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Amor, Amor-Iesù descideroso,

Amor, voglio morire te abracciando,


Amore, Amor-Iesù, dolce meo sposo,
Amore, Amor, la morte t’ademando,
Amore, Amor-Iesù, sì delettoso,
tu me t’arènni en te me trasformando!
Pensa ch’eo vo pasmanno, Amor, non so o’ me sia,
Iesù, speranza mia, abissame enn amore!

Jacopone da Todi Lauda LXXXIX

Amor, ch’al cor gentil ratto s’apprende,


prese costui de la bella persona
che mi fu tolta; e ‘l modo ancor m’offende.

Amor, ch’a nullo amato amar perdona,


mi prese del costui piacer sì forte,
che, come vedi, ancor non m’abbandona.

Amor condusse noi ad una morte.


Caina attende chi a vita ci spense.

Dante Alighieri Inferno V 100-107


Vidi il popoloso mare, vidi l’alba e la sera, vidi le moltitudini d’America, vidi un’argentea
ragnatela al centro d’una nera piramide, vidi un labirinto spezzato (era Londra), vidi infiniti
occhi vicini che si fissavano in me come in uno specchio, vidi tutti gli specchi del pianeta e
nessuno mi rifletté, vidi in un cortile interno di via Soler le stesse mattonelle che trent’anni
prima avevo viste nell’andito di una casa di via Fray Bentos, vidi grappoli, neve, tabacco,
vene di metallo, vapor d’acqua, vidi convessi deserti equatoriali e ciascuno dei loro granelli
di sabbia, vidi ad Inverness una donna che non dimenticherò, vidi la violenta chioma,
l’altero corpo, vidi un tumore nel petto, vidi un cerchio di terra secca in un sentiero, dove
prima era un albero, vidi in una casa di Adrogué un esemplare della prima versione inglese
di Plinio, quella di Philemon Holland, vidi contemporaneamente ogni lettera di ogni pagina
(bambino, solevo meravigliarmi del fatto che le lettere di un volume chiuso non si
mescolassero e perdessero durante la notte), vidi insieme il giorno e la notte di quel giorno,
vidi un tramonto a Querétaro che sembrava riflettere il colore di una rosa del Bengala, vidi
la mia stanza da letto vuota, vidi in un gabinetto di Alkmaar un globo terraqueo posto tra
due specchi che lo moltiplicano senza fine, vidi cavalli dalla criniera al vento, su una
spiaggia del mar caspio all’alba, vidi la delicata ossatura d’una mano, vidi i sopravvissuti a
una battaglia in atto di mandar cartoline, vidi in una vetrina di Mirzapur un mazzo di carte
spagnolo, vidi le ombre oblique di alcune felci sul pavimento di una serra, vidi tigri,
stantuffi, bisonti, mareggiate ed eserciti, vidi tutte le formiche che esistono sulla terra, vidi
un astrolabio persiano, vidi in un cassetto della scrivania (e la calligrafia mi fece tremare)
lettere impudiche, incredibili, precise, che Beatriz aveva dirette a Carlos Argentino, vidi
un’adorata tomba alla Chacarita, vidi il resto atroce di quanto deliziosamente era stata
Beatriz Viterbo, vidi la circolazione del mio oscuro sangue, vidi il meccanismo dell’amore e
la modificazione della morte, vidi l’Aleph, da tutti i punti, vidi nell’Aleph la terra e nella terra
di nuovo l’Aleph e nell’Aleph la terra, vidi il mio volto e le mie viscere, vidi il tuo volto, e
provai vertigine e piansi, perché i miei occhi avevano visto l’oggetto segreto e supposto, il
cui nome usurpano gli uomini, ma che nessun uomo ha mai contemplato: l’inconcepibile
universo.

Jorge Luis Borges L’Aleph 1949


Il diavolo è un ottimista se pensa di poter peggiorare gli uomini.

Ben venga il caos, perché l'ordine non ha funzionato.

Per essere perfetta le mancava solo un difetto.

Cultura è quella cosa che i più ricevono, molti trasmettono e pochi hanno.

La fantasia non fa castelli in aria, ma trasforma le baracche in castelli in aria.

“Con quale desiderio Lei entra nell'anno nuovo?” Con il desiderio di essere risparmiato
da domande del genere.

I nemici delle vaccinazioni hanno detto che a Vienna non è scoppiato il vaiolo ma
un'epidemia da vaccino. Ora anche loro sanno valutare il valore della profilassi ma la loro
prudenza è un po' esagerata: si prendono il vaiolo per proteggersi dal vaccino.

Megalomania non è considerarsi più di quello che si è, ma considerarsi per quello che si
è.

Le conversazioni dal parrucchiere sono la prova inconfutabile che le teste servono per i
capelli.

Karl Kraus Aforismi


Se io avessi, lettor, più lungo spazio
da scrivere, i’ pur cantere’ in parte
lo dolce ber che mai non m’avria sazio;

ma perché piene son tutte le carte


ordite a questa cantica seconda,
non mi lascia più ir lo fren de l’arte.

Dante Purgatorio XXXIII 136-141


Sempre caro mi fu quest’ermo colle,
e questa siepe, che da tanta parte
dell'ultimo orizzonte il guardo esclude.
Ma sedendo e mirando, interminati

spazi di là da quella, e sovrumani


silenzi, e profondissima quiete
io nel pensier mi fingo, ove per poco
il cor non si spaura. E come il vento

odo stormir tra queste piante, io quello


infinito silenzio a questa voce
vo comparando: e mi sovvien l'eterno,

e le morte stagioni, e la presente


e viva, e il suon di lei. Così tra questa
immensità s’annega il pensier mio:
e il naufragar m'è dolce in questo mare.

Giacomo Leopardi L’infinito 1819

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