Le interazioni tra gli organismi e l’ambiente limitano la distribuzione (diffusione) delle specie. L’ambiente di un
organismo include:- I componenti abiotici: temperatura -acqua-luce-vento-suolo (e rocce)
- I componenti biotici:
-interazioni con le altre specie -predazione-competizione o parassitismo
- Tutti gli organismi che vivono in quel determinato ambienteI fattori abiotici e quelli biotici possono
influenzare la struttura e le dinamiche dei biomi.
L’ecologia è un enorme ramo della biologia e rivela le fonti di biodiversità della biosfera.
ECOLOGIA: scienza che studia l’insieme dei fattori ecologici (clima, luce, suolo, fattori
biologici) che regolano la vita di una certa specie o comunità biotica.
FATTORI BIOTICI • I fattori biotici che influenzano la distribuzione di una specie in un’ area
geografica sono: – Interazione con altre specie – Predazione – Competizione o parassitismo.
(La coccinella è un predatore con apparato boccale masticatore. Afide: apparato boccale
pungente succhiante. Si nutre della linf elaborata delle piante. Interazione tra specie in
classe: pianta pomodoro in vaso cresciuta all’aria. Arrivo di afidi sulle foglie. Copro la pianta
con una rete a maglie sottili e introduco delle coccinelle. Esse sono predatrici e ridurranno
notevolemente la popolazione di afidi permettendo alla pianta di crescere nuovamente.).
FATTORI ABIOTICI: fattori a abiotici che limitano la diffusione di un organismo sono: –
Temperatura – Acqua – Luce – Vento – Suolo.
L’ OMEOSTASI Gli animali hanno potuto crescere in dimensioni e complessità grazie alla
comparsa di un ambiente interno, liquido, la cui composizione può essere diversa da quella
dell’ambiente esterno. I liquidi dell’ ambiente interno bagnano tutte le cellule e consentono gli
scambi fra i diversi tessuti e con l’ambiente esterno. Le caratteristiche dell’ambiente interno
sono soggette a continue variazioni, determinate sia dall’attività delle cellule (metabolismo)
sia dalle variazioni ambientali esterne. Il complesso delle funzioni che consentono
all’ambiente interno di mantenere costante la propria composizione viene definito
OMEOSTASI.
Fisiologo francese Claude Bernard (1813 – 1878) introdusse il concetto che la vita si svolge
in quanto l’organismo di tutti gli esseri viventi ha la possibilità di adattare la funzione dei suoi
organi e sistemi a stimolazioni perturbanti di varia natura in modo da riuscire a mantenere
costante, nell’ambito di confini rigidamente ristretti, la composizione del proprio ambiente
interno. Omeostasi: insieme di meccanismi messi in atto da ogni essere vivente per
mantenere costante sia sotto l’aspetto quantitativo che sotto quello funzionale la sua
composizione. (es. Equilibrio acido‐base, meccanismi di termoregolazione, equilibrio
glucosio, leucociti circolanti etc). Mantengono l'omeostasi i circuiti a retroazione o a feedback,
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che in risposta alla variazione iniziale producono eventi biologici generalmente opposti
(feedback negativo) atti a mantenere l'equilibrio interno.
La regolazione omeostatica coinvolge tre componenti: • recettore • centro di controllo e
integrazione • effettore. Il recettore riceve informazioni sui possibili cambiamenti del corpo. Il
centro di controllo e integrazione riceve e processa le informazioni del recettore. L' effettore
risponde ai comandi del centro di controllo. I sistemi che svolgono la funzione informativa
sulle variazioni dell’ambiente interno sono quello nervoso e quello endocrino; le funzioni di
regolazione vengono poi esplicate da molti apparati (cutaneo, respiratorio, escretore,
circolatorio).
Un esempio di omeostasi: la termoregolazione. Perché un animale possa vivere, la
temperatura delle sue cellule non può variare oltre certi limiti ( 0° ‐ 45°C); le reazioni
metaboliche sono più veloci a temperature più elevate e risentono delle variazioni termiche.
Gli animali hanno messo a punto meccanismi fisiologici e comportamentali per mantenere la
temperatura corporea su valori ottimali. In moltissimi animali la temperatura corporea varia in
dipendenza di quella esterna. Essi sono detti ectotermi. Gli animali, come Uccelli e
Mammiferi, che mantengono costante ed elevata la loro temperatura anche in ambiente
variabile sono detti endotermi perché hanno dei meccanismi di regolazione interna. Gli
ectotermi utilizzano adattamenti comportamentali per regolare la temperatura corporea. Gli
endotermi utilizzano adattamenti fisiologici, oltre ai comportamentali, per regolare la
temperatura corporea, quali: produzione (perdita) attiva di calore, isolamento termico,
regolazione del flusso sanguigno, evaporazione.
Temperatura – La temperatura è sicuramente un fattore abiotico di fondamentale importanza
nella distribuzione degli organismi a causa del suo effetto sui processi biologici.
Traspirazione Prendi una pianta da vaso e senza danneggiarla richiudi la sua chioma dentro
un sacchetto di plastica trasparente, come quelli che si usano per congelare i cibi. Dopo
qualche ora la superficie interna del sacchetto si coprirà di minuscole gocce di acqua che la
pianta ha eliminato attraverso dei fori (stomi) presenti soprattutto sulla pagina inferiore delle
foglie. Questo fenomeno si chiama traspirazione e consente alla pianta un ricambio continuo
dell'acqua assorbita dalle radici.
Acqua – è sicuramente uno dei fattori più importanti nella distribuzione delle specie.
Tropismi Se hai fatto germinare più semi di fagiolo o di un'altra pianta, ti sarai accorto che
tutte le piantine crescono verso l'alto. In realtà non cercano una direzione specifica, ma solo
di prendere più luce possibile. Se sposti una piantina o se la copri lasciando solo un fessura
per la luce, vedrai come la pianta si sviluppa subito verso la fonte di luce. Questo fenomeno è
noto come fototropismo positivo, per distinguerlo da quello delle radici che invece cercano il
buio. Osserva lo stesso fenomeno nelle piante da appartamento e nelle chiome degli alberi
nei parchi e nei boschi. Luce • L’intensità della luce e la sua qualità può influenzare
notevolmente la diffusione degli organismi e maggiormente di quelli foto sintetici • La durata
della fase luminosa durante il giorno indica il fotoperiodo e conseguentemente le piante
possono venir divise in due categorie: - Longidiurne – Brevidiurne.
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Vento • Il vento è un fattore abiotico capace di modificare l’effetto della temperatura e
aumentare le perdite per evapotraspirazione – Modifica anche la morfologia delle piante.
Suolo e rocce • Molte delle caratteristiche del suolo determinano lo sviluppo delle piante su
di esso e di conseguenza quello delgli animali che vi abitano: – Struttura fisica – pH –
Composizione minerale.
Clima • I 4 principlai fattori abiotici caratterizzano il clima: – Temperatura, acqua, luce e
vento.
TEMPO: condizioni dell’atmosfera in un preciso
momento
CLIMA: condizioni medie dell’atmosfera riferite a un luogo e a un arco di tempo relativamente
lungo (decenni) → 1) RADIAZIONE SOLARE; 2) FORMA E STRUTTURA DELLA
SUPERFICIE TERRESTRE: superfici continentali o oceaniche (effetto continentale ed effetto
oceanico), tipo litologico, esposizione, inclinazione; 3) MOTI DEL PIANETA: rotazione e
rivoluzione.
FATTORI CLIMATICI IRRADIANZA: quantità di energia raggiante proveniente dal sole
ricevuta dall’unità di superficie orizzontale nell’unità di tempo; TEMPERATURA: agisce su
tutti i processi biologici accelerandoli. Hanno molta importanza i valori minimi e massimi
assoluti, che spesso stabiliscono i limiti di tolleranza degli esseri viventi; PRECIPITAZIONI:
quantità di acqua meteorica che giunge sulla superficie terrestre sotto forma di pioggia o
rugiada. Importante è la quantità e la distribuzione durante l’anno. UMIDITA’ ATMOSFERICA
(u. assoluta e relativa); VENTO (azione sull’umidità atmosferica); PRESSIONE
ATMOSFERICA (che cala con la quota); Ecc..
MACROCLIMA, MESOCLIMA E MICROCLIMA macroclima: è rappresentativo per un
determinato territorio ampio (es. clima Mediterraneo); non sempre offre dati significativi a
livello di singolo ecosistema; microclima: clima di un determinato sito, es. di una piazza di
una città, di una radura in un bosco, ecc.; mesoclima: clima di un territorio di una certa
vastità, ad esempio il clima dell’Etna, delle Madonie, della Piana di Catania, etc..
I fattori abiotici e quelli biotici possono influenzare la struttura e le dinamiche dei biomi
BIOMA: complesso di ecosistemi di un’area geografica caratterizzato dalla vegetazione
dominante BIOMI ACQUATICI e BIOMI TERRESTI
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2. Cosa si intende con il termine specie esotiche?
Le specie esotiche (aliene o alloctone) sono le specie che si trovano al di fuori del loro areale di distribuzione
per effetto dell’uomo.
Dette anche Aliene o alloctone: specie che si trovano al di fuori del loro areale di
distribuzione per effetto dell’uomo. Le barriere ambientali e climatiche. Cause della diffusione
di specie in aree in cui prima erano assenti: - colonizzazione europea; - agricoltura,
selvicoltura, giardinaggio; - trasporto accidentale.
Definizione di specie autoctone (o native o indigene): specie che si sono evolute e diffuse
spontaneamente in una certa zona.
Definizione di specie invasiva: specie esotica dagli effetti impattanti sulle biocenosi
autoctone.
ALCUNI TERMINI: Specie alloctona (aliena): una specie, sottospecie o un taxon più basso,
introdotta al di fuori del naturale areale distributivo presente o passato; include ogni elemento,
gameti, semi, uova, propaguli di quelle specie che abbia la possibilità di sopravvivere e
successivamente riprodursi
Specie alloctona invasiva: una specie alloctona la cui introduzione e/o diffusione minaccia
la biodiversità, e/o causa gravi danni anche alle attività dell’uomo o ha effetti sulla salute
umana e/o serie conseguenze socio‐economiche.
Introduzione: il trasferimento operato direttamente o indirettamente dall’uomo, di una specie
alloctona al di fuori del suo areale naturale (passato o presente). Tale trasferimento può
essere compiuto all'interno dello stesso paese, tra paesi diversi o tra aree al di fuori di una
giurisdizione nazionale
Introduzione intenzionale: il trasferimento intenzionale e/o il rilascio, operato dall'uomo, di
una specie alloctona al di fuori del suo areale naturale
Introduzione non intenzionale: tutti gli altri casi di introduzione non Intenzionale
Naturalizzazione: il processo/meccanismo con il quale una specie alloctona si insedia
stabilmente in un nuovo habitat riproducendosi e dando vita ad una popolazione in grado di
auto sostenersi nel lungo periodo
Specie autoctone: le specie, sottospecie o popolazioni presenti sul territorio nazionale o su
parte di esso, nel quale si siano originate o vi siano giunte senza l’intervento (intenzionale o
accidentale) diretto dell’uomo.
Specie para‐autoctone: le specie, animali o vegetali che, pur non essendo originarie del
territorio Italiano, vi siano giunte – per intervento intenzionale o involontario dell’uomo – e
quindi naturalizzate in un periodo storico antico (anteriormente al 1500 dC). Vanno
considerate par autoctone le specie introdotte e naturalizzate in altri Paesi prima del 1500 dC
e successivamente arrivate in Italia attraverso fenomeni naturali di espansione. Le specie
para‐autoctone possano essere considerate autoctone in riferimento al dettato del DPR
120/03.
EFFETTI SULLA FAUNA: vertebrati non indigeni stabilizzatisi in Italia (n specie = 60). Specie
indigene vs specie non indigene in Italia. ESEMPI: pesce siluro→nascosto nelle partite da
semina provenienti dai Paesi dell’Europa orientale o fuggito dai laghetti per la pesca sportiva. In Italia
gli esemplari raggiungono i 2mt (metà delle normali dimensioni) nutrendosi della fauna ittica locale, di
uccelli e di piccoli mammiferi che vivono lungo i corsi d’acqua. Appare ormai impossibile eradicarlo.
Rana topo→ rana nordamericana può raggiungere i 20cm di lunghezza. Due nuclei stabili sono
segnalati nel modenese e a cuneo; oggi è in diminuzione (anche per la vulnerabilità in fase larvale);
oca del canada→nordamerica, introdotta in europa e nuova Zelanda. In Italia segnalata nel nord est,
in Sardegna e Abbruzzo. Si è ibridato con oche domestiche e può contribuire alla diffusione dell’aviaria
negli allevamenti di pollame. Danneggia le aree a canneto delle zone umide impoverendo le comunità
animali. Pericolosa per traffico aereo e coltivazioni. Usignolo del giappone→vive in asia, numerose
segnalazioni in Italia soprattutto a Lucca. Vettore di malaria aviaria e danni ai raccolti. Visone→ in
prov di Roma e nord est. Minaccia per specie di uccelli e mammiferi locali.
ALIENI TRA NOI ‐ Il gambero rosso della Louisiana: minaccia alla biodiversità in Friuli
Venezia Giulia.
Le specie invasive sono considerate una delle maggiori minacce alla biodiversità. I loro
impatti sull'ecologia locale comprendono: • competizione con organismi autoctoni per il cibo e
l'habitat. In molte zone d'Europa, ad esempio, lo Scoiattolo grigio americano (Sciurus
carolinensis) determina l’estinzione dello Scoiattolo rosso (Sciurus vulgaris), specie
autoctona, in tutte le aree di sovrapposizione; • cambiamenti strutturali degli ecosistemi.
L'alga Caulerpa taxifolia, ad esempio, ha invaso vaste aree della costa mediterranea,
determinando un radicale cambiamento degli ecosistemi invasi; • ibridazione con specie
autoctone. Il Gobbo della Giamaica (Oxyura jamaicensis) e i Cervi sika del Giappone (Cervus
nippon), ad esempio, possono minacciare di estinzione le specie autoctone a causa di incroci
e produzione di ibridi; • tossicità diretta (es. Panace di Mantegazzi ); • le specie invasive
possono costituire un ricettacolo di parassiti o un veicolo di patogeni (Tamias vettore di
malattia di Lyme); • impatto sull'impollinazione a causa della competizione o predazione con
specie di api locali (la Vespa asiatica Vespa velutina ha un impatto diretto pesante sulle api
nostrane).
Cosa fare? 1. Prevenire= prevenire l’introduzione di specie aliene con mezzi legislativi
efficaci (che seguano l’ottica del “presunto colpevole”) e con l’educazione del pubblico; 2.
Controllare = quando la prevenzione non è più possibile, individuare rapidamente le specie
aliene; 3. Studiare = valutare: il grado di invasibilità delle specie non indigene e il loro impatto
su popolazioni e specie native, su comunità ed ecosistemi e quindi la loro pericolosità; 4.
Intervenire = quando si è dimostrato che le specie non indigene sono pericolose, almeno in
alcuni habitat, intraprendere iniziative di eradicazione o controllo
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3. Quali sono i principali biomi terrestri?
Un bioma è un complesso di ecosistemi di un’area geografica caratterizzato dalla vegetazione dominante. Si
distinguono i biomi acquatici e quelli terrestri.
Biomi acquatici: -laghi-zone paludose-fiumi e torrenti-estuari-zona intertidale-zona pelagica e oceanica
-barriere coralline-zona bentonica marina
Biomi terrestri:-zone polari e di alta montagna -tundra-foreste di conifere-foreste decidue delle zone
temperate -praterie delle zone temperate -macchia mediterranea-savana-deserti-foreste tropicali
I fattori abiotici e quelli biotici possono influenzare la struttura e le dinamiche dei biomi
BIOMA: complesso di ecosistemi di un’area geografica caratterizzato dalla vegetazione
dominante BIOMI ACQUATICI e BIOMI TERRESTI.
Biomi acquatici: ● Molti dei biomi acquatici sono stratificati ● laghi ● zone paludose ● fiumi e
torrenti ● estuari ● zona interditale ● zona Pelagica e Oceanica ● barriere coralline ● zona
Bentonica marina.
Biomi terrestri: ● gli ecosistemi terresti: ● nelle zone polari e d’alta montagna la vegetazione
è praticamente assente e le specie animali (orsi polari, pinguini, foche, ecc) si nutrono
soprattutto di organismi marini. ● La tundra è caratterizzata da uno strato di suolo
permanentemente gelato (chiamato permarost); è formata soprattutto da piante erbacee,
bassi cespugli, muschi e licheni ● le foreste di conifere sono caratterizzate da alberi
sempreverdi le cui foglie sono trasformate in aghi (aghifoglie), come abeti e pini ● le foreste
decidue delle zone temperate sono formate da alberi a foglia larga (latifoglie); le foglie cadono
durante la stagione fredda ● le praterie delle zone temperate sono formate soprattutto da
piante erbacee. Oggi molte praterie naturali hanno lasciato il posto ad aree agricole
intensamente coltivate ● la macchia mediterranea è formata principalmente sa arbusti spinosi
con foglie coriacee e sempreverdi ● nella savana predominano le piante erbacee e gli alberi
sparsi e si trovano molti animali erbivori e i loro predatori ● nei deserti si trovano specie
vegetali e animali che presentano adattamenti per trattenere l’acqua, data la scarsità delle
piogge ● nelle foreste tropicali le precipitazioni sono variabili e determinano il tipo di
vegetazione: - piante spinose o succulente dove le precipitazioni sono meno abbondanti –
latifoglie sempreverdi dove le precipitazioni sono abbondanti.
4. Che cos’è la selezione naturale? quali sono le modalità con cui si attua?
La selezione naturale è un meccanismo evolutivo, proposto da Darwin nell’ambito della sua teoria
dell’evoluzione, con cui avviene l’evoluzione delle specie e secondo cui, nell'ambito della diversità genetica
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delle popolazioni, si ha un progressivo (e cumulativo) aumento della frequenza degli individui con
caratteristiche ottimali (fitness) per l'ambiente di vita.
MODALITÀ CON CUI SI ATTUA:
La selezione naturale può modificare la frequenza di caratteri ereditabili in una popolazione in 3 modi diversi, a
seconda di quali fenotipi sono favoriti in una popolazione variabile:
(a) selezione stabilizzante: comporta l’eliminazione dei genotipi estremi ed è sempre in azione nelle
popolazioni. Esempio: il numero delle uova negli uccelli.
(b) selezione direzionale: aumenta il numero di individui con una caratteristica genotipica estrema. Sostituisce
gradualmente un gruppo di alleli con un altro. Esempio: Resistenza agli insetticidi e Biston betularia.
(c) selezione divergente: aumenta le caratteristiche estreme a scapito di quelle intermedie E’ l’anticamera della
speciazione. Esempio: Passerina amoena: il maggior successo riproduttivo si osserva sia tra i soggetti dai colori
più vivaci, che tra i meno sgargianti.
(d) selezione frequenza-dipendente;
(e) selezione sessuale: selezione effettuata dalle femmine (più raramente dai maschi) per scegliere il partner
migliore, questo perché le femmine generalmente investono di più nella produzione delle uova e nella cura dei
piccoli. Una lotta tra maschi per dimostrare la propria superiorità e potersi accoppiare, che può essere una
competizione simbolica o effettiva.
È possibile che la selezione sessuale sia alla base del dimorfismo.
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Stabilizzante: comporta l’eliminazione dei genotipi estremi ed è sempre in azione nelle
popolazioni. Esempio: il numero delle uova negli uccelli.
Sessuale: selezione effettuata dalle femmine (più raramente dai maschi) per scegliere il
partner migliore, questo perché le femmine generalmente investono di più nella produzione
delle uova e nella cura dei piccoli. Una lotta tra maschi per dimostrare la propria superiorità e
potersi accoppiare, che può essere una competizione simbolica o effettiva E’ possibile che la
selezione sessuale sia alla base del dimorfismo. La selezione naturale viene misurata come
fitness, che rappresenta la capacità riproduttiva relativa di un genotipo, ossia il successo di un
genotipo di riprodursi rispetto al successo riproduttivo di altri genotipi della popolazione.
Coevoluzione Evoluzione associata di due o più specie di una stessa comunità, legate da
uno stretto rapporto di tipo predatorio, parassitico o simbiotico (preda-predatore, parassita-
ospite, ospite-ospite), tale per cui le variazioni che insorgono in una delle specie influenzano
l'evoluzione dell'altra. Il rapporto tra predatore e preda porta spesso a fenomeni di
coevoluzione: la minaccia costituita da un predatore, infatti, può incoraggiare una risposta
adattativa da parte della preda, come l'acquisizione della capacità di produrre una sostanza
velenosa o l'adozione di una colorazione mimetica a scopo difensivo.
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particolarmente bizzarre quali il lungo collo della giraffa e il muso del formichiere sono
giustificate dalla competizione tra individui per la conquista di risorse limitate quali lo spazio
ed il cibo. Lo studio della relazione tra forma e funzione negli organismi animali e vegetali
fornisce un importante strumento per avvicinare i bambini all’analisi dei processi
evoluzionistici. Una determinata forma è infatti spesso il risultato di un processo di
adattamento, che nel corso delle generazioni può portare ad un grado maggiore di
specializzazione. L'adattamento può aumentare la capacità di procurarsi o utilizzare le
risorse: • aria • acqua • luce • cibo. Può accrescere il successo riproduttivo, può permettere di
sopportare condizioni ambientali difficili: • basse o elevate temperature • assenza di luce
O aumentare la capacità di difesa dai predatori. Il processo di adattamento di un organismo
all’ambiente può riguardare, infatti, non solo una struttura anatomica ma anche un processo
fisiologico o un tratto comportamentale.
Anche nella scuola primaria è possibile costruire percorsi didattici che permettano ai bambini
di avvicinarsi al tema dell’evoluzione e guidare i ragazzi ad individuare relazioni tra strutture
morfologiche, comportamento ed ambiente. Perché le giraffe hanno il collo così lungo?
Perché il pipistrello ha le ali anche se non è un uccello? Perché la balena sembra un pesce
anche se non lo è?
Si distinguono tre tipi di adattamenti: • morfologico • fisiologico • comportamentale. Gli
adattamenti morfologici riguardano la forma e la struttura degli organismi. La forma e la
robustezza del becco del picchio, adatto per forare la corteccia degli alberi, sono un valido
esempio di adattamento morfologico. Gli adattamenti fisiologici riguardano il metabolismo. Un
esempio di questo tipo di adattamento è la presenza nel sangue dei pesci che vivono nei mari
polari di particolari proteine “antigelo” che abbassano la temperatura di congelamento. Gli
adattamenti comportamentali sono particolari comportamenti degli organismi in risposta a
determinati stimoli ambientali. La fedeltà all’uomo del cane è un adattamento dettato dalla
necessità di procurarsi cibo e rifugio.
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la causa più importate è stata l’espansione dei terreni coltivati per far fronte alla crescita della
popolazione umana. Paesi tropicali: alta biodiversità ma anche forte incremento demografico
e sviluppo economico. Specie alloctone: introdotte dall’uomo, non native o esotiche; si
dicono invasive se si sviluppano massicciamente a danno delle specie autoctone (native o
indigene). La suscettibilità delle specie all’estinzione è funzione di diversi aspetti del ciclo
vitale Ubiquitaria: una specie con una distribuzione geografica estesa Endemica: una specie
esclusiva di un’area ben definita (particolarmente suscettibile all’estinzione!). L’Unione
Nazionale per la conservazione della natura (IUCN) ha sviluppato una classificazione:
specie gravemente minacciate: hanno una probabilità maggiore o uguale al 50 % di
estinguersi entro 10 anni o 3 generazioni specie minacciate: hanno una probabilità del 20 %
di estinguersi entro 20 anni specie vulnerabili: hanno una probabilità maggiore o uguale al 10
% di estinguersi entro 100 anni. L’attribuzione di una specie a una determinata categoria
richiede la conoscenza di alcune informazioni: -declino verificabile nel numero di individui -
area geografica occupata dalla specie e numero di popolazioni - numero totale di individui e
individui riproduttivi - declino atteso del numero individui se permane fattore negativo -
probabilità di estinzione della specie entro un certo numero di anni. L’elenco delle specie
minacciate, vulnerabili, rare, prende il nome di LISTA ROSSA. Le liste rosse possono essere
a livello planetario, nazionale locale. Infatti specie diffuse a livello continentale o nazionale
possono essere rare a livello regionale. Biodiversità: perchè è importante preservarla? ex
primo ministro norvegese disse:” dovremmo considerare il nostro pianeta come un prestito
ricevuto dai nostri figli, piuttosto che come un dono ricevuto dai nostri predecessori”
BENEFICI DELLA DIVERSITà GENETICA E SPECIFICA: perdita di specie: - potenziale
perdita di cibo, medicine.... - perdita di geni unici e quindi proteine utili. FUNZIONI DEGLI
ECOSISTEMI: INSIEME DI TUTTI QUEI processi che contribuiscono a sostenere la vita
umana sulla Terra: -purificazione acqua, aria, - decomposizione rifiuti - riduzione impatto
delle condizioni climatiche estreme e degli allagamenti etc......
Mancato riconoscimento o percezione di un valore economico ai servizi resi dagli ecosistemi:
esempio, nel 1996 la città di New York investì oltre un miliardo di dollari nell’acquisto di terre
e recupero habitat risparmiando 8 miliardi di dollari che sarebbero stati necessari per allestire
impianti di filtrazione dell’acqua. valore economico diretto: fonti di cibo, medicine,
abbigliamento, biomassa e difesa valore economico indiretto (con la distruzione della
biodiversità si creano condizioni di instabilità, ridotta produttività, promuovendo
desertificazione...........) valori etici ed estetici (la nostra coscienza e consapevolezza ci
permettono di percepire tali valori). Biodiversità: quali sono le minacce? le attività umane
minacciano la biodiversità su scala locale, regionale e globale operando su tre livelli - perdita
habitat - introduzione di specie - sfruttamento eccessivo. Biodiversità: perdita habitat:
questo si verifica a causa delle attività umane: - agricoltura - sviluppo centri urbani - attività
minerarie - gestione foreste – inquinamento. Il riscaldamento globale del pianeta opera
un’alterazione costante degli habitat. La perdita di un habitat può determinare l’estinzione di
una specie. Anche la sua frammentazione è causa di estinzione. (seguono attività in classe,
vedi slide)
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EROSIONE GENETICA E RISCHIO DI ESTINZIONE Si stima che oltre 1/3 DELLA
TOTALITÀ DELLE SPECIE VEGETALI sia oggi sottoposta ad EROSIONE GENETICA o,
addirittura, da considerarsi già a RISCHIO DI ESTINZIONE, con gravi danni in termini di: •
MIGLIORAMENTO GENETICO TRADIZIONALE (perdita di importanti caratteri dei quali
queste specie sono depositarie) • PRODUZIONE DI SOSTANZE NATURALI (utili per la
salute o per l’alimentazione)
SALVAGUARDIA DELLA BIODIVERSITÀ VEGETALE Interventi volti ad ARRESTARE
o CONTENERE la PERDITA DI RISORSE GENETICHE dovuta a: • FATTORI NATURALI
(desertificazione e cambiamenti climatici) • FATTORI ANTROPICI (quali deforestazione,
specializzazione colturale, urbanizzazione).
Preso atto dell’erosione genetica o rischio di estinzione di un certo taxon → si
programmano le strategie di conservazione più idonee al caso: a. conservazione in situ b.
conservazione ex situ. In situ: svantaggi: rischio di malattie, esposizione ad agenti
atmosferici, sono necessari grandi spazi in adeguate aree geografiche, alti costi di
mantenimento; vantaggi: interazione con il proprio ambiente naturale e fisiologico. Ex situ:
svantaggi: rimozione dall’ambiente naturale, è necessario personale qualificato, sono
necessari laboratori attrezzati; vantaggi: è richiesto poco spazio e può essere attuata in
qualsiasi area geografica, costi relativamente bassi, ambiente asettico e controllato. Le
strutture più utilizzate per la realizzazione di tali programmi sono: orti botanici e università,
che hanno spazi, risorse e professionalità adeguati all’espletamento di queste funzioni.
La biodiversità rappresenta la variabilità tra gli organismi viventi di qualsiasi fonte, inclusi
gli ecosistemi terrestri, marini e acquatici e i colpessi ecologici di cui sono parte la biodiversità
include la diversità all’interno delle specie, tra le specie e la diversità degli ecosistemi
(convenzione sulla diversità biologica)
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Viene conservato nelle banche del germoplasma, strutture specializzate nelle conservazioni di parti di
organismi viventi, idonei a rigenerare un organismo completo.
Il materiale vegetale può essere suddiviso in:
-collezioni di semi (principalmente per le specie a preminente propagazione gamica)
-collezioni colonali (principalmente per le specie a propagazione vegetativa)
Temperatura ambientale→congelamento→ - 196°C→recupero della vitalità
Lo stoccaggio avviene solitamente a -20°C, ma qualora si decidesse di attuare la crioconservazione si utilizzerà
uno stoccaggio di germoplasma a temperatura ultra-bassa (-196°C) propria dell’azoto in fase liquida.
11. Quali sono i diversi livelli trofici all’interno di una catena alimentare?
Struttura trofica: rapporti alimentari tra gli organismi di una comunità.Livello trofico: posto occupato da un
individuo all’interno della catena alimentare. Per livello trofico si intende la posizione che un individuo facente
parte di un gruppo occupa rispetto al livello trofico di base che è rappresentato dagli autotrofi (produttori,
come i vegetali). Più esattamente in un "livello trofico" sono compresi tutti quegli organismi che ottengono
energia dal Sole (o da altri tipi di fonti primarie) tramite lo stesso numero di passaggi.
Si tratta di un fattore chiave nelle dinamiche di comunità.Produttore primario (vegetale)→consumatore
primario (erbivoro)→consumatore secondario (carnivoro primario)→consumatore terziario (carnivoro
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secondario)
→→→→Detritivoro = organismo che si ciba dei materiali organici in decomposizione provenienti da tutti i
livelli della catena alimentare di pascolo (piante e animali) e che sfruttano l’energia contenuta in questi
materiali.
Catene alimentari: trasferimento di energia e cibo tra i diversi livelli trofici dai produttori primari ai carnivori
fino ai decompositori. Una catena alimentare è in realtà una rete alimentare con ramificazioni e con interazioni
trofiche complesse. Le specie possono svolgere un ruolo in più di un livello trofico.
In ogni rete alimentare una catena alimentare di solito è lunga solo pochi collegamenti (ipotesi energetica e
ipotesi stabilità dinamica).
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Controlli basso-alto e alto-basso → il modello bottom-up di organizzazione comunitaria
propone un’influenza unidirezionale dal basso a livelli trofici superiori. In questo caso, la
presenza o assenza di nutrienti minerali determina la struttura della comunità, compresa
l’abbondanza dei produttori primari. Il modello top-down, chiamato anche il modello a cascata
trofica, propone che il controllo avvenga dal livello trofico superiore. In questo caso, i
predatori controllano gli erbivori, che a loro volta controllano i produttori primari.
La biomanipolazione può aiutare a ripristinare le comunità inquinate. Es: in un lago,
l’aumento di ciano batteri (produttori primari) si è verificato quando lo zooplancton
(consumatori primari) sono stati mangiati da grandi popolazioni di pesci scarafaggio
(consumatori secondari). L’aggiunta di luccioperca (consumatori terziari) ha permesso il
controllo dei pesci scarafaggio e l’aumento dello zooplancton con una diminuzione dei ciano
batteri.
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Le relazioni tra le specie di una comunità sono chiamate interazioni interspecifiche come
ad esempio la competizione, la predazione, la dieta erbivora e la simbiosi (parassitismo,
mutualismo e commensalismo). Tali relazioni possono influenzare la sopravvivenza e la
riproduzione di ogni specie quindi possono essere positive, negative o con nessun effetto. La
competizione è di tipo -/- quando individui di specie diverse competono per una risorsa e
quindi limita la loro crescita e sopravvivenza. Se la concorrenza è forte può avvenire
un’esclusione competitiva, cioè l’eliminazione di una delle due specie. Due specie in
competizione per le stesse risorse (limitate) non possono coesistere nello stesso luogo. La
predazione è un’interazione di tipo +/- : una sola specie, il predatore, uccide e mangia l’altro,
la preda. Mangiare o evitare di essere mangiati sono prerequisiti per il successo riproduttivo.
Esistono vari comportamenti difensivi come il nascondersi, fuggire, formare mandrie, auto-
difendersi e chiamare allarmi. Esistono anche adattamenti morfologici e fisiologici di difesa
come la colorazione criptica o il camuffamento che rende la preda difficile da individuare.
L’erbivoria è un’interazione +/- dove l’erbivoro mangia parti di una pianta o alga.. la maggior
parte degli erbivori sono piccoli invertebrati come i coleotteri e le cavallette. Negli ambienti
acquatici l’erbivoria coinvolge lumache di mare, ricci, pesci tropicali e certi mammiferi come il
lamantino. Gli erbivori, come i predatori, hanno sviluppato alcuni adattamenti che permettono
loro di individuare per es. se una specie vegetale è tossica o meno. Questo ha fatto sì che le
piante abbiano sviluppato forme di difese e adattamenti meccanici e chimici. La simbiosi è
una relazione in cui due o più specie vivono in diretto e intimo contatto reciproco. Il
parassitismo è un’interazione +/- dove un organismo, il parassita, trae il nutrimento da un
altro organismo, suo ospite, che viene danneggiato (ad es. zecche, tenie. Se vivono
all’interno del corpo dell’ospite si chiamano endoparassiti, se vivono sulla superficie esterna si
chiamano ectoparassiti. Molti parassiti hanno un ciclo vitale complesso che coinvolge più di
un ospite. Alcuni parassiti modificano il comportamento dell’ospite per aumentare la propria
vitalità. La simbiosi mutualistica o mutualismo è un’interazione +/+, cioè avvantaggia
entrambe le specie. Può essere obbligato quando una specie non può sopravvivere senza
l’altra oppure facoltativa, dove entrambe le specie possono sopravvivere anche da sole. Il
commensalismo è un’interazione +/0 dove una specie riceve dei benefici mentre l’altra non
trae né danno né beneficio. Queste interazioni sono difficili da documentare in natura perché
qualsiasi associazione tra specie diverse probabilmente influenza sia l’una sia l’altra anche se
in modo limitato.
26
Il mimetismo mülleriano (in onore dello zoologo Müller che per primo, nel 1878, ne
ipotizzò la spiegazione) è caratterizzato dal fatto che generalmente le specie non
commestibili presentano livree dai colori accesi e vistosi. Un esempio è quello delle zigene
(genere Zygaena) che, capaci di liberare sostanze tossiche, segnalano il pericolo con la
sgargiante colorazione rossa e nera delle ali. In questo modo salvaguardano la loro vita,
poiché i predatori “sanno” che la livrea di alcuni colori vistosi determina la tossicità della preda
stessa. Anche la colorazione giallonera di api, vespe e calabroni rientra in questo fenomeno.
Livrea: l’insieme dei colori del tegumento di vari animali (piumaggio degli uccelli)
18. Cosa si intende per sviluppo sostenibile e quali sono i fattori che lo
compongono?
Per sviluppo sostenibile si intende lo sviluppo che risponde alle necessità del presente senza compromettere la
capacità delle generazioni future di soddisfare le proprie necessità.
I fattori che lo compongono sono:
-economia-società -ambiente + cultura
Un ossimoro (come realtà virtuale, qualità totale...), intrinsecamente ambiguo..
‘Sviluppo’ ⇒legato concettualmente alla crescita quantitativa ed economica
27
‘Sostenibile’ ⇒vede ‘l’ambiente come riserva di risorse’ che non possiamo permetterci di
esaurire
La definizione più famosa è quella del Rapporto Bruntland (1987) (documento rilasciato dalla
Commissione mondiale sull'ambiente e lo sviluppo (WCED): "sviluppo che risponde alle
necessità del presente, senza compromettere la capacità delle generazioni future di
soddisfare le proprie necessità“
Un’altra definizione “storica” è quella formulata nel 1991 in “Caring for the Earth: A Strategy
for Sustainable Living”: “il soddisfacimento della qualità della vita, mantenendosi entro i limiti
della capacità di carico degli ecosistemi che ci sostengono”. I concetti fondamentali dello
Sviluppo sostenibile. Sostenibilità: deriva dall’ambito scientifico e naturalistico, in cui si
definisce “gestione sostenibile” di una risorsa quella che prevede di utilizzare o prelevare la
risorsa (es. il legname tagliato in un bosco, il pesce pescato in una certa area...) senza
intaccare la sua naturale capacità di rigenerarsi. Sviluppo: Lo sviluppo è stato sempre
associato alla crescita del prodotto interno lordo (PIL) di uno stato, che misura la produzione
di beni e servizi valutati ai prezzi di mercato. Da qui anche la consueta distinzione fra paesi‘
sviluppati’ e paesi‘ in via di sviluppo ’o‘ sottosviluppati’.
Da una prima visione puramente economica, che poneva l’accento unicamente sul benessere
materiale dell’uomo, si è passati ad una seconda fase nella quale lo sviluppo viene valutato
anche in base ad una serie di variabili sociali (istruzione, sanità, diritti civili e politici, tutela
delle minoranze…) considerate fondamentali nel processo. Le tre componenti dello
sviluppo sostenibile: economia, società, ambiente Il World Summit on Sustainable
Development (WSSD) di Johannesburg (2002) ha riconosciuto nel concetto di Sviluppo
Sostenibile tre componenti, strettamente collegate tra loro: la sostenibilità economica, la
sostenibilità sociale e la sostenibilità ecologica. Lo sviluppo sostenibile: un pò di storia Lo
sviluppo sostenibile nasce intorno agli anni ’70 ’80: consapevolezza che il modello di
produzione e consumo delle società industrializzate non poteva essere considerato
compatibile con l’ambiente (causa l’eccessivo sfruttamento delle risorse naturali). Stoccolma
1972: Si tiene la prima importante conferenza che tratta i temi dello Sviluppo Sostenibile: la
United Nations Conference on the Human Environment. Principi: ● proteggere e migliorare
l'ambiente a favore delle generazioni presenti e future ● le risorse naturali devono essere
preservate attraverso un'adeguata pianificazione e gestione bisogna mantenere la capacità
della Terra di produrre risorse rinnovabili essenziali ● la conservazione della natura deve
avere un ruolo importante all'interno dei processi legislativi ed economici degli Stati ● lo
sviluppo economico e sociale è indispensabile ● bisogna arrestare le forme di
inquinamento che possano danneggiare gli ecosistemi in modo grave o irreversibile ● è
necessario tenere presente le situazioni ed i bisogni particolari dei paesi in via di sviluppo ●
cooperazione da parte di tutti gli Stati nell’affrontare i problemi ambientali. Tra i risultati
della Conferenza, nasce l’UNEP (United Nations Environmenta lProgramme) ovvero il
programma delle Nazioni Unite sui problemi ambientali con lo scopo di coordinare e
promuovere le iniziative ONU relative alle questioni ambntali. Rapporto Bruntland 1987.
28
Elaborato dalla Commissione Mondiale per l’ambiente e lo sviluppo (WCED, World
Commission on Environment and Development).
IlWCED concluse che ambiente e sviluppo non potevano essere considerate due sfide
separate: la Commissione abbracciò un tipo di approccio allo sviluppo che tenesse in
considerazione le relazioni esistenti a livello ambientale, economico, sociale e del mondo
tecnologico. Caring for the Earth 1991. Fornisce un ulteriore definizione dello Sviluppo
Sostenibile inteso come: “il soddisfacimento della qualità della vita, mantenendosi entro i limiti
della capacità di carico degli ecosistemi che ci sostengono. (Rio ecc vedi slide)
2015: ANNO DECISIVO Il MIUR con il Programma Operativo Nazionale Per la scuola–
competenze e ambienti per l'apprendimento 2014-2020 ha accolto le indicazioni europee con
il contributo a “fornire ad una crescita sostenibile, ovvero alla promozione di un’economia più
efficiente sotto il profilo delle risorse, più verde e più competitiva.”. L’apporto del PON Per la
scuola verte sulle esigenze connesse al settore istruzione e sulla necessita di affrontare le
sfide identificate nelle Raccondazioni specifiche del Consiglio Europeo al fine di promuovere
la qualità dei percorsi di istruzione e formazione in funzione dell’innalzamento e
dell’adeguamento delle competenze, che rappresentano f attori essenziali per il
perseguimento di una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva.“ . a.s 2015/2016
l'educazione ambientale diventerà una materia scolastica obbligatoria. Il passo successivo:
dedicare all'ambiente un'ora strutturale nel programma scolastico. Temi da trattare: Riciclo
dei rifiuti, Tutela del mare e del territorio, Biodiversità; Alimentazione sostenibile Infanzia fino
alla secondaria superiore grazie al progetto sviluppato dai ministeri dell'Ambiente e
dell'Istruzione volto a riconoscere all'educazione ambientale l'importanza che le spetta
rendendone l'insegnamento non più discrezionale, ma obbligatorio.
EDUCAREALLASOSTENIBILITÀ Il concetto di Sostenibilità, anche come elemento che
orienta la riforma, è totalmente assente nel documento La Buona Scuola. In realtà
l’educazione ambientale e per la sostenibilità è attualmente presente, anche se in modo
piuttosto marginale, all’interno dell’insegnamento “Cittadinanza e Costituzione”, e di fatto
lasciata all’opzionalità volonterosa dei docenti. Andrebbe calata in ogni disciplina scolastica,
quasi come un abito mentale, un filo conduttore che lega tutti gli insegnamenti, un
orientamento educativo patrimonio di ciascun docente, per far da timone al progetto formativo
del PTOF di ogni scuola. IMPORTANZA DELLE VISITE DI ISTRUZIONE Le visite di
istruzione dovrebbero essere frequenti e routinarie, per permettere il contatto diretto con
l’ambiente di vita dei ragazzi (quindi non solo quello naturale).
INTEGRAZIONETRAEDUCAZIONEFORMALE,INFORMALEENONFORMALE Nel
rafforzare l’autonomia scolastica va messa nel dovuto risalto la necessità di collegare le
scuole alle risorse territoriali, affinché ne possano usufruire in termini di formazione,
laboratori, interventi didattici, orientamento al lavoro. Le singole scuole, o reti tra esse,
potrebbero stringere deglia ccordi educativi con gli Enti che si occupano del benessere
dell'ambiente presenti sul territorio e prevede reattività non solo rivolte agli studenti, ma
anche alla cittadinanza, trasformandosi in un vero e proprio centro civico.
29
LA FORMAZIONE PERMANENTE DEI DOCENTI L’esigenza di una formazione permanente
per i docenti in servizio è pienamente condivisa, ma c’è bisogno di una progettualità formativa
ben studiata e organizzata, in modo da avere la possibilità di una verifica della formazione
stessa. E’ necessario che la formazione dei docenti sia orientata alla sostenibilità e affidata a
soggetti certificati per la loro serietà e competenza LE COMPETENZE Una buona scuola è
anche una scuola che non trasmette solo dati e nozioni, ma favorisce l’acquisizione di
competenze complesse, in particolare le competenze per l’esercizio della cittadinanza attiva
che vanno inserite continuamente nell’ambito di tutte le attività nella prospettiva
dell’apprendimento permanente. La capacità di aggiornamento, di costruire scenari, di
progettare, di connettere i contenuti, pensare in modo critico, sono alcune delle competenze
individuate dall’ONU e dalla sua Agenzia UNESCO, come competenze trasversali per
educare ad un futuro sostenibile. LA DIDATTICA LABORATORIALE Il potenziamento e la
valorizzazione dei “laboratori” è base essenziale per l’elaborazione dei concetti da
apprendere e per la formazione di una mentalità scientifica: con i l“fare” si ha un
apprendimento reale e consapevole. Anche la qualità degli spazi esterni è importante
costituendo occasione di esperienze educative e di socializzazione, per esempio di spazi
verdi con giardini e orti scolastici. LA CONNESSIONE CON IL MONDO DEL LAVORO Ci
vede d’accordo la connessione della scuola con il mondo del lavoro, ma occorre procedere
con un orientamento continuo anche verso le cosiddette professioni “verdi”. La green
economy può offrire molte opportunità di rilancio dell’economia e la creazione di nuovi posti di
lavoro, in particolare per i giovani, ma, per poter cogliere queste opportunità, servono per
corsi formativi adeguati e occasioni di crescita delle competenze dentro e fuori le scuole di
diverso ordine e grado. IL RUOLO DEL FORMATORE Il formatore che spesso si identifica
nella figura dell’insegante deve avere in mente il quadro completo del progetto che intende
seguire e deve curare in particolare l’aspetto inerente la disciplina garantendone
l’interconnessione e il coordinamento con altre figure di riferimento come i curatore e guide di
parchi e musei. In tale modo, la risposta alle domande suscitate nell’ambito del lavoro
programmato risulteranno interdisciplinari. Ciò significa essere in grado di formare puntando
sull’esperienza, la scoperta, l’analisi e la formulazione di ipotesi da verificare. L’analisi
avviene sulla base di due procedimenti: la deduzione, ovvero il procedimento logico che da
un principio generale o da un complesso di dati permette di ricavare una o più considerazioni
in essi contenute e l’induzione ovvero il procedimento logico che dalla constatazione di fatti
particolari permette di risalire ad affermazioni generali. I metodi di lavoro si possono
riassumere nel concetto di imparare facendo secondo una prassi mutuata della ricerca
scientifica che permetta la scoperta, l’avventura e l’indagine in campo.
31
I principi che regolano gli ecosistemi sono:
_L’energia fluisce attraverso gli ecosistemi in una direzione
_I nutrienti sono presenti in una quantità fissa sul pianeta: essi vengono costantemente riciclati in flussi
circolari interni (cicli biogeochimici) agli ecosistemi.
_Gli ecosistemi sono sistemi dinamici per quanto riguarda l’uso della materia e dell’energia.
Nelle trasformazioni biologiche della materia gli atomi di cui è costituita mantengono la loro integrità anche se
sono assemblati in nuovi composti e questi vengono in seguito demoliti. Si dice che gli atomi dei vari elementi
si spostano attraverso gli ecosistemi in cicli biogeochimici. Il flusso di energia attraverso gli ecosistemi sostiene
la vita ed è governato dalle leggi della termodinamica (due principi). L’energia non segue gli stessi principi della
materia; essa non è mai riciclata. Quando l’energia viene trasferita o trasformata una parte di essa assume una
forma non più utilizzabile.
Le piante devono ricevere energia in forma di luce. Gli animali per vivere devono avere energia (sotto forma di
legami chimici) che ottengono dal cibo.
Gli organismi ogniqualvolta utilizzano l’energia (luce o legami chimici), una parte di essa viene convertita in
calore. La Terra per quanto riguarda l’energia è un sistema aperto, riceve continuamente energia dal Sole. Le
piante e gli organismi fotosintetici convertono l’energia solare in energia chimica e la quantità totale di energia
non cambia (1^ legge della termodinamica). Quindi gli animali mangiano gli organismi fotosintetizzanti
utilizzando l’energia dei legami chimici dei loro composti organici per rimanere vivi.
Perché la vita permanga è richiesta sempre nuova energia luminosa.
Negli ecosistemi naturali l’energia trasferita da un organismo all’altro sotto forma di cibo viene in parte
accumulata nei tessuti viventi e in parte dissipata sotto forma di calore, con conseguente aumento di entropia.
Gli ecosistemi naturali sono sistemi aperti in cui la radiazione solare fornisce costantemente apporti energetici
in grado di contrastare l’aumento di entropia. Il flusso di energia attraverso gli ecosistemi terrestri inizia con
l’assorbimento delle radiazioni solari da parte degli organismi autotrofi.
33
(fra cellula e cellula) avviene attraverso il liquido interstiziale che si trova fra le cellule. Per
tale motivo negli animali di piccole dimensioni (platelmiti) o con due soli strati di cellule
(poriferi e cnidari) no hanno bisogno di apparati di conduzione. Negli altri animali, per il
trasporto da tessuto a tessuto e da organo a organo, è necessario un sistema di conduzione.
Un sistema di trasporto necessita di diverse strutture: un organo propulsore, muscolare, che
crea la spinta dei liquidi (cuore), un sistema di tubi (vasi) e delle valvole per impedire il
reflusso dei liquidi. I sistemi di trasporto si dividono in aperti, sono sistemi in cui in cui scorre
emolinfa (sangue e linfa) negli spazi interstiziali che rifornische gli organi che vi sono immersi
e chiusi con sistemi a vasi comunicanti che riportano il sangue al cuore. L’ossigeno ha una
bassa solubilità in una soluzione al massimo del 0,3%, non sufficiente alle necessità
metaboliche di animali di grandi dimensioni, per tale motivo, si utilizzano pigmenti
respiratori come l’emoglobina che legandosi all’ossigeno in modo reversibile aumentano
notevolmente (2%) la capacità di ossigeno trasportabile nel liquido. L’anidride carbonica,
non presenta invece problemi perché viene trasportata sottoforma di acido carbonico,
dissociato in ione bicarbonato, secondo la seguente reazione: CO2 + H2O H2CO3 H ↔ HCO3
Sostanze alimentari, sali, vitamine, cataboliti, ormoni non presentano problemi di
concentrazione nel trasporto e sono trasportati in soluzione. 3.3 diverse tipologie di trasporto
3.3.1 Sistemi di trasporto aperti – i molluschi gasteropodi e bivalvi. Nei molluschi il sistema
circolatorio è formato da un cuore con delle arterie principali. Il cuore riceve l’emolinfa
arricchita in ossigeno dalla branchia o dal polmone. L’emolinfa viene quindi pompata in zone
definite seni che circondano tessuti e organi. L’emolinfa rientra al cuore per aspirazione. Il
pigmento respiratorio si chiama emocianina ed è una metallo-proteina contente due atomi di
rame (che lega l’ossigeno). È incolore, diventa blu quando è legata all’ossigeno. 3.3.2 Sistemi
di trasporto aperti – gli artropodi. Negli insetti il sistema circolatorio è formato da un vaso
dorsale, diviso in cuore e aorta. Il cuore è un tubo a fondo cieco suddiviso da una serie di
restringimenti detti ostioli che impediscono il reflusso. L’emolinfa viene pompata
nell’emocele una cavità che circonda tessuti e organi. L’emolinfa rientra al cuore per
aspirazione.Il sistema circolatorio degli insetti, non trasportando ossigeno non possiede
pigmenti respiratori. Nei crostacei, il sistema è simile, tuttavia, essendo dotati di branchie,
l’emolinfa contiene l’emocianina. 3.3.3 Sistemi di trasporto chiusi – molluschi cefalpodi Nei
polpi, seppie e calamari, l’apparato circolatorie è costituto da un cuore (formato da un
ventricolo e 2‐4 atri a seconda della specie). Il sangue attraverso due arterie (aorta cefalica
e viscerale) raggiunge il resto del corpo. Il sistema venoso confluisce nel sistema renale e poi
in due cuori venosi che sono dilatazioni delle vene branchiali, dai quali il sangue torna al
cuore ossigenato. Oltre al pigmento emocianina, il sangue contiene delle cellule (amebociti)
che trasportano granuli di sostanze di escrezione. 3.3.4 Sistemi di trasporto chiusi – anellidi.
Negli anellidi (lombrichi, sanguisughe) l’animale riceve ossigeno per diffusione dalla pelle. Il
sistema circolatorio di tipo chiuso à composto da due lunghi vasi, uno dorsale e uno
ventrale che percorrono tutto il corpo. Ogni metamero è poi dotato di due vasi metamerici
collegati ai vasi principali, che si vascolarizzano sotto pelle per ricevere l’ossigeno e attorno
all’intestino per assorbire i nutrienti. Cinque vasi metamerici sono irrobustiti e fungono da
34
centrale di pompaggio. Il pigmento respiratorio principale è l’emoglobina. 3.4 il sistema
circolatorio dei vertebrati. Gli animali vertebrati posseggono tutti un sistema chiuso con cuore
e vasi sanguigni di tipo arterioso (sangue ossigenato) e venoso (sangue con anidride
carbonica). 3.4.1 il sistema circolatorio dei pesci. I pesci hanno un sistema circolatorio chiuso
semplice (un anello). Il cuore spinge il sangue alle branchie dove si ossigena, da qui,
attraverso l’aorta dorsale viene distribuito in tutto il corpo, poi rientra per la vena intestinale
che raccoglie i nutrienti, raggiunge il fegato e da qui di nuovo al cuore. 3.4.2 il sistema
circolatorio di anfibi e rettili. Anfibi e rettili hanno un sistema chiuso a circolazione doppia
incompleta (due anelli
un solo ventricolo). Il cuore riceve il sangue arterioso dai polmoni in un atrio e venoso,
proveniente dal corpo nell’altro atrio, poi il sangue si mescola nell’unico ventricolo che lo invia
nel resto del corpo. Tale sistema è poco efficace. Nelle diverse specie ha modificazioni sino a
renderlo quasi completo (con due ventricoli nei coccodrilli). 3.4.3 il sistema circolatorio uccelli
e mammiferi Uccelli e mammiferi hanno un sistema chiuso a circolazione doppia completa
(due anelli, due ventricoli).
37
23.Il sostegno negli essere viventi.Traccia una descrizione sintetica in
riferimento all' equilibrio forma-funzione.
I tessuti dei viventi, essendo composti da soluzioni liquide e membrane fosfolipidiche, sono di per sè molli,
quindi non in grado di mantenere la forma adatta allo stile di vita. Inoltre per gli animali sono necessarie delle
“scatole” a protezione degli organi vitali e degli elementi rigidi per dare appoggio alle strutture deputate al
movimento. Per tali motivi, gli organismi viventi si sono dotati di strutture rigide atte al sostegno dei tessuti. La
pianta è dotata a livello cellulare di una parete rigida esterna e di un vacuolo. Queste due strutture sono in
grado da sole di conferire sostegno a tessuti di piccoli dimensioni. Le pareti creando una specie di scheletro
esterno alla cellula e il vacuolo (mantenendo la pressione liquida) fungendo da scheletro idrostatico. A seconda
del tipo di habitus si distinguono diversi tessuti meccanici che conferiscono il sostegno. Negli animali i sistemi
che conferiscono rigidità sono di tre tipi a seconda dell’ambiente e stile di vita:
- Lo scheletro idraulico (idroscheletro): più funzionale in animali acquatici (cnidari - meduse e
polipi -, anellidi - lombrichi e sanguisughe -)
- L’esoscheletro: più funzionale in animali di piccole dimensioni, perché resiste meglio alla
flessione su piccole sezioni (molluschi, artropodi); Il cambiamento dell’esoscheletro (mute e metamorfosi)
porta l’insetto, dall’uovo fino all’adulto, ad affrontare diverse età che sono distinte dal nuovo esoscheletro e da
forme diverse.
- L’endoscheletro: preferibile in animali veloci e di grosse dimensioni che necessitano di leve
efficienti. In tutti e tre i tipi lo scheletro è una cosa pesante non vitale.
SOSTEGNO. I tessuti dei viventi, essendo composti da soluzioni liquide e membrane
fosfolipidiche, sono di per se molli, quindi non in grado di mantenere la forma adatta allo stile
di vita. Inoltre per gli animali sono necessarie delle “scatole” a protezione degli organi vitali
e degli elementi rigidi per dare appoggio alle strutture deputate al movimento. Per tali
motivi, gli organismi viventi si sono dotati di strutture rigide atte al sostegno dei tessuti. 2.1
il sostegno nelle piante. Innanzitutto, la pianta è dotata a livello cellulare di una parete rigida
esterna e di un vacuolo. Queste due strutture sono in grado da sole di conferire sostegno a
tessuti di piccoli dimensioni. Le pareti creando una specie di scheletro esterno alla cellula e il
vacuolo (mantenendo la pressione liquida) fungendo da scheletro idrostatico. A seconda del
tipo di habitus si distinguono diversi tessuti meccanici che conferiscono il sostegno. Secondo
l’habitus le piante si dividono in legnose ed erbacee. Le prime sono piante perenni che
sviluppano il fusto e la radice sia in lunghezza che in larghezza: alberi e cespugli (anche di
piccole dimensioni); le seconde sono piante perenni o annuali che tuttavia non hanno
sviluppo solo apicale. Alberi e cespugli si sostengono grazie ai tessuti di conduzione (legno -
funzionano solo il primo anno) le cui cellule, con pareti inspessite e arricchite in lignina e
spesso occluse tessuti morti di tipo meccanico. 2.2 il sostegno negli animali. Negli animali i
sistemi che conferiscono rigidità sono di tre tipi a seconda dell’ambiente e stile di vita:
scheletro idraulico (idroscheletro), esoscheletro ed endoscheletro. Lo scheletro è una
cosa pesante non vitale. L’endoscheletro è più funzionale in animali acquatici. L’esoscheletro
è più funzionale in animali di piccole dimensioni perché resiste meglio alla flessione su
piccole sezioni. L’endoscheletro è preferibile in animali veloci e di grosse dimensioni che
necessitano di leve efficienti. 2.3 tipologie di scheletro. 2.3.1 l’idroscheletro dei cnidari
38
(meduse e polipi). Il corpo delle meduse è composto da due soli tessuti esoderma ed
endoderma che formano una cavità gastrovascolare. Tra i due tessuti si trova una cavità
detta mesoglea che riempita di liquido, garantisce il sostegno del corpo in acqua (il corpo
delle meduse è composto dal 98% di acqua). 2.3.2 l’idroscheletro delgli anelledi (lombrichi,
sanguisughe). Anche animali terrestri come gli anellidi dispongono di un idroscheletro che è
costituito dalle cavità celomatiche (interno del corpo) che garantisce il sostegno. 2.3.3
esoscheletro dei molluschi. In tutti i tipi di molluschi, può essere presente un esoscheletro
calcareo (conchiglia) prodotto dal mantello che cresce a spirale. Nei bivalvi è piatta e divisa
in due valve e protegge il corpo. Nei gasteropodi e in rari cefalopodi (nautilus) è attorcigliata e
serve da riparo all’animale. 2.3.4 esoscheletro degli artropodi. Gli artropodi (insetti, aracnidi,
crostacei, miriapodi) dispongono di un esoscheletro rigido che sostiene il corpo. In questo
caso la crescita non è continua ma discontinua, l’animale deve operare delle mute per
assecondare l’aumento delle dimensioni del corpo. Quello che rimane del vecchio
esoscheletro, prende il nome di esuvia. (Negli insetti, l’esoscheletro è composto da cellule
che hanno il polimero chitina, presente nella parete cellulare dei funghi). 2.3.5 mute e
metamorfosi negli insetti. Il cambiamento dell’esoscheletro porta l’insetto, dall’uovo fino
all’adulto, ad affrontare diverse età che sono distinte dal nuovo esoscheletro e da forme
diverse. Lo sviluppo dell’insetto presenta quattro stadi: uovo, larva, ninfa o pupa e adulto. A
seconda del tipo di sviluppo si distinguono in due tipi. Eterometaboli: (cavallette, cimici,
cicale) alla schiusa dell’uovo sono già simili all’adulto eccetto per alcuni organi (ali) e organi
sessuali, gli etero metaboli non hanno stadi ben distinti e lasciano la tipica esuvia. Il terzo
stadio prende il nome di ninfa ed è attivo e mobile. Non ci sono cambiamenti nelle abitudini
alimentari. Olometaboli: (farfalle, formiche, api, coleotteri) gli stadi vitali sono nettamente
distinti per la forma dell’animale con profonde modificazioni; la fase intermedia (pupa) dove
avvengono enormi modificazioni impone un periodo di immobilità dove l’animale non assume
cibo, in alcuni casi è anche racchiuso in un bozzolo di seta. Anche le abitudini alimentari
cambiano tra larva e adulto. (Macaone: la larva (bruco) non vola, si muove lentamente e si
nutre di tessuti vegetali; la pupa è sessile (crisalide) e non si nutre; l’adulto ha una vita breve
vola e si nutre di nettare dei fiori) (Cavalletta: la larva non vola, si muove velocemente; la
ninfa è mobile e compaiono le ali; l’adulto è completamente sviluppato. In tutti gli stadi la
cavalletta si nutre di masse vegetali.).
40
funghi utilizzano un assorbimento diretto delle sostanze nutritive che entrano nelle ife (strutture cellulari)
fungine per mezzo dei sistemi precedentemente illustrati per il superamento della membrana cellulare. Gli
animali si nutrono di altri organismi viventi, vivi o morti, o parti di essi. Per tale motivo il processo di nutrizione
prevede una fase di assunzione del cibo, di disgregazione meccanica dei complessi, di digestione chimica,
assorbimento delle molecole digerite e infine di eliminazione delle scorie non utili all’alimentazione
(escrezione). Con riferimento alla nutrizione, a seconda del tipo di ambiente e di strategia ecologica, gli animali
si dividono in diverse categorie:
- Filtratori sessili: sono animali acquatici sessili (legati a un substrato).
- Filtratori pelagici: animali acquatici liberi in acqua.
- Consumatori di substrati: si nutrono del substrato dove vivono.
- Consumatori di masse alimentari: catturano prede, possono essere marini o terrestri
(carnivori, erbivori, onnivori).
- Succhiatori di liquidi: si nutrono di liquidi ricchi di sostanze nutritive (linfa delle piante o
sangue di altri animali). La disgregazione è una fase presente nei consumatori di masse alimentari, in alcuni
consumatori di substrati e in alcuni filtratori come le balene. Alla disgregazione meccanica del cibo servono
strutture specializzate come i denti, ventriglio degli uccelli, becco dei molluschi, ventriglio negli insetti e
lombrichi. La digestione può essere di diversi tipi:
- Extracellulare: poriferi (spugne)
- Attraverso un apparato digerente e tubo cieco: platelmiti (vermi piatti)
- Attraverso un apparato digerente a tubo aperto: molluschi gasteropodi (lumache) Gli animali
vertebrati, sono salvo rare eccezioni (balene – filtratori pelagici, pippistrelli vampiri, colibri – succhiatori di
liquidi) tutti consumatori di masse alimentari. A seconda del regime di alimentazione si dividono tre gruppi: - -
Erbivori: si nutrono di masse vegetali; hanno dentatura adatta alla masticazione, a volte presenza di diversi
stomaci con protozoi simbionti per la digestione della cellulosa, intestino e processo digestivo lento.- Carnivori:
si nutrono di altri animali: dentatura adatta al taglio, un solo stomaco ghiandolare, intestino corto e processo
digestivo veloce (eliminazione rapida di patogeni e tossine) - Onnivori: si nutrono sia di piante che animali.
L’uomo è un animale terrestre, consumatore di masse alimentari, onnivoro. L’apparato digerente è di tipo a
tubo aperto.
26. Cosa si intende con il termine rifiuto? In quali e quante categorie sapresti
classificarli?
È qualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o abbia l’intenzione o abbia
l’obbligo di disfarsi. Si intende qualsiasi sostanza od oggetto derivante da attività umane o da
cicli naturali, abbandonato o destinato all’abbandonato. Essere rifiuto non è quindi una
caratteristica intrinseca di un oggetto. Un prodotto può essere ancora funzionante, utile o
riparabile, ma essere abbandonato ad es. perché fuori moda o perché non soddisfa più le
richieste originarie. Quello dei rifiuti è diventato un problema ambientale molto grave sotto
diversi punti di vista. Dagli anni 60 in poi infatti si è avuto: l’aumento vertiginoso della
produzione dei rifiuti, dovuto in particolare alle abitudini legate alla società consumistica;
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l’aumento della tossicità per l’ambiente, dovuto al passaggio dalla società agricola a quella
industriale; la diminuzione delle possibili aree per il tradizionale smaltimento (la discarica) →
danni derivanti dai metodi di smaltimento, danni paesaggistici (accumulo incontrollato),
proliferazione di orditori, insetti (malattie); inquinamento delle falde dovuto ai percolati di
discariche; inquinamento dell’aria dovuto a cattivi odori e fumi. Strategie di risoluzione:
riciclare per riutilizzare, limitare la produzione pro-capite, limitare l’uso di discariche, utilizzare
i rifiuti a scopo energetico. 1. La gestione dei rifiuti avviene nel rispetto della seguente
gerarchia: prevenzione, preparazione per il riutilizzo, riciclaggio, recupero di altro tipo, per es
recupero di energia, smaltimento; 2. La gerarchia stabilisce, in generale, un ordine di priorità
di ciò che costituisce la migliore opzione ambientale. Nel rispetto della gerarchia, devono
essere adottate le misure volte a incoraggiare le opzioni che garantiscono il miglior risultato
complessivo, tendendo conto degli impatti sanitari, sociali ed economici, ivi comprese la
fattibilità tecnica e la praticabilità economica. Rifiuti urbani: rifiuti solidi urbani (RSU)( rifiuti
putrescibili provenienti da preparazione, elaborazione e conservazione alimenti vari, rifiuti non
ingombranti provenienti da fabbricati e da altri insediamenti civili in genere, rifiuti ingombranti
– beni di consumi durevoli, di arredamento, rifiuti di qualunque natura o provenienza giacenti
su strade ed aree pubbliche, spiagge, ecc). sono quelli provenienti dalle abitazioni, da latri
insediamenti civili (scuola, uffici, ecc) e dal piccolo commercio. Oggi rappresentano un
problema in quanto ogni cittadino produce 500Kg di rifiuti all’anno. È un problema di volume,
non di peso. Oltre il 70% viene smaltito usando le discariche che spesso sono esaurite e non
viene autorizzata la creazione di altre. Rifiuti urbani pericolosi: pile, farmaci scaduti,
contenitori di fitofarmaci, erbicidi, bombolette spray e contenitori di oli minerali, ecc, rifiuti
speciali (RS): residui derivanti da lavorazioni industriali, da attività agricole, artigianali,
commerciali, ecc, residui provenienti da ospedali, materiali provenienti da demolizioni,
costruzioni, scavi, ecc, veicoli a motore fuori uso, rimorchi e loro parti, residui di attività di
trattamento dei rifiuti e da depurazioni di fanghi, ecc. sono rifiuti speciali anche i rifiuti
ospedalieri. Rifiuti tossici e nocivi (RTS): rifiuti speciali che contengono o sono contaminati da
particolari sostanze, in concentrazione così elevata da costituire pericolo per lanostra salute
(arsenico, piombo, mercurio, ecc). rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE)
Raccolta differenziata dei RSU: i rifiuti vengono raccolti in base alla tipologia. Raccolta
differenziata di materiali pericolosi: pile, farmaci scaduti e oli esausti per evitare lo
smaltimento in discarica per RSU ed inquinare pericolosamente il percolato. PERCHÉ
RICICLARE: contenere della tassa comunale per gli RSU che i cittadini devono versare ogni
anno; rallentare il riempimento delle discariche dato che molte sono esaurite e la
realizzazione di nuove discariche sul territorio nazionale non viene praticamente autorizzato o
voluta dai cittadini; risparmio di materie prime (alberi, silice, bauxite, petrolio, ecc); utilizzare
meno sostanze inquinanti che entrano nei sistemi produttivi di diversi materiali e rilasciati
accidentalmente nell’ambiente; risparmio di energia elettrica e di conseguenza di combustibili
fossili dato che in Italia circa il 70% di E.E. si ottiene bruciando combustibili fossili (carbone,
petrolio, gas metano) che sono fonti di energia esauribili. Riciclare la carta: la carta non può
essere riciclata all’infinito ma solo sei o sette volte al massimo, dato che le fibre di cellulosa
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perdono la capacità di legarsi nel tempo, carta e cartone rappresentano il 24% in peso dei
RSU. La raccolta differenziata della carta in Italia è ancora bassa. Ad una quasi totale
raccolta per i maceri di provenienza industriale, si contrappone una modesta raccolta urbana.
Per valorizzare la raccolta della carta non ci devono essere materiali estranei che possono
danneggiare gli impianti o peggiorare la qualità della carta riciclata: materiali proibiti: metalli,
corde, vetri, materiali tessili, sintetici, legno, sabbia, immondizia; materiali impropri: carte e
cartoni cerati, bitumati, paraffinati ed oleati, trattati con colla, rivestiti con plastica, carta
carbone, carta da parati. Benefici: risparmio energetico, di materie prime, vantaggio
economico e vantaggio ambientale (meno volume in discarica e meno taglio di alberi).
Materie plastiche: sono vari tipi e sono modellabili dall’azione del calore e della pressione,
oltre a leggerezza e lavorabilità. Si va dalle resine naturali alle sostanze proteiche anche se la
maggior parte deriva dalla cellulosa e dalle resine sintetiche ricavate dal petrolio e dal
metano. Le plastiche sono macromolecole, cioè unione a catene lunghe e complesse
(polimeri) costruite con molecole più semplici (monomeri). Sono indistruttibili nei secoli. Di
solito i polimeri usati sono PET, PE, PVC, PP, PS. I simboli sono stampati sulle etichette.
(vedere slide) Riciclo: il processo può realizzarsi seguendo tre filoni: riciclaggio meccanico
(rilavorazione delle materie plastiche post-consumo per la produzione di altri manufatti),
riciclaggio chimico (in fase di studio e consiste nella rincoversione dei polimeri nei monomeri
d’origine – molto costoso) e recupero energetico per incerimento o pirolisi (si sfrutta l’alto
potere calorifico delle materie plastiche, rimangono rischi per la salute a causa di rilascio di
sostanze inquinanti). Benefici: risparmio energetico, di materie prime, vantaggio ambientale
(volume) ed economico (risparmio su costi di smaltimento). Frazione umida: scarti di animali
e vegetali perché molto umidi e per questo si presta per il riciclaggio. Il compost: frazione
umida più ossigeno→ si mineralizza. Viene usato per integrare la concimazione o come torba.
Vantaggi del compost: meno fertilizzanti con vantaggi economici ed ecologici, è solo
materiale organico di buona qualità (scegliere accuratamente le materie di base). Benefici
economici: se fatta vicino al luogo di produzione, anche a livello domestico e comunitario.
27. I RAEE rappresentano dei rifiuti molto importanti per la nostra società.
Traccia una breve descrizione di questi rifiuti e contestualizza il problema
derivante dal loro accumulo.
28. Quali sono i principali tipi di inquinamento? Fanne una breve descrizione.
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l monitoraggio dell’inquinamento mediante l’uso di organismi viventi prende il nome di Biomonitoraggio.
Esso si basa sulle variazioni ecologiche indotte dall’inquinamento, che si manifestano a tre livelli diversi:
-accumulo degli inquinanti negli organismi-modificazioni morfologiche o strutturali degli organismi
-modificazioni nella composizione delle comunità animali e vegetali
Come bioindicatori della qualità dell’aria possiamo utilizzare i licheni.
L’indice di purezza atmosferica (IAP) della stazione è dato dalla media aritmetica delle frequenze totali degli
alberi della stazione stessa.
Sostanze principali dell’inquinamento dell’aria:
- Ozono
- Monossido di carbonio
- Ossidi di azoto
- Anidride solforosa
- Particolato
- Composti organici volatili (VOCs)
27.Cos’è la vegetazione?
La vegetazione è l’insieme di piante o comunità vegetali presenti spontaneamente in un certo territorio e
coerenti ecologicamente con esso.
È una specie (animale o vegetale) dalla cui presenza o assenza è possibile dedurre qualche
caratteristica dell’ecosistema. Gli ecosistemi sia naturali che quelli condizionati dall’uomo
sono molto complessi e difficili da monitorare nei vari fattori. È una qualsiasi specie correlata
a determinati fattori ecologici, si preferisce limitare la scelta dei bioindicatori ad alcuni gruppi
la cui reattività ai fattori esterni è conosciuta o facilmente rilevabile e8 s. olivo per il clima
mediterraneo, la vite per quello submediterraneo, la trota per le acque ossigenate. Esempio di
utilizzo di bioindicatori in ecologia vegetale: le alghe come indicatori di qualità delle acque: la
presenza di Oscillatoria rubescens nel plancton d’acqua dolce è un segno di eutrofizzazione
oppure di Ulva rigida per le acque marine. Per es. lo studio della flora vascolare (felci,
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gimnosperme e angiosperme) fornisce indicatori di degrado ambientale attraverso la
diffusione di specie ruderali o in genere nitrofile.
Biomonitoraggio: è ill monitoraggio dell'inquinamento mediante l'uso di organismi viventi.
Esso si basa sulle variazioni ecologiche indotte dall'inquinamento, che si manifestano a tre
livelli diversi:
a) accumulo degli inquinanti negli organismi; b) modificazioni morfologiche o strutturali degli
organismi; frc) modificazioni nella composizione delle comunità animali e vegetali. Le
tecniche di biomonitoraggio seguono due principali strategie: a) bioindicazione, quando si
correla il disturbo ambientale a variazioni morfologiche, o a dati di biodiversità; b)
bioaccumulo, quando si sfrutta la capacità di certi organismi di assorbire ed accumulare
sostanze dall'atmosfera.
ci sono in natura degli elementi che ci aiutano a capire se l’aria e’ inquinata e quanto lo
è?
Sono i licheni,sentinelle dell’aria Ai bambini sono state spiegate le principali caratteristiche:
ECOLOGIA DEI LICHENI, per avere così gli strumenti necessari alla ricerca sul campo e al
loro riconoscimento. I licheni sono degli ottimi indicatori della qualità ambientale, cioè dei
bioindicatori. Classificazione dei licheni: crostosi, fogliosi, gelatinosi, fruticosi. Come
eseguire il BIOMONITORAGGIO: Si possono scegliere diverse aree di studio per esempio il
centro cittadino, la zona periferica e una o più aree di campagna. Il passo successivo
consiste nella scelta delle stazioni di rilevamento, ciascuna delle quali deve essere composta
da un massimo di 4 a un minimo di 2 alberi della stessa specie e ravvicinati tra loro, scelti tra
quelli che presentano la maggiore copertura lichenica. ATTENZIONE: Non tutti gli alberi,
però, possono essere utilizzati per il biomonitoraggio lichenico. NON VANNO BENE:
Betulla (Betulaspp.), Ippocastano (AesculusHyppocastanus), in quanto, con la crescita,
perdono gli strati superficiali della scorza; tutte le specie di conifere, poiché hanno una scorza
molto acida, inadatta alla crescita della maggior parte delle specie licheni che di pianura.
Le caratteristiche devono essere le seguenti: • Il tronco deve essere perfettamente verticale e
deve avere una circonferenza minima di 70-80 cm, in modo che la lettura con il reticolo possa
ritenersi corretta; • Il tronco non deve presentare ferite, bitorzoli o scanalature; • Non devono
essere stati effettuati trattamenti antiparassitari o verniciature del tronco; • Non ci deve essere
una forte presenza di muschio; • Gli alberi devono essere il più possibile isolati. Si utilizza un
reticolo di 30X50 cm suddiviso in otto maglie. Il reticolo può essere costruito con vari materiali
(canne, asticelle in legno o plexiglass, fili di lana, spag o oaltro), l’importante è che sia
abbastanza plastico da potersi adattare facilmente alla forma del tronco. Il reticolo deve
essere posizionato su ogni albero della stazione a un’altezza di circa 100-120 cm dal suolo,
sulla parte del tronco che presenta la massima copertura di licheni; per ciascuna specie
lichenica, occorre rilevare la frequenza (in quanti rettangoli del reticolo compare la specie, se
una specie lichenica è presente con più individui all’interno di uno stesso rettangolo,la si
conta comunque una volta soltanto). La frequenza di ogni specie potrà quindi variare da 1 a
10. Si può cercare di classificare i licheni aiutandosi con le immagini da internet oppure
semplicemente scattando una foto e dando un nome fittizio che ne descriva la forma o il
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colore; inserendola comunque nella scheda con la relativa frequenza e cercando di riportarla
con lo stesso nome anche nelle schede degli altri alberi sui quali viene eventualmente
ritrovata. ESEMPIO: il primo albero considerato presenta 5 specie diverse di licheni • La
specie 1 è presente in 5 rettangoli, la sua frequenza è quindi 5.La specie 2 è presente in 1
rettangolo, la sua frequenza è quindi 1.La specie 3 è presente in 6 rettangoli, la sua
frequenza è quindi 6.La specie 4 è presente in 3 rettangoli, la sua frequenza e’ quindi 3.La
specie 5 è presente in 4 rettangoli, la sua frequenza è quindi 4. • si sommano le frequenze di
tutte le specie licheniche individuate e si ottiene la frequenze totale dell’albero considerato; in
questo caso è 19.
È possibile costruire delle tabelle mettendo al posto del nome della specie un simbolo che
rappresenti quel lichene
Indice di purezza atmosferico : IAP L’indice di purezza atmosferica della stazione è dato
dalla media aritmetica delle frequenze totali degli alberi della stazione stessa.
I nostri riferimenti (dipendono dalla regione in cui si opera) (tabella in slide 18 dei
bioindicatori)
Obiettivi del percorso didattico:
Alla fine dell’attività gli studenti avranno capito: - come la qualità dell'aria influenza gli
organismi viventi; - come alcuni organismi viventi possono essere utilizzati per lo studio della
qualità dell'aria; - il modo di studiare l'inquinamento atmosferico; - la diretta influenza delle
attività umane sull'ambiente.
LA TEORIA DELL’EVOLUZIONE
● Ci sono tante prove che dimostrano che l’evoluzione esiste, ma… ● Come funziona
l’evoluzione? In che modo ha agito e in che modo continua ad agire?
Da un antenato comune, per variazioni, selezione naturale e adattamenti si sono originati tutti
gli organismi viventi.
La teoria dell’evoluzione di Darwin
1. Potenziale riproduttivo: gli organismi generano più figli di quanti ne possano
effettivamente sopravvivere
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2. Lotta per la sopravvivenza: gli organismi competono per le risorse e il n° degli individui
che sopravvivono è inferiore al n° degli individui che nascono
3. Variabilità di caratteri: in ogni popolazione ci sono numerose differenze tra gli individui,
alcune delle quali ereditabili
4. Sopravvivenza dei più adatti: gli individui che possiedono caratteri più favorevoli
all’ambiente, sopravvivono:
SELEZIONE NATURALE → Il risultato della selezione naturale è l’ADATTAMENTO
La genetica delle popolazioni
• Darwin ignorava i meccanismi che sono alla base della variabilità genetica e della
trasmissione dei caratteri ereditari: questo costituì un grande ostacolo per l’accettazione della
sua teoria
• Lo sviluppo della genetica, da Mendel in poi, ha consentito di superare questo ostacolo
• La genetica delle popolazioni studia in che modo l’intero patrimonio genetico di una
popolazione si trasmette da una generazione all’altra
• Viene quindi formulata la ‘nuova sintesi evolutiva’
Teoria Sintetica dell’evoluzione
L’ EVOLUZIONE È
• Cambiamento nella frequenza dei geni(alleli) da una generazione all’altra
• L'evoluzione è il risultato dell'accumulo nel tempo di questi cambiamenti (DISCENDENZA
CON MODIFICAZIONI)
La variabilità genetica
Le variazioni tra individui presenti in ogni popolazione naturale sono il substrato di base del
processo evolutivo. Non sono prodotte né dall'ambiente, né da una forza creatrice né da un
impulso inconscio dell'organismo. In sé le variazioni non hanno né scopo né direzione, ma
possono essere più o meno utili ad un organismo per la sua sopravvivenza e la sua
riproduzione.
Origine della variabilità genetica LE MUTAZIONI
Frequenza degli errori di appaiamento: meno di un nucleotide su 1 miliardo. Se le mutazioni
interessano i gameti, si trasmettono alle successive generazioni, modificando il pool genico.
Incremento della variabilità genetica LA RIPRODUZIONE SESSUATA
- Distribuzione casuale dei cromosomi omologhi alla meiosi. Nell’uomo, il numero totale di
combinazioni di cromosomi nei gameti è 8x106.
- Combinazione casuale di due differenti genomi con la fecondazione. Nell’uomo le possibili
combinazioni sono circa 64x1012.
- Crossing over nella meiosi e ricombinazione genetica. Nella nostra specie avvengono da 1 a
3 eventi di crossing over per coppia di omologhi.
LE PROVE DELL’EVOLUZIONE
1. Prove paleontologiche
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2. Somiglianze anatomiche e di sviluppo • analogie • omologie • organi vestigiali •
embriologia
3. Universalità del codice genetico
4. Distribuzione geografica delle specie
Di chi è questa “mano” ?
Organi omologhi:
organi con la stessa origine evolutiva
Di chi è questa “mano” ? Di una balena!!! E’ un mammifero che è tornato in acqua! La balena
ha anche le ossa del bacino ed il femore. (Organi vestigiali = resti di organi utilizzati nel
passato dalle specie antenate e che ora non hanno più alcuna funzione.
- Coccige nell’uomo
- Appendice nell’uomo
- Resti delle ossa del bacino e di un femore conservati nelle balene e nei serpenti
Embriologia comparata
La somiglianza fra gli embrioni di diversi animali tende a decrescere con il progredire dello
sviluppo ed è tanto più evidente quanto più le specie sono imparentate.
→ Gli embrioni dei vertebrati presentano tutti delle fessure branchiali che nei pesci daranno
vita alle branchie vere e proprie, nei vertebrati terrestri a delle ghiandole (paratiroidi e timo).
(Può significare una discendenza comune di tutti i vertebrati da un medesimo antenato.)
Biologia molecolare
E’ una delle prove più importanti a favore della teoria evoluzionistica
• La teoria della discendenza comune da ‘una qualche forma primordiale’ trova conferma
nell’universalità del DNA e del codice genetico.
• Alcuni geni vengono utilizzati come ‘orologi evoluzionistici’ perché misurano la distanza
‘temporale’ tra una specie e l’altra
FATTORI CHE ALTERANO LE FREQUENZE ALLELICHE
• Selezione naturale
• Selezione sessuale
LA SELEZIONE NATURALE
Una variazione casuale che dà ad un organismo un vantaggio, per quanto lieve, lo rende più
idoneo a lasciare una progenie in grado di sopravvivere più facilmente e di trasmettere quello
stesso vantaggio ai propri discendenti. La selezione naturale è l'interazione tra i singoli
individui e il loro ambiente e nel corso di parecchie generazioni fornisce una direzione (?)
all'evoluzione.
DIREZIONALITÀ? Evoluzione convergente
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LA SELEZIONE SESSUALE
Per trasmettere i propri geni alla generazione successiva è necessario anche essere
sufficientemente forti e/o attraenti per trovare partner disponibili ad accoppiarsi.
- La lotta per il successo riproduttivo ha quasi sempre a che fare con i maschi che entrano in
competizione tra loro per fecondare il maggior numero di femmine.
- Tuttavia è la scelta operata dalle femmine determina un aumento degli alleli dei maschi
‘favoriti’.
• Nella maggior parte delle specie animali i maschi sono di piccole dimensioni, per spostarsi
rapidamente.
• Altre volte, devono difendere il territorio dai rivali
→ ARMAMENTI (palco dei cervi, collo della giraffa).
• Molto spesso è proprio la bellezza a sedurre una femmina
→ ORNAMENTI (folta criniera del leone, piumaggio colorato degli uccelli, lunga coda del
pavone)
Il conflitto sessuale genera caratteristiche che sembrano in netto contrasto con il vantaggio e
gli interessi degli individui che le esibiscono, limitandone ad esempio i movimenti e la fuga dai
predatori.
PERCHE’ LE MALATTIE GENETICHE? Anemia falciforme
Omozigote HbS – HbS… non sopravvive
Eterozigote Hb - HbS→ Gli eterozigoti hanno sia emoglobina normale che emoglobina S. In condizioni
di normale ossigenazione l’emoglobina S non produce la forma a falce quindi non dà i sintomi della
malattia. Quando diminuisce l'ossigeno tuttavia, l'emoglobina S fa assumere ai globuli rossi la forma a
falce anche nell'eterozigote.
Anemia falciforme e Malaria Vantaggio dell’eterozigote: ha causato l’espansione
dell’anemia falciforme nelle zone in cui la malaria è endemica
Le mutazioni Alcune mutazioni che interessano i gameti sono negative e generano effetti
svantaggiosi per l’individuo, ma …
L’evoluzione non …
… NON spiega l’origine dell’Universo e della vita
… NON si interessa del trascendente, di “dei” vari
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• La storia successiva è stata in gran parte un processo di eliminazione più che di fioritura
continua, di progresso o di espansione.
ESTINZIONI
I MAMMIFERI SOPRAVVISSERO PER UN REALE SUPERIORITÀ SUI DINOSAURI?
Piccola mole e scarsa specializzazione ecologica: perenne incapacità di competere
efficacemente con i dinosauri (carattere negativo) ESTINZIONE DEI DINOSAURI Piccola
mole e scarsa specializzazione ecologica maggiore resistenza all’estinzione e maggiori
possibilità di nascondersi (carattere positivo)
CONCLUDENDO …
L’evoluzione non è un processo progressivo, dal più semplice al più complesso, dal
“peggiore” al “migliore”. Si può individuare la tendenza a un graduale aumento del livello di
complessità degli organismi, ma questo non la tendenza prevalente né la sola. L’evoluzione
non tende ad un fine, né conduce necessariamente a forme di vita superiori. L’evoluzione non
è semplice frutto del caso: il cambiamento degli esseri viventi è un effetto di mutazioni
genetiche, di deriva genetica e di fatti ecologici sottoposti all’azione della selezione naturale.
Nel mondo prevalgono gli animali “semplici” adattati al loro ambiente quanto lo siamo noi al
nostro e molto più facilmente adattabili.
Fu il filosofo H. Spencer a diffondere i termini “evoluzione” e “sopravvivenza del più adatto”;
Darwin aveva usato una espressione più neutrale: “discendenza con modificazioni”.
“Anche se l'umanità razionale accetta l'evoluzione come un fatto, la maggior parte di noi
ancora non è disposta ad abbandonare la confortante idea che evoluzione significhi (o
perlomeno non possa avvenire senza) progresso, il che rende la comparsa di qualcosa come
la coscienza umana pressoché inevitabile, o perlomeno prevedibile. La rivoluzione darwiniana
non sarà completa fino a quando non abbandoneremo, come principi fondamentali, il
progresso e lo sviluppo di una complessità sempre maggiore, e cominceremo a tenere in
considerazione la possibilità tutt'altro che remota che Homo sapiens sia solamente un
minuscolo ramoscello tardivo di quell'enorme cespuglio arborescente che è la vita: una
piccola gemma che, quasi certamente, non riuscirebbe a comparire una seconda volta se si
potesse ripiantare il cespuglio partendo dal seme e lasciarlo crescere di nuovo”. S.J.Gould
EDUCAZIONE AMBIENTALE
EA=insegnare, istruire in merito alla tematica ambiente. Finoaglianni60:tutela della natura;
insegnamento riguardante le Scienze (disciplinarietà).Tutela dell’ambiente (inteso come il
verde, la natura, i boschi il prato.....).Metodo trasmissivo e passivo.
Negli anni seguenti: si evidenzia la necessità di un atteggiamento attivo nella tutela della
natura.
1993, Bachiorri, Moroni: Trasversalità e d interdisciplinarietà nell’EA. Discipline quali la Storia,
L’antropologia, la Filosofia, la Letteratura diventano essenziali.
circolaren.149/1996 (La Ferla) del Ministero della Pubblica Istruzione, dove si proponeva
un’EA come collegamento tra natura e cultura. 1997, “Carta dei principi per l’educazione
ambientale”, Fiuggi, elaborata dal Ministero della pubblica istruzione e Ministero
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dell’ambiente. Propone orientamenti per la ricerca, la riflessione, il confronto, sottolineando
l’importanza della diffusione, qualificazione e socializzazione delle scelte pubbliche volte allo
sviluppo sostenibile. Educazione Ambientale orientata allo sviluppo sostenibile e
consapevole. 2000: Prima conferenza nazionale dell’EA, Genova. Ribadisce l’importanza e la
necessità dell’educazione alla sostenibilità per la formazione di “cittadini capaci di
progettazione partecipata e di realizzazione di sviluppo sostenibile sul territorio” maggio
2005: Strategia UNECE per l'educazione allo sviluppo sostenibile. E' stata approvata dai
Ministri dell’ambiente e dell’istruzione dei Paesi dell’area UNECE nel corso della conferenza
di Vilnius. Dagli anni ’90 ad oggi: nascono reti interne e/o esterne; vengono elaborati
progetti da più scuole con la collaborazione di enti locali, Centri di Educazione Ambientale,
aree protette, ARPA, Università associazioni. Programma INFEA (2000): Informazione
Formazione e Educazione Ambientale, sistema nazionale approvato dalle regioni. Nasce su
iniziativa del Ministero dell'Ambiente, ed è finalizzato a diffondere sul territorio strutture di
informazione, formazione e educazione ambientale. Nascono i centri di coordinamento
(CREA), i Laboratori territoriali e i Centri di Esperienza (CEA), viene istituito un archivio
nazionale per la documentazione e ricerca nell’EA (ANDREA), per la promozione ed il
coordinamento di iniziative e di formazione, di campagne di sensibilizzazione dei cittadini, di
progetti di educazione ambientale tra più scuole. Il LaREA è stato istituito nel 1997 dal
Programma Triennale per la Tutela Ambientale 1994-1996 del Ministero dell'Ambiente.
Gestito dalle Università di Udine e di Trieste, ha operato fino al marzo 2000 per conto della
Regione Friuli Venezia Giulia, Direzione dell'Ambiente. Il LaREA è la struttura regionale di
riferimento delSistema Nazionale INFEA. 2009: il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e
della Ricerca: LINEE GUIDA PER L’EDUCAZIONE AMBIENTALE E ALLO SVILUPPO
SOSTENIBILE
Tendono a valorizzare quanto previsto dalle Indicazioni curricolari
L’Educazione Ambientale vs Educazione allo Sviluppo Sostenibile (ESS)
L’EA si è evoluta nel tempo per arrivare al più ampio concetto di Educazione allo Sviluppo
Sostenibile (ESS).
CLIMA E SUOLO
L’ecosistema è influenzato in particolare dal clima. Il clima è l’andamento medio a lungo
termine del tempo (combinazione di vari elementi quali temperatura, umidità, precipitazioni,
vento, nuvolosità e di altre condizioni atmosferiche).
FATTORI DEL CLIMA: i fattori del clima sono distinti in due gruppi: quelli cosmici e quelli
geografici. I fattori influenzano gli elementi del clima. Fattori cosmici: movimenti astronomici
di rotazione e rivoluzione della terra, con conseguente variazione nell’incidenza dei raggi
solari. Fattori geografici: latitudine, altitudine, distribuzione delle terre e dei mari, correnti
marine, circolazione masse d’aria, vegetazione, attività umane. ELEMENTI DEL CLIMA
Gli elementi climatici sono delle grandezze fisiche misurabili, la cui misurazione viene
effettuata per mezzo di opportuna strumentazione da parte delle stazioni meteorologiche e
sono: temperatura; umidità; pressione; intensità e durata della radiazione solare;
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precipitazioni; nuvolosità; vento (velocità, direzione, raffiche). Uno degli elementi che
determina le caratteristiche del clima in una data area della terra è la radiazione solare che
giunge sulla terra sotto forma di radiazioni di varia lunghezza d’onda. La radiazione
elettromagnetica emessa dal Sole copre un ampio intervallo di lunghezze d’onda.
La radiazione solare risulta costituita per una metà da radiazioni visibili e per l’altra metà da
radiazioni non visibili, distribuite nell’infrarosso e nell’ultravioletto. Della radiazione solare che
raggiunge il limite superiore dell’atmosfera, il 30% viene riflesso e disperso nuovamente
nello spazio dalle nuvole e dall’atmosfera (26%) e dalla superficie terrestre (4%). Un ulteriore
19% viene assorbito dall’atmosfera e dalle nuvole. Alla fine comunque il bilancio delle
radiazioni (energia persa dalla terra e quella acquisita) della Terra è in equilibrio. La luce
visibile è solo una piccola parte dell’intervallo di radiazioni solari che raggiungono l’atmosfera
terrestre: tra 400 e 700 nm (un nanometro è un miliardesimo di metro).
La luce visibile viene anche detta radiazione foto sinteticamente attiva PAR, perché
comprende lunghezze d’onda che le piante usano come fonte di energia nel processo di
fotosintesi.
Lunghezzed’ondapiùcorte:luceultravioletta(UV).
UV-Ada315a380nm
UV-Bda280a315nm
La radiazione con lunghezza d’onda più lunga del visibile è l’infrarosso: infrarosso vicino
comprende lunghezze d’onda comprese tra 740 e 4000 nm, infrarosso lontano o
RADIAZIONE TERMICA tra 4000 e 100000 nm.
● la quantità e durata delle radiazioni solari sulla terra dipendono principalmente da fattori
geografici come la latitudine e da fattori “locali” come le condizioni atmosferiche e l’orografia
(esposizione, ostacoli orografici....)
La radiazione solare varia stagionalmente. L’energia solare intercettata dalla Terra varia con
la latitudine. La Terra è soggetta a due movimenti: orbita attorno al Sole su un piano detto
eclittica e ruota attorno ad un asse passante per i Poli che non è perpendicolare all’eclittica
ma è inclinato di ,5°. Questa inclinazione determina le variazioni stagionali nella temperatura
e nella lunghezza del giorno.
equinozio di primavera e di autunno: la radiazione solare incide direttamente sull’Equatore.
Solstizio d’estate 22 giugno
Solstizio d’inverno 22 dicembre
Le variazioni stagionali della radiazione solare della temperatura e della lunghezza del giorno
aumentano con la latitudine. Questo pattern di esposizioni variabili alla luce solare controlla le
temperature medie annue sulla Terra. Come la radiazione solare così anche la temperatura
decresce dall’Equatore ai Poli. La pressione atmosferica (forza esercitata dal peso dell’aria
sulla terra) diminuisce con l’altitudine. Infatti consideriamo una colonna di aria sopra una
superficie, la pressione in ogni punto della colonna può essere misurato come massa totale
d’aria sopra quel punto. Se ci spostiamo in altezza la massa d’aria sovrastante si assottiglia e
perciò la pressione diminuisce. La pressione atmosferica viene misurata col barometro ed
espressa in millibar (1mb).
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A causa della pressione maggiore, a livello della superficie della terra la densità dell’aria
(numero di molecole per unità di volume) è più elevata. Anche la temperatura diminuisce con
l’altitudine ed è detto gradiente termico ambientale; due i motivi: 1) la densità dell’aria
diminuisce (maggior densità = maggiori collisioni = maggior calore); 2) diminuisce l’effetto
riscaldante della terra (il calore emesso dalla Terra riscalda l’aria sovrastante) Il variare delle
temperatura con l’altitudine non è costante. Un altro elemento importante del clima è
l’umidità dell’aria: nell’atmosfera a seconda della temperatura può essere contenuta una
percentuale variabile di vapore acqueo. Umidità assoluta: quantità d’acqua in un dato
volume d’aria Umidità relativa: rapporto espresso come % tra la quantità reale del vapore
acqueo (v) e la quantità massima (cioè a saturazione) che il volume d'aria può contenere
nelle stesse condizioni di temperatura e pressione.
Le precipitazioni presentano una caratteristica distribuzione globale, che deve tener conto
della distribuzione e degli andamenti della temperatura, dei venti e delle correnti oceaniche.
Le precipitazioni sulla terra non sono distribuite uniformemente. Esaminando le variazioni
nelle precipitazioni medie con la latitudine emerge un andamento globale: sono più
abbondanti nella zona equatoriale e diminuiscono spostandosi a Nord e a Sud in modo non
continuo. La quantità delle precipitazioni viene misurata mediante il pluviometro: un recipiente
la cui apertura ha superficie nota, con cui si stabilisce la quantità di precipitazioni che cadono
nell’unità di superficie (espressa in l/m 2 oppure in mm/m2). Le precipitazioni solide come
neve grandi ne vengono fuse e misurate con le stesse modalità. Per le precipitazioni così
come per le temperature si assume come riferimento la misurazione giornaliera. Poi si
calcolano le quantità relative al mese e all’anno. In base a questi valori durante l’anno è
possibile caratterizzare il regime delle precipitazioni che è molto diverso a seconda delle
regioni climatic.
●i fattori climatici assieme a quelli edafici sono quelli che condizionano maggiormente la vita
e la distribuzione delle piante
Le piante e l’ecosistema autoecologia: studio sul singolo organismo (pianta) Sinecologia:
scienza che studia i rapporti tra associazione vegetale e fattori ambientali, tali fattori sono
fondamentalmente quattro: climatici; topografici; edafici (del terreno); biotici (animali, funghi,
batteri)
SINECOLOGIA: il clima. Macro clima o clima regionale: clima di un'intera regione
caratterizzata da grandi elementi orografici e geografici simili (distanza dagli oceani, grandi
catene montuose, latitudine). Mesoclima, clima locale o topoclima: clima specifico di una
particolare zona. È considerabile come una variazione del macro clima dovuta agli influssi di
elementi locali: laghi, fiumi, elementi orografici (versanti nord o sud di una vallata), ma anche
biotici (una foresta piuttosto che i campi coltivati). Microclima: clima ristretto ad ambienti molto
limitati e quasi sempre facenti capo a elementi biotici (chioma degli alberi, quello del terreno a
livello di un cotico erboso, del sottobosco, di una valletta nivale, dolina ecc).
Il clima: la radiazione luminosa Fattore fisico: apporto energetico costante di 1,38 kj/m2.
Specie eliofile: sono favorite da alte intensità luminose e luce diretta del sole.
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Specie sciafile (ombrofile): prediligono basse intensità luminose, non amano la luce diretta del
sole.
Il clima: la temperatura Principale fattore di crescita per le piante e fattore determinante
nella costituzione delle associazioni (comunità di piante)
minime -40°C
optimum 10°C notturni 40°C diurni
Le temperature minime, sono quelle che maggiormente influiscono sulla sopravvivenza della
specie (gemme svernanti, gelate alla fioritura, periodi vegetativi troppo brevi ecc.).
Il clima: precipitazioni ed umidità dell’aria L'acqua è elemento indispensabile per la vita e
le piante si sono adattate in ambienti più o meno piovosi e con più o meno disponibilità
d'acqua nel terreno. Le piante si dividono in diversi gruppi a partire dagli adattamenti al
fabbisogno idrico: 1. idatofite: piante acquatiche; 2. igrofite:piante amanti l'umidità; 3.
mesofite: piante non tolleranti né l'eccesso d'acqua, né l'aridità; 3. xerofite: piante che vivono
in ambienti aridi.
Il clima: precipitazione In Italia, a partire dal regime pluviometrico il clima si divide in:
a) continentale, con precipitazioni massime all'inizio dell'estate (valli alpine); b)prealpino, con
precipitazioni massime in primavera e inizio dell'autunno (pianura Padana e Prealpi)
c) mediterraneo, caratterizzato da siccità estiva e precipitazioni distribuite dall'autunno alla
primavera (tutta la penisola e le isole); d) appenninico, con precipitazioni abbondanti
dall'autunno alla primavera e sporadiche estive.
Il clima: l’umidità dell’aria Importante per l’equilibrio idrico della pianta (traspirazione).
Il clima: il vento Rotture meccaniche sulle piante e mutamenti nel portamento. Importante
alcuni tipi di dinamiche vegetazionali: 1. Spiagge: movimenti della sabbia e formazione delle
dune 2. Coste rocciose:aerosol marino 3. Creste ventose (Carso): impedimento nella
formazione della vegetazione arborea con formazione di praterie primarie 4. Creste alpine:
formazione di particolari tipi di associazione 5 Spostamento di cumuli di neve sulle pareti
rocciose
SUOLO sopra la roccia in alterata (regolite) si trova una coltre di materiali clastici dovuti
all’alterazione di queste rocce che rappresenta il primo passo verso la formazione del suolo
non appena l’evoluzione del materiale crea le condizioni per ospitare una comunità biologica
(vegetale o animale) ha inizio il processo di formazione del suolo (pedogenesi)
● alterazione meccanica (fisica): interazione di diverse forze (vento, temperatura, acqua) che
sfaldano e frantumano la roccia. Non alterano la sua composizione.
● alterazione chimica: alterano la composizione e sono guidati dall’acqua (ossidazione,
riduzione.....)
● alterazione biotica: piante, animali, funghi, batteri concorrono alla formazione del suolo in
modo attivo e passivo (apporto di sostanza organica morta)
● per es. i licheni: frantumano la roccia con azione fisica e chimica, assorbono nutrienti,
apportano residui oragnici.
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● nel corso del tempo i cambiamenti che avvengono sulla superficie determinano la
formazione di strati orizzontali che si differenziano per le loro carteristiche fisiche, chimiche e
biologiche.
● questa struttura a livelli orizzontali orizzonti si osserva in corrispondenza di tagli nel terreno
eseguiti per costruire strade o edifici
SUOLO: profilo ● Il profilo comprende 4 orizzonti: O, A, B, C ● strato superficiale: orizzonte
O (strato organico): materiali vegetali in parte decomposti (foglie, aghi, ramoscelli, muschi,
licheni). A sua volta si può suddividere: strato superficiale i foglie e rametti, strato centrale con
tessuti vegetali in parte degradati e uno strato basale composto da materiale organico
omogeneo di colore marrone scuro-nero: strato dell’humus.
● orizzonte A: orizzonte in gran parte minerale (derivante dalla roccia). La lisciviazione
(movimento di soluti attraverso il suolo) porta l’humus derivante dallo strato O che gli
conferisce un colore più scuro rispetto agli strati sottostanti. Con la lisciviazione anche le
particelle più fini (argilla) sono portate verso il basso ● orizzonte B: contiene meno sostanza
organica rispetto all’orizzonte A, zona di deposizione e accumulo di particelle minerali come
argilla e Sali che provengono dalla lisciviazione dell’orizzonte A. ● orizzonte C: materiale non
consolidato, costituito dal materiale originale da cui il suo lo si è sviluppato sotto si trova la
roccia madre.
SUOLO: caratteristiche distintive colore: la sostanza organica rende il suolo scuro, altri
colori possono indicare la composizione chimica delle rocce e dei minerali a partire dai quali
si è formato il suolo (es. ossidi di ferro: colore giallastro-marrone al rosso); tessitura:
composizione granulometrica (dimensioni delle particelle:ghiaia, sabbia, limo e argilla).Ghiaia:
particelle più grandi di 2 mm; sabbia: dimensioni da 0,05-2 mm 8 particelle visibili a occhio
nudo e al tatto ruvide); limo:0,05 -0,002 (riconosciute a malapena a occhio nudo, aspetto
della farina anche al tatto); argilla: particelle più piccole di 0,002 mm (troppo piccole anche
per essere viste al microscopio). La tessitura è data dalla percentuale delle varie componenti.
SUOLO: caratteristiche distintive porosità: è influenzata dalla tessitura. Consente il
movimento di aria e di acqua nel suolo.
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