, in tutte le aree di sovrapposizione; • cambiamenti strutturali degli ecosistemi.
L'alga Caulerpa taxifolia, ad esempio, ha invaso vaste aree della costa mediterranea,
determinando un radicale cambiamento degli ecosistemi invasi; • ibridazione con specie
autoctone. Il Gobbo della Giamaica (Oxyura jamaicensis) e i Cervi sika del Giappone (Cervus
nippon), ad esempio, possono minacciare di estinzione le specie autoctone a causa di incroci
e produzione di ibridi; • tossicità diretta (es. Panace di Mantegazzi ); • le specie invasive
possono costituire un ricettacolo di parassiti o un veicolo di patogeni (Tamias vettore di
malattia di Lyme); • impatto sull'impollinazione a causa della competizione o predazione con
specie di api locali (la Vespa asiatica Vespa velutina ha un impatto diretto pesante sulle api
nostrane).

Cosa fare? 1. Prevenire= prevenire l’introduzione di specie aliene con mezzi legislativi
efficaci (che seguano l’ottica del “presunto colpevole”) e con l’educazione del pubblico; 2.
Controllare = quando la prevenzione non è più possibile, individuare rapidamente le specie
aliene; 3. Studiare = valutare: il grado di invasibilità delle specie non indigene e il loro impatto
su popolazioni e specie native, su comunità ed ecosistemi e quindi la loro pericolosità; 4.
Intervenire = quando si è dimostrato che le specie non indigene sono pericolose, almeno in
alcuni habitat, intraprendere iniziative di eradicazione o controllo
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3. Quali sono i principali biomi terrestri?
Un bioma è un complesso di ecosistemi di un’area geografica caratterizzato dalla vegetazione dominante. Si
distinguono i biomi acquatici e quelli terrestri.
Biomi acquatici: -laghi-zone paludose-fiumi e torrenti-estuari-zona intertidale-zona pelagica e oceanica
-barriere coralline-zona bentonica marina
Biomi terrestri:-zone polari e di alta montagna -tundra-foreste di conifere-foreste decidue delle zone
temperate -praterie delle zone temperate -macchia mediterranea-savana-deserti-foreste tropicali
I fattori abiotici e quelli biotici possono influenzare la struttura e le dinamiche dei biomi
BIOMA: complesso di ecosistemi di un’area geografica caratterizzato dalla vegetazione
dominante BIOMI ACQUATICI e BIOMI TERRESTI.
Biomi acquatici: ● Molti dei biomi acquatici sono stratificati ● laghi ● zone paludose ● fiumi e
torrenti ● estuari ● zona interditale ● zona Pelagica e Oceanica ● barriere coralline ● zona
Bentonica marina.
Biomi terrestri: ● gli ecosistemi terresti: ● nelle zone polari e d’alta montagna la vegetazione
è praticamente assente e le specie animali (orsi polari, pinguini, foche, ecc) si nutrono
soprattutto di organismi marini. ● La tundra è caratterizzata da uno strato di suolo
permanentemente gelato (chiamato permarost); è formata soprattutto da piante erbacee,
bassi cespugli, muschi e licheni ● le foreste di conifere sono caratterizzate da alberi
sempreverdi le cui foglie sono trasformate in aghi (aghifoglie), come abeti e pini ● le foreste
decidue delle zone temperate sono formate da alberi a foglia larga (latifoglie); le foglie cadono
durante la stagione fredda ● le praterie delle zone temperate sono formate soprattutto da
piante erbacee. Oggi molte praterie naturali hanno lasciato il posto ad aree agricole
intensamente coltivate ● la macchia mediterranea è formata principalmente sa arbusti spinosi
con foglie coriacee e sempreverdi ● nella savana predominano le piante erbacee e gli alberi
sparsi e si trovano molti animali erbivori e i loro predatori ● nei deserti si trovano specie
vegetali e animali che presentano adattamenti per trattenere l’acqua, data la scarsità delle
piogge ● nelle foreste tropicali le precipitazioni sono variabili e determinano il tipo di
vegetazione: - piante spinose o succulente dove le precipitazioni sono meno abbondanti –
latifoglie sempreverdi dove le precipitazioni sono abbondanti.

4. Che cos’è la selezione naturale? quali sono le modalità con cui si attua?
La selezione naturale è un meccanismo evolutivo, proposto da Darwin nell’ambito della sua teoria
dell’evoluzione, con cui avviene l’evoluzione delle specie e secondo cui, nell'ambito della diversità genetica
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delle popolazioni, si ha un progressivo (e cumulativo) aumento della frequenza degli individui con
caratteristiche ottimali (fitness) per l'ambiente di vita.
MODALITÀ CON CUI SI ATTUA:
La selezione naturale può modificare la frequenza di caratteri ereditabili in una popolazione in 3 modi diversi, a
seconda di quali fenotipi sono favoriti in una popolazione variabile:
(a) selezione stabilizzante: comporta l’eliminazione dei genotipi estremi ed è sempre in azione nelle
popolazioni. Esempio: il numero delle uova negli uccelli.
(b) selezione direzionale: aumenta il numero di individui con una caratteristica genotipica estrema. Sostituisce
gradualmente un gruppo di alleli con un altro. Esempio: Resistenza agli insetticidi e Biston betularia.
(c) selezione divergente: aumenta le caratteristiche estreme a scapito di quelle intermedie E’ l’anticamera della
speciazione. Esempio: Passerina amoena: il maggior successo riproduttivo si osserva sia tra i soggetti dai colori
più vivaci, che tra i meno sgargianti.
(d) selezione frequenza-dipendente;
(e) selezione sessuale: selezione effettuata dalle femmine (più raramente dai maschi) per scegliere il partner
migliore, questo perché le femmine generalmente investono di più nella produzione delle uova e nella cura dei
piccoli. Una lotta tra maschi per dimostrare la propria superiorità e potersi accoppiare, che può essere una
competizione simbolica o effettiva.
È possibile che la selezione sessuale sia alla base del dimorfismo.

L’evoluzione consiste nel cambiamento delle frequenze geniche di una data


popolazione. La selezione naturale può causare evoluzione tramite il diverso successo
riproduttivo di membri di una popolazione che variano per alcuni caratteri. La selezione
naturale è l’unica forza evolutiva che è adattativa, poichè accumula e mantiene i genotipi
vantaggiosi. ● in risposta a cambiamenti delle condizioni ambientali, la selezione naturale
favorisce i genotipi presenti nella popolazione che sono in grado si sopravvivere e riprodursi
nelle nuove condizioni, ovvero i più idonei. ● la variabilità nella popolazione rende possibile
l’azione della selezione naturale.
Il substrato per la selezione naturale è la variabilità genetica. Su cosa agisce la selezione
naturale? La selezione agisce sui fenotipi, adattando INDIRETTAMENTE una popolazione al
suo ambiente tramite l’aumento o il mantenimento nel pool genico dei genotipi favorevoli. La
connessione tra genotipo e fenotipo può essere complessa (un genotipo può avere molteplici
effetti).
Modalità di selezione → La selezione naturale può modificare la frequenza di caratteri
ereditabili in una popolazione in 3 modi diversi, a seconda di quali fenotipi sono favoriti in una
popolazione variabile:
(a) selezione stabilizzante
(b) selezione direzionale
(c) selezione divergente
(d) selezione frequenza-dipendente
(e) selezione sessuale.

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Stabilizzante: comporta l’eliminazione dei genotipi estremi ed è sempre in azione nelle
popolazioni. Esempio: il numero delle uova negli uccelli.

Direzionale: aumenta il numero di individui con una caratteristica genotipica estrema.


Sostituisce gradualmente un gruppo di alleli con un altro. Esempio: Resistenza agli insetticidi
e Biston betularia.

Divergente: aumenta le caratteristiche estreme a scapito di quelle intermedie E’ l’anticamera


della speciazione. Il maggior successo riproduttivo si osserva sia tra i soggetti dai colori più
vivaci, che tra i meno sgargianti.

Sessuale: selezione effettuata dalle femmine (più raramente dai maschi) per scegliere il
partner migliore, questo perché le femmine generalmente investono di più nella produzione
delle uova e nella cura dei piccoli. Una lotta tra maschi per dimostrare la propria superiorità e
potersi accoppiare, che può essere una competizione simbolica o effettiva E’ possibile che la
selezione sessuale sia alla base del dimorfismo. La selezione naturale viene misurata come
fitness, che rappresenta la capacità riproduttiva relativa di un genotipo, ossia il successo di un
genotipo di riprodursi rispetto al successo riproduttivo di altri genotipi della popolazione.

L’adattamento: il risultato della selezione naturale Un organismo è “adatto” quando possiede


delle strutture che lo rendono integrato con l’ambiente che lo circonda e gli “adattamenti”
contribuiscono ad assicurare il successo riproduttivo dell'individuo. La selezione naturale
deve però agire su ciò che è presente sia a livello fenotipico che genotipico: l’assenza di
perfezione e la presenza di soluzioni scadenti sono prove dell’evoluzione molto più evidenti
degli adattamenti perfetti. Il pollice del Panda, la stazione eretta e il mal di schiena, il parto
difficoltoso….

Coevoluzione Evoluzione associata di due o più specie di una stessa comunità, legate da
uno stretto rapporto di tipo predatorio, parassitico o simbiotico (preda-predatore, parassita-
ospite, ospite-ospite), tale per cui le variazioni che insorgono in una delle specie influenzano
l'evoluzione dell'altra. Il rapporto tra predatore e preda porta spesso a fenomeni di
coevoluzione: la minaccia costituita da un predatore, infatti, può incoraggiare una risposta
adattativa da parte della preda, come l'acquisizione della capacità di produrre una sostanza
velenosa o l'adozione di una colorazione mimetica a scopo difensivo.

Un adattamento particolare: il mimetismo Il mimetismo è un particolare esempio di


adattamento all'ambiente; ci sono vari tipi di mimetismo; il più noto è il mimetismo criptico
(quando si confonde con l’ambiente per passare inosservato). Il mimetismo batesiano (dal
nome del naturalista inglese Henry Walter Bates, che per primo lo descrisse, osservandolo in
Amazzonia) è caratterizzato dal fatto che alcuni animali ne imitano altri che presentano difese
antipredatorie molto efficaci o sono disgustosi. Un predatore che si sia imbattuto in una
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specie pericolosa, difficilmente dimenticherà la brutta esperienza e si terrà alla larga da tutto
ciò che somigli alla cattiva esperienza a cui è andato incontro. L’esempio più famoso di
mimetismo batesiano è rappresentato dal finto serpente corallo che imita il velenoso serpente
corallo. Il modello è efficace solo se l’imitazione è rara cioè ha meno probabilità del modello di
essere incontrata. Il mimetismo mülleriano (in onore dello zoologo Müller che per primo, nel
1878, ne ipotizzò la spiegazione) è caratterizzato dal fatto che generalmente le specie non
commestibili presentano livree dai colori accesi e vistosi. Un esempio è quello delle zigene
(genere Zygaena) che, capaci di liberare sostanze tossiche, segnalano il pericolo con la
sgargiante colorazione rossa e nera delle ali. In questo modo salvaguardano la loro vita,
poiché i predatori “sanno” che la livrea di alcuni colori vistosi determina la tossicità della preda
stessa. Anche la colorazione giallonera di api, vespe e calabroni rientra in questo fenomeno.

5. Cosa si intende per adattamento? Fai alcuni esempi.


L’adattamento è il risultato della selezione naturale. Un organismo è “adatto” quando possiede delle strutture
che lo rendono integrato con l’ambiente che lo circonda e gli “adattamenti” contribuiscono ad assicurare il
successo riproduttivo dell'individuo. Per adattamento s’intende la correlazione fra le strutture e le funzioni
degli organismi e le condizioni dell’ambiente in cui essi vivono e anche l’atto o il processo di adattarsi, cioè di
raggiungere la correlazione suddetta.
Si distinguono tre tipi di adattamenti:
•morfologico: riguarda la forma e la struttura degli organismi.
•fisiologico: riguardano il metabolismo.
•comportamentale:sono particolari comportamenti degli organismi in risposta a determinati stimoli
ambientali.
L'adattamento può aumentare la capacità di procurarsi o utilizzare le risorse: •aria•acqua•luce •cibo
Può accrescere il successo riproduttivo, può permettere di sopportare condizioni ambientali difficili:
•basse o elevate temperature •assenza di luce
O aumentare la capacità di difesa dai predatori.
Il processo di adattamento di un organismo all’ambiente può riguardare, infatti, non solo una struttura
anatomica ma anche un processo fisiologico o un tratto comportamentale.

L’adattamento: il risultato della selezione naturale. Un organismo è “adatto” quando


possiede delle strutture che lo rendono integrato con l’ambiente che lo circonda e gli
“adattamenti” contribuiscono ad assicurare il successo riproduttivo dell'individuo. La selezione
naturale deve però agire su ciò che è presente sia a livello fenotipico che genotipico:
l’assenza di perfezione e la presenza di soluzioni scadenti sono prove dell’evoluzione molto
più evidenti degli adattamenti perfetti. Il pollice del Panda, la stazione eretta e il mal di
schiena, il parto
difficoltoso….
In natura gli organismi sono adattati all’ambiente in cui vivono: gli organi e gli apparati
sono quasi sempre strutturati in modo da poter assolvere a specifiche funzioni per consentire
all’individuo di sopravvivere e riprodursi nel suo ambiente naturale. Anche forme animali

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particolarmente bizzarre quali il lungo collo della giraffa e il muso del formichiere sono
giustificate dalla competizione tra individui per la conquista di risorse limitate quali lo spazio
ed il cibo. Lo studio della relazione tra forma e funzione negli organismi animali e vegetali
fornisce un importante strumento per avvicinare i bambini all’analisi dei processi
evoluzionistici. Una determinata forma è infatti spesso il risultato di un processo di
adattamento, che nel corso delle generazioni può portare ad un grado maggiore di
specializzazione. L'adattamento può aumentare la capacità di procurarsi o utilizzare le
risorse: • aria • acqua • luce • cibo. Può accrescere il successo riproduttivo, può permettere di
sopportare condizioni ambientali difficili: • basse o elevate temperature • assenza di luce
O aumentare la capacità di difesa dai predatori. Il processo di adattamento di un organismo
all’ambiente può riguardare, infatti, non solo una struttura anatomica ma anche un processo
fisiologico o un tratto comportamentale.
Anche nella scuola primaria è possibile costruire percorsi didattici che permettano ai bambini
di avvicinarsi al tema dell’evoluzione e guidare i ragazzi ad individuare relazioni tra strutture
morfologiche, comportamento ed ambiente. Perché le giraffe hanno il collo così lungo?
Perché il pipistrello ha le ali anche se non è un uccello? Perché la balena sembra un pesce
anche se non lo è?
Si distinguono tre tipi di adattamenti: • morfologico • fisiologico • comportamentale. Gli
adattamenti morfologici riguardano la forma e la struttura degli organismi. La forma e la
robustezza del becco del picchio, adatto per forare la corteccia degli alberi, sono un valido
esempio di adattamento morfologico. Gli adattamenti fisiologici riguardano il metabolismo. Un
esempio di questo tipo di adattamento è la presenza nel sangue dei pesci che vivono nei mari
polari di particolari proteine “antigelo” che abbassano la temperatura di congelamento. Gli
adattamenti comportamentali sono particolari comportamenti degli organismi in risposta a
determinati stimoli ambientali. La fedeltà all’uomo del cane è un adattamento dettato dalla
necessità di procurarsi cibo e rifugio.

1. MOVIEMNTO 2. SOSTEGNO 3. TRASPORTO 4. SCAMBI GASSOSI. Gli scambi gassosi


(respirazione) tra organismo e ambiente esterno servono essenzialmente all’assunzione di
ossigeno e alla eliminazione dell’anidride carbonica. Nelle piante, in presenza di luce è
importante far entrare anidride carbonica e far uscire ossigeno. Ciò per permettere la
fotosintesi. Viceversa in animali, funghi (ma anche organi sotterranei nelle piante o in caso di
buio) è necessario apportare ossigeno ed espellere anidride carbonica. L’ossigeno, come già
affrontato, è necessario alla respirazione cellulare cioè l’ottenimento dell’energia da parte
degli zuccheri. 4.3 strategie di scambio 4.3.1 la diffusione. In ambienti acquatici platelmiti
(vermi piatti), poriferi (spugne) e cnidari (coralli e meduse) che possiedono solo tessuti con
due strati di cellule a diretto contatto con l’acqua possono utilizzare la diffusione. 1 – Negli
echinodermi (stelle, ricci, cetrioli di mare) le branchie sono estroflessioni della pelle, molto
vascolarizzate, a diretto contatto con il liquido 2 – Nei molluschi acquatici le branchie sono
dilatazioni del corpo. Nei bivalvi (mitili, vongole ecc.) la branchia è anche il sistema filtratore
che provvede sia agli scambi gassosi che alla nutrizione. 4.3.2 le branchie. In tutti gli altri
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animali acquatici (eccetto i mammiferi) si sono evolute delle strutture dette branchie che
sono delle estroflessioni del corpo molto vascolarizzate a contatto con il mezzo liquido. Lo
scambio avviene contro corrente. Il flusso del sangue va in direzione opposta a quello
l’acqua. Questo sistema permette di ottimizzare lo scambio di ossigeno. Come si può
osservare dalla figura, nello scambio contro corrente c’è un continuo scambio di ossigeno,
mentre in quello equicorrente ad un certo punto lo scambio si bloccherà perché le
concentrazioni saranno pari. L’anidride carbonica da eliminare diffonde in senso contrario. 4 –
Nei pesci ci sono 4-5 file di branchie ricoperte da una lamina ossea che le protegge
(opercolo). L’acqua entra dalla bocca, penetra nelle branchie ed esce attraverso l’opercolo
che ne facilità la fuoriuscita. Nei pesci privi di opercolo (squali) l’animale deve muoversi per
garantire il flusso dell’acqua. 4.3.3 trachee e polmoni. Negli animali terrestri, il problema non è
quello di trovare l’ossigeno (nell’aria ce n’è molto), ma quello di mantenere il velo liquido nelle
cellule specializzate che permettono lo scambio dell’ossigeno tra sangue e aria. In animali
piccoli e che vivono in ambienti umidi (lombrico) lo scambio avviene direttamente (diffusione)
tra la pelle che assorbe l’ossigeno e i vasi sanguigni sottocutanei. In altri animali, si è ricorso
a diverse soluzioni che prevedono l’alloggiamento dei tessuti deputati allo scambio gassoso
in camere corporee interne in modo da evitare la perdita di acqua. 3 – Negli insetti,
l’esoscheletro è coperto da molti orifizi (stigmi) che all’interno del corpo si ramificano in una
serie di trachee di dimensioni sempre minori fino ad arrivare ad un diretto scambio con i
tessuti (senza liquido di trasporto). L’ossigeno passa da cellula a cellula per diffusione. La
diffusione nei tessuti, senza un sistema di trasporto, è possibile grazie al fatto che comunque
sono animali di piccole dimensioni. 4.2.3 gli anfibi. Gli anfibi sono una classe di vertebrati che
passano gli stadi giovanili in acqua, per poi subire una metamorfosi che permette la vita fuori
dall’acqua (seppure in ambienti umidi). Inoltre, tali animali, hanno una pelle molto
vascolarizzata (con ghiandole in grado di mantenerla umida) che tramite diffusione coadiuva
la respirazione polmonare. Lo stadio giovanile possiede branchie rudimentali (estroflessioni
del corpo). L’animale adulto invece possiede i polmoni. Ad eccezione delle salamandre che
respirano completamente attraverso la pelle e dei protei branchiati anche da adulti. 4.4
l’apparato respiratorio nell’uomo 4 – I vertebrati (mammiferi, uccelli, rettili) anche quelli
acquatici come cetacei, e testuggini, respirano attraverso un complesso sistema respiratorio
dotato di polmoni. L’uomo è un animale terrestre vertebrato e per lo scambio
ossigeno/anidride carbonica ha un apparato respiratorio, formato da naso, bocca, faringe,
laringe, trachea, bronchi, bronchioli e polmoni. 5. NUTRIZIONE ed ESCREZIONE. La
nutrizione è il processo che porta gli organismi viventi alla assunzione delle sostanze utili
alla sua vita. La nutrizione in senso stretto interessa solo gli organismi eterotrofi che devono
assumere molecole già pronte ai fini energetici e metabolici. Batteri autotrofi, protisti autotrofi
e le piante sono in grado di fissare l’anidride carbonica atmosferica e sintetizzare le molecole
necessarie alla vita. I processi di nutrizione sono legati all’assunzione delle sostanze minerali
dal substrato (suolo, acque). Le piante sono in grado di sintetizzare per mezzo della
fotosintesi le molecole utili alla vita, nonché le forme energetiche come ATP. L’anidride
carbonica necessaria al processo fotosintetico di produzione degli zuccheri entra nella foglia
11
dagli stomi, aperture presenti (solitamente) nell’epidermide della pagina inferiore. 5.1 la
nutrizione nelle piante. Le piante sono in grado di sintetizzare per mezzo della fotosintesi le
molecole utili alla vita, nonché le forme energetiche come ATP. La nutrizione nelle piante è
quindi limitata all’assorbimento dei sali minerali dal suolo per mezzo dei peli radicali,
successivamente devono superare una barriera impermeabile a livello della radice. I
nutrienti, in soluzione acquosa (linfa grezza), sono quindi caricati nei vasi del legno (xilema)
e portati nel resto della pianta dove entrano nelle cellule per essere metabolizzate. 5.2 la
nutrizione nei funghi. In funghi sono organismi eterotrofi. Dal punto di vista alimentare si
dividono in parassiti, simbionti, saprofiti. Funghi parassiti: vivono a spese di un’ospite che
invadono e dal quale traggono le sostanze nutritive (rubandole all’ospite) spesso uccidendo le
cellule dello stesso. Funghi simbionti: vivono a stretto contatto con un ospite vegetale al
quale forniscono la nutrizione minerale e ne traggono in cambio zuccheri e vitamine. Funghi
saprofiti: vivono in substrati con sostanza organica in decomposizione e sono in grado di
trarne il nutrimento. Spesso anche con l’utilizzo di sostanze rilasciate in grado di facilitare il
processo di decomposizione In tutti i casi i funghi utilizzano un assorbimento diretto delle
sostanze nutritive che entrano nelle ife (strutture cellulari) fungine per mezzo dei sistemi
precedentemente illustrati per il superamento della membrana cellulare. (Gran parte dei
funghi sono simbionti delle piante. Quasi tutte le piante, in ambiente naturale possiedono una
o più associazioni con i funghi. L’associazione a volte è molto stretta, con diretto contatto tra
le cellule della radice e le ife fungine che penetrano nei tessuti radicali.) 5.3 la nutrizione negli
animali Gli animali si nutrono di altri organismi viventi, vivi o morti, o parti di essi. Per tale
motivo il processo di nutrizione prevede una fase di assunzione del cibo, di disgregazione
meccanica dei complessi, di digestione chimica, assorbimento delle molecole digerite e
infine di eliminazione delle scorie non utili all’alimentazione (escrezione). 6.3.1 assunzione
del cibo. Con riferimento alla nutrizione, a seconda del tipo di ambiente e di strategia
ecologica, gli animali si dividono in diverse categorie. Filtratori sessili: sono animali acquatici
sessili (legati a un substrato). Filtratori pelagici: animali acquatici liberi in acqua.
Consumatori di substrati: si nutrono del substrato dove vivono Consumatori di masse
alimentari: catturano prede, possono essere marini o terrestri (carnivori, erbivori, onnivori)
Succhiatori di liquidi: si nutrono di liquidi ricchi di sostanze nutritive (linfa delle piante o
sangue di altri animali). (I succhiatori di liquidi sono spesso parassiti (nematodi) o comunque
in grado di
trasferire dei patogeni sia ad altri animali (zecche, zanzare) che alle piante (afidi).). 5.3.2
disgregazione del cibo. Questa fase è presente nei consumatori di masse alimentari, in
alcuni consumatori di substrati e in alcuni filtratori come le balene. Alla disgregazione
meccanica del cibo servono strutture specializzate come i denti, ventriglio degli uccelli,
becco dei molluschi, ventriglio negli insetti e lombrichi. 5.3.3 digestione chimica delle
sostanze. La digestione chimica, comporta la disgregazione dei polimeri o dei complessi
chimici in monomeri o molecole semplici. Tale operazione è permessa grazie a enzimi
digestivi. Carboidrati complessi (amido, saccarosio) -> monosaccaridi Fosfolipidi -> lipidi,
glicerofosfati Proteine -> amminoacidi Acidi nucleici -> zuccheri, fosfati, basi azotate
12
(Non tutte le sostanze alimentari sono digerite dagli animali ad esempio la cellulosa (simbiosi
con protozoi e batteri negli erbivori) o la lignina (simbiosi con protozoi nelle terminti)). 5.3.4
assorbimento L’assorbimento comporta il passaggio delle sostanze digerite dallo stato
liquido della digestione, al sistema di trasporto dei nutrienti nell’organismo. 5.3.5 escrezione
Non tutte le sostanze ingerite, sono digerite e anche quelle digerite producono cataboliti non
utili (rifiuti). Tali sostanze devono essere eliminate senza alterare l’equilibrio idrico
dell’organismo. Nei sistemi escretori i liquidi circolanti sono filtrati al fine di trasferire le
sostanze di rifiuto dai liquidi di trasporto dei nutrienti verso tubi che comunicano con l’esterno,
successivamente avviene un riassorbimento delle sostanze utili rimaste intrappolate. In altri
casi avviene una secrezione diretta dei cataboliti dal plasma a tubi secretori. (Uno dei
principali prodotti di rifiuto è l’ammoniaca che deriva dal metabolismo delle proteine.
L’ammoniaca è tossica e deve essere eliminata. Gli animali acquatici possono espellerla
direttamente e diluire la molecola in grandi quantità di acqua, gli animali terrestri invece,
prima di espellere l’azoto in eccesso lo neutralizzano in acido urico o urea.). 5.4 diverse
tipologie di nutrizione 5.4.1 digestione extracellulare – i poriferi (spugne) Le spugne sono
animali primitivi, non dotati di veri e propri tessuti. Sono acquatici e sessili. Si nutrono per
filtrazione delle acque, dalle quali sequestrano particelle in sospensione. L’acqua fluisce dai
pori nello spongiocele. I coanociti, dotati di flagelli, trattengono le particelle di cibo e
convogliano le scorie fuori dall’osculo. La digestione è extracellulare e le particelle sono
fagocitate e passate all’amebocita. 5.4.2 apparato digerente a tubo cieco – i platelmiti (vermi
piatti) I vermi piatti sono organismi acquatici o parassiti, si nutrono per suzione di liquidi.
La bocca secerne enzimi digestivi; il cibo è assunto dalla bocca (unica apertura) e trasferito
alla cavità gastrointestinale che continua la digestione fino alle cellule ad essa prossimali. I
nutrienti assorbiti sono quindi trasferiti ai restanti tessuti. I residui, filtrati dalle cellule
specializzate (protonefridi), sono restituiti alla cavità gastrointestinale ed espulsi dalla bocca. I
platelmiti parassiti come la tenia, non dispongono di apparato digerente, ma si nutrono per
assorbimento diretto. 5.4.3 apparato digerente a tubo aperto – i molluschi gasteropodi
(lumache) Le lumache sono molluschi sia acquatici che terrestri e sono dei consumatori di
substrati. La bocca è provvista di una lingua a forma di nastro (radula) in grado di raschiare
il substrato. Il cibo passa nello stomaco dove avviene la digestione, quindi va nell’intestino
dove le molecole sono assorbite. Nell’intestino sboccano anche i nefridi che eliminano i
cataboliti che, assieme ai residui della digestione sono espulsi all’esterno tramite l’ano. 5.5 la
nutrizione nell’uomo Gli animali vertebrati, sono salvo rare eccezioni (balene – filtratori
pelagici, pippistrelli vampiri, colibri – succhiatori di liquidi) tutti consumatori di masse
alimentari. A seconda del regime di alimentazione si dividono tre gruppi. Erbivori: si nutrono
di masse vegetali; hanno dentatura adatta alla masticazione, a volte presenza di diversi
stomaci con protozoi simbionti per la digestione della cellulosa, intestino e processo digestivo
lento. Carnivori: si nutrono di altri animali: dentatura adatta al taglio, un solo stomaco
ghiandolare, intestino corto e processo digestivo veloce (eliminazione rapida di patogeni e
tossine) Onnivori: si nutrono sia di piante che animali. L’uomo è un animale terrestre,
consumatore di masse alimentari,
13
onnivoro. L’apparato digerente è di tipo a tubo aperto. Dal punto di vista anatomico è diviso
in
bocca, faringe, esofago, stomaco, intestino, e ano. Inoltre vi sono importanti organi associati
quali ghiandole salivari, fegato, cistifellea e pancreas. Dal punto di vsita istologico (dei tessuti)
l’apparato digerente è composto da quattro strati: mucosa con ghiandole che secernono
muco, enzimi e acidificano; primo strato di connettivo che uniscono gli altri tessuti; muscoli
che permettono i movimenti (labbra e peristalsi); Secondo strato di connettivo.

Uomo: manipolazione e corsa lenta


6. Definisci l’ecosistema e i principi sui quali si basa la sua regolazione.
L’ecosistema è il successivo livello di organizzazione di una popolazione, formato da una comunità di organismi
viventi in un determinato habitat e dal suo specifico ambiente fisico.
Un ecosistema comprende tutti gli organismi che vivono in un particolare luogo, più l’ambiente abiotico nel
quale essi vivono e con il quale interagiscono in quel luogo. I principi che regolano gli ecosistemi sono:
1. L’energia fluisce attraverso gli ecosistemi in una direzione
2. I nutrienti sono presenti in una quantità fissa sul pianeta: essi vengono costantemente riciclati in flussi
circolari interni (cicli biogeochimici) agli ecosistemi.

L’ ecosistema è il successivo livello di organizzazione di una popolazione, formato da


una comunità di organismi viventi in un determinato habitat e dal suo specifico ambiente
fisico. I principi che regolano gli ecosistemi sono: 1. l’ energia fluisce attraverso gli
ecosistemi in una direzione. 2. I nutrienti sono presenti in una quantità fissa sul pianeta: essi
vengono costantemente riciclati in flussi circolari interni (cicli biogeochimici) agli ecosistemi.
ECOSISTEMA: dinamica. Un ecosistema comprende tutti gli organismi che vivono in un
particolare luogo, più l’ambiente abiotico nel quale essi vivono e con il quale interagiscono in
quel luogo. Gli ecosistemi sono sistemi dinamici per quanto riguarda l’uso della materia e
dell’energia. Nelle trasformazioni biologiche della materia gli atomi di cui è costituita
mantengono la loro integrità anche se sono assemblati in nuovi composti e questi vengono in
seguito demoliti. Si dice che gli atomi dei vari elementi si spostano attraverso gli ecosistemi
in cicli biogeochimici. ECOSISTEMA: flusso di energia. L’energia non segue gli stessi principi
della materia. L’energia non è mai riciclata. La Terra per quanto riguarda l’energia è un
sistema aperto, riceve energia continuamente dal sole. Perchè l’energia si comporta in modo
diverso dalla materia? 1)perchè l’energia esiste in diverse forme (luce, legami chimici, moto e
calore) . Non viene nè creata nè distrutta ma cambia forma. 2)gli organismi non possono
convertire il calore in un’altra qualsiasi forma di energia. Quando l’energia viene trasferita o
trasformata una parte di essa assume una forma non più utilizzabile (aumento di entropia). Le
piante devono ricevere energia in forma di luce. Gli animali per vivere devono avere energia
(sotto forma di legami chimici) che ottengono dal cibo. Gli organismi ogniqualvolta utilizzano
l’energia (luce o legami chimici), una parte di essa viene convertita in calore. Visto che la
Terra funziona come un sistema aperto rispetto all’energia, la luce arriva ogni giorno dal Sole.
Le piante e gli organismi fotosintetici convertono l’energia solare in energia chimica e la
14
quantità totale di energia non cambia (prima legge della termodinamica). Quindi gli animali
mangiano gli organismi fotosintetizzanti utilizzando l’energia dei legami chimici dei loro
composti organici per rimanere vivi. Perchè la vita permanga è richiesta sempre nuova
energia luminosa. Il flusso in ingresso ed in uscita dell’energia radiante della terra deve
essere uguale perchè la temperatura globale resti costante. Le attività umane stanno
modificando la composizione dell’atmosfera in un modo che impedisce il flusso in uscita, il
cosiddetto effetto serra. Secondo il secondo principio della termodinamica quando l’energia
viene trasferita o trasformata, una parte di essa assume una forma che non può più essere
utilizzata (entropia). Lo stesso accade negli ecosistemi naturali: l’energia trasferita da un
organismo ad un altro sotto forma di cibo viene in parte accumulata nei tessuti viventi e in
parte dissipata sotto forma di calore, con conseguente aumento di entropia. Gli ecosistemi
naturali sono sistemi aperti in cui la radiazione solare fornisce costantemente apporti
energetici in grado di contrastare l’aumento di entropia. Il flusso di energia attraverso gli
ecosistemi terrestri inizia con l’assorbimento delle radiazioni solari da parte degli organismi
autotrofi. La velocità con cui l’energia radiante viene convertita in materia organica attraverso
la fotosintesi è detta : produttività primaria. Si differenzia dalla biomassa in quanto indica la
velocità di produzione della materia organica durante la fotosintesi. Produttività primaria
lorda: quantitativo di energia luminosa convertita in composti organici dalla fotosintesi per
unità di tempo. Produttività primaria netta: produttività primaria lorda meno l’energia usata
dai produttori primari per la respirazione. Corrisponde all’energia disponibile per i consumatori
all’interno dell’ecosistema. (J/m2 x anno)

L’ecosistema è dato dalla comunità biotica (biocenosi) autotrofi ed eterotrofi e


dall’ambiente (biotopo) atmosfera, idrosfera, clima e terreno. È un sistema chiuso che ha
nell’energia solare la fonte energetica (neg-entropia). Stato stazionario lontano dall’equilibrio
termodinamico (climax). Leggi della termodinamica. La comunità biotica: autotrifi o
produttori: vegetali e batteri; eterotrofi: consumatori (erbivori, carnivori, parassiti di animali,
onnivori, saprofagi), detritivori (artropodi, nematodi, anellidi), decompositori (funghi, batteri).
La piramide ecologica (energetica): se le catene alimentari lunghe sono favorevoli per la
biodiversità, sono però sfavorevoli sotto il profilo energetico. Dagli ecosistemi agli agro
sistemi. L’energia ausiliaria: aerazione, irrigazione, drenaggio, fertilizzazione, lotta avversità
→ lavorazioni. Modificazioni del terreno. Modificazioni alla comunità biotica: riduzione della
complessità, specie e genotipi, aumento dell’energia a disposizione dei consumatori primari e
secondari, accorciamento delle catene alimentari, produttività. → simile all’ecosistema forestale
giovanile: biomassa modesta, elevato rapporto B. foto sintetizzante/B. totale, bassa intercettazione della
luce ma alta efficienza foto sintetica, produttività elevata (biomasse prodotto/biomassa totale) → grado
di antropizzazione di un territorio. Schema di funzionamento degli agro ecosistemi: catena del
pascolo – catena del detrito.
Le agricolture organiche: sistemi colturali complessi e con elevato numero di specie;
rotazioni/avvicendamenti/ consociazioni; dove possibile simbiosi agricolture-allevamento;
minimum tillage o no tillage; fertilizzanti organici; niente o poca chimica; presenza di elementi
15
di rifugio (boschetti, siepi, filari..) per la flora e la fauna selvatica; attenzione ai valori sotrico-
culturali del paesaggi agrario. L’agricoltura biologica: ha come oggetto l’intero ecosistema
agricolo, sfrutta la naturale fertilità del suolo favorendola con intervalli limitati, promuove la
biodiversità dell’ambiente e limita o esclude l’utilizzo di prodotti di sintesi e degli OGM. Norme
IFOAM (International federation of organic agricolture movements) cui si ispirano anche
quelle dell’AIAB (associazione italiana per l’agricoltura) e altre associazioni. In europa è
regolamentata dal Reg.CE n 834/2007 ed è relativo alla produzione biologica e
all’etichettatura dei prodotti biologici sia di origine vegetale che animale (compresa
l’acquacoltura). L’agricoltura biodinamica (Stainer e Pfeiffer). Visione spirituale
antroposofica del mondo. Il suolo e la vita che in esso si sviluppa sono un unico sistema.
Forse cosmich, energia vitale, influssi astrali sull’ambiente e sulla vita delle piante, rituali. Uso
di preparati biodinamici in diluizione omeopatica da spruzzo (cornosillice e corno letame) da
cumulo (compostaggio- sei preparati a partire da pinate). L’agricoltura naturale e del non
fare (Fukuoka – agricoltura del MU – senza, nessuno e Hazelip agricoltura sinergica).
L’intervento dell’uomo deve essere minimale e limitarsi ad assecondare un processo
largamente gestito dalla natura. Il terreno non viene arato e rimane sempre coperto per
controllare l’erosione. La copertura è fatta di specie poco invadenti che fissano l’azoto e
impediscono lo sviluppo di infestanti e con i residui colturali (pacciamatura). I parassiti sono
combattuti introducendo animali antagonisti (es. carpe…). La permacoltura: metodo per
progettare e gestire paesaggi antropizzati per produrre cibo e energia con la resilienza, la
ricchezza e la stabilità degli ecosistemi naturali. Integrazione con tutti componenti di un
insediamento umano. Policoltura a base di specie arboree perenni, arbusti, specie erbacee,
funghi.. L’agricoltura conservativa (non è un’agricoltura organica). Replica i processi
naturali attraverso il mantenimento di una copertura permanente del suolo (cover crop e/o
residui colturali). Cerca di interferire al minimo con la naturale composizione del suolo, la sua
struttura e la biodiversità. Semina diretta (non lavorazione) o minima lavorazione senza
l’inversione di strati. Esige una razionale rotazione colturale. L’agricoltura biotech (OGM)
attese: incrementi produttivi, miglioramento aspetti qualitativi dei prodotto, nuove produzioni,
salvaguardia ambientale. Meno impiego di fitofarmaci (resistenze ai parassiti e agli erbicidi),
meno inquinamento idrico da nitrati (N-fissazione in non leguminose), depurazione di acque e
terreni inquinati, contrato alla desertificazione. Rischi sanitari: allergie, resistenze agli
antibiotici, neoplasie, reazioni di nuovi patogeni (TGO), potenziamento nocività armi
batteriologiche. Rischi ambientali: imprevedibilità dell’espressione genica, instabilità genica
dell’organismo, riduzione dell’agrobiodiversità, inquinamento genetico per flussi verticali
(TGV) e orizzontali (TGO). Rischi socio-economici: perdita di tipicità di produzioni, riduzione
della diversità culturale, concentrazione di potere nelle multinazionali, aumento dipendenza
dei paesi poveri, ?.

7. Cosa si intende per produttività primaria lorda e netta.


La produttività primaria è la velocità con cui l’energia radiante viene convertita in maniera organica
attraverso la fotosintesi.
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Si differenzia dalla biomassa in quanto indica la velocità di produzione della materia organica durane la
fotosintesi.
La produttività primaria lorda è un quantitativo di energia luminosa convertita in composti organici dalla
fotosintesi per unità di tempo.
La produttività primaria netta è la produttività primaria lorda meno l’energia usata dai produttori primari per la
respirazione. Corrisponde all’energia disponibile per i consumatori all’interno dell’ecosistema. (J/m^2 x anno)
Produttività primaria lorda: quantitativo di energia luminosa convertita in composti organici
dalla fotosintesi per unità di tempo. Produttività primaria netta: produttività primaria lorda
meno l’energia usata dai produttori primari per la respirazione. Corrisponde all’energia
disponibile per i consumatori all’interno dell’ecosistema. (J/m2 x anno). ECOSISTEMA: quali
fattori limitano la produttività primaria in un ecosistema? Ecosistema terrestre: il clima
specialmente la temperatura e le precipitazioni. La temperatura influenza la velocità di
fotosintesi, mentre la quantità di acqua disponibile limita il processo fotosintetico.
L’evapotraspirazione combina i due fattori: riflette sia la richiesta di acqua (dipendente dalla
radiazione solare) sia l’apporto idrico (funzione delle precipitazioni). Anche la disponibilità di
nutrienti influenza la produttività primaria di un ecosistema. Ecosistema acquatico:
La luce è uno dei fattori limitanti la produttività. Nutrienti: l’azoto e il fosforo sono quelli che
maggiormente limitano la produzione negli oceani.

8. Cos’è la biodiversità e perché è importante preservarla.


La biodiversità è un’abbreviazione utilizzata per definire la diversità biologica. Essa può essere valutata a tre
livelli principali:
-diversità genetica: interna alla specie
-diversità specifica: diversità della specie
-diversità di ecosistema
È importante preservare la biodiversità perché è un valore economico diretto, indiretto etico ed estetico. La
perdita di specie comporterebbe perdita di cibo, medicine, geni unici e quindi proteine utili.
Biologia della conservazione Biodiversità: abbreviazione utilizzata per definire la
diversità biologica. Biodiversità: può essere valutata a tre livelli principali: ● diversità genetica:
interna alla specie ● diversità specifica: diversità delle specie ● diversità di ecosistema.
Biodiversità: può essere valutata a tre livelli principali: 1. diversità genetica: comprende la
variabilità genetica individuale all’interno della popolazione e la variabilità tra popolazioni 2.
diversità specifica: l’estinzione determina una diminuzione della diversità specifica Specie
in pericolo di estinzione: in tutta la sua area di distribuzione o in una porzione significativa di
essa Specie minacciate: quelle che in un futuro imminente rischiano l’estinzione. Tre membri
del club dei cento battiti, include specie costituite da meno di cento individui sopravvissuti
sulla Terra (aquila, delfino, rinoceronte). 3. diversità di ecosistema: l’estinzione di una
specie può avere un impatto negativo sulla ricchezza di specie dell’intera comunità. Impatto
pesante anche sull’ecosistema dell’attività antropica. Biodiversità: perdita la principale
causa di perdita di diversità biologica è la distruzione degli habitat conseguente
all’espansione della popolazione umana e alle attività antropiche a essa collegate. In passato

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la causa più importate è stata l’espansione dei terreni coltivati per far fronte alla crescita della
popolazione umana. Paesi tropicali: alta biodiversità ma anche forte incremento demografico
e sviluppo economico. Specie alloctone: introdotte dall’uomo, non native o esotiche; si
dicono invasive se si sviluppano massicciamente a danno delle specie autoctone (native o
indigene). La suscettibilità delle specie all’estinzione è funzione di diversi aspetti del ciclo
vitale Ubiquitaria: una specie con una distribuzione geografica estesa Endemica: una specie
esclusiva di un’area ben definita (particolarmente suscettibile all’estinzione!). L’Unione
Nazionale per la conservazione della natura (IUCN) ha sviluppato una classificazione:
specie gravemente minacciate: hanno una probabilità maggiore o uguale al 50 % di
estinguersi entro 10 anni o 3 generazioni specie minacciate: hanno una probabilità del 20 %
di estinguersi entro 20 anni specie vulnerabili: hanno una probabilità maggiore o uguale al 10
% di estinguersi entro 100 anni. L’attribuzione di una specie a una determinata categoria
richiede la conoscenza di alcune informazioni: -declino verificabile nel numero di individui -
area geografica occupata dalla specie e numero di popolazioni - numero totale di individui e
individui riproduttivi - declino atteso del numero individui se permane fattore negativo -
probabilità di estinzione della specie entro un certo numero di anni. L’elenco delle specie
minacciate, vulnerabili, rare, prende il nome di LISTA ROSSA. Le liste rosse possono essere
a livello planetario, nazionale locale. Infatti specie diffuse a livello continentale o nazionale
possono essere rare a livello regionale. Biodiversità: perchè è importante preservarla? ex
primo ministro norvegese disse:” dovremmo considerare il nostro pianeta come un prestito
ricevuto dai nostri figli, piuttosto che come un dono ricevuto dai nostri predecessori”
BENEFICI DELLA DIVERSITà GENETICA E SPECIFICA: perdita di specie: - potenziale
perdita di cibo, medicine.... - perdita di geni unici e quindi proteine utili. FUNZIONI DEGLI
ECOSISTEMI: INSIEME DI TUTTI QUEI processi che contribuiscono a sostenere la vita
umana sulla Terra: -purificazione acqua, aria, - decomposizione rifiuti - riduzione impatto
delle condizioni climatiche estreme e degli allagamenti etc......
Mancato riconoscimento o percezione di un valore economico ai servizi resi dagli ecosistemi:
esempio, nel 1996 la città di New York investì oltre un miliardo di dollari nell’acquisto di terre
e recupero habitat risparmiando 8 miliardi di dollari che sarebbero stati necessari per allestire
impianti di filtrazione dell’acqua. valore economico diretto: fonti di cibo, medicine,
abbigliamento, biomassa e difesa valore economico indiretto (con la distruzione della
biodiversità si creano condizioni di instabilità, ridotta produttività, promuovendo
desertificazione...........) valori etici ed estetici (la nostra coscienza e consapevolezza ci
permettono di percepire tali valori). Biodiversità: quali sono le minacce? le attività umane
minacciano la biodiversità su scala locale, regionale e globale operando su tre livelli - perdita
habitat - introduzione di specie - sfruttamento eccessivo. Biodiversità: perdita habitat:
questo si verifica a causa delle attività umane: - agricoltura - sviluppo centri urbani - attività
minerarie - gestione foreste – inquinamento. Il riscaldamento globale del pianeta opera
un’alterazione costante degli habitat. La perdita di un habitat può determinare l’estinzione di
una specie. Anche la sua frammentazione è causa di estinzione. (seguono attività in classe,
vedi slide)
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EROSIONE GENETICA E RISCHIO DI ESTINZIONE Si stima che oltre 1/3 DELLA
TOTALITÀ DELLE SPECIE VEGETALI sia oggi sottoposta ad EROSIONE GENETICA o,
addirittura, da considerarsi già a RISCHIO DI ESTINZIONE, con gravi danni in termini di: •
MIGLIORAMENTO GENETICO TRADIZIONALE (perdita di importanti caratteri dei quali
queste specie sono depositarie) • PRODUZIONE DI SOSTANZE NATURALI (utili per la
salute o per l’alimentazione)
SALVAGUARDIA DELLA BIODIVERSITÀ VEGETALE Interventi volti ad ARRESTARE
o CONTENERE la PERDITA DI RISORSE GENETICHE dovuta a: • FATTORI NATURALI
(desertificazione e cambiamenti climatici) • FATTORI ANTROPICI (quali deforestazione,
specializzazione colturale, urbanizzazione).
Preso atto dell’erosione genetica o rischio di estinzione di un certo taxon → si
programmano le strategie di conservazione più idonee al caso: a. conservazione in situ b.
conservazione ex situ. In situ: svantaggi: rischio di malattie, esposizione ad agenti
atmosferici, sono necessari grandi spazi in adeguate aree geografiche, alti costi di
mantenimento; vantaggi: interazione con il proprio ambiente naturale e fisiologico. Ex situ:
svantaggi: rimozione dall’ambiente naturale, è necessario personale qualificato, sono
necessari laboratori attrezzati; vantaggi: è richiesto poco spazio e può essere attuata in
qualsiasi area geografica, costi relativamente bassi, ambiente asettico e controllato. Le
strutture più utilizzate per la realizzazione di tali programmi sono: orti botanici e università,
che hanno spazi, risorse e professionalità adeguati all’espletamento di queste funzioni.
La biodiversità rappresenta la variabilità tra gli organismi viventi di qualsiasi fonte, inclusi
gli ecosistemi terrestri, marini e acquatici e i colpessi ecologici di cui sono parte la biodiversità
include la diversità all’interno delle specie, tra le specie e la diversità degli ecosistemi
(convenzione sulla diversità biologica)

9. Cos’è e come si può attuare la conservazione del germoplasma (illustra e


descrivi le diverse tecniche).
Il germoplasma è un qualsiasi materiale vegetale (semi, organi vegetativi, propaguli, frammenti di tessuti,
cellule) da cui sia possibile ottenere una pianta intera.

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Viene conservato nelle banche del germoplasma, strutture specializzate nelle conservazioni di parti di
organismi viventi, idonei a rigenerare un organismo completo.
Il materiale vegetale può essere suddiviso in:
-collezioni di semi (principalmente per le specie a preminente propagazione gamica)
-collezioni colonali (principalmente per le specie a propagazione vegetativa)
Temperatura ambientale→congelamento→ - 196°C→recupero della vitalità 
Lo stoccaggio avviene solitamente a -20°C, ma qualora si decidesse di attuare la crioconservazione si utilizzerà
uno stoccaggio di germoplasma a temperatura ultra-bassa (-196°C) propria dell’azoto in fase liquida.

È qualsiasi materiale vegetale (semi, organi vegetativi, propaguli, frammenti di tessuti,


cellule) da cui sia possibile ottenere una pianta intera. Cosa sono le banche del
germoplasma? Sono strutture specializzate nella conservazione di parti di organismi viventi,
idonei a rigenerare un organismo completo. Oltre 6 milioni di specie vegetali sono oggi
preservate in banche del germoplasma. Vengono conservati semi, callo, apici caulinari,
embrioni, piantule, spore. Il materiale vegetale conservato nelle banche del germoplasma può
essere suddiviso in: • COLLEZIONI DI SEMI (principalmente per le specie a preminente
propagazione gamica) • COLLEZIONI CLONALI (principalmente per le specie a
propagazione vegetativa). Nella banca del seme i semi vengono conservai: identificazione
della specie → raccolta dei semi → parziale disidratazione → stoccaggio a -20’C. la conservazione
del germoplasma nelle banche del seme presenta alcune importanti limitazioni ed inconvenienti: 1.
Non tutte le specie vegetali producono semi. La specie da cui è stato ottenuto il banano produceva
molti semi. La varietà triploide selezionata per il consumo umano è priva di semi. La varietà triploide è
propagata asessualmente mediante polloni (germogli avventizi che si formano alla base del fusto). 2.
Molte specie presentano semi non-ortodossi. Sono definiti non o sub-ortodossi i semi che vanno
incontro ad un rapido deperimento e diminuzione della germinabilità se conservati tal quali e che,
d’altro canto, no tollerano una consistente riduzione del contenuto in acqua, necessaria per preservarne
la germinabilità durante lo stoccaggio al freddo per tempi lunghi.
Sono 4 i tipi di semi: ortodossi veri, sub ortodossi, temperato recalcitranti e tropico-
reclacitranti. Recentemente è stato descritto un quinto gruppo detto intermedio. A volte si
parla semplicemente di semi ortodossi e non ortodossi. Semi ortodossi veri: una volta
essiccati fino al 5-10% di umidità e posti in contenitori ermetici, sopportano basse
temperature e conservano a a lungo la loro vitalità. Tra le specie mediterranee abbiamo
l’olivo, la marruca, l’olenadro, la ginestra, ecc. I semi sub ortodossi: conservati nelle stesse
condizioni per gli ortodossi veri mantengono la loro vitalità per periodi più brevi. Sono semi
grossi con un alto contenuto di lipidi o di semi piccoli con tegumenti sottili. (vedi slide)
Molte specie tropicali, ma anche numerose specie da fruto e forestali di clima temperato
(castagno, noce, ippocastano, acero, quercia) hanno semi non ortodossi. La
crioconservazione: consiste nello stoccaggio di germoplasma a temperatura ultra-bassa (-
196’C) propira dell’azoto in fase liquida. Vantaggi: 1. Spazi relativamente contenuti per la
conservazione(in un contenitore da 35 litri di azotot liquido si possono stoccare oltre 6 mila
espianti); 2. Bassi costi di conservazione (in pratica, solo quelli necessari al mantenimento del
20
livello di azoto liquido, sostanza facilmente reperibile e di costo contenuto); 3. Possibilità di
porre in conservazione un ampio range di organi e tessuti provenienti da coltura in vitro; 4. Il
mantenimento del materiale vegetale in assoluta sicurezza genetico-sanitaria; 5. Possibilità di
operare una conservazione a tempo illimitato.
Alla temperatura di -196’C, le cellule vegetali entrano in uno stato di “quiescenza assoluta”, in
quanto tutte le trasformazioni fisiche e reazioni biochimiche sono praticamente arrestate. Se
le cellule sono portate nella condizione di ultra-raffreddamento seguendo opportune
“procedure preparatorie”, la vitalità non ne risulta compromessa e, al ritorno a condizioni
standard di coltura, possono riassumenre la loro piena funzionalità.

10. Che cos’è una comunità?


Un insieme di organismi viventi in una data area, caratterizzato da una determinata composizione specifica,
dall’esistenza di interrelazioni, di fenomeni di dipendenza reciproca e dall’adattamento a determinate
condizioni ambientali.
Comunità + habitat = ecosistema

11. Quali sono i diversi livelli trofici all’interno di una catena alimentare?
Struttura trofica: rapporti alimentari tra gli organismi di una comunità.Livello trofico: posto occupato da un
individuo all’interno della catena alimentare. Per livello trofico si intende la posizione che un individuo facente
parte di un gruppo occupa rispetto al livello trofico di base che è rappresentato dagli autotrofi (produttori,
come i vegetali). Più esattamente in un "livello trofico" sono compresi tutti quegli organismi che ottengono
energia dal Sole (o da altri tipi di fonti primarie) tramite lo stesso numero di passaggi.
Si tratta di un fattore chiave nelle dinamiche di comunità.Produttore primario (vegetale)→consumatore
primario (erbivoro)→consumatore secondario (carnivoro primario)→consumatore terziario (carnivoro
21
secondario)
→→→→Detritivoro = organismo che si ciba dei materiali organici in decomposizione provenienti da tutti i
livelli della catena alimentare di pascolo (piante e animali) e che sfruttano l’energia contenuta in questi
materiali.
Catene alimentari: trasferimento di energia e cibo tra i diversi livelli trofici dai produttori primari ai carnivori
fino ai decompositori. Una catena alimentare è in realtà una rete alimentare con ramificazioni e con interazioni
trofiche complesse. Le specie possono svolgere un ruolo in più di un livello trofico.
In ogni rete alimentare una catena alimentare di solito è lunga solo pochi collegamenti (ipotesi energetica e
ipotesi stabilità dinamica).

Produttori primari (terra: piante – acqua: phytoplancton), consumatori primari (erbivori –


zooplancton), consumatori secondari (carnivori – carnivori), consumatori terziari (carnivori –
carnivori), consumatori quaternari (carnivori – carnivori).
Struttura trofica: rapporti alimentari tra gli organismi di una comunità. Si tratta di un
fattore chiave nelle dinamiche di comunità. Catene alimentari: trasferimento di energia e cibo
tra i diversi livelli trofici dai produttori ai carnivori fino ai decompositori. Reti alimentari: una
catena alimentare è in realtà una rete alimentare con ramificazioni e con interazioni trofiche
complesse. Le specie possono svolgere un ruolo in più di un livello trofico. Le catene
alimentari possono essere semplificate in un raggruppamento di specie con simili relazioni
trofiche in gruppi funzionali e isolando una porzione di rete che interagisce pochissimo con il
resto della comunità. In ogni rete alimentare una catena alimentare di solito è lunga solo
pochi collegamenti. Sono due le ipotesi che cercano di spiegare la lunghezza di una catena
alimentare: 1. Ipotesi energetica (solo il 10% dell’energia immagazzinata nella materia
organica di un livello trofico è convertita in materia organica nel livello trofico successivo); 2.
Ipotesi stabilita dinamica (catene alimentari più lunghe meno stabili di quelle corte).
Specie con largo impatto: Alcune specie hanno un grande impatto sulla struttura della
comunità. Queste specie sono molto abbondanti o svolgono un ruolo fondamentale nelle
dinamiche della comunità. Le specie dominanti sono quelle che sono più abbondanti o che
possiedono la biomassa più grande. Esse esercitano un potente controllo sulla presenza e la
distribuzione di altre specie. Ad es: gli aceri da zucchero hanno un impatto importante su
fattori abiotici quali ombreggiamento e disponibilità di nutrienti nelle foreste della parte
orientale del Nord America, questo influenza la distribuzione delle altre specie vegetali.
Perche una specie diventa dominante? Un’ipotesi suggerisce che esse sono più competitive
nello sfruttamento delle risorse. Un’altra ipotesi è che abbiano un maggior successo
nell’evitare la predazione o l’impatto delle malattie. Le specie invasive, in genere introdotte in
un nuovo ambiente dagli esseri umani, spesso no hanno predatori. Specie chiave:
esercitano un forte controllo su una comunità in base ai loro ruoli ecologici o nicchie che
occupano. In contrasto alle specie dominanti non sono necessariamente abbondanti in una
comunità. Studi sul campo di stelle marine illustrano il loro ruolo di una specie chiave nelle
comunità intercotidali. L’osservazione delle popolazioni di lontra di mare, la loro predazione
mostra come le lontre influenzano le comunità dell’oceano.

22
Controlli basso-alto e alto-basso → il modello bottom-up di organizzazione comunitaria
propone un’influenza unidirezionale dal basso a livelli trofici superiori. In questo caso, la
presenza o assenza di nutrienti minerali determina la struttura della comunità, compresa
l’abbondanza dei produttori primari. Il modello top-down, chiamato anche il modello a cascata
trofica, propone che il controllo avvenga dal livello trofico superiore. In questo caso, i
predatori controllano gli erbivori, che a loro volta controllano i produttori primari.
La biomanipolazione può aiutare a ripristinare le comunità inquinate. Es: in un lago,
l’aumento di ciano batteri (produttori primari) si è verificato quando lo zooplancton
(consumatori primari) sono stati mangiati da grandi popolazioni di pesci scarafaggio
(consumatori secondari). L’aggiunta di luccioperca (consumatori terziari) ha permesso il
controllo dei pesci scarafaggio e l’aumento dello zooplancton con una diminuzione dei ciano
batteri.

12. Descrivi l’agroecosistema e spiega quali sono le principali differenze


dall’ecosistema
L’agroecosistema è un ecosistema secondario caratterizzato dall’intervento umano finalizzato alla produzione
agricola e zootecnica. Rispetto all’ecosistema naturale, nell’agroecosistema i flussi di energia e di materia sono
modificati attraverso l’apporto di fattori produttivi esterni (fertilizzanti, macchine, irrigazione ecc.), con
l’obiettivo di esaltare la produttività delle specie agrarie vegetali coltivate dall’uomo, eliminando quei fattori
naturali (altre specie vegetali, insetti, microrganismi) che possono risultare dannosi o entrare in competizione
con la coltura agricola a scapito della sua produttività.
Caratteristiche fondamentali di un agroecosistema sono, quindi, l’elevata specializzazione e la riduzione della
diversità biologica.
Il controllo antropico dei cicli biogeochimici e degli elementi climatici può essere minimo, come nel caso dei
pascoli, o totale, come nel caso delle colture protette (➔ ortoflorovivaismo).
L’ecosistema è costituito dalla comunità biotica (biocenosi) autotrofi e eterotrofi e
dall’ambiente (biotipo) atmosfera, idrosfera, clima, terreno. Sistema chiuso che ha
nell’energia solare la fonte energetica (neg-entropia). Stato stazionario lontano dall’equilibrio
termodinamico (climax). Leggi della termodinamica.

13. Quali sono i principi su cui si basa l’agricoltura biologica?


Nell’agricoltura biologica si tende a preservare di più l’ambiente e il paesaggio naturale e a non sfruttare il
terreno e gli animali allevati al di sopra di quello che possono offrire. →Lavorazioni superficiali →mangimi < al
50% della razione →concimi solo se necessario→vietati i fitofarmaci e i diserbanti= produzione più bassa
I principi dell’agricoltura biologica sono:
→Rispetto della fertilità del suolo attraverso: produzione più bassa Uso di concimi organici. Divieto di uso di
concimi chimici industriali Lavorazioni leggere del terreno: rispettano gli abitanti del terreno e conservano la
sostanza organica superficiale del terreno (humus)
23
→Rispetto delle forme di vita e degli organismi utili: Impianto e conservazione delle siepi, boschetti e luoghi
dove gli uccelli nidificano
→Controllo dei parassiti tramite: Lotta ai parassiti delle piante con prodotti naturali (di origine vegetale,
animale e minerale) ;Utilizzo di insetti predatori (coccinella), batteri e virus utili; Utilizzo di varietà di piante
resistenti alle malattie; Divieto di uso di antiparassitari chimici e industriali
→Controllo delle erbe infestanti; Divieto di uso di diserbanti; Uso di mezzi meccanici
→Come devono essere allevati gli animali: Bassa densità di allevamento; Utilizzo di razze rustiche; Allevamento
a terra ed accesso all’aperto obbligatorio per tutte le specie; Obbligo del pascolo per gli erbivori; Uso di
alimenti biologici e allattamento naturale; Limitato uso di antibiotici; Limitato uso di animali per ettaro per
evitare inquinamento da deiezioni

La rivoluzione industriale che si sviluppa nell’800 in paesi come la GB in Italia esplode


solo dopo la seconda guerra mondiale. Nel 1951 in Italia circa la metà della popolazione era
rurale e quella attiva in agricoltura era il 41%. Oggi circa il 4%. Oggi con un numero di addetti
10 volte inferiore prodiciamo più del doppio di quello che si produceva allora. Il marchio DOP
certifica caratteristiche che possono derivare solo da quel territorio e dalle conoscenze dei
produttori di quella zona- il marchio IGP certifica una caratteristica del prodotto lo associa a
un determinato luogo e garantisce che almeno una fase del processo produttivo, lavorazione
o preparazione è in esso avvenuta. Il marchio STG si usa per prodotti con peculiari
caratteristiche, fatti con ingredienti o secondo metodi tradizionali.
Come si posson eseguire le attività agricole? Esistono sostanzialmente 3 modalità di fare
agricoltura: a. agricoltura tradizionale, b. integrata, c. biologica. Nell’agricoltura convenzionale
si cerca di sfruttare il più possibile il terreno e gli animali allevati per ottenere il massimo delle
produzioni. Nell’agricoltura integrata si prevede un uso ridotto e razionale di prodotti chimici di
sintesi nella difesa e nelle concimazioni. È un ponte tra l’agricoltura convenzionale e quella
biologica. Nell’agricoltura biologica si tende a preservare di più l’ambiente e a non sfruttare il
terreno e gli animali allevati al di sopra di quello che possono offrire. Cenni storici:
l’agricoltura biologica nasce all’inizio del XX secolo. In Svizzera, Inghilterra e Stati Uniti alcuni
studiosi e agricoltori si oppongono allo sfruttamento intensivo del terreno e degli allevamenti.
Essi invece sostengono la necessità di un equilibrio tra terreno, vegetali ed animali, senza
sfruttamenti eccessivi. Così rifiutano l’uso di prodotti chimici di sintesi (fabbricati dall’uomo)
per la coltivazioni delle piante: Fertilizzanti/concimi (azoto-fosforo-potassio), antiparassitari e
diserbanti. Ed iniziano ad utilizzare solo prodotti esistenti in natura, negli anni 70 e 80 del
secolo scorso si assiste ad un aumento dei terreni coltivati senza l’uso di sostanze chimiche
industriali. Nel 1951 la CE emana la prima legge (Reg.Ce 2092/91) che regola la produzione
biologica e aiuta economicamente gli agricoltori che vogliono abbandonare il metodo
intensivo di coltivazione a favore di quello naturale. Campo di applicazione della
normativa: prodotti agricoli vegetali e animali non trasformati; prodotti agricoli vegetali e
animali trasformati destinati all’alimentazione umana; mangimi; materiale di moltiplicazione
vegetativa e sementi; prodotti dell’acquacoltura – con Reg. a parte; lieviti utilizzati come
alimenti o mangimi. I principi dell’agricoltura biologica: rispetto della fertilità del suolo
24
attraverso: ● rotazioni con introduzione di leguminose (erba medica-favino, ecc) →aumentano
il contenuto di azoto nel terreno e fanno diminuire la crescita di erbe infestanti; ● uso di
concimi organici (letame, compost di residui vegetali, torba, ecc) e divieto di uso di concimi
chimici industriali; ● lavorazioni leggere del terreno: rispettano gli abitanti del terreno (animali,
batteri, funghi, ecc) e conservano la sostanza organica superficiale del terreno (humus).
Rispetto delle forme di vita e degli organismi utili: ● impianto e conservazione delle siepi,
boschetti e luoghi dove gli uccelli nidificano. Controllo dei parassiti tramite: ● lotta ai parassiti
delle piante con prodotti naturali (di origine vegetale, animale e minerale); ● utilizzo di insetti
predatori (coccinella), batteri e virus utili. Utilizzo di varietà di piante resistenti alle malattie;
divieto di uso di antiparassitari chimici industriali. (Perche si usano gli antiparassitari
chimici industriali nell’agricoltura intensiva convenzionale? – per combattere insetti,
funghi, erbe infestanti ed altri parassiti; - per ottenere maggiori produzioni)
Controllo delle erbe infestanti: ● divieto di uso di diserbanti; ● uso di mezzi meccanici. Come
devono essere allevati gli animali? Bassa densità dell’allevamento, utilizzo di razze
rustiche, allevamento a terra ed accesso all’aperto obbligatorio per tutte le specie, obbligo del
pascolo per gli erbivori, uso di alimenti biologici e allattamento naturale, limitato uso di
antibiotici, limitato numero di animali per ettaro per evitare inquinamento da deiezioni.
Quanto bisogna spettare per diventare agricoltori biologici? 2 anni per le produzioni
erbacee, 3 anni per le produzioni frutticole più 1 anno per bovini da carne e 6 mesi per bovini
da latte, ovini e suini. Perché tutto questo tempo? Il terreno deve smaltire i residui dei prodotti
chimici che non si possono più utilizzare; le piante da frutto devono smaltire le stesse
sostanze; gli animali devono smaltire i farmaci e le sostanze chimiche non ammesse presenti
nei mangimi. Il sistema dei controlli nel biologico e le garanzie per i consumatori: Tutto il
processo produttivo deve essere controllato, quindi ogni passaggio deve essere verificato.
Aspetti positivi dell’agricoltura biologica: i prodotti non contengono residui chimici di
sintesi. Il processo produttivo è controllato da un ente indipendente; la frutta e la verdura sono
quasi sempre di stagione; il beneficio ambientale ricade su tutta la società. Aspetti negativi
dei prodotti biologici: il prezzo d’acquisto in Italia è ancora eccessivamente alto; non
sempre è facile reperire i prodotti biologici; difficoltà nella gestione; documentale

14. Cosa sono e quali sono le relazioni interspecifiche? Quali metodologie


utilizzeresti per introdurre questo argomento in classe?
Le relazioni interspecifiche tra le specie in una comunità vengono chiamate dagli ecologi interazioni
interspecifiche. Esse possono influenzare la sopravvivenza e la riproduzione di ogni specie e gli effetti possono
essere positivi, negativi o nullo (nessun effetto).
Esempi: -  Competizione: -/-  Predazione: +/-  Dieta erbivora: +/-
-  Simbiosi (parassitismo +/-, mutualismo +/+ e commensalismo +/0)

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Le relazioni tra le specie di una comunità sono chiamate interazioni interspecifiche come
ad esempio la competizione, la predazione, la dieta erbivora e la simbiosi (parassitismo,
mutualismo e commensalismo). Tali relazioni possono influenzare la sopravvivenza e la
riproduzione di ogni specie quindi possono essere positive, negative o con nessun effetto. La
competizione è di tipo -/- quando individui di specie diverse competono per una risorsa e
quindi limita la loro crescita e sopravvivenza. Se la concorrenza è forte può avvenire
un’esclusione competitiva, cioè l’eliminazione di una delle due specie. Due specie in
competizione per le stesse risorse (limitate) non possono coesistere nello stesso luogo. La
predazione è un’interazione di tipo +/- : una sola specie, il predatore, uccide e mangia l’altro,
la preda. Mangiare o evitare di essere mangiati sono prerequisiti per il successo riproduttivo.
Esistono vari comportamenti difensivi come il nascondersi, fuggire, formare mandrie, auto-
difendersi e chiamare allarmi. Esistono anche adattamenti morfologici e fisiologici di difesa
come la colorazione criptica o il camuffamento che rende la preda difficile da individuare.
L’erbivoria è un’interazione +/- dove l’erbivoro mangia parti di una pianta o alga.. la maggior
parte degli erbivori sono piccoli invertebrati come i coleotteri e le cavallette. Negli ambienti
acquatici l’erbivoria coinvolge lumache di mare, ricci, pesci tropicali e certi mammiferi come il
lamantino. Gli erbivori, come i predatori, hanno sviluppato alcuni adattamenti che permettono
loro di individuare per es. se una specie vegetale è tossica o meno. Questo ha fatto sì che le
piante abbiano sviluppato forme di difese e adattamenti meccanici e chimici. La simbiosi è
una relazione in cui due o più specie vivono in diretto e intimo contatto reciproco. Il
parassitismo è un’interazione +/- dove un organismo, il parassita, trae il nutrimento da un
altro organismo, suo ospite, che viene danneggiato (ad es. zecche, tenie. Se vivono
all’interno del corpo dell’ospite si chiamano endoparassiti, se vivono sulla superficie esterna si
chiamano ectoparassiti. Molti parassiti hanno un ciclo vitale complesso che coinvolge più di
un ospite. Alcuni parassiti modificano il comportamento dell’ospite per aumentare la propria
vitalità. La simbiosi mutualistica o mutualismo è un’interazione +/+, cioè avvantaggia
entrambe le specie. Può essere obbligato quando una specie non può sopravvivere senza
l’altra oppure facoltativa, dove entrambe le specie possono sopravvivere anche da sole. Il
commensalismo è un’interazione +/0 dove una specie riceve dei benefici mentre l’altra non
trae né danno né beneficio. Queste interazioni sono difficili da documentare in natura perché
qualsiasi associazione tra specie diverse probabilmente influenza sia l’una sia l’altra anche se
in modo limitato.

16. cosa è il mimetismo mulleriano? Descrivilo e fanne alcuni esempi


Il mimetismo mülleriano è caratterizzato dal fatto che generalmente le specie non commestibili presentano
livree dai colori accesi e vistosi. Un esempio è quello delle zigene (“farfalla” genere Zygaena) che, capaci di
liberare sostanze tossiche, segnalano il pericolo con la sgargiante colorazione rossa e nera delle ali. In questo
modo salvaguardano la loro vita, poiché i predatori “sanno” che la livrea di alcuni colori vistosi determina la
tossicità della preda stessa. Anche la colorazione giallonera di api, vespe e calabroni rientra in questo
fenomeno.

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Il mimetismo mülleriano (in onore dello zoologo Müller che per primo, nel 1878, ne
ipotizzò la spiegazione) è caratterizzato dal fatto che generalmente le specie non
commestibili presentano livree dai colori accesi e vistosi. Un esempio è quello delle zigene
(genere Zygaena) che, capaci di liberare sostanze tossiche, segnalano il pericolo con la
sgargiante colorazione rossa e nera delle ali. In questo modo salvaguardano la loro vita,
poiché i predatori “sanno” che la livrea di alcuni colori vistosi determina la tossicità della preda
stessa. Anche la colorazione giallonera di api, vespe e calabroni rientra in questo fenomeno.
Livrea: l’insieme dei colori del tegumento di vari animali (piumaggio degli uccelli)

17.Quali sono i fattori abiotici capaci di regolare la diffusione di un organismo


in un determinato ambiente? Descrivili brevemente.
I fattori abiotici capaci di regolare la diffusione di un organismo in un determinato ambiente sono:
-temperatura: fattore abiotico di fondamentale importanza nella distribuzione degli organismi a causa del suo
effetto sui processi biologici.
-acqua: uno dei fattori più importanti nella distribuzione della specie.
-luce: l’intensità e la sua qualità può influenzare notevolmente la diffusione degli organismi e maggiormente di
quelli fotosintetici.
-vento: è un fattore abiotico capace di modificare l’effetto della temperatura e aumentare le perdite per
evapotraspirazione; modifica anche la morfologia delle piante.
-suolo (e rocce): molte delle caratteristiche del suolo determinano lo sviluppo delle piante su di esso e di
conseguenza quello degli animali che vi abitano (struttura fisica, pH, composizione minerale).

18. Cosa si intende per sviluppo sostenibile e quali sono i fattori che lo
compongono?
Per sviluppo sostenibile si intende lo sviluppo che risponde alle necessità del presente senza compromettere la
capacità delle generazioni future di soddisfare le proprie necessità.
I fattori che lo compongono sono:
-economia-società -ambiente + cultura
Un ossimoro (come realtà virtuale, qualità totale...), intrinsecamente ambiguo..
‘Sviluppo’ ⇒legato concettualmente alla crescita quantitativa ed economica
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‘Sostenibile’ ⇒vede ‘l’ambiente come riserva di risorse’ che non possiamo permetterci di
esaurire
La definizione più famosa è quella del Rapporto Bruntland (1987) (documento rilasciato dalla
Commissione mondiale sull'ambiente e lo sviluppo (WCED): "sviluppo che risponde alle
necessità del presente, senza compromettere la capacità delle generazioni future di
soddisfare le proprie necessità“
Un’altra definizione “storica” è quella formulata nel 1991 in “Caring for the Earth: A Strategy
for Sustainable Living”: “il soddisfacimento della qualità della vita, mantenendosi entro i limiti
della capacità di carico degli ecosistemi che ci sostengono”. I concetti fondamentali dello
Sviluppo sostenibile. Sostenibilità: deriva dall’ambito scientifico e naturalistico, in cui si
definisce “gestione sostenibile” di una risorsa quella che prevede di utilizzare o prelevare la
risorsa (es. il legname tagliato in un bosco, il pesce pescato in una certa area...) senza
intaccare la sua naturale capacità di rigenerarsi. Sviluppo: Lo sviluppo è stato sempre
associato alla crescita del prodotto interno lordo (PIL) di uno stato, che misura la produzione
di beni e servizi valutati ai prezzi di mercato. Da qui anche la consueta distinzione fra paesi‘
sviluppati’ e paesi‘ in via di sviluppo ’o‘ sottosviluppati’.
Da una prima visione puramente economica, che poneva l’accento unicamente sul benessere
materiale dell’uomo, si è passati ad una seconda fase nella quale lo sviluppo viene valutato
anche in base ad una serie di variabili sociali (istruzione, sanità, diritti civili e politici, tutela
delle minoranze…) considerate fondamentali nel processo. Le tre componenti dello
sviluppo sostenibile: economia, società, ambiente Il World Summit on Sustainable
Development (WSSD) di Johannesburg (2002) ha riconosciuto nel concetto di Sviluppo
Sostenibile tre componenti, strettamente collegate tra loro: la sostenibilità economica, la
sostenibilità sociale e la sostenibilità ecologica. Lo sviluppo sostenibile: un pò di storia Lo
sviluppo sostenibile nasce intorno agli anni ’70 ’80: consapevolezza che il modello di
produzione e consumo delle società industrializzate non poteva essere considerato
compatibile con l’ambiente (causa l’eccessivo sfruttamento delle risorse naturali). Stoccolma
1972: Si tiene la prima importante conferenza che tratta i temi dello Sviluppo Sostenibile: la
United Nations Conference on the Human Environment. Principi: ● proteggere e migliorare
l'ambiente a favore delle generazioni presenti e future ● le risorse naturali devono essere
preservate attraverso un'adeguata pianificazione e gestione bisogna mantenere la capacità
della Terra di produrre risorse rinnovabili essenziali ● la conservazione della natura deve
avere un ruolo importante all'interno dei processi legislativi ed economici degli Stati ● lo
sviluppo economico e sociale è indispensabile ● bisogna arrestare le forme di
inquinamento che possano danneggiare gli ecosistemi in modo grave o irreversibile ● è
necessario tenere presente le situazioni ed i bisogni particolari dei paesi in via di sviluppo ●
cooperazione da parte di tutti gli Stati nell’affrontare i problemi ambientali. Tra i risultati
della Conferenza, nasce l’UNEP (United Nations Environmenta lProgramme) ovvero il
programma delle Nazioni Unite sui problemi ambientali con lo scopo di coordinare e
promuovere le iniziative ONU relative alle questioni ambntali. Rapporto Bruntland 1987.

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Elaborato dalla Commissione Mondiale per l’ambiente e lo sviluppo (WCED, World
Commission on Environment and Development).
IlWCED concluse che ambiente e sviluppo non potevano essere considerate due sfide
separate: la Commissione abbracciò un tipo di approccio allo sviluppo che tenesse in
considerazione le relazioni esistenti a livello ambientale, economico, sociale e del mondo
tecnologico. Caring for the Earth 1991. Fornisce un ulteriore definizione dello Sviluppo
Sostenibile inteso come: “il soddisfacimento della qualità della vita, mantenendosi entro i limiti
della capacità di carico degli ecosistemi che ci sostengono. (Rio ecc vedi slide)
2015: ANNO DECISIVO Il MIUR con il Programma Operativo Nazionale Per la scuola–
competenze e ambienti per l'apprendimento 2014-2020 ha accolto le indicazioni europee con
il contributo a “fornire ad una crescita sostenibile, ovvero alla promozione di un’economia più
efficiente sotto il profilo delle risorse, più verde e più competitiva.”. L’apporto del PON Per la
scuola verte sulle esigenze connesse al settore istruzione e sulla necessita di affrontare le
sfide identificate nelle Raccondazioni specifiche del Consiglio Europeo al fine di promuovere
la qualità dei percorsi di istruzione e formazione in funzione dell’innalzamento e
dell’adeguamento delle competenze, che rappresentano f attori essenziali per il
perseguimento di una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva.“ . a.s 2015/2016
l'educazione ambientale diventerà una materia scolastica obbligatoria. Il passo successivo:
dedicare all'ambiente un'ora strutturale nel programma scolastico. Temi da trattare: Riciclo
dei rifiuti, Tutela del mare e del territorio, Biodiversità; Alimentazione sostenibile Infanzia fino
alla secondaria superiore grazie al progetto sviluppato dai ministeri dell'Ambiente e
dell'Istruzione volto a riconoscere all'educazione ambientale l'importanza che le spetta
rendendone l'insegnamento non più discrezionale, ma obbligatorio.
EDUCAREALLASOSTENIBILITÀ Il concetto di Sostenibilità, anche come elemento che
orienta la riforma, è totalmente assente nel documento La Buona Scuola. In realtà
l’educazione ambientale e per la sostenibilità è attualmente presente, anche se in modo
piuttosto marginale, all’interno dell’insegnamento “Cittadinanza e Costituzione”, e di fatto
lasciata all’opzionalità volonterosa dei docenti. Andrebbe calata in ogni disciplina scolastica,
quasi come un abito mentale, un filo conduttore che lega tutti gli insegnamenti, un
orientamento educativo patrimonio di ciascun docente, per far da timone al progetto formativo
del PTOF di ogni scuola. IMPORTANZA DELLE VISITE DI ISTRUZIONE Le visite di
istruzione dovrebbero essere frequenti e routinarie, per permettere il contatto diretto con
l’ambiente di vita dei ragazzi (quindi non solo quello naturale).
INTEGRAZIONETRAEDUCAZIONEFORMALE,INFORMALEENONFORMALE Nel
rafforzare l’autonomia scolastica va messa nel dovuto risalto la necessità di collegare le
scuole alle risorse territoriali, affinché ne possano usufruire in termini di formazione,
laboratori, interventi didattici, orientamento al lavoro. Le singole scuole, o reti tra esse,
potrebbero stringere deglia ccordi educativi con gli Enti che si occupano del benessere
dell'ambiente presenti sul territorio e prevede reattività non solo rivolte agli studenti, ma
anche alla cittadinanza, trasformandosi in un vero e proprio centro civico.

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LA FORMAZIONE PERMANENTE DEI DOCENTI L’esigenza di una formazione permanente
per i docenti in servizio è pienamente condivisa, ma c’è bisogno di una progettualità formativa
ben studiata e organizzata, in modo da avere la possibilità di una verifica della formazione
stessa. E’ necessario che la formazione dei docenti sia orientata alla sostenibilità e affidata a
soggetti certificati per la loro serietà e competenza LE COMPETENZE Una buona scuola è
anche una scuola che non trasmette solo dati e nozioni, ma favorisce l’acquisizione di
competenze complesse, in particolare le competenze per l’esercizio della cittadinanza attiva
che vanno inserite continuamente nell’ambito di tutte le attività nella prospettiva
dell’apprendimento permanente. La capacità di aggiornamento, di costruire scenari, di
progettare, di connettere i contenuti, pensare in modo critico, sono alcune delle competenze
individuate dall’ONU e dalla sua Agenzia UNESCO, come competenze trasversali per
educare ad un futuro sostenibile. LA DIDATTICA LABORATORIALE Il potenziamento e la
valorizzazione dei “laboratori” è base essenziale per l’elaborazione dei concetti da
apprendere e per la formazione di una mentalità scientifica: con i l“fare” si ha un
apprendimento reale e consapevole. Anche la qualità degli spazi esterni è importante
costituendo occasione di esperienze educative e di socializzazione, per esempio di spazi
verdi con giardini e orti scolastici. LA CONNESSIONE CON IL MONDO DEL LAVORO Ci
vede d’accordo la connessione della scuola con il mondo del lavoro, ma occorre procedere
con un orientamento continuo anche verso le cosiddette professioni “verdi”. La green
economy può offrire molte opportunità di rilancio dell’economia e la creazione di nuovi posti di
lavoro, in particolare per i giovani, ma, per poter cogliere queste opportunità, servono per
corsi formativi adeguati e occasioni di crescita delle competenze dentro e fuori le scuole di
diverso ordine e grado. IL RUOLO DEL FORMATORE Il formatore che spesso si identifica
nella figura dell’insegante deve avere in mente il quadro completo del progetto che intende
seguire e deve curare in particolare l’aspetto inerente la disciplina garantendone
l’interconnessione e il coordinamento con altre figure di riferimento come i curatore e guide di
parchi e musei. In tale modo, la risposta alle domande suscitate nell’ambito del lavoro
programmato risulteranno interdisciplinari. Ciò significa essere in grado di formare puntando
sull’esperienza, la scoperta, l’analisi e la formulazione di ipotesi da verificare. L’analisi
avviene sulla base di due procedimenti: la deduzione, ovvero il procedimento logico che da
un principio generale o da un complesso di dati permette di ricavare una o più considerazioni
in essi contenute e l’induzione ovvero il procedimento logico che dalla constatazione di fatti
particolari permette di risalire ad affermazioni generali. I metodi di lavoro si possono
riassumere nel concetto di imparare facendo secondo una prassi mutuata della ricerca
scientifica che permetta la scoperta, l’avventura e l’indagine in campo.

19. Cosa si intende con il termine nicchia ecologica?


Si chiama nicchia ecologica la somma dell’utilizzo delle risorse biotiche e abiotiche da parte di una specie. È il
ruolo ecologico di un organismo.
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È la somma dell’utilizzo delle risorse biotiche e abiotiche da parte di una specie. Eugene
Odun: se l’habitat di un organismo è il suo indirizzo allora la nicchia è la sua professione. La
nicchia può essere intesa anche come ruolo ecologico di un organismo. Se ci sono una o più
differenze significative tra le nicchie di specie ecologicamente simili allora queste possono
coesistere in una comunità. La differenziazione di tali nicchie viene definita “ripartizione delle
risorse”.
Traslocazione di un carattere → Specie correlate le cui popolazioni sono alle volte
separate geograficamente (allopatriche) e alle volte sovrapposte (simpatriche) danno una
prova molto importante della competizione nell’ambito della struttura di una comunità. Nel
caso delle allopatriche è che spesso sono morfologicamente simili e utilizzano risorse simili.
Le simpatriche invece sono dissimili morfologicamente e usano risorse diverse. Ad es. la
variazione nella dimensione del becco tra le popolazioni delle due specie di fringuelli delle
Galapagos

20. Descrivi la luce quale fattore trofico di notevole importanza capace di


limitare la diffusione di una specie.
L’intensità della luce e la sua qualità può influenzare notevolmente la diffusione degli organismi e
maggiormente di quelli fotosintetici.La durata della fase luminosa durante il giorno indica il fotoperiodo e
conseguentemente le piante possono venir divise in due categorie: -longidurne -brevidurne
Luce • L’intensità della luce e la sua qualità può influenzare notevolmente la diffusione
degli organismi e maggiormente di quelli foto sintetici • La durata della fase luminosa durante
il giorno indica il fotoperiodo e conseguentemente le piante possono venir divise in due
categorie: - Longidiurne – Brevidiurne

21.Cosa sono e come si diffondono le specie alloctone o aliene?Quali


metodologie utilizzeresti per introdurre questo argomento in classe?
Le specie aliene o alloctone sono le specie che si trovano al di fuori del loro areale di distribuzione per effetto
dell’uomo e vengono chiamate anche specie esotiche.La causa della loro diffusione sono:
-colonizzazione europea-agricoltura, orticoltura, selvicoltura, giardinaggio -trasporto accidentale

17. L'ecosistema è caratterizzato da un flusso di materia e di energia.Parla


delle dinamiche energetiche capaci di sostenere la vita facendo riferimento ai
livelli trofici e alle reti alimentari.
L’ecosistema è il successivo livello di organizzazione di una popolazione, formato da una comunità di organismi
viventi in un determinato habitat e dal suo specifico ambiente fisico. Un ecosistema comprende tutti gli
organismi che vivono in un particolare luogo, più l’ambiente abiotico nel quale essi vivono e con il quale
interagiscono in quel luogo.

31
I principi che regolano gli ecosistemi sono:
_L’energia fluisce attraverso gli ecosistemi in una direzione
_I nutrienti sono presenti in una quantità fissa sul pianeta: essi vengono costantemente riciclati in flussi
circolari interni (cicli biogeochimici) agli ecosistemi.
_Gli ecosistemi sono sistemi dinamici per quanto riguarda l’uso della materia e dell’energia.
Nelle trasformazioni biologiche della materia gli atomi di cui è costituita mantengono la loro integrità anche se
sono assemblati in nuovi composti e questi vengono in seguito demoliti. Si dice che gli atomi dei vari elementi
si spostano attraverso gli ecosistemi in cicli biogeochimici. Il flusso di energia attraverso gli ecosistemi sostiene
la vita ed è governato dalle leggi della termodinamica (due principi). L’energia non segue gli stessi principi della
materia; essa non è mai riciclata. Quando l’energia viene trasferita o trasformata una parte di essa assume una
forma non più utilizzabile.
Le piante devono ricevere energia in forma di luce. Gli animali per vivere devono avere energia (sotto forma di
legami chimici) che ottengono dal cibo.
Gli organismi ogniqualvolta utilizzano l’energia (luce o legami chimici), una parte di essa viene convertita in
calore. La Terra per quanto riguarda l’energia è un sistema aperto, riceve continuamente energia dal Sole. Le
piante e gli organismi fotosintetici convertono l’energia solare in energia chimica e la quantità totale di energia
non cambia (1^ legge della termodinamica). Quindi gli animali mangiano gli organismi fotosintetizzanti
utilizzando l’energia dei legami chimici dei loro composti organici per rimanere vivi.
Perché la vita permanga è richiesta sempre nuova energia luminosa.
Negli ecosistemi naturali l’energia trasferita da un organismo all’altro sotto forma di cibo viene in parte
accumulata nei tessuti viventi e in parte dissipata sotto forma di calore, con conseguente aumento di entropia.
Gli ecosistemi naturali sono sistemi aperti in cui la radiazione solare fornisce costantemente apporti energetici
in grado di contrastare l’aumento di entropia. Il flusso di energia attraverso gli ecosistemi terrestri inizia con
l’assorbimento delle radiazioni solari da parte degli organismi autotrofi.

15. Il trasporto negli essere viventi. Traccia una descrizione sintetica in


riferimento all' equilibrio forma-funzione.
Il trasporto è il processo che negli organismi pluricellulari porta nutrienti, aria, sostanze di rifiuto e ormoni da
una cellula all’altra, da un tessuto all’altro e da un organo all’altro. Negli animali è possibile anche il trasporto di
cellule. Nei funghi e nei vegetali privi di tessuti di conduzione, il trasporto avviene da cellula a cellula o come
nei muschi e alcune alghe per mezzo di cellule specializzate, ma non organizzate in veri e propri tessuti.
Nelle piante superiori (tracheofite, piante dotate di radici, fusto e foglie) che si distinguono proprio per avere
tessuti di conduzione veri propri, il trasporto riguarda i nutrienti assorbiti dal terreno (azoto, fosforo, zolfo, altri
minerali), fotosintetati prodotti dalla pianta (zuccheri, amminoacidi, vitamine) e ormoni.
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L’apparato di conduzione negli animali è legato alle tipologie di respirazione e di nutrizione. Nei tessuti animali,
il trasporto a breve distanza (fra cellula e cellula) avviene attraverso il liquido interstiziale che si trova fra le
cellule. Per tale motivo negli animali di piccole dimensioni (platelmiti) o con due soli strati di cellule (poriferi e
cnidari) non hanno bisogno di apparati di conduzione. Negli altri animali, per il trasporto da tessuto a tessuto e
da organo a organo, è necessario un sistema di conduzione.
Un sistema di trasporto necessita di diverse strutture: un organo propulsore, muscolare, che crea la spinta dei
liquidi (cuore), un sistema di tubi (vasi) e delle valvole per impedire il reflusso dei liquidi.
I sistemi di trasporto si dividono in:
-  Aperti: sono sistemi in cui in cui scorre emolinfa (sangue e linfa) negli spazi interstiziali che
rifornisce gli organi che sono immersi. (molluschi gasteropodi e bivalvi, artropodi - insetti, crostacei -).
-  Chiusi: con sistemi a vasi comunicanti che riportano il sangue al cuore. (molluschi cefalopodi -
polpi, seppie, calamari - anellidi - lombrichi, sanguisughe -). Gli animali vertebrati posseggono tutti un sistema
chiuso con cuore e vasi sanguigni di tipo arterioso (sangue ossigenato) e venoso (sangue con anidride
carbonica). I sistemi circolatori possono essere di più tipi:
-  Chiuso semplice (un anello) nei pesci.
-  Chiuso a circolazione doppia incompleta (due anelli, un solo ventricolo) negli anfibi e nei
rettili.
-  Chiuso a circolazione doppia completa (due anelli, due ventricoli) negli uccelli e nei
mammiferi.

TRASPORTO. Il trasporto è il processo che negli organismi pluricellulari porta nutrienti,


aria, sostanze di rifiuto e ormoni da una cellula all’altra, da un tessuto all’altro e da un
organo all’altro. Negli animali è possibile anche il trasporto di e cellule.
Negli funghi e nei vegetali privi di tessuti di conduzione, il trasporto avviene da cellula a
cellula o come nei muschi e alcune alghe per mezzo di cellule specializzate, ma non
organizzate in veri e propri tessuti. 3.1 il trasporto nelle piante. Nelle piante superiori
(tracheofite) che si distinguono proprio per avere tessuti di conduzione veri propri, il trasporto
riguarda i nutrienti assorbiti dal terreno (azoto, fosforo, zolfo, altri minerali), fotosintetati
prodotti dalla pianta (zuccheri, amminoacidi, vitamine) e ormoni (Sono tracheofite le piante
dotate di radice, fusto, foglia, cioè felci e piante a seme. Sono esclusi muschi, alghe ecc.). La
pianta trasporta la linfa grezza (acqua e soluti) assorbita dalle radici al resto della pianta e la
linfa elaborata (fotosintetati) dalle foglie agli altri organi). La linfa grezza utilizza per il suo
movimento un tessuto conduttore detto xilema (legno), costituito da cellule morte (quindi
prive di citoplasma) dette trachee. Tale tessuto corre lungo il fusto e nelle nervature delle
foglie. Il trasporto dell’acqua avvenendo attraverso tubi “vuoti” è dovuto a una pressione
parziale negativa che si crea a livello degli stomi tramite la traspirazione fogliare. La linfa
elaborata invece è trasportata da un tessuto detto floema (libro), costituito da cellule vive
(anche se prive di nucleo). Tale tessuto è adiacente allo xilema Le cellule, che si chiamano
cellule cribrose, posseggono numerosi punti di contatto, permettendo il passaggio dei soluti
per diffusione. 3.2 Il trasporto negli animali. L’apparato di conduzione negli animali è legato
alle tipologie di respirazione e di nutrizione. Nei tessuti animali, il trasporto a breve distanza

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(fra cellula e cellula) avviene attraverso il liquido interstiziale che si trova fra le cellule. Per
tale motivo negli animali di piccole dimensioni (platelmiti) o con due soli strati di cellule
(poriferi e cnidari) no hanno bisogno di apparati di conduzione. Negli altri animali, per il
trasporto da tessuto a tessuto e da organo a organo, è necessario un sistema di conduzione.
Un sistema di trasporto necessita di diverse strutture: un organo propulsore, muscolare, che
crea la spinta dei liquidi (cuore), un sistema di tubi (vasi) e delle valvole per impedire il
reflusso dei liquidi. I sistemi di trasporto si dividono in aperti, sono sistemi in cui in cui scorre
emolinfa (sangue e linfa) negli spazi interstiziali che rifornische gli organi che vi sono immersi
e chiusi con sistemi a vasi comunicanti che riportano il sangue al cuore. L’ossigeno ha una
bassa solubilità in una soluzione al massimo del 0,3%, non sufficiente alle necessità
metaboliche di animali di grandi dimensioni, per tale motivo, si utilizzano pigmenti
respiratori come l’emoglobina che legandosi all’ossigeno in modo reversibile aumentano
notevolmente (2%) la capacità di ossigeno trasportabile nel liquido. L’anidride carbonica,
non presenta invece problemi perché viene trasportata sottoforma di acido carbonico,
dissociato in ione bicarbonato, secondo la seguente reazione: CO2 + H2O H2CO3 H ↔ HCO3
Sostanze alimentari, sali, vitamine, cataboliti, ormoni non presentano problemi di
concentrazione nel trasporto e sono trasportati in soluzione. 3.3 diverse tipologie di trasporto
3.3.1 Sistemi di trasporto aperti – i molluschi gasteropodi e bivalvi. Nei molluschi il sistema
circolatorio è formato da un cuore con delle arterie principali. Il cuore riceve l’emolinfa
arricchita in ossigeno dalla branchia o dal polmone. L’emolinfa viene quindi pompata in zone
definite seni che circondano tessuti e organi. L’emolinfa rientra al cuore per aspirazione. Il
pigmento respiratorio si chiama emocianina ed è una metallo-proteina contente due atomi di
rame (che lega l’ossigeno). È incolore, diventa blu quando è legata all’ossigeno. 3.3.2 Sistemi
di trasporto aperti – gli artropodi. Negli insetti il sistema circolatorio è formato da un vaso
dorsale, diviso in cuore e aorta. Il cuore è un tubo a fondo cieco suddiviso da una serie di
restringimenti detti ostioli che impediscono il reflusso. L’emolinfa viene pompata
nell’emocele una cavità che circonda tessuti e organi. L’emolinfa rientra al cuore per
aspirazione.Il sistema circolatorio degli insetti, non trasportando ossigeno non possiede
pigmenti respiratori. Nei crostacei, il sistema è simile, tuttavia, essendo dotati di branchie,
l’emolinfa contiene l’emocianina. 3.3.3 Sistemi di trasporto chiusi – molluschi cefalpodi Nei
polpi, seppie e calamari, l’apparato circolatorie è costituto da un cuore (formato da un
ventricolo e 2‐4 atri a seconda della specie). Il sangue attraverso due arterie (aorta cefalica
e viscerale) raggiunge il resto del corpo. Il sistema venoso confluisce nel sistema renale e poi
in due cuori venosi che sono dilatazioni delle vene branchiali, dai quali il sangue torna al
cuore ossigenato. Oltre al pigmento emocianina, il sangue contiene delle cellule (amebociti)
che trasportano granuli di sostanze di escrezione. 3.3.4 Sistemi di trasporto chiusi – anellidi.
Negli anellidi (lombrichi, sanguisughe) l’animale riceve ossigeno per diffusione dalla pelle. Il
sistema circolatorio di tipo chiuso à composto da due lunghi vasi, uno dorsale e uno
ventrale che percorrono tutto il corpo. Ogni metamero è poi dotato di due vasi metamerici
collegati ai vasi principali, che si vascolarizzano sotto pelle per ricevere l’ossigeno e attorno
all’intestino per assorbire i nutrienti. Cinque vasi metamerici sono irrobustiti e fungono da
34
centrale di pompaggio. Il pigmento respiratorio principale è l’emoglobina. 3.4 il sistema
circolatorio dei vertebrati. Gli animali vertebrati posseggono tutti un sistema chiuso con cuore
e vasi sanguigni di tipo arterioso (sangue ossigenato) e venoso (sangue con anidride
carbonica). 3.4.1 il sistema circolatorio dei pesci. I pesci hanno un sistema circolatorio chiuso
semplice (un anello). Il cuore spinge il sangue alle branchie dove si ossigena, da qui,
attraverso l’aorta dorsale viene distribuito in tutto il corpo, poi rientra per la vena intestinale
che raccoglie i nutrienti, raggiunge il fegato e da qui di nuovo al cuore. 3.4.2 il sistema
circolatorio di anfibi e rettili. Anfibi e rettili hanno un sistema chiuso a circolazione doppia
incompleta (due anelli
un solo ventricolo). Il cuore riceve il sangue arterioso dai polmoni in un atrio e venoso,
proveniente dal corpo nell’altro atrio, poi il sangue si mescola nell’unico ventricolo che lo invia
nel resto del corpo. Tale sistema è poco efficace. Nelle diverse specie ha modificazioni sino a
renderlo quasi completo (con due ventricoli nei coccodrilli). 3.4.3 il sistema circolatorio uccelli
e mammiferi Uccelli e mammiferi hanno un sistema chiuso a circolazione doppia completa
(due anelli, due ventricoli).

18. Il movimento degli essere viventi. Traccia una descrizione sintetica in


riferimento all' equilibrio forma-funzione.
Il movimento è una prerogativa di batteri, protisti e animali. Serve a procacciarsi il cibo, cercare il partner,
fuggire dai predatori e situazioni di pericolo o disagio, cercare l’ambiente adatto alla vita.
Le piante non hanno la possibilità di movimenti (eccetto alcuni tipi di cellule sessuali - gameti maschili).
Batteri e protisti unicellulari, si muovono nel substrato (liquido) per mezzo di flagelli e ciglia (formati da actine e
tubuline) e o pseudopodi.
Negli animali: nel movimento, avviene una trasformazione dell’energia chimica (ATP proveniente dagli
zuccheri) in energia meccanica. L’energia meccanica, viene trasmessa dai muscoli allo scheletro (sistema di
leve).
I movimenti degli animali sono dei più vari, del tutto adattati all’ambiente, al tipo di alimentazione e ad altre
cause ecologiche. Anche le strutture deputate, sebbene tutte siano di tipo scheletrico-muscolare (sia esso
idroscheletro, endoscheletro o esosocheletro), si sono adattate.
Degli esempi di tipologie di movimento possono essere:
-  Strisciamento o reptazione nei gasteropodi e nei serpenti
-  Progressione nel substrato nei lombrichi
-  Movimento a compasso nella sanguisuga (anellidi)
-  Per espulsione di acqua nelle meduse e nei molluschi cefalopodi
-  Il nuoto nei pesci e nei cetacei
-  Il volo negli uccelli

MOVIMENTO Il movimento è una prerogativa di batteri, protisti e animali. Serve a


procacciarsi il cibo, cercare il parter, fuggire dai predatori e situazioni di pericolo o disagio,
cercare l’ambiente adatto alla vita. Non tutti gli animali si muovono, in ambiente acquatico vi
sono molti filtratori sessili; tali animali,facilitano fa filtrazione dell’acqua per mezzo di flagelli.
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Le piante non hanno la possibilità di movimenti (eccetto alcuni tipi di cellule sessuali - gameti
maschili). Infatti, anche alcune manifestazioni simili, in realtà, sono dovute alla crescita rapida
e diseguale di cellule. È il caso della Dionaea
muscipula che cattura le prede di cui si nutre con le foglie. (L’insetto tocca dei peli presenti
sulla foglia che inviano un messaggio ormonale alle cellule del tessuto esterno; queste si
allungano molto rapidamente, mentre quelle interne rimangono uguali. In questo modo la
foglia si richiude su se stessa. Poiché i due lembi sono contigui la trappola si chiude.) 1.1 il
movimento negli organismi unicellulari. Batteri e protisti unicellulari, si muovono nel substrato
(liquido) per mezzo di flagelli e ciglia (formati da actine e tubuline ) e o pseudopodi. Ciglia e
flagelli imprimono il movimento tramite una rotazione sull’asse che si trasmettono un colpo a
onda sulla struttura. Nel flagello sono delle frustate che conferiscono la spinta; nelle ciglia
invece il movimento è coordinato e ne risulta
un’onda che spinge la cellula. Gli pseudopodi sono estroflessioni cellulari dovuti al
riarrangiamento del citoscheletro che passa da una fase liquida ad una più solida. La cellula
si muove nella direzione occupata dallo pseudopodio (movimenti ameboidi). 1.2 il movimento
negli animali. Nel movimento, avviene una trasformazione dell’energia chimica (ATP
provenente dagli zuccheri) in energia meccanica. L’energia meccanica, viene trasmessa dai
muscoli allo scheletro (sistema di leve). Il movimenti sono dei più vari, del tutto adattati
all’ambiente, al tipo di alimentazione e ad altre cause ecologiche. Anche le strutture deputate,
sebbene tutte siano di tipo scheletrico-muscolare (sia esso idroscheletro, endoscheletro o
esosocheletro), si sono adattate. 1.3 tipologie di movimento 1.3.1 strisciamento o reptazione
nei gasteropodi. Le lumache aderiscono perfettamente al substrato (necessario strato liquido)
e attraverso contrazioni e rilassamenti del piede; da dietro in avanti si creano delle onde che
muovono l’animale. 1.3.2 strisciamento o reptazione nei serpenti I serpenti strisciano
contranedo i muscoli, in modo alternato, da un lato all’altro del corpo. In questo modo il
lato contratto, che poggia al suolo, permette di trascinare il lato opposto, che si muove in
avanti. A seconda dell’ampiezza del movimento il serpente si sposta avanti o di lato. 1.3.3
progressione nel substrato (lombrico). I lombrichi, contraggono i muscoli circolari che, per
effetto dell’idroscheletro allungano il corpo dell’animale. A questo punto avvengono
l’ancoraggio per mezzo di setole e la contrazione dei muscoli longitudinali che accorciano e
ingrossano il corpo. Questo tipo di movimento è utilizzato anche dalle larve degli insetti che si
nutrono di substrati (verme della castagna). 1.3.4 movimento a compasso
(sanguisuga). Le sanguisughe (anellidi) che vivono in ambiente acquatico, si possono
muovere a compasso utilizzando le ventose anteriore e posteriore che staccano e riattaccano
alternativamente. 1.3.5 espulsione di acqua (meduse e molluschi cefalopodi). Nelle meduse
la propulsione avviene per mezzo di un anello muscolare che espelle l’acqua dalla cavità
gastrovascolare. Nei molluschi, esiste un organo a tubo, il sifone, la cui funzione è quella di
convogliare acqua e aria alle branchie. Nei cefalopodi, i sifoni si sono modificati diventando
organi di propulsione e difesa. L’acqua viene compressa nel cavo del sifone da tessuti
muscolari ed espulsa con forza (a portata costante di un liquido, diminuendo la sezione del
dotto, aumenta la velocità). È un sistema di movimento a reazione. Nel sifone confluiscono
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anche lo sbocco dell’intestino e il dotto derivante dalla ghiandola dell’inchiostro, quest’ultima
ha la funzione di confondere l’eventuale predatore durante la fuga del mollusco . 1.3.6 il nuoto
dei pesci e cetacei. I pesci e cetacei si muovono in acqua utilizzando movimenti ondulatori del
corpo, principalmente assecondati della pinna caudale che imprime la spinta. Le pinne laterali
e dorsali conferiscono stabilità nel mezzo liquido. I Teleostomi (gran parte dei pesci),
posseggono la vescica natatoria, un rudimento di un polmone ancestrale utilizzato dai loro
antenati filtratori che vivevano nei fanghi. Questo organo, riempito d’aria, funziona da
stabilizzatore, permettendo i movimenti verticali, operazione impedita agli squali e ai cetacei.
(Un elemento evolutivo molto importante è l’assetto pari delle pinne laterali e ventrali (1‐2 per
lato) che conferisce stabilità al nuoto soprattutto negli spostamenti di lato). 1.3.7 il volo degli
uccelli. Per mantenere un corpo sospeso in un fluido è necessaria una spinta dal basso. Nel
caso del volo, tale spinta è garantita dalla portanza, cioè dalla pressione causata dal flusso
d’aria che scorre con diverse velocità tra il sopra e il sotto del corpo. Questa differenza (più
veloce nella parte inferiore) si tramuta in una spinta verso l’alto. L’ala e la fusoliera di un
aeroplano sono sagomati per garantire tale fenomeno. Il volo degli uccelli è garantito da una
serie di adattamenti morfofisiologici. Vi sono, infatti, molte modificazioni atte alla diminuzione
del peso: il becco senza denti (alleggerimento della testa), assenza di vescica, riduzione delle
gonadi nel periodo di non fertilità. In particolare gli adattamenti al volo sono la forma dell’ala
(arto anteriore), con ossa cave (più leggere); l’osso sternale carenato, che articola muscoli
molto potenti per il battito dell’ala; le penne, distinte per forma e dimensione, anch’esse cave,
le cui setole sono provviste di uncini per mantenere la forma adatta al volo. Oltre agli
adattamenti morfofisiologici, gli uccelli hanno anche sviluppato comportamenti atti a
migliorare il loro volo in relazione agli adattamenti evolutivi ed ecologici. Tra questi lo
sfruttamento delle correnti ascensionali calde, tipico dei veleggiatori (grifoni), il volo in
formazione e il riconoscimento del polo magnetico per la direzionalità nei migratori (starne,
cicogne). 1.4 il muscolo. Il movimento avviene per effetto dei muscoli scheletrici che si
contraggono e si distendono facendo lavorare le ossa come leve. Spesso il movimento
scheletrico è dovuto a muscoli antagonisti (adduttori e abduttori, flessori ed estensori) per
garantire il movimento contrapposto. Il movimento al muscolo è garantito da cellule (miociti)
e fibre muscolari, strutture cellulare plurinucleate molto lunghe con nuclei compartimentati
alle estremità Il tessuto muscolare è diviso in due tipi: muscolatura liscia e striata. Il muscolo
liscio (al microscopio appare omogeneo) è caratteristico degli organi interni (vasi, stomaco,
intestino, vescica) è composto da fibrocellule mononucleate e gatantisce i movimenti
spontanei (eccetto il cuore). Il muscolo striato scheletrico (al microscopio appare striato) è
caratteristico dei muscoli scheletrici ed è formato da fibre muscolari (miofibrille) che sono
riunite in unità contrattili detti sarcolemmi. Il movimento del muscolo è garantito da due
proteine filamentose strutturali: miosine ed actine che scorrono reciprocamente le une sulle
altre stabilendo dei ponti. I ponti sono normalmente presenti (fibra contratta), si rompono in
presenza di ATP (fibra rilassata). L’idrolisi di ATP (energia) e il successivo rilascio di ADP,
permettono alle actine di scorrere sulle miosine contraendo nuovamente la fibra e il muscolo.

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23.Il sostegno negli essere viventi.Traccia una descrizione sintetica in
riferimento all' equilibrio forma-funzione.
I tessuti dei viventi, essendo composti da soluzioni liquide e membrane fosfolipidiche, sono di per sè molli,
quindi non in grado di mantenere la forma adatta allo stile di vita. Inoltre per gli animali sono necessarie delle
“scatole” a protezione degli organi vitali e degli elementi rigidi per dare appoggio alle strutture deputate al
movimento. Per tali motivi, gli organismi viventi si sono dotati di strutture rigide atte al sostegno dei tessuti. La
pianta è dotata a livello cellulare di una parete rigida esterna e di un vacuolo. Queste due strutture sono in
grado da sole di conferire sostegno a tessuti di piccoli dimensioni. Le pareti creando una specie di scheletro
esterno alla cellula e il vacuolo (mantenendo la pressione liquida) fungendo da scheletro idrostatico. A seconda
del tipo di habitus si distinguono diversi tessuti meccanici che conferiscono il sostegno. Negli animali i sistemi
che conferiscono rigidità sono di tre tipi a seconda dell’ambiente e stile di vita:
-  Lo scheletro idraulico (idroscheletro): più funzionale in animali acquatici (cnidari - meduse e
polipi -, anellidi - lombrichi e sanguisughe -)
-  L’esoscheletro: più funzionale in animali di piccole dimensioni, perché resiste meglio alla
flessione su piccole sezioni (molluschi, artropodi); Il cambiamento dell’esoscheletro (mute e metamorfosi)
porta l’insetto, dall’uovo fino all’adulto, ad affrontare diverse età che sono distinte dal nuovo esoscheletro e da
forme diverse.
-  L’endoscheletro: preferibile in animali veloci e di grosse dimensioni che necessitano di leve
efficienti. In tutti e tre i tipi lo scheletro è una cosa pesante non vitale.
SOSTEGNO. I tessuti dei viventi, essendo composti da soluzioni liquide e membrane
fosfolipidiche, sono di per se molli, quindi non in grado di mantenere la forma adatta allo stile
di vita. Inoltre per gli animali sono necessarie delle “scatole” a protezione degli organi vitali
e degli elementi rigidi per dare appoggio alle strutture deputate al movimento. Per tali
motivi, gli organismi viventi si sono dotati di strutture rigide atte al sostegno dei tessuti. 2.1
il sostegno nelle piante. Innanzitutto, la pianta è dotata a livello cellulare di una parete rigida
esterna e di un vacuolo. Queste due strutture sono in grado da sole di conferire sostegno a
tessuti di piccoli dimensioni. Le pareti creando una specie di scheletro esterno alla cellula e il
vacuolo (mantenendo la pressione liquida) fungendo da scheletro idrostatico. A seconda del
tipo di habitus si distinguono diversi tessuti meccanici che conferiscono il sostegno. Secondo
l’habitus le piante si dividono in legnose ed erbacee. Le prime sono piante perenni che
sviluppano il fusto e la radice sia in lunghezza che in larghezza: alberi e cespugli (anche di
piccole dimensioni); le seconde sono piante perenni o annuali che tuttavia non hanno
sviluppo solo apicale. Alberi e cespugli si sostengono grazie ai tessuti di conduzione (legno -
funzionano solo il primo anno) le cui cellule, con pareti inspessite e arricchite in lignina e
spesso occluse tessuti morti di tipo meccanico. 2.2 il sostegno negli animali. Negli animali i
sistemi che conferiscono rigidità sono di tre tipi a seconda dell’ambiente e stile di vita:
scheletro idraulico (idroscheletro), esoscheletro ed endoscheletro. Lo scheletro è una
cosa pesante non vitale. L’endoscheletro è più funzionale in animali acquatici. L’esoscheletro
è più funzionale in animali di piccole dimensioni perché resiste meglio alla flessione su
piccole sezioni. L’endoscheletro è preferibile in animali veloci e di grosse dimensioni che
necessitano di leve efficienti. 2.3 tipologie di scheletro. 2.3.1 l’idroscheletro dei cnidari
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(meduse e polipi). Il corpo delle meduse è composto da due soli tessuti esoderma ed
endoderma che formano una cavità gastrovascolare. Tra i due tessuti si trova una cavità
detta mesoglea che riempita di liquido, garantisce il sostegno del corpo in acqua (il corpo
delle meduse è composto dal 98% di acqua). 2.3.2 l’idroscheletro delgli anelledi (lombrichi,
sanguisughe). Anche animali terrestri come gli anellidi dispongono di un idroscheletro che è
costituito dalle cavità celomatiche (interno del corpo) che garantisce il sostegno. 2.3.3
esoscheletro dei molluschi. In tutti i tipi di molluschi, può essere presente un esoscheletro
calcareo (conchiglia) prodotto dal mantello che cresce a spirale. Nei bivalvi è piatta e divisa
in due valve e protegge il corpo. Nei gasteropodi e in rari cefalopodi (nautilus) è attorcigliata e
serve da riparo all’animale. 2.3.4 esoscheletro degli artropodi. Gli artropodi (insetti, aracnidi,
crostacei, miriapodi) dispongono di un esoscheletro rigido che sostiene il corpo. In questo
caso la crescita non è continua ma discontinua, l’animale deve operare delle mute per
assecondare l’aumento delle dimensioni del corpo. Quello che rimane del vecchio
esoscheletro, prende il nome di esuvia. (Negli insetti, l’esoscheletro è composto da cellule
che hanno il polimero chitina, presente nella parete cellulare dei funghi). 2.3.5 mute e
metamorfosi negli insetti. Il cambiamento dell’esoscheletro porta l’insetto, dall’uovo fino
all’adulto, ad affrontare diverse età che sono distinte dal nuovo esoscheletro e da forme
diverse. Lo sviluppo dell’insetto presenta quattro stadi: uovo, larva, ninfa o pupa e adulto. A
seconda del tipo di sviluppo si distinguono in due tipi. Eterometaboli: (cavallette, cimici,
cicale) alla schiusa dell’uovo sono già simili all’adulto eccetto per alcuni organi (ali) e organi
sessuali, gli etero metaboli non hanno stadi ben distinti e lasciano la tipica esuvia. Il terzo
stadio prende il nome di ninfa ed è attivo e mobile. Non ci sono cambiamenti nelle abitudini
alimentari. Olometaboli: (farfalle, formiche, api, coleotteri) gli stadi vitali sono nettamente
distinti per la forma dell’animale con profonde modificazioni; la fase intermedia (pupa) dove
avvengono enormi modificazioni impone un periodo di immobilità dove l’animale non assume
cibo, in alcuni casi è anche racchiuso in un bozzolo di seta. Anche le abitudini alimentari
cambiano tra larva e adulto. (Macaone: la larva (bruco) non vola, si muove lentamente e si
nutre di tessuti vegetali; la pupa è sessile (crisalide) e non si nutre; l’adulto ha una vita breve
vola e si nutre di nettare dei fiori) (Cavalletta: la larva non vola, si muove velocemente; la
ninfa è mobile e compaiono le ali; l’adulto è completamente sviluppato. In tutti gli stadi la
cavalletta si nutre di masse vegetali.).

25.Gli scambi gassosi degli esseri viventi.Traccia una descrizione sintetica in


riferimento all' equilibrio forma-funzione.
Gli scambi gassosi (respirazione) tra organismo e ambiente esterno servono essenzialmente all’assunzione di
ossigeno e alla eliminazione dell’anidride carbonica. Nelle piante, in presenza di luce è importante far entrare
anidride carbonica e far uscire ossigeno. Ciò per permettere la fotosintesi. Viceversa in animali e in funghi (ma
anche organi sotterranei nelle piante o in caso di buio) è necessario apportare ossigeno ed espellere anidride
carbonica. L’ossigeno, come già affrontato, è necessario alla respirazione cellulare cioè l’ottenimento
dell’energia da parte degli zuccheri.
Le diverse strategie di scambi sono:
39
- La diffusione in ambienti acquatici: platelmiti (vermi piatti), poriferi (spugne) e cnidari (coralli e
meduse) che possiedono solo tessuti con due strati di cellule a diretto contatto con l’acqua.
- Le branchie: -  Negli echinodermi (stelle, ricci, cetrioli di mare) le branchie sono estroflessioni della
pelle, molto vascolarizzate, a diretto contatto con il liquido.
-  Nei molluschi acquatici le branchie sono dilatazioni del corpo. Nei bivalvi (mitili, vongole ecc.) la
branchia è anche il sistema filtratore che provvede sia agli scambi gassosi che alla nutrizione.
-  In tutti gli altri animali acquatici (eccetto i mammiferi) si sono evolute delle strutture dette branchie
che sono delle estroflessioni del corpo molto vascolarizzate a contatto con il mezzo liquido.
-  Nei pesci ci sono 4-5 file di branchie ricoperte da una lamina ossea che le protegge (opercolo).
- Negli animali terrestri, il problema non è quello di trovare l’ossigeno (nell’aria ce n’è molto), ma quello
di mantenere il velo liquido nelle cellule specializzate che permettono lo scambio dell’ossigeno tra
sangue e aria. In animali piccoli e che vivono in ambienti umidi (lombrico) lo scambio avviene
direttamente (diffusione) tra la pelle che assorbe l’ossigeno e i vasi sanguigni sottocutanei.
In altri animali, si è ricorso a diverse soluzioni che prevedono l’alloggiamento dei tessuti deputati allo
scambio gassoso in camere corporee interne in modo da evitare la perdita di acqua.
-  Negli insetti, l’esoscheletro è coperto da molti orifizi (stigmi) che all’interno del corpo si ramificano in
una serie di trachee di dimensioni sempre minori fino ad arrivare ad un diretto scambio con i tessuti
(senza liquido di trasporto). L’ossigeno passa da cellula a cellula per diffusione. La diffusione nei tessuti,
senza un sistema di trasporto, è possibile grazie al fatto che comunque sono animali di piccole
dimensioni.
- Gli anfibi sono una classe di vertebrati che passano gli stadi giovanili in acqua, per poi subire una
metamorfosi che permette la vita fuori dall’acqua (seppure in ambienti umidi). Inoltre, tali animali,
hanno una pelle molto vascolarizzata (con ghiandole in grado di mantenerla umida) che tramite
diffusione coadiuva la respirazione polmonare. Lo stadio giovanile possiede branchie rudimentali
(estroflessioni del corpo). L’animale adulto invece possiede i polmoni. Ad eccezione delle salamandre
che respirano completamente attraverso la pelle e dei protei branchiati anche da adulti.
-  I vertebrati (mammiferi, uccelli, rettili) anche quelli acquatici come cetacei, e testuggini, respirano
attraverso un complesso sistema respiratorio dotato di polmoni.
L’uomo è un animale terrestre vertebrato e per lo scambio ossigeno/anidride carbonica ha un apparato
respiratorio, formato da naso, bocca, faringe, laringe, trachea, bronchi, bronchioli e polmoni.

26.La nutrizione (e l’escrezione) degli esseri viventi.Traccia una descrizione


sintetica in riferimento all' equilibrio forma-funzione.
La nutrizione è il processo che porta gli organismi viventi alla assunzione delle sostanze utili alla sua vita. La
nutrizione in senso stretto interessa solo gli organismi eterotrofi che devono assumere molecole già pronte ai
fini energetici e metabolici. Batteri autotrofi, protisti autotrofi e le piante sono in grado di fissare l’anidride
carbonica atmosferica e sintetizzare le molecole necessarie alla vita. I processi di nutrizione sono legati
all’assunzione delle sostanze minerali dal substrato (suolo, acque). Le piante sono in grado di sintetizzare per
mezzo della fotosintesi le molecole utili alla vita, nonché le forme energetiche come ATP. I funghi sono
organismi eterotrofi. Dal punto di vista alimentare si dividono in parassiti, simbionti, saprofiti. In tutti i casi i

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funghi utilizzano un assorbimento diretto delle sostanze nutritive che entrano nelle ife (strutture cellulari)
fungine per mezzo dei sistemi precedentemente illustrati per il superamento della membrana cellulare. Gli
animali si nutrono di altri organismi viventi, vivi o morti, o parti di essi. Per tale motivo il processo di nutrizione
prevede una fase di assunzione del cibo, di disgregazione meccanica dei complessi, di digestione chimica,
assorbimento delle molecole digerite e infine di eliminazione delle scorie non utili all’alimentazione
(escrezione). Con riferimento alla nutrizione, a seconda del tipo di ambiente e di strategia ecologica, gli animali
si dividono in diverse categorie:
-  Filtratori sessili: sono animali acquatici sessili (legati a un substrato).
-  Filtratori pelagici: animali acquatici liberi in acqua.
-  Consumatori di substrati: si nutrono del substrato dove vivono.
-  Consumatori di masse alimentari: catturano prede, possono essere marini o terrestri
(carnivori, erbivori, onnivori).
-  Succhiatori di liquidi: si nutrono di liquidi ricchi di sostanze nutritive (linfa delle piante o
sangue di altri animali). La disgregazione è una fase presente nei consumatori di masse alimentari, in alcuni
consumatori di substrati e in alcuni filtratori come le balene. Alla disgregazione meccanica del cibo servono
strutture specializzate come i denti, ventriglio degli uccelli, becco dei molluschi, ventriglio negli insetti e
lombrichi. La digestione può essere di diversi tipi:
-  Extracellulare: poriferi (spugne)
-  Attraverso un apparato digerente e tubo cieco: platelmiti (vermi piatti)
-  Attraverso un apparato digerente a tubo aperto: molluschi gasteropodi (lumache) Gli animali
vertebrati, sono salvo rare eccezioni (balene – filtratori pelagici, pippistrelli vampiri, colibri – succhiatori di
liquidi) tutti consumatori di masse alimentari. A seconda del regime di alimentazione si dividono tre gruppi: - -
Erbivori: si nutrono di masse vegetali; hanno dentatura adatta alla masticazione, a volte presenza di diversi
stomaci con protozoi simbionti per la digestione della cellulosa, intestino e processo digestivo lento.- Carnivori:
si nutrono di altri animali: dentatura adatta al taglio, un solo stomaco ghiandolare, intestino corto e processo
digestivo veloce (eliminazione rapida di patogeni e tossine) - Onnivori: si nutrono sia di piante che animali.
L’uomo è un animale terrestre, consumatore di masse alimentari, onnivoro. L’apparato digerente è di tipo a
tubo aperto.

26. Cosa si intende con il termine rifiuto? In quali e quante categorie sapresti
classificarli?
È qualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o abbia l’intenzione o abbia
l’obbligo di disfarsi. Si intende qualsiasi sostanza od oggetto derivante da attività umane o da
cicli naturali, abbandonato o destinato all’abbandonato. Essere rifiuto non è quindi una
caratteristica intrinseca di un oggetto. Un prodotto può essere ancora funzionante, utile o
riparabile, ma essere abbandonato ad es. perché fuori moda o perché non soddisfa più le
richieste originarie. Quello dei rifiuti è diventato un problema ambientale molto grave sotto
diversi punti di vista. Dagli anni 60 in poi infatti si è avuto: l’aumento vertiginoso della
produzione dei rifiuti, dovuto in particolare alle abitudini legate alla società consumistica;
41
l’aumento della tossicità per l’ambiente, dovuto al passaggio dalla società agricola a quella
industriale; la diminuzione delle possibili aree per il tradizionale smaltimento (la discarica) →
danni derivanti dai metodi di smaltimento, danni paesaggistici (accumulo incontrollato),
proliferazione di orditori, insetti (malattie); inquinamento delle falde dovuto ai percolati di
discariche; inquinamento dell’aria dovuto a cattivi odori e fumi. Strategie di risoluzione:
riciclare per riutilizzare, limitare la produzione pro-capite, limitare l’uso di discariche, utilizzare
i rifiuti a scopo energetico. 1. La gestione dei rifiuti avviene nel rispetto della seguente
gerarchia: prevenzione, preparazione per il riutilizzo, riciclaggio, recupero di altro tipo, per es
recupero di energia, smaltimento; 2. La gerarchia stabilisce, in generale, un ordine di priorità
di ciò che costituisce la migliore opzione ambientale. Nel rispetto della gerarchia, devono
essere adottate le misure volte a incoraggiare le opzioni che garantiscono il miglior risultato
complessivo, tendendo conto degli impatti sanitari, sociali ed economici, ivi comprese la
fattibilità tecnica e la praticabilità economica. Rifiuti urbani: rifiuti solidi urbani (RSU)( rifiuti
putrescibili provenienti da preparazione, elaborazione e conservazione alimenti vari, rifiuti non
ingombranti provenienti da fabbricati e da altri insediamenti civili in genere, rifiuti ingombranti
– beni di consumi durevoli, di arredamento, rifiuti di qualunque natura o provenienza giacenti
su strade ed aree pubbliche, spiagge, ecc). sono quelli provenienti dalle abitazioni, da latri
insediamenti civili (scuola, uffici, ecc) e dal piccolo commercio. Oggi rappresentano un
problema in quanto ogni cittadino produce 500Kg di rifiuti all’anno. È un problema di volume,
non di peso. Oltre il 70% viene smaltito usando le discariche che spesso sono esaurite e non
viene autorizzata la creazione di altre. Rifiuti urbani pericolosi: pile, farmaci scaduti,
contenitori di fitofarmaci, erbicidi, bombolette spray e contenitori di oli minerali, ecc, rifiuti
speciali (RS): residui derivanti da lavorazioni industriali, da attività agricole, artigianali,
commerciali, ecc, residui provenienti da ospedali, materiali provenienti da demolizioni,
costruzioni, scavi, ecc, veicoli a motore fuori uso, rimorchi e loro parti, residui di attività di
trattamento dei rifiuti e da depurazioni di fanghi, ecc. sono rifiuti speciali anche i rifiuti
ospedalieri. Rifiuti tossici e nocivi (RTS): rifiuti speciali che contengono o sono contaminati da
particolari sostanze, in concentrazione così elevata da costituire pericolo per lanostra salute
(arsenico, piombo, mercurio, ecc). rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE)
Raccolta differenziata dei RSU: i rifiuti vengono raccolti in base alla tipologia. Raccolta
differenziata di materiali pericolosi: pile, farmaci scaduti e oli esausti per evitare lo
smaltimento in discarica per RSU ed inquinare pericolosamente il percolato. PERCHÉ
RICICLARE: contenere della tassa comunale per gli RSU che i cittadini devono versare ogni
anno; rallentare il riempimento delle discariche dato che molte sono esaurite e la
realizzazione di nuove discariche sul territorio nazionale non viene praticamente autorizzato o
voluta dai cittadini; risparmio di materie prime (alberi, silice, bauxite, petrolio, ecc); utilizzare
meno sostanze inquinanti che entrano nei sistemi produttivi di diversi materiali e rilasciati
accidentalmente nell’ambiente; risparmio di energia elettrica e di conseguenza di combustibili
fossili dato che in Italia circa il 70% di E.E. si ottiene bruciando combustibili fossili (carbone,
petrolio, gas metano) che sono fonti di energia esauribili. Riciclare la carta: la carta non può
essere riciclata all’infinito ma solo sei o sette volte al massimo, dato che le fibre di cellulosa
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perdono la capacità di legarsi nel tempo, carta e cartone rappresentano il 24% in peso dei
RSU. La raccolta differenziata della carta in Italia è ancora bassa. Ad una quasi totale
raccolta per i maceri di provenienza industriale, si contrappone una modesta raccolta urbana.
Per valorizzare la raccolta della carta non ci devono essere materiali estranei che possono
danneggiare gli impianti o peggiorare la qualità della carta riciclata: materiali proibiti: metalli,
corde, vetri, materiali tessili, sintetici, legno, sabbia, immondizia; materiali impropri: carte e
cartoni cerati, bitumati, paraffinati ed oleati, trattati con colla, rivestiti con plastica, carta
carbone, carta da parati. Benefici: risparmio energetico, di materie prime, vantaggio
economico e vantaggio ambientale (meno volume in discarica e meno taglio di alberi).
Materie plastiche: sono vari tipi e sono modellabili dall’azione del calore e della pressione,
oltre a leggerezza e lavorabilità. Si va dalle resine naturali alle sostanze proteiche anche se la
maggior parte deriva dalla cellulosa e dalle resine sintetiche ricavate dal petrolio e dal
metano. Le plastiche sono macromolecole, cioè unione a catene lunghe e complesse
(polimeri) costruite con molecole più semplici (monomeri). Sono indistruttibili nei secoli. Di
solito i polimeri usati sono PET, PE, PVC, PP, PS. I simboli sono stampati sulle etichette.
(vedere slide) Riciclo: il processo può realizzarsi seguendo tre filoni: riciclaggio meccanico
(rilavorazione delle materie plastiche post-consumo per la produzione di altri manufatti),
riciclaggio chimico (in fase di studio e consiste nella rincoversione dei polimeri nei monomeri
d’origine – molto costoso) e recupero energetico per incerimento o pirolisi (si sfrutta l’alto
potere calorifico delle materie plastiche, rimangono rischi per la salute a causa di rilascio di
sostanze inquinanti). Benefici: risparmio energetico, di materie prime, vantaggio ambientale
(volume) ed economico (risparmio su costi di smaltimento). Frazione umida: scarti di animali
e vegetali perché molto umidi e per questo si presta per il riciclaggio. Il compost: frazione
umida più ossigeno→ si mineralizza. Viene usato per integrare la concimazione o come torba.
Vantaggi del compost: meno fertilizzanti con vantaggi economici ed ecologici, è solo
materiale organico di buona qualità (scegliere accuratamente le materie di base). Benefici
economici: se fatta vicino al luogo di produzione, anche a livello domestico e comunitario.

27. I RAEE rappresentano dei rifiuti molto importanti per la nostra società.
Traccia una breve descrizione di questi rifiuti e contestualizza il problema
derivante dal loro accumulo.

Sono rifiuti derivanti da apparecchiature elettriche ed elettroniche (elettrodomestici in


genere e PC, ecc) e sono considerati pericolosi per il loro contenuto di elementi tossici e
persistenti che rappresentano un rischio per l’ambiente e la salute umana, nelle varie fasi di
trattamento, riciclaggio e smaltimento. Da UE non ci sono dati precisi sul 75% di questi rifiuti
dato che il rimanente viene recuperato e trattato.

28. Quali sono i principali tipi di inquinamento? Fanne una breve descrizione.
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l monitoraggio dell’inquinamento mediante l’uso di organismi viventi prende il nome di Biomonitoraggio.
Esso si basa sulle variazioni ecologiche indotte dall’inquinamento, che si manifestano a tre livelli diversi:
-accumulo degli inquinanti negli organismi-modificazioni morfologiche o strutturali degli organismi
-modificazioni nella composizione delle comunità animali e vegetali
Come bioindicatori della qualità dell’aria possiamo utilizzare i licheni.
L’indice di purezza atmosferica (IAP) della stazione è dato dalla media aritmetica delle frequenze totali degli
alberi della stazione stessa.
Sostanze principali dell’inquinamento dell’aria:
-  Ozono
-  Monossido di carbonio
-  Ossidi di azoto
-  Anidride solforosa
-  Particolato
-  Composti organici volatili (VOCs)

L’inquinamento è un’alterazione dell’ambiente naturale. È causata dall’uomo ed è dannosa


per una o più specie viventi. Tutti gli organismi modificano il loro ambiente ma nessuna
specie quanto l’uomo. Con la crescita delle popolazioni umane e l’esaltazione del potere
tecnologico le modificazioni del pianeta sono divenute drammatiche. Crescita delle
popolazioni e uso delle risorse: ● l’ultimo periodo interglaciale (40mila-10mila anni fa): l’uomo
si diffonde su tutti i continenti (5 milioni: popolazione totale = dipendenza da animali e piante
quali fonti di energia). ● Neolitico: affermazione dell’agricoltura e dell’allevamento (8mila-
5mila anni fa): l’uomo inizia a gestire gli ecosistemi (sedentarietà). ● XVIII secolo: all’energia
meccanica prodotta dall’uomo e dagli animali si aggiunge quella prodotta di carbone. ●
rivoluzione industriale: sviluppo di macchina a vapor che trasformano l’energia termica in
meccanica (prendono il posto degli animali e dell’uomo) ● XIX sec: forte meccanizzazione:
sviluppo delle fabbriche. L’agricoltura si trasforma (ampie superfici coltivate) ● XX sec:
l’economia si converte da agricolo rurale a industriale urbana con ampie modificazioni nella
distribuzione della popolazione umana.● l’uomo urbanizzato consuma 20 volte l’energia
sufficiente per la sopravvivenza ● oggi: popolazione mondiale circa 7 miliardi e il suo impatto
sull’ambiente diventa sempre più pesante ● fino a qualche decennio fa si sapeva ben poco
sulla gravità dell’impatto umano sull’ambiente ● ora è cresciuta la consapevolezza. Tipi di
inquinamento: atmosferico, del suolo, idrico, radioattivo, acustico, luminoso,
elettromagnetico. Atmosferico: definizione di inquinante dell’aria fornita dall’Agenxia europea
per l’ambiente: sostanza che, immessa direttamente o indirettamente nell’aria, può avere
effetti nocivi sulla salute umana o sull’ambiente nel suo complesso. L’inquinamento dell’aria
può essere di origine naturale ( eruzioni vulcaniche o incendi boschivi) oppure provocato
dalle attività umane (origine antropica). Rispetto alla loro origine gli inquinanti si possono
classificare in: - primari: manifestano la loro tossicità nella forma e nello stato in cui sono
immessi in atmosfera come, ad es. l’anidride solforosa e l’acido fluoridrico; - secondari:
derivano dalla reazione di quelli primari sotto l’influenza di catalizzatori chimici o fisici e si
trovano tra i costituenti dello smog forochimico. Esempi di questa seconda categoria di
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inquinanti sono l’ozono, l’acido solforico e l’acido nitrico. L’inquinamento atmosferico è
un’alterazione dell’atmosfera, cioè dello stato di gas che circonda la terra, causata dall’azione
dell’uomo. Due gruppi di sostanze causano inquinamento: il particolato e i contaminanti
gassosi. Le principali fonti di inquinamento sono costituite dalle emissioni in atmosfera
derivanti da: - processi produttivi (attività industriali e agrarie); - processi di combustione
(motori di autoveicoli, responsabili dell’immissione in atmosfera dei prodotti della combustione
dei moori, delle polveri che si liberano dall’usura dei freni, dei pneumatici e del manto stradale
e infine degli idrocarburi che vaporizzano dai serbatoi dei veicoli); - impianti fissi domestici
(riscaldamento ed energia per processi vari); - servizi (inceneritori municipali, officine del gas,
ecc). Destino dei contaminanti emessi nell’atmosfera: molti dei contaminanti emessi dalle
sorgenti hanno un’elevata reattività chimica intrinseca o indotta dall’azione della luce solare e
combinandosi tra di loro o con componenti naturali dell’atmosfera danno luogo a contaminanti
secondari. I 5 principali agenti inquinanti responsabili del 98% circa dell’inquinamento dell’aria
sono il monossido di carbonio, anidride solforosa, idrocarburi, particelle, biossido d’azoto
(descritti nelle slide). L’atmosfera terrestre rappresenta un ambiente ossidante a causa delle
elevate concentrazioni di O2. Gli intermedi ed i prodotti finali delle reazioni che avvengono
nello smog possono arrecare danni alla salute dell’uomo. Le piogge acide causano: danni
gravi alla vegetazione, alterazione negli ambienti acquatici e danneggiamento di edifici e
monumenti. Inquinamento idrico: biologico → scarichi urbani domestici e scarichi di
allevamenti zootecnici; chimico → detergenti domestici e artigianali e scarichi industriali ed
agricoli; fisico → scarichi di fanghi depurati e scarichi di inerti industriali. Classificazione di
questo tipo di inquinamento in relazione all’ambiente: ● acque di falda: funzione della
permeabilità e scarichi vari e irrigazione ● acque superficiali: scarico delle fogne (bianche e
nere), scarichi industriali e fenomeni di eutrofizzazione lacustre ● acque marine: traffico
navale, affonda,mento “carrette del mare” e scarichi vari industriali. Inquinamento del suolo:
si tratta di un sistema naturale dinamico che si evolve per azione della particolare
combinazione dei fattori geologici, climatici, ecologici ed antropici che caratterizzano una
determinata area, e conferiscono al suolo una specifica individualità. Con questo termine si
definisce l’accumulo di rifiuti, in particolare di sostanze pericolose nel suolo tale da
determinare alterazioni della composizione e delle proprietà chimico-fisiche e biologiche del
terreno, in grado di mettere in pericolo la salute umana e nuocere agli ecosistemi. ■ Attività
industriali, insediamenti civili, discariche, ad attività diffuse sul territorio (agricoltura) o a
processi naturali di diffusione degli inquinanti (deposizione atmosferica). Il suolo può inoltre
essere contaminato da isotopi radioattivi di origine naturale (vedi radon) o a seguito di rilasci
deliberati o accidentali di materiale radioattivo (radiazioni ionizzanti) ■ contaminazione locale:
dovuta a forme di inquinamento puntiforme (es. siti contaminati) Contaminazione puntuale:
contaminazioni del terreno con sostanze pericolose, discariche non realizzate con criteri di
sicurezza, siti in cui sono stati interrati illegalmente rifiuti pericolosi o in cui si sono verificate
fuoriuscite dovute alla rottura di serbatoi interrati o al rovesciamento di autocisterne
contenenti carburanti o altri liquidi inquinanti ■ contaminazione diffusa: contaminazione di
aree più grandi dovuta a forme di inquinamento diffuso nel territorio. – inadeguate tecniche di
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riciclo dei rifiuti e di trattamento delle acque; - adozione di pratiche agricole intensive che non
rispettano i tempi di assimilazione naturale delle sostanze immesse nei terreni,
compromettendo la capacità di auto depurazione del suolo stesso. È il caso ad es. dell’utilizzo
massiccio in agricoltura dei liquami zootecnici, dei fanghi di depurazione e dei fertilizzanti di
sintesi (nitrati, eutrofizzazione) o dell’impiego di fitofarmaci; - dovuta alla ricaduta al suolo di
inquinanti emessi dalle attività industriali. Inquinamento effetti: ◉ l’impermeabilizzazione del
suolo, la contaminazione, la riduzione di fertilità, la perdita irreversibile a causa di fenomeni di
origine naturale come la franosità e l’erosione, ed altri fenomeni di degrado come
l’acidificazione, la salinizzazione e la compattazione ◉ l’accumulo di sostanze tossiche per i
vegetali e gli animali ◉ contaminazione indiretta dell’acqua ◉ conseguenze negative per la
catena alimentare e quindi per la salute umana e per tutti i tipi di ecosistemi e risorse naturali.
Prevenzione: √ impedire il rilascio nel terreno di sostanze inquinanti in quantità e qualità tali da no
poter essere sottoposte ai normali processi biologici di degradazione √ adozione di tecnologie che
eliminino o riducano, già all’interno dei cicli produttivi, la produzione di rifiuti inquinanti e che la loro
eventuale ultima collocazione nel terreno sia effettuata in discariche controllate in grado di evitare
dispersioni nell’ambiente √ adottare misure di sicurezza nei siti industriali per impedire, a seguito di
incidente, sversamenti accidentali di sostanze inquinanti nei suoli √ l’impiego di tecniche agricole a
basso impatto ambientale può inoltre contribuire a limitare le forme di inquinamento diffuso che si
manifesta nelle aree agricole e zootecniche. Inquinamento acustico: è l’introduzione di rumore
nell’ambiente abitativo o nell’ambiente esterno tale da provare: - fastidio o disturbo al riposo
ed alle attività umane; - pericolo per la salute umana; - deterioramento degli ecosistemi, dei
beni materiali, dei monumenti, dell’ambiente abitativo o dell’ambiente esterno tale da
interferire con le legittime fruizioni degli ambienti stessi. Inquinamento da radiazioni: ad ogni
tipo di radiazione è associata una quantità di energia che può essere trasferita alla materia
attraversata: se questa è superiore ad un certo valore la radiazione è detta ionizzante, la
radiazione ionizzante è potenzialmente più pericolosa di quella non ionizzante, sebbene
ovviamente la pericolosità reale dipenda dall’intensità e dalla modalità dell’esposizione, dal
tempo di esposizione e da numerosi altri fattori. Le radiazioni ionizzanti La radioattività
consiste nell’emissione di particelle e di energia da parte di alcuni elementi instabili, detti
radionuclidi, spontaneamente o in seguito ad attivazione. Alcuni di questi elementi esistono in
natura, altri possono essere prodotti artificialmente: l’insieme dei primi dà luogo alla
radioattività naturale, l’insieme dei secondi a quella artificiale. Le radiazioni non ionizzanti: ci
si riferisce quando si parla di campi elettromagnetici. Le principali fonti di radiazioni non
ionizzanti prodotte dalle atttività umane si riscontrano nel settore delle telecomunicazioni
(impianti di radodiffusione sonora e televisiva, impianti di telefonia mobile, impianti
radioelettrici per la trasmissione di dati), nella rete di distribuzione dell’energia elettrica
(elettrodotti), nel settore domestico (telefoni cellulari, elettrodomestici), nel settore industriale
e medico. Inquinamento luminoso: si intende ogni forma di irradiazione di luce artificiale che
si disperda al di fuori delle aree cui essa è funzionalmente dedicata e, in particolare, oltre il
piano dell’orizzonte. Tale forma di inquinamento, anche se ritenuta meno rilevante rispetto
altre forme di inquinamento, ha riflessi negativi su una pluralità di ambiti. Studi recenti hanno
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chiarito che un eccesso di luminosità notturna ha effetti sulla flora, sulla fauna e sull’uomo,
inoltre, l’inquinamento luminoso arreca disturbo all’attività degli osservatori astronomici, e
costituisce una inutile e sostanziosa forma di spreco di energia elettrica

27.Cos’è la vegetazione?
La vegetazione è l’insieme di piante o comunità vegetali presenti spontaneamente in un certo territorio e
coerenti ecologicamente con esso.

28.Cos’è il pionierismo? Fai un esempio pratico.


Il pionierismo è la capacità di colonizzare la roccia nuda o il terreno sterile, è quindi considerabile l'insieme di
eventi biopedologici che porta all'innesco della successione seriale. 1. fattori topografici (inclinazione,
esposizione)2. substrato (suolo calcareo, siliceo, pH, tessitura)3. fattori fisici (irradiazione luminosa) 4. Fattori
climatici

29.Bioindicatori: cosa sono?Che attività utilizzeresti per spiegarli ai bambini?


I bioindicatori sono una specie, animale o vegetale, dalla cui presenza o assenza è possibile dedurre qualche
caratteristica dell’ecosistema. Qualsiasi specie è correlata a determinati fattori ecologici, si preferisce limitare la
scelta dei bioindicatori ad alcuni gruppi la cui reattività ai fattori esterni è conosciuta o facilmente rilevabile.

È una specie (animale o vegetale) dalla cui presenza o assenza è possibile dedurre qualche
caratteristica dell’ecosistema. Gli ecosistemi sia naturali che quelli condizionati dall’uomo
sono molto complessi e difficili da monitorare nei vari fattori. È una qualsiasi specie correlata
a determinati fattori ecologici, si preferisce limitare la scelta dei bioindicatori ad alcuni gruppi
la cui reattività ai fattori esterni è conosciuta o facilmente rilevabile e8 s. olivo per il clima
mediterraneo, la vite per quello submediterraneo, la trota per le acque ossigenate. Esempio di
utilizzo di bioindicatori in ecologia vegetale: le alghe come indicatori di qualità delle acque: la
presenza di Oscillatoria rubescens nel plancton d’acqua dolce è un segno di eutrofizzazione
oppure di Ulva rigida per le acque marine. Per es. lo studio della flora vascolare (felci,

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gimnosperme e angiosperme) fornisce indicatori di degrado ambientale attraverso la
diffusione di specie ruderali o in genere nitrofile.
Biomonitoraggio: è ill monitoraggio dell'inquinamento mediante l'uso di organismi viventi.
Esso si basa sulle variazioni ecologiche indotte dall'inquinamento, che si manifestano a tre
livelli diversi:
a) accumulo degli inquinanti negli organismi; b) modificazioni morfologiche o strutturali degli
organismi; frc) modificazioni nella composizione delle comunità animali e vegetali. Le
tecniche di biomonitoraggio seguono due principali strategie: a) bioindicazione, quando si
correla il disturbo ambientale a variazioni morfologiche, o a dati di biodiversità; b)
bioaccumulo, quando si sfrutta la capacità di certi organismi di assorbire ed accumulare
sostanze dall'atmosfera.
ci sono in natura degli elementi che ci aiutano a capire se l’aria e’ inquinata e quanto lo
è?
Sono i licheni,sentinelle dell’aria Ai bambini sono state spiegate le principali caratteristiche:
ECOLOGIA DEI LICHENI, per avere così gli strumenti necessari alla ricerca sul campo e al
loro riconoscimento. I licheni sono degli ottimi indicatori della qualità ambientale, cioè dei
bioindicatori. Classificazione dei licheni: crostosi, fogliosi, gelatinosi, fruticosi. Come
eseguire il BIOMONITORAGGIO: Si possono scegliere diverse aree di studio per esempio il
centro cittadino, la zona periferica e una o più aree di campagna. Il passo successivo
consiste nella scelta delle stazioni di rilevamento, ciascuna delle quali deve essere composta
da un massimo di 4 a un minimo di 2 alberi della stessa specie e ravvicinati tra loro, scelti tra
quelli che presentano la maggiore copertura lichenica. ATTENZIONE: Non tutti gli alberi,
però, possono essere utilizzati per il biomonitoraggio lichenico. NON VANNO BENE:
Betulla (Betulaspp.), Ippocastano (AesculusHyppocastanus), in quanto, con la crescita,
perdono gli strati superficiali della scorza; tutte le specie di conifere, poiché hanno una scorza
molto acida, inadatta alla crescita della maggior parte delle specie licheni che di pianura.
Le caratteristiche devono essere le seguenti: • Il tronco deve essere perfettamente verticale e
deve avere una circonferenza minima di 70-80 cm, in modo che la lettura con il reticolo possa
ritenersi corretta; • Il tronco non deve presentare ferite, bitorzoli o scanalature; • Non devono
essere stati effettuati trattamenti antiparassitari o verniciature del tronco; • Non ci deve essere
una forte presenza di muschio; • Gli alberi devono essere il più possibile isolati. Si utilizza un
reticolo di 30X50 cm suddiviso in otto maglie. Il reticolo può essere costruito con vari materiali
(canne, asticelle in legno o plexiglass, fili di lana, spag o oaltro), l’importante è che sia
abbastanza plastico da potersi adattare facilmente alla forma del tronco. Il reticolo deve
essere posizionato su ogni albero della stazione a un’altezza di circa 100-120 cm dal suolo,
sulla parte del tronco che presenta la massima copertura di licheni; per ciascuna specie
lichenica, occorre rilevare la frequenza (in quanti rettangoli del reticolo compare la specie, se
una specie lichenica è presente con più individui all’interno di uno stesso rettangolo,la si
conta comunque una volta soltanto). La frequenza di ogni specie potrà quindi variare da 1 a
10. Si può cercare di classificare i licheni aiutandosi con le immagini da internet oppure
semplicemente scattando una foto e dando un nome fittizio che ne descriva la forma o il
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colore; inserendola comunque nella scheda con la relativa frequenza e cercando di riportarla
con lo stesso nome anche nelle schede degli altri alberi sui quali viene eventualmente
ritrovata. ESEMPIO: il primo albero considerato presenta 5 specie diverse di licheni • La
specie 1 è presente in 5 rettangoli, la sua frequenza è quindi 5.La specie 2 è presente in 1
rettangolo, la sua frequenza è quindi 1.La specie 3 è presente in 6 rettangoli, la sua
frequenza è quindi 6.La specie 4 è presente in 3 rettangoli, la sua frequenza e’ quindi 3.La
specie 5 è presente in 4 rettangoli, la sua frequenza è quindi 4. • si sommano le frequenze di
tutte le specie licheniche individuate e si ottiene la frequenze totale dell’albero considerato; in
questo caso è 19.
È possibile costruire delle tabelle mettendo al posto del nome della specie un simbolo che
rappresenti quel lichene
Indice di purezza atmosferico : IAP L’indice di purezza atmosferica della stazione è dato
dalla media aritmetica delle frequenze totali degli alberi della stazione stessa.

I nostri riferimenti (dipendono dalla regione in cui si opera) (tabella in slide 18 dei
bioindicatori)
Obiettivi del percorso didattico:
Alla fine dell’attività gli studenti avranno capito: - come la qualità dell'aria influenza gli
organismi viventi; - come alcuni organismi viventi possono essere utilizzati per lo studio della
qualità dell'aria; - il modo di studiare l'inquinamento atmosferico; - la diretta influenza delle
attività umane sull'ambiente.

30.Le dinamiche della vegetazione.


La vegetazione è l’insieme di piante o comunità vegetali presenti spontaneamente in un certo territorio e
coerenti ecologicamente con esso. Le dinamiche della vegetazione sono:
- Fluttuazioni: cambiamenti periodici stagionali, variazioni nel numero degli individui di determinate specie
piuttosto che di altre, da invecchiamento delle piante pluriennali, morte e sostituzioni. Tutte queste variazioni,
che non comportano cambiamenti permanenti o sostanziali nell'associazione.
-Successioni: alternanza di differenti fitocenosi, identificabili in diverse associazioni, che si presentano in
sequenza temporale in un determinato sito. Per avere una successione è necessario che si verifichi nel tempo
una sostituzione completa della fitocensi.

32.Organizzazione della biosfera (classificazione da ecosistema a singolo


organismo).
1. →cellula (livello più basso)→tessuto→organo →sistema di organi
→organismo →popolazione→comunità→ecosistema→biosfera
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(livello più alto)

30. Cosa sono le piogge acide? Quali effetti provocano sull’ambiente?


Sono precipitazioni contaminate dalla presenza di acidi che si sono formati nell'atmosfera come conseguenza di
processi di combustione. Centrali termoelettriche, scarichi delle auto, impianti di riscaldamento riversano
nell'atmosfera milioni di tonnellate di anidride solforosa e di ossidi di azoto.

Nelle piogge acide troviamo principalmente acido solforico (70%) e ossidi di


azoto (30%): questi composti rendono il ph dell’acqua minore di 5 e proprio per
tale ragione le piogge si possono definire appunto acide. In condizioni normali,
invece, la pioggia ha un ph compreso tra 5 e 6,5 perchè composta
esclusivamente da acqua distillata e pulviscolo atmosferico
Le piogge acide causano: danni gravi alla vegetazione, alterazione negli ambienti acquatici e
danneggiamento di edifici e monumenti.

33. I componenti dello spettro luminoso.


Uno degli elementi che determina le caratteristiche del clima in una data area della terra è la radiazione solare
che giunge sulla terra sotto forma di radiazioni di varia lunghezza d’onda.
La radiazione elettromagnetica emessa dal Sole copre un ampio intervallo di lunghezze d’onda. La radiazione
solare risulta costituita per una metà da radiazioni visibili e per l’altra metà da radiazioni non visibili, distribuite
nell’infrarosso e nell’ultravioletto.
Della radiazione solare che raggiunge il limite superiore dell’atmosfera, il 30 % viene riflesso e disperso
nuovamente nello spazio dalle nuvole e dall’atmosfera (26%) e dalla superficie terrestre (4%). Un ulteriore 19%
viene assorbito dall’atmosfera e dalle nuvole. Alla fine comunque il bilancio delle radiazioni (energia persa dalla
terra e quella acquisita) della Terra è in equilibrio.
La luce visibile è solo una piccola parte dell’intervallo di radiazioni solari che raggiungono l’atmosfera terrestre:
tra 400 e 700 nm (un nanometro è un miliardesimo di metro). La luce visibile viene anche detta radiazione
fotosinteticamente attiva PAR, perché comprende lunghezze d’onda che le piante usano come fonte di energia
nel processo di fotosintesi.

LA TEORIA DELL’EVOLUZIONE
● Ci sono tante prove che dimostrano che l’evoluzione esiste, ma… ● Come funziona
l’evoluzione? In che modo ha agito e in che modo continua ad agire?
Da un antenato comune, per variazioni, selezione naturale e adattamenti si sono originati tutti
gli organismi viventi.
La teoria dell’evoluzione di Darwin
1. Potenziale riproduttivo: gli organismi generano più figli di quanti ne possano
effettivamente sopravvivere

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2. Lotta per la sopravvivenza: gli organismi competono per le risorse e il n° degli individui
che sopravvivono è inferiore al n° degli individui che nascono
3. Variabilità di caratteri: in ogni popolazione ci sono numerose differenze tra gli individui,
alcune delle quali ereditabili
4. Sopravvivenza dei più adatti: gli individui che possiedono caratteri più favorevoli
all’ambiente, sopravvivono:
SELEZIONE NATURALE → Il risultato della selezione naturale è l’ADATTAMENTO
La genetica delle popolazioni
• Darwin ignorava i meccanismi che sono alla base della variabilità genetica e della
trasmissione dei caratteri ereditari: questo costituì un grande ostacolo per l’accettazione della
sua teoria
• Lo sviluppo della genetica, da Mendel in poi, ha consentito di superare questo ostacolo
• La genetica delle popolazioni studia in che modo l’intero patrimonio genetico di una
popolazione si trasmette da una generazione all’altra
• Viene quindi formulata la ‘nuova sintesi evolutiva’
Teoria Sintetica dell’evoluzione
L’ EVOLUZIONE È
• Cambiamento nella frequenza dei geni(alleli) da una generazione all’altra
• L'evoluzione è il risultato dell'accumulo nel tempo di questi cambiamenti (DISCENDENZA
CON MODIFICAZIONI)

La variabilità genetica
Le variazioni tra individui presenti in ogni popolazione naturale sono il substrato di base del
processo evolutivo. Non sono prodotte né dall'ambiente, né da una forza creatrice né da un
impulso inconscio dell'organismo. In sé le variazioni non hanno né scopo né direzione, ma
possono essere più o meno utili ad un organismo per la sua sopravvivenza e la sua
riproduzione.
Origine della variabilità genetica LE MUTAZIONI
Frequenza degli errori di appaiamento: meno di un nucleotide su 1 miliardo. Se le mutazioni
interessano i gameti, si trasmettono alle successive generazioni, modificando il pool genico.
Incremento della variabilità genetica LA RIPRODUZIONE SESSUATA
- Distribuzione casuale dei cromosomi omologhi alla meiosi. Nell’uomo, il numero totale di
combinazioni di cromosomi nei gameti è 8x106.
- Combinazione casuale di due differenti genomi con la fecondazione. Nell’uomo le possibili
combinazioni sono circa 64x1012.
- Crossing over nella meiosi e ricombinazione genetica. Nella nostra specie avvengono da 1 a
3 eventi di crossing over per coppia di omologhi.
LE PROVE DELL’EVOLUZIONE
1. Prove paleontologiche

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2. Somiglianze anatomiche e di sviluppo • analogie • omologie • organi vestigiali •
embriologia
3. Universalità del codice genetico
4. Distribuzione geografica delle specie
Di chi è questa “mano” ?

Organi omologhi:
organi con la stessa origine evolutiva
Di chi è questa “mano” ? Di una balena!!! E’ un mammifero che è tornato in acqua! La balena
ha anche le ossa del bacino ed il femore. (Organi vestigiali = resti di organi utilizzati nel
passato dalle specie antenate e che ora non hanno più alcuna funzione.
- Coccige nell’uomo
- Appendice nell’uomo
- Resti delle ossa del bacino e di un femore conservati nelle balene e nei serpenti
Embriologia comparata
La somiglianza fra gli embrioni di diversi animali tende a decrescere con il progredire dello
sviluppo ed è tanto più evidente quanto più le specie sono imparentate.
→ Gli embrioni dei vertebrati presentano tutti delle fessure branchiali che nei pesci daranno
vita alle branchie vere e proprie, nei vertebrati terrestri a delle ghiandole (paratiroidi e timo).
(Può significare una discendenza comune di tutti i vertebrati da un medesimo antenato.)
Biologia molecolare
E’ una delle prove più importanti a favore della teoria evoluzionistica
• La teoria della discendenza comune da ‘una qualche forma primordiale’ trova conferma
nell’universalità del DNA e del codice genetico.
• Alcuni geni vengono utilizzati come ‘orologi evoluzionistici’ perché misurano la distanza
‘temporale’ tra una specie e l’altra
FATTORI CHE ALTERANO LE FREQUENZE ALLELICHE
• Selezione naturale
• Selezione sessuale
LA SELEZIONE NATURALE
Una variazione casuale che dà ad un organismo un vantaggio, per quanto lieve, lo rende più
idoneo a lasciare una progenie in grado di sopravvivere più facilmente e di trasmettere quello
stesso vantaggio ai propri discendenti. La selezione naturale è l'interazione tra i singoli
individui e il loro ambiente e nel corso di parecchie generazioni fornisce una direzione (?)
all'evoluzione.
DIREZIONALITÀ? Evoluzione convergente

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LA SELEZIONE SESSUALE
Per trasmettere i propri geni alla generazione successiva è necessario anche essere
sufficientemente forti e/o attraenti per trovare partner disponibili ad accoppiarsi.
- La lotta per il successo riproduttivo ha quasi sempre a che fare con i maschi che entrano in
competizione tra loro per fecondare il maggior numero di femmine.
- Tuttavia è la scelta operata dalle femmine determina un aumento degli alleli dei maschi
‘favoriti’.
• Nella maggior parte delle specie animali i maschi sono di piccole dimensioni, per spostarsi
rapidamente.
• Altre volte, devono difendere il territorio dai rivali
→ ARMAMENTI (palco dei cervi, collo della giraffa).
• Molto spesso è proprio la bellezza a sedurre una femmina
→ ORNAMENTI (folta criniera del leone, piumaggio colorato degli uccelli, lunga coda del
pavone)

Il conflitto sessuale genera caratteristiche che sembrano in netto contrasto con il vantaggio e
gli interessi degli individui che le esibiscono, limitandone ad esempio i movimenti e la fuga dai
predatori.
PERCHE’ LE MALATTIE GENETICHE? Anemia falciforme
Omozigote HbS – HbS… non sopravvive
Eterozigote Hb - HbS→ Gli eterozigoti hanno sia emoglobina normale che emoglobina S. In condizioni
di normale ossigenazione l’emoglobina S non produce la forma a falce quindi non dà i sintomi della
malattia. Quando diminuisce l'ossigeno tuttavia, l'emoglobina S fa assumere ai globuli rossi la forma a
falce anche nell'eterozigote.
Anemia falciforme e Malaria Vantaggio dell’eterozigote: ha causato l’espansione
dell’anemia falciforme nelle zone in cui la malaria è endemica
Le mutazioni Alcune mutazioni che interessano i gameti sono negative e generano effetti
svantaggiosi per l’individuo, ma …
L’evoluzione non …
… NON spiega l’origine dell’Universo e della vita
… NON si interessa del trascendente, di “dei” vari

L’EVOLUZIONE NON E’ LA LEGGE DEL PIU’ FORTE


Lotta non è combattimento, ma insieme di strategie per il successo riproduttivo. Tale strategia
produce una maggiore probabilità di riprodursi, ma non stabilisce una graduatoria in base alla
quale si viene selezionati. L’individuo “meglio adattato” è tale in un preciso ambiente e in un
preciso momento.
L’EVOLUZIONE NON E’ IL CASO
L’evoluzione non è casuale e non ha nulla a che fare col caos. Se la storia naturale fosse
assegnata al caos generalizzato non troveremo né regolarità né schemi ripetuti di eventi, ma
un brusio indifferenziato di accadimenti senza senso. In evoluzione si parla di “caso”, ma...
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- “caso” non significa “assenza di regole”
- vedremo vari significati di “caso” in evoluzione
L’EVOLUZIONE NON E’ DETERMINISMO
Se nel procedere della storia naturale fossero in azione principi e leggi così stringenti da
rendere lo scorrimento perfettamente calcolabile e prevedibile, non vi sarebbe alcun margine
di manovra: date certe condizioni iniziali, l’esito sarebbe già scritto fin dal principio. Questo
ideale ha conquistato schiere di scienziati … e anche di filosofi.

L’EVOLUZIONE NON E’ LA SELEZIONE NATURALE


La selezione naturale rappresenta un quadro di riferimento importante per spiegare la storia
del cambiamento evolutivo … … i suoi principi non devono essere considerati come le cause
determinanti dell'effettivo corso degli eventi evolutivi. Le catene e le reti di eventi sono così
complesse, piene di elementi fortuiti, irripetibili nel loro includere una moltitudine di oggetti
unici, che la selezione in parecchi casi viene messa in ombra da altre forze.
IL CASO E LA NECESSITA’
Come scriveva Darwin… deve essere in azione una qualche interazione fra il dominio del
caso e il dominio delle leggi o, preferendo i termini di Jacques Monod, fra il regno del caso e
quello della necessità. Stabilire però dove si posiziona l’asticella di separazione fra le
inflessibilità della natura e le singolarità storiche è assai arduo.
CASUALE IN CHE SENSO?
1. Le mutazioni genetiche sono definite “casuali” non perché non abbiano cause e ragioni, ma
perché dal punto di vista della spiegazione evoluzionistica non è di alcuna utilità, oltre che
essere pressoché impossibile, rincorrere la causa specifica: succedono, per qualche ragione
che non conosciamo o che non ci interessa sapere.
2. Le mutazioni sono “casuali” perché le cause della loro comparsa sono del tutto
indipendenti dagli effetti – positivi, negativi o neutrali – che esse avranno sui loro portatori. In
generale non è l’ambiente esterno che dirige o indirizza o influenza la comparsa di una
mutazione. La pressione selettiva è l’effetto “casuale” di dinamiche ecologiche che non
dipendono dal maggior o minor grado di adattamento degli organismi.
3. C’è una prima catena di cause che porta alla costante insorgenza di variazioni genetiche
all’interno delle popolazioni. C’è una seconda catena di cause che a partire dalle mutevoli
condizioni ambientali, cioè dalle pressioni selettive, produce una sopravvivenza differenziale
degli organismi portatori di certe varianti anziché di altre. Quando queste due catene causali
indipendenti si incontrano producono un evento “casuale”: alcuni se la cavano meglio,
raggiungono con maggior probabilità l’età riproduttiva e avranno più chance di avere una
prole e di diffondere le loro varianti se ereditarie.
IMPROBABILE, MA POSSIBILE
Molteplici catene causali vengono a incontrarsi rendendo possibili esiti che alle nostre menti
apparivano del tutto improbabili. L’intromissione dell’inaspettato si trasforma, secondo il
nostro modo di ragionare, nella faccia spietata del caso amaro. Ci concentriamo sul numero
di coincidenze che hanno agito per far sì che accadesse ciò che è accaduto e ci diciamo che
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non può essere stato un caso, che c’è un disegno sotto. È uno schema di ragionamento
tipicamente umano che fa sì che ciò che ci appare molto improbabile ci sembri anche
impossibile e che come tale debba allora essere spiegato attraverso un disegno, un piano,
l’intenzione di qualcuno.
UNO SOLO FRA I MOLTI, MA NON INFINITI PERCORSI POSSIBILI
Il singolo evento non è una coincidenza che si tramuta in destino, ma un fenomeno con le sue
ragioni che incontrando le ragioni di altri fenomeni ha il potere di influire sul fatto che
l’evoluzione segua uno solo fra i molti, ma non infiniti, percorsi possibili. Ogni storia evolutiva
è irreversibile e potenzialmente unica, proiettata nell’esplorazione di uno spazio di possibilità
così ampio da non poter essere prevedibile su larga scala.
GLI INGREDIENTI DELLA CASUALITÀ
1. Mutazioni e ricombinazioni genetiche immettono incessantemente variazioni nelle
popolazioni, rifornendo di carburante i motori della selezione naturale.
2. Derive genetiche (effetto del fondatore, colli di bottiglia) determinano un campionamento
casuale della variazione genetica della popolazione madre che è necessariamente ridotta
rispetto ad essa e sbilanciata.
3. Fenomeni ecologici su larga scala interferiscono con i gioco della trasmissione genetica.
HOMO SAPIENS
Homo sapiens non comparve sulla Terra, appena un «secondo» fa in senso geologico,
perché la teoria evoluzionistica prevede questo risultato in base al principio di un progressivo
aumento della complessità del sistema nervoso. La comparsa degli esseri umani fu la
conseguenza fortuita e contingente di migliaia di eventi collegati, uno qualsiasi dei quali
avrebbe potuto svolgersi in maniera diversa, dirottando la storia su un percorso alternativo
che non avrebbe condotto all'intelligenza di tipo umano.
1) Dei fragili antenati dei vertebrati sopravvissero al Cambriano, circa 530 milioni di anni fa
2) Un piccolo gruppo di pesci sviluppò pinne lobate con uno scheletro osseo dotato di un
robusto asse centrale
3) Una grande meteorite colpì la Terra estinguendo i dinosauri, ma lasciando sopravvivere i
mammiferi
4) Nelle savane africane alcuni primati acquisirono la postura eretta
L’UOMO NON È NATO DALLA SCIMMIA
PROGRESSO ?
L’EVOLUZIONE TENDE AD UN AUMENTO DELLA COMPLESSITÀ?
È proprio dell’uomo il desiderio di vedere la storia della vita come una progressione e gli
esseri umani come organismi destinati al predominio Ciò ha distorto grossolanamente la
nostra interpretazione, inducendoci a porre in posizione privilegiata un fenomeno di
importanza relativamente secondaria
L’albero evolutivo della vita
• Forse l’albero della vita aveva il massimo numero di rami subito dopo l’inizio dei
pluricellulari, Cambriano.

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• La storia successiva è stata in gran parte un processo di eliminazione più che di fioritura
continua, di progresso o di espansione.
ESTINZIONI
I MAMMIFERI SOPRAVVISSERO PER UN REALE SUPERIORITÀ SUI DINOSAURI?
Piccola mole e scarsa specializzazione ecologica: perenne incapacità di competere
efficacemente con i dinosauri (carattere negativo) ESTINZIONE DEI DINOSAURI Piccola
mole e scarsa specializzazione ecologica maggiore resistenza all’estinzione e maggiori
possibilità di nascondersi (carattere positivo)
CONCLUDENDO …
L’evoluzione non è un processo progressivo, dal più semplice al più complesso, dal
“peggiore” al “migliore”. Si può individuare la tendenza a un graduale aumento del livello di
complessità degli organismi, ma questo non la tendenza prevalente né la sola. L’evoluzione
non tende ad un fine, né conduce necessariamente a forme di vita superiori. L’evoluzione non
è semplice frutto del caso: il cambiamento degli esseri viventi è un effetto di mutazioni
genetiche, di deriva genetica e di fatti ecologici sottoposti all’azione della selezione naturale.
Nel mondo prevalgono gli animali “semplici” adattati al loro ambiente quanto lo siamo noi al
nostro e molto più facilmente adattabili.
Fu il filosofo H. Spencer a diffondere i termini “evoluzione” e “sopravvivenza del più adatto”;
Darwin aveva usato una espressione più neutrale: “discendenza con modificazioni”.
“Anche se l'umanità razionale accetta l'evoluzione come un fatto, la maggior parte di noi
ancora non è disposta ad abbandonare la confortante idea che evoluzione significhi (o
perlomeno non possa avvenire senza) progresso, il che rende la comparsa di qualcosa come
la coscienza umana pressoché inevitabile, o perlomeno prevedibile. La rivoluzione darwiniana
non sarà completa fino a quando non abbandoneremo, come principi fondamentali, il
progresso e lo sviluppo di una complessità sempre maggiore, e cominceremo a tenere in
considerazione la possibilità tutt'altro che remota che Homo sapiens sia solamente un
minuscolo ramoscello tardivo di quell'enorme cespuglio arborescente che è la vita: una
piccola gemma che, quasi certamente, non riuscirebbe a comparire una seconda volta se si
potesse ripiantare il cespuglio partendo dal seme e lasciarlo crescere di nuovo”. S.J.Gould

EDUCAZIONE AMBIENTALE
EA=insegnare, istruire in merito alla tematica ambiente. Finoaglianni60:tutela della natura;
insegnamento riguardante le Scienze (disciplinarietà).Tutela dell’ambiente (inteso come il
verde, la natura, i boschi il prato.....).Metodo trasmissivo e passivo.
Negli anni seguenti: si evidenzia la necessità di un atteggiamento attivo nella tutela della
natura.
1993, Bachiorri, Moroni: Trasversalità e d interdisciplinarietà nell’EA. Discipline quali la Storia,
L’antropologia, la Filosofia, la Letteratura diventano essenziali.
circolaren.149/1996 (La Ferla) del Ministero della Pubblica Istruzione, dove si proponeva
un’EA come collegamento tra natura e cultura. 1997, “Carta dei principi per l’educazione
ambientale”, Fiuggi, elaborata dal Ministero della pubblica istruzione e Ministero
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dell’ambiente. Propone orientamenti per la ricerca, la riflessione, il confronto, sottolineando
l’importanza della diffusione, qualificazione e socializzazione delle scelte pubbliche volte allo
sviluppo sostenibile. Educazione Ambientale orientata allo sviluppo sostenibile e
consapevole. 2000: Prima conferenza nazionale dell’EA, Genova. Ribadisce l’importanza e la
necessità dell’educazione alla sostenibilità per la formazione di “cittadini capaci di
progettazione partecipata e di realizzazione di sviluppo sostenibile sul territorio” maggio
2005: Strategia UNECE per l'educazione allo sviluppo sostenibile. E' stata approvata dai
Ministri dell’ambiente e dell’istruzione dei Paesi dell’area UNECE nel corso della conferenza
di Vilnius. Dagli anni ’90 ad oggi: nascono reti interne e/o esterne; vengono elaborati
progetti da più scuole con la collaborazione di enti locali, Centri di Educazione Ambientale,
aree protette, ARPA, Università associazioni. Programma INFEA (2000): Informazione
Formazione e Educazione Ambientale, sistema nazionale approvato dalle regioni. Nasce su
iniziativa del Ministero dell'Ambiente, ed è finalizzato a diffondere sul territorio strutture di
informazione, formazione e educazione ambientale. Nascono i centri di coordinamento
(CREA), i Laboratori territoriali e i Centri di Esperienza (CEA), viene istituito un archivio
nazionale per la documentazione e ricerca nell’EA (ANDREA), per la promozione ed il
coordinamento di iniziative e di formazione, di campagne di sensibilizzazione dei cittadini, di
progetti di educazione ambientale tra più scuole. Il LaREA è stato istituito nel 1997 dal
Programma Triennale per la Tutela Ambientale 1994-1996 del Ministero dell'Ambiente.
Gestito dalle Università di Udine e di Trieste, ha operato fino al marzo 2000 per conto della
Regione Friuli Venezia Giulia, Direzione dell'Ambiente. Il LaREA è la struttura regionale di
riferimento delSistema Nazionale INFEA. 2009: il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e
della Ricerca: LINEE GUIDA PER L’EDUCAZIONE AMBIENTALE E ALLO SVILUPPO
SOSTENIBILE
Tendono a valorizzare quanto previsto dalle Indicazioni curricolari
L’Educazione Ambientale vs Educazione allo Sviluppo Sostenibile (ESS)
L’EA si è evoluta nel tempo per arrivare al più ampio concetto di Educazione allo Sviluppo
Sostenibile (ESS).

CLIMA E SUOLO
L’ecosistema è influenzato in particolare dal clima. Il clima è l’andamento medio a lungo
termine del tempo (combinazione di vari elementi quali temperatura, umidità, precipitazioni,
vento, nuvolosità e di altre condizioni atmosferiche).
FATTORI DEL CLIMA: i fattori del clima sono distinti in due gruppi: quelli cosmici e quelli
geografici. I fattori influenzano gli elementi del clima. Fattori cosmici: movimenti astronomici
di rotazione e rivoluzione della terra, con conseguente variazione nell’incidenza dei raggi
solari. Fattori geografici: latitudine, altitudine, distribuzione delle terre e dei mari, correnti
marine, circolazione masse d’aria, vegetazione, attività umane. ELEMENTI DEL CLIMA
Gli elementi climatici sono delle grandezze fisiche misurabili, la cui misurazione viene
effettuata per mezzo di opportuna strumentazione da parte delle stazioni meteorologiche e
sono: temperatura; umidità; pressione; intensità e durata della radiazione solare;
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precipitazioni; nuvolosità; vento (velocità, direzione, raffiche). Uno degli elementi che
determina le caratteristiche del clima in una data area della terra è la radiazione solare che
giunge sulla terra sotto forma di radiazioni di varia lunghezza d’onda. La radiazione
elettromagnetica emessa dal Sole copre un ampio intervallo di lunghezze d’onda.
La radiazione solare risulta costituita per una metà da radiazioni visibili e per l’altra metà da
radiazioni non visibili, distribuite nell’infrarosso e nell’ultravioletto. Della radiazione solare che
raggiunge il limite superiore dell’atmosfera, il 30% viene riflesso e disperso nuovamente
nello spazio dalle nuvole e dall’atmosfera (26%) e dalla superficie terrestre (4%). Un ulteriore
19% viene assorbito dall’atmosfera e dalle nuvole. Alla fine comunque il bilancio delle
radiazioni (energia persa dalla terra e quella acquisita) della Terra è in equilibrio. La luce
visibile è solo una piccola parte dell’intervallo di radiazioni solari che raggiungono l’atmosfera
terrestre: tra 400 e 700 nm (un nanometro è un miliardesimo di metro).
La luce visibile viene anche detta radiazione foto sinteticamente attiva PAR, perché
comprende lunghezze d’onda che le piante usano come fonte di energia nel processo di
fotosintesi.
Lunghezzed’ondapiùcorte:luceultravioletta(UV).
UV-Ada315a380nm
UV-Bda280a315nm
La radiazione con lunghezza d’onda più lunga del visibile è l’infrarosso: infrarosso vicino
comprende lunghezze d’onda comprese tra 740 e 4000 nm, infrarosso lontano o
RADIAZIONE TERMICA tra 4000 e 100000 nm.
● la quantità e durata delle radiazioni solari sulla terra dipendono principalmente da fattori
geografici come la latitudine e da fattori “locali” come le condizioni atmosferiche e l’orografia
(esposizione, ostacoli orografici....)
La radiazione solare varia stagionalmente. L’energia solare intercettata dalla Terra varia con
la latitudine. La Terra è soggetta a due movimenti: orbita attorno al Sole su un piano detto
eclittica e ruota attorno ad un asse passante per i Poli che non è perpendicolare all’eclittica
ma è inclinato di ,5°. Questa inclinazione determina le variazioni stagionali nella temperatura
e nella lunghezza del giorno.
equinozio di primavera e di autunno: la radiazione solare incide direttamente sull’Equatore.
Solstizio d’estate 22 giugno
Solstizio d’inverno 22 dicembre
Le variazioni stagionali della radiazione solare della temperatura e della lunghezza del giorno
aumentano con la latitudine. Questo pattern di esposizioni variabili alla luce solare controlla le
temperature medie annue sulla Terra. Come la radiazione solare così anche la temperatura
decresce dall’Equatore ai Poli. La pressione atmosferica (forza esercitata dal peso dell’aria
sulla terra) diminuisce con l’altitudine. Infatti consideriamo una colonna di aria sopra una
superficie, la pressione in ogni punto della colonna può essere misurato come massa totale
d’aria sopra quel punto. Se ci spostiamo in altezza la massa d’aria sovrastante si assottiglia e
perciò la pressione diminuisce. La pressione atmosferica viene misurata col barometro ed
espressa in millibar (1mb).
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A causa della pressione maggiore, a livello della superficie della terra la densità dell’aria
(numero di molecole per unità di volume) è più elevata. Anche la temperatura diminuisce con
l’altitudine ed è detto gradiente termico ambientale; due i motivi: 1) la densità dell’aria
diminuisce (maggior densità = maggiori collisioni = maggior calore); 2) diminuisce l’effetto
riscaldante della terra (il calore emesso dalla Terra riscalda l’aria sovrastante) Il variare delle
temperatura con l’altitudine non è costante. Un altro elemento importante del clima è
l’umidità dell’aria: nell’atmosfera a seconda della temperatura può essere contenuta una
percentuale variabile di vapore acqueo. Umidità assoluta: quantità d’acqua in un dato
volume d’aria Umidità relativa: rapporto espresso come % tra la quantità reale del vapore
acqueo (v) e la quantità massima (cioè a saturazione) che il volume d'aria può contenere
nelle stesse condizioni di temperatura e pressione.
Le precipitazioni presentano una caratteristica distribuzione globale, che deve tener conto
della distribuzione e degli andamenti della temperatura, dei venti e delle correnti oceaniche.
Le precipitazioni sulla terra non sono distribuite uniformemente. Esaminando le variazioni
nelle precipitazioni medie con la latitudine emerge un andamento globale: sono più
abbondanti nella zona equatoriale e diminuiscono spostandosi a Nord e a Sud in modo non
continuo. La quantità delle precipitazioni viene misurata mediante il pluviometro: un recipiente
la cui apertura ha superficie nota, con cui si stabilisce la quantità di precipitazioni che cadono
nell’unità di superficie (espressa in l/m 2 oppure in mm/m2). Le precipitazioni solide come
neve grandi ne vengono fuse e misurate con le stesse modalità. Per le precipitazioni così
come per le temperature si assume come riferimento la misurazione giornaliera. Poi si
calcolano le quantità relative al mese e all’anno. In base a questi valori durante l’anno è
possibile caratterizzare il regime delle precipitazioni che è molto diverso a seconda delle
regioni climatic.
●i fattori climatici assieme a quelli edafici sono quelli che condizionano maggiormente la vita
e la distribuzione delle piante
Le piante e l’ecosistema autoecologia: studio sul singolo organismo (pianta) Sinecologia:
scienza che studia i rapporti tra associazione vegetale e fattori ambientali, tali fattori sono
fondamentalmente quattro: climatici; topografici; edafici (del terreno); biotici (animali, funghi,
batteri)
SINECOLOGIA: il clima. Macro clima o clima regionale: clima di un'intera regione
caratterizzata da grandi elementi orografici e geografici simili (distanza dagli oceani, grandi
catene montuose, latitudine). Mesoclima, clima locale o topoclima: clima specifico di una
particolare zona. È considerabile come una variazione del macro clima dovuta agli influssi di
elementi locali: laghi, fiumi, elementi orografici (versanti nord o sud di una vallata), ma anche
biotici (una foresta piuttosto che i campi coltivati). Microclima: clima ristretto ad ambienti molto
limitati e quasi sempre facenti capo a elementi biotici (chioma degli alberi, quello del terreno a
livello di un cotico erboso, del sottobosco, di una valletta nivale, dolina ecc).
Il clima: la radiazione luminosa Fattore fisico: apporto energetico costante di 1,38 kj/m2.
Specie eliofile: sono favorite da alte intensità luminose e luce diretta del sole.

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Specie sciafile (ombrofile): prediligono basse intensità luminose, non amano la luce diretta del
sole.
Il clima: la temperatura Principale fattore di crescita per le piante e fattore determinante
nella costituzione delle associazioni (comunità di piante)
minime -40°C
optimum 10°C notturni 40°C diurni
Le temperature minime, sono quelle che maggiormente influiscono sulla sopravvivenza della
specie (gemme svernanti, gelate alla fioritura, periodi vegetativi troppo brevi ecc.).
Il clima: precipitazioni ed umidità dell’aria L'acqua è elemento indispensabile per la vita e
le piante si sono adattate in ambienti più o meno piovosi e con più o meno disponibilità
d'acqua nel terreno. Le piante si dividono in diversi gruppi a partire dagli adattamenti al
fabbisogno idrico: 1. idatofite: piante acquatiche; 2. igrofite:piante amanti l'umidità; 3.
mesofite: piante non tolleranti né l'eccesso d'acqua, né l'aridità; 3. xerofite: piante che vivono
in ambienti aridi.
Il clima: precipitazione In Italia, a partire dal regime pluviometrico il clima si divide in:
a) continentale, con precipitazioni massime all'inizio dell'estate (valli alpine); b)prealpino, con
precipitazioni massime in primavera e inizio dell'autunno (pianura Padana e Prealpi)
c) mediterraneo, caratterizzato da siccità estiva e precipitazioni distribuite dall'autunno alla
primavera (tutta la penisola e le isole); d) appenninico, con precipitazioni abbondanti
dall'autunno alla primavera e sporadiche estive.
Il clima: l’umidità dell’aria Importante per l’equilibrio idrico della pianta (traspirazione).
Il clima: il vento Rotture meccaniche sulle piante e mutamenti nel portamento. Importante
alcuni tipi di dinamiche vegetazionali: 1. Spiagge: movimenti della sabbia e formazione delle
dune 2. Coste rocciose:aerosol marino 3. Creste ventose (Carso): impedimento nella
formazione della vegetazione arborea con formazione di praterie primarie 4. Creste alpine:
formazione di particolari tipi di associazione 5 Spostamento di cumuli di neve sulle pareti
rocciose
SUOLO sopra la roccia in alterata (regolite) si trova una coltre di materiali clastici dovuti
all’alterazione di queste rocce che rappresenta il primo passo verso la formazione del suolo
non appena l’evoluzione del materiale crea le condizioni per ospitare una comunità biologica
(vegetale o animale) ha inizio il processo di formazione del suolo (pedogenesi)
● alterazione meccanica (fisica): interazione di diverse forze (vento, temperatura, acqua) che
sfaldano e frantumano la roccia. Non alterano la sua composizione.
● alterazione chimica: alterano la composizione e sono guidati dall’acqua (ossidazione,
riduzione.....)
● alterazione biotica: piante, animali, funghi, batteri concorrono alla formazione del suolo in
modo attivo e passivo (apporto di sostanza organica morta)
● per es. i licheni: frantumano la roccia con azione fisica e chimica, assorbono nutrienti,
apportano residui oragnici.

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● nel corso del tempo i cambiamenti che avvengono sulla superficie determinano la
formazione di strati orizzontali che si differenziano per le loro carteristiche fisiche, chimiche e
biologiche.
● questa struttura a livelli orizzontali orizzonti si osserva in corrispondenza di tagli nel terreno
eseguiti per costruire strade o edifici
SUOLO: profilo ● Il profilo comprende 4 orizzonti: O, A, B, C ● strato superficiale: orizzonte
O (strato organico): materiali vegetali in parte decomposti (foglie, aghi, ramoscelli, muschi,
licheni). A sua volta si può suddividere: strato superficiale i foglie e rametti, strato centrale con
tessuti vegetali in parte degradati e uno strato basale composto da materiale organico
omogeneo di colore marrone scuro-nero: strato dell’humus.
● orizzonte A: orizzonte in gran parte minerale (derivante dalla roccia). La lisciviazione
(movimento di soluti attraverso il suolo) porta l’humus derivante dallo strato O che gli
conferisce un colore più scuro rispetto agli strati sottostanti. Con la lisciviazione anche le
particelle più fini (argilla) sono portate verso il basso ● orizzonte B: contiene meno sostanza
organica rispetto all’orizzonte A, zona di deposizione e accumulo di particelle minerali come
argilla e Sali che provengono dalla lisciviazione dell’orizzonte A. ● orizzonte C: materiale non
consolidato, costituito dal materiale originale da cui il suo lo si è sviluppato sotto si trova la
roccia madre.
SUOLO: caratteristiche distintive colore: la sostanza organica rende il suolo scuro, altri
colori possono indicare la composizione chimica delle rocce e dei minerali a partire dai quali
si è formato il suolo (es. ossidi di ferro: colore giallastro-marrone al rosso); tessitura:
composizione granulometrica (dimensioni delle particelle:ghiaia, sabbia, limo e argilla).Ghiaia:
particelle più grandi di 2 mm; sabbia: dimensioni da 0,05-2 mm 8 particelle visibili a occhio
nudo e al tatto ruvide); limo:0,05 -0,002 (riconosciute a malapena a occhio nudo, aspetto
della farina anche al tatto); argilla: particelle più piccole di 0,002 mm (troppo piccole anche
per essere viste al microscopio). La tessitura è data dalla percentuale delle varie componenti.
SUOLO: caratteristiche distintive porosità: è influenzata dalla tessitura. Consente il
movimento di aria e di acqua nel suolo.

Vedere tassonomia e sistematica


1.6 Morfologia di seme e frutto
Seme

• Organo riproduttivo delle spermatofite; deriva dalla fecondazione e dalla maturazione


dell’ovulo
Composto da:
• tegumento (dai tegumenti dell’ovulo)
• embrione (dalla fecondazione)
• sostanze di riserva (dal nucleo dell’endosperma)

Tegumenti del seme


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• Testa e tegmen: – dai tessuti di protezione dell’ovulo (primina e secondina)
• a volte solo testa o fusi con i tessuti dell’ovario (es. cariosside)
• protezione, forma e colore
• il testa può sviluppare organi di volo (ali, tomenti) o aggrappanti (uncini) per favorire la
diffusione
• ilo: punto di contatto della placenta
Il Frutto: pericarpo
• organo ausiliario riproduttivo delle Angiosperme
• deriva dalla maturazione dell’ovario dopo la fecondazione
• protezione seme
• unità di disseminazione (dispersione)
• regolazione germinazione
Variabilità del frutto; caratteri utili alla determinazione
1)Fusione dei carpelli - apocarpico o sincarpico
2)Differenziazione tessuti - secchi o carnosi
3)Numerosità dei carpelli - semplici o composti
4)Apertura del frutto - deiscenti o indeiscenti
Fusione dei carpelli
•Apocarpico, carpelli rimangono separati e indipendenti tra loro
•Sincarpico, in cui i carpelli sono tutti saldati tra loro

Differenziazione tessuti Frutti carnosi, Alto contenuto in acqua, tipicamente costituiti


da buccia e polpa
Frutti secchi, basso contenuto di acqua Basso contenuto in acqua
– legume – follicolo – siliqua – siliquetta – capsule – achenio – samara – noce
– cariosside

Frutti carnosi, alto contenuto in acuqa, tipicamente costituiti da buccia e polpa:


– bacche – drupe – pomo

Apertura del frutto


Frutti secchi: Frutti secchi deiscenti •Si aprono a maturità liberando i semi – follicolo
– legume – siliqua – siliquetta – capsule Frutti secchi indeiscenti •Non si aprono a
maturità – achenio – samara – noce – cariosside

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