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Campion, scriveva
regista
ngelopulos: la tragedia della Grecia dal ‘39 al ‘52 - Che dice Antonioni.
della guerra»
inema greco
Lietta
lento & passione era rivelazione
PA 10/05/1974 - NUMERO 102, PAGINA 7
Piccola raccolta
o studente diventa
di scritti cinematografici
LASTAMPA 07/09/1980 - NUMERO 196, PAGINA 3
donne, mondanità, produttori americani alla proiezione di Amarcord - Il regista
Incontro a Venezia di con
Lietta Tornabuoni
l’autore di Megalexandros
ipa alla sua serata con distacco - Sta già pensando al film su Casanova, personaggio
Se il regista diventa
dioso: “È l’italiano eterno, che vive fuori dalla collettività”.
- L’intrigo continua
un Capo
mesi: un record - Una regressione della nostalgi
- Il film ha già incassato in Usa più di 31 milioni
LASTAMPA 13/05/1983 - NUMERO 112, PAGINA
successo - Americani e nazisti, durante la guerr
Theo Anghelopoulos parla del film che viene presentato oggi alla Mostra del Lido. L’opera,
Alla Mostra «I predatori» di Spielberg e Lucas
Ferreri è
finanziata anche dalla Rai-tv, è stata accettata a scatola chiusa - «Ho deciso di restare
rofessore
in Grecia, nel ‘64, dopo lo schiaffo d’un poliziotto» - «H cinema è come un lago fermo» -
ragazzi-regis «Non ho mai avuto nostalgia di nessuno» - Le dure condizioni di lavoro in un villaggio
Cimino, diavolo in Us
Dagli Stati Uniti a Venezia: che pubblico
LASTAMPA 06/09/1981 - NUMERO 211, PAGINA 3
Quando scriveva
Lietta
Lietta Tornabuoni è stata a lungo la voce cinematografica di «La Stampa»: per anni le sue corrispondenze dai festival, le sue estival di Cannes 1989, in concorso c’è Sweetie di
F le e umana. Quando certi suoi colleghi che stimava
recensioni, i suoi ritratti della rubrica «Persone» hanno guidato il lettore nel mondo del cinema, introducendolo a film o nomi una sconosciuta giovane australiana, Jane Campion: non stavano bene, gli articoli glieli scriveva lei, e una
fino a quel momento sconosciuti, avvicinandolo a registi e registe da intervistare, guidandolo nella comprensione di fenomeni la maggior parte dei critici ne restano orrificati, con volta, eravamo a un festival, ne scrisse un paio per
culturali e mode. A quasi dieci anni dalla scomparsa, il Torino Film Festival ha voluto renderle omaggio con una selezione di quella pazza cicciona che sta sugli alberi e smania me, impegnata in un altro paese per cose d’amore. Se
articoli tratti dalle sue corrispondenze festivaliere, scelti dall’amica e collega Natalia Aspesi e forniti dall’Archivio Storico «La per gli uomini. A Lietta Tornabuoni piace moltis- di questa professione ho imparato qualcosa lo devo
Stampa»: il resoconto di una serata a Cannes nel 1971; la scoperta di capolavori come La recita di Angelopoulos o Sweetie di simo e quindi anche a me, perché io non sapevo a lei, che era più vecchia di mestiere ma più giovane
Jane Campion; le polemiche per i film di Marco Ferreri o Liliana Cavani a Cannes e Venezia; un paio di lucide riflessioni sul nulla di cinema e lei moltissimo. La regista le disse di età, e mi voleva migliore, quindi mi spronava alla
cinema americano a partire da I predatori dell’arca perduta e I cancelli del cielo. Nelle parole di Lietta Tornabuoni c’è l’eco di sta- ciò che così bene non è stato più detto: «Mi piaccio- precisione, al controllo di tutto, alla riflessione, ai di-
gioni lontane; c’è l’impronta di un giornalismo oggi perduto; c’è, soprattutto, la precisione di una penna implacabile, capace no le donne che scelgono le donne, mi piacciono la zionari sempre accanto, a leggere il più possibile, a
di raccontare il cinema, e più in generale il mondo delle idee e dei costumi, con una finezza inarrivabile. Per ragioni editoriali creatività, la passione la dedizione affettuosa che le frenare la mia frivolezza: a trasformare il lavoro in
abbiamo scelto di lasciare intatti gli articoli selezionati, intervenendo nel caso di alcune piccole incongruenze, senza però mo- donne mettono in un lavoro che amano, mi piac- un esaltante piacere. Ma noi non facciamo un me-
dificare i titoli dei film citati anche quando non corrispondenti a quelli della distribuzione: ci sembrava il modo migliore per ciono i rapporti di intimità familiare che si creano stiere che includa la fratellanza o sorellanza che dir si
restituire la forza di una scrittura unica e il legame indissolubile con il proprio tempo. tra donne sul lavoro: mi piace il fatto che le donne voglia. Negli ultimi tempi il lavoro, le persone, l’ave-
siano concrete e riescano a dare agli attori un senso vano delusa, la sua genialità e impegno cominciava-
di protezione e nutrimento». Era un film di dolore no a mettere a disagio il nuovo giornalismo fluido e
femminile che almeno allora gli uomini anche col- talvolta servile. Le persone che aveva amato e aiutato
tissimi, non erano in grado di capire. Lietta aveva un non c’erano più, lei era stanca, non stava bene ma
grande fiuto e mi trascinava sempre a vedere autori non ha fatto nulla per stare meglio: siamo in tanti a
A CURA DI Museo Nazionale del Cinema quasi sconosciuti o opere improbabili, in sezioni la- sentirne la mancanza, aspettando di rileggere le sue
Natalia Aspesi Fondazione Maria Adriana Prolo terali del Festival e di tipo mini o extralarge: era se- meraviglie.
Gruppo editoriale del Torino Film Festival mivuoto il cinemino dove davano un film greco di 4 Natalia Aspesi
PRESIDENTE
(Chiara Borroni, Roberto Manassero)
Enzo Ghigo ore di tale Angelopoulos, ed era quel capolavoro in-
RICERCA ARTICOLI
dimenticabile di La recita (dovrebbero ridarlo) che poi
Sofia Nadalini
DIRETTORE risvegliò la passione per il suo autore diventato una
Domenico De Gaetano
non così simpatica star. Lietta non apparteneva alla
DESIGN
COMITATO DI GESTIONE
superba casta dei critici, che noi, croniste multiuso,
Maicol Casale
Giorgia Valle (Vicepresidente), Paolo Del Brocco, prendevamo un po’ in giro per la loro sapienza. Lei
::
Gaetano Renda, Annapaola Venezia scriveva di cinema, di politica, di cronaca nera, di altri
Gli articoli di Lietta Tornabuoni sono stati gentilmente mondi, di tutto ciò che le sembrava giusto racconta-
DIRETTORE DEL TORINO FILM FESTIVAL
forniti dall’Archivio Storico «La Stampa». re: mi ricordo ancora un suo articolo inimitabile del
Stefano Francia di Celle
1975 sulla morte a vent’anni del cavallo Ribot, uno
Si ringraziano Veronica Geraci, Luisa Fava.
dei più forti galoppatori di tutti i tempi. E questo suo
rifiuto di chiudersi nella gabbia della specializzazio-
ne, l’ha aiutata a essere grande: lo dico con certez- Natalia Aspesi, Lietta Tornabuoni
za, la più brava, almeno sino a oggi. «Grande per il
Il presente fascicolo è stato realizzato in collaborazione suo lucido talento, per il suo rigore, la sua dedizione
con «La Stampa», in occasione del 38° Torino Film Festival
alla professione, per il suo giornalismo nobile, rigo-
(20-28 novembre 2020).
roso, fedele a un’etica professionale» come ha scritto
In quarta di copertina: Lietta Tornabuoni, 1976 Donata Righetti all’improvvisa sua morte quasi dieci
© Mauro Vallinotto anni fa. Di aspetto materno, capace di luminosi
© Museo Nazionale del Cinema sorrisi, Lietta era di immensa generosità professiona-
Lietta Tornabuoni
Nasce a Pisa nel 1931 da una famiglia di origini ari- sulla realtà politico-culturale dell’Italia e del resto del
stocratiche, figlia di un militare e sorella del celebre mondo, delineando con straordinaria precisione i ri-
pittore Lorenzo, più giovane di tre anni. Appena di- tratti della rubrica settimanale «Persone» e i repor-
ciottenne, nel 1949 approda a Roma e comincia a scri- tage dai festival di cinema, seguiti per «La Stampa»
vere per settimanali e mensili. Dà così inizio alla lunga in coppia con il collega Stefano Reggiani e condivisi
carriera che la porterà a diventare una delle figure più con l’amica e giornalista di «La Repubblica» Natalia
importanti del giornalismo italiano. Collaboratrice di Aspesi, alla quale la lega la medesima curiosità per
«Noi donne», settimanale dell’Unione donne italia- i fatti e i costumi della vita e talvolta lo scontro con
ne, passa in seguito a «Novella», poi all’«Europeo» e gli altri critici uomini. A partire dagli anni Novanta e
all’«Espresso», settimanale di cui curerà fino alla fine per tutto il decennio, Tornabuoni completa poi la sua
le recensioni cinematografiche. Nel 1970 approda attività di critica cinematografica pubblicando – ini-
a «La Stampa», dove rimarrà tutta la vita salvo una zialmente per Einaudi, poi per Baldini & Castoldi – i
breve parentesi al «Corriere della sera», e dove lavora volumi della serie Al cinema, raccolta delle migliori
sia come cronista di politica e di costume, sia come recensioni dell’anno. Come autrice di pubblicazioni
critica cinematografica e inviata alle grandi manife- dedicate alla politica, al cinema e al ruolo della donna
stazioni culturali come il Festival di Sanremo, il Festi- nella società contemporanea ha inoltre pubblicato:
val di Cannes o la Mostra d’Arte Cinematografica di Trent’anni dopo - Il regime democratico nella tempesta
Venezia. Celebre per lo stile asciutto e il rigore pro- (Tascabili Bompiani, 1976), curato con Vittorio Gor-
fessionale, per la severità dei giudizi e la puntigliosità resio e Giampaolo Pansa; Sorelle d’Italia: l’immagine
delle domande, per i commenti ironici e una mora- della donna dal ’68 al ’78 (Almanacco Bompiani 1978),
lità laica sempre ribadita, Lietta Tornabuoni scrive curato con Stefano Reggiani; Corpo a corpo. Una
di tutto, «articoli sempre esemplari che si leggevano cultura per la sopravvivenza (Almanacco Bombiani,
avidamente, memorabili pezzi sul cavallo Ribot o 1979), firmato a quattro mano con Natalia Aspesi;
su Pasolini, interviste a Cossiga o a Fellini, inchieste il volumetto Fellini (Rizzoli, 1995) e i libri scritti con
sulle pantere nere negli Usa o in Cina sulla terribile Oreste Del Buono, a lungo compagno di vita e di
vedova Mao, sull’attentato terroristico alle Olimpia- lavoro, Era Cinecittà: vita, morte e miracoli di una fab-
di di Monaco del ’72 e sul rapimento e omicidio di brica di film (Bompiani, 1979) e Album di famiglia della
Aldo Moro nel ’78» (Natalia Aspesi). Nel corso del TV: 30 anni di televisione italiana (Mondadori, 1981).
tempo affina sempre più il suo stile e il suo sguardo Muore a Roma nel 2011.
LASTAMPA 10/05/1974 - NUMERO 102, PAGINA 7
(Dal nostro inviato speciale) Cannes, 9 maggio. Una Gatsby, Chinatown di Roman Polanski, Daisy Miller di
serata di gala dei giorni nostri per inaugurare con Peter Bogdanovich. «Il momento è di immobile transizio-
Amarcord il ventisettesimo Festival di Cannes: Fellini ne, al cinema letterario va sostituendosi il cinema visivo»,
con le bionde (Giulietta Masina, Monica Vitti in volpi teorizza il direttore Bessy. «Fellini, Drach, Saura,
rosa) e con le brune (Magali Noèl, Claudia Cardinale Lelouch si tuffano nell’autobiografia, nel passato. Di film
trasparente di pizzo nero); Otto Preminger con due politici non esiste più traccia. Non si fanno neppure più
figli e Jean Claude Brialy con due anelli (uno al pollice, film miserabilisti». Sarebbero quelli su temi sociali, che
come Mina); l’ex signora Godard ammantellata di hanno come protagonisti i poveri, i brutti, i reietti:
marron, Josephine Baker viva, in lamé d’oro e occhia- lui li chiama così. «Tutti gli sforzi dell’industria cinema-
li da sole. Molte carine di poco nome: tutte con i seni tografica», informa con la competenza di chi ha visto
infiammati dal sole e dal vento ancora fresco della in tre mesi trecento film prodotti in tutto il mondo,
spiaggia, tutte con tre puntini blu tatuati sul dorso «son tornati a concentrarsi sui film popolari e spettacolari,
della mano. Permanenti fitte e grette, giacchettina di di intrattenimento e divertimento, interpretati da attori
talpa, calze rosse, cigno color aragosta, sottovesti di noti. Costano, ma procurano incassi fantastici: e spesso
raso. Volendo, stivali. Naufraghe, campagnole belle, sono fatti bene, con grande cura». Allora, tramonto
bagnanti, Lili Marlene, sceicche, sorelle Bronte. Luis del cinema impegnato? Il dilemma si trascina nelle
De Villalonga, ancora. Molti produttori americani in discussioni di caffè tra biancazzurro marino, bandie-
nero, con l’aria proterva dei pigliatutto: son riusciti re palpitanti e manifesti loschi (una bamboladonna
a piazzare in concorso sei film e certo finiranno per nuda e rosa, con la testa di Michel Piccoli al posto
prendere tre premi: qui ci son sempre riusciti, e senza del grembo; l’avvinta coppia colorata delle Mille e
nessuno sforzo. una notte di Pasolini; i soliti due a letto con la solita
È un Festival così così: «Alcuni film sorprenderanno, attrice sovrastante, che noia...). Ma non arriva a su-
altri si imporranno», se la cava il direttore Maurice scitare troppa emozione, gli europei sono distratti da
Bessy. Ma ci vuol altro per quietare le polemiche altri pensieri: i francesi dalla campagna elettorale pre-
intorno al criterio con cui sono stati scelti. Perché sidenziale, i tedeschi dalla caduta di Brandt, gli inglesi
scartare Lancellotto del lago di Robert Bresson, uno dall’inflazione, gli italiani dal referendum. Il più di-
degli autori più prestigiosi del cinema francese? «La stratto sembra Federico Fellini: «Per me Amarcord è
commissione di selezione non ce l’ha segnalato». Che ormai come un libro già letto, come un amico che se n’è
bravi. Perché rifiutare Allonsanfan di Paolo e Vittorio andato. Lo sento remoto, non mi interessa più». Il distacco
Taviani, registi tra i più interessanti del cinema italia- incoraggia un bilancio: «Mi pare che in Italia la gente lo
no? «L’ho visto due volte: e per intero, cosa che non sempre abbia accolto con simpatia e compreso: è piaciuto persino
accade. M’ha sedotto, però credo che soltanto in Italia sia a mia madre. Certo, mi son sentito complimentare per il
possibile apprezzarlo pienamente». Sarà. Del resto anche “lieto fine”, ossia lo straziante matrimonio della Gradisca
gli americani hanno preferito non presentare i film su con il carabiniere: si vede che le nozze con la divisa sono
cui contano di più per la prossima stagione: Il grande un mito italiano ancora resistente. Certo, ho ricevuto da
LASTAMPA 16/05/1975 - NUMERO 111, PAGINA 7
presidi romani lettere insultanti, minacciose, fasciste nel ogni giorno gli arrivano da New York, spedite dal
La vera rivelazione
senso psicologico ed emotivo del termine. Certo, il film ha produttore De Laurentiis, centinaia di fotografie
suscitato interpretazioni divergenti, per alcuni era un’ope- di eventuali Casanova, spesso ritratti tutti nudi: Al
ra di struggente nostalgia, per altri una inorridita ripulsa Pacino, Marion Brando, Robert Redford. Soprattut-
del passato: come sempre la verità sta nel mezzo, il passato to Redford. Ma alla parete, nel suo ufficio romano,
ti coinvolge anche quando lo vedi criticamente. Alla fine,
Amarcord è risultato più popolare di altri miei film. È
una fortuna: l’insuccesso impoverisce, ti fa sentire solo,
è appiccicata un’unica piccola fotografia ritagliata
da un vecchio quotidiano: nell’immagine sgranata,
Lana Turner si stringe a un bruno latino abbronza-
è il cinema greco
vittima, quindi anche più stupido». È una fortuna specie to e lustro, ondulato, volgare e irresistibile, quel suo
quando, come in questo caso, il regista è pure per amante Johnny Stompanato che sua figlia ammazzò “Il viaggio” di Angelopoulos: la tragedia della Grecia dal ’39 al ’52 - Che dice Antonioni.
metà produttore. «Il film ha già incassato due miliardi, poi a coltellate. Sarà così, Casanova? Come Stompa-
arriverà a tre miliardi e mezzo: una cifra sbalorditiva per nato? «Somigliante, e sconosciuto: per quel che serve un
un’opera di qualità», prevede il coproduttore Franco attore non è necessario, basterebbe un pupazzo». Il film, Una rivelazione incontrastata e un maestro contrasta- Si nota con lieto stupore che II viaggio, benché duri
Cristaldi. Fellini ritiene che possa venir apprezzato pur organizzativamente impegnativo, spiega infatti, to dominano per un giorno il Festival di Cannes. La quattro ore, non è noioso neanche per un momento:
anche all’estero: «Se l’ambiente è assolutamente italia- non illustrerà usi e costumi del Settecento né le av- rivelazione è Theo Angelopoulos, trentanove anni, è invece entusiasmante, commovente e anche molto,
no, provinciale e fascista, altre componenti sono comuni venture di Casanova, «che è un pretesto». Sarà invece nato ad Atene, diplomato a Parigi all’istituto di studi molto raffinato. Ci si rammarica che sia tanto difficile
dappertutto: l’adolescenza età di meraviglie, torpori, sogni «un discorso psicologico, sempre attuale specie dopo quanto cinematografici, critico, attore, direttore di produzio- spiegare perché un film è bello: come si fa? Bisogna
ridicoli; l’umiliazione della giovinezza mortificata dai abbiamo visto risorgere in occasione del referendum, su un ne, regista poco favorito dalla natura: piccolo, calvo, vederlo, e bisogna augurarsi che i meccanismi spesso
tabù e dalla stupidità; il sentimento religioso mistificato, certo tipo di italiano: un libertino che, nel secolo dell’il- con gli occhiali e l’aria non simpatica. Il suo film II ottusi della distribuzione cinematografica lo con-
traviato, ridotto a catechismo demenziale; la famiglia con luminismo laico, resta un figlio della Controriforma, un viaggio è la tragedia storica della Grecia negli anni sentano. Rivelazione incontrastata, maestro contra-
l’autoritarismo paterno e il vittimismo materno, con le sue figlio della Chiesa cattolica rispettoso della pompa e dei dal 1939 al 1952, seguita attraverso le peregrinanti stato: Professione, reporter di Antonioni, presentato
voglie segrete d’omicidio e suicidio». Distratto, imbaraz- cardinali». Per questo personaggio Fellini non prova vicende d’una piccola compagnia di teatranti il cui nella edizione americana, non è piaciuto granché agli
zato, irritato per l’assenza di Antonioni dal Festival simpatia: «È l’italiano eterno. Vive fuori dalla collettivi- nucleo centrale è una famiglia che riproduce in parte spettatori della proiezione mattutina: niente chiasso
(«Se è per sdegno che non s’è affrettato a finire in tempo il tà. Le sue ribellioni o rivolte sono appena bizze puerili, nel proprio seno il mito degli Atridi: madre adultera, sgangherato, nulla di paragonabile alla leggendaria
suo film, approvo; i cinesi l’hanno insultato dandogli del capricci, furberie bambinesche. Da sempre e per sempre è amante della madre un sopraffattore Egisto fascista, violenza ostile che accolse qui L’avventura quindici
fascista, del maiale, e non mezza parola ufficiale è stata in castigo, tenuto in soggezione. È l’italiano infantile, che fratello Oreste partigiano di Markos che riappare anni fa, ma freddezza tediata, protesta gelata, un po’
pronunciata per difenderlo; tutta una faccenda molto an- non diventerà mai adulto e consapevole perché non è mai per uccidere l’usurpatore, sorella Elettra implacabi- di fischi, e stasera? Si vedrà. Intanto i giornalisti cor-
tipatica, avvilente, che restituisce l’artista alla sua con- nato». Casanova il seduttore, poi, gli risulta odioso: le testimone e memoria vivente della storia privata e teggiano Antonioni durante la conferenza stampa,
dizione di orfano»), Fellini è impaziente di tornare «Invadente, spocchioso, imbroglione. Uno stantuffo umano nazionale. Detto così è da spararsi, né aiutano le di- intrecciando con lui quegli innocui duetti di battute
alla preparazione di Casanova, il film che comincia a dedito ad un’attività sessuale inflazionata e cupa, una si- chiarazioni del regista: «Il 1939 è l’inizio del dramma del che dovrebbero offrire all’interrogato la possibilità
girare alla fine d’agosto. Ieri mattina ha visto a Roma nistra e tediata macchina per amare». mondo, il manifestarsi sanguinoso d’una dittatura aperta: di mostrarsi apodittico o spiritoso, e all’interrogante
Donald Sutherland, forse un possibile protagonista; Lietta Tornabuoni, Cannes il 1952 significa per me la fine della guerra civile in Grecia, l’occasione di sentirsi protagonista. «Com’è che il suo
il trionfo della destra e la dittatura del maresciallo Papagos, personaggio è così convenzionale?», «Questa non è una
in cui la maggioranza dei greci fu indotta a vedere un libe- domanda, è una critica: liberissimo di farla, ma direi che
ratore…». Ma il film è bellissimo: e suscita tra i critici quello dell’uomo di fronte a sé stesso è piuttosto un tema
gli entusiasmi più sinceri e giustificati. Se ne loda la essenziale ed eterno». «È felice di questo film?», «Io non
lenta maestria; lo stile pudico intatto da ogni retorica; mi ci sento mai, felice». «Ha inteso dimostrare che i
la commistione finalmente coerente tra diversi mezzi problemi individuali contano poco rispetto a quelli
d’espressione, il teatro, la canzone sentimentale, il generali?», «Può darsi, non so. La chiarezza non è il mio
cinema, la manifestazione di piazza, la pantomima, forte, poi se riuscissi a spiegare con le parole un film tanto
l’inno patriottico, il tango o boogie woogie, il corteo ambiguo farei lo scrittore, non il regista»; «Scusi, il suo
di protesta, il monologo; la finalmente realizzata protagonista s’ammazza, oppure lo ammazzano?»,
fusione tra nazionale e popolare; l’ambientazione, «Santo Dio, non si capisce? Lo ammazzano»; «Perché è
realistica e simbolica insieme, nella miseria piovosa ricorso all’intrigo poliziesco?», «Perché i misteri poli-
dei paesi contadini e nello splendore della natura; la zieschi ci circondano, ci assediano». «Ha girato bene in
recitazione, impeccabile di sapiente semplicità, degli Spagna?», «Eccome: c’è tanta di quella polizia, ti facilita
attori; la tensione emotiva dell’epopea storico-politi- molto le cose». «Ma lei dov’è, in questo film?», «Dietro
co-umana, di solito tanto goffa e qui tanto riuscita. la macchina da presa».
LASTAMPA 07/09/1980 - NUMERO 196, PAGINA 3
Alla fine del film, alcuni sembrano delusi da lei come dell’inverno mi eccitano di più, ci ritrovo uno stato
Incontro a Venezia con l’autore di Megalexandros persona: sembrano discepoli traditi, o innamorati respinti. d’animo che è il mio».
– Hanno ragione d’essere delusi, se avevano affron-
un Capo
questo, il rapporto tra il capo mitizzato e gli altri. – A condizione di non essere ignoranti, credo di sì.
Personalmente… il mio Paese è anche la mia autobio-
Non è un film sulle diverse concezioni della sinistra, sull’i- grafia. Da ragazzo, i resti della sua civiltà perduta, che
deologia socialista ottocentesca e la prassi contemporanea, avevo imparato ad amare di più attraverso i versi di
su politica e terrorismo? Seferis, erano la sola cosa capace di commuovermi. La
Theo Angelopoulos parla del film che viene presentato oggi alla Mostra del Lido. L’opera, – Anche, ma il grande discorso è sul concetto di prima immagine che ricordo dell’infanzia è quella dei
finanziata anche dalla Rai-tv, è stata accettata a scatola chiusa - «Ho deciso di restare capo carismatico. C’è la tragedia della gente che ha tedeschi ad Atene, nel 1941; il primo suono, le sirene
in Grecia, nel ’64, dopo lo schiaffo d’un poliziotto» - «Il cinema è come un lago fermo» - bisogno d’un capo, d’una persona da seguire, obbe- della guerra nel 1940. Sono nato alla vigilia della dit-
dire, adorare. E c’è la tragedia del capo, prigioniero tatura, i primi anni li ho vissuti nella dittatura. La
«Non ho mai avuto nostalgia di nessuno» - Le dure condizioni di lavoro in un villaggio dell’adorazione: che accetta il ruolo, ma è sempre guerra civile ha diviso la mia famiglia come la Grecia:
macedone. più solo e non può commettere errori. Soprattutto, metà dalla parte della sinistra, metà dall’altra parte,
deve sempre vincere: se perde diventa un odiato, e gli con sofferenze così profonde e laceranti da darmi
adoratori se lo mangiano. Tra Stalin e un regista c’è un’immagine negativa della politica, da indurmi a re-
qualche differenza, ma per tutto il film ho vissuto con spingerla. L’ho ritrovata più tardi all’università dove
DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE VENEZIA - zione, di coinvolgere convincere, suggestionare; e capace di la troupe esattamente la stessa esperienza che avevo studiavo legge. In un cinema di Atene, e presentato
Dicono che il primo Leone in similoro della rinata imporsi, di dominare e sfruttare con molta durezza egocen- immaginato scrivendo il copione. A provocare questa come un poliziesco, ho visto il film che mi ha deciso a
Mostra del Cinema andrà a Angelopoulos, greco trica. Le sembra un ritratto somigliante? interazione tra film e vita sono stati appunto i disagi, diventare regista: era À bout de souffle di Godard.
quarantacinquenne, figlio d’un piccolo commercian- – Non credo... Non credo d’essere seduttore né dit- i conflitti, la crudeltà delle condizioni in cui lavorava-
te di profumi di Atene, regista di Megalexandros: e tatore. Sono un po’ esigente. In Grecia, il cinema si mo. Se avessimo girato comodamente, in un posto di Per amore di cinema è andato in Francia?
nuovo mito del cinema colto europeo. Aspetto qua- fa in condizioni straordinariamente negative: a causa alberghi confortevoli, buon cibo e ragazze gentili, il – Per frequentare a Parigi l’Istituto di studi cinema-
lunque (piccolo, magro, calvo), bellissima voce. Osti- dell’atteggiamento dello Stato verso i cineasti, della film sarebbe risultato diverso. Io lo sapevo. Ho scelto tografici. Ma il primo contatto vero col cinema l’ho
nato, chiaro, meticoloso: e con un’altissima idea di difficoltà di trovare finanziamenti, dei cattivi mezzi di correre il rischio. avuto attraverso la cineteca di Langlois: soprattutto
sé. Dotato nel lavoro dell’impressionante sicurezza tecnici, della poca specializzazione della gente, della lì ho imparato, del cinema passato e presente, lin-
del genio, e nella vita d’un magnetismo fascinoso che mancanza di tutte quelle strutture che esistono in Durante il film, lei s’è innamorato dell’organizzatore gene- guaggio e scrittura, tutto. Era il periodo migliore
utilizza senza pudore per usare gli altri. altri Paesi. Per arrivare a risultati decorosi, bisogna rale, una ragazza attraente e decisa. della «nouvelle vague» e anche di Antonioni, Fellini,
Autore di quattro film (Ricostruzione d’un delitto, Giorni spingere molto: se questa è tirannia… Per tentare di – Non so com’è successo. È stato come un vento del Visconti. Stavo molto bene, a Parigi. Avevo deciso di
del ’36, La recita, I cacciatori) nutriti di storia e miti gre- fare in Grecia un cinema che sia presente sul mercato Sud: molto bello. Ne sono nate difficoltà, la situazio- restarci.
co-mediterranei, di cultura europea contemporanea, internazionale, ci vuole un atteggiamento molto ne ha turbato gli altri della troupe: secondo loro non
di materialismo dialettico coi suoi aggiornamenti, di speciale: che non piace neppure a me, ma che trovo avevo il diritto d’innamorarmi, dovevo restare come Invece?
antropologia e psicoanalisi: giudicati bellissimi dalla necessario. Megalexandros, il capo che non è fatto di carne ma di – Sono andato ad Atene per dire addio alla Grecia:
critica, gli hanno creato una leggenda personale e un solo spirito, che se prova sentimenti li soffoca». 1964, appena arrivato, mi son trovato in una mani-
esercito passionale di devoti soprattutto giovani. La Alcuni attori di Megalexandros dicono d’aver lavorato festazione. C’era la polizia, picchiavano. Io non ero
sua ultima opera, Megalexandros, quasi quattro ore, in condizioni terribili: a Dotsikò, un paese nell’interno Adesso la sua compagna aspetta un figlio? dentro la manifestazione, stavo lì col mio bagaglio di
coprodotta dalla Seconda Rete della Rai-tv, che viene della Macedonia disabitato da trent’anni, senza elettrici- – Sarà il mio primo figlio. È un’idea che mi piace greco provvisorio, guardavo. Dei poliziotti mi sono
presentata oggi a Venezia, è un’assoluta sorpresa: la tà, senza acqua corrente, senza riscaldamento con undici molto. Mi piace vivere, amare, bere, nuotare, man- passati vicino. Passando, uno m’ha dato un ceffone,
commissione di selezione ha accettato il film a scatola gradi sotto zero e la neve, dormendo nei sacchi a pelo, con giare: ma non quando giro un film. Quando lavoro forte. Per il colpo mi sono saltati via gli occhiali. Li ho
chiusa senza vederlo, neppure il produttore italiano pochissimo da mangiare, per pochissimi soldi, in assoluto quasi non mangio, vivo di caffè e sigarette, tento di cercati, ritrovati sul selciato. Una delle lenti era rotta.
l’ha visto. Si può provare intanto a conoscere meglio isolamento. concentrarmi il più possibile: non è una forma volon- È per quello schiaffo che sono rimasto in Grecia.
il regista, interrogandolo su se stesso. – L’avevo spiegato prima, che lavorare con me taristica d’ascesi, è un bisogno. Magari è per questo
in questo film sarebbe stato molto, molto duro. che faccio film invernali: lavorare d’estate è inumano, A fare cosa?
La descrivono come un seduttore e un tiranno. Uno capace Avevano scelto. Io li ho soltanto spinti a fare quanto l’estate è la stagione del mare, la stagione per vivere. – Il critico cinematografico d’un quotidiano di sini-
come Fellini d’esercitare sugli altri grande potere di sedu- avevano accettato di fare». Ma poi no, non è vero: in realtà il colore e il tempo stra: fino alla presa del potere da parte dei colonnel-
LASTAMPA 13/05/1979 - NUMERO 113, PAGINA 3
li, quando il giornale venne chiuso. A tenere come Neppure per il tempo in cui il cinema non era in crisi?
Lo studente diventa
insegnante un corso di regia alla scuola di cinema. – Sì. Da qualche anno il cinema non si muove più: è
A girare il mio primo film: un musical molto ricco come un lago fermo. Nessuno propone più nulla di
con un gruppo pop greco. Volevo fare una stravagan- nuovo, nell’immobilità generale delle società e delle
za, un divertimento alla maniera del film di Richard idee. A volte vedi un buon film, leggi un buon libro:
Lester sui Beatles. Il produttore aveva altre idee, e
dopo venti giorni mi licenziò. Coi soldi guadagnati
in quei venti giorni girai un cortometraggio sullo
ma sono fantasmi solitari e rari. Nel mondo sono in
crisi le strutture sociali le ideologie politiche: quindi
anche il cinema.
professore
show-business in Grecia, ambiente idiota e fabbrica
dei sogni: ironico, anche intenerito, come Lo sceicco Che tipo di regista pensa di essere?
bianco di Fellini verso il fotoromanzo. Poi ho comin- – Non direi di essere semplicemente un regista. Sono DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE – Battute in Coward: mancano solo i cocktails».
ciato a dirigere film: sempre con grandi difficoltà. uno che ha certe idee, che ha la capacità di scriverle Manhattan. L’amico si arrabbia: «Ma chi ti credi di Battuta-chiave in Manhattan, con cui l’autore fornisce
(prima del cinema, la scrittura era la cosa che m’in- essere, Dio?». «Dovrò pur prendere esempio da qualcuno», gentilmente agli esegeti la formula etico-filosofica
Potrebbe girare film fuori della Grecia? In America? teressava di più), che ha la capacità di trasporle nel replica il protagonista, sceneggiatore quarantenne dell’opera: «La gente a Manhattan continua a inventarsi
– Si, perché no? In Italia potrei benissimo, credo. cinema: la realizzazione d’un film è per me soltanto il di spettacoli comici televisivi, con la faccia e tutto il problemi nevrotici superflui, per evitare i problemi più ter-
In America, non so. Come tutti i ragazzi ho avuto momento finale d’un processo di espressione. resto di Woody Allen. La diciassettenne che lo adora ribili del mondo». Battuta privata di Woody Allen: «Se
anch’io nell’adolescenza il mio primo amore (sono soddisfazioni possibili quando uno è anche il il mio film farà sì che anche una sola persona si senta più
americano, la passione per i film musicali e per In greco, Theo vuol dire Dio? regista del film) gli mormora con voce soffiata parole infelice, saprò d’aver compiuto il mio dovere».
i polizieschi di serie B. Ma l’America non eser- – Quasi. Il mio nome, Theodoros, vuol dire: Dono amorose, e lui: «Ma perché parli come il topo nei cartoni Le battute sono divertenti, ma Woody Allen rischia
cita su di me alcun fascino: non ci sono mai di Dio. animati di Tom e Jerry?». di diventare insopportabile. Forse non è colpa sua, la
stato, ho sempre rifiutato ogni invito ad andarci. A una festa di giornalisti, scrittori di nessun libro, colpa sarà come sempre dei mass-media: certo la pro-
Non so perché. Nel cinema greco sono un isolato, ma smaniose generiche, psicoanalisti, aspiranti registi mozione da spiritoso disorganico gagman d’un umo-
non ne soffro: in tutta la mia vita, non ho mai provato che vogliono girare film il cui eroe è sessualmente rismo per studenti e professori, a «genio comico» na-
nostalgia per nessuno. tanto straordinario da uccidere di piacere le donne, zionale americano, gli giova poco. Adesso si prende
insomma a una serata di datate mezzecalze newyor- sul serio. Le sue dichiarazioni, se non sono scherzi
chesi che si credono rappresentanti dell’intelligentia comici malinterpretati dagli intervistatori, son di-
supersofisticata, una bionda informa: «Finalmente ho ventate d’una pomposità pretenziosa persino imba-
avuto un orgasmo, ma il mio dottore m’ha detto che non razzante: «Mi piace pensare che, tra cent’anni, vedendo il
è quello giusto». Più che una festa, commenta banal- mio film la gente imparerà qualcosa sulla vita urbana degli
mente il protagonista andandosene, «è il cast di un film anni Settanta»; «Le mie vere ossessioni sono la religione, il
di Fellini». significato della vita, la futilità dell’ottenere l’immortalità
Altre battute in Manhattan. La giornalista manierata attraverso l’arte»; «Manhattan è per me una metafora di
e carina appena conosciuta fa un’esibizione freneti- tutto ciò che di sbagliato c’è nella nostra cultura: il pro-
ca d’intellettualità citando con sarcastico disprezzo blema è vivere una vita onesta fra i rifiuti che formano la
decine di nomi illustri, e lui: «Dovresti frequentare degli cultura contemporanea; «Occupo molto tempo nel fronteg-
imbecilli, ti aprirebbe nuovi orizzonti». Passeggiano giare la mia mortalità».
insieme in una Manhattan notturna trasformata in Come tutti i Maestri o i timidi, al Festival di Cannes
una città di sogno, e quando è l’alba a lui sfugge un non s’è fatto vedere: ad accompagnare il suo film è
lamento: «Io, se non mi faccio le mie sedici ore di sonno invece presente il mito pubblicitario. Paragoni con
per notte…». Viaggiano insieme in taxi percorrendo Chaplin: stessa tenerezza e umanità, stesso amore e
quello che pare un itinerario per «turisti intelligenti» comica disperazione, e non ha pure l’eleganza esatta
pubblicato in Italia dall’Espresso, e lui s’incanta: «Sei di Buster Keaton? Analogie tra Manhattan e Viridiana
così bella che quasi non riesco a tenere gli occhi sul tassa- di Buñuel. Fiabe e leggende: sul suo appartamento
metro». Cenano insieme nell’atmosfera tesa, felice e di New York, grande attico in un palazzo di venti
nuova degli amori nascenti, e lui commenta il vino: piani nella Quinta Strada, con immense finestre sul
«È la prima volta che bevo Chianti di Varsavia». Escono Central Park, un letto a quattro posti e una cucina in
insieme con un’altra coppia, scambiandosi battute stile coloniale americano; sui suoi complessi e le sue
faticosamente brillanti, e lui definisce: «Puro Noël nevrosi, che cura e intrattiene andando ogni giorno
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dallo psicanalista da ventidue anni; sui suoi amori dif- Omogeneizzato dalla banalità pubblicitaria, a quaran-
DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE CANNES – madonna piena di distacco e di fierezza, una vinci- rei più. M’è sempre parsa criticabile, nel cinema ita- ficientista, che a Napoli affonda come in una palude,
Gemiti soffocati, mani levate a coprire gli occhi, tur- trice. Se una mina sventra un essere umano, se un liano, una pigrizia, un’angustia provinciale: sarebbe e quella napoletana precaria e fantasiosa, vincente al
bamento, proteste di raccapriccio, applausi, fischi. La carro armato ne schiaccia implacabilmente un altro, stato forse meglio se ci fossimo sentiti cittadini d’Eu- servizio della sopravvivenza. Nel 1943, Napoli fu la
pelle di Liliana Cavani, liberamente tratto dalla parte lo scandalo è la guerra. ropa anziché di Carpi o Riccione, se fossimo riusciti prima città d’Europa a essere liberata dai tedeschi.
napoletana del romanzo di Curzio Malaparte, ha re- come Visconti a considerarci parte della cultura oc- Conobbe con gli Alleati un intero universo «altro»,
suscitato al Festival del cinema un periodo degradato Un film crudele. cidentale. gli americani coi loro soldati negri, gli inglesi con
di storia non soltanto italiana, quel dopoguerra 1943 – La crudeltà è un mezzo d’espressione che sostitui- A me tutto sembra possibile, col cinema. Quello gli indiani, i francesi con i marocchini, i polacchi:
di Napoli, prima città europea liberata dall’occupa- sce tanti discorsi, un modo di comunicare più profon- che esiste, quello che pensi, quello che è successo fu il primo scenario europeo di quello che sarebbe
zione tedesca da parte degli eserciti alleati, che non do delle parole. L’esperienza umana fondamentale e in passato o che è stato immaginato da altri, tutto stato dopo la guerra il mondo occidentale. A Napoli
era mai stato raccontato al cinema nella sua oscura, forte è quella fisica, che si fa sul corpo, col corpo. mi sembra filmabile. Grandi masse, Paesi stranieri, accadde allora tutto quello che accade in ogni città
feroce e dolente realtà. Nelle guerre militari o civili è il corpo a venire stra- santi, eroi o la quantità enorme di accadimenti e per- dove la guerra con la fame non conosce armistizi, in
Bambini venduti dalle madri ai soldati marocchini, ziato, fare la pelle o salvare la pelle è il primo impe- sonaggi de La pelle. Ma anche i contenuti del pensie- ogni dopoguerra asiatico o europeo: tutto il peggio
la verginità d’una ragazzina trasformata dal padre in rativo. Malaparte non aveva torto quando scriveva: ro, i temi vasti, i dilemmi essenziali che non ho avuto dell’uomo, e qualcosa anche del meglio.
spettacolo a pagamento per i militari («toccate, control- «La pelle è la nostra casa, la pelle è la nostra bandiera». La paura di affrontare: in Il portiere di notte, l’ambiguità
late pure col dito»), i posticci di vello biondo adottati crudeltà è rischiosa, naturalmente: raccontare buoni del legame tra capo e suddito, tra vittima e carnefice; Cosa, del meglio?
dalle prostitute numerose e voraci come formiche sentimenti comuni è molto più gratificante ma io in Milarepa, il processo della conoscenza; in Al di là del – La voglia feroce di vivere. Lo scetticismo, come
per attirare i soldati neri, il furto d’un intero carro sono una monella, faccio sempre film di cattivi sen- bene e del male, la crisi delle ideologie, l’intellettuale forma di opposizione e modo di mantenere la propria
armato, una mano umana servita a un pranzo sul timenti. del pensiero negativo. autonomia. L’intelligenza. Ma nel film non c’è alcun
piatto di porcellana, i terribili morti, le viscere e il giudizio morale, non c’è un elogio né una condanna
sangue, l’eruzione del Vesuvio. Sono queste le scene È una sfida, una forma di oltranza? E stavolta, attraverso il romanzo di Malaparte, qual è il della sopravvivenza a ogni prezzo: c’è una contem-
che più hanno colpito gli spettatori, mentre gli italiani – L’insulto o il rimprovero non piacciono a nessuno, suo tema? plazione. Non apocalittica: quasi ammirata.
hanno sussultato riascoltando il linguaggio sprezzan- però preferisco fare il mio lavoro piuttosto che inse- – I rapporti tra vincitori e vinti: per dire che non
te, razzista e violento dei vincitori che parlano ai vinti. guire il consenso: e ho sempre rischiato, cercato di esistono vinti né vincitori, ma gente che compra e Lei conosceva la città? Crede che a Napoli La pelle verrà
spingermi oltre, di pensare in grande. Non capisco gente che si vende, esperienze che si scambiano. considerato offensivo?
Un altro film scandaloso? che senso possa esserci nel limitarsi, nel riraccon- Poi l’incontro, lo scontro, tra due culture: la cultura – Non credo: e perché, poi? Napoli è un mondo: io
– Per trovare scandalosa l’affamata prostituzione tare storie sapute, nel muoversi su terreni calpe- americana senza storia, pragmatista, puritana, ot- l’ho incontrato per la prima volta con questo film,
di Napoli nel dopoguerra bisogna essere pazzi da stati da tutti: tentare il nuovo e correre rischi è un timista, e l’antica cultura napoletana, materialista, e l’ho reinventato, re-immaginato, senza volere né
legare. Se una ragazzina dà spettacolo della propria piacere della vita, è come mangiare cose buone o fare artista, cinica. E il confronto tra due opposte forme poter fare del neorealismo. Napoli è più bella di
verginità, scandaloso è chi paga per vederla: lei è una l’amore bene. Non ci rinuncerei mai, non mi diverti- di organizzazione: quella americana razionale ed ef- Vienna, e Mozart ne restò più colpito che da Roma.
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Napoli è più civile, nel senso greco, dell’alta Italia: a eventi significativi. Una maniera molto poco retorica
Napoli non sarebbe mai potuto nascere il fascismo, di considerare i fatti, anzi, di considerare soltanto i Dagli Stati Uniti a Venezia: che pubblico cerca il cinema d’avventura
sorto invece in Emilia, in Lombardia, in Toscana. Una fatti, lasciando da parte quei grandi discorsi che poi
cultura napoletana esiste, ed è una cultura d’Europa.
A Napoli ho trovato una grande semplicità, Roberto
De Simone e altri m’hanno molto aiutata. Le cose
diventano monumenti oppressivi tanto faticosi da ab-
battere. Anch’io guardo la Napoli e il mondo d’allora
con lo sguardo distaccato del narratore, senza am-
Il giocattolo dei
ragazzi-registi
raccontate ne La pelle, mi ha confermato anche il miccare a linee politiche, senza mirare ad analogie
sindaco della città, Valenzi, sono tutte vere: magari col presente: come fosse un «giallo», lontano da pre-
enfatizzate, ma vere. Perché qualcuno dovrebbe sunzioni ideologiche d’ogni specie.
sentirsene offeso, quarant’anni dopo? È vero che il
romanzo di Malaparte venne accolto molto male, Con il compiacimento decadente e l’amore per l’estremo di
quando usci nel 1949. La guerra era troppo recente Malaparte?
e bruciante, se ne parlava con retoriche autoprotetti-
Alla Mostra «I predatori» di Spielberg e Lucas aggiungono nuovi scenari a un filone di
– Con lo stile dell’iperrealismo, che racconta tutto
ve. L’unico desiderio era allora nascondere i cadaveri, non attraverso le parole o le psicologie, ma attraverso successo - Americani e nazisti, durante la guerra, in gara per ritrovare la potenza biblica
coprire le piaghe, fuggire dalle responsabilità fasciste, la condensazione dell’immagine forte. Non mi piace - Il film ha già incassato in Usa più di 31 milioni di dollari (circa 37 miliardi di lire) in tre
rifarsi una faccia decente: e La pelle raccontava l’in- il realismo di chi vuole ignorare la complessità della
decenza della realtà. Malaparte era poi odiato, aveva realtà, e impoverirla per non averne paura. mesi: un record - Una regressione della nostalgia verso le forme del divertimento infantile
molti nemici, pareva che nel nostro Paese di volta- - L’intrigo continua
gabbana l’unico opportunista fosse lui: e c’è gente
che, per noiosissimi riflessi condizionati ritardati, lo
odia ancora.
DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE VENEZIA tori, primo nella lista dei film che hanno avuto mag-
A lei piace? – Giungla. Piante fitte, grandi foglie succose d’un giori incassi, ha guadagnato negli Stati Uniti trentuno
– Non mi piace il suo stile ridondante, ripetitivo: e verde oscuro e madido. Vapori paludosi, liane, stride- milioni e mezzo di dollari.
infatti il mio film è molto poco parlato. Mi piace la re d’uccelli esotici, strilli di scimmie nervose. Fruscii Dice il produttore George Lucas, quello di Guerre stel-
sua immaginazione molto contemporanea, e il suo serpentini. Allarme, inquietudine. La fila dei portato- lari e de L’impero colpisce ancora, «È il primo film di serie
modo di vedere la realtà con l’atteggiamento disin- ri indigeni si sbanda e rallenta, in preda a misterioso B miliardario», e si capisce che la Mostra del cinema di
cantato di chi guarda senza prender parte, con l’at- timore: «Vamos, vamos muchachos, mas rapido», li incita Venezia lo presenti stasera nella sua rassegna «Mez-
tenzione di chi risale alla Storia da una serie di piccoli la guida, con la fronte lustra del sudore della paura. zogiorno/mezzanotte»: condensa tutti i fenomeni
Scritta: «Sud America, 1934». che caratterizzano il film-giocattolo americano con-
Impavido, l’archeologo nordamericano, armato sol- temporaneo, manierismo degli stereotipi, nostalgia
tanto della sua fedele frusta, s’infila in un cunicolo, indotta, processo di puerilizzazione della cultura
raggiunge una grotta: «Nessuno è mai uscito vivo di popolare, anti-umanesimo e profonda sincerità senti-
qui». Polvere dei secoli, tarantole di velluto nero ma- mentale e grande capacità professionale degli autori.
culate di rosso, una mummia che rovina e cade sul Spielberg e Lucas raccontano d’aver ideato I predato-
violatore della Storia stringendolo nel suo abbraccio ri dell’arca perduta durante una vacanza alle Hawaii,
funesto, un silenzio che non dice nulla di buono («non immaginandolo come il primo film di una trilogia
c’è più pericolo», «è questo che mi spaventa»): e nell’om- d’avventure esotico-archeologiche. Primissima ispi-
bra riluce vivida, finalmente, l’antica statuetta d’oro razione, naturalmente, la Bibbia, dove (Esodo, 25,10
sempre cercata, tanto desiderata da tanti che sono e seguenti) Dio ordina a Mosè di costruire l’Arca dan-
morti per possederla... dogli tutte le indicazioni con una minuziosità da ar-
È l’inizio de I predatori dell’arca perduta, film-evento a tigiano fiscale: «Farai dunque un’arca di legno di acacia:
Venezia e dovunque. Dice il regista, Steven Spielberg, la sua lunghezza sarà di due cubiti e mezzo. La rivestirai
quello dello Squalo, di Incontri ravvicinati del terzo tipo, d’oro puro, dentro e fuori, e farai sopra di essa una ghir-
dello straordinario 1941: «Non un’esposizione di fatti e landa d’oro tutt’intorno. Fonderai per essa quattro anelli
certo non un documento storico. Vuol essere uno spettacolo d’oro e li metterai ai suoi quattro piedi. Farai stanghe di
esotico che ha lo scopo di emozionare, atterrire, colpire l’at- legno d’acacia e le rivestirai d’oro. Farai passare le stanghe
tenzione». Scopo raggiunto: in dieci settimane I preda- attraverso gli anelli ai lati dell’arca, per portare l’arca per
mezzo di esse... Farai un coperchio d’oro puro: la sua lun- ginario collettivo, analogo a personaggi o situazioni film sono puritani, il protagonista dell’Arca, paragonato al
ghezza sarà di due cubiti e mezzo, la sua larghezza di un delle favole. Nei Predatori c’è infatti tutto: la carta ge- modello del maschio cinematografico, è un Topolino-Gor-
cubito e mezzo. Poi farai due cherubini d’oro lavorati al ografica su cui una mobile riga traccia l’itinerario del don totalmente asessuato: siamo nella dimensione perversa
martello, alle due estremità del coperchio... E nell’arca met- viaggio, le ombre d’uomini col feltro in testa che si e polimorfa, ma non sensuale, dell’infanzia. Anche ad altri
terai la testimonianza che ti darò». Ossia le Tavole della proiettano sul muro, la spia araba con un occhio solo livelli il cinema americano contemporaneo è super-sem-
legge, sulla cui pietra il dito del Signore ha scritto i e la scimmietta sulla spalla, la ragazza che si nascon- plificato: se si pensa che negli Anni Venti l’equivalente di
comandamenti: l’arca dell’Alleanza è nella Bibbia il de dentro un gran cesto di paglia nel mercato orien- Coppola era Stroheim, si capisce che pure Apocalypse
simbolo del patto di Dio con il prediletto popolo di tale, gli ammonimenti iettatori («questo è un luogo che now è un film per bambini».
Israele. Nel film, è un talismano che nel 1936 Hitler l’uomo non può permettersi di profanare: la morte ne è E da dove viene, secondo lui, questo cinema fiabe-
vuole ad ogni costo possedere («un esercito che avesse sempre seguita»), le folate d’un vento misterioso che sco del gigantismo innocente? «Dalla televisione. I
l’Arca alla sua testa sarebbe invincibile»), che ordina ai spegne le torce o fa oscillare-tintinnare i lampadari, registi americani di questo gruppo e di questa generazione
suoi archeologhi nazisti di trovare e portargli; i servizi gli ufficiali nazisti feroci che ascoltano il grammofo- sono stati nutriti e allevati dalla tv, però vogliono essere
segreti americani danno così l’incarico di contender- no suonare Wagner nel deserto, le mummie, la rocca diversi dalla tv e fanno di tutto per non somigliarle: un
gliela a Indiana Jones detto Indy, avventuroso pro- isolata in mezzo al mare che nasconde all’interno classico conflitto figlio-padre». Ma Lucas di Guerre stel-
fessore d’archeologia d’un piccolo college del New una sonante officina bellica, l’eroe travestito da arabo lari, produttore dell’Arca perduta, ha un vantaggio,
England. Come archeologo buono, Spielberg e Lucas col barracano, il nazista sadico vestito di pelle nera, dice Enzo Ungari: «Infantile e antiumanistico che sia, il
hanno scelto Harrison Ford, già interprete di serial tv la coppia prigioniera legata al palo schiena contro suo inconscio coincide con le aspettative del mercato con-
fortunati quali Ironside o Gunsmoke e del personaggio schiena. Magari, con qualche aggiornamento di lin- temporaneo». Lucas e Spielberg riuniti hanno un altro
di Han Solo nella saga delle Guerre stellari, perché «è guaggio disinvolto: «Volete acqua? Non c’è problema». vantaggio, decisivo: «Ci credono. E i veri grandi successi
laconico, ma in certo modo un tipo affabile», perché ha Un film-catalogo ispirato, spiegano gli autori, «alla cinematografici popolari non si basano sul miliardo, ma su
una rassicurante medietà televisiva: del resto anche serie a puntate, cose brevi, mezz’ora, che negli Anni Trenta una passione autentica, un sentimento profondo. Non tutti
altri attori, la ragazza dell’eroe Karen Alien, il fedele venivano presentate il sabato pomeriggio nei cinema ame- ce l’hanno. Loro, sì».
amico arabo dell’eroe John Rhys-Davies, arrivano da ricani a completamento del programma», ma anche a
successi tv portando con sé l’innocuità e familiarità fumetti, romanzi e film d’avventure dell’epoca. Nei
televisiva. Trenta Lucas e Spielberg, oggi trentenni, non erano
Il film è stato girato a La Rochelle in Francia, negli nati: ma la Nostalgia non è più quella d’un tempo. Nel
studi cinematografici di Londra, nel deserto di costante saccheggio del passato, rimescolamento del
Tunisia, alle Hawaii, ed è inutile dar retta all’epo- tempo e appiattimento della Storia caratteristico dei
pea di miliardi spesi, pitoni cobra e boa impiegati mass-media, si può benissimo provare nostalgia per
(seimila, vivi), tarantole scritturate (cinquanta, col cose mai vissute o godute direttamente, ma soltanto
loro istruttore), vecchi sottomarini tedeschi della viste: alla tv, al cinema, sui giornali. Una Nostalgia di
seconda guerra mondiale recuperati, pericoli e diffi- carta, di pellicola, di nastro magnetico è forte quanto
coltà affrontati durante la produzione: come Coppola la nostalgia dell’esperienza, si sostituisce ad essa.
e Cimino, come De Palma o anche Fassbinder, come O con essa convive, in una cultura popolare america-
tutti i cineasti rampanti della generazione che costi- na, valida anche per le colonie culturali, che sembra
tuisce un’alternativa non povera a Hollywood, Lucas sempre più puerilizzata. Racconta Enzo Ungari,
e Spielberg hanno quel talento megalomane per la direttore della rassegna «Mezzogiorno/mezzanot-
pubblicità consistente nel raccontare bugie enormi. te»: «L’anno scorso, insieme con Lizzani, siamo andati a
Spielberg, in più, racchiude un mistero, per gli stu- trovare George Lucas in California. Nel suo studio, a un
diosi europei che hanno sempre definito quello ame- certo punto, ci ha mostrato una serie di scomparti: come in
ricano spettacolare un «cinema di produzione» con- un sacrario, ciascuno conteneva la statuata d’un diverso
trapposto al «cinema d’autore»: Spielberg, ingegnere personaggio di Walt Disney. L’incontro tra Lucas e Spiel-
di grandi macchine-spettacolo, è sicuramente anche berg per I predatori dell’arca perduta avviene in nome
un autore. del comune amore per il cartone animato: inteso non come
Un re del manierismo, di quella narrazione combina- tecnica, ma come mondo irreale. Lucas fa un cinema di
toria che usa scene, personaggi, immagini, stereotipi, macchine, un cinema tecnologico di robot e navi spaziali.
battute di vecchi film o di vecchi fumetti non come Spielberg ha confidato di odiare il rapporto con gli attori:
citazioni, ma come un ovvio patrimonio dell’imma- che vuol dire il rapporto con gli altri, con la realtà. I loro
LASTAMPA 13/05/1983 - NUMERO 112, PAGINA 19