Probabilmente nessuno scritto platonico è importante quanto il Parmenide per capire il pensiero plotiniano
che fornisce l’impalcatura sulla quale viene costruita la distinzione dei principi metafisici e dove vi sono
scritte le famose aporie sulla partecipazione delle idee. Plotino avverte come suo compito quello di
difendere la filosofia di Platone dalle varie obiezioni. Ciò fa si che la dottrina degli intellegibili non sia solo
un dogma platonico ma una complessa teoria sui fondamenti dell’ontologia della psicologia e della
gnoseologia. L’ontologia plotiniana consiste nel confutare l’errore di chi non sa concepire altri oggetti oltre
che quelli corporei e che dunque non comprendono le sostanze intellegibili per come esse sono ma vi
applicano categorie valide per la realtà sensibile. Plotino distingue due mondi l’ousia e la genesis esso
sottolinea che la ragione (logos) divide l’essere intellegibile e non ne coglie l’unità poiché non lo tratta con i
principi adeguati esso nasconde la natura dell’essere intellegibile non ne comprende l’unità diversa da
quella delle realtà corporee la conoscenza appropriata delle sostanze intellegibili è intellettuale e richiede
un pensiero non discorsivo (il pensiero discorsivo è rivolto al mondo sensibile) l’anima umana ha accesso a
entrambi i pensiero il primo rappresenta la sua condizione cognitiva ordinaria il secondo è la condizione
dell’anima che si riappropria della sua natura autentica distogliendo la sua attività dai corpi e rivolgendola
verso il mondo della sostanza. Plotino vuole applicare alla conoscenza delle sostanze intellegibili platoniche
una istanza concettuale simile a quella di Aristotele in rapporto agli oggetti di ogni scienza dimostrativa
ossia l’esigenza di muovere dalla conoscenza adeguata dei principi propri e della sostanza di ciò che è
investigato, derivando i teoremi da queste conoscenze preliminari. Per Plotino la nostra riflessione deve
esercitarsi sulla natura intellegibile. Plotino fa propria la distinzione dei due mondi il mondo delle sostanze
intellegibili è distinto dal mondo dei corpi che è privo di un essenziale intrinseco. Una conoscenza adeguata
e piena della natura delle sostanze intellegibili è necessaria se non si vuole incorrere nelle aporie che hanno
portato a negarne l’esistenza infatti applica alla conoscenza delle sostanze intellegibili extrafisiche un
principio fatto valere da Aristotele per le scienze dimostrative: esse devono assumere come punto di
partenza principi appropriati all’oggetto da dimostrare. Il carattere dell’oggetto della scienza
dell’intellegibile è tale che la comprensione adeguata di esso non sia conseguibile dal logos.
Plotino si serve della terminologia degli Analitici secondi di Aristotele per spiegare che non esiste
distinzione tra le cause intellegibili e le loro cause essenziali questa distinzione ha luogo nei corpi che
secondo Plotino non hanno in sé la propria causa essi manifestano gradi di coesione diversi la relazione che
collega i corpi alle loro cause intellegibili è diversa dal quella che collega il fatto al suo perché le cause
intellegibili sono forze e potenze causali efficaci che sostengono ciò che dipende da esse ( non sono
provviste di massa analogia della mano che sorregge corpo più grande di essa p 41) quindi le cause
intellegibili generano i corpi senza di esse i corpi perderebbero la loro coesione. Plotino distingue due
diverse relazioni di somiglianza 1) come più immagini dello stesso modello cioè che sono simili in virtù della
presenza in essi della stessa forma 2) come un’immagine e il modello in base a cui essa è costruita questa
relazione di somiglianza collega l’oggetto alla causa della presenza in esso di una certa forma quindi Plotino
afferma che la copia può essere simile all’archetipo l’archetipo però non può essere simile alla sua copia. Le
forme quindi non devono essere concepite come caratteri astratti dei corpi isolati e resi separati rispetto a
ciò da cui sono stati desunti Plotino distingue le forme dagli attributi delle realtà che partecipano di esse
sottolineando che le forme non appartengono a ciò che ne partecipa non sono dei predicati di esso le cause
intellegibili sono realtà di genere diverso rispetto alle caratteristiche empiriche che dipendono da esse le
forme non passano alla materia ma esercitano la loro azione causale restando in esse occorre fare
astrazione dei corpi per accedere alla conoscenza delle cause intellegibili in accordo ai principi adeguati alla
loro natura purificando la conoscenza e comprendendo cosi la loro natura distintiva
IL MONDO INTELLEGIBILE
La sostanza intellegibile si articola su due principi (o ipostasi) ossia anima e intelletto ciascuno dei quali è a
sua volta fortemente differenziato al suo interno. L’indagine sull’anima è uno dei principali motivi
conduttori delle Enneadi. Plotino presenta una schematica divisione degli enti che individua 4 livelli
distinguendo i due poli opposti per poi fissare due livelli intermedi l’elenco comincia ogni volta dal suo
grado più basso. Alla base della gerarchia vi sono i corpi soggetti a dispersione e a divisione, al vertice
contrapposta alla natura corporea vi è la sostanza intellegibile non soggetta a divisione priva di parti e
inestesa essa è sempre uguale a se stessa ed è simile al centro di un cerchio da cui dipendono tutti i raggi
diretti verso la circonferenza, tra il mondo della sostanza intellegibile e il mondo dei corpi Plotino pone a
livello inferiore il cosmo sensibile composto dalle forme e dalle qualità incorporee ma inerenti ai corpi e a
livello superiore subito dopo il mondo della sostanza intellegibile l’anima che trae da esso l’indivisibilità
essa si situa in mezzo alle due nature quella intellegibile a cui appartiene per sua essenza e a quella
corporea verso la quale rivolge la sua attività (richiamo Timeo caratteristiche anima p 50) corpo e anima
sono indipendenti i corpi si avvicinano all’anima accogliendola in accordo alla loro capacità (l’intellegibile
viene accolto in modo diverso da ciò che ne partecipa) questa capacità deriva dall’azione dell’anima che ha
fatto il corpo in modo tale da riceverla in un certo modo vi sono due modi in cui l’anima può prendersi cura
del corpo e distingue due tipi di anima l’anima individuale e l’anima del mondo. L’anima del mondo
comanda senza essere gravata da condizionamenti corporei senza fatica desideri o passioni di sorta l’anima
individuale o del singolo non è sempre capace di prendersi cura del corpo senza farsi contaminare da esso
ma immergendosi nel corpo finisce per prendere contatto con la sua natura autentica ma essa può sottrarsi
anche in questa vita ai condizionamenti corporei rientrare in se stessa e raggiungere la stessa condizione
migliore propria dell’anima del mondo questa duplice condizione dell’anima capace di condurre la vita
intellegibile e la vita mondana è definita da Plotino <anfibia> . Plotino distingue l’anima considerata in se
stessa come principio la quale non appartiene a nulla dall’anima del singolo e del mondo esse pero sono
compenetranti come la scienza e i suoi teoremi.
L’intelletto
Plotino illustra la condizione in cui l’anima si trova quando è immersa nel mondo sensibile e dimentica la
sua natura intellegibile compito del discorso filosofico è distogliere l’anima dalla dispersione in ciò che è
inferiore a essa portandola a riappropriarsi di se stessa. L’anima si rivela cosi qual è veramente un essere
prezioso e divino ed è capace di risalire fino all’essere supremo dopo il quale e dal quale essa proviene. Tale
principio anteriore all’anima di cui essa è immagine è l’intelletto divino la realtà più alta nella gerarchia
plotiniana (L’uno non può essere definito realtà) nell’intelletto trovano posto le forme intellegibili
platoniche che sono interpretate da Plotino come atti di pensiero che costituiscono l’intelletto divino. Il
dialogo più importante per la conoscenza del nous plotiniano è il Sofista dal quale provengono due
esigenze: 1) quella di stabilire una connessione tra le Forme che costituiscono il mondo intellegibile e i
principi che regolano la loro relazione reciproca (la dottrina dei generi sommi nel Sofista è alla base della
struttura del Nous) 2) quella di attribuire all’essere supremo movimento vita anima e pensiero respingendo
l’ipotesi che sia privo di intelletto. Aristotele nella lettura di Alessandro di Afrodisia con l’unificazione
stabilita tra il dio pensiero di pensiero di Metafisica XII e l’intelletto agente di De anima III ha esercitato
un’influenza sul modo in cui Plotino concepisce le forme intellegibili come interne al pensiero del Nous
divino. L’intelletto condivide gli stessi caratteri dell’anima ma in grado superiore quindi anche nell’intelletto
unità e molteplicità si compenetrano in modo che eccede la divisione di ciò che è corporeo e quantitativo.
L’intelletto rappresenta la forma suprema di conoscenza e di realtà nella quale unità e molteplicità sono
interconnesse e la sua struttura è il massimo grado possibile di unificazione della molteplicità la sua
conoscenza è originaria rivolta a se stessa priva di successione. L’intelletto è uno-molti l’anima uno è molti
(fa riferimento alle ipotesi della seconda parte del Parmenide p57)
Secondo Plotino la struttura del mondo intellegibile è priva di estensione e non è composta di parti esteriori
l’una all’altra a essa non possono essere applicate le categorie di pensiero adatte a cogliere la struttura di
ciò che è esteso e corporeo. Plotino caratterizza il mondo intellegibile come un numero essenziale (la
dottrina del numero essenziale viene presa dalla tradizione precedente il numero essenziale si distingue da
quello monadico ossia il numero matematico composto di unità e suscettibile di operazioni, plotino arriva a
identificare il numero essenziale con le molteplici forme unificate nell’intelletto proveniente dall’uno) è
altresì vero che ciò indica soltanto la perfetta determinazione e delimitazione della sua molteplicità senza
che sia presente alcuna concezione matematizzante delle forme. Nelle sostanze intellegibili unità e
molteplicità sono collegate in modo più stretto rispetto alle sostanze corporee la relazione tra intelletto e le
forme dovrà esser tale da soddisfare la totale compenetrazione di unità e molteplicità che Plotino esprime
mediante l’analogia delle scienze e i suoi teoremi. Non si può trovare un criterio esterno che regoli la
maniera in cui è organizzata la molteplicità intellegibile poiché non vi è una realtà superiore a esso.
Nel De anima Aristotele sostiene che l’intelletto umano si identifica all’oggetto della sua conoscenza tesi
ripresa più volte da Plotino applicandole alla conoscenza delle forme da parte dell’intelletto divino.
Secondo lui infatti nell’intelletto divino il pensiero e il pensato coincidono nel senso che il pensato quindi
ogni idea è a sua volta intelletto che può pensare una molteplicità di contenuti senza avere rapporto con
qualcosa di esteriore a se ciò accade perché non solo il pensiero coglie l’essenza di ciò che è pensato ma
l’essenza del pensiero e l’essenza di ciò che è pensato sono esattamente la stessa il pensiero del Nous non è
di altro ma è completamente autoriflessivo cosicché l’atto con cui l’intelletto conosce se stesso e l’atto con
cui conosce gli intellegibili vengono così a coincidere Plotino paragona la visione delle forme da parte
dell’intelletto a una luce che vede attraverso altra luce senza che vi sia un mezzo esterno della visione.
L’intelletto quindi è provvisto di conoscenza perfetta autoriflessiva perché non si riferisce a un oggetto
esterno a sé e autovalidante perché non trae la verità dall’essere conforme ad un oggetto diverso da sé.
Plotino sostiene che la percezione non coglie l’essenza degli oggetti ma solo la forma esterna e non
sostanziale immanente dei corpi sembra che supponga la distinzione tra attività esterna che procede dalla
cosa in sé stessa invece è una sua immagine e interna che è la cosa reale la sensazione non riguarda ciò che
una cosa è ossia il logos il principio essenziale di natura intellegibile ma solo l’attività esterna di tale
principio formativo. Alla base dell’argomento plotiniano vi è la distinzione di due tipi di conoscenza il primo
non possiede l’attività interna degli oggetti appresi è il modo di conoscenza della percezione la quale non ha
accesso a ciò che gli oggetti realmente sono ma si limita a coglierne l’attività esterna ossia le loro immagini
l’altro tipo di conoscenza è invece quelle che Plotino attribuisce all’intelletto universale esso è tale che
l’attività che costituisce l’oggetto della conoscenza e l’attività che costituisce il soggetto della conoscenza
coincidano come un’unica attività identica. I pensieri dell’intelletto difatti sono veri nella misura in cui
attraverso essi è conosciuto qualcosa ossia queste stessi pensieri di conseguenza l’intelletto non ha bisogno
di dimostrazioni o conferme esterne a se ma è manifesto a se stesso la sua verità non si accorda con
qualcosa di esterno ma con se stessa il suo modo di pensare non è discorsivo esso è: non inferenziale, è
tutto in una sola volta, è pensiero dei suoi oggetti tutti insieme, è veridico e certo, non cerca il suo oggetto
ma lo possiede. Plotino fa propria la terminologia aristotelica del genere e della specie per descrivere la
relazione tra l’intelletto universale e intelletti particolari nel Nous introducendo alcune modifiche che
permettono di esprimere la totale compenetrazione delle parti. L’unificazione di intero e parti che plotino
stabilisce nell’intelletto è molto più forte come è illustrato nell’analogia della scienza e i suoi teoremi nel
Nous gli intelletti particolari sono contenuti in quello universale e vice versa l’intero è contenuto nei
particolari ogni forma intellegibile è una prospettiva sulla totalità perfettamente coesa a cui appartiene
sebbene ciascuno degli intellegibili sia distinto dagli altri nondimeno ognuno è tutti questa dottrina del
pensiero autoriflessivo di Plotino viene associata a quella del pensiero di pensiero di Aristotele le differenze
e le similitudini tra le due sono che il pensiero di pensiero aristotelico non pensa una molteplicità di
contenuti interni a se (non come l’intelletto plotiniano) esso è presentato in maniera oggettiva si tratta di
un’entità che pensa e il cui oggetto di pensiero è il proprio pensiero (come l’intelletto) Plotino in alcuni
passi sembra presentare il pensiero dell’intelletto come un vero atto di autoconsapevolezza riflessiva i
pensieri dell’intelletto stesso sono nel senso più proprio i suoi pensieri su ciò che esso stesso e non i
pensieri su un qualsiasi oggetto se ciò è vero ne consegue che il pensiero di se dell’intelletto plotiniano è
riflessivo in un modo diverso da quello aristotelico poiché l’intelletto è insieme cosciente dei suoi pensieri e
diretto verso di se nella misura in cui i pensieri sono concepiti immediatamente come pensieri che
riguardano l’identità dell’intelletto. Quindi il pensiero dell’intelletto è caratterizzato dal fatto che i suoi
oggetti sono perfettamente interni a esso inoltre la coscienza dell’intelletto è una coscienza in prima
persona nella quale i pensieri sono direttamente pensieri che riguardano l’identità dell’intelletto
I generi sommi
L’esegesi del Sofista di Platone è fondamentale per capire la struttura dell’intelletto plotiniano. Plotino
interpretando la connessione delle forme intellegibili nel contesto della propria metafisica dell’intelletto
secondo la quale le forme sono atti di pensiero che costituiscono un tutto completamente interconnesso.
Essere, movimento, quiete, identico, diverso i cinque generi supremi diventano nelle enneadi i concetti
fondamentali secondo i quali si articola la peculiare struttura autoriflessiva del mondo del Nous. I cinque
generi sono le forme intellegibili pensate dall’intelletto divino e a loro volta atti di pensiero costitutivi di
esso. Plotino non intende soltanto dire che essere quiete movimento diverso e identico appartengono a
tutte le forme intellegibili poiché ciò vale per ogni idea nel cosmo intellegibile ogni forma essendo se stessa
contiene in se la totalità a cui appartiene (ognuno è tutti) i generi sommi sono teorizzati da Plotino come la
condizione necessaria della vita e dell’attività di pensiero dell’intelletto essi spiegano la sua capacità di
pensare la molteplicità delle forme per questa ragione i generi sommi sono stati definiti come
l’infrastruttura del mondo noetico. Attraverso i generi sommi Plotino intende dare espressione alla
struttura autoriflessiva dell’intelletto nella quale l’essere e il pensiero pur non perdendo la loro distinzione
reciproca sono unificati e trasparenti l’uno all’altro il movimento e l’essere indicano rispettivamente
l’attività dell’intelletto e ciò da cui tale attività muove e verso cui è diretta. Il fatto che il movimento
intellegibile insieme provenga dall’essere e sia diretto verso di esso indica che l’attività noetica non ha il
carattere di un processo che muove da un inizio verso la fine separati l’uno dall’altro la quiete nel mondo
intellegibile ha precisamente la funzione di esprime il fatto che inizio e fine vi sono dati insieme giacché
tutto è simultaneamente presente a se stesso. Nel Sofista lo straniero di elea introduce i generi dell’identico
e del diverso osservando che ciascuno dei tre generi essere quiete movimento è identico a sé e diverso
dagli altri due questa asserzione è modificata da Plotino per il quale i generi essere quiete e movimento
sono ciascuno diverso dall’altro ma insieme sono identici tra di loro e (non ciascuno a se stesso come voleva
Platone) poiché sono raccolti in una molteplicità perfettamente coesa. La diversità indica la molteplicità di
contenuti distinti interna all’intelletto plotiniano. Come Platone Plotino ritiene pertanto che il genere del
diverso vada identificato con il non essere, non come non essere in senso assoluto ma come diverso
dall’essere secondo Plotino l’essere e il pensiero in quanto tali implicano la molteplicità e quindi implicano
l’identità quanto la differenza e il non essere (in senso di alterità) l’identità nell’intelletto esiste perché i
generi molteplici sono raccolti in unità l’identità esprime dunque il fatto che la molteplicità intellegibile è
perfettamente interconnessa e interpenetrata e caratterizza il tipo non discorsivo di molteplicità
nell’intelletto.
L’anima produca la forma nella materia Plotino sottolinea ripetutamente la capacità dell’intelletto di
produrre l’anima la generazione dei vari piani della realtà non avviene in un momento temporale ma
corrisponde a relazioni causali che durano ab eterno. Le anime incarnate ragionano e agiscono in base alla
loro deliberazione esse scelgono tre diverse alternative e in accordo al proprio calcolo razionale un simile
modo di agire è segno di imperfezione ed è proprio soltanto delle anime incarnate perché dirigono la
propria attività verso i corpi senza avere coscienza della loro natura intellegibile l’anima del mondo non
agisce cosi ma governa il cosmo senza alcuno sforzo e non scegliendo tra alternative diverse. Secondo
Plotino il ragionamento non è proprio della causa intellegibile ma soltanto del modo in cui noi la
comprendiamo inadeguatamente la sua natura a partire da ciò che ne dipende in breve il mondo sensibile
ci appare ordinato come se dipendesse da una causa provvista di ragionamento ma ciò non vuol dire che la
causa sia provvista di ragionamento discorsivo che noi tendiamo erroneamente ad attribuirgli in base ai
suoi effetti. Plotino elabora una teoria che lega la capacità di produrre altro da se alla natura stessa dei
principi la dottrina della doppia attività il processo di emanazione che procede dall’uno per pervenire alla
materia. Esiste un’attività dell’essenza di qualcosa e una che deriva dall’essenza l’attività dell’essenza è in
atto la stessa cosa mentre l’attività derivata è distinta dalla cosa e consegue dalla sua natura Il secondo atto
procede dal primo come una conseguenza e mediante l’atto secondo ciò che è causa è capace di lasciare in
altro la sua traccia per chiarire questa dottrina Plotino ricorre all’analogia del fuoco c’è un calore che
costituisce la sostanza e un calore derivato dal primo che si propaga all’esterno e mediante cui il fuoco
esercita la sua attività la teoria dei due atti comprende 5 aspetti principali 1)la doppia attività è pervasiva ed
è esemplificata in ogni livello dalla gerarchia plotiniana dall’Uno fino alle forme sensibili 2) l’atto interno e
quello esterno sono equiparati rispettivamente al paradigma e alla sua immagine 3) l’atto esterno dipende
costantemente da quello interno rispetto al quale non è mai separato 4) l’atto interno resta privo di
affezioni malgrado il fatto che esso dia origine all’atto esterno 5) l’atto interno è anche una potenza. La
dottrina dell’emanazione espressa nella doppia attività è associata alla conversione che è il momento
complementare nel quale il prodotto derivato dal primo atto si rivolge verso la propria causa e vedendola
prende forma compiuta cosi Plotino illustra la generazione dell’intelletto dall’uno e dell’anima
dall’intelletto. Diversa è la situazione nel caso della generazione della materia da parte dell’anima giacché la
materia è inerte e incapace di rivolgersi verso il proprio principio l’informazione della materia avverrà in
virtù di una seconda azione dell’anima successiva a quella con la quale ha generato la materia
L’ANTROPOLOGIA DELL’ANIMA NON DISCESA
Plotino individua alcune tappe nell’ascesa del mondo sensibile al mondo intellegibile. I tre tipi umani del
musico, del filosofo, e dell’amante distinti da Platone nel Fedro segnano tre modi nella risalita verso il
mondo ideale. Il musico nota Plotino dovrà muovere dai suoni e dai ritmi sensibili ascendendo all’armonia
intellegibile l’amante dovrà risalire dalle bellezze sensibili al bello intellegibile il filosofo infine è più di tutti
portato a separarsi dal sensibile ed elevarsi verso l’intellegibile la matematica costituisce un primo passo
verso la sua ascesa. Ma il parallelo con Platone è più complesso di quanto appaia l’ascesa che Plotino
attribuisce all’amante è infatti di tipo diverso non bisogna condurlo verso il bello intellegibile a partire dal
bello sensibile ma occorre condurlo con il ragionamento a considerare tutti i corpi mostrandogli che in tutti
vi è la bellezza medesima che essa è diversa dai corpi stessi e deve dirsi proveniente da ben altro luogo
l’ascesa si presenta come la semplice sottrazione dai corpi di ogni elemento sensibile e non come la risalita
all’intellegibile attraverso le manifestazioni perfette dei corpi è l’insegnamento di chi già conosce
l’intellegibile a dirigere l’osservazione del sensibile permettendo di riconoscere in esso la presenza delle
cause reali e diverse dal sensibile in cui si manifestano. Non si tratta tanto di ascendere all’intellegibile
attraverso il sensibile ma di guidare attraverso l’intellegibile l’osservazione del sensibile non lasciandosi
distogliersi da quest’ultimo ma scoprendo in esso la presenza di principi eterogenei ed essenziali. L’anima
nelle sue varie divisioni interne fa parte a pieno titolo del mondo intellegibile tuttavia l’attività delle anime
incarnate non è di norma rivolta verso le idee nella loro condizione ordinaria le anime discese in un corpo
non sono consapevoli della loro origine. Secondo Plotino la discesa dell’anima non è una sua scelta il fatto
che l’anima voglia discendere dal mondo intellegibile non implica che essa scelga di farlo scelta e volontà
non sono termini equivalenti tutto ciò che è scelto è anche volontario ma non tutto ciò che è volontario è
anche scelto la volontà delle anime che le porta a discendere può essere definito come un impulso che
deriva dalla loro stessa natura paragonato da Plotino al desiderio del matrimonio. Plotino distingue l’anima
del mondo che comanda senza essere condizionata dal corpo senza fatica desideri o passioni dall’anima del
singolo o individuale che immergendosi nel corpo finisce per perdere contatto con la sua natura autentica
se l’anima diventa malvagia e la discesa nei corpi assume connotazioni fortemente negative si deve al fatto
che le anime finiscono per immergersi nelle cure di un corpo fragile pieno di necessità e fonte di fastidio ciò
non accade all’anima del cosmo che restando sempre rivolta all’intellegibile guida senza sforzi o fatica
l’intera realtà visibile ma accade all’anima individuale il male non deriva dal fatto che l’anima discende dal
mondo intellegibile ma dal fatto che questa discesa si associa alla perdita di consapevolezza della propria
natura e della propria origine all’assorbimento dell’attività dell’anima in ciò che è inferiore essa Plotino
invita a separarci dal corpo e a ricercare la realtà delle cose tramite un discorso (logos) che deve essere di
due tipi il primo mostra quanto siano disprezzabili le cose che l’anima apprezza il secondo insegna e ricorda
all’anima quale sia la sua stirpe e il suo valore l’ascesa del sensibile è un processo di rimozione del sensibile
che porta a riappropriarsi della propria natura a questo processo di purificazione intellettuale è necessario
rivolgere verso l’interno l’apprensione e concentrare li tutta l’attenzione la risalita dal sensibile
all’intellegibile avviene dunque non mediante i corpi ma facendo astrazione da essi
Il vivente e la percezione
La distinzione tutto parti non vale per l’anima essa inoltre è inestesa e non è presente al corpo in modo
locale le diverse funzioni psichiche sono associate a diverse parti del corpo ( ad esempio perché la vista è
associata solo all’occhio se l’anima è presente al corpo tutta intera e non divisa in parti) perché le potenze
dell’anima sono conferite a parti distinte del corpo le quali hanno maggiori capacità a svolgere un certo
compito ma vi sono funzioni come la sensazione e le passioni che non possono essere attribuite ne
all’anima ne al corpo per risolvere questo problema Plotino introduce il concetto di vivente che sarebbe il
corpo concepito come un insieme organizzato e vivificato dalla causalità psichica. Il vivente quindi è il
soggetto di alterazioni e movimenti affezioni come desideri e sofferenze devono essere attribuite al vivente
che è un corpo il quale agisce e patisce in accordo alla propria forma psichica. Plotino esprime la sua
concezione del mondo fisico ogni determinazione formale intrinseca a una realtà materiale non ha in se la
propria ragion d’essere ma rinvia a un’altra causa auto autosussistente e distinta dal corpo la forma
immanente deriva da questa causa ed è immagine di essa. Egli identifica la forma intrinseca al corpo
animato con l’immagine dell’anima. Il corpo è nell’anima in quanto è tenuto insieme dalla sua forza causale
ma la tesi secondo cui il corpo vivificato da una causa estrinseca l’anima è il soggetto di passioni e
percezioni non risolve tutti i problemi quindi Plotino li risolve con la dottrina della percezione dove si
distinguono 3 elementi 1) l’oggetto percepito materiale o qualificato 2) gli organi di senso del corpo
animato 3) l’anima la funzione dell’anima nella percezione è caratterizzata da un giudizio gli organi di senso
dell’organismo animato subiscono le affezioni da parte degli oggetti percepiti la qualità percepita dai sensi è
per un aspetto identica alla qualità che esiste nell’oggetto corporeo ma priva di massa o materia il giudizio
percettivo dell’anima riguarda non l’affezione ricevuta dall’organo di senso ma l’oggetto percepito stesso
anche se l’anima è immediatamente consapevole dell’affezione il suo giudizio che è la percezione stessa
riguarda l’oggetto qualificato l’affezione ossia la qualità ricevuta dall’organo di senso è identica nel modo
prima indicato con la qualità esterna in questo modo l’anima percepisce non assimilandosi all’oggetto
materiale e non incorrendo quindi nelle alterazioni che hanno sede nel corpo vivente una soluzione simile è
proposta da Plotino per spiegare come le passioni e le emozioni possano riferirsi all’anima senza che incorra
in mutamenti simili a quelli corporei in quanto alterazioni le passioni hanno come sede non l’anima ma il
vivente animato mentre l’attività dell’anima associata a simili alterazioni non implica affezioni e alterazione.
Plotino sembra suggerire che l’anima del mondo abbia il compito di preparare la materia ad accogliere la
presenza dell’anima individuale formando un corpo adatto a ricevere la sua traccia a questa funzione
potrebbe alludere la formula di anima formatrice in questo processo svolgono un ruolo fondamentale i
logoi che provengono dall’anima del tutto e mediante i quali essa agisce sulla materia riproducendo in essa
i rapporti formali che si trovano nell’intelletto cosi nella costruzione dell’individuo sono presenti due
casualità e due livelli di anima. Plotino distingue le funzioni inferiori come le passioni e la percezione legate
al corpo dell’anima dalle funzioni superiori come l’intuizione legate all’anima però corpo e anima non sono
due realtà parallele sussistenti indipendenti l’una dall’altra
Il “noi” discorsivo
Il pronome noi indica secondo Plotino un modo di essere dell’anima ossia la condizione della nostra anima
che governa la sua generale attività e con la quale noi ci identifichiamo le anime individuali incarnate hanno
il centro della loro attività nelle facoltà rivolte al mondo dei corpi diversamente dal pensiero dell’intelletto
quello dell’anima implica una successione dei suoi contenuti non perfettamente unificati esso non è
dunque tutto insieme essa è ciò che pensa discorsivamente. Il pensiero discorsivo non possiede dentro di se
il proprio oggetto ma deve trarlo dall’esterno è essenzialmente di altro e rivolto a qualcosa di esteriore.
Secondo Plotino la percezione appartiene al vivente è dunque quest’ultimo il soggetto delle affezioni
percettive non l’anima che rivolge le sue attività e alle forme che riceve attraverso di esse l’anima può
conservare in se mediante la facoltà dell’immaginazione le sensazioni ricevute in questo modo può
paragonare le nuove percezioni con quelle più antiche in questo modo essa piò chiedersi chi sia quell’uomo
e dice servendosi della memoria che è Socrate. I giudizi dell’anima discorsiva sulle realtà percepite
suppongono criteri non desunti dalla percezione se il pensiero discorsivo diche che Socrate è buono lo fa
sulla basa di quanto ha appreso mediante la sensazione ma ciò che dice al riguardo lo trae da se perché ha
in se il criterio del bene gli atti discorsivi traggono origine dalle forme intellegibili per una mente senza
accesso all’archetipo tutto ciò che essa incontra è vuoto di significato dopo aver detto che l’anima ha in se il
criterio del giudizio Plotino sostiene che l’anima riceve i riflessi delle forme dell’intelletto che la illumina
dall’intelletto quindi accoglie le immagini delle forme che vengono usati come canoni di giudizio la facoltà
razionale costituisce il centro dell’attività dell’anima rivolta al mondo sensibile che viene giudicato
presupponendo come criterio a priori le tracce delle forme intellegibili dell’anima ciò che noi siamo è cosi
collocato tra i due poli costitutivi dall’intelletto e dalla percezione ciò non esclude che essa possa rivolgersi
anche verso di se diventano oggetto di se stessa
Nel formulare giudizi sulle realtà percepite il noi discorsivo fa uso dei criteri a priori e innati. In Plotino la
memoria è associata a una potenza spontanea e attiva dell’anima e anch’egli fa propria la teoria secondo
cui l’anima discesa dall’intellegibile ha in se la memoria delle forme contemplate prima di venire in un
corpo tuttavia non viene considerata la cosa migliore (p103) è infatti primariamente associata alla
condizione discorsiva sottomessa al tempo e discesa dall’intellegibile dell’anima anche quando siano
ricordate le realtà migliori esse lo sono mediante una facoltà che è segno di distacco dell’anima dal mondo
intellegibile essa richiede un criterio a priori derivato dalle forme intellegibili ma non è coscienza di tali
forme. La conoscenza degli intellegibili deve articolarsi come una scienza che muove dalla conoscenza dei
principi adeguati al suo oggetto ma la conoscenza di tali principi non può essere assicurata dal pensiero
discorsivo che è rivolto a oggetti sensibili per struttura e non è rivolto all’intelletto anche se trae da esso i
criteri del giudizio. Secondo Plotino l’anima non discende nella sua integralità ma vi è qualcosa di essa che
non abbandona l’intelletto è omogeneo a esso e non viene modificato dall’unione dell’anima da esso
questa “parte” è dunque costantemente in contemplazione delle forme intellegibili anche se noi non ne
siamo coscienti e la nostra attività conoscitiva di cui ci rendiamo conto si svolge a livello della sensazione e
dell’anima discorsiva quindi inferiore gli individui intellegibili cioè la parte di anima non discesa può
ricongiungersi secondo Plotino con la parte non discesa e condividere il suo tipo di conoscenza già in questa
vita distogliendo l’attenzione dalle realtà esteriori per dirigere l’attività dentro se stessa riscoprendo la sua
natura più autentica. La conoscenza più elevata dell’anima accoglie i contenuti dall’intelletto riempendosi di
esso divenendo essa stessa intelletto in tal modo abbiamo accesso a una conoscenza intellettuale di tipo
intuitivo e autoriflessiva questa parte dell’anima che può fare ciò è chiamata Nous. Plotino distingue grosso
modo tre condizioni dell’anima individuale: l’anima incarnata in un corpo vivente, l’ombra dell’anima dopo
la morte che conserva ancora memorie di eventi sensibili (l’ombra di Eracle nell’Ade) l’anima che non
discende dall’intellegibile che è perfettamente libera e sola (Eracle che siedi felice tra gli dei) per Plotino
l’anima individuale finché è associata al corpo ed è soggetta al tempo non può insediarsi stabilmente nel
Nous anche se l’anima non discesa diventa il centro unificatore dell’attività psichica. Il processo che fa si che
l’anima si rende conto di avere una parte nell’intellegibile si chiama apprensione la purificazione dell’anima
prova a rivolgere l’attività dell’anima verso le forme stesse che vengono contemplate e conosciute
direttamente. (fonti e problemi dell’anima non discesa) per plotino si può avere una conoscenza diretta
dell’intelletto tramite l’anima che attraverso siffatti ragionamenti si eleva verso di esso considerando se
stessa un’immagine dell’intelletto
L’UNO
La dottrina del primo principio è centrale in Plotino tale dottrina è la conseguenza ultima di determinati
presupposti che riguardano l’ontologia, la dottrina della causalità e la dottrina della conoscenza plotiniana.
Gli interpreti hanno spesso sentito la necessità di determinare l’uno riferendo a esso caratteri che invece
Plotino non gli attribuisce (come essere infinito identità di essenza ed esistenza p118) Plotino afferma
chiaramente che il primo principio non è essere e non sembra far uso della distinzione di essenza esistenza.
L’uno è il principio semplice di tutte le cose. L’essere supremo posto a livello dell’intelletto è ciò che è nel
grado più alto di perfezione. Per Plotino il grado superiore di realtà non va concepito prendendo come
unità di misura il grado più basso. Se l’essere fosse stato un carattere distintivo esso non sarebbe proprio
dell’intellegibile poiché secondo Plotino i caratteri che determinano un’immagine non si applicano al suo
modello l’essere tuttavia è uno dei generi supremi che determinano la struttura dell’intellegibile ciò che
dipende dall’intellegibile è essere in maniera impropria. Il mondo dei corpi è infatti essere in modo meno
perfetto secondo un grado inferiore rispetto all’intellegibile. L’essere accomuna l’intelletto a ciò che è
posteriore a esso in breve l’intelletto è il primo principio dentro la totalità del reale ma ciò in pone che non
può essere il primo principio assoluto perché se fosse tale non dovrebbe essere compreso nella totalità del
reale il primo principio dunque non deve -essere “essere” – tutte le cose che sono essere non possono
trarre il loro -essere “essere” – dall’essere ma devono trarlo da un principio il quale sarà eterogeneo a tutto
ciò che è e sarà, dunque, fuori dall’essere. L’uno secondo Plotino è non essere in quanto è al di la
dell’essere ed è per la sua assoluta semplicità superiore all’essere esso è la causa che genera tutto il resto
inclusa l’alterità la quale esattamente come la diade indefinita è concepita da Plotino come il primo
prodotto dell’uno l’attività indeterminata che rivolgendosi verso la propria origine si trasforma in essere
quindi Plotino chiaramente attribuisce a esso una funzione generatrice che si manifesta nella nascita
dell’intelletto dall’uno.
Plotino caratterizza l’uno come potenza di tutte le cose ciò vuol dire che se essa non esistesse non
esisterebbero neanche tutte le cose e l’intelletto non sarebbe vita prima e totale questa definizione non
rinvia alla capacità dell’uno di divenire tutte le cose infatti Plotino distingue l’essere in potenza che rinvia
alla capacità di un oggetto ha di diventare qualcosa e l’essere potenza inteso come potenza attiva che è
attribuita all’uno perché è la fonte di tutte le cose l’uno non può essere nessuna delle cose che da esso
traggono origine. L’uno in quanto origine trascendente deve essere tutto senza essere niente ma Plotino
afferma anche che l’uno possedeva il tutto prima di generarlo ciò non vuol dire che tutte le cose sono già
precontenute nell’uno in una forma di esistenza superiore rispetto a quella che hanno nei gradi successivi
alla realtà prima di dispiegarsi nell’intelletto esso possiede il tutto in quanto è potenza di generare ogni
cosa ma può generare ogni cosa in quanto esso non è nulla di ciò che trae origine da esso in questo senso
Plotino afferma che l’uno è infinito ( non nel senso di concetto matematico per infinito intende la assoluta
semplicità e assenza di determinazione dell’uno associata alla potenza generale di ogni cosa p122) e senza
forma. La differenza tra uno ed essere viene spiegata chiaramente l’essere è una delle forme principali che
costituiscono l’intelletto ed è dunque tanto un principio quanto un genere invece l’uno è solo un principio.
Tutte le cose sono nella misura in cui sono conservate dall’uno in questo senso tutte le cose tendono
all’uno da cui provengono e si sforzano di diventare uno (Plotino afferma che i tre principi uno, anima e
intelletto sono dentro di noi) l’unità che deriva dall’uno rinvia al fatto che tutto ciò che è determinato
mediante caratteri distintivi dipende dalla presenza di una potenza assolutamente eterogenea e non
classificabile mediante nessun attributo l’appellativo uno designa questo.
Bene è l’unica qualificazione che si può attribuire all’uno ma non si deve supporre che l’uno sia il bene l’uno
è bene non in se stesso ma per tutte le cose che vengono da esso e ne hanno bisogno ogni appellativo non
ne determina la natura ma si limita a caratterizzarlo inadeguatamente a partire da ciò che proviene da esso
anche quando affermiamo che l’uno è causa non predichiamo un attributo di esso ma di noi perché siamo
noi ad avere in noi stessi qualcosa che viene dall’uno mentre lui è in se stesso. Plotino attribuisce al
principio una volontà e autocausalità l’uno è descritto come tale da volere se stesso e ciò che produce con
assoluta libertà rigorosamente distinta dall’arbitrio esso genera ciò che esiste non come capita ma come lui
lo volle l’uno vuole ciò che si deve la sua volontà è concepita come una essenza di bene la gerarchia
metafisica plotiniana è articolata in senso discendente secondo gradi sempre maggiori di molteplicità che si
aggiunge all’unità e alla semplicità del livello gerarchicamente superiore. Plotino ritrova nelle prime tre
ipotesi del Parmenide la sua distinzione di uno, anima e intelletto la prima ipotesi corrisponde all’uno come
al di la dell’essere e del molteplice (per il Chiaradonna uno= assolutamente semplice) la seconda ipotesi
corrisponde all’intelletto che è “uno-molti” ossia implica la perfetta compenetrazione di unità e molteplicità
la terza ipotesi corrisponde all’anima che è “uno e molti” poiché dirige la sua attività verso la molteplicità
corporea e indica una successione nel suo pensiero discorsivo che le è proprio a differenza dell’uno
l’intelletto non è assolutamente semplice in quanto ogni forma di pensiero anche il pensiero di se stesso
presuppone una dualità tra l’attività e l’oggetto di pensiero e perché l’oggetto del pensiero divino è
intrinsecamente molteplice l’uno non deve ne pensare ne conoscere alcunché poiché il pensiero in virtù
della pluralità che esso non può implicare è necessariamente il segno di ciò che è inferiore all’uno per
questo l’uno non conosce neanche se stesso esso non ha ne pensiero ne coscienza si se ( senza l’uno non
potrebbero esservi i molti)
L’uno è una causa generatrice ma è al tempo stesso esente da ogni tipo di attività o movimento che
possano compromettere la sua assoluta semplicità da qui sorge la necessità che il movimento implicate
nella generazione dell’intelletto si trovi non in ciò che genera ma in ciò che viene generato Plotino stabilisce
tre tappe della generazione dell’intelletto 1) dall’uno procede per sovrabbondanza qualcos’altro un’attività
illimitata e secondaria che non è ancora intelletto ma è la potenza generatrice da cui esso emerge tale
attività viene detta vita indeterminata 2)l’attività secondaria e illimitata scaturita dall’uno si rivolge verso
l’uno con una sorta di conversione definita vista che non vede questo sguardo incompiuto diretto verso
l’uno è parte integrante del processo emanativo l’altro che proviene dall’uno per sovrabbondanza non è
ancora intelletto è in uno stato incoativo 3) quando lo sguardo si compie allora l’altro che viene dall’uno
diventa intelletto lo sguardo però vede l’uno non in quanto tale ma sotto forma di molteplicità che
costituisce il mondo intellegibile in questo modo l’intelletto perviene a quella contemplazione di se che ne
costituisce la natura questi tre momenti non avvengono in successione ma eternamente. Il fatto che
dall’uno deriva per sovrabbondanza qualcos’altro rimanda alla doppia attività secondo cui l’atto esterno
dipende costantemente da quello interno il quale resta privo di affezioni malgrado il fatto che dia origine
all’esterno tutto ciò può spiegare perché l’uno non subisca mutamento nella generazione dell’intelletto e
rimanga se stesso.
Uno, intelletto e anima sono le tre ipostasi che sono principi ossia i tre principi metafisici capaci di essere
cause in virtù della propria natura da ciascuno di essi scaturisce un’attività che è principio del grado
successivo l’uno genera l’intelletto che genera l’anima che genera i corpi e le forme sensibili Plotino
sostiene che i corpi e le forme sensibili sono realtà morte in quanto incapaci di essere cause autentiche
l’atteggiamento di Plotino rispetto al mondo fisico è duplice: alcune volte egli insiste sul suo carattere
inautentico illusorio e inessenziale dei corpi opponendoli al mondo dell’essere come una sorta di polo
negativo altre volte invece insiste sul suo carattere buono e provvidenziale del cosmo naturale
sottolineandone il legame con le cause autentiche e intellegibili ciò non è un incoerenza ma una duplicità
compatibile con entrambi i punti di vista se il mono fisico viene considerato in se stesso senza ricondurlo
alle sue cause essenziali si presenta allora come incapace di avere un’organizzazione interna se invece il
mondo fisico viene ricondotto alle sue cause autentiche allora esso si rivela come il grado più basso di una
gerarchia che parte dai principi metafisici ed è in continuità rispetto a esso. La conoscenza delle cause
intellegibili ci consente di comprendere il mondo fisico in modo appropriato. Ogni trattazione del cosmo
naturale che non prenda come punto di partenza le cause intellegibili è destinata a fallire. I trattati sui
generi dell’essere sono dedicati alla dottrina delle categorie nel primo di essi Plotino discute criticamente la
teoria peripatetica e stoica delle categorie nel secondo egli prende in considerazione i generi sommi
secondo i quali è articolata la struttura del mondo intellegibile: essere identico diverso quiete e movimento
nel terzo trattato espone la sua teoria dei generi del mondo fisico sostanza qualità quantità movimento
relazione l’indagine sulle categorie dovrà esaminare la struttura generalissima di ciò che è e individuare i
concetti fondamentali in base a cui ciò che è può essere classificato e organizzato. Tra il mondo fisico e
quello sensibile vi è una radicata eterogeneità. La tesi che vuole far valere Plotino è quella secondo cui non
è possibile chiarire in modo soddisfacente che cosa sono le realtà sensibili e quale è la struttura propria ad
esse se questa essenza e questa struttura non sono riportate all’azione di cause intellegibili il mondo dei
corpi non ha in se la propria essenza ed è generato dall’azione di cause intellegibili che trasferiscono alla
materia le immagini degli archetipi e dei loro nessi reciproci. Plotino ritiene come Aristotele che il mondo
abbia durata eterna dunque non c’è stato un momento in cui il cosmo non è esistito ma ciò non significa
che sia indipendente da cause superiori tutt’altro ciò significa che si esercita su di esso la causalità delle
realtà superiori da cui dipende egli deduce il suo carattere ingenerato proprio dalla sua dipendenza dalle
cause intellegibili le quali agiscono in virtù della loro stessa natura. Attraverso la critica delle dottrine
aristoteliche e stoiche Plotino si propone di difendere la necessità di ammettere un rapporto metafisico
come quello della partecipazione platonica (nella versione plotiniana che accentua l’aspetto produttivo
delle cause intellegibili una volta che esse siano concepite secondo i principi adatti a esse). Dalle cause
intellegibili i corpi non traggono solo l’ordine e la regolarità dei processi ma la loro natura e la loro esistenza
le distinzioni introdotte nel mondo sensibile devono essere riportate alla causalità di realtà intellegibili in se
stesso prescindendo dal riferimento alle cause autentiche il mondo fisico manca di realtà e intellegibilità. Il
movimento in se stesso è completo indipendente dall’estensione temporale e distinto dalla sua
manifestazione sensibile ossia il movimento esteso esso è pienamente atto. Cosi come la sostanza sensibile
rinvia a un principio extra fisico che ne è causa anche il movimento fisico rinvia a una causa extrasensibile
ossia l’anima essa è il principio che produce il movimento nelle sostanze fisiche e il suo movimento è
distinto da quello che essa genera con la propria stessa presenza nei corpi, potenza invisibile si muovere
dalla quale procede la sua manifestazione sensibile questa analisi del movimento situa al di fuori del mondo
corporeo le cause dei processi che hanno luogo in esso. Il tempo invece va ricondotto alla successione che
caratterizza il modo di attività dell’ipostasi dell’anima cosi come l’eternità della quale il tempo è immagine è
ricondotta al modo di vita che caratterizza l’intelletto. La genesi del tempo è ricondotta alla costituzione
dell’anima nel suo distaccarsi dalla vita coesa dell’intelletto. Il tempo è caratterizzato come vita dell’anima
in movimento di transizione da un modo di vita all’altro. I processi fisici derivano dall’azione dell’anima la
quale è un principio intellegibile che dispiega in successione i contenuti noetici che si trovano
perfettamente unificati nell’intelletto.
L’anima non può non essere presente al mondo dei corpi in quanto questi sono contenuti da essa ma allo
stesso tempo l’anima non è una forma ilemorfica essa appartiene a un altro ordine e non è un aspetto
intrinseco del mondo sensibile la sua natura è diversa l’intellegibile unifica ciò che è materiale e gli da
l’essere rimanendo completamente distinto da esso nella sua natura l’anima dunque risiede non in senso
letterale nel mondo dei corpi come uno straniero. Il mondo sensibile è una manifestazione depotenziata
delle cause intellegibili dunque secondo questa prospettiva non esistono due mondi quello sensibile e
quello intellegibile ma sono uno quello intellegibile che ammette gradi diversi di realtà e di efficacia causale
il mondo dei corpi altro non è che il grado più basso di una gerarchia continua che parte dalle realtà
incorporee ed extra fisiche. L’anima del mondo è la candidata migliore per il ruolo di principio causale e
formatore del mondo fisico (ricorda che Plotino distingue tre divisioni dell’anima quella individuale quella
de mondo e quella dell’anima come principio ipostatico) il mondo corporeo è un risultato di produzione
azione da parte dei principi intellegibili la loro azione deriva dalla loro stessa essenza il modo in cui le cause
intellegibili vivificano e generano all’interno dei corpi non dipende solo l’anima ma anche dal logos
principio formatore dei corpi in quanto trae la sua origine e natura dal cosmo intellegibile l’anima è l’origine
da cui si formano i logoi. Il logos è la potenza formatrice che procede dall’anima e esercita la propria azione
al limite tra il mondo intellegibile e sensibile al quale da forma in questo modo i logoi hanno il compito di
trasferire al mondo corporeo le immagini delle forme intellegibili. Affine al concetto di logoi è quello di
natura che nella sua totalità è completamente intellegibile l’azione formatrice della natura sulla materia è
concepita come una contemplazione produttiva responsabile della genesi del mondo fisico la natura
produce perché è contemplazione essa è causa al modo in cui lo sono le cause intellegibile delle quali
costituisce il grado più basso essa non produce al modo di artigiano ma è un anima prodotta da un’anima
superiore e più potente il suo agire deve dunque essere riportato alla sua essenza di tipo intellegibile e alla
sua attività di tipo teoretico. Plotino paragona l’intero movimento del cosmo a quello di un danzatore un
esperto potrà comprendere osservando alcune parti del suo corpo quale posizione sta assumendo il resto
del corpo allo stesso modo l’astrologo potrà comprendere a partire dalla configurazione assunta da parte
del cosmo i movimenti che hanno luogo nel resto di esso. Gli astri non determinano gli eventi che hanno
luogo nel mondo sublunare essi hanno natura ignea non c’è motivo di postulare un elemento ad hoc per
spiegare il loro movimento
La materia e il male
La materia è l’ultimo grado della processione della realtà che prende origine dall’uno essa è privazione di
essere, incapace di generare alcunché e sterile le forme si uniscono ad essa senza modificarla o
determinarla in alcun modo l’inerenza delle forme nella materia è paragonata da Plotino al modo in cui
appaiono forme riflesse in uno specchio essa è nient’altro che alterità partecipa non partecipando un altro
modo in cui Plotino affronta il problema della materia è: la materia come principio alla materia sono
ricondotti i caratteri dei corpi che li distinguono dal mondo intellegibile in particolare l’estensione
quantitativa. Egli attribuisce alla materia una capacità di resistere all’azione delle cause intellegibili e una
specifica azione contraria a quella dei principi divini quindi essa si presenta come una sorta di principio
opposto all’uno e all’essere la sua causalità negativa è concepita come origine del male ultimo aspetto della
materia è la materia come principio ultimo della processione essa conserva in se una traccia della sua
origine dalla quale non è mai totalmente separata. Plotino attribuisce alle funzioni inferiori dell’anima la
generazione della materia che essendo l’ultimo grado della processione non ha qualità positive essa è causa
della debolezza dell’anima e del vizio in quanto dimentica la sua origine e dirige la sua attività verso ciò che
le è inferiore senza consapevolezza della sua dignità (male morale secondo Plotino)
ETICA E MISTICA
Il trattato enneadico sulle virtù è spesso citato come punto di avvio di una dottrina molto diffusa tra gli
autori neoplatonici e nei pensatori del Medioevo latino secondo questa dottrina esistono diversi generi di
virtù disposti in ordine gerarchico secondo una scala in cui ogni grado corrisponde a un grado progressivo di
perfezione morale. Alla base di questa concezione si ha uno schema tripartito che vede disposte in
successione le virtù politiche o civili, le virtù catartiche o purificative e un genere di virtù superiori che
esprimono la pienezza dell’attività contemplativa teorica. Plotino nega che siano virtù i modelli di esse che
si trovano nell’intelletto attraverso le virtù noi ci rendiamo simili all’intelletto i modelli di virtù sono diversi
aspetti della realtà che costituisce l’essere dell’intelletto divino la virtù è un grado di realtà più basso
rispetto al suo modello e non si può attribuire a quest’ultimo gli aspetti che caratterizzano ciò che dipende
da esso Plotino riconosce due tipi di virtù quella politica o inferiore e quella superiore dalla quale sono
fornite due diverse definizioni una riguardante la purificazione dell’anima dal corpo e un’altra la sua
contemplazione dell’intelletto questa distinzione delle virtù è simile alla distinzione di virtù attive e
contemplative nella quale le prime indirizzate al mondo dei corpi sono rigorosamente subordinate alle
seconde le quali sole esprimono la possibilità dell’anima di elevarsi rispetto al mondo empirico e di stabilirsi
nell’intellegibile. In Plotino è difficile isolare una riflessione etica rispetto alla sua posizione metafisica. La
concezione plotiniana della felicità fornisce importanti elementi per affrontare questi problemi. La dottrina
del carattere duplice del se secondo l’antropologia plotiniana ciascuno di noi è caratterizzato da una
condizione ontologica e cognitiva duplice connessa a due schemi causali distinti anche se collegati da un
lato vi è l nostro se incarnato il vivente composto dalla forma proveniente dall’anima e del corpo che
condivide la condizione ontologica delle realtà soggette al tempo e al mutamente dall’altro vi è ciò che noi
siamo nel senso più proprio il vero se che non lascia il mondo intellegibile e si identifica con la parte
superiore della nostra anima la felicità autentica si pone sul piano dell’anima non discesa ed è
sostanzialmente indipendente dall’azione Plotino usa il concetto di vita per caratterizzare il modo d’essere
dell’intellegibile noi siamo capaci di possedere questa vita perfetta in virtù della parte superiore della
nostra anima la cui attività è rigorosamente distinta da quella della vita sensibile la felicità è il possesso di
questa vita perfetta con le virtù morali inizia un processo di purificazione dell’anima dal corpo che al suo
termine renderà possibile l’assimilazione dell’anima a dio. Tutto il nostro sforzo morale è concepito come
una via per riappropriarsi di una condizione rispetto alla quale il comportamento empirico e le azioni
concrete perdono di fatto molto del loro valore egli sostiene che le nostre anime dopo la morte conservino
memoria delle nostre azioni quindi esse non sono prive di importanza. Secondo Plotino l’uomo è
completamente autonomo non quando può scegliere senza costrizione tra più alternative ma quando
agisce in accordo alla sua natura più vera e razionale e riproduce lo stesso modo d’azione delle cause
intellegibili
L’unione mistica
Il virtuoso è rivolto verso il proprio interno e non ravvisa nelle cose esterne l’oggetto del proprio volere
l’itinerario dell’anima plotiniana si compie quando essa distoglie la sua attenzione dal mondo sensibile
concentrandola dentro di se riappropriandosi cosi della sua propria natura intellegibile in questo modo la
parte dell’anima non discesa diventa il centro unificatore dell’attività psichica noi prendiamo cosi coscienza
di ciò che autenticamente siamo e condividiamo la concezione e il tipo di conoscenza del Nous questa
concezione della gerarchia nella quale l’origine non è esteriore o distante da ciò che essa genera ma è
interna a esso poiché lo contiene come un cerchio nei quali la periferia è costituita da grado inferiore e
molteplice cosi come il centro non è esteriore al cerchio ma ne costituisce il punto più interno allo stesso
modo il principio non è esteriore a ciò che dipende da esso ma si trova dentro la molteplicità a cui da
origine ciò può dar conto dell’affermazione dove Plotino sostiene che nella nostra anima sono contenute le
realtà più grandi ossia intelletto e l’uno ne consegue che la conversione dell’anima verso il suo interno
dovrà andare oltre l’intelletto verso l’origine di tutto da cui essa dipende cioè l’uno “fuga di solo a solo”
l’uno non può essere conosciuto da noi perché non è neanche conoscibile in se e da se stesso perché se lo
fosse sarebbe molteplice quindi l’unione con l’uno è caratterizzata da un’ambivalenza da un lato è
manifestazione suprema di indipendenza e autonomia per l’anima dall’altro essa implica che sia in qualche
modo sacrificata la soggettività e l’individualità di ognuno.