INTRODUZIONE
L’apparato fonatorio è in grado di produrre una quantità enorme di suoni, ma solo pochi fanno parte di una
lingua in senso stretto.
-un insieme di regole fonologiche che danno conto dei modi in cui i diversi fonemi si influenzano fra di loro.
La disciplina che studia la produzione dei suoni è detta fonetica articolatoria. Poi vi è la fonetica acustica
che studia la natura fisica del suono e la sua propagazione attraverso l’aria. Infine vi è la fonetica uditiva che
studia l’aspetto della ricezione del suono da parte dell’ascoltatore. È necessario perciò conoscere sia il
punto di articolazione di ogni lettera sia il modo in cui i suoni alfabetici si producono. L’organo vocale può
considerarsi diviso in tre cavità di risonanza:
-nasale;
-orale;
-laringea.
-Modo di articolazione: i vari assetti (posizioni) che gli organi assumono nella produzione di un suono.
-Punto di articolazione: ognuno dei diversi punti del tratto vocale in cui il flusso d’aria necessario per
produrre un suono può essere modificato (labbra, denti, alveoli, palato, faringe, ecc). Quindi il punto di
articolazione dei fonemi può avvenire in una delle quattro regioni di articolazioni:
-labiale e labiodentale;
-Sonorità: è data dalle vibrazioni delle corde vocali; se queste vibrano si produce un suono sonoro, se non
vibrano, un suono sordo.
CLASSI DI SUONI
-Vocali: nella loro produzione, l’aria non incontra ostacoli, fuoriesce liberamente. Le vocali sono
normalmente sempre sonore. Le vocali sono una modificazione del suono laringeo dovuto all’allungamento
maggiore (nella u) o minore (nella i) del tubo faringo-oro-labiale. La lingua italiana graficamente ha 5 vocali
(a,e,i,o,u), fonicamente invece ne ha 7 (a, è, é, i, ò, o’, u). Nella parola le vocali sono la parte predominante
che dà il colorito, l’armonia e il sentimento. Le vocali possono essere pronunciate fino all’esaurimento
totale del fiato. Partecipano di questa proprietà anche alcune consonanti dette semivocali appunto perché
sono sempre accompagnate dalla voce. Partecipano cioè della impostazione degli organi fonatori, propria
delle consonanti, e della vibrazione, propria delle vocali. Le semivocali sono sei: la vibrante RA, le rinofone
MA, NA, GNA e le liquide LA, GLIA.
-Consonanti: l’aria viene momentaneamente bloccata (es. [b]) o deve attraversare una fessura molto stretta
(es. [f]). A differenza delle vocali, che sono una modificazione del suono laringeo e sono quindi sonore per
se stesse, le consonanti, come dice il nome stesso, diventano sonore solo se unite a vocale e richiedono una
particolare impostazione degli organi che concorrono alla fonazione o pronuncia dei fonemi. Le consonanti
costituiscono un ostacolo più o meno forte e perfetto alla fuoriuscita della colonna sonora proveniente
dalla laringe. Considerate sotto l’aspetto grafico, la lingua italiana ci fa enumerare 16 consonanti.
Considerandole invece sotto l’aspetto fonico e convenzionale esse salgono a 23: b,c, ch, d, f, g, gh,h, l, gl, m,
n, gn, p, q, r, s (aspra e dolce), sc, t, v, z (aspra e dolce). Le parole sono costituite di sillabe e queste risultano
formate dall’unione di una o più consonanti e una o più vocali (es. sole, treno, schietto, straccio, schianto).
-Semiconsonanti: condividono proprietà sia con le vocali (sono articolate come delle vocali) sia con le
consonanti (es. non possono costituire il nucleo di una sillaba).
-Fricative: l’aria passa attraverso una fessura stretta producendo una certa “frizione” (f,v,s,z,)
-Affricate: iniziano con un’articolazione occlusiva e terminano con un’articolazione fricativa (ts, dz,)
-Nasali: il velo palatino si posiziona per lasciar passare l’aria attraverso la cavità nasale (m,n)
-Laterali: la lingua si posiziona contro i denti e l’aria fuoriesce dai due lati della lingua stessa (l)
-Approssimanti: gli organi articolatori vengono avvicinati ma senza contatto (semiconsonanti e semivocali) ,
(J,w)
In italiano i e u sono:
-Labiodentali: il suono attraversa una fessura che si forma appoggiando gli incisivi superiori al labbro
inferiore (f,v)
-Dentali: la parte anteriore della lingua (la lamina) tocca la parte interna degli incisivi (t,d)
-Alveolari: la lamina della lingua tocca o si avvicina agli alveoli (s,z, ts, dz,n, l, r)
-Velari (o posteriori): suoni prodotti con la lingua che tocca il velo palatino. (k,g,w)
LINGUO-PALATALI ANTERIORI: LA, NA, RA, NTA, NDA. (punta della lingua e palato anteriore)
LINGUO-PALATALI MEDI: SA (ASPRA), SA (DOLCE), ZA (ASPRA), ZA (DOLCE), CIA, GIA, SCIA, GLIA, GNA, NCIA,
NGIA( N PALATALE).
LINGUO-PALATALI POSTERIORI O GUTTURALI: CA, GA, NCA, NGA. (radice linguale e gola).
FONEMI COMPOSTI
Le varie combinazioni d’incontro fra consonante e consonante e fra semivocale e consonante danno origine
ai fonemi composti che possono essere raggruppati nel modo seguente:
3) i fonemi SPA, STA, SCA, SFA, SVA, SDA, SGA, SLA, ecc.
La pronuncia nei fonemi CIA, GIA, GNA, GLIA, CHIA, ecc. può essere validamente preparata dagli esercizi
vocalici sui dittonghi. Quindi si può passare alla pronuncia dei gruppi sopra esposti tenendo presente che:
1) i raggruppamenti di consonanti in sillabe composte riescono tanto più facili quanto sono più vicini i loro
rispettivi punti di articolazione. Dove si rileva che le combinazioni più facili sono le doppie (tt, cc, mm, ecc.)
perché hanno il medesimo punto di articolazione. È sufficiente un rapido rinforzo della voce sulla vocale che
precede.
2) il passaggio da un suono all’altro deve essere regolato in modo che si verifichi il minimo dispendio di
forze e vi si giunga per la via più breve. Le difficoltà infatti crescono nei fonemi che hanno diversi punti di
articolazione; per esempio: labbra e lingua BLA, PRA, ecc. o lingua e labbra: SPA, SBA, ecc.
3) quanto più breve è la durata dei suoni “rumori”, le consonanti, tanto maggiore risulta la loro facilità a
combinarsi.
Questo perché maggiore difficoltà si trova nella pronuncia dei gruppi SPRA, STRA, SDRA, SGRA ecc., dove
occorrono tre passaggi di punti di articolazione e i sordi, specialmente in principio, sono portati ad
interporre una “e” alle consonanti , così: invece di pla, spla, pronunciano: p-(e)-la, s(e)-p- (e)-la, ecc.
Nel raddoppio non si sdoppia l’impostazione ma si rafforza la consonante abbreviando l vocale che precede
e portando maggior forza nella chiusura.
1) La L e la R in contatto con T D N L R come in coltello, soldato, carta, corda, carne, merlo, utilizzano per la
consonante che segue lo stesso punto di articolazione, senza lo spostamento della lingua nel passaggio
dalla prima alla seconda chiusura.
2) La L e la R in contatto con P B M S F come in volpe, albicocca, elmo, polsini, golfo, farfalla, cervo,
obbligano a non abbandonare la posizione della prima chiusura fino a tanto che non sia formata la chiusura
successiva.
3) La L e la R in contatto con CIA GIA come in falce, argento, nostalgia, portano il punto di articolazione
verso la linea delle consonanti palatine, perché la lingua possa prendere un anticipo sul movimento di
passaggio dalla prima alla seconda consonante.
5) La N in contatto con le dentali è dentale, in contatto con le palatali è palatale, ed in contatto con le
gutturali è gutturale e prende la posizione della consonante che segue.
6) La N in contatto con le labiali P B M come: in piedi, in mano, in barca, suona M, cioè forma risonanza con
la chiusura labiale che la segue: imbarca.
7) La M in contatto con le labiali P B come in piombo, compasso, utilizza la stessa chiusura della consonante
vicina, senza lo stacco delle labbra nel passaggio da una all’altra.
VOCALI DELL’ITALIANO
COMBINAZIONI DI SUONI
Le consonanti possono combinarsi insieme in nessi consonantici, soggetti a restrizioni; in italiano, per
esempio:
-sono nessi consonantici possibili [pr] [tr] [fr] prendere, treno, francese.
-se una parola inizia con tre consonanti, la prima deve essere una s oppure una z : strano, spremuta.
-miei [mjei].
Le combinazioni di due vocali appartenenti a sillabe diverse danno luogo a uno iato (follia, idea, beato,
paura, coniato, deviato).
SUONI E GRAFIA
Un sistema grafico è coerente quando a un suono corrisponde un segno e viceversa (relazione biunivoca):
[b] b
suono segno
-due suoni diversi per lo stesso simbolo: sera [s] / rosa [z]
TRASCRIZIONE FONETICA
L’alfabeto fonetico internazionale (IPA) permette di usare gli stessi simboli per gli stessi suoni in tutte le
lingue del mondo:
-suoni geminati: [t:] [d:] [k:] [d:z] (anche [tt] [dd] [kk] [dzdz] / [ddz])
-anche la lunghezza vocalica si indica con due punti: [o] [a] vocali brevi, [o:] [a:] vocali lunghe.
-l’accento [‘] si scrive prima della sillaba accentata: cane [‘kane], lampione [lam’pjone], intimità [intimi’tà].
Sui monosillabi l’accento non può essere segnato.
CONFINI
-il confine di parola, rappresentato con il simbolo (#), marca l’inizio e la fine della parola
FONETICA E FONOLOGIA
CONTESTO
Ogni suono ha una sua distribuzione: certi contesti o posizioni in cui può comparire.
FONI E FONEMI
Tra i suoni che l’apparato fonatorio può produrre, ogni lingua ne sceglie un certo numero. Questi suoni
saranno chiamati foni: suoni/rumori del linguaggio articolato.
I foni hanno valore linguistico quando sono distintivi, quando cioè contribuiscono a differenziare dei
significati:
-p e t non sono soltanto foni dell’italiano, ma contribuiscono anche a formare coppie minime
-coppia minima: coppia di parole che si differenziano solo per un suono nella stessa posizione (nello stesso
contesto), ovvero parole che differiscono solo per un fonema (mano/nano; lana/rana).
Due foni che hanno valore distintivo sono detti fonemi. Un fonema non “ha” significato in sé, ma
contribuisce a differenziare dei significati.
-è definito solo dai caratteri che hanno valore distintivo (tali caratteri si dicono “pertinenti”)
-i foni si rappresentano tra parentesi quadre (per es. [t]). Il fonema è una unità che si colloca a un livello
“astratto”; i foni si collocano a un livello “concreto”:
LE REGOLE DI TRUBECKOJ (1939) Ha proposto nel 1939 una serie di regole per stabilire se due foni
abbiano valore distintivo e siano quindi fonemi di una determinata lingua.
-Prima regola:
quando due suoni ricorrono nelle medesime posizioni e non possono essere scambiati fra loro senza
mutare il significato delle parole o renderle irriconoscibili, allora questi due suoni sono realizzazioni
fonetiche di due diversi fonemi.
Varo-faro
-seconda regola:
quando due suoni della medesima lingua compaiono nelle medesime posizioni e si possono scambiare tra
loro senza causare variazione di significato della parola, questi suoni sono soltanto varianti fonetiche
facoltative di un fonema.
rema- Rema
[r] alveolare e [R] uvulare in italiano sono due varianti libere di un solo fonema.
-terza regola:
quando due suoni di una lingua, simili dal punto di vista articolatorio, non ricorrono mai nelle stesse
posizioni, essi sono due varianti combinatorie dello stesso fonema.
naso- ancora
[‘nazo] – [‘ankora]
[n] alveolare e [n] velare in italiano sono varianti combinatorie dello stesso fonema.
Le varianti combinatorie di un fonema sono anche dette allofoni (sono in distribuzione complementare).
Il numero dei fonemi varia da lingua a lingua: ci sono lingue con poco più di una decina di fonemi, altre
superano il centinaio, l’italiano ne ha circa trenta.
ALLOFONI sono suoni distinti che però non hanno valore distintivo, ovvero non determinano coppie
minime.
Due o più foni che coesistono in distribuzione complementare sono allofoni di uno stesso fonema. Ad
esempio, nell’italiano del Nord:
Se due suoni foneticamente simili si possono trovare nello stesso contesto, ci sono due possibilità:
-se danno luogo a due parole con significato diverso i due foni sono realizzazioni di due fonemi.
-se il significato non cambia sono varianti libere dello stesso fonema.
TRATTI DISTINTIVI
Ogni elemento linguistico si differenzia dagli altri per una serie di scelte binarie (di tipo “si/no”, “+/-“).
BINARISMO.
Coronale: suoni prodotti con parte anteriore della lingua (corona) sollevata al di sopra della posizione
neutra.
Nasale: il velo è abbassato, l’aria passa nelle fosse nasali.
Sillabico: caratterizza i fonemi che occorrono in posizione di nucleo sillabico (in italiano le vocali).
Rilascio ritardato: suoni che iniziano con articolazione occlusiva e finiscono con articolazione fricativa.
Posteriore: il corpo della lingua è lievemente ritratto rispetto alla posizione di riposo (fonemi velari).
Alto: suoni prodotti con la lingua in posizione più alta rispetto a quella di riposo.
Basso: suoni prodotti con la lingua in posizione più in basso rispetto alla posizione di riposo.
Arretrato: suoni prodotti con il corpo della lingua arretrato rispetto alla posizione di riposo.
REGOLE FONOLOGICHE:
Una regola fonologica collega una rappresentazione astratta (fonematica) a una rappresentazione concreta
(fonetica).
Una regola è un’istruzione a cambiare una data unità con un’altra unità in un determinato contesto. Il
formato tipico delle regole fonologiche è: A B/ ___C
PARENTESI
Le parentesi si usano per “condensare” e unificare regole particolari riconducibili allo stesso fenomeno
generale:
indicano scelta
Le regole fonologiche non fanno cose “imprevedibili”. Sono in genere motivate e operano una ristretta
serie di cambiamenti. Le regole fonologiche in particolare possono:
-inserire segmenti
-cambiare l’ordine dei segmenti
-cancellare segmenti.
ASSIMILAZIONI
-totali: il segmento che causa l’assimilazione rende il segmento assimilato totalmente uguale al primo
-parziali: se il segmento che causa l’assimilazione cambia l’altro segmento solo parzialmente (vi sono
assimilazioni al tratto di sonorità, al punto di articolazione o al modo di articolazione)
-progressive: il segmento che causa l’assimilazione è a sinistra del segmento che si assimila (cioè lo
precede)
-regressive: il segmento che causa l’assimilazione è a destra del segmento che cambia (cioè lo segue).
LA SILLABA
-definizione fonetica: la sillaba rappresenta un’unità prosodica costituita da uno o più foni agglomerati
intorno a un picco d’intensità. Nella parola [pa’ta:ta] si osservano tre picchi in corrispondenza delle tre
vocali, a ogni “picco” corrisponde una sillaba: [pa.ta.ta].
-definizione fonologica: unità prosodica di organizzazione dei suoni (si assume una correlazione tra sillaba e
parola e che le restrizioni sulle sequenze possibili all’inizio/fine di sillaba valgano anche per l’inizio/fine di
parola).
-costituenti: la sillaba minima è costituita, in italiano, da una vocale, il nucleo sillabico. Il nucleo può essere
preceduto da un attacco e seguito da una coda. Nucleo più coda costituiscono la rima.
Una sillaba è aperta o libera se è priva di coda e finisce, dunque, in vocale (a, ma). Altrimenti, una sillaba è
chiusa o implicata (con, an). In alcune lingue il nucleo può essere costituito da sonoranti come [r,l,n,m]:
sloveno Trst [trst] “Trieste”, inglese americano bottle [botl] “bottiglia”, svedese vatten [vatn] “acqua”,
tedesco haben [ha:bm] “avere”.
FENOMENI SOPRASEGMENTALI
Vi sono fenomeni fonologici che non possono essere attribuiti a un segmento (fonema) o che lo
oltrepassano. Sono chiamati processi soprasegmentali. Approfondiremo la lunghezza, l’accento,
l’intonazione, il tono.
La lunghezza è relativa alla durata temporale con cui vengono realizzati i suoni. Non tutti i suoni hanno la
stessa durata. In certe lingue la lunghezza ha valore distintivo. In italiano, la lunghezza vocalica non è
distintiva (non ci sono due parole con significati diversi che si differenziano solo per la presenza di una
vocale lunga o breve), ma è distintiva in LATINO. In italiano, la lunghezza consonantica è distintiva (fato-
fatto, pale-palle, pena-penne, ecc).
L’accento è una proprietà delle sillabe e non dei singoli segmenti. Una sillaba tonica è realizzata con
maggiore forza o intensità di una sillaba atona. (àncora, ancòra). L’accento può essere contrastivo, come in
italiano:
[‘ankora]/ [an’kora]
Pur essendo un fenomeno soprasegmentale, si può considerare l’accento come un “fonema” speciale. Vi
sono lingue che hanno accento fisso e lingue che hanno accento non-fisso. In ungherese l’accento cade
sempre sulla prima sillaba. In francese l’accento cade sull’ultima sillaba.
L’altezza dei suoni non è uniforme. Ci sono picchi e avvallamenti che producono un effetto sonoro chiamato
intonazione. L’intonazione è chiamata anche melodia, curva melodica o contorno intonativo. L’intonazione
ha grande rilevanza sintattica in italiano:
-frasi dichiarative (Piero diverte gli amici con le sue storie incredibili), frase melodica con andamento finale
discendente.
-frasi interrogative (diverte gli amici con le sue storie incredibili Piero?) Piero [pausa] diverte gli amici con le
sue storie incredibili? (curva melodica con andamento finale discendente).
Una sillaba può essere pronunciata con altezze di tono diverse. In italiano a queste differenti pronunce non
corrisponde un cambiamento di significato. Vi sono lingue invece dove a differenza di “altezza” di pronuncia
corrispondono variazioni di significato (sono lingue tonali). In cinese mandarino, una sillaba può essere
realizzata con quattro toni diversi e ad ogni tono può corrispondere un significato diverso.
CAPITOLO 3
Indoeuropei: tanti popoli, un’unica famiglia linguistica: chi potrebbe sostenere, a prima vista, che vi sia una
profonda affinità tra italiano, greco, albanese, tedesco, persiano e sanscrito? Eppure esiste un rapporto di
parentela tra queste e le molte altre lingue che, sparse dall’Europa all’India, costituiscono la famiglia
linguistica indoeuropea. E tali somiglianze consentono di affermare che inizialmente è esistita un’unica
lingua comune: l’indoeuropeo. Essi non hanno lasciato alcuna traccia diretta. Non esistono testimonianze
scritte o archeologiche che si possano ritenere indoeuropee. Tuttavia, nessuno dubita che i popoli
indoeuropei siano esistiti, che parlassero un’unica lingua che poi si differenziò in seguito alla loro diffusione
in territori geograficamente differenti e lontani. È proprio in Europa che le lingue indoeuropee si sono
diffuse. Infatti il latino (e le lingue che ne derivano: italiano, francese, spagnolo, portoghese), le lingue slave
(russo, polacco, ceco), quelle germaniche (tedesco, inglese, norvegese, svedese), quelle celtiche (irlandese,
gaelico, gallese), quelle baltiche (lituano, lettone), l’albanese e il greco hanno la loro origine
nell’indoeuropeo comune. Alcuni studiosi elaborarono metodi di analisi più precisi che consentirono di
scoprire sorprendenti similitudini, oltre che tra molte parole, anche tra desinenze, modi e tempi verbali. Ad
esempio, i termini come ‘padre’ (latino pater, greco patèr, sanscrito pitàr, francese père, tedesco mère,
inglese father).
-PARLARE FAULARE (entrambi nel senso di parlare) perché nelle romanze ci sono parlare hablar (spagnolo),
parler (francese), falar (portoghese), ma non potremmo ricostruire l’esistenza di latino LOQUI (che, per chi
parlava latino corrispondeva a PARLARE).
-“lupu stabat plus in alto” al posto del “superior stabat lupus” di Fedro
Esempi di corrispondenze:
LAT ha una S (fric alveodent sorda) GRECO (fricativa velare sorda) significato
Ci sono troppe corrispondenze tra le vocali del latino e del greco per pensare che si sia avuta un’evoluzione
da un’unica vocale, cioè la ‘a’ del sanscrito. La situazione originaria è quindi quella del latino e greco. Ciò
spiega la derivazione dalle ‘e’ latina e greca del suono sanscrito “c”. quando troviamo in sanscrito una ‘e’
questa deriva da un più antico “aj”.
< *aj
< *oj
< *aw
< *ow
Es. devah < *dajva(h) < *deiwos Dewos deus ( le due forme sono collegate ma non direttamente)
CONSONANTI
k-h-s
nel latino e nel greco si hanno consonanti VELARI mentre nel sanscrito corrispondono consonanti con
articolazione anteriore (troviamo tale comportamento anche per i termini che indicano 8, 10, 100 (vedi
schema pg.71).
lat: REGE-M; celtico rig – sanscrito raja. Si riteneva che ci fosse una netta distinzione geografica tra le lingue
che usavano le velari (LINGUE CENTUM) e le lingue che usano le palatali o anteriori (LINGUE SATEM).
Nonostante alcuni studiosi non condividano la ripartizione in velari, palatali e labiovelari, pare che il
mantenimento delle tre serie distinte sia quello che permette di rendere conto al meglio degli esiti nelle
lingue storicamente attestate. Le velari hanno avuto esiti diversi nelle varie lingue. Dalla parola per “cento”
si è soliti denominare 2 grandi gruppi che rappresentano i diversi esiti: Centum e Satem.
Lingue CENTUM sono quelle in cui le velari e le velari palatali > /k/ sono confluite in un unico morfema
(defonologizzazione con perdita del tratto della palatalità) e rappresentano tradizionalmente le cosiddette
lingue occidentali (latino, germanico, celtico, umbro, anche se dall’inizio del 900 vi appartengono anche
ittito, tocario).
-zona occidentale ad ovest delle lingue germaniche (K velare). Le lingue italiche, le lingue celtiche, le lingue
germaniche, il greco (incluso l’antico macedone), e possibilmente un numero di gruppi e lingue minori ed
estinti (come il venetico e probabilmente l’illirico).
Lingue SATEM sono quelle in cui velari e labiovelari sono confluite in un unico fonema >/k/
(defonologizzazione con perdita del tratto della labialità) e sono le lingue orientali (paleoslavo, albanese
armeno, ecc).
-con una articolazione anteriorizzata o affricata o fricativa, Europa orientale e Asia (lingue slave, baltiche,
indoiraniche).
SECONDA IPOTESI: primi del Novecento scoperta del tocario (A e B) a Nord-Ovest della Cina che
inaspettatamente è satem.
-a un certo punto le orientali si sono anteriorizzate diventando SATEM (si sono satemizzate)
(improbabile che lo stesso mutamento si sia sviluppato in luoghi distanti, per cui l’ipotesi contraria per cui
le IE erano satem e sono divenute centum non pare sensata).
Esistono però casi in cui in corrispondenza delle velari nelle lingue CENTUM ci sono lingue SATEM che
hanno anch’esse delle consonanti velari:
-un tipo di velari, velari palatalizzate, conservate nelle CENTUM, ma anteriorizzate nelle SATEM
-un tipo di velari, velari pure, rimaste tali sia nelle centum che nelle satem.
Es. italiano: cin [kw]e; lin [gw]a l’elemento labiale è cresciuto fino a diventare autonomo.
-(per lo più conservata) es. quinque < *quemque < *pemque < *penkwe
-semplice velare se precede [j] per dissimilazione es. socius < *sokwjos (forse da “linquo”).
-si conserva dopo nasale es. inguen < *engwen < *ngwen
-altrimenti si semplifica in [w] es. vivus <* gwiwos (il 1° era letto [uiuus]).
LINGUE ITALICHE
kw p
gw b
Le aspirate sono poco documentate. Es. osco: pis= chi <*kwis – lat: quis osco e umbro: *pompe <*penkwe
Lat. e ita. : *penkwe> *quemque> quinque > cinque (assimilazione perché [w] ha labializzato “e”). Infatti
“Pompeus”= il quinto- lat: Quintus Pompei.
ingl. New
Lat. Pompei.
LINGUE SATEM
Esito velare: esse vanno a coincidere con gli esiti delle velari pure. In alcuni casi legati al contesto (davanti a
vocale palatale), le velari hanno subìto palatalizzazioni secondarie.
LINGUE GERMANICHE
Le labiovelari vengono scisse nei due elementi costitutivi.
GRECO
1) GRECO MICENEO (II millennio: 1500-1200 a.C.): scritto nell’alfabeto sillabico “lineare B”. si conservano
sempre tranne quando c’è una “u” in questo caso si semplificano nella velare corrispondente.
Miceneo: quo-u-ko-ro
+ acute (- gravi) =e, i: suono si articola sui denti e quindi si hanno 2 casse di risonanza la “u” provocava già
un mutamento nel greco miceneo.
Greco: tis
ECCEZIONI:
a) formazioni analogiche: es. anatolé da anatello =sorgo, mi levo, spunto =sorgere del sole e non <
*anakwole esito normale sarebbe: anapole.
sanscrito: si semplificano confluendo nelle velari pure, palatalizzandosi davanti a palatale ( le velari
palatali si anteriorizzano)
-Labiali
-dentali
-velari palatalizzate
-velari pure
-labiovelari
Molto spostato nella zona POSTERIORE dell’apparato fonatorio, molto inusuale nelle lingue del mondo.
Nelle CENTUM le labiovelari arrivano a epoca storica e si comportano secondo esiti diversi dalle pure.
CENTUM SATEM
*K= *K- *KW *K - *K =*KW
Si suppone che:
-in epoca antica certe lingue IE abbiano avuto la tendenza a ridurre le labiovelari a VELARI semplici;
Nelle CENTUM le labiovelari si sono conservate più a lungo evitando di far spostare le velari originarie.
In seguito all’eliminazione delle sorde aspirate, l’inventario fonemico ricostruito per l’indoeuropeo presenta
un’asimmetria marcata.
IE Sanscrito
*k S
*g g
*gh h
GLI ESITI DELLE OCCLUSIVE SONORE ASPIRATE *bh *dh *gh. Moltissime lingue le deaspirano facendole
confluire nel gruppo delle occlusive sonore.
Es. Russo
Posizione iniziale *bh *dh > f; *gh > f solo vicino a [u] altrimenti [h]
-hostis ‘nemico’ (russo gost’, ted Gast) *gh> h/fundo ‘io verso’ (sscr gu-ho-ti ‘egli sacrifica’) *gh >f davanti a
[u]
*gh >h
PIE PG
*P, *T, *K *F, *b, *h
-*P *penkwe> five, funf
-*t third
PIE PG
*b, *d, *g *p, *t, *k
-*b ingl deop >deep
-Le occlusive sonore aspirate PIE perdono la loro aspirazione e diventano in PG occlusive sonore:
PIE PG
*b (h), *d (h), *g (h) *b, *d, *g
-*bh neerlandese: broeder, tedesco: bruder
In Verner bisogna tener conto del contesto e dell’accento libero ‘mobile’ dell’IE (come da indicatori
congiunti di sanscrito e greco).
Due condizioni:
-non erano precedute immediatamente dall’accento IE (quindi quando erano seguite dall’accento IE)
Esempi:
-*bhrater, accento sulla penultima > got brobar (non si applica)
-*petér. Accento sull’ultima >got fadar o ingl. Father (si applica Verner)
La legge di Verner è INDIPENDENTE da quella di Grimm e si applica a TUTTE LE FRICATIVE SORDE, sia
originarie IE sia derivanti dalla applicazione della legge di Grimm.
Quando l’accento germanico si fissa sulla prima sillaba, si oscurano le condizioni della legge di Verner.
Gamkrelidze e Ivanov, per spiegare l’asimmetria non attestata in altre lingue tra occlusive sorde, sonore e
sonore aspirate dell’IE.
Ipotesi:
-le occlusive sonore continuerebbero occlusive sorde glottali (o glottidali o eiettive): *p’ *t’ *k’
Le occlusive sorde e sonore avrebbero avuto degli allofoni aspirati, sia sordi che sonori.
Problemi: come mai le glottali evolvono in sonore e non sorde in quasi tutte le lingue?
LE SONANTI
In morfologia: prefisso negativo in- im- latino ignotus < *en-gno-tus; a- greco a-gno-stos, un- inglese un-
know-n
Abbiamo quindi:
e in latino
a in greco e sanscrito
u in gotico
IPOTESI
L’ipotesi più probabile è la 3, posto che l’elemento fosse dal punto di vista articolatorio una via di mezzo tra
vocali e consonanti (capace per esempio di essere nucleo di sillaba). Questo lo fanno i legamenti (come j e
w) e le SONANTI (liquide – l r – e nasali – m n).
L’idea è che IE avesse delle sonanti che poi sviluppano spesso vocali d’appoggio (come in sloveno Trst [trst]
che diventa [t (e)est].
a. IE avesse le sonanti
b. che nelle lingue derivanti le sonanti abbiano sviluppato diverse vocali di appoggio
c. che in certe lingue le vocali di appoggio siano arrivate ad assorbire l’elemento sonante
IE avrebbe *m *n *l *r
-più frequente [-m]> [-n] (che l’inverso): dunque *dekm e stessa cosa per *kmt-> *knt
VOCALISMO INDOEUROPEO
*a era rara
IL MECCANISMO APOFONICO
Apofonia qualitativa: e (grado normale o grado –e) > o (grado forte o grado –o) o con 0 (ossia zero, niente)
Esempio GRECO
-Sembrano funzionare come co-segnalatori di funzioni morfologiche (ma non sono primari, sono
accompagnati dal caso).
-in parte poteva dipendere dalla libera iniziativa del parlante (che per esempio per ‘ginocchio’ poteva
scegliere tra *gen- *gon-)
-è sicuramente all’origine di write, wrote, written inglese ‘scrivere’ e di binden, band, gebunden tedesco
‘legare’.
‘padre’
Sscr. Pitar
Sscr. Sthita-
-La spiegazione è che A e I siano state generate da una terza vocale, la vocale indistinta e.
-Questa teoria ci permette di spiegare meglio i casi in cui le vocali brevi uscite da sva alternavano
apofonicamente con e, a, o lunghe.
Da Saussure si pensa che lo sva abbia originato in qualche modo le vocali lunghe.
Si suppone:*dhe1 e *dhee1
-dove al grado ridotto da IE alle lingue IE lo e si sia evoluto come i tre sva.
-mentre al grado normale grado-e lo sva si sia fuso con la precednete *e allungandola e dandole la
colorazione (e a o lunghe).
Questo è parallelo a:
*tn (grado 0) *ten (grado –e) in cui al grado 0 la sonante si vocalizza, e al grado –e rimane consonante.
Domanda: lo sva di * dhe1 e *dhee1 erano gli stessi? O si deve ipotizzare che il primo avesse valore
vocalico e il secondo consonantico parallelamente al discorso sulle sonanti?
Si postula un tipo di articolazione che può svolgere anche entrambe le funzioni, presente nelle lingue
semantiche, ossia le LARINGALI, prodotte a livello della laringe (le più conosciute sono [h] fricativa
laringale sorda e il colpo di glottide[?].
-l’idea è che IE avesse tre articolazioni laringali H1 H2 H3 colorate ad e a o. Queste sarebbero state non
vocaliche al grado –e e vocaliche al grado 0.
-l’identificazione degli *e con le laringali si impose con la decifrazione dell’ittita, ove esistevano
attestate le laringali.
PAG.DA 168: FONOLOGIA ROMANZA: LA SORTE TOSCO-ITALIANA DELLE OCCLUSIVE SORDE LATINE
Le occlusive sorde latine in posizione intervocalica (o tra vocale e/r/) pongono un problema perché hanno,
in toscano/italiano, esiti sia sordi sia sonori. Ascoli e Lubke hanno ipotizzato, senza successo, che ciò sia
dovuto a condizionamenti esercitati dal contesto fonico.
Rohlfs invece, sostiene in maniera più convincente che l’esito sordo è schiettamente toscano/italiano,
mentre quello sonoro è il risultato dell’influsso galloitalico (dialetti del nord italia) e galloromanzo
(provenzale e francese). Questo influsso, per effetto del prestigio delle parlate galloitaliche e galloromanze,
si è poi trasformato in una sorta di regola di sonorizzazione, “estrapolata dalla compresenza in Toscana di
forme indigene, con la sorda, e di forme non indigene, con la sonora”. Solo con una normalizzazione della
sonorizzazione si può infatti spiegare l’esistenza accanto a atro dell’allotropo adro, che non si ritrova nello
strato ereditario né dei dialetti del Nord né del francese e del provenzale.
Questa compresenza dell’esito indigeno sordo e dell’esito allogeno sonoro si ritrova anche in altri esiti
consonantici.
Se bacio < BASIU(M), camicia < CAMISIA(M), bruciare <*BRUSIARE sono prettamente tosco-italiani, cagione
<OCCASIONE (M), pigiare *PI[N]SIARE, pigione PE[N]SIONE(M) sono galloitalici o galloromanzi.
LA LINGUISTICA SPAZIALE
1) Norma dell’area isolata: Solitamente nelle aree isolate (e quindi meno esposte al commercio e alla
comunicazione) si trova una forma linguistica anteriore;
2) Norma dell’area centrale: nelle aree laterali si conserva una fase più antica rispetto a quella presente
nelle aree intermedie (Spagna e Romania furono aree laterali dell’Impero Romano);
3) Norma dell’area vasta: nell’area maggiore si conserva una fase più antica rispetto a zone più ristrette.
4) Norma dell’area seriore: nelle zone in cui la lingua è arrivata più tardi, tende a conservarsi la fase più
antica.
Le varietà di una lingua si distinguono, in sincronia, lungo delle dimensioni di variazione: la variazione
diatopica (relativa allo spazio geografico) e la variazione diastratica (determinata dalla stratificazione in
classi e gruppi sociali). Fanno parte delle varietà diatopiche gli italiani regionali, i dialetti, le lingue delle
minoranze etnolinguistiche e l’italiano parlato fuori d’Italia. Le varietà regionali d’italiano presentano
caratteristiche particolari a livello fonetico e intonativo e a livello morfosintattico e lessicale. Si possono
individuare alcuni grandi aree rispetto alla variazione diatopica italiana: Italia settentrionale, Toscana, Italia
centrale, Italia meridionale. Si può notare la tendenza alla neutralizzazione delle differenze di pronuncia
non segnalate dalla grafia, come le ‘e’ e le ‘o’ aperte e chiuse, la ‘s’ e la ‘z’ sorde e le corrispondenti sonore,
il raddoppiamento fonosintattico, ovvero il fenomeno per cui nell’incontro tra due parole con particolari
caratteristiche, la consonante iniziale della seconda parola si allunga.
Nelle varietà diastratiche, determinate dal gruppo sociale e dalla classe sociale degli utenti, sono sempre
presenti tratti diatopici, dovuti alla provenienza regionale. Nel panorama linguistico italiano il livello
d’istruzione determina la distinzione tra l’italiano standard letterario e l’italiano neostandard (varietà di
lingua usata dalle persone colte e mediamente colte in situazioni parlate e scritte) da una parte e l’italiano
popolare (varietà di lingua parlata e scritta adoperata da parlanti che sono abituati ad usare il dialetto)
dall’altra.