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NORME DI GRUPPO: il gruppo necessita di norme per funzionare correttamente. Alcune possono
essere molto esplicite, altre piuttosto criptiche. Muzafer Sherif condusse degli esperimenti a
riguardo.
L’effetto autocinetico dell’illusione ottica: con questo esperimento Sherif dimostrò che la spinta a
convergere su una norma è forte, anche in assenza di particolari pressioni a raggiungere un
consenso.
Le norme emergono anche online, benché siano diversi gli indizi utilizzati per stabilirle. Ad
esempio, anche l’e-mail, cioè un tipo di comunicazione scri-lata, segue delle norme:
l’immediatezza della trasmissione permette di usare uno stile diretto per far subito emergere il
bisogno di contenuti socioemotivi, di molte abbreviazioni e di un’ortografia semplificata (es. thnx,
btw, cioè by the way, ecc). Su Twitter i diversi gruppi adottano norme diverse, per cui gli
adolescenti utilizzeranno un modo di esprimersi diverso dai giornalisti, ad esempio. Ma il modo di
usare Twitter e gli hashtag contribuisce all’identità e alla coesione tipiche di ciascun gruppo.
Le norme dei gruppi online emergono perché le persone si frequentano e convergono su un
determinato modello di comportamento. Certe volte, però, gli individui cercano di trasferire le
norme, che normalmente applicano in contesti reali, nei contesti della CMC. Su Twitter i giornalisti
cercano di mantenere una maggiore obiettività nella descrizione dei fatti, ma spesso esprimono,
contro le regole, le proprie opinioni.
Si è dimostrato, inoltre, che la capacità prossemica, cioè la distanza tra corpi che gli individui
instaurano nelle relazioni interpersonali, così come l’allineamento o disallineamento del contatto
visivo, vengono applicati anche nei mondi virtuali tridimensionali attraverso il modo in cui gli
utenti muovono, nello “spazio”, i loro avatar.
L’evolversi degli ambienti online diffondono guide che danno consigli su come gli utenti
dovrebbero comportarsi. Società come Printerest o Twitter pubblicano specifici avvisi spesso sotto
forma di licenza dell’utente finale o di termini di servizio, che stabiliscono il rapporto tra società e
utente.
Le norme di comportamento, in contesti reali, non vengono scritte, ma sono universalmente note;
oppure, osservando ciò che fanno gli altri, ci adeguiamo alle convenzioni sociali. Internet, però, è
un ambiente frequentato da persone provenienti da contesti culturali diversi, per cui i mezzi per
definire le regole sociali sono normalmente esigui.
Quando un membro del gruppo non rispetta le norme, si tenta di indurlo a conformarsi alle regole.
I comportamenti che generalmente suscitano obiezioni sono l’utilizzo di messaggi ostili e offensivi,
l’impiego di un linguaggio volgare, o la propagazione di spoiler, cioè anticipazioni di un finale di un
film o di un altro spettacolo. I rimproveri vanno dall’appunto garbato al vero e proprio attacco
contro chi trasgredisce.
Quando un gruppo online considera le azioni di qualcuno inaccettabili, la vendetta potrebbe
essere talmente spietata da portare all’eliminazione del profilo del soggetto da quello specifico
sito o social network.
Da un punto di vista filosofico, conformarsi alle convenzioni sociali e rispettare le leggi che
limitano la nostra libertà sono comportamenti atti a salvaguardare la nostra esistenza. Deleghiamo
le nostre libertà a un’autorità al fine di vivere in modo sicuro e prevedibile.
Thomas Hobbes: propone il concetto di Leviatano, definito come il dio mortale al quale dobbiamo
obbedire dopo il Dio immortale. Esso può essere un sistema di governo che può risolvere le
controversie in modo giusto. Negli ambienti della CMC, per certi aspetti, siamo noi ad essere quel
Leviatano che può cancellare i post o gli amici che violano le regole. Ma la nostra “autorità” è
ovviamente limitata: non possiamo pretendere che una persona elimini uno specifico contenuto
dal suo profilo. In questo caso interviene la comunità, come quella di Facebook che può rimuovere
il contenuto o l’account di chi ha violato le normative della privacy.
LA POLARIZZAZIONE DEL GRUPPO: nella vita reale viene spesso contrapposto l’ingroup, cioè il
gruppo di appartenenza, all’outgroup.
Henri Tajfel: ha mostrato questo fenomeno con i suoi studi sui gruppi minimi (cioè gruppi creati
utilizzando dei criteri minimi, come la preferenza per un determinato pittore, ecc.). All’interno del
proprio gruppo può verificarsi una polarizzazione, per cui le tendenze preesistenti dei membri
vengono rafforzate con le interazioni di gruppo. Internet ha aumentato la polarizzazione, perché
negli ambienti della CMC è più facile selezionare i contenuti e scegliere opinioni simili alle nostre.
Molti sostengono che i gruppi siano molto più cauti e conservatori nel prendere le decisioni
rispetto ai singoli individui, soprattutto se riguardano questioni importanti.
“Risky shift” (deriva del rischio): quando le persone si ritrovano insieme per discutere sono più
portate verso scelte estreme che non verso scelte più prudenti. Molto accreditata è però l’idea che
il processo decisionale, all’interno di un gruppo, dipenda dall’inclinazione individuale di ciascuno
dei suoi membri a dirigersi verso l’uno o l’altro polo: se gli individui sono propensi alla prudenza, il
gruppo compirà una scelta cauta, o viceversa. Nonostante qualcuno possa avere un’opinione
molto estrema, esso non influenzava la polarizzazione. Durante una discussione all’interno di un
gruppo, emergono informazioni importanti che possono essere sfuggite all’attenzione dei singoli;
perciò si è propensi ad affermare che le decisioni prese in gruppo siano migliori di quelle prese
individualmente. La polarizzazione può essere influenzata o dalla tendenza al conformismo o dal
confronto sociale, cioè il confronto della propria opinione con quella altrui, alla quale potersi
adeguare o meno.
La ricerca psicologica sostiene che la polarizzazione possa essere responsabile di determinare
posizioni estremiste e che porti all’assenza di una voce moderatrice. La polarizzazione è più
intensa, negli ambienti online, quando il gruppo è più coeso e si percepisce un forte senso di
appartenenza. Essa diminuisce qualora i membri non possano concretamente incontrarsi.
Russell Spears: deindividuazione dell’identità sociale, cioè se all’interno del gruppo di percepisce
un forte senso di gruppalità, si ha un incremento della polarizzazione. Al contrario, gli individui
sono portati ad ignorare le opinioni altrui.
Gli ambienti online possono portare ad una polarizzazione maggiore, perché al loro interno è
possibile scegliere a quale gruppo unirsi e con cui condividere delle idee. Ma omologarsi a quanti
la pensano allo stesso modo e che condividono appassionatamente un’opinione può portare ad
un’esasperata certezza delle proprie idee e, dunque, a posizioni più radicali. Si potrebbero
scegliere blog o siti che confermano le nostre idee e ignorarne altri che, al contrario, le
contraddicono. Twitter è un social medium che consente di sostenere opinioni molto radicali e di
osservare come si sviluppano i processi di polarizzazione.
MOBILITAZIONE DI GRUPPO: Internet ha trasformato i mezzi attraverso cui le persone si
mobilitano, attirando l’attenzione di tutti per scopi o cause più ampie.
Gli ambienti online presentano molti vantaggi per i gruppi di attivisti che, attraverso i social media,
possono diffondere messaggi a coloro che hanno interessi comuni e che possono sostenere una
causa oltre le frontiere geografiche. Il relativo anonimato può contribuire a promuovere
un’identità di gruppo e un senso di gruppalità globale.
Gli attivisti online corrono però il rischio di incappare nella censura o in un destino ancora
peggiore, come l’arresto, l’imprigionamento o perfino la morte. Un’altra sfida per i movimenti
sociali è la sostenibilità: molti sono infatti i slacktivists (attivisti da poltrona), a discapito di chi
contribuisce concretamente alla causa.
“Micro-coordinazione”: usando i social media, si possono inviare rapidamente avvisi o
aggiornamenti per tenere tutti al corrente di eventuali eventi o cambiamenti, come i flash mob.
Quest’ultimi erano, inizialmente, spettacoli artistici innovativi e spontanei, ma con il tempo ne
sono emerse diverse tipologie.
● Smart mobs, con finalità sociali e dimostrative. Se ne avvalgono anche le aziende per
pubblicizzare nuovi prodotti o attrarre l’attenzione.
● Flash rob, cioè raduni di più persone in un determinato luogo per compiere saccheggi o atti
di violenza e vandalismo. Subito dopo il gruppo si disperde, prima che la polizia intervenga.
Diverse sono le motivazioni che inducono all’organizzazione di un flash mob. Tra esse si avverte il
desiderio di essere cool, di vincere la noia o di esercitare il proprio diritto di sostare in un luogo
pubblico. Molti chiariscono che l’espressione “flash mob” non va in nessun modo associata
all’aggressività esercitata in alcuni di questi eventi.
GRUPPI DI LAVORO VIRTUALI
Tom Friedman: con l’espressione “piattaforma piatta del mondo” indica ciò che permette alle
persone di collaborare ai progetti, formare comunità creare nuovi progetti e inaugurare una nuova
era della globalizzazione. Questa piattaforma è sorretta dall’infrastruttura di Internet, che
consente a persone che vivono in parti remote del Globo di realizzare un progetto comune.
In un processo decisionale all’interno di un gruppo è improbabile che tutti condividano le
medesime informazioni iniziali; è per questo motivo che le decisioni prese in un gruppo sono
considerate migliori di quelle prese individualmente. Dopo la discussione di gruppo, infatti, tutti
dovrebbero disporre delle medesime competenze ed esperienze: ognuno mette a disposizione ciò
che sa, in modo che alla fine la somma delle parti sia uguale al tutto. Purtroppo, ciò non accade
sempre, specialmente nei gruppi di lavoro online. Ogni intervento, infatti, tende a rafforzare più
l’idea della maggioranza, con l’aumento del consenso nel gruppo.
I gruppi di lavoro online sono caratterizzati dalla tendenza all’emergere di sottogruppi,
caratterizzati da una dinamica di un “noi” opposto a un “loro”. Ciò avviene soprattutto nei gruppi
in cui ci sono elementi che possono essere fonte di divisione, come la posizione geografica, che è
un importante fattore per l’identità sociale.
La dicotomia ingroup/outgroup può basarsi su differenze di cultura, di fuso orario o norme
implicite. La mancata conoscenza di quest’ultime potrebbe dare adito a fraintendimenti. La
dinamica del “noi vs loro” può portare a canali di comunicazione disuguali, differenze culturali e
altre questioni che accrescono il divario tra membri già separati dalla distanza fisica. Questa
tipologia di gruppo è ovviamente la meno efficace.
Una persona con uno status superiore tende a parlare di più e a dominare la discussione, e le sue
opinioni hanno un peso maggiore all’atto della presa di decisione di gruppo. Nelle conversazioni
“faccia a faccia” c’è una persona che tende a dominare la conversazione, ma negli ambienti della
CMC questa dominanza è meno pronunciata. Le buone idee possono, quindi, emergere a
prescindere da chi le abbia proposte.
Alcuni studi dimostrano che lo status e la dominanza in rete emergono in modo diverso. La
dominanza, ad esempio, è spesso messa in correlazione con la posizione geografica: un membro
geograficamente distante è ritenuto o molto dominante o molto sottomesso.
Nei contesti “faccia a faccia” i gruppi possono esercitare una considerevole pressione a
conformarsi, e le minoranze sono spesso spinte in una posizione scomoda. Tuttavia, la ricerca
psicologia evidenza come le opinioni della minoranza possano esercitare un’influenza non
trascurabile su quelle della maggioranza:
● se sono coerenti, perché altrimenti sarebbe facile ignorarle;
● perché hanno un grande valore per le organizzazioni che mirano all’innovazione.
Negli ambienti online tutti sono portati ad esprimere la propria opinione, senza attirare sguardi di
disapprovazione o interruzioni da parte dei membri della maggioranza. Anche in questo caso, se la
voce minoritaria è geograficamente remota e coerente, si è più portati a considerarla.
Il brainstorming di gruppo, all’inizio concepito come metodo che potesse stimolare la creatività e
generare idee innovative in poco tempo, è meno efficace di quello individuale; in quest’ultimo,
infatti, l’individuo non percepisce il “blocco della produzione” dovuto al fatto che, in gruppo, tutti
parlano a turno e non consentono a ciascuno il tempo necessario per sviluppare delle proprie idee
originali. Inoltre, all’interno di un gruppo, i membri sono portati ad impegnarsi di meno (inerzia
sociale), pensando che siano gli altri a fare il lavoro al posto loro. Gli sviluppatori di software
hanno elaborato un supporto elettronico per il brainstorming di gruppo che aggira il problema del
blocco della produttività e favorisce un comportamento disinibito, perché i partecipanti si sentono
più liberi di esprimere idee stravaganti. Stare al computer permette di focalizzarsi più sul compito,
e non concede il vantaggio di vedere le produzioni degli altri.
Affinché il lavoro di gruppo abbia successo, è necessario avere una fiducia reciproca. Nei contesti
“faccia a faccia”, questa si costruisce man mano che i collaboratori si conoscono e imparano a
valutare e a rispettare il contributo di ciascun membro. Con il tempo, imparano a fare affidamento
l’uno sull’altro e a confidare che ognuno svolgerà il compito assegnatogli.
Le aziende traggono vantaggi dal lavoro dei gruppi che si formano in rete, le cui attività si svolgono
nel cyberspazio. L’azienda che necessita di un certo grado di specializzazione non è più limitata
dalla posizione geografica, ma si affida a sistemi esperti che selezionano i candidati più
competenti.
I membri di un gruppo con elevato livello di fiducia si scambiano costantemente messaggi,
mostrano ottimismo e passione e una chiara focalizzazione sugli obiettivi del progetto comune. Il
gruppo peggiore, e dunque dalla scarsa produttività, mostra poco impegno e coinvolgimento. Per
cui i team che si basano su una fiducia “rapida” e reciproca sono quelli più produttivi e focalizzati
sul compito.