Sei sulla pagina 1di 44

LA PSICOLOGIA DI INTERNET (Patricia Wallace)

Cap. 1 – Internet in un contesto psicologico


Un tempo Internet era un mezzo di comunicazione per ricercatori e accademici; adesso può
mediare quasi tutte le attività umane: mantenere il contatto con amici, cercare i prezzi migliori,
condurre ricerche o scambiare informazioni. Internet è dunque un luogo in cui gli esseri umani
possono agire e interagire in modi diversi; i suoi effetti potrebbero essere positivi, o potrebbe
indurci a fare cose di cui potremmo pentirci, ma rimane comunque un ambiente che è possibile
modificare e plasmare.
La ricerca psicologica conferma che l’ambiente nel quale ci troviamo ad agire può modificare il
nostro comportamento: in una determinata circostanza possiamo agire in un modo non coerente
al nostro comportamento abituale. Anche il ​cyberspazio​ influisce su di noi, se si analizza ciò che
accade su un piano psicologico.
INTERNET​: un sistema globale di reti di computer interconnesse che utilizzano lo stesso protocollo
di comunicazione, il ​Transmission Control Protocol/ Internet Protocol​ (TCP – IP). Gli ambienti
internetici si evolvono molto più rapidamente della maggior parte degli esseri viventi; molti
ambienti hanno inoltre caratteristiche sovrapponibili oppure ibride, cioè date dalla combinazione
di diversi elementi. È possibile abbozzare una tassonomia di massima:
● World Wide Web (ambienti Internet di “prima generazione”);
● Web 2.0.
Il World Wide Web è il primo ambiente online ad aver proiettato Internet nella vita di milioni di
persone, consentendo loro di cercare informazioni, pagare le bollette e di compiere qualsiasi altra
attività limitando, di fatto, l’interazione interpersonale. Come fonte di informazioni, il Web non ha
uguali; motori di ricerca come quelli sviluppati da Google identificano i risultati più rilevanti e
qualitativamente validi (la parola ​google​ è persino diventata di uso comune, come il verbo
“​googlare​”). Gli algoritmi di Google cambiano spesso per ostacolare truffatori (​scammers)​ che
usano tecniche subdole per ottimizzare i propri siti, come riempire le proprie home page con
parole chiave che, molto probabilmente, la gente userà per le proprie ricerche. La qualità dei
motori di ricerca viene valutata da migliaia di voti sotto forma di link in entrata da altri siti, mentre
con la nascita del Web 2.0 e l’aumento dell’interattività dei siti Web sono stati aggiunti altri criteri,
come punteggi o “mi piace” da parte degli utenti. Per rendere il Web una fonte di informazioni più
valida si cerca di aggiungere ai dati ulteriori significati che il motore sia in grado di leggere, al fine
di trasformare il “Web di documenti” in un “​Web semantico​”, attraverso il quale i link potrebbero
convogliare significati più ricchi. Così facendo, il software sarebbe in grado di compiere online
compiti più sofisticati senza l’intervento dell’uomo.
I motori di ricerca scansionano un link dopo l’altro fino a coprire interamente il ​Web di superficie,​
che sovrasta il ​Deep Web​, forse più esteso dello stesso Web di superficie e più difficile da
raggiungere dai motori di ricerca con il metodo della scansione dei link. Esso è accessibile agli
utenti che sono in grado di utilizzare gli opportuni termini di ricerca. La maggior parte di questi
database non è stata però progettata per essere nascosta. Con l’espressione ​Dark Web​ si fa
riferimento ai siti invisibili ai motori di ricerca che scansionano il Web di superficie, seppur
richiedano comunque una forma di autorizzazione. Il Dark Web sarebbe quindi costituito da
comunità che cercano l’anonimato per diverse ragioni: nascondere attività criminali, bypassare la
censura, proteggere dissidenti o giornalisti che denunciano illeciti. Molte sono accessibili al
pubblico mediante software specifici, a patto che si sappia come usarli.
● La ​posta elettronica​ è un altro ambiente degli utenti della rete. Molte persone posseggono
più indirizzi e-mail per potersi presentare con diverse identità o per interagire in contesti
diversi.
● La ​discussione asincrona​ è uno scambio continuativo, in cui i partecipanti iniziano delle
discussioni su un argomento, postano risposte e leggono ciò che gli altri hanno scritto.
Asincrona perché ci si può aggiornare in qualsiasi momento e scrivere il proprio contributo
in qualsiasi momento della giornata. Le discussioni si sviluppano molto rapidamente e allo
stesso momento si concludono; altre, però, hanno un ritmo lentissimo. I forum possono
essere disomogenei, perché gli utenti possono discutere su argomenti diversi allo stesso
momento. In questo ambiente è possibile trovare persone che condividono gli stessi
interessi; talvolta i partecipanti possono anche conoscersi nella vita reale. Esempi di forum
sono ​Google Groups​ e ​Yahoo! Groups​. I forum possono usare due tipologie di piattaforme,
come la ​mailing list​, cioè una particolare posta elettronica dotato di un dispositivo
automatico che inoltra tutti i messaggi ricevuti a tutti i membri del gruppo, o il ​newsgroup​,
che ospita argomenti di svariato tipo ai quali è stata attribuita una blanda struttura
gerarchica di codifica (es. “alt” sta per ​argomenti alternativi​; “spi.space.news” indica le
ricerche spaziali).
● Le chat sincrone o ​messaggistica istantanea​ cercano di riprodurre una conversazione in
tempo reale usando solo le parole digitate su una tastiera (es. le aziende offrono spesso
delle chat room a servizio dei visitatori per rispondere alle loro domande). Le chat room
attirano le persone per ragioni diverse, e non solo negativamente.
● I ​blog​ sono siti che una persona aggiorna con costanza e con nuovo materiale, e che
permettono ai lettori di esprimere la propria opinione attraverso i commenti. Al contrario
dei forum si concentrano sul pensiero del singolo individuo, i contenuti sono più informali e
coincidono con le riflessioni e le opinioni dei blogger. Chiunque può creare blog attraverso
servizi gratuiti; alcuni sono talmente fortunati da avere un seguito tale da guadagnare
abbastanza da condurre una vita dignitosa.
● I ​social network​ fondono molte componenti degli altri ambienti online in un’unica
piattaforma: permettono di scrivere in una bacheca centrale e di inviare messaggi simili ai
normali SMS. Facebook, ad esempio, offre possibilità di gestire l’impressione trasmessa agli
altri, tramite il profilo, le foto, l’aggiornamento dello stato personale, ecc. Sono social
network anche siti che prevedono la condivisione di contenuti, come Youtube, Instagram o
Snapchat, in cui gli utenti caricano video o slideshow, benché abbiano un’impostazione un
po’ diversa. Su Youtube, ad esempio, ciascuno può creare un canale dedicato ad un
particolare tema. In genere i social network sono scelti in base ai propri bisogni e se,
soprattutto, supportano la lingua locale; essi permettono di restare in contatto con amici e
famigliari, ma ospitano anche altre attività tra gruppi che li usano per connettersi con
persone interessate.
● Twitter ​è un social network di ​microblogging​, in cui si possono inviare messaggi della
lunghezza massima di 140 caratteri ma a cui aggiungere altri contenuti mediali. Ogni utente
accumula ​followers ​(persone che lo seguono) che vedono tutti i suoi messaggi e che
possono “​ritwittare​” ciò che più gli è piaciuto ai propri followers. Su Twitter gli utenti
possono seguire chiunque, senza dover inviare richieste d’amicizia o attendere
l’approvazione. I “vip”, per esempio, acquisiscono talmente tanti followers da guadagnare
profumatamente da pubblicitari che chiedono apprezzamenti sui loro marchi. Twitter è,
inoltre, un ingrediente chiave della comunicazione virale: nel giro di pochi minuti un tweet
può raggiungere migliaia di persone. Gli utenti stessi di Internet usano la pratica
dell’hashtag, cioè una parola contrassegnata dal simbolo cancelletto #. Essi facilitano la
ricerca dei messaggi tramite parole chiave. Twitter non è usato solo per scopi frivoli: è
usato da aziende, celebrità, o per la diffusione delle notizie che raggiungono questa
piattaforma prima dei mass media tradizionali.
● Gli SMS e i messaggi ​WhatsApp​ sono in parte simili a Twitter. Sono brevi comunicazioni che
la maggior parte dei destinatari legge non appena arrivano. Sono diffusi soprattutto tra gli
adolescenti, che possono così comunicare e stare in contatto in maniera informale, senza
l’obbligo di rispondere.
● Nei mondi virtuali si crea un avatar in un modo tridimensionale e si interagisce con altri
sincronicamente. Le prime versioni, ​MUD ​(​Multi – User Domain o Dimension​), erano basate
su testi e i giocatori, per muoversi, digitavano comandi come “Vai giù”. I mondi virtuali
moderni, invece, sono caratterizzati da immagini vivide e comandi sofisticati, che i giocatori
usano per creare personaggi, comunicare con altri abitanti o creare aziende. Molti di questi
mondi sono multiutente, nei quali i giocatori possono combattere con i nemici o altri
gruppi. Con l’espressione “realtà virtuale” si indica la simulazione di un ambiente
tridimensionale in cui le persone possono entrare anche “fisicamente”, e non solo
mediante dei controller. Accessori come guanti muniti di sensori possono integrare le
esperienze dei mondi virtuali.
● Esistono applicazioni che permettono di interagire tramite video e voce, come ​Skype​, e che
supportano un maggior grado di comunicazione non verbale, come espressioni facciali o
gesti. Se, da un lato, questa tipologia di applicazioni non permette una vera simulazione del
contatto visivo con l’altro utente (si guarda lo schermo, ma non l’obiettivo della
telecamera), la comunicazione via video può avere dei vantaggi, soprattutto per gruppi di
lavoro che conducono riunioni di avvio di un progetto, ecc.
● Le ​App​ stanno rapidamente sostituendo la navigazione in Internet su cellulari o tablet, che
funzionano bene su schermi e tastiere di dimensioni ridotte. “​C’è un’App per questo​”
(slogan di Apple): ciò implica che queste stanno rivoluzionando molti servizi, come prima
aveva fatto Internet stesso. Le App, però, limitano l’esperienza della navigazione in rete,
circoscrivendo il campo d’azione dell’utente ad una sola applicazione specifica. Le
applicazioni sono tipiche dei dispositivi mobili, che possono accedere alla nostra posizione
in qualsiasi momento, e ciò permette, ad esempio, di identificare bar, amici o servizi nelle
vicinanze. Esse si prestano a riempire ritagli di tempo improduttivi.
Tutte queste categorie presentano degli specifici effetti psicologici. Il primo riguarda il ​grado di
anonimato;​ su Twitter, ad esempio, la percezione dell’anonimato ha una variabilità molto ampia.
Per cui si possono scambiare tweet solo con famigliari o amici, o con estranei di tutto il mondo
usando degli pseudonimi.
Anche il ​livello di consapevolezza di sé​ varia a seconda dell’ambiente. Una maggiore o minore
consapevolezza di sé può influire sul comportamento delle persone.
Un’altra caratteristica che tende a variare è la percezione ​dell’​ampiezza dell’audience​. Nei contesti
“faccia a faccia” si può solitamente vedere quante persone si hanno di fronte, ma in rete il numero
degli interlocutori è elusivo (non possiamo prevedere, ad esempio, quante persone visualizzano il
nostro aggiornamento di stato su Facebook). Altra variabile è la ​presenza o assenza di un’autorità
locale,​ come ad esempio il moderatore di un gruppo, che risolve conflitti, fa applicare delle regole
ed espelle chi le viola.
Ma il più importante modulatore del comportamento nei diversi ambienti online è lo ​scopo​ che
animano le persone che li visitano. Più che a un “villaggio globale” (McLuhan, 1964), Internet
appare come un gigantesco assembramento di quartieri indistinti, dove le persone con interessi
comuni possono condividere informazioni, lavorare insieme, scherzare, ecc.
LINGUAGGIO IN RETE​: il linguaggio è il companatico di Internet. Gli utenti modificano
deliberatamente le caratteristiche proprie del linguaggio, a volte storpiandolo per assecondare la
necessità di esprimere al meglio loro stessi. I criteri con cui si usa il linguaggio sono legati al
contesto sociale; il modo di esprimersi (registro linguistico) cambia se si parla al telefono, ci si
rivolge a un bambino, si prepara un discorso politico, ecc. Ovviamente, il medium è una variabile
importante.
Christopher Werry:​ analizzò alcune chat sincrone cercando di identificare alcune proprietà di
questo registro linguistico. ​È come se si fosse in una stanza in cui si stanno svolgendo diverse
conversazioni nello stesso momento e si partecipasse ad una sola, prestando attenzione alle altre
solo di rado. I messaggi scorrono lenti sullo schermo, o vi rimangono per un po’ per facilitarne la
lettura e l’analisi.
Dunque, il mezzo della chat influisce sul registro linguistico, che sarebbe orientato verso un uso
economico del linguaggio: le persone usano, infatti, molte abbreviazioni e scorciatoie. In inglese,
ad esempio, è comune la riscrittura fonetica (“thnx dude, u guys out 2nite?”).
In confronto ad altre forme di scrittura, messaggi e chat usano molti più pronomi di prima e
seconda persona, o un maggior numero di termini che si riferiscono al tempo, come “adesso” o
“presto”. I forum di discussione asincrona (newsgroup) hanno un proprio registro, probabilmente
perché i partecipanti possono “parlare” quanto vogliono. Spesso, però, le persone si avvalgono di
uno stile assai simile a quello adoperato nelle interviste televisive, consapevoli di rivolgersi ad una
“platea” più grande qualora rispondano ad un post, con la sola differenza che, in quest’ultimo
caso, nessuno può interromperlo.
APPLICARE LA TEORIA AL COMPORTAMENTO ONLINE
● Teoria della presenza sociale​: ​elaborata da John Short prima della diffusione di Internet,
l’espressione “presenza sociale” si riferisce al grado in cui un individuo viene percepito
come “persona reale”. Le comunicazioni mediate dalla tecnologia possono alterare questa
percezione, perché comportano differenze nella capacità di trasmettere informazioni non
verbali (come il contatto visivo). Dunque, questa teoria sostiene che i media capaci di
veicolare un maggior numero di indizi non verbali faranno percepire gli altri come più
“reali”, con interazioni più cordiali e calde.
● Teoria della ricchezza del mezzo:​ conduce ricerche sulla leadership e sul management per
indagare come i dirigenti possano trasmettere diversi tipi di messaggi. La teoria predice che
i manager opereranno la scelta migliore usando i mezzi più ricchi in momenti di elevata
incertezza, e gli indizi non verbali possono contribuire alla risoluzione dei problemi.
● Teoria dell’elaborazione delle informazioni sociali ​(Joseph B. Walther): riguarda
direttamente il comportamento in rete, soprattutto in ambienti basati su messaggi scritti,
e-mail o chat sincrona. Per gestire le impressioni, bisogna fare affidamento su un mezzo
meno complesso. Nei contesti “faccia a faccia” gli indici non verbali si combinano con
parole pronunciate; nei contesti mediati da computer, basati soprattutto sulle parole, ci si
adatta al contesto utilizzando qualsiasi mezzo disponibile per convogliare le emozioni.
● SIDE ​(​Social Identity Model of Deinindividuation Effects)​ : si occupa della natura dei gruppi
online e dello sviluppo dell’identità di gruppo. Quando le caratteristiche individuali sono
scarsamente evidenti o invisibili, ma i membri di un gruppo credono di condividere
un’identità sociale comune, si evidenza un maggior attaccamento all’identità di gruppo che
a quella individuale. La mancanza di indizi non verbali può portare ad un ​in-group​ molto
coeso che amplifica le differenze rispetto a un ​out-group.​ Dunque, gli ambienti online
aumentano la stereotipizzazione e portano alla spersonalizzazione.
● Usi e gratificazioni​: l’individuo sceglie quale medium usare a seconda del tipo di bisogno
che potrebbe aumentare il suo benessere individuale o sociale. Gli utenti di Internet non
sono fruitori passivi di un mezzo di comunicazione imposto dall’alto.
POTERE AGLI UTENTI​: la rete è una tecnologia, però, ancora molto giovane; la sua
regolamentazione è tutt’altro che definita. Internet tende a mutare rapidamente: anche se ci
sentiamo esperti nell’uso dell’e-mail, non possiamo prevedere quali saranno le regole della
prossima “novità” e come quest’ultima influenzerà il nostro modo di comportarci.
Internet non è, dunque, una tecnologia che sta lì a nostra disposizione; ​possiamo​ usarla così
com’è, ma possiamo al contempo avere delle possibilità di influenzare questo strumento, perché
ne siamo insieme i creatori, i produttori e gli utenti.
Alcuni, però, sostengono che sia ormai troppo tardi per modificare il corso di questa nuova
tecnologia, per salvare la nostra privacy da tutti coloro (come aziende o enti pubblici) che
dispongono di mezzi per ottenerla, con o senza il nostro consenso.
Robert L. Heilbroner​ – “determinismo tecnologico”: «[…] è un problema tipico di determinate
epoche storiche, […] nelle quali i cambiamenti tecnologici hanno preso il sopravvento, ma gli
organi deputati al controllo e alla regolamentazione della tecnologia sono ancora rudimentali».

Cap. 2 – La persona online: psicologia della formazione delle impressioni


Come ci si presenta in rete?
In rete vigono dei principi diversi e un’autopresentazione particolarmente efficace può portare a
un’immediata celebrità. Molte interazioni online, come nei social network, si svolgono tra individui
che già si conoscono nella vita reale, per cui la persona online integra le impressioni già raccolte.
Ma la persona online svolge un ruolo cruciale per la prima impressione quando la presentazione di
sé viene affidata ad un’e-mail o un social network, specialmente se la relazione tra due individui
nasce in rete per poi approfondirsi in contesti diversi. Anzi, in diversi casi la persona online non
esce mai dalla rete, perciò essa è tutto ciò che si conosce del nostro interlocutore.
ONLINE, IN SCENA​: Eving Goffman ritene che ciascun individuo utilizzi strategie particolari per
presentarsi, in ogni situazione, nel modo che reputa più opportuno. Può seguire le norme sociali o
sfidarle deliberatamente, ad esempio per sorprendere. Ci si comporterebbe in modo diverso,
però, se gli “attori” fossero “dietro le quinte”, dove non ci sono spettatori.
Creare la propria persona online può essere vantaggioso, perché ci si può prendere il tempo
necessario per trovare le parole giuste o per caricare le foto o i video più adatti per il proprio
profilo su un social medium. Per certi versi, però, potrebbe essere rischioso, perché mancano
strumenti a noi familiari, come il sorriso, il linguaggio del corpo o altri indici non verbali (es. lo
status di superiorità non può essere chiaramente mostrato così come avviene nella vita reale,
sollevando un sopracciglio o con il tono di voce).
Gli strumenti impiegati per gestire le impressioni online variano:
● a seconda della ​ricchezza del mezzo​: social network come Facebook o LinkedIn offrono più
opportunità per arricchire la propria autorappresentazione attraverso l’uso di immagini o
video;
● con la crescente disponibilità di strumenti per ritoccare le proprie foto e rendersi più
attraenti (es. Adobe Photoshop);
● perché le opzioni per presentarsi in rete si ​ampliano​ costantemente: con Snapchat si può,
ad esempio, inviare ad un altro cellulare immagini che scompariranno dopo qualche
secondo;
● al variare dei destinatari delle comunicazioni: ad esempio, possiamo inviare “tweet” ad una
manciata di follower, i quali potrebbero “ritwittarli” e renderli “popolari”, o addirittura far
sì che raggiungano l’intero “universo Twitter”.
Spesso si trascura che, pur essendo i servizi gratuiti, le aziende ottengono grandi guadagni
attraverso la pubblicità o altri accordi commerciali (come con le “scritte in piccolo”). Facebook, ad
esempio, si riserva il diritto di associare le nostre immagini a slogan pubblicitari ai quali abbiamo
messo “mi piace”.
● Goffman sostiene che le nostre motivazioni permettono la scelta della strategia più idonea
allo scopo. Egli lo definisce un “gioco di un’informazione”, un ciclo potenzialmente infinito
di occultamento, scoperta, falsa rivelazione e riscoperta.
● Il contesto può influenzare le scelte impiegate: ad esempio, Facebook predilige strategie
per ingraziarsi le simpatie degli altri, essendo una piattaforma di socializzazione.
● Le strategie dipendono dalla personalità dell’individuo: le persone che, nella vita reale,
controllano il proprio comportamento a seconda della situazione sociale, appaiono più
amabili e accettabili. Le persone che, invece, sono meno focalizzate sulla desiderabilità
sociale, si presenteranno come più autentiche ed estroverse, non curandosi di ciò che gli
interlocutori possono pensare.
● La maggior parte delle persone crede che l’autenticità sia un ingrediente fondamentale per
una gestione efficace delle impressioni. Investiamo molto tempo e soprattutto energia per
ridefinire l’impressione che vogliamo suscitare, ma non vogliamo che gli altri sappiano
quanta fatica questo ci costi.
LA FORMAZIONE DELLE IMPRESSIONI ONLINE E OFFLINE​: non sempre siamo razionali quando
elaboriamo un’idea di un nuovo venuto, traendo conclusioni affrettate con tutti gli indizi
disponibili e annullando il giudizio in caso di informazioni insufficienti.
Subito dopo la Seconda Guerra Mondiale, Solomon Asch elaborò il ​modello configurazionale​ che
dimostrò che, spesso, si è portati a trarre giudizi sconclusionati partendo da pochissimi indizi.
Esperimento delle due liste di aggettivi identiche, ad eccezione degli aggettivi “caldo” e
“freddo”​: sono attributi molto importanti, che contribuiscono a formare la prima impressione
(​effetto primacy)​ .
Gli indizi che usiamo per ricavare l’impressione di calore o freddezza sono principalmente di tipo
non verbale, come il tono della voce, la gestualità, la postura, ecc. Le parole hanno, dunque, un
ruolo secondario rispetto agli altri indizi. Molte ricerche dimostrano come, in rete, le persone
appaiono quasi tutte più “fredde”, risolute o irascibili di quanto siano in realtà. ​Starr Roxanne Hiltz
e ​Murray Turoff​: condussero delle ricerche sul modo in cui le persone si esprimono nelle diverse
situazioni relazionali, confrontando riunioni faccia a faccia con riunioni telematiche. Constatarono
che, nel primo caso, le persone mostravano un ​accordo reciproco.​ Nelle CMC, invece, veniva
spesso espresso ​dissenso e​ solo di rado si cercava di mitigare delle situazioni di tensione. Da qui le
impressioni di “freddezza” presenti nel mondo di Internet. Un test di personalità MBTI (​Myers
Briggs Type Indicator)​ dimostra come gli errori nei giudizi di calore o di freddezza siano molto
comuni. Possiamo apparire “freddi” non solo per le limitazioni del mezzo, ma soprattutto perché
online siamo meno inclini ad aderire a quelle minimali regole sociali che governano le interazioni
interpersonali.
Le proprie espressioni in rete possono essere connotate da un punto di vista emotivo attraverso
l’utilizzo delle ​emoticon,​ cioè allegre combinazioni di segni di interpunzione studiate per esprimere
la mimica facciale che compaiono attorno agli anni Ottanta. Le emoticon, con il passare del tempo,
sono diventate più accessibili e sfaccettati grazie a software sempre più sofisticati: alcuni
programmi convertono le faccine in immagini che aggiungono più espressività emotiva alla
comunicazione testuale. Gli emoji sono, ad esempio, una variante delle emoticon; create in
Giappone, esprimono una vasta gamma di emozioni. L’uso delle emoticon subisce un’ampia
variabilità.
Le emoticon possono far virare un’impressione in una direzione a seconda della situazione.
● Esse ammorbidiscono una richiesta, facendola sembrare meno brusca, e possono rendere
gli esperti “più umani”, gentili e competenti.
● Possono rafforzare il contenuto verbale del messaggio: se una persona accompagna un
complimento con una faccina sorridente, se ne trae un’impressione più positiva e
viceversa.
● Rafforzano l’intensità del messaggio se c’è concordanza tra l’emozione che esprimono e le
parole scritte, in senso negativo o positivo: ad esempio, le e-mail nelle quali manca tale
coesione sono più difficili da interpretare, e vengono percepite come “sarcastiche”.
Il contesto permette di capire se l’utilizzo delle emoticon può turbare od offendere il destinatario,
a seconda della sua personalità. Le persone con un elevato livello di stabilità emotiva rimangono
maggiormente influenzate dall’uso delle emoticon e valutano il mittente come più simpatico. Ma
anche un uso spropositato delle emoticon potrebbe sortire effetti negativi, come nei siti di
incontri.
Quando si dispone di scarse informazioni, si cerca qualcosa con cui integrare tale scarsità. Per cui
anche una semplice emoticon permetterebbe di creare già una prima impressione.
Tra l’altro, siamo anche piuttosto pigri: sovraccaricati di dati sensoriali, cerchiamo scorciatoie e
utilizziamo pochi indizi ​sufficienti ad illuderci​ di aver colto la natura di una persona.
Susan Fiske ​e​ Shelley Taylor​: “​avarizia cognitiva​”, cioè la tendenza a conservare l’energia e a
ridurre il carico cognitivo, sopravvalutando determinate informazioni.
Una delle prime informazioni che contribuisce a creare un’impressione sulla persona online è
l’​indirizzo di posta elettronica​. Le persone con indirizzi divertenti o contenenti personaggi di
fantasia, ad esempio, vengono concepite come più estroverse. Anche gli stereotipi di genere
hanno condizionato l’impressione, per cui indirizzi e-mail appartenenti a donne sono stati valutati
in termini di una maggiore propensione al nevroticismo più che in termini di una maggiore
apertura all’esperienza, alla gradevolezza e coscienziosità. Gli indirizzi con un maggior numero di
punti e caratteri sono attribuiti a persone più coscienziose.
OSSERVARE ATTRAVERSO UNA LENTE​: il “modello a lente”, di Egon Brunswick, scompone il
processo della percezione umana nel tentativo di capire come gli indizi disponibili vengano usati
per formare un giudizio. Questo modello si pone tre domande:
1. Quali indizi vengono usati per formarsi le impressioni?
2. Quali indizi disponibili sono ​validi​ predittori della personalità di un individuo?
3. Vengono usati gli indizi ​giusti​?
Gli indizi che guidano alla formazione delle impressioni non sono solo evidenti (età, genere, ecc.),
né si riducono a quelli che scegliamo deliberatamente, come un sorriso o un abbigliamento alla
moda. Tra questi ci sono anche i ​residui comportamentali​, cioè quelle informazioni che si lasciano
dietro di sé quando non si è fisicamente presenti sulla scena.
Samuel D. Gosling​: usa il modello a lente per stabilire un’impressione su un determinato soggetto
esaminando i residui comportamentali all’interno di alcuni uffici o stanze da letto. Vedendo una
stanza pulita e ordinata, i suoi collaboratori pensarono che il soggetto fosse coscienzioso. Se
c’erano molte riviste, libri o CD, ipotizzavano che il soggetto fosse aperto all’esperienza, ecc.
L’indirizzo e-mail è un altro esempio di residuo comportamentale minimale, che influenza però il
modo in cui vengono valutati alcuni aspetti della personalità. Se un indirizzo è creativo o ricercato,
la persona viene valutata come “aperta all’esperienza”.
Anche le emoticon sono un’altra tipologia di residuo comportamentale, sotto il controllo dello
scrivente, che può decidere se usarle o dove inserirle. Ci sono però altri indizi che agiscono aldilà
del livello di consapevolezza dell’individuo; sarebbe saggio ignorarli, o considerare questi come più
validi proprio perché non sotto il controllo del soggetto.
LA FORMAZIONE DELLE IMPRESSIONI SUI SITI PERSONALI E SUI SOCIAL NETWORK​: “cartelloni
digitali”, ovvero le nostre ​home page​ che possono essere arricchite di tutti i dettagli autobiografici
che vogliamo. Alcuni desiderano creare una brochure digitale di se stessi, con tutte le informazioni
che ritengono pubblicamente accessibili come immagini, interessi professionali, pubblicazioni, ecc.
Altri la creano per offrire servizi alla comunità.
Facebook o LinkedIn, invece, hanno la funzione di “manifesti digitali”: il loro contenuto è una
raccolta di affermazioni sulla propria persona da parte dei titolari, scelte accuratamente per
suscitare una specifica impressione.
Questi siti non danno adito ad una modificazione della propria identità; piuttosto, presentano
un’identità integrata e stabile, che mette in evidenza ciò che l’individuo ritiene importante. Nei siti
personali vengono spesso mescolati dettagli della vita privata a informazioni pubblicamente
accessibili.
Un sito personale racchiude una vasta gamma di caratteristiche distintive che suggeriscono che
l’individuo sia creativo e fantasioso. Per cui, gli autori delle pagine Web presentano se stessi in
modo realistico in conformità alla maggior parte dei tratti di personalità. Solo l’estroversione o la
gradevolezza combaciano con l’​ideale​ dell’autore.
Il profilo di un social network permette di controllare la visibilità della propria persona online, in
quanto se può limitare l’accesso ad amici, familiari, ecc. “​Vischiosità​” del sito, cioè una
caratteristica che induce a restarvi a lungo: Facebook, ad esempio, invita a compiere elaborate
autorappresentazioni e ad aggiornare costantemente il proprio stato, rispondendo a domande
come “A cosa stai pensando?”. Sollecita anche a completare le informazioni personali come la
scuola frequentata, i dati sulla famiglia o sulla situazione sentimentale.
La foto del profilo è ciò sui cui gli “avari cognitivi” fanno fortemente riferimento.
Marilynn Brewer​: dimostra il grande impatto che età e genere hanno sulla formazione delle prime
impressioni. Anche l’avvenenza fisica influisce su queste: le persone attraenti vengono così
percepite come gentili, brillanti, stimabili, estroverse, sicure, ecc. Questo effetto, detto “alone
dell’avvenenza”, è soprattutto presente in rete: quando l’immagine del profilo è, ad esempio, poco
attraente, le persone non compiono ulteriori sforzi per sapere qualcosa sull’altro, né osservando la
foto né leggendo altre informazioni.
Un altro residuo comportamentale presente sui social network è il ​numero degli amici.​
Joseph B. Walther​: dimostra come avere molti “amici” su un social medium possa comportare
degli svantaggi. Si potrebbe, infatti, stabilire una competizione, una “gara di popolarità”, anziché
dedicarsi a costruire dei veri legami affettivi.
Inoltre, si tende a considerare più attraenti persone sulla cui bacheca compaiono post da parte di
amici di bell’aspetto. Avere amici affascinanti, che lasciano commenti sul nostro profilo,
renderebbe anche noi più affascinanti. Ma anche ciò che gli amici ​scrivono​ può lasciare un residuo
comportamentale, sia positivo che negativo.
In generale possiamo affermare che i residui comportamentali che ​non​ sono sotto il nostro
controllo possono avere un maggior peso ai fini delle impressioni e dare maggiori garanzie. Ad
esempio, spesso sui profili Facebook appaiono commenti o post che non concordano con ciò che il
soggetto in questione ha scritto nella sua sezione “Informazioni”. Per cui, tendenzialmente, un
commento da parte di un amico che contraddice ciò che il proprietario del profilo vuole
trasmettere esercita un’influenza significativa sulla costruzione delle impressioni.
Spesso il numero di amici o le foto nelle quali l’individuo appare in compagnia sono buoni indizi di
un carattere estroverso e piacevole. Ma non possiamo stabilire con certezza ​quanto​ quest’ultimi
possano essere affidabili: sopravvalutarli o sottovalutarli potrebbe alterare la vera natura del
soggetto. Ad esempio, a causa dell’avarizia cognitiva potremmo considerare una persona, che ha
una bella foto del profilo, cordiale o piacevole. Ciò potrebbe generare un giudizio fuorviante.
Mentre in un contesto “faccia a faccia” abbiamo la possibilità di ​guardare​ il nostro interlocutore e
di adattarsi ad esso, negli ambienti della CMC gli interlocutori sono spesso immaginati e più difficili
da identificare. Si parla di ​collasso del contesto​ quando audience multiple si fondono in modo
difficilmente prevedibile, per cui diventa arduo gestire un’impressione autentica (es. quando delle
foto in cui siamo in compagnia di amici ad una festa vengono viste da un genitore o un estraneo).
Per questo si sta diffondendo l’approccio del “minimo comune denominatore”, secondo cui la
nostra autorappresentazione viene “diluita” in modo da non irritare nessuno. Oppure si tende a
suddividere la propria lista di amici, ad esempio su Facebook, in “amici”, “familiari”, “colleghi”, e a
usare le “restrizioni” che impediscono a individui indesiderati (come gli estranei) di visualizzare
delle informazioni personali.
Alcuni sostengono che, online, le persone si presentano soprattutto in modo autentico e reale e
che, di solito, non si preoccupano degli interlocutori e di ciò che potrebbero pensare. Ma questo
approccio non tiene conto del fatto che tendiamo a modificare il “Sé” a seconda del contesto o del
tipo di interlocutore.
STIAMO DIVENTANDO PIU’ NARCISISTI?
Gestire la propria persona online comporta uno spreco di energie cognitive, oltre che di tempo.
Ma ciò potrebbe portarci a sviluppare delle tendenze narcisistiche?
Narcisismo​: è un concetto elaborato da Freud, secondo il quale esso corrisponderebbe ad
un’esasperazione del proprio Io. Dunque, le persone narcisiste sono più arroganti, si sentono
esageratamente importanti, nutrono un interesse eccessivo per il potere e il successo, hanno
costantemente bisogno di ammirazione, ecc. Un narcisista monitora sempre se stesso e cerca di
sintonizzarsi spesso sulle reazioni degli altri per gestire al meglio il proprio modo di porsi; obiettivo
centrale è, infatti, lo sfruttamento, cioè l’utilizzare gli altri per portare a compimento i propri scopi.
I narcisisti hanno, quindi, pochi amici stretti e un’ampia cerchia di conoscenti, assimilabile ad una
“platea adorante”.
Negli ambienti della CMC, gli individui narcisisti considerano le proprie foto come strumenti per
sottolineare il fascino e l’unicità della propria persona, e credono che tutti siano interessati a
sapere qualsiasi cosa abbiano da dire o fare. I soggetti con elevati livelli di narcisismo risultano
avere anche un livello più elevato di attività sociale, e si è potuto riscontrare come il contenuto
delle loro autodescrizioni fosse squisitamente autopromozionale.
Il mondo online offre loro innumerevoli possibilità di autoespressione, di cui essi se ne avvalgono
ampiamente.
Jean Twenge​: parla della generazione dei ​Millenials​, cioè quella costituita da tutti coloro che sono
nati dopo il 1980. Alcuni studi dimostrano come dal 1979 al 2006 il livello di narcisismo sia
notevolmente aumentato, dovuto ai nuovi stili educativi, alla cultura della celebrità e Internet.
Ma se il narcisismo è particolarmente elevato con la prima generazione ad essere cresciuta con
Internet, possono alcune caratteristiche dell’ambiente online aver contribuito a questo stato di
cose?
Gli ambienti online possono influenzare il comportamento umano, sia in negativo che in positivo. I
social network spesso ci esortano a focalizzarci su noi stessi, chiedendoci, ad esempio, di
aggiungere una nuova foto, aggiornare le nostre informazioni, scrivere un nuovo aggiornamento di
stato, ecc. Tutto ciò ci porterebbe a credere che gli altri siano effettivamente interessati a noi, a
ciò che diciamo o facciamo, promuovendo la concentrazione su di sé e un esagerato senso di
unicità.
Alcuni studi dimostrano che i narcisisti mirano ad avere molti interlocutori, soprattutto su social
network come ​MySpace,​ che ​promuovono le tendenze narcisistiche​. Social network come
Facebook​, invece, ​incrementano il grado di autostima​, portando il soggetto ad avere più fiducia in
se stesso e nelle proprie capacità. Perché?
● Perché entrambi enfatizzano caratteristiche dello stesso tratto, cioè il narcisismo.
● Perché MySpace promuove il sé come elemento centrale, mentre Facebook è più una
combinazione di presentazione di sé e connessione sociale, sottolinea il legame con la
famiglia e gli amici, ecc.
● Perché sottili differenze negli ambienti online possono sortire effetti diversi sul
comportamento umano. Ad esempio, Twitter permette di amplificare i propri proclami di
superiorità, Facebook mette in risalto la propria immagine, e così via.
● Perché gli utenti hanno una natura volubile: al giorno d’oggi persino Facebook viene
sostituito dalla preferenza per altri social, come Snapchat, Instagram o WhatsApp.
Jean Twenge parla, dunque, di un’​epidemia di narcisismo.​ L’attore Joe Holt, invece, sostiene che il
problema non siano Facebook o Snapchat, quanto piuttosto “il nostro bisogno di conferme
esterne”.
USARE MEGLIO LA TASTIERA​: non sappiamo ancora padroneggiare gli strumenti di cui disponiamo
negli ambienti della CMC. Ad esempio, la tastiera del computer può nascondere delle insidie; se si
scrive con le lettere maiuscole, l’interlocutore potrebbe pensare che stiamo urlando.
In Internet disponiamo di un insieme di strumenti che utilizziamo alla massima potenza. Eppure,
quando siamo noi a fare qualcosa di sbagliato, attribuiamo la colpa alle circostanze (es. se siamo
noi a “gridare” online, attribuiamo la colpa alla posizione sbagliata del testo, ecc.).

Cap. 3 – Le dinamiche di gruppo in Internet


Internet ha effetti profondi sulle dinamiche di gruppo; la rete è uno spazio sociale che ha garantito
la nascita di nuove tipologie di gruppi. Sui social network ognuno crea il proprio gruppo con la
propria persona al centro.
“Gruppo”: un insieme di due o più persone che interagiscono tra loro e si influenzano
reciprocamente. A differenza degli “aggregati”, l’interazione e l’influenza possono essere evidenti
nei gruppi sociali o nei gruppi di lavoro coesi. Ovviamente, un minimo cambiamento nell’ambiente
trasformerebbe un semplice aggregato in un gruppo, caratterizzato dal senso di unità, impegno,
fedeltà reciproca e partecipazione alle attività comuni. Il legame diventa più forte quando le
richieste del gruppo sono più elevate, per cui diventa più difficile entrarvi; essere un membro di
quel gruppo conferisce quindi uno status di superiorità. Un gruppo coeso contribuisce a plasmare
l’identità sociale dei suoi membri.
La mancanza dei normali indizi sociali rende improbabile lo sviluppo di gruppi genuini e funzionali
negli ambienti della CMC. Non considerando i social network, i gruppi virtuali, molto spesso,
appaiono e scompaiono con velocità disarmante. Ma nonostante la loro natura fragile ed effimera,
in molti gruppi in rete si percepisce un forte senso di coesione, di “gruppalità”. Infatti, la
caratteristica più importante dei gruppi in rete è il “senso di appartenenza”, assieme alla
possibilità di discutere esperienze personali.
Nei gruppi online:
● Gli individui possono conoscersi personalmente, e si servono della rete come mezzo per
tenersi in contatto e scambiarsi idee.
● Gli individui hanno interessi comuni, ma non si conoscono nella vita reale, anche se
potrebbero facilmente organizzare incontri ravvicinati.
● Gli individui non si sono mai incontrati nella vita reale, e mai lo faranno. In questo tipo di
gruppo il senso di gruppalità emerge solo attraverso le dinamiche della comunicazione
online.
IL CONFORMISMO​: Solomon Asch eseguì vari esperimenti per dimostrare la tendenza al
conformismo all’interno dei gruppi. Gli individui, infatti, cercano di omologarsi al gruppo di
appartenenza nonostante non ci siano punizioni o conseguenze negative in caso di dissenso. La
spinta ad adattarsi non viene dall’esterno, bensì dall’interno; le persone negano le proprie
percezioni sensoriali temendo il rifiuto del gruppo. L’esperimento di Asch è stato riproposto per
individuare la tendenza al conformismo all’interno degli ambienti della CMC: in questo caso, la
tendenza a conformarsi si riduce drasticamente.
Le persone si conformano al gruppo:
● per evitare di essere rifiutate dai membri del gruppo o per cercare di ottenere le loro
simpatie (si definisce “compliance” perché non implica cambiamenti fondamentali nei
comportamenti);
● perché si rimettono agli altri per informazioni che possono guidare il loro comportamento,
specialmente in situazioni poco chiare;
● perché si identificano con il gruppo stesso e desiderano essere simili agli altri membri.

NORME DI GRUPPO​: il gruppo necessita di norme per funzionare correttamente. Alcune possono
essere molto esplicite, altre piuttosto criptiche. Muzafer Sherif condusse degli esperimenti a
riguardo.
L’effetto autocinetico dell’illusione ottica:​ con questo esperimento Sherif dimostrò che la spinta a
convergere su una norma è forte, anche in assenza di particolari pressioni a raggiungere un
consenso.
Le norme emergono anche online, benché siano diversi gli indizi utilizzati per stabilirle. Ad
esempio, anche l’e-mail, cioè un tipo di comunicazione ​scri-lata,​ segue delle norme:
l’immediatezza della trasmissione permette di usare uno stile diretto per far subito emergere il
bisogno di contenuti socioemotivi, di molte abbreviazioni e di un’ortografia semplificata (es. ​thnx,​
btw,​ cioè ​by the way,​ ecc). Su Twitter i diversi gruppi adottano norme diverse, per cui gli
adolescenti utilizzeranno un modo di esprimersi diverso dai giornalisti, ad esempio. Ma il modo di
usare Twitter e gli hashtag contribuisce all’identità e alla coesione tipiche di ciascun gruppo.
Le norme dei gruppi online emergono perché le persone si frequentano e convergono su un
determinato modello di comportamento. Certe volte, però, gli individui cercano di trasferire le
norme, che normalmente applicano in contesti reali, nei contesti della CMC. Su Twitter i giornalisti
cercano di mantenere una maggiore obiettività nella descrizione dei fatti, ma spesso esprimono,
contro le regole, le proprie opinioni.
Si è dimostrato, inoltre, che la ​capacità prossemica,​ cioè la distanza tra corpi che gli individui
instaurano nelle relazioni interpersonali, così come l’​allineamento​ o ​disallineamento​ del contatto
visivo, vengono applicati anche nei mondi virtuali tridimensionali attraverso il modo in cui gli
utenti muovono, nello “spazio”, i loro avatar.
L’evolversi degli ambienti online diffondono guide che danno consigli su come gli utenti
dovrebbero comportarsi. Società come Printerest o Twitter pubblicano specifici avvisi spesso sotto
forma di licenza dell’utente finale o di termini di servizio, che stabiliscono il rapporto tra società e
utente.
Le norme di comportamento, in contesti reali, non vengono scritte, ma sono universalmente note;
oppure, osservando ciò che fanno gli altri, ci adeguiamo alle convenzioni sociali. Internet, però, è
un ambiente frequentato da persone provenienti da contesti culturali diversi, per cui i mezzi per
definire le regole sociali sono normalmente esigui.
Quando un membro del gruppo non rispetta le norme, si tenta di indurlo a conformarsi alle regole.
I comportamenti che generalmente suscitano obiezioni sono l’utilizzo di messaggi ostili e offensivi,
l’impiego di un linguaggio volgare, o la propagazione di ​spoiler,​ cioè anticipazioni di un finale di un
film o di un altro spettacolo. I rimproveri vanno dall’appunto garbato al vero e proprio attacco
contro chi trasgredisce.
Quando un gruppo online considera le azioni di qualcuno inaccettabili, la vendetta potrebbe
essere talmente spietata da portare all’eliminazione del profilo del soggetto da quello specifico
sito o social network.
Da un punto di vista filosofico, conformarsi alle convenzioni sociali e rispettare le leggi che
limitano la nostra libertà sono comportamenti atti a salvaguardare la nostra esistenza. Deleghiamo
le nostre libertà a un’autorità al fine di vivere in modo sicuro e prevedibile.
Thomas Hobbes:​ propone il concetto di ​Leviatano​, definito come il dio mortale al quale dobbiamo
obbedire dopo il Dio immortale. Esso può essere un sistema di governo che può risolvere le
controversie in modo giusto. Negli ambienti della CMC, per certi aspetti, siamo noi ad essere quel
Leviatano che può cancellare i post o gli amici che violano le regole. Ma la nostra “autorità” è
ovviamente limitata: non possiamo pretendere che una persona elimini uno specifico contenuto
dal ​suo​ profilo. In questo caso interviene la comunità, come quella di Facebook che può rimuovere
il contenuto o l’account di chi ha violato le normative della privacy.
LA POLARIZZAZIONE DEL GRUPPO​: nella vita reale viene spesso contrapposto l’​ingroup​, cioè il
gruppo di appartenenza, all’​outgroup​.
Henri Tajfel​: ha mostrato questo fenomeno con i suoi studi sui gruppi minimi (cioè gruppi creati
utilizzando dei criteri minimi, come la preferenza per un determinato pittore, ecc.). All’interno del
proprio gruppo può verificarsi una ​polarizzazione,​ per cui le tendenze preesistenti dei membri
vengono rafforzate con le interazioni di gruppo. Internet ha aumentato la polarizzazione, perché
negli ambienti della CMC è più facile selezionare i contenuti e scegliere opinioni simili alle nostre.
Molti sostengono che i gruppi siano molto più cauti e conservatori nel prendere le decisioni
rispetto ai singoli individui, soprattutto se riguardano questioni importanti.
“Risky shift” (deriva del rischio): quando le persone si ritrovano insieme per discutere sono più
portate verso scelte estreme che non verso scelte più prudenti. Molto accreditata è però l’idea che
il processo decisionale, all’interno di un gruppo, dipenda dall’inclinazione individuale di ciascuno
dei suoi membri a dirigersi verso l’uno o l’altro polo: se gli individui sono propensi alla prudenza, il
gruppo compirà una scelta cauta, o viceversa. Nonostante qualcuno possa avere un’opinione
molto estrema, esso non influenzava la polarizzazione. Durante una discussione all’interno di un
gruppo, emergono informazioni importanti che possono essere sfuggite all’attenzione dei singoli;
perciò si è propensi ad affermare che le decisioni prese in gruppo siano migliori di quelle prese
individualmente. La polarizzazione può essere influenzata o dalla tendenza al conformismo o dal
confronto sociale, cioè il confronto della propria opinione con quella altrui, alla quale potersi
adeguare o meno.
La ricerca psicologica sostiene che la polarizzazione possa essere responsabile di determinare
posizioni estremiste e che porti all’assenza di una voce moderatrice. La polarizzazione è più
intensa, negli ambienti online, quando il gruppo è più coeso e si percepisce un forte senso di
appartenenza. Essa diminuisce qualora i membri non possano concretamente incontrarsi.
Russell Spears​: deindividuazione dell’identità sociale, cioè se all’interno del gruppo di percepisce
un forte senso di gruppalità, si ha un incremento della polarizzazione. Al contrario, gli individui
sono portati ad ignorare le opinioni altrui.
Gli ambienti online possono portare ad una polarizzazione maggiore, perché al loro interno è
possibile scegliere a quale gruppo unirsi e con cui condividere delle idee. Ma omologarsi a quanti
la pensano allo stesso modo e che condividono appassionatamente un’opinione può portare ad
un’esasperata certezza delle proprie idee e, dunque, a posizioni più radicali. Si potrebbero
scegliere blog o siti che confermano le nostre idee e ignorarne altri che, al contrario, le
contraddicono. Twitter è un social medium che consente di sostenere opinioni molto radicali e di
osservare come si sviluppano i processi di polarizzazione.
MOBILITAZIONE DI GRUPPO​: Internet ha trasformato i mezzi attraverso cui le persone si
mobilitano, attirando l’attenzione di tutti per scopi o cause più ampie.
Gli ambienti online presentano molti vantaggi per i gruppi di attivisti che, attraverso i social media,
possono diffondere messaggi a coloro che hanno interessi comuni e che possono sostenere una
causa oltre le frontiere geografiche. Il relativo anonimato può contribuire a promuovere
un’identità di gruppo e un senso di gruppalità globale.
Gli attivisti online corrono però il rischio di incappare nella censura o in un destino ancora
peggiore, come l’arresto, l’imprigionamento o perfino la morte. Un’altra sfida per i movimenti
sociali è la ​sostenibilità​: molti sono infatti i ​slacktivists​ (attivisti da poltrona), a discapito di chi
contribuisce concretamente alla causa.
“Micro-coordinazione”: usando i social media, si possono inviare rapidamente avvisi o
aggiornamenti per tenere tutti al corrente di eventuali eventi o cambiamenti, come i ​flash mob.​
Quest’ultimi erano, inizialmente, spettacoli artistici innovativi e spontanei, ma con il tempo ne
sono emerse diverse tipologie.
● Smart mobs,​ con finalità sociali e dimostrative. Se ne avvalgono anche le aziende per
pubblicizzare nuovi prodotti o attrarre l’attenzione.
● Flash rob​, cioè raduni di più persone in un determinato luogo per compiere saccheggi o atti
di violenza e vandalismo. Subito dopo il gruppo si disperde, prima che la polizia intervenga.
Diverse sono le motivazioni che inducono all’organizzazione di un flash mob. Tra esse si avverte il
desiderio di essere cool, di vincere la noia o di esercitare il proprio diritto di sostare in un luogo
pubblico. Molti chiariscono che l’espressione “flash mob” non va in nessun modo associata
all’aggressività esercitata in alcuni di questi eventi.
GRUPPI DI LAVORO VIRTUALI
Tom Friedman​: con l’espressione “piattaforma piatta del mondo” indica ciò che permette alle
persone di collaborare ai progetti, formare comunità creare nuovi progetti e inaugurare una nuova
era della globalizzazione. Questa piattaforma è sorretta dall’infrastruttura di Internet, che
consente a persone che vivono in parti remote del Globo di realizzare un progetto comune.
In un processo decisionale all’interno di un gruppo è improbabile che tutti condividano le
medesime informazioni iniziali; è per questo motivo che le decisioni prese in un gruppo sono
considerate migliori di quelle prese individualmente. Dopo la discussione di gruppo, infatti, tutti
dovrebbero disporre delle medesime competenze ed esperienze: ognuno mette a disposizione ciò
che sa, in modo che alla fine la somma delle parti sia uguale al tutto. Purtroppo, ciò non accade
sempre, specialmente nei gruppi di lavoro online. Ogni intervento, infatti, tende a rafforzare più
l’idea della maggioranza, con l’aumento del consenso nel gruppo.
I gruppi di lavoro online sono caratterizzati dalla tendenza all’emergere di sottogruppi,
caratterizzati da una dinamica di un “noi” opposto a un “loro”. Ciò avviene soprattutto nei gruppi
in cui ci sono elementi che possono essere fonte di divisione, come la posizione geografica, che è
un importante fattore per l’identità sociale.
La dicotomia ingroup/outgroup può basarsi su differenze di cultura, di fuso orario o norme
implicite. La mancata conoscenza di quest’ultime potrebbe dare adito a fraintendimenti. La
dinamica del “noi vs loro” può portare a canali di comunicazione disuguali, differenze culturali e
altre questioni che accrescono il divario tra membri già separati dalla distanza fisica. Questa
tipologia di gruppo è ovviamente la meno efficace.
Una persona con uno status superiore tende a parlare di più e a dominare la discussione, e le sue
opinioni hanno un peso maggiore all’atto della presa di decisione di gruppo. Nelle conversazioni
“faccia a faccia” c’è una persona che tende a dominare la conversazione, ma negli ambienti della
CMC questa dominanza è meno pronunciata. Le buone idee possono, quindi, emergere a
prescindere da chi le abbia proposte.
Alcuni studi dimostrano che lo status e la dominanza in rete emergono in modo diverso. La
dominanza, ad esempio, è spesso messa in correlazione con la posizione geografica: un membro
geograficamente distante è ritenuto o molto dominante o molto sottomesso.
Nei contesti “faccia a faccia” i gruppi possono esercitare una considerevole pressione a
conformarsi, e le minoranze sono spesso spinte in una posizione scomoda. Tuttavia, la ricerca
psicologia evidenza come le opinioni della minoranza possano esercitare un’influenza non
trascurabile su quelle della maggioranza:
● se sono coerenti, perché altrimenti sarebbe facile ignorarle;
● perché hanno un grande valore per le organizzazioni che mirano all’innovazione.
Negli ambienti online tutti sono portati ad esprimere la propria opinione, senza attirare sguardi di
disapprovazione o interruzioni da parte dei membri della maggioranza. Anche in questo caso, se la
voce minoritaria è geograficamente remota e coerente, si è più portati a considerarla.
Il brainstorming di gruppo, all’inizio concepito come metodo che potesse stimolare la creatività e
generare idee innovative in poco tempo, è meno efficace di quello individuale; in quest’ultimo,
infatti, l’individuo non percepisce il “blocco della produzione” dovuto al fatto che, in gruppo, tutti
parlano a turno e non consentono a ciascuno il tempo necessario per sviluppare delle proprie idee
originali. Inoltre, all’interno di un gruppo, i membri sono portati ad impegnarsi di meno (inerzia
sociale), pensando che siano gli altri a fare il lavoro al posto loro. Gli sviluppatori di software
hanno elaborato un supporto elettronico per il brainstorming di gruppo che aggira il problema del
blocco della produttività e favorisce un comportamento disinibito, perché i partecipanti si sentono
più liberi di esprimere idee stravaganti. Stare al computer permette di focalizzarsi più sul compito,
e non concede il vantaggio di vedere le produzioni degli altri.
Affinché il lavoro di gruppo abbia successo, è necessario avere una fiducia reciproca. Nei contesti
“faccia a faccia”, questa si costruisce man mano che i collaboratori si conoscono e imparano a
valutare e a rispettare il contributo di ciascun membro. Con il tempo, imparano a fare affidamento
l’uno sull’altro e a confidare che ognuno svolgerà il compito assegnatogli.
Le aziende traggono vantaggi dal lavoro dei gruppi che si formano in rete, le cui attività si svolgono
nel cyberspazio. L’azienda che necessita di un certo grado di specializzazione non è più limitata
dalla posizione geografica, ma si affida a sistemi esperti che selezionano i candidati più
competenti.
I membri di un gruppo con elevato livello di fiducia si scambiano costantemente messaggi,
mostrano ottimismo e passione e una chiara focalizzazione sugli obiettivi del progetto comune. Il
gruppo peggiore, e dunque dalla scarsa produttività, mostra poco impegno e coinvolgimento. Per
cui i team che si basano su una fiducia “rapida” e reciproca sono quelli più produttivi e focalizzati
sul compito.

Cap. 4 – La psicologia dell’aggressività in rete


L’aggressività umana è provocata sia da fattori biologici che da quelli ambientali. Essa tende a
scatenarsi soprattutto negli ambienti della CMC per la presenza di parolacce, insulti a livelli
allarmanti, bestemmie molto più estreme che nei contesti a faccia a faccia.
La frustrazione scatena una risposta aggressiva soprattutto quando la persona è molto vicina al
raggiungimento di un proprio obiettivo e qualcosa, o qualcuno, interviene a impedirglielo
(esperimento di Kurt Lewin). Internet è un ambiente che incita a reagire in maniera brusca quando
qualcosa ci infastidisce, sia questo un riavvio improvviso del computer che ci impedisce di salvare
un lavoro, o la casella di posta colma di messaggi promozionali. La crescita esplosiva di attività
commerciali online rappresenta un’altra fonte di frustrazione; molti siti o giornali ad accesso
gratuito utilizzano molte strategie pubblicitarie per attrarre l’attenzione dei consumatori, spesso
molto fastidiose e frustranti. Al fine di evitarle e cancellarle, gli utenti si avvalgono di software di
“ad blocking” che bloccano gli avvisi pubblicitari, rendendo la navigazione sgombra da qualsiasi
annuncio pubblicitario.
Per ovviare alla cecità ai banner, molte imprese incorporano le promozioni all’interno delle fasi di
una transazione che, però, non fa che aumentare il livello di frustrazione. Questo tipo di
promozione è efficace perché gli utenti di Internet non sono sicuri che la pagina “opzionale” sia
realmente tale.
Qualsiasi evento spiacevole potrebbe dare adito a comportamenti aggressivi: uno stimolo negativo
provoca uno stato emotivo negativo. Ciò ci impedisce di riflettere obiettivamente sugli eventi che
ci circondano e tendiamo a considerare stimoli normalmente neutri in modo negativo. È facile
intuire che, se siamo già in uno stato di frustrazione, le nostre percezioni vengono
irrimediabilmente alterate.
L’AMBIGUITA’ DELLE COMUNICAZIONI IN RETE​: spesso siamo convinti della chiarezza delle nostre
comunicazioni, anche quando queste sono ambigue e facili da fraintendere. Ciò dipende dal fatto
che guardiamo o sentiamo le cose in modo egocentrico, cioè partendo dalla nostra prospettiva.
La comunicazione testuale è soggetta ad ambiguità per l’assenza degli indizi non verbali o
paralinguistici che possono chiarire o integrare il messaggio. Gli emittenti sono spesso certi che i
loro messaggi scritti possano essere correttamente compresi, ma invece non è così. Anche l’uso
dell’ironia potrebbe dare adito a fraintendimenti. Quest’ultimi possono trasformare un utile
confronto in uno scambio aggressivo e ostile, perché non sempre è possibile identificare il tono
con cui un messaggio viene concepito.
Un’interazione presenta, solitamente, una sequenza graduale che inizia con un semplice dissenso
che ​potrebbe​ sfociare in una lite vera e propria. L’uso delle faccine sorridenti potrebbe aiutare a
ridurre la percezione della bellicosità dei messaggi, quando si tratta di un semplice dissenso;
altrimenti potrebbe rendere il messaggio ancora più sarcastico e, quindi, aggressivo.
ANONIMATO​: può essere favorire l’aggressività perché rende il comportamento più disinibito,
meno condizionato dalle convenzioni e dalle norme sociali. Da un lato l’anonimato permette, però,
di discutere apertamente di argomenti molto intimi in relativa sicurezza; dall’altro, però, la
semplice omissione del nome potrebbe dare adito ad un comportamento ostile.
L’anonimato è caratterizzato:
● dall’​identificabilità,​ o la sua mancanza, che può rendere il comportamento disinibito in
senso negativo;
● dalla ​visibilità​, o l’invisibilità.
RITORSIONI​: gli insulti più forti sono quelli che attaccano il carattere, la competenza professionale
o l’aspetto fisico di una persona. La reazione più umana all’insulto è quello di rispondere allo
stesso modo; alcuni, rispondendo con una certa dose di aggressività, pensano di farlo in modo
proporzionale all’offesa subita, ma spesso si tende a oltrepassare il limite. Man mano che la lite si
acuisce, le persone utilizzano espressioni sempre più offensive.
Le liti online che si verificano all’interno di gruppi di lunga data normalmente tranquilli possono
essere estremamente distruttive. Chi tenta di placare la discussione dall’esterno ne rimane
coinvolto, pur puntando sull’ironia e sul lato divertente della situazione.
Il rimprovero permette di tenere a bada chi mostra comportamenti aggressivi. Spesso si riceve un
messaggio, più o meno garbato, da parte di un altro membro del gruppo sotto forma di scambio
privato o di rimprovero pubblico. Ai rimproveri reagiscono anche gli altri partecipanti, spesso con
l’idea che questi vengano utilizzati per intimorire il nuovo arrivato.
Chi riceve un rimprovero spesso risponde con parole o azioni (​ritorsione​).
Teoria della dissonanza cognitiva ​(​L. Festinger​): le persone si sentono a disagio quando devono
fare o hanno fatto qualcosa che non è in linea con il loro usuale atteggiamento; pur non potendo
cancellare ciò che è stato fatto, esse sono in grado di ricreare un equilibrio modificando il
comportamento iniziale.
Ovviamente è facile considerare negativamente una persona che ha subito un rimprovero.
“​Trolls”​ : persone che cercano deliberatamente di creare discussioni o seminare discordia con
commenti negativi, insulti o provocazioni. Questi cercano di allungare i tempi di discussione.
Le persone che tendevano, ad esempio, a rovinare ciò che è bello e puro con aggressività,
sviluppano un elevato livello di psicopatia, ma anche di sadismo diretto e vicario (“Mi piace ferire
la gente”). L’assenza di responsabilità, il relativo anonimato e altre caratteristiche dell’ambiente
online possono produrre simili effetti su persone tendenzialmente sadiche.
Dunque, sia la distanza geografica che la ​sensazione​ di anonimato favoriscono comportamenti
disinibiti.
CATARSI: FA BENE DAR SFOGO ALLA RABBIA?
La psicoanalisi insegna che tutti hanno degli impulsi aggressivi e che è positivo sfogarli una volta
tanto. Se ciò non avviene, la rabbia tende ad accumularsi con conseguenze anche disastrose.
Internet può essere considerato un’utile valvola di sfogo per questo processo catartico e chi se ne
avvale è più felice, più gentile e psichicamente più stabile.
Lo “sfogo catartico” permette di “sbollire”, scongiurando il rischio di un’esplosione violenta.
Tuttavia, dare sfogo alla rabbia potrebbe aumentare la tendenza all’aggressività invece di ridurla.
Sono stati sviluppati dei siti di “invettiva” attraverso cui dare voce alla propria rabbia. Alcuni li
frequentano per curiosità, divertimento, per il senso di comunità o per godere delle sofferenze
altrui.
CYBERSTALKING​: indica l’utilizzo di telecomunicazioni o Internet per infastidire, insultare o
minacciare la persona presa di mira. La vittima teme di subire gravi danni fisici o di essere anche
uccisa; la sofferenza provata è soprattutto psicologica.
Il cyberstalking si sovrappone al cyberbullismo, strettamente legato ai bambini e ai ragazzi in età
secolare.
Lo stalking non consiste solo nel provocare fastidio nella vittima, ma anche nel creare un notevole
disagio.
● Stalking​ – seguire o spiare la vittima, recarsi nei luoghi che la vittima frequenta
abitualmente, ecc.
● Cyberstalking​ – inviare messaggi indesiderati alla vittima, fare telefonate indesiderate,
postare in rete informazioni false della vittima, ecc.
Solitamente, le caratteristiche dello stalking e del cyberstalking vengono combinate per arrecare
più fastidio e tormento alla vittima. Alcuni ambienti della CMC contribuiscono alla diffusione e
all’efficacia di diversi tipi di aggressione in rete.
AGGRESSIVITA’: LO STILE DI INTERNET
L’aggressività è normalmente concepita come “una qualsiasi forma di comportamento che abbia
come obiettivo fare del male o ferire un altro essere umano”; le possibilità di metterla in atto sono
molteplici. Gli ambienti online presentano caratteristiche che amplificano e prolungano l’impatto
dei comportamenti aggressivi.
● Anonimato​: la sola ​percezione​ di anonimato può avere effetti disinibenti.
● Distanza fisica​: la distanza che lo separa dalla vittima può modificarne il carattere e
renderlo più audace.
● Amplificazione​: l’audience di un’aggressione online può essere non ben definita, ma può
essere certamente anche molto ampia. Chiunque può coinvolgere migliaia di persone a
diffondere voci false della vittima.
● Permanenza​: le azioni aggressive in rete tendono a permanere per lungo tempo, non
essendo possibile cancellarne le tracce in maniera effettiva.
● Uso di strumenti multimediali​: l’aggressore può sfruttare materiale multimediale
imbarazzante per mettere in cattiva luce la vittima.
STRATEGIE PER RIDURRE IL COMPORTAMENTO AGGRESSIVO ONLINE​: sui siti di social network,
possiamo decidere di cancellare dalla lista certi “amici”, smettere di seguirli o disconnettere in
qualche altro modo persone che creano problemi.
Chi viene rimosso da social come Facebook subisce un qualche impatto emotivo, talvolta anche
molto intenso: alcuni ne rimangono sorpresi, spesso non riuscendo a capirne il motivo e
rimanendone infastidito. Gestire comunicazioni con interlocutori così diversi non è una faccenda
semplice; data questa variabilità, qualsiasi membro della propria rete potrebbe aggiungere un
contenuto che offende almeno ​qualcun altro​.
Sistema di valutazione delle reputazioni​: queste tecniche contribuiscono a debellare i
comportamenti aggressivi; esse sono anche la componente che rende un sito famoso. Questi
sistemi permettono di calcolare, in maniera efficiente, il numero di contributi, il punteggio medio
ricevuto, il numero dei pollici in su o in giù, le condivisioni, ecc. Vengono ricompensate le persone
che contribuiscono positivamente alla comunità, mentre vengono ignorate chi, al contrario,
condivide contenuti indesiderati.

Cap. 5 – Amore e simpatia in rete


Molte persone fanno riferimento agli strumenti telematici non solo per comunicare e restare in
contatto, ma anche al fine di instaurare una qualche forma di relazione. In molti casi i social media
e altri strumenti online integrano relazioni preesistenti che possiedono già una forte componente
“faccia a faccia”. Altre persone, però, si incontrano per la prima volta in rete attraverso siti
d’incontro (​dating​).
LE BASI DELL’ATTRAZIONE NELLA VITA REALE​: spesso si è soliti affermare che le caratteristiche
che il partner ideale dovrebbe possedere vadano ben oltre l’attrazione fisica e che consistano
soprattutto nell’onestà, il senso dell’umorismo, l’intelligenza, il calore e la sicurezza di sé.
● Tuttavia, se si considerano modalità di incontro come gli ​speed dates,​ grande importanza
riveste proprio l’​attrazione fisica​: dunque, la bellezza gioca un ruolo importante affinché si
possa piacere agli altri, soprattutto al primo incontro.
● Non trascurabile è anche la ​vicinanza geografica​: essa offre la possibilità di incontrare e
conoscere meglio l’altra persona, la quale diventa così prevedibile e familiare. Al contrario
di ciò che si è soliti pensare – che la vicinanza a volte determini un logoramento della
relazione – essa è il fondamento di un sentimento quale l’amore.
● Secondo la “legge dell’attrazione”, due persone si piacciono in base alla percentuale degli
atteggiamenti condivisi, basandosi dunque sulle ​somiglianze.​
● Per una maggiore gradevolezza sociale, molti individui puntano sull’​umorismo​. Sono
preferibili, però, forme di ​autoironia a​ discapito dell’ironia diretta verso altre persone.
● Quando si piace a qualcuno, spesso, si tende a ricambiare tale apprezzamento. L’attrazione
suscitata dall’altro produce un aumento del livello di autostima, creando situazioni positive
e gratificanti. Il solo ​sapere di piacere​ rinforza il senso di sé e all’incontro successivo ci si
comporterà in modo più gentile e caloroso.
Ci si impegna anche per ottenere l’approvazione di qualcuno che, inizialmente, è
completamente indifferente alla nostra presenza. Quando questa persona manifesta un
interesse nei nostri confronti, tende a piacerci ancora di più di quanto ci sarebbe piaciuto
se ci avesse dedicato attenzione sin dall’inizio. Tale cambiamento d’opinione rappresenta
una potente iniezione di fiducia; invece, l’avversione di chi ha cambiato opinione su di noi
in modo negativo ci rafforza.
Al fine di evitare la ricerca del “partner perfetto”, ci si accoppia con qualcuno che rappresenta un
buon abbinamento in termini di desiderabilità sociale.
L’ATTRAZIONE INTERPERSONALE ONLINE​: agli albori di Internet, le persone si incontravano in rete
mediante interfacce di testo come chat room, newsgroup o e-mail. Esse apprezzavano la
possibilità di conoscere gli altri in modo diverso.
Anche online agiscono molte delle variabili che operano nei contesti di vita reale, però in modo
diverso.
● Su Internet, la vicinanza è più intesa come ​frequenza di intersezione​, cioè la frequenza con
cui si incontra in rete la stessa persona. L’effetto “vicinanza” online può essere molto
intenso: a volte basta un unico “incontro” con un estraneo per innescare un forte effetto di
vicinanza.
La frequenza media di partecipazione è diversa dalla frequenza di lettura dei messaggi:
negli ambienti della CMC, “esserci” significa intervenire spesso e in maniera attiva.
Nella vita reale la vicinanza è un elemento importante perché essa induce ad attendersi e
ad anticipare un incontro futuro: questo fattore determina anche il comportamento online
(​Joseph Walther​).
● Nonostante la legge dell’attrazione possa determinare in rete molti fraintendimenti o false
partenze, è anche vero che molti legami si basano su pochissimi elementi o atteggiamenti
condivisi.
● Anche online vige la dinamica del “Se io ti piaccio, tu piaci a me”; essa si realizza cliccando
“mi piace”, “preferito” o “cuore rosso”, cioè dei chiari indicatori di attenzione positiva.
Tuttavia, se nei contesti “faccia a faccia” è possibile cambiare opinione in modo positivo,
nei contesti online è poco probabile dare all’altro l’opportunità di conoscersi meglio e di
avere così la gratificazione di un apprezzamento successivo.
● La formazione delle impressioni online è tornata ad essere guidata dall’aspetto esteriore. Si
tende a credere che ciò che ha una bella presenza sia buono e che abbia qualità come
sicurezza di sé, calore, intelligenza, popolarità.
● Anche il numero di amici influenza le impressioni, perché indicano estroversione e
gradevolezza sociale. Il rapporto però non è lineare: un numero troppo elevato di “amici”
potrebbe dare l’impressione che il soggetto abbia tendenze narcisistiche. Tuttavia, il grado
di popolarità è in grado di influenzare il comportamento ancora di più dell’avvenenza.
Una relazione profonda richiede un certo livello di intimità e di disponibilità a parlare di sé.
Reciprocamente​ si tende a scambiare informazioni su di sé (​self-disclosure​) per rendere la
relazione sempre più intima e profonda. Ma anche rivelare troppi dettagli personali potrebbe
risultare inopportuno, soprattutto durante i primi incontri.
Gli ambienti della CMC promuovono la disinibizione, la liberazione dalle costrizioni che regolano
normalmente il nostro comportamento: grazie anche alla sensazione di anonimato, le persone
sono più inclini a rivelare aspetti del sé più negli ambienti online che “faccia a faccia”. Internet
potrebbe apparire come uno strumento freddo e impacciato, ma lo stesso Walther lo definisce
come “iper-personale”: essere anonimi, fisicamente distanti o disinibiti non dà adito solo a
comportamenti aggressivi, ma permette anche di manifestare forti emozioni e di sentirsi quindi
attratti da persone che, nella loro lontananza, vengono percepiti come “vicini”. Davanti alla
tastiera ci si può concentrare su di sé, sulle proprie sensazioni, sulle proprie parole senza doversi
preoccupare dell’aspetto fisico.
È stata individuata però una forte associazione fra il tempo trascorso su Facebook e sentimenti di
gelosia e comportamenti sospettosi. Ci si può soffermare su alcuni contenuti all’insaputa del
partner, sospettare di post o commenti di amici che sembrano flirtare con esso, ecc. Eppure,
nonostante vengano adottate delle strategie affinché il controllo del profilo risulti sempre
all’insaputa del compagno o della compagna, spesso vengono lasciate delle inequivocabili “tracce
digitali” (es. “mi piace” a post di vecchia data).
LA PSICOLOGIA DEL DATING ONLINE​: all’inizio erano gli uomini ad avvalersi di più del dating
online, ma con gli anni la proporzione tra uomini e donne si è andata livellando.
Fenomeno della “coda lunga”​: i costi per lanciare un nuovo sito sono bassi, per cui le società
conseguono profitti di nicchia adattati a gruppi ristretti di utenti. I prodotti del grande mercato
stanno dunque lasciando spazio a innumerevoli servizi più orientati e di dimensioni ridotte (es.
SugarSugar ​o ​VeggieDate)​ .
Il dating online ha modificato le dinamiche attraverso cui potenziali partner si trovano, entrano in
contatto e sviluppano un contatto che può anche durare tutta la vita. Questo presenta una serie di
fasi che sono profondamente diverse da quelle che si realizzano nei contesti reali:
1. Cercare informazioni sui diversi siti di incontri.
2. Registrarsi su uno o più siti.
3. Creare un profilo sul sito prescelto.
E così via.
Ogni fase è contraddistinta da aspetti psicologici che variano rispetto a quelli tipici degli incontri
tradizionali. Si possono scegliere vari luoghi nei quali effettuare l’incontro, e il profilo di un sito di
dating si rivolge soltanto a individui potenzialmente interessati, evitando così il fenomeno del
collasso del contesto.
Su questi siti la scelta può avvenire o con degli algoritmi di abbinamento o usando delle categorie
o parole chiave.
L’enorme quantità di partner potenziali rende il dating online molto diverso da quello tradizionale.
Questi siti utilizzano dei cataloghi attraverso cui presentano le persone e con cui attuare confronti
con centinaia di profili; questi confronti possono essere inadeguati per la ricerca di un partner
perché si basano su caratteristiche irrilevanti (come il colore di capelli, ad esempio). Inoltre,
trovarsi di fronte ad una scelta così vasta potrebbe essere disorientante e indurre a desistere. Si
possono condurre ricerche poco efficienti; alcuni evitano di fare uno sforzo in più per conoscere
meglio un potenziale partner, avendo a disposizione un catalogo vasto dal quale attingere al
minimo “attrito” che potrebbe indurre ad una rottura precoce.
I siti d’incontro offrono vari metodi per esprimere il proprio interesse verso un’altra persona.
Molto gettonati sono siti come “Avatars”, che offrono l’opportunità di un “incontro virtuale” nel
quale i partner creano personaggi tridimensionali che interagiscono sullo schermo. Questa
tipologia di sito simula quei segnali non verbali, come il semplice movimento degli occhi, rendendo
l’incontro virtuale simile a quello che si realizza nella vita reale.
Altri siti d’incontro permettono ai due partners di potersi vedere attraverso una videochiamata.
Tuttavia, vi è insito il rischio che la webcam mostri la persona non dal suo lato migliore, anche con
un’angolazione bizzarra, rendendo l’interazione irrimediabilmente falsata.
Nell’ambito degli incontri online si può essere molto accurati nel presentare se stessi, creando un
profilo e scrivendo messaggi per iniziare un contatto. Skype, invece, elimina alcuni di questi
vantaggi.
La maggior parte delle persone che frequentano questi siti crede che gli altri falsifichino la propria
immagine. Spesso avviene quello che è stato definito ​catfishing,​ cioè la tendenza a postare
informazioni false allo scopo di invischiare una persona in una lunga storia sentimentale online
oppure convincerla a dar loro dei soldi.
È difficile stabilire quanto gli algoritmi di abbinamento siano efficaci nel predire l’attrazione o la
riuscita di una relazione a lungo termine tra due persone. Questi si basano su caratteristiche
comuni, somiglianze sul piano demografico o in termini di atteggiamenti e scelte
comportamentali. I siti di dating possono attingere ai propri ​big data​ per offrire all’utente ciò che
più gradisce, talvolta basandosi anche sull’elemento della complementarietà più che sulla
somiglianza. Stabiliscono anche dei requisiti minimi di accettabilità.

Cap. 6 – Altruismo in rete: la psicologia del comportamento prosociale


AZIONI GENEROSE: LO STILE DI INTERNET
La stampa riporta raramente notizie di azioni generose, occupando solo una posizione marginale.
Con “comportamento prosociale” si intende un comportamento che va a beneficio degli altri
anziché di se stessi. Esempi sono il volontariato, il ​fundraising​, il ​crowndfunding​ e i gruppi di
sostegno.
● Attraverso il volontariato in rete è possibile rispondere a domande di varia natura, creare
voci di enciclopedie come Wikipedia o scrivere recensioni. L’aiuto offerto potrebbe essere
minimo, ma anche molto consistente: la disponibilità di molti individui che offrono
assistenza è uno dei motivi della partecipazione a forum di discussione. Su queste
piattaforme, le organizzazioni non profit segnalano le proprie necessità e i volontari
possono trovare opportunità interessanti e stimolanti per contribuire ai vari progetti. La
rete offre degli strumenti con cui ampliare la portata della ricerca e massimizzare il
reclutamento.
Un’altra attività di volontariato è la “scienza dei cittadini”, attraverso cui gruppi di scienziati
fanno affidamento a volontari di tutto il mondo per svolgere ricerche e compiti che il
computer non è ancora in grado di fare, come identificare immagini o tradurre documenti.
● Internet, coniugando tecnologia e filantropia, ha modificato il panorama delle donazioni,
sviluppando sistemi di pagamento sicuri attraverso le pratiche del ​crowndfunding​ ​e
fundraising​. Molte sono le persone comuni che riescono a suscitare l’interesse altrui con il
loro caso personale, organizzando raccolte fondi a cui partecipano individui in ogni parte
del Globo.
I piccoli prestiti aiutano anche i nuovi imprenditori con scarsi mezzi a creare un’attività
produttiva. Gli investitori sono più inclini a rispondere alle richieste che usano un
linguaggio incentrato sul fattore umano più che su quelle incentrate sulla motivazione del
profitto.
Tuttavia, la vastità dei siti e progetti a scopo benefico potrebbe sfiduciare un possibile
investitore, incapace di scegliere davanti a un’offerta sterminata.
Nei gruppi di sostegno online le persone sono portate a raccontare a interlocutori sconosciuti
problemi anche molto seri e dolorosi, in cerca di attenzione e conforto. Questi gruppi nascono per
dare sostegno a persone che condividono una malattia, un problema personale o una qualsiasi
difficoltà; i loro membri si forniscono reciprocamente sostegno emotivo.
Ciascuno conserva la propria identità, giacché la partecipazione è anonima. Gli effetti del livello
dello status socioeconomico (il malato di tumore può essere un amministratore delegato o un
idraulico) e la percezione di anonimato allentano i freni inibitori all’interno di questa tipologia di
gruppo.
Uno svantaggio significativo sta nell’assenza di segnali non verbali, che può avere come
conseguenza la valutazione non corretta del livello di sofferenza individuale. L’aumento del tono di
voce o le lacrime agli occhi di chi parla possono modificare il significato emotivo di una frase,
anche se l’effetto disinibitorio contribuisce a compensare tale mancanza.
Elaborare un evento traumatico verbalmente permette di affrontarlo e di lasciarselo alle spalle.
Spesso le persone si rivolgono a gruppi di sostegno per non parlare del proprio problema con amici
o familiari, forse per non creare disagio alle persone amate. Questi soggetti, infatti, cercano di
nascondere agli occhi degli altri problemi stigmatizzanti come l’abuso di alcol o stupefacenti,
disturbi dell’alimentazione, a volte anche preferenze sessuali insolite.
Purtroppo, il gruppo di sostegno non sempre ha come obiettivo la guarigione, e possono sortire
anche effetti negativi: i membri possono elargire informazioni errate e fuorvianti, e qualcuno può
così ritardare la ricerca di un trattamento a causa della partecipazione a questi gruppi.
PERCHE’ CI SI AIUTA?
Il comportamento altruistico ha davvero delle motivazioni disinteressate o cela un tornaconto
personale?
● Reciprocità​: ci si aiuta perché ci si ​deve​ aiutare, soprattutto perché potremmo averne noi
bisogno in futuro.
● Massimizzazione dei vantaggi ​e ​minimizzazione dei costi,​ anche se non sempre questi
benefici garantiscono un profitto.
● Al fine di assicurare la sopravvivenza ai nostri geni, ci sacrifichiamo per i nostri figli e per
tutte le persone con cui condividiamo il patrimonio genetico. “Selezione di parentela”, cioè
siamo disposti ad aiutare altruisticamente coloro con cui condividiamo gli stessi geni.
Sulla base degli studi della personalità, gli individui che hanno livelli elevati di empatia sono quelli
che generalmente offrono altruisticamente aiuto agli altri. L’empatia ha una correlazione positiva
con l’estroversione, ma una correlazione negativa con il nevroticismo. Gli individui molto ansiosi e
inclini allo stress non sono capaci di mettersi nei panni degli altri. Anche i narcisisti sono
tendenzialmente poco propensi ad aiutare gli altri.
In realtà, tratti della personalità come la gradevolezza o il narcisismo hanno, nel comportamento
altruistico, un ruolo meno rilevante di quanto ci si potrebbe attendere. È la situazione concreta a
contare di più (es. donna aggredita in un quartiere di New York alla quale nessuno prestava
soccorso). In alcune circostanze si è meno propensi a intervenire.
Un altro elemento che influisce sul comportamento di aiuto nei confronti di uno sconosciuto è il
numero delle persone presenti; quando si è in tanti, le probabilità che qualcuno intervenga si
riducono drasticamente. È più facile intervenire quando ci sono meno persone. Infatti, molte
persone potrebbero non accorgersi che qualcuno ha bisogno di aiuto, specialmente nelle città
affollate e particolarmente rumorose. Bisogna poi valutare il modo in cui una situazione di pericolo
viene valutata. La nostra valutazione potrebbe, infatti, influenzare il nostro comportamento
negativamente e non portarci ad intervenire; per l’”effetto spettatore”, tendiamo ad affidarci al
modo in cui gli altri interpretano gli eventi.
All’interno in un gruppo numeroso, inoltre, ogni individuo avverte meno la responsabilità
personale di fornire assistenza; si ignorano le grida di chi invoca soccorso credendo che,
sicuramente, qualcun altro interverrà. Se tutti pensano la stessa cosa, è ovvio che nessuno offrirà
aiuto.
Un altro aspetto relativo al contesto è il ​tempo​. È meno probabile che una persona che ha fretta
perché è in ritardo ad un appuntamento importante si fermi ad aiutare qualcuno che ne ha
bisogno. Alcuni studi dimostrano, però, che l’esposizione a temi prosociali tende effettivamente ad
aumentare la disponibilità ad aiutare. Per cui, se una persona vengono presentati temi relativi al
“dare”, “aiuto” o “prestare”, è più propensa ad offrire il proprio contributo.
Altri studi sperimentali dimostrano che si è disponibili ad aiutare gli altri soprattutto dopo aver
vissuto un’esperienza positiva, come trovare soldi, concludere un affare o ricevere un regalo. Ma
in determinate circostanze, anche chi è probabilmente di cattivo umore è disposto a fornire aiuto,
cercando di compensare un evento negativo con una buona azione che possa favorire gli altri.
Le ricerche iniziali mostravano che gli uomini offrono aiuto più spesso rispetto alle donne,
soprattutto in situazioni di emergenza. Gli uomini intervengono in situazioni di pericolo nelle quali
sono richieste prontezza, azione e forza fisica; le donne, invece, sono più propense ad aiutare il
prossimo quando viene richiesto un supporto emotivo (come nei gruppi di sostegno). Un altro
dato emerso è che si ha una maggiore disponibilità ad aiutare chi ci è simile in termini di identità
etnica, cultura, atteggiamenti o altre caratteristiche, o persone che identificano parte del proprio
gruppo.
IL COMPORTAMENTO PROSOCIALE ONLINE​: l’effetto spettatore si sviluppa anche in situazioni
meno drammatiche, come nei forum informativi che trattano di argomenti come la finanza,
l’intrattenimento o la musica. Si è potuto constatare, però, che più il gruppo è numeroso, tanto
meno le reazioni saranno rapide; se viene posta una domanda all’interno di un gruppo di al
massimo 100 persone, i tempi di risposta saranno relativamente brevi.
Alcuni studi dimostrano come sia possibile invertire l’effetto spettatore qualora intervenga
un’altra variabile, cioè l’​autoconsapevolezza pubblica,​ che può rendere più o meno visibili
determinati membri all’interno di uno specifico gruppo. Più l’individuo è riconoscibile all’interno
del gruppo, più sarà portato ad intervenire in maniera concreta a prescindere dalla numerosità dei
membri.
Molti siti mettono di buon umore, ed è per questo motivo che attraggono i visitatori. Alcuni
ambienti in rete, al contrario, sortiscono l’effetto contrario; alcune ricerche dimostrano che un uso
prolungato di Internet possa generare stati d’animo negativi. Ad esempio, un uso massiccio di
Facebook potrebbe portare ad un aumento dei sentimenti depressivi. Ciò potrebbe essere legato
al fatto che ciascuno enfatizza stati d’animo positivi nei propri aggiornamenti di stato, per cui un
individuo tende a deprimersi se ha l’impressione che tutti siano più allegri e abbiano più successo
di lui.
Facebook incoraggia l’interesse personale e una prospettiva egocentrica. Gli aggiornamenti di
stato sono, infatti, una specie di monologo in direzione uno – molti, promuovendo una
focalizzazione su se stessi che non favorisce la disponibilità all’aiuto.
La maggior parte degli ambienti online è asincrona, per cui è possibile intervenire nel momento
più conveniente.
L’esposizione ai social media è frequente, anche se di breve durata, nel corso della giornata;
Internet colma quei brevi momenti inattivi tra una lezione e l’altra o nell’attesa dell’autobus. Si
stanno quindi promuovendo delle operazioni di ​micro – volontariato​ per coloro che possono
dedicarsi a progetti in corso relativamente brevi, della durata di trenta minuti circa. Le motivazioni
che inducono a dedicarsi a queste attività stanno più nella possibilità di fare qualcosa nei momenti
liberi più che nel desiderio altruistico di aiutare un’associazione.
In Internet è molto facile offrire il proprio sostegno alle cause preferite. Si parla spesso del
fenomeno del piede nella porta​, cioè la tendenza ad acconsentire a una richiesta di una certa
entità se preceduta da una di minore entità, o dell’​attivismo da poltrona​, per cui si pensa di aver
fatto la propria parte con poco sforzo e di aver così acquisito la facoltà di non fare più nulla.
Se l’azione di sostegno è visibile e gli amici ne vengono a conoscenza, è meno probabile condurre
azioni altruistiche in seguito. Se invece l’azione è privata, l’impressione che si esercita sugli altri
non è più in gioco e si è portati ad una disponibilità all’aiuto anche maggiore.
CHI AIUTA CHI, ONLINE?
Sia il genere che la somiglianza hanno un ruolo importante in rete.
Gli uomini prestano aiuto frequentemente in situazioni di pericolo o in ambiti in cui sono richieste
conoscenze tecniche. Le donne intervengono soprattutto nei gruppi di sostegno, in cui si
condividono problemi personali. Sono, inoltre, portate a compiere accurate revisioni degli articoli
che scrivono rispetto agli uomini (come su Wikipedia).
Più è la somiglianza (etnica, culturale, comportamentale, ecc.), maggiore è il legame emotivo e la
disponibilità all’aiuto. I “giudizi di somiglianza” si basano prevalentemente sulla presenza di
interessi e atteggiamenti condivisi.
MANIPOLAZIONE E INGANNO​: le tattiche di inganno e le relative motivazioni sono molto varie,
come nello strano caso di Alex/Joan (uno psichiatra che, scambiato per una donna, ha cambiato
nome in Joan per compiere degli esperimenti su dei soggetti femminili).
Sindrome di Munchausen​: le persone fingono, esagerano o addirittura provocano l’insorgere di
danni fisici e psicologici per ottenere l’attenzione degli altri e assumere così il ruolo di “ammalati”.
Queste persone riescono a farla franca soprattutto negli ambienti online, che permettono loro di
amplificare le loro manipolazioni. Spesso è facile identificarle dallo stile dei post, eccessivamente
lunghi e dettagliati per ​chi non dovrebbe essere in grado​ di stare al computer per tanto tempo.
Queste tecniche fraudolenti non solo sottraggono denaro alle vittime, ma riducono anche la
fiducia delle persone, rendendo più difficile alle organizzazioni non profit raccogliere fondi
attraverso le donazioni. Diverse sono le tattiche impiegate, specialmente con la diffusione del
crownfunding,​ e sempre più difficile diventa raggirarle. Persino la somiglianza può essere
manipolata, utilizzando strategie di ​morphing​ che ritoccano le foto per renderci più generosi verso
chi ci “assomiglia”. Le somiglianze riguardano anche il movimento del corpo.

Cap. 7 – La psicologia del gioco online


Il gioco è sempre stato utilizzato per trasmettere abilità, ottenere ricompense, confrontarsi e
combattere. Tuttavia, Internet e il computer hanno completamente trasformato l’essenza stessa
del gioco.
Il termine “videogioco” comprende qualsiasi tipo di gioco al computer, indipendentemente dal
fatto che ci sia o meno una connessione a Internet. La più importante caratteristica del videogioco
è l’​interattività:​ il giocatore partecipa, segue le regole del gioco e riconosce i suoi vincoli.
TASSONOMIA DEI VIDEOGIOCHI​: gli sviluppatori dei videogiochi suddividono i loro prodotti in
“generi”, che valutano i temi e la natura dei giochi. I ​giochi di azione​ richiedono, ad esempio,
tempi di reazione veloce, mentre i ​giochi di strategia​ presuppongono capacità di pensiero critico e
lasciano il tempo per prendere decisioni.
Alcuni giochi impegnano per mesi, addirittura per anni, nel corso dei quali i giocatori sviluppano un
personaggio, accumulano risorse e si uniscono a team ben organizzati. Altri mettono alla prova la
precisione e i tempi di reazione.
La categoria del ​casual game​ è esplosa grazie agli smartphone e ai social network. Un esempio è
Candy Crush Saga, il quale incoraggia anche un approccio sociale poiché i giocatori che convincono
i loro amici di Facebook a giocare progrediscono rapidamente.
I videogiochi variano rispetto a diverse dimensioni. Le aziende hanno in comune due motivazioni
fondamentali:
1. Rendere il loro gioco il più possibile “vischioso”, in modo che le persone vi si affezionino.
2. Attrarre il maggior numero possibile di giocatori.
Una dimensione importante riguarda la complessità del gioco e lo sforzo cognitivo necessario per
conseguire risultati. Le persone preferiscono i ​casual games​ perché richiedono il minimo impegno
e vi possono giocare per qualche minuto durante una pausa o mentre guardano la TV. La maggiore
complessità alza l’asticella per i nuovi utenti potenziali, ma può fidelizzare per anni gli habitué,
rendendo così il gioco particolarmente articolato.
Un’altra dimensione psicologica importante è rappresentata dal grado e dal tipo di interazione
sociale. Ad alcuni giochi ci si dedica in solitudine, mentre quelli multigiocatore prevedono
interazioni mediante chat di testo, movimenti degli avatar e altri mezzi. In quest’ultima tipologia si
possono incontrare altri giocatori con cui negoziare per acquistare oggetti o per coordinare piani
di battaglia. In altri giochi, invece, la componente sociale è data dal fatto che i risultati si postano
nel proprio aggiornamento di stato, in modo che gli altri possano ammirare le imprese compiute
(come con FarmVille su Facebook).
Una terza dimensione riguarda il grado di competizione tra giocatori. Alcuni giochi individuali
hanno un grado di competizione basso, in quanto l’obiettivo principale è quello di raggiungere il
livello successivo. Nei giochi a squadre, invece, si affrontano sfide globali, e non team avversari,
per cui la competizione tra membri è ridotta. I giochi con un livello di competizione elevato sono
quelli “giocatore contro giocatore”.
La quantità di azioni, immagini e violenza “adatte a un pubblico adulto” è un’altra variabile da
considerare.
CHI GIOCA E PERCHE’?
Per capire perché la gente passi molto tempo giocando ci si può avvalere della teoria degli ​Usi e
Gratificazioni,​ che identifica ciò che le persone fanno con i media. Per cui, le persone utilizzano i
videogiochi:
o Sfida;
o Competizione;
o Distrazione;
o Eccitazione;
o Avventura;
o Interazione sociale.
Richard Bartle​: i ​realizzatori​ sono interessati agli obiettivi del gioco, ai modi in cui accumulare
ricchezze o abilità. Gli ​esploratori​, invece, amano conoscere l’intera mappa del gioco, scoprire i
suoi segreti più remoti e acquisire conoscenze sul funzionamento sottostante. I ​socializzatori
giocano principalmente per interagire con gli altri, dove le interazioni vertono sì principalmente sul
gioco, ma possono anche diventare sempre più approfondite. I ​killers​ sono coloro che si divertono
nel tormentare gli altri, spesso usando gli strumenti previsti dal software.
Sono tre le motivazioni emerse:
1. Raggiungere determinati obiettivi e progredire velocemente acquisendo nuovi poteri e
status.
2. Socializzare, e dunque chattare, fare amicizia, aiutare gli altri e giocare in squadra.
3. Immergersi nel gioco ed esplorare il mondo virtuale.
Le persone che danno un peso maggiore alla socializzazione vengono percepite come estroverse,
gradevoli e aperte a nuove esperienze. Chi dedica più tempo al raggiungimento degli obiettivi ha
un livello maggiore di estroversione e nevroticismo, ma un basso livello di gradevolezza, di
apertura e coscienziosità. Chi ama immergersi nel gioco ha, invece, elevati indici di apertura a
nuove esperienze.
I giocatori non svestono online i propri panni per vestire quelli di una persona completamente
diversa. Le persone con elevata estroversione preferiscono giocare in squadra; chi ha un livello
maggiore di introversione predilige attività in solitudine. Chi è più aperto alle novità creare nuovi
personaggi con cui aumentare la varietà all’interno del gioco. Dunque, le persone più gradevoli
facevano buon uso degli strumenti messi a disposizione nel gioco per esprimere emozioni o anche
solo fare un cenno di saluto; gli individui meno gradevoli tendono, invece, alla competizione e
all’aggressività.
Si dimostra che le donne giocano tanto quanto gli uomini. I ragazzi prediligono giochi d’avventura
o sportivi, così come quelli di strategia; le ragazze optano più per giochi di carte, quiz o ​arcade.​
Questa differenza di genere è dovuta al fatto che i videogiochi sono creati ​da​ e ​per​ il sesso
maschile, trattando di tematiche vicine soprattutto a questo genere.
Gli avatar maschili sono fisicamente molto potenti e, a mano a mano che il giocatore progredisce,
acquisiscono nuove armature che ne sottolineano la forza. Gli avatar femminili appaiono
maggiormente caratterizzati in termini sessuali: grandi seni, vita sottile, e indossano abiti che
valorizzano questi aspetti. Capita che le donne prendano un avatar maschile, per esempio per
evitare pregiudizi o stereotipi di genere, e che gli uomini utilizzino avatar femminili al fine di
aumentare la varietà del gioco. Cambiare avatar può comportare diverse sorprese, come
l’immediata espulsione dal proprio gruppo. ​Pavel Curtis​ sottolinea che gli individui che scelgono
personaggi del sesso opposto possono essere invitate, in maniera pressante, a rivelare il proprio
genere reale e perfino a “dimostrare” che sono ciò che dicono di essere.
MECCANISMO DI GIOCO E COMPORTAMENTO UMANO​: la meccanica di un gioco influenza il
comportamento delle persone. Gli sviluppatori si basano su risultati ottenuti da decenni di
ricerche sul comportamento umano. Prima fra queste è la ricerca di ​Burrhus F. Skinner ​sul
condizionamento operante ​(esperimento dei topolini): gli organismi imparano ad associare
un’azione, anche compiuta per caso, alle sue conseguenze, e ripeteranno quelle azioni che sono
state seguire da un rinforzo positivo. Skinner analizzò diverse varianti dello stesso schema, come il
rinforzo continuo (​ nell’esperimento, i topi ricevevano del cibo ogni volta che abbassavano la leva),
o il ​rinforzo parziale (​ l’animale abbassava più spesso la leva per l’imprevedibilità della ricompensa).
L’elemento non prevedibile era dunque l’​intervallo di tempo t​ ra le ricompense.
Shaping ​(modellaggio): prevede il rinforzo di comportamenti di approccio che divengono via via
più simili a quello desiderato.
Lo schema individuato da Skinner è stato riproposto all’interno dei videogiochi stessi, in cui ci sono
inizialmente dei livelli basilari (periodo di ​shaping​ e del rinforzo continuo), per poi richiedere
competenze sempre più complesse all’aumentare dei livelli. I giochi possono impiegare oltre al
rinforzo positivo anche quello negativo (nell’esperimento di Skinner, i topi abbassavano la leva
anche per evitare le scosse elettriche).
Affinché il condizionamento operante si verifichi, la ricompensa deve seguire il comportamento,
ma il comportamento non deve essere necessariamente la ​causa​ della ricompensa. La ricompensa
può seguire il comportamento in modo accidentale, per cui l’organismo sarà portato ad associare
le due cose. Nei giochi, le ​superstizioni​ nascono quando non vengono ben compresi gli effettivi
meccanismi e perché è molto facile che si producano associazioni accidentali.
Gli psicologici e gli sviluppatori sanno che le persone hanno svariate motivazioni per giocare. Una
di queste è la ​sfida​, il mettersi in gioco non solo al fine di una ricompensa, ma per il divertimento
che l’affrontare una prova produce. Gli sviluppatori devono però dosare la difficoltà di ciascun
livello per non scoraggiare il giocatore. Gli individui dotati di una motivazione intrinseca possono
perdere interesse qualora ci siano troppe ricompense estrinseche. Per questo gli sviluppatori
inseriscono strumenti che favoriscono la socializzazione, nonché una delle motivazioni intrinseche.
Altri meccanismi che fanno appello all’interesse dei giocatori per l’avventura, l’eccitazione, la
competizione o l’evasione.
Gli sviluppatori, tuttavia, possono incorporare nei giochi meccanismi che producono conseguenze
indesiderate, causando problemi ai giocatori e all’andamento del gioco. Per esempio, in molti
mondi virtuali gli avatar possono essere facilmente attraversati, come fossero fantasmi, o
occupare uno spazio preciso, spesso anche impedendo il passaggio agli altri personaggi. Questo
aspetto viene sfruttato da alcuni “killers” che bloccano gli altri giocatori impedendo loro di
proseguire nel gioco. Un’altra conseguenza comportamentale non desiderata è le penalità per la
morte del proprio personaggio, che spesso prevede un costo elevato.
EFFETTI PSICOLOGICI DEI VIDEOGIOCHI​: i videogiochi comportano dei benefici, ma le ricerche
delle scienze comportamentali hanno soprattutto esplorato i danni potenziali.
● “Disturbo da gioco su Internet”: indica il gioco compulsivo. Chi ne è afflitto in genere ha un
disturbo psichico a prescindere dal suo rapporto con il gioco. I videogiochi sono comunque
molto coinvolgenti, e un uso eccessivo può avere sulle persone ripercussioni negative.
● La violenza dei videogiochi provoca effetti preoccupanti sul comportamento umano.
La violenza, presente nella maggior parte dei videogiochi, produce effetti negativi, soprattutto in
relazione all’aggressività. Diversi studi dimostrano che un’esposizione elevata a questa tipologia di
gioco aumenta il livello di aggressività, e dunque induce a sentimenti di vendetta e comportamenti
nocivi verso gli altri, o addirittura all’insensibilità e all’incapacità di provare empatia per le persone
in difficoltà. I violenti per temperamento sceglieranno probabilmente giochi ancora più violenti;
bisognerebbe dunque isolare i reali effetti della violenza dei videogiochi dagli altri fattori.
Ciò che scatena la violenza potrebbe essere anche l’eccitazione o la competizione. Dunque, giochi
che sono diversi per livello di violenza esercitata possono alterare lo stato fisiologico del soggetto.
La violenza all’interno di un determinato videogioco potrebbe portare alla ​desensibilizzazione
dell’individuo, riducendo la capacità di empatia e aumentando il comportamento negativo.
I BENEFICI DEI VIDEOGIOCHI​: altri studi, però, hanno riscontrato che alcuni videogiochi
comportino dei benefici non trascurabili.
In molti giochi, infatti, per progredire occorrono abilità percettive e cognitive come quelle della
percezione spaziale o dell’attenzione visiva. Ciò vale soprattutto per i giochi di azione a ritmo
rapido, in cui bisogna reagire velocemente a eventi imprevedibili. Gli habitué dei giochi di azione
accedono a un campo visivo utile più ampio e possono identificare oggetti più lontani.
I giochi d’azione presentano spesso oggetti a sorpresa che compaiono a intervalli irregolari e molto
ravvicinati.
Attentional blink:​ sospensione dell’attenzione visiva che si riduce nei giocatori di giochi d’azione.
Ovviamente, anche l’esercizio costante e ben ponderato può aumentare queste capacità. Il
training non deve essere molto lungo, ma sortisce effetti duraturi; esso consente sia agli uomini
che alle donne di sviluppare e migliore le medesime capacità a prescindere dalle differenze di
genere.
I giochi di strategia, invece, hanno effetti positivi sulle capacità di risoluzione dei problemi. Per
riuscire in questo particolare gioco, è necessario esaminare il problema, esplorare le alternative,
soppesare le opzioni e poi agire. Anche alcune tipologie di gioco d’avventura o di ruolo sviluppano
questa capacità.
Gli sviluppatori motivano i giocatori introducendo il giusto grado di difficoltà tale da non
scoraggiarli ma, al contrario, da costringerli a perseverare di fronte ai fallimenti. La perseveranza è
una qualità importante dell’essere umano; la quantità di tempo passata settimanalmente a
giocare ai videogiochi era significativamente correlata con la perseveranza riferita dai soggetti e
con la maggiore insistenza sui problemi più difficili. I soggetti che trascorrevano molto tempo a
giocare s’impegnavano più a lungo per risolvere un problema che impedivano loro di proseguire.
● Un beneficio emotivo è sicuramente il ​divertimento,​ perché il gioco induce spesso ad uno
stato d’animo positivo. Infatti, ci si dedica ai ​casual games​ per rilassarsi, migliorare l’umore
e ridurre lo stress.
I giocatori affermano di vivere uno stato di ​flusso,​ cioè una condizione mentale in cui si è
totalmente assorbiti da un’attività e sembra che il tempo voli. Attraverso il gioco,
l’individuo sperimenta una perdita della consapevolezza di sé e un senso alterato del
tempo.
● Il videogioco permette un’​esperienza autenticamente sociale​. Alcune ricerche hanno
individuato un nesso tra gioco collaborativo e comportamento prosociale, per cui chi si
dedica a giochi in cui è richiesta una collaborazione afferma di manifestare un
comportamento altruistico anche nella vita reale.
L’avatar è un Io virtuale su cui abbiamo un certo margine di controllo, potendo cambiargli aspetto
quando e come vogliamo. Ma l’avatar che scegliamo, o che ci viene assegnato, influenza il nostro
comportamento.
Nick Yee ​e ​Jeremy Bailenson​: “effetto Proteo”, dove Proteo è la divinità marina dell’Odissea in
grado di cambiare la propria forma. Ciò dimostra come l’avatar influenzi il comportamento del suo
possessore. Anche nell’ambito dei videogiochi, l’avvenenza o l’altezza dell’avatar comportano
atteggiamenti diversi nei confronti degli altri; per cui, si è portati a scegliere avatar che hanno un
effetto Proteo positivo.
SERIOUS GAMES: APPLICAZIONE DEI GIOCHI NEL CAMPO DELL’ISTRUZIONE, DELLA FORMAZIONE
E DELLA SALUTE
Questa tipologia di videogioco viene usata per l’apprendimento, lo sviluppo di diverse capacità o
anche per la riabilitazione. I ​serious games​ hanno le stesse caratteristiche degli altri videogiochi,
tra cui l’interattività, regole o limiti. Molti giochi didattici hanno anche un certo livello di
competizione.
Tradizionalmente, la sequenza dell’insegnamento segue la seguente sequenza: spiegazione,
esercitazione e valutazione. I giochi didattici, però, non seguono questa logica: spesso si lascia che
sia il giocatore a capirne il funzionamento, attingendo a qualsiasi risorsa disponibile. Alcune
aziende “gamificano” alcuni dei programmi di formazione per i nuovi dipendenti, aiutandoli ad
acquisire le competenze di cui hanno bisogno; i militari sviluppano e applicano giochi di
simulazione per svolgere le esercitazioni in condizioni di sicurezza (​Spacewar!​).
Alcuni giochi di azione possono migliorare alcune abilità cognitive, mentre i ​casual games
permettono di gestire anche l’ansia. Si stanno producendo anche dei giochi mirati, che sono rivolti
a problematiche particolari, e in alcuni casi anche con risultati notevoli. Ad esempio, il gioco
Re-Mission è​ stato sviluppato per pazienti malati di cancro; in questo gioco distruggono le cellule
cancerose, aumentano le difese immunitarie e gestiscono gli effetti collaterali. Questo gioco
sollecitava i bambini a sottoporsi al trattamento farmacologico e aumentava la loro autoefficacia e
le loro conoscenze legate alla malattia.
Uno studio ha indagato la possibilità la possibilità dei ​serious games​ di aiutare gli studenti a
migliorare le capacità di scrittura persuasiva. Spesso, però, i videogiochi didattici non centrano
l’obiettivo, perché non incorporano le caratteristiche che li rendono tanto coinvolgenti e
motivanti.

Cap. 8 – Sviluppo infantile e Internet, crescere online


Nativi digitali:​ tutti coloro che sono nati negli anni Ottanta o nei primi anni Novanta. Gli ​immigrati
digitali​ sono coloro che hanno adottato l’uso delle nuove tecnologie soltanto da adulti.
Urie Bronfenbrenner​: è stato il primo a considerare l’intera “ecologia dello sviluppo umano”,
adotta un approccio sistemico che prende in considerazione tutti i diversi contesti interconnessi,
nei quali avviene lo sviluppo dei bambini.
● Microsistema,​ è l’ambiente immediato costituito da genitori e fratelli, dalla vita domestica,
dalla scuola e dai coetanei;
● Mesosistema,​ è un insieme articolato di microsistemi e delle loro relazioni. La qualità delle
relazioni influenza lo sviluppo del bambino.
● Esosistema,​ è costituito dal vicinato, i mass media, la rete dei trasporti e le principali
istituzioni.
● Macrosistema,​ fa riferimento alla cultura globale in cui il bambino cresce, dunque le
istituzioni politiche, le opportunità sociali, economiche e formative.
Ausili come portatili, smartphone o console per videogiochi sono intrecciati nel tessuto
dell’ambiente di vita del bambino. La ricerca ​Generation M2 d ​ imostra come i bambini spendano
circa sette ore e mezza al giorno per l’uso di vari media, come la TV, la musica, materiale cartaceo
e film. Con il ​multitasking​ e il ​multiscreening​ l’esposizione media sale fino anche a dieci ore al
giorno. Lo studio però non considera il tempo passato a parlare o inviare messaggi di testo con il
cellulare. Gli ambienti online più visitati dagli adolescenti sono quelli legati alla comunicazione e ai
social media, come WhatsApp, Vine, Snapchat o Instagram; bambini compresi tra gli 8 e il 12 anni
rivelano di alcuni dei loro siti preferiti sono inadeguati alla loro età (gettonato è soprattutto
Facebook, a cui si iscrivono anche ragazzi al di sotto dei 13 anni).
SVILUPPO COGNITIVO​: Internet permette di accedere ad una quantità quasi illimitata di risorse
informative e di nuovi strumenti. Alcuni studi dimostrano che l’uso di Internet e del computer
abbia effetti positivi anche sul rendimento scolastico. Questi strumenti tecnologici vengono usati
anche come supporto per ragazzi “svantaggiati”, che hanno molto da recuperare. È risultato però
che non esiste alcuna relazione tra la quantità di tempo passata su Internet e la media dei voti: un
impiego moderato di Internet viene di solito associato a un migliore rendimento scolastico, e gli
studenti che ne fanno un uso massiccio registrano risultati inferiori rispetto a chi naviga di rado.
La maggior parte di queste ricerche fa affidamento, tuttavia, all’autovalutazione dei ragazzi, che
tendono a esagerare la misura del tempo trascorso in attività che ritengono li mettano in una luce
positiva e, invece, a sottovalutare il tempo trascorso a giocare o a inviare messaggi.
Internet fornisce un importante contributo allo sviluppo dell’apprendimento online, una tendenza
che è cresciuta vistosamente tra gli studenti universitari ma che si sta diffondendo anche tra gli
alunni più giovani. La maggior parte se ne avvale per recuperare debiti scolastici o per portarsi
avanti nello studio durante le vacanze scolastiche. Le opportunità di apprendimento online
accrescono le opzioni di studio per gli studenti i cui istituti non offrono un’ampia gamma di corsi.
Molti studenti si iscrivono a corsi online perché vengono istruiti a casa, a causa di una malattia o
per impegni di lavoro.
I MOOC (​Massive Open Online Courses)​ sono corsi a cui ciascuno può accedere gratuitamente;
nessuno riceve alcun feedback individuale, e ognuno può decidere di non concluderlo. Nei modelli
di apprendimento online, inoltre, gli insegnanti sono “la guida che accompagna, e non il
professore alla lavagna”: gli studenti svolgono compiti, esercitazioni o leggono testi e l’insegnante
li incoraggia, li guida e fornisce loro feedback dettagliati. L’insegnante può anche mancare e gli
studenti frequentano autonomamente le lezioni online.
L’apprendimento online può essere particolarmente vantaggioso per chi non può inserirsi in classi
tradizionali, perché troppo bravo in determinate materie o perché, al contrario, necessita di più
assistenza. Possono così non dover aspettare il resto della classe e procedere ad un ritmo che
corrisponde alle loro effettive capacità in una materia.
Da un punto di vista psicologico, bambini che si sentono a disagio in una classe normale sono più
sicuri e sciolti in un’aula virtuale. Hanno il tempo per riflettere su quanto vogliono dire, non
devono preoccuparsi del loro aspetto fisico o dei loro vestiti.
L’impiego complessivo dei media è aumentato considerevolmente negli ultimi anni, soprattutto
perché quasi tutti i bambini e i ragazzi possiedono uno smartphone, che consentono nuove
piattaforme su cui giocare. Per chi ne fa un uso eccessivo, il gioco può diventare un’attività
compulsiva; i voti possono diventare più bassi e l’uso di Internet può arrecare danni alle relazioni
con amici e familiari. Ma diversi studi dimostrano che dedicarsi a specifiche tipologie di gioco
potrebbe favorire lo sviluppo di alcune capacità cognitive. Giochi come Tetris, ad esempio,
migliorano le abilità spaziali, consentendo ai bambini di immaginare come il pezzo possa occupare
uno spazio e come formare un insieme in cui incorporare i pezzi successivi. Da questi studi è
emerso che i maschi tendono a fare meglio in alcune prove spaziali, soprattutto la rotazione
mentale, nonostante le ragazze possano facilmente colmare il divario.
I giochi di strategia offrono un diverso tipo di benefici cognitivi in aree come il ragionamento e la
risoluzione di problemi. Questi, però, vengono elaborati in modo da catturare l’interesse dei
bambini.
I bambini che hanno avuto accesso al computer sembrano essere, secondo alcuni studi,
maggiormente pronti per la scuola. Inoltre, avere accesso a media adeguati può essere
particolarmente proficuo per bambini svantaggiati e con famiglie a basso reddito. Tuttavia, se da
un lato l’esposizione a software di alta qualità può avere ottimi effetti per bambini in età
prescolare, i genitori dovrebbero essere però molto prudenti nella scelta dei contenuti e nella
durata dell’esposizione.
Gli esseri umani hanno sempre avuto la capacità di gestire contemporaneamente più di un
compito. Questa facoltà di ​multitasking​ è stata maggiormente sviluppata dall’avvento di Internet e
delle nuove tecnologie mobili: i ragazzi possono, ad esempio, avere aperte diverse finestre sul
computer, alcune per studiare, altre per inviare messaggi o per ascoltare musica mentre
controllano l’arrivo di una nuova notifica sul loro cellulare.
In realtà, gli individui ​possono​ eseguire bene diverse attività in contemporanea solo quando una di
queste è molto praticata, abituale. Ma poiché la maggior parte dei compiti richiede competenze
cognitive maggiori, le attività non vengono compiute simultaneamente, ma ​si passa dall’una
all’altra​. I costi cognitivi della rapida transizione da un compito all’altro possono essere molto
elevati, e si spende il doppio del tempo nel passaggio da un’attività all’altra rispetto a completarne
una alla volta. Anche una distrazione può comportare un multitasking e rendere più difficile
concentrarsi su una sola attività.
Alcune ricerche dimostrano come ascoltare la propria musica preferita mentre si svolge un
compito può avere degli effetti positivi, o addirittura negativi; ciò dipende soprattutto dalla
personalità, l’età, dal tipo di musica che si sta ascoltando e dalla natura del compito. Di solito gli
introversi trovano difficile concentrarsi ascoltando musica.
Il multitasking influenza anche le modalità di apprendimento: permette sì di acquisire nuove
informazioni, ma è più difficile applicarle.
SVILUPPO FISICO​: uno studio finlandese risulta effettivamente disturbato a causa dell’uso di
strumenti tecnologici. Gli adolescenti, ad esempio, fanno più fatica ad addormentarsi e ad alzarsi
la mattina, avvertendo stanchezza durante le ore scolastiche.
I ragazzi che non dormono a sufficienza corrono diversi rischi, non solo connessi ai risultati
scolastici. La mancanza di sonno riduce la capacità di prestare attenzione e ciò può ripercuotersi
sulla sicurezza personale. Per cui, un uso eccessivo del computer può essere associato a inadeguati
ritmi di sonno; il facile accesso a questi dispositivi potrebbe esserne una causa.
L’enorme incremento dell’obesità infantile coincide con l’esplosione dell’uso dei computer e degli
smartphone; tale simultaneità, tuttavia, non indica un rapporto diretto causa/effetto. Esiste sì una
correlazione tra il tempo di esposizione ai media e l’aumento di peso, ma ciò non è sostenuto da
prove concrete. Una delle ragioni per cui stare al computer porta all’obesità consiste nel fatto che
è un’attività sedentaria, che sottrae tempo all’attività fisica e durante la quale si favorisce il
consumo di snack. Altre tecnologie, al contrario, inducono al movimento, a “giocare facendo
esercizio” (con la Nintendo Wii, ad esempio). Questi giochi possono essere utili anche per lo
sviluppo cognitivo: l’esercizio fisico non è soltanto un modo per evitare il sovrappeso, ma è anche
una valida componente dello sviluppo cognitivo.
SVILUPPO SOCIALE E AFFETTIVO​: Internet, smartphones e tutte le altre tecnologie stanno
esercitando potenti effetti sullo sviluppo sociale e relazionale, soprattutto nel passaggio
all’adolescenza.
La maggior parte dei bambini e degli adolescenti usa la propria ininterrotta connettività per
comunicare con persone che già conosce. I ragazzi più estroversi e spigliati, che hanno relazioni più
solide nella vita reale, utilizzano la rete per comunicare soprattutto con gli amici, rafforzando così
quei legami. I ragazzi più introversi, invece, secondo l’ipotesi della ​compensazione sociale​,
scelgono di usare Internet per comunicare con i coetanei, avendo più difficoltà nelle interazioni
“faccia a faccia”. Per questi ragazzi, le tecnologie diventano strumenti per coltivare amicizie e
attraverso cui poter parlare di argomenti più intimi.
Nello stesso periodo in cui esplode la comunicazione online, l’adolescente comincia a porsi
domande circa se stesso e la propria identità. ​Erik Erikson ​evidenza che il processo evolutivo
procede dura per tutta la vita ma, durante l’adolescenza, l’identità diventa un problema
importante perché è a partire da ciò che l’individuo matura sul piano affettivo, sociale e sessuale.
James Marcia​: la ricerca dell’identità porta a due possibili risultati.
● “Diffusione d’identità”: se i ragazzi non hanno l’opportunità di sperimentare ed esplorare,
non si impegnano effettivamente in nulla. L’adolescente potrebbe anche entrare in una
fase del “blocco d’identità”, in cui si impegna rispetto a qualcosa senza aver esaminato le
varie opzioni.
● I ragazzi possono esplorare diverse opzioni, e possono impegnarsi rispetto a ciò che hanno
imparato circa se stessi e le proprie idee. Possono costruirsi un’identità stabile e
soddisfacente; oppure rimandano costantemente le loro scelte.
Nei nativi digitali questo processo è legato agli ambienti online, concepibili come “laboratori di
identità”: gli adolescenti, soprattutto le ragazze, possono manipolare il proprio profilo al variare
delle proprie ambizioni, desideri o progetti, senza sapere che, pur rimuovendo contenuti che non
si sentono più propri, le tracce digitali difficilmente scompaiono e potrebbero tormentarli anche
durante l’età adulta.
Gli adolescenti, nel crearsi un profilo, cercano di non allontanarsi troppo dalla realtà; altri, però,
creano falsi profili anche con lo scopo di fare del male a qualcuno (​cyberbullismo)​ , o per
sperimentare nuovi sé che vengono, però, abbandonati dopo poco tempo.
Per evitare il fenomeno del collasso del contesto, gli adolescenti preferiscono rivolgersi ad altre
tipologie di social network (Instagram, Snapchat) al fine di evitare spiacevoli incomprensioni. Dei
dati registrano che il numero di ragazzi tra i 13 e i 17 anni iscritti a Facebook si sia ridotto ai 9,8
milioni, a discapito dei precedenti 13,1 milioni: un calo di oltre 25%. Invece, il numero di utenti di
55 anni è salito all’80%.
Cyberbullismo​:
● Il bullismo digitale è diverso da quello che si incontra nella vita reale, perché l’aggressore
può tormentare la vittima in qualsiasi momento della giornata a prescindere dal posto in
cui si trovino.
● Se il bullo posta una foto molto umiliante della vittima, questa può raggiungere migliaia di
persone e aumentare drasticamente la vastità dell’audience.
● In rete, il bullo si sente più anonimo, e spesso lo è realmente. Sulla base dell’atteggiamento
di un adolescente nei confronti dell’anonimato, si può prevedere quanto egli sia incline ad
assumere comportamenti aggressivi in rete. Le App che supportano messaggi anonimi
riducono il senso di responsabilità.
● I cyberbulli si sentono protetti dalla distanza fisica da eventuali ripercussioni, e la
disinibizione può portare a comportamenti molto pericolosi. Non possono osservare le
reazioni della vittima e, di conseguenza, provare meno empatia per quest’ultima. Anche
l’audience non è in grado di provare il livello di sofferenza della vittima, anzi, spesso tende
anche a minimizzare il tutto.
● Mentre i ragazzi preferiscono aggressioni fisiche, il cyberbullismo è un tipo di aggressione
indiretta solitamente preferita dalle ragazze.
I cyberbulli sono insensibili, hanno elevati livelli di narcisismo, un’elevata opinione di sé e sfruttano
gli altri per ottenere un vantaggio personale.
I genitori sono spesso all’oscuro di quanto accade ai loro figli in rete, perché questi non si
confidano e credono di poter risolvere da sé la situazione. Più che privare loro della tecnologia –
che, anzi, aumenta il livello di ansia della vittima perché non sarebbe in grado di vedere ciò si
diffonde riguardo la sua persona – i genitori dovrebbero informarsi maggiormente su ciò che i
propri figli fanno in rete, parlando loro del problema e incoraggiando l’empatia.
SVILUPPO SESSUALE​: anche nella maturazione sessuale Internet ha dei lati positivi. I ragazzi
possono acquisire conoscenze sulla riproduzione, gravidanza, omosessualità, di cui potrebbe
essere imbarazzante discutere con la propria famiglia. È ovvio che in Internet ci siano anche
informazioni scorrette, ma le scuole dando sempre più importanza alla capacità di discriminare le
informazioni. Gli adolescenti, inoltre, possono usare gli strumenti di comunicazione per ridurre il
senso di imbarazzo legato ai primi approcci sentimentali. È più facile comunicare a qualcuno il
proprio interesse attraverso un “mi piace” perché, in caso di rifiuto, sarebbe meno imbarazzante.
Sexting​: è un neologismo costituito dalle parole inglesi ​sex​ e ​texting.​ Esso si riferisce all’invio di
messaggi sessualmente espliciti, che possono includere anche foto. I selfie osé sono più facili da
creare da soli, essendo possibile fotografarsi da qualsiasi angolazione.
Due sono i principali rischi del ​sexting.​
1. Sfruttamento dell’immagine o dei video per azioni di cyberbullismo (individui che
diffondono immagini intime dei loro precedenti partner).
2. Aspetti giuridici; in particolare le leggi che puniscono l’invio di contenuti sessualmente
espliciti si avvalgono delle stesse condanne riservate ai reati di pedopornografia.
La maggior parte dei ragazzi fanno ​sexting​ per mostrare interesse al partner di una relazione
sentimentale, o per fare colpo/flirtare con qualcuno con cui vorrebbero avere una relazione.
In generale si pensa che il ​sexting​ consensuale sia un’espressione di intimità digitale, ma molti
tendono a sottovalutare i rischi insiti in questa pratica.
Numerosi sono soprattutto i siti pornografici, e i link a questi siti vengono diffusi attraverso
annunci, e-mail di spam e tweet. Ovviamente, possono essere visitati anche volontariamente.
I ragazzi riconoscono però i rischi insiti in questa tipologia di siti: cyberbullismo, linguaggio verbale,
virus, frodi, tracciabilità, video violenti e raccapriccianti. Si può essere meno esposti a tali rischi
attraverso software di filtraggio, che rendono meno frequente il fenomeno dell’adescamento
online. Fatto scioccante è che la maggior parte degli adescatori non sono perfetti sconosciuti, ma
persone che il bambino spesso conosce di persona, come giovani amici e conoscenti.
SVILUPPO INFANTILE E INTERNET: PROMUOVERE GLI ASPETTI POSITIVI ED EVITARE QUELLI
NEGATIVI
Un caso di cyberbullismo con esito negativo o la scoperta di un giro di pedopornografia attira
immediatamente l’attenzione di tutti, aumentando la tendenza a giudicare negativamente
Internet.
Pregiudizio della disponibilità:​ la tendenza a valutare la probabilità che un evento si verifichi sulla
base della facilità con cui viene in mente, che porta quindi sovrastimare l’entità dei rischi reali. Ciò
non significa che i bambini non siano esposti ai rischi, ma possono imparare a difendersi e a
proteggere anche i propri dispositivi. Bisogna trovare il giusto equilibrio tra accesso illimitato e
divieto, e impedendo ai bambini di entrare in ambienti potenzialmente rischiosi.

Cap. 9 – Questioni di genere e sessualità in Internet


MASCHI E FEMMINE: SESSI OPPOSTI
L’abitudine di riferirsi agli uomini e alle donne come a sessi “opposti” ha contribuito alla diffusione
dei pregiudizi sui ruoli di genere. Nonostante si siano riscontrate delle differenze, esse risultano
però minime.
Alcune ricerche hanno individuato delle differenze comportamentali tra diversi gruppi
demografici, che possono però essere utilizzate per tenere in vita pregiudizi e discriminazioni.
Molte di queste dissonanze confermavano gli stereotipi di genere; ad esempio, agli uomini
venivano associati ad alti livelli di aggressività, competitività, dominanza e orientamento al
compito, mentre alle donne veniva associato un interesse maggiore per la relazione e la
connessione.
Quest’ultimo elemento è spesso collegato anche all’utilizzo che le donne fanno di Internet: si
dimostra che esse passano più tempo sui social, hanno più amici e si impegnano maggiormente
nell’ampliare la relazione con amici e familiari. Ma, come si è detto anche in precedenza, l’utilizzo
dei social media può portare ad atteggiamenti di gelosia nei confronti del proprio compagno, il cui
profilo viene ossessivamente “sorvegliato” (​mate guarding​).
GENERE E LINGUAGGIO​: le persone, sia maschi che femmine, impiegano il linguaggio in modo
diverso per ragioni diverse, e ognuno di noi può adattare il proprio stile comunicativo al contesto
sociale e agli interlocutori. Ma anche il genere ha un suo peso.
In determinate situazioni, gli uomini parlano, mediamente, più delle donne; quest’ultime utilizzano
locuzioni pleonastiche (“cioè”, “dunque”, “allora”) e avverbi rafforzativi (“alquanto”, “così”,
“terribilmente”) o termini per mitigare ciò che si è affermato in precedenza. Nel corso di una
conversazione, tendono a fare più domande o a usare perifrasi esplicative; esse usano il linguaggio
in modo più cauto e conciliante. Le donne mostrano più sintonia, mentre gli uomini si limitano a
intercalari del tipo “Ah”, “Ehm”. L’interruzione della conversazione (cioè il parlare simultaneo) e la
sovrapposizione (la presa di parola nel momento in cui l’interlocutore si sta avviando alla
conclusione) sono presenti però anche in coppie di tipo misto.
Le differenze nell’uso del linguaggio possono essere legate a questioni più di potere che di genere
e spesso le donne in posizioni di potere usano modi “maschili” di conversare; le questioni relative
all’esercizio di potere possono influenzare la scelta di parole rispetto a quelle relative
all’appartenenza a genere.
Le donne sembrano prestare maggiore attenzione al ruolo socioemotivo delle parole al fine di
mantenere coesione e cooperazione all’interno di un gruppo, mentre gli uomini sono più diretti e
finalizzati al raggiungimento di un obiettivo. Le ricerche dimostrano che entrambi gli stili di
interazione portano al raggiungimento degli obiettivi dei gruppi di lavoro, ma non
necessariamente in relazione allo stesso tipo di compito. Una differenza sostanziale sta nel modo
in cui gli uomini e le donne possono interpretare le sovrapposizioni e le interruzioni: gli uni
tendono a percepirle come un gioco di potere, le altre come contributi a una narrazione condivisa.
IL LINGUAGGIO IN RETE: DIGITIAMO IN ROSA E AZZURRO?
Non solo il nome, ma anche il contenuto di un post permette di identificare il genere di una
persona.
Alcuni software vengono concepiti come capaci di individuare specifici elementi del linguaggio in
rete; dall’uso degli articoli o delle preposizioni o dalla presenza di pronomi personali il software
può automaticamente identificare, rispettivamente, un uomo o una donna.
David Bamman​: riscontra questa differenza nell’uso del linguaggio anche su Twitter, in cui le
donne usano più spesso pronomi o acronimi come “lol”, mentre gli uomini citano più l’articolo “lo”
o numeri e tecnologie.
Che ne siamo consci o no, adottiamo uno stile comunicativo diverso a seconda dell’interlocutore.
Susan C. Herring​ ha identificato cinque sequenze che apparivano costantemente nei messaggi: un
saluto di apertura e una firma, o un’altra modalità convenzionale di chiusura (convenzioni
epistolari); una sorta di introduzione; il corpo principale del messaggio che chiarisce il punto di
vista del mittente; una nota conclusiva, di solito informale, che richiedeva anche il punto di vista
dell’interlocutore.
La ricercatrice constatò che queste sequenze sono presenti nei messaggi inviati sia da donne che
da uomini, ma mentre le donne sono più interessate allo scambio di opinioni e pongono più
domande, gli uomini esprimono spesso il proprio punto di vista soggettivo. Inoltre, le donne sono
maggiormente orientate alle relazioni quando partecipano alle discussioni in rete.
Herring notò che si è portati ad adottare uno stile comunicativo che è simile a quello dominante.
Tutto ciò lascia intendere che ​dovremmo​ essere in grado di riconoscere il genere di una persona
partendo dal modo in cui usa il linguaggio. Sono noti, purtroppo, anche dei casi nei quali qualcuno
si spaccia per una persona dell’altro sesso, ingannando gli interlocutori per molti mesi.
Quando, però, una persona cerca deliberatamente di farsi passare per una dell’altro sesso, tende a
esagerare determinate caratteristiche, adottando uno stile forzatamente stereotipato che rischia
di essere facilmente scoperto (vedi il “gioco di Turing”).
INTERNET E LGBT​: Internet può essere un importante strumento per lesbiche, gay, bisessuali o per
chi non si riconosce in una posizione precisa di genere perché hanno una sessualità più fluida.
I ragazzi si trovano in una fase di esplorazione e ricerca di un’identità, e l’accesso a informazioni
esterne alla scuola può avere un valore inestimabile. Internet svolge un ruolo fondamentale nella
transizione verso l’età adulta.
I social network specifici per la comunità LGBT variano ampliamente, ognuno ha le proprie norme
e tematiche. Alcuni si rivolgono soprattutto a chi desidera condividere informazioni su stili di vita e
pratiche sicure, altri sono più orientati all’incontro e alla relazione.
Nel creare un profilo in rete, coloro che appartengono alla comunità LGBT costruiscono delle
barriere per gestire un potenziale collasso del contesto; alcuni manifestano spontaneamente la
propria sessualità su social come Facebook, essendone a conoscenza sia amici che familiari,
mentre altri gestiscono in modo diverso gli interlocutori.
MOLESTIE SESSUALI ONLINE​: le caratteristiche degli ambienti online, come la percezione
dell’anonimato, favoriscono anche le molestie sessuali.
● Molestie legate al genere​: sono commenti offensivi in riferimento al sesso o
all’orientamento sessuale della vittima (i commenti denigratori sulle donne sul posto di
lavoro ne sono un esempio);
● Attenzione sessuale indesiderata:​ si riferisce a comportamenti non voluti e non richiesti che
esprimono un desiderio sessuale da parte di qualcuno;
● Coercizione sessuale​: consiste nel fare pressione su qualcuno per ottenere dei favori
sessuali, minacciandolo.
Le molestie legate al genere e l’attenzione sessuale sono frequenti anche negli ambienti di
Internet; gli effetti disinibenti di quest’ultimi possono amplificare il sessismo sottostante e
produrre comportamenti discutibili. Nelle chat room, ad esempio, sia donne che uomini possono
ricevere messaggi privati sessualmente espliciti; nei videogiochi anche gli avatar femminili possono
essere oggetto di interessamento morboso e apprezzamenti volgari. Alcune donne, infatti,
scelgono appositamente un avatar maschile per evitare commenti indesiderati.
Le molestie sessuali possono avere effetti drammatici sulla vittima, come un aumento del livello di
stress, depressione, sentimento di impotenza e ridotto rendimento lavorativo. Le molestie sessuali
possono anche interferire con la prestazione durante un colloquio lavorativo: se una candidata
riceve domande inopportune circa le sue relazioni o tutto ciò che è inerente ad esse, potrebbe
esprimersi in maniera meno sciolta e fornire risposte qualitativamente inferiori.
Anche gli uomini possono essere bersaglio di molestie sessuali, principalmente da parte di altri
uomini: come le donne sono oggetto di molestie se non rientrano nello stereotipo femminile, così
gli uomini vengono infastiditi se si comportano troppo da “femmine”.
La coercizione sessuale non è molto comune in rete, data la sua natura, ma esiste un caso
particolarmente drammatico: il caso di ​Mr. Bungle​, accusato di aver commesso uno “cyberstupro”.
LA SESSUALITA’ IN INTERNET​: i motivi per cui si digita “sesso” in un motore di ricerca sono
svariati. Alcuni lo fanno semplicemente per cercare delle informazioni che difficilmente si possono
ottenere in un incontro “faccia a faccia”. Questo tipo di informazioni hanno un particolare valore
per gli adolescenti, che sono alle prese con il processo della formazione di un’identità stabile nella
transizione verso l’età adulta. Uno dei maggiori svantaggi di Internet, però, è la dubbia qualità di
molte delle informazioni in quest’ambito; la maggior parte delle persone non si accerta nemmeno
la validità di tutto ciò che apprende attraverso Internet, specialmente se concerne la sfera
sessuale.
Cybersesso:​ è una situazione in cui due persone si eccitano sessualmente mandandosi
comunicazioni espliciti attraverso messaggi istantanei, videochat, o in chat room.
Il termine veniva inizialmente associato al sesso online tra sconosciuti; ma da alcuni anni il
cybersesso è diventato più comune tra persone che sono in una relazione nella vita reale.
Le statistiche dimostrano che parimente sia le donne (soprattutto di mezza età) che gli uomini
praticano cybersesso. Quest’ultimo può avere conseguenze tanto positive quanto negative.
● Sul versante positivo, esso permette di esplorare la propria sessualità in modi diversi e
acquisire maggiore sicurezza negli incontri reali. Molte donne dedite a questa pratica se ne
avvalgono per questo motivo.
● Sul versante negativo, invece, le pratiche di cybersesso concepite come una forma di
tradimento, anche se gli incontri non escono dallo schermo del computer. Il cybersesso,
infatti, comporterebbe una drastica riduzione di fiducia reciproca.
LA PORNOGRAFIA IN INTERNET​: alcuni studiosi di scienze sociali sostengono che l’uso di materiale
pornografico sia innocuo, a volte anche funzionale e liberatorio, perché informa, aumenta la carica
erotica, fornisce vie di esplorazione, ecc. Altri, invece, sostengono che la pornografia comporti
un’oggettivazione della donna e il suo consequenziale sfruttamento. Infatti, la maggioranza dei
paesi limitano la pornografia, perché molte persone sostengono comporti effetti dannosi. Altri,
come la Danimarca, legalizzano il materiale pornografico perché tale legalizzazione ha ridotto
notevolmente il numero dei reati a sfondo sessuale. Tuttavia, un’esposizione prolungata alla
pornografia può portare ad atteggiamenti sessisti e una maggiore disponibilità ad accogliere
l’opinione secondo cui la vittima di uno stupro abbia la responsabilità dell’accaduto.
L’esposizione accidentale a materiale pornografico è assai comune, ma preoccupante è
l’esposizione dei bambini. Il tasso di esposizione si è sì ridotto attraverso software filtranti, ma ciò
non implica che non comporti dei rischi. Molti bambini affermano di abbandonare semplicemente
il sito senza conseguenze gravi; altri, però, sostengono che l’incidente lo ha fatto sentire triste,
imbarazzato o spaventato.
L’esposizione accidentale ha effetti anche sugli adulti, che possono sentirsi attratti dalla
pornografia, soprattutto quella di tipo hardcore (solo se assicurati dalla percezione di anonimato).
La pornografia violenta, tuttavia, è particolarmente pericolosa per le conseguenze negative che ne
possono derivare. ​Edward Donnerstein​ dimostrò che gli uomini, a cui aveva sottoposto la visione
di un filmato porno violento, assumevano comportamenti aggressivi nei confronti delle donne.
Questo tipo di pornografia perpetua il “mito dello stupro”, secondo cui la donna che dice ​no n ​ on lo
pensa realmente, perché di fatto vuole un rapporto sessuale violento. Ovviamente la personalità e
la sensibilità del singolo individuo possono attenuare tali effetti, ma innegabile è l’influenza
negativa che la pornografia violenta esercita sugli atteggiamenti e sul comportamento.
Cap. 10 – La psicologia della privacy e della sorveglianza online
STORIA E SIGNIFICATO DELLA PRIVACY​: le idee moderne sulla natura della privacy e del diritto alla
privacy nascono soprattutto in ambito giuridico. ​Samuel Warren​ e ​Louis Brandeis​ elaborarono
un’analisi sul modo in cui la legge si era sviluppata per proteggere il diritto alla vita, alla libertà e
alla proprietà; entrambi sostenevano che fosse giunto il momento di riconoscere un nuovo diritto,
cioè quello alla ​privacy​. Questi giuristi definirono la privacy come “diritto di essere lasciati soli”,
sostenendo che qualsiasi violazione poteva essere considerata un illecito, un atto illegittimo a cui
si sarebbe dovuto provvedere con una sentenza. Portavano a sostegno della loro tesi una “recente
invenzione”, cioè quella della fotografia: entrambi presero in considerazione, infatti, un fatto
increscioso legato a un’attrice di Broadway alla quale era stata scattata una fotografia senza il suo
esplicito consenso.
In termini giuridici, parliamo di violazione della privacy quando:
o Ci si introduce in modo fraudolento nella sfera privata di una persona o nella sua cerchia di
relazioni (​intrusione​);
o Si divulga pubblicamente materiale privato imbarazzante riguardante un’altra persona, nel
caso in cui questo materiale non riveste interesse o valore pubblico (​vita privata​);
o Si pubblica materiale offensivo su un’altra persone, inducendo gli altri a farsi un’opinione
sbagliata su quest’ultima (​falsa luce​);
o Si usa il nome o l’identità di un altro senza il suo consenso (​appropriazione)​ .
Doxing​: da “document” e “dropping”, significa letteralmente “lasciar cadere”. È quando vengono
pubblicati dei documenti privati che l’interessato non desidera rendere di pubblico dominio.
Tuttavia, se queste informazioni vengono ricavate in modo legale, non si può parlare di un vero e
proprio reato contro la privacy.
Quando pensiamo alla privacy, però, più che al diritto di essere lasciati soli la colleghiamo al
controllo che abbiamo su informazioni private che possono essere messe a disposizione degli altri.
Nonostante attribuiamo grande importanza alla privacy, tutto ciò che facciamo in rete sembra
contraddirci: pubblichiamo volontariamente informazioni anche molto impersonali, e tendiamo ad
indignarci quando sentiamo che il controllo delle nostre stesse informazioni ci sfugge di mano.
Un aspetto psicologico importante della privacy è l’autonomia, avere cioè la libertà di scelta e di
decidere tra le diverse opzioni in modo indipendente. La privacy può essere concepita come il
controllo esercitato sugli imput (cioè le intrusioni indesiderate) e gli output (le informazioni
personali che vengono divulgate).
La privacy è, inoltre, un fenomeno collettivo, che dipende quindi dai rapporti sociali, dalla cultura e
dalle norme sociali adottati dai gruppi.
LA PRIVACY IN RETE​: tutto ciò che viene pubblicato in rete può essere potenzialmente visualizzato
da chiunque disponga di una connessione a Internet; l’informazione caricata in rete può rimanere
lì per sempre. L’emittente non ha il controllo sull’informazione, né ha la minima idea di chi potrà
accedere a quei dati e dell’uso che ne avrà fatto. La perdita di controllo su ciò che viene caricato in
rete può essere particolarmente pericolosa.
Le particolarità della rete, cioè la percezione di anonimato o la distanza fisica, influenzano il modo
in cui ci comportiamo, rendendoci più disinibiti e inclini a diffondere informazioni anche molto
personali. Inoltre, si continua a stringere “amicizia” con persone di cui sappiamo poco e nulla,
perché le persone sono ansiose di ampliare la propria cerchia di “amici”.
Il ​paradosso della privacy​ si riferisce al fatto che, da un lato, si afferma di essere preoccupati per la
riservatezza e di essere in grado di configurare le impostazioni della privacy; dall’altro, il
comportamento concreto attesta il contrario. Ciò perché le persone non sono in grado di gestire la
propria privacy in rete e hanno poche conoscenze in materia, o perché spesso non la mettono in
relazione alle loro attività su Internet. Inoltre, si ritiene che gli altri siano più vulnerabili agli
attacchi alla privacy rispetto a se stessi. Una terza spiegazione si potrebbe ricavare concependo gli
ambienti online come “opachi”, in cui si pensa che i propri post siano riservati a interlocutori
specifici, principalmente agli “amici”, senza considerare che nella nostra lista di “amici” figurano
persone che non conosciamo.
MODELLI COMMERCIALI E BIG DATA​: sui social network chiunque può creare un account a titolo
gratuito e iniziare a costruire la propria persona online, inserendo informazioni personali. Ma
quanto maggiore è il numero degli utenti iscritti, tanto più saranno elevati i costi per la gestione
del sito. Tuttavia, la fonte principale di guadagno proviene dal marketing: ​i social network offrono
agli operatori l’accesso ai dati degli utenti​. Maggiore è il numero di utenti iscritti e la quantità di
dati che questi immettono, maggiore sarà il guadagno del sito stesso. Le informazioni personali
possono essere combinate con tracce digitali lasciate dagli utenti quando visitano altri siti.
I social network permettono agli inserzionisti di trovare persone che possono promuovere il loro
prodotto perché le loro opinioni sono rispettate da tutti. Un influenzatore può essere, ad esempio,
una persona i cui post ricevono spesso “mi piace” e che potrebbe agire di fatto da “opinion
leader”. Queste persone raggiungono picchi di popolarità in poco tempo e riescono a riunire
migliaia di utenti intorno a un tema condiviso. I soggetti concentrati su un’inserzione provano sia
gioia che sorpresa. Infatti, la pubblicità in rete suscita uno stato di sorpresa ​sin dall’inizio​, in modo
da attirare subito la loro attenzione.
Ciò che gli utenti immettono ​consapevolmente​ su Internet è soltanto una piccola parte dei dati che
gli inserzionisti effettivamente possiedono, che li ricavano dai siti visitati, i “mi piace” e i commenti
inseriti, le ricerche svolte con le App di localizzazione. Le aziende promuovono software che
rendono le questioni legate alla privacy poso evidenti (come il contratto di licenza che appare
prima di un aggiornamento o di un download che viene puntualmente ignorato). Gli sviluppatori,
inoltre, sollecitando anche chi è restio a immettere informazioni personali in rete a farlo,
incitandolo ad aggiornare il proprio stato; così facendo, mantengono le persone concentrare ​su ciò
che immettono,​ ma non su i ​big data​ di cui le aziende dispongono.
SORVEGLIANZA​: la raccolta dei dati non viene svolta soltanto dagli esercizi commerciali ma anche
dagli enti governativi, che possono così ottenere informazioni su persone incriminate o per
prevenire attacchi terroristici. I social media rappresentano un terreno particolarmente fertile per
la sorveglianza governativa.
Ma sorveglianza è anche ​reciproca:​ i social network forniscono a chiunque un palcoscenico su cui
esibirsi e su cui si possono osservare l’un l’altro. Una parte considerevole della sorveglianza è resa
possibile proprio dal nostro consenso.
“Internet delle cose”: non sono soltanto gli smartphone a controllarci, ma anche le telecamere sui
pali telefonici, la TV e tutti quegli oggetti che sono diventate ormai di uso comune e su cui non
poniamo sufficiente attenzione.
“Essere osservati” ha conseguenze sul modo in cui comportiamo, perché anche la sola presenza
dell’altro influisce sul nostro comportamento. Da un punto di vista psicologico, “essere osservati”
ci spinge a fare meglio perché c’è un aumento dell’attenzione e della vigilanza. Quando gli altri ci
guardano, abbiamo anche un comportamento maggiormente prosociale: anche solo la sensazione
di essere osservati potrebbe indurre, ad esempio, a fare più donazioni. Per cui, “essere osservati”
influisce sul nostro comportamento; attraverso gli oggetti di uso quotidiano veniamo
costantemente sorvegliati, e le nostre informazioni vengono raccolte senza che ne siamo
consapevoli.
STRATEGIE PER GESTIRE LA PRIVACY IN RETE​: la strategia più efficace è la gestione attiva dei dati
che vengono resi pubblici; valutiamo quanto sia sicuro immettere informazioni su un determinato
sito a partire da alcuni indizi (il simbolo del lucchetto nella barra degli indirizzi indica, ad esempio,
che la trasmissione è criptata). Ma è molto comune sopravvalutare alcuni indizi che, in realtà,
sarebbe sbagliato considerare “sicuri”. Su social network come Facebook possiamo:
● Rendere il nostro profilo inattivo nelle ore diurne e riattivarlo solo in uno specifico
momento della giornata;
● Utilizzare una “chiave” per decifrare un’informazione, pur essendo visibile (​steganografia
sociale​);
● Segmentare gli interlocutori, creando gruppi specifici come “famiglia”, “amici”, colleghi”,
ecc., così da evitare il collasso del contesto;
● Limitarsi a riportare informazioni innocue che vanno bene per tutti (​minimo comune
denominatore​).
Alcuni ricorrono anche alla via legale al fine di eliminare ​definitivamente​ un contenuto
indesiderato.
Gli utenti più abili sul piano tecnico regolano le opzioni della privacy per ridurre il rischio legato al
collasso del contesto, la divulgazione o le intrusioni. Snapchat, ad esempio, apparentemente
fornisce un controllo tecnico per tutelare la privacy ed evitare la diffusione delle informazioni
rendendo le foto visibili solo per una manciata di secondi. Ma anche questa tecnica appare poco
efficace, perché un utente può fare un’istantanea della foto e diffonderla in maniera rapida.
Alcune delle tecniche può usate sono le password o le domande segrete, oppure un’​identificazione
a due fattori ​attraverso cui l’utente riporta non solo la password, ma anche un codice inviato al
suo dispositivo.
Uno dei software più sicuri è Tor: è una rete distribuita di server, che permette di comunicare in
modo anonimo senza lasciare traccia di attività o posizioni. Questo software viene usato da chi ha
un forte bisogno di anonimato come giornalisti, attivisti politici, dissidenti o, purtroppo, anche
criminali.
IL FUTURO DELLA PRIVACY​: nell’Unione Europea è stato imposto il “diritto all’oblio”, cioè la
facoltà, in determinate circostanze, di richiedere la cancellazione dei dati personali. Ciò ha portato
a posizioni contrapposte: coloro che sostengono la libertà di parola temono un eccessivo
controllo, perché può andare a discapito dell’interesse pubblico; coloro che sostengono il diritto
alla privacy, invece, pongono l’accento sui rischi insiti nella sorveglianza e nella divulgazione
pubblica.
Alcuni sostengono che, con il passare degli anni, la tendenza alla conservazione della privacy
potrebbe svanire del tutto; altri, invece, ritengono che in futuro sarà possibile trovare un equilibrio
tra tutela della riservatezza e interessi contrari. Se da un lato è opinione diffusa che, in assenza di
un evento catastrofico che possa attirare l’attenzione di tutti, la privacy tenderà ad assottigliarsi
maggiormente, dall’altro altrettanto comune è l’idea ottimistica che il rapido avanzamento delle
tecnologie contrasterà la sorveglianza.

Cap. 11 – Internet fa perdere tempo?


Da quando la connessione è disponibile sugli smartphone, siamo di fatto ​sempre​ online. I vantaggi
di questa connessione ubiquitaria sono inequivocabili, ma il problema subentra quando Internet
prosciuga progressivamente il nostro tempo.
CONNESSIONE 24 ORE SU 24 PER 7 GIORNI SU 7​: da quando si è diffuso l’accesso domestico a
Internet, la vita lavorativa e quella personale hanno cominciato a mescolarsi in misura sempre
maggiore. Un sondaggio compiuto da LinkedIn dimostra che un migliore equilibrio vita/lavoro sia
la seconda ragione per importanza, dopo la retribuzione più alta, per cui le persone
cambierebbero posto di lavoro.
Teoria dei confini​: esplora le modalità con cui vengono gestiti i confini tra vita lavorativa e vita
personale, con cui si prendono decisioni sulla loro permeabilità. Un modo per fissare i confini tra
lavoro e vita privata è quello di separare i ruoli in base al tempo, lo spazio o entrambi – confini
che, purtroppo, oggi tendono a diventare sempre più labili e illusori (ad esempio, si può ricevere
un messaggio dal proprio datore di lavoro anche quando si è a casa).
Il cellulare, infatti, consente di restare sempre connessi con il proprio lavoro. Le aziende
forniscono ai loro dipendenti applicazioni con cui accedere ai database aziendali o altre risorse
mentre sono in movimento per cercare dati, o per accaparrarsi nuovi clienti. Lo smartphone rende
indistinti i confini tra tempo di lavoro e tempo di vita, e ciò può avere delle ricadute negative sulla
vita familiare. Chiunque può silenziare la suoneria del telefono e non accorgersi dei messaggi in
arrivo, così da gestire la vita lavorativa e quella propriamente personale. Si è posta una distinzione
tra:
● “Segmentatori”, cioè coloro che separano rigidamente il tempo lavorativo da quello
familiare, rifiutando di usare lo smartphone al di fuori dell’orario di lavoro.
● “Integratori”, coloro che inizialmente usano il telefono in modo ossessivo ma che, con il
tempo, imparano a gestire il loro dispositivo.
● “Segmentatori falliti”, coloro che non acquisiscono controllo sulla tecnologia e che si
lasciano gestire da essa. Per quest’ultimi è difficile evitare di controllare lo smartphone, e
forte è la paura di essere “tagliati fuori”.
LE CARATTERISTICHE DELLA RETE CHE CREANO DIPENDENZA​: alcune caratteristiche del mondo
psicologico di Internet possono essere talmente affascinanti da assorbire completamente un
individuo e indurlo a farne un uso eccessivo, a volte anche compulsivo, tanto da poter parlare di
una “sindrome da dipendenza”. Inizialmente l’espressione “dipendenza da Internet” fu usa con
ironia dallo psichiatra Ivan Goldberg per segnalare la tendenza della gente a patologizzare
qualsiasi comportamento quotidiano. Purtuttavia, esistono davvero persone che passano troppo
tempo in rete e che non riescono a staccarsene.
Kimberly Young​ ha condotto uno studio per valutare la dipendenza da gioco d’azzardo, utilizzando
un questionario che potesse porre una differenza tra chi poteva considerarsi “dipendente” e chi,
invece, “non dipendente”. Le domande erano formulate facendo riferimento ai criteri impiegati
per la diagnosi di dipendenza dal gioco d’azzardo o sostanze quali alcol e droghe. I principali
sintomi sono: tolleranza, astinenza, mancanza di controllo, conseguenze negative sul lavoro, a
scuola e nelle relazioni interpersonali, oltre alla incapacità di smettere o ridurre l’attività. La
ricerca dimostrò che la maggior parte di coloro che risultavano afflitti dalla dipendenza non
corrispondevano al comune stereotipo dello studente maschio un po’ trasandato tra i 16 e i 23
anni; più del 60% era composto da donne tra i 40 e i 50 anni. Il 42% rientrava nella categoria dei
“disoccupati”. Il gruppo dei “non dipendenti” era composto prevalentemente da persone di sesso
maschile tra i 25 e i 30 anni. Il fatto che le donne fossero risultate più dipendenti degli uomini può
essere dovuto alla maggiore inclinazione del sesso femminile a cercare supporto psicologico e alla
maggiore disponibilità a parlare di sé.
I tassi di prevalenza variano in base al campione, al tipo di indagine e alla scelta del valore di soglia
che discrimina i “dipendenti” dai “non dipendenti”. Gli ultimi studi condotti in quest’ambito
dimostrano come, in realtà, gli adolescenti – soprattutto di sesso maschile – sono particolarmente
vulnerabili.
GLI AMBIENTI DI INTERNET CHE CREANO DIPENDENZA​: qualsiasi ambienti di Internet può rivelarsi
sufficientemente attraente da generare problemi a persone vulnerabili che sono di per sé inclini a
comportamenti compulsivi. Molti di questi ambienti sono un corrispettivo della vita reale.
o Giochi online​: gli attuali giochi multigiocatore di massa, o quelli che prevedono giochi di
ruolo (MMORPG), sono spesso in cima alla lista delle attività che, in base ai sondaggi, fanno
restare online molto più a lungo rispetto alle intenzioni iniziali. L’aspetto sociale dei
videogiochi, molto apprezzato dagli utenti, contraddice lo stereotipo del giocatore solitario
disadattato che si rivolge ai giochi in rete perché ha difficoltà a fare amicizia nella vita
reale. Quando si è soddisfatti della propria autopresentazione e quando si è conquistata
una certa reputazione, diventa più difficile allontanarsi da questi mondi virtuali.
o Social network​: molte persone ci passano più tempo di quanto non rendano effettivamente
conto. Circa un terzo degli adolescenti e dei giovani adulti ha affermato di controllare
Facebook almeno una volta ogni quindici minuti. Le donne tendono a usare i social come
mezzo per comunicare con i membri del proprio gruppo, mentre gli uomini lo usano più per
compensare il basso numero di interazioni “faccia a faccia”. Gli estroversi amano il lato
sociale di questi luoghi di incontro e li utilizzano per affinare relazioni esistenti; gli
introversi, invece, li usano per colmare la penuria di amicizie reali, dato che l’interazione in
rete appare come più rassicurante.
o Aste online:​ sono un altro ambiente di Internet che talvolta viene usato in modo
compulsivo (un esempio è il sito eBay). Il potere esercitato da questa tipologia di sito è
intensificato dal fatto che l’asta si tiene su Internet ed è aperta 24 ore al giorno a chiunque
abbia accesso alla rete. Alcune persone sviluppano una vera ossessione per le aste, tanto
da fare compulsivamente offerte perché ne avvertono il ​bisogno.​ Le aste producono anche
un’alterazione significativa dell’umore: queste persone quando vincono sono euforiche, ma
quando perdono avvertono un forte senso di rabbia contro l’avversario.
FOMO​ (​Fear of Missing Out)​ : denota la paura di essere tagliato fuori, l’ansia di restare esclusi dal
giro e di perdersi qualcosa di importante che sta avvenendo nella propria cerchia sociale in rete.
Dai risultati di alcune ricerche è emerso che sono soprattutto i giovani di sesso maschile a temere
maggiormente di essere esclusi. Individui con alti livelli di FOMO erano anche più insicuri delle
proprie capacità e avevano meno relazioni. La FOMO prolunga il tempo che si trascorre in Internet.
CAUSE E TERAPIE​: la dipendenza da Internet può dipendere da fattori psicologici come bassa
autostima, depressione, ostilità e instabilità emotiva.
Il cervello degli utenti compulsivi mostrano attività diverse dal normale nelle regioni implicate
nell’elaborazione delle emozioni e delle ricompense, minore integrità della sostanza bianca (che si
associa a deficit cognitivi), e un minore volume della sostanza grigia in diverse aree cerebrali.
Hanno individuato una ridotta connettività nervosa negli adolescenti con diagnosi di dipendenza.
In diversi paesi sono stati istituiti centri terapeutici che offrono aiuti professionali per problemi
legati a Internet; in Cina, ad esempio, la dipendenza da Internet è considerata un disturbo molto
serio che affligge molti adolescenti. Molte strutture, come quella presente in Pennsylvania, non
sottraggono le tecnologie ai ragazzi, ma insegnano loro a cercare un maggiore controllo nell’uso
della rete e a trovare un equilibrio tra attività online e offline.
La ​terapia cognitivo-comportamentale​ s’incentra sul raggiungimento di specifici obiettivi di
controllo e riduzione dell’uso di Internet, sul rafforzamento della motivazione alla riuscita,
sull’ampliamento dei contatti nella vita reale e sul trovare delle strategie che possano rendere il
tempo più costruttivo. Uno dei sintomi dell’uso problematico di Internet è l’assenza di
consapevolezza del tempo che si passa in rete o il rifiuto di ammettere che si trascorrono molte
ore.
Anche la terapia farmacologica viene utilizzata per trattare problemi legati alla dipendenza e al
controllo degli impulsi. Attraverso queste terapie, le persone riescono a sviluppare una maggiore
capacità di controllare la quantità di tempo che trascorrono online.
I candidati alla dipendenza sviluppano tale comportamento piuttosto velocemente, entro i primi
mesi della loro avventura online. In molti casi, però, si tratta più di un fenomeno transitorio. ​Mary
McMurran ​afferma che i comportamenti di dipendenza non hanno necessariamente un
andamento progressivo, ma possono subire frequenti fluttuazioni e incostanze.
Alcune persone particolarmente inclini agli eccessi anche in altri ambiti della vita hanno
sicuramente maggiori difficoltà nel controllare l’uso di Internet; a volte, però, basta
semplicemente essere consapevoli di avere un problema per riuscire ad uscirne.
QUALE NOME PER QUESTO FENOMENO? DIPENDENZA? ABUSO? AUTOGRATIFICAZIONE?
Possiamo classificarlo come un “disturbo da dipendenza”, anche se non rientra formalmente nel
Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali,​ che riporta una classificazione dei disturbi
mentali. Molti ricercatori, però, ritengono che definirlo “disturbo” sia ancora prematuro e che,
probabilmente, si tratta solo di autogratificazione, legata a uno scarso controllo.
Cap. 12 – La vita su Internet
IL BUONO, IL BRUTTO E IL CATTIVO​: l’esperienza personale che quotidianamente facciamo degli
ambienti della rete contribuisce alla diversità delle opinioni circa il valore di Internet nella nostra
vita e nella società in generale. Alcuni sostengono che ci sia ben poco di utile nella vita virtuale o
che non siamo capaci di concentrarci su qualcosa: saltiamo da un link all’altro senza davvero
soffermarci su qualcosa. Molti sono anche preoccupati dal fatto che la comunicazione mediata da
computer smorzi e banalizzi le conversazioni della vita reale e renda le relazioni più superficiali.
Stiamo sacrificando il dialogo a favore di una maggiore connettività. Tuttavia, molti ambienti di
Internet sono luoghi che possono far emergere il meglio di noi.
IL DETERMINISMO TECNOLOGICO RIVISITATO​: fino a che punto i normali utenti sono davvero in
grado di influenzare la piena inarrestabile di una tecnologica come Internet?
Essendosi la tecnologia sviluppata su vasta scala a livello centrale, si è modificata l’economia del
potere e della sopravvivenza e le strutture sociali sono mutate di conseguenza. Anche la cultura e
l’ideologia di una società possono essere influenzare dalle innovazioni tecnologiche. Il
costruzionismo sociale, invece, ritiene che le scoperte tecnologiche sono ​effetto​ e non una causa:
le forze sociali e culturali favorirebbe le scoperte tecnologiche, indirizzando l’impiego di energie
umane e di capitali verso la soluzione dei problemi esistenti. Quante più persone lavorano a un
progetto, tanto più è probabile che qualcuno “inventi” qualcosa per arrivare a realizzarlo. Per cui,
le innovazioni tecnologiche possono essere sia la causa che l’effetto di importanti mutamenti
sociali.
Thomas Hughes​ ha coniato il termine ​momentum​ per indicare che alcune tecnologie, giunte a un
determinato momento del loro ciclo di vita, acquisiscono una forza così penetrante nel
determinare dei cambiamenti sociali. Internet si trova quindi in una posizione intermedia tra
determinismo tecnologico e il costruzionismo sociale.
Alcuni governi dei diversi paesi rispetto alla rete cercano di bloccare l’accesso alla rete per
reprimere potenziali espressioni di dissenso, ma spesso cittadini intraprendenti trovano il modo di
aggirare tali blocchi. Anche le leggi sulla proprietà e sull’eredità dei beni digitali sono ambigue: alla
morte dell’utente, infatti, il suo account viene chiuso, senza diritti di successione. Ma i beni digitali
rivestono un valore sempre più elevato, sia monetario che psicologico; spesso custodiscono ricordi
preziosi che si vorrebbero preservare.
UN LUOGO PERFETTO PER COSPIRARE​: con il termine ​empowerment​ si intende le potenzialità di
Internet di dare potere alle persone. La struttura del potere, in rete, è più fluida e ciò consente
anche alla gente più comune può assumerne le redini. ​Esther Dyson​ sostiene che Internet da un
lato indebolisce il potere di un’autorità centrale, dall’altra permette a forze disperse di unirsi e
acquisire più potere. Tutti gli utenti di Internet appartengono alle “forze disperse” che ordiscono
“cospirazioni”. Più sappiamo di questi nuovi ambienti e degli effetti che esercitano sul
comportamento umano e maggiori sono le nostre probabilità di contribuire a migliorarli.
PLASMARE IL MONDO ONLINE​: un numero sorprendente di interazioni su Internet consiste in
meta-discussioni,​ in cui le persone si allontanano dall’argomento specifico e si mettono a
ragionare sulla natura della discussione. Ma il tono e lo stile di queste ​meta-discussioni​ possono
avere un forte impatto psicologico. Da un lato possono essere positive per creare consenso
all’interno di un gruppo; dall’altro, possono far crescere la tensione all’interno del gruppo e
portarlo a conflitti, oppure alla sua rottura.
Negli ambienti di Internet, sia per la percezione di anonimato che per la distanza fisica, il
comportamento è abbastanza libero, sia in positivo che in negativo. L’anonimato può essere
positivo perché favorisce una maggiore apertura e confidenza nei gruppi di sostegno e protegge
chi denuncia illeciti, dissidenti e le fonti di informazione. Ma come abbiamo visto, l’anonimato può
determinare comportamenti negativi e fin troppo discutibili. Non è nemmeno possibile
determinare con certezza quanto un sito o un determinato software garantisca il grado di
anonimato: ad esempio, quando si crea un account su un sito gratuito utilizziamo sì un nickname,
ma ci viene comunque richiesto un indirizzo di posta elettronica valido. Comprendere fino a che
punto l’anonimato possa influire sul nostro comportamento ci permette di mitigarne gli effetti
negativi e di trarre vantaggio da quelli positivi.
Tragedia dei beni comuni​: quando le scelte del singolo risultano più vantaggiose a livello
individuale, ma a livello collettivo, se tutti facessero la stessa scelta, si avrebbero delle
ripercussioni negative su tutti i soggetti coinvolti. Tutte le persone che possiedono un accesso
gratuito e illimitato, fanno scelte vantaggiose da un punto di vista individuale, ma dannose per la
collettività.
Internet è vulnerabile anche a un’altra tragedia dei beni, che ha un forte impatto psicologico: la
questione della fiducia, e in particolare il modo attraverso cui può essere manipolata in rete.
Quando le persone compiono scelte individualistiche, arrecano un danno irrimediabile al senso di
fiducia in rete. Anche la marea di virus, malware, violazione dei dati e intrusioni erodono
ulteriormente la fiducia; ma quando è il nostro comportamento a metterlo in atto, possiamo
prenderne atto e sforzarci di agire in modo più accorto, e possiamo sostenere le organizzazioni che
prendono sul serio la fiducia.
Ritwittare, cliccare “mi piace” o aggiungere un commento pungente può alimentare una protesta
in rete, e ciò può essere dovuto al senso di inibizione che si avverte negli ambienti di Internet. In
assenza di segnali non verbali, è più facile fraintendere, per cui il gruppo potrebbe giungere a
conclusioni affrettate su una persona che in realtà non aveva intenzione di offendere. Date le
caratteristiche dei media, è facile colpire persone che non hanno effettivamente cattive
intenzione; è importante fermarsi a riflettere ed evitare di gettarsi nella mischia per il semplice
gusto di farlo.
Bisognerebbe anche mantenere un atteggiamento critico nei confronti delle fonti da cui traiamo
delle informazioni; ad esempio, le voci di Wikipedia sono le prime ad apparire nei principali motori
di ricerca, ma bisogna tenere conto anche del fatto che molti degli articoli del sito sono creati o
modificati da utenti inesperti, che potrebbero quindi inserire dati sbagliati. Se da un lato la qualità
delle informazioni è discutibile, dall’altro stiamo sempre di più acquisendo la capacità di compiere
opportune distinzioni.
Molta preoccupazione desta il modo in cui Internet attrae adolescenti e bambini. I bambini sono
spesso più avanti in termini di adozione di strumenti tecnologici e provano subito l’ultima novità,
mentre gli adulti si accontentano di una manciata di siti che sono in grado di gestire e sono meno
disponibili a sintonizzarsi sulla loro stessa lunghezza d’onda. Ma anche i giovani devono
comprendere le caratteristiche psicologiche degli ambienti online e i modi in cui influenzano il
nostro comportamento in senso positivo e negativo. Gli adulti hanno la responsabilità di offrire
loro una guida per tenerli lontani da pubblicità indesiderate o siti che potrebbero sortire effetti
negativi (siti di pornografia o che incitano all’odio).
Una delle ricompense più potenti che conosciamo per modellare il comportamento altrui e in rete
è la semplice attenzione, una merce molto richiesta ma scarsamente disponibile. Ad attrarre
l’attenzione non sono soltanto le pubblicità, ma anche gli stessi utenti.
Cliccare “mi piace” è uno strumento abbastanza efficace, e ha un’importante ricaduta sul nostro
comportamento. Aggiungere un commento lusinghiero è un rinforzo ancora più positivo; eppure,
gli utenti preferiscono ricevere ​qualsiasi​ commento, anche negativo, piuttosto che non riceverne.
La rete offre, però, una comunicazione relativamente scarna, al contrario del contesto “faccia a
faccia” in cui gli indizi non verbali hanno un’importanza non trascurabile.
Infine, dobbiamo sempre tenere a mente che, dall’altra parte dello schermo, c’è un altro essere
umano.
LA PSICOLOGIA DI INTERNET: LA PROSSIMA GENERAZIONE
Molti si soffermano sui fenomeni specifici che conosceranno un potente sviluppo nei prossimi
anni, provocando cambiamenti fondamentali. Da un punto di vista sociale, la rete potrebbe
aumentare il divario tra ricchi e poveri, che a sua volta potrebbe generare maggiore violenza e
risentimento. Internet può favorire un ulteriore disuguaglianza anche nella classe media. La
ricchezza rimane concentrata nelle mani di pochi, in base a una teoria del “chi vince prende tutto”
(​Keen​).
I problemi che affliggono attualmente la rete, come il cyberbullismo, in futuro non faranno che
amplificarsi. La natura umana non cambia e l’Internet della prossima generazione non farà che
fornire strumenti più efficaci per rendere miserevole la vita in rete. I governi e le aziende avranno,
dunque, un potere sempre maggiore per esercitare il controllo politico e sociale.
Un altro rischio riguarda il fatto che, probabilmente, Internet acquisirà sempre nuove
caratteristiche che lo renderanno superiore agli esseri umani in molti ambiti cognitivi
(“apprendimento automatico”, cioè i software sono più bravi nel giudicare la nostra personalità
analizzando semplicemente i nostri “mi piace”).
Bruce Sterling ​ritiene che Internet sarà sottoposto a una caduta mortale dovuta:
● Allo “stalking dei dati”, perché le aziende raccolgono enormi quantità di dati;
● Alle attività criminali che ammorbano in rete e che stanno diventando sempre più
minacciose;
● Alla crescente invasione della privacy compiuta dai governi.
Sul versante positivo, alcuni ritengono che Internet diventerà invisibile, talmente diffuso nella
nostra quotidianità da non renderci nemmeno più conto della sua presenza. La continua diffusione
della rete migliorerà la connettività globale, e le opportunità educative saranno meno costose e
più disponibili. Molte persone saranno così in grado di accedere all’istruzione e avranno una
maggiore consapevolezza politica.
Le tecnologie si radicano ben prima che si riesca a valutare come influenzeranno i comportamenti
e la società. Abbiamo l’opportunità di scegliere in anticipo tecnologie che possano apportare
benefici all’intera umanità. Si potrebbero costruire piattaforme che rendano gli utenti ad
adoperarsi in sforzi collaborativi per risolvere problemi.

Potrebbero piacerti anche